Skip to main content

Full text of "Trattato di cristallografia"

See other formats


Google 



This is a digitai copy of a book that was prcscrvod for gcncrations on library shclvcs bcforc it was carcfully scannod by Google as pari of a project 

to make the world's books discoverablc online. 

It has survived long enough for the copyright to expire and the book to enter the public domain. A public domain book is one that was never subjcct 

to copyright or whose legai copyright terni has expired. Whether a book is in the public domain may vary country to country. Public domain books 

are our gateways to the past, representing a wealth of history, culture and knowledge that's often difficult to discover. 

Marks, notations and other maiginalia present in the originai volume will appear in this file - a reminder of this book's long journcy from the 

publisher to a library and finally to you. 

Usage guidelines 

Google is proud to partner with librarìes to digitize public domain materials and make them widely accessible. Public domain books belong to the 
public and we are merely their custodians. Nevertheless, this work is expensive, so in order to keep providing this resource, we have taken steps to 
prcvcnt abuse by commercial parties, including placing lechnical restrictions on automated querying. 
We also ask that you: 

+ Make non-C ommercial use ofthefiles We designed Google Book Search for use by individuals, and we request that you use these files for 
personal, non-commerci al purposes. 

+ Refrain fivm automated querying Do noi send aulomated queries of any sort to Google's system: If you are conducting research on machine 
translation, optical character recognition or other areas where access to a laige amount of text is helpful, please contact us. We encouragc the 
use of public domain materials for these purposes and may be able to help. 

+ Maintain attributionTht GoogX'S "watermark" you see on each file is essential for informingpcoplcabout this project and helping them lind 
additional materials through Google Book Search. Please do not remove it. 

+ Keep it legai Whatever your use, remember that you are lesponsible for ensuring that what you are doing is legai. Do not assume that just 
because we believe a book is in the public domain for users in the United States, that the work is also in the public domain for users in other 
countiies. Whether a book is stili in copyright varies from country to country, and we cani offer guidance on whether any specific use of 
any specific book is allowed. Please do not assume that a book's appearance in Google Book Search means it can be used in any manner 
anywhere in the world. Copyright infringement liabili^ can be quite severe. 

About Google Book Search 

Google's mission is to organize the world's information and to make it universally accessible and useful. Google Book Search helps rcaders 
discover the world's books while helping authors and publishers reach new audiences. You can search through the full icxi of this book on the web 

at |http: //books. google .com/l 



Google 



Informazioni su questo libro 



Si tratta della copia digitale di un libro che per generazioni è stato conservata negli scaffali di una biblioteca prima di essere digitalizzato da Google 

nell'ambito del progetto volto a rendere disponibili online i libri di tutto il mondo. 

Ha sopravvissuto abbastanza per non essere piti protetto dai diritti di copyriglit e diventare di pubblico dominio. Un libro di pubblico dominio è 

un libro clie non è mai stato protetto dal copyriglit o i cui termini legali di copyright sono scaduti. La classificazione di un libro come di pubblico 

dominio può variare da paese a paese. I libri di pubblico dominio sono l'anello di congiunzione con il passato, rappresentano un patrimonio storico, 

culturale e di conoscenza spesso difficile da scoprire. 

Commenti, note e altre annotazioni a margine presenti nel volume originale compariranno in questo file, come testimonianza del lungo viaggio 

percorso dal libro, dall'editore originale alla biblioteca, per giungere fino a te. 

Linee guide per l'utilizzo 

Google è orgoglioso di essere il partner delle biblioteche per digitalizzare i materiali di pubblico dominio e renderli universalmente disponibili. 
I libri di pubblico dominio appartengono al pubblico e noi ne siamo solamente i custodi. Tuttavia questo lavoro è oneroso, pertanto, per poter 
continuare ad offrire questo servizio abbiamo preso alcune iniziative per impedire l'utilizzo illecito da parte di soggetti commerciali, compresa 
l'imposizione di restrizioni sull'invio di query automatizzate. 
Inoltre ti chiediamo di: 

+ Non fare un uso commerciale di questi file Abbiamo concepito Googìc Ricerca Liba per l'uso da parte dei singoli utenti privati e ti chiediamo 
di utilizzare questi file per uso personale e non a fini commerciali. 

+ Non inviare query auiomaiizzaie Non inviare a Google query automatizzate di alcun tipo. Se stai effettuando delle ricerche nel campo della 
traduzione automatica, del riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) o in altri campi dove necessiti di utilizzare grandi quantità di testo, ti 
invitiamo a contattarci. Incoraggiamo l'uso dei materiali di pubblico dominio per questi scopi e potremmo esserti di aiuto. 

+ Conserva la filigrana La "filigrana" (watermark) di Google che compare in ciascun file è essenziale per informare gli utenti su questo progetto 
e aiutarli a trovare materiali aggiuntivi tramite Google Ricerca Libri. Non rimuoverla. 

+ Fanne un uso legale Indipendentemente dall'udlizzo che ne farai, ricordati che è tua responsabilità accertati di fame un uso l^ale. Non 
dare per scontato che, poiché un libro è di pubblico dominio per gli utenti degli Stati Uniti, sia di pubblico dominio anche per gli utenti di 
altri paesi. I criteri che stabiliscono se un libro è protetto da copyright variano da Paese a Paese e non possiamo offrire indicazioni se un 
determinato uso del libro è consentito. Non dare per scontato che poiché un libro compare in Google Ricerca Libri ciò significhi che può 
essere utilizzato in qualsiasi modo e in qualsiasi Paese del mondo. Le sanzioni per le violazioni del copyright possono essere molto severe. 

Informazioni su Google Ricerca Libri 

La missione di Google è oiganizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e finibili. Google Ricerca Libri aiuta 
i lettori a scoprire i libri di tutto il mondo e consente ad autori ed edito ri di raggiungere un pubblico più ampio. Puoi effettuare una ricerca sul Web 
nell'intero testo di questo libro da lhttp: //books. google, comi 



Wyrl 



laSr 
WMùì 



m 






la! 



M 




TRATTATO 



DI 



CRISTALLOGRAFIA 



CARLO yiOLA 

Prof. ord. di mineralogia nella R. Università di Parma 



TRATTATO 



DI 



CRISTALLOGRAFIA 



Con §gi iìtcisioni nel Uslo dagli originali deU'Aulore 



ULRICO. HOEPLI 

iRE-LlBRAlO DELLA REAL 
MUDANO 

1920 

PRINTEU IN ITALV 



t : 

5 r" 



# • ^« 9 m m 









PROPRIETÀ LETTERARIA 



Goium. M. J. Fontana 

Lìbiaiy 



Milano — Tipografìa Umberto Allegretti — Via Orti, 2. 



/ 



PREFAZIONE 



Il corso di cristallografia che presento ai lettori, è scritto per 
gli studenti di scienze naturali, di fisica, chimica, farmacia, 
ingegneria e pei' tutti coloro che desiderano un avviamento allo 
studio della cristallografia, una introduzione alla mineralogia, un 
indirizzo air insegnamento medio. 

Il libro stesso è sórto dalle mie lezioni, dalle dispense raccolte 
dagli studenti in parte corrette dal Doti. AI. Ferrari, e poi rive- 
dute dal Prof. L. Cuccia. Le dispense stesse dovettero essere 
rimaneggiate, coordinate sotto migliore forma e completate in 
vista di una pubblicazione; al qual fitte ebbi presente vari trattati 
italiani e stranieri, che hanno risposto e rispondono ancora molto 
bene alV insegnamento. Fra i primi rilevo il Sella, lo Striiver, 
il PanebiancOy il La Valle, il D'Achiardi, r Arti ni. 

Un corso elementare di cristallografia, come è il presente 
libro, non può abbracciare tutti i molteplici problemi di geometria, 
fisica, chimica relativi ai cristalli ; ma può dare i principi per 
uno studio completo e spianare la via a trattati speciali, fra i 
quali ricordo il Pockels, il Voigt- Sella, il Liebisch, il Walleraìit, 
il Friedel, il Fletcher, il Miers, il Lewis, il Fedorow, il Gold- 
schmidt ecc., alVapice dei quali sta nondimeno il graìi libro della 
natura, aperto sempì e ai ricercatori volo7iterosi. 

Questo corso di cristallografia è diviso in capitoli, ciascuno 
dei quali porta a compimento un determinato tema relativo a 
proprietà dello stato cristallizzato, a metodi di indagini che ne 
fissano i risultati numerici, dando così corpo al concetto che la 
scienza cristallografica è unica, uni^o essendo il fine a cui essa 
mira, sia Vargomento perseguito con i teoremi della geometria, 
sia la soluzione piti facilmente raggiungibile con le esperienze 
fisiche, chimiche o chimico-fisiche. 



^4H'.i82 



vili 



Prefazione 



Nella sistematica dei cristalli, ho designato le singole classi 
con i nomi propri delle forme generali amiche con i minerali o 
prodotti chimici tìpici che ivi cristallizzano, perche se le prime 
sono equivalenze delle simmetrie determinate da condizioni fisiche 
e chimiche» i secondi appariscono cristallizzare in classi che Vespe- 
rieìiza non ha sempre determifiato esaurientemente. 

Quest'opera dunque non è sorta di un blocco, né è tutta mia; 
perciò mi incombe r obbligo e sento il piacere di riìigraziare tutti 
coloro che concorsero ad attuarla : gli studenti, il Doti. M. Ferrari, . 
il Prof. L. Cuccia, ed in partìcolare il Prof. M. Minio del regio 
Liceo di Parma, che con pazienza ed abnegazione si assujise 
IHngrato compito di correggere con me le bozze di stampa, lar- 
gheggiando sempre nelle osservazioni con P intento di dare al libro 
forma accessibile ai più. 

Sarò lieto se questo lavoro troverà accoglienza; gratissimo 
se mi verranno indicate le ifiesattezze sfuggiteci nella compilazione 
e nella correzione. 

L'egregio editore signor U. Hoepli è il collaboratore per 
eccellenza di questa pubblicazione. A lui e ai suoi che hanno 
curata V edizione vadano i miei sinceri ringraziamentì. 



Pognana, agosto 19 tg. 



C. VIOLA. 



INDICE 



CAPITOLO I. 
NOZIONI PRELIMINARI DI FISICA. 

Pag. 

1. Stati fisici I 

2. Stato gasDso 2 

3. Stato liquido 3 

4. Stato solido 4 

5. Stato omogeneo, isotropo, amorfo, anisotropo, cristallino ^ 5 

6. Cristalli pastosi e liquidi 6 

7. Miscele, miscugli, fasi 7 

8 Equilibrio di contatto in un sistèma eterogeneo. Legge delle 

fasi di Gibb 8 



CAPITOLO IL 
PRINCIPI GENERALI DI CRISTALLOGRAFIA. 

9. Figure di cristalli 11 

10. Equilibrio di un cristallo in una fase amorfa. Legge di Curie 12 

11. Costanza degli angoli 15 

12. Indici millerianJ • . . . . 17 

13. Legge di Hauy 20 

14. Facce vicinali. Poliedria delle facce. Associazione .... 23 

15. Forme cristalline 24 

16. Esperienze sulla struttura dei cristalli 25 

^17. Relazioni fra spigoli, facce e zone 28 

Letteratura ai capitoli I e II 31 



Indice 



CAPITOl-O III. 
GONIOMETRI E PROIEZIONI. 

Pag. 

i8. Angoli e goniometri di contatto 32 

19. Goniometri a riflessione 34 

20. Proiezione stereografica. Teoremi 38 

21. Problemi di proiezione stereografica 43 

22. Proiezione stereografica dei cristalli 46 



CAPITOLO IV. 
CALCOLI INTORNO AI CRISTALLI. . 

23. Calcolo delle costanti fondamentali 49 

24. Calcolo degli indici dagli angoli e viceversa ...... 55 

Letteratura ai capitoli III e IV 64 



CAPITOLO V. 
SISTEMATICA E SIMMETRIA. 

25. I possibili sistemi cristallini . • 65 

I — Sistema triclino . 68 

i^^ Classe pinacoidale 69 

2* Classe pediale 70 

II — Sistema monttclino 71 

3 ' Classe prismatica 73 

4^* Classe domatica 76 

5^* Classe sfenoidale 78 

IH — Sistema trimetrico 79 

6* Classe bipiramidale rombica. 80 

7'^ Classe bisfenoidale rombica 86 

8'^ Classe piramidale rombica 88 

Osservazioni ai sistemi triclino» monoclino e trimetrico . . 89 

IV — Sistema trigonale . 90 

9* Classe scalenoedrìcò-trigonale 93 

IO* Classe romboedrica 99 

II* Classe trapezoedrico-trigonale • loi 



Indice xi 

Pag. 

12*^ Classe piramidale-ditrigonale * 104 

13* Classe piramidale-trigonale . 107 

Osservazioni ,al sistema trigonale 109 

V — Sistema dimetrico 109 

/ gruppo ad asse di si*ntneiria 4'rio 

14* Classe bipiramidale-ditetragonale 113 

15* Classe trapezoedrico- tetragonale 116 

lordasse bipiramidale-tetragonale 118 

17^ Classe piramidale-ditetragonale 119- 

iS*^ Classe piramidale-tetragonale 121 

// gruppo ad asse d*inversione 4-rio 

19*^ Classe scalenoedrico-tetragonale . 122 

20*^ Classe bisfenoidale- tetragonale 124 

VI — Sistema esagonale 126 

/ gruppo ad asse di simmetria ó-rio 

21^ Classe bipiramidale-dlesagonale 130 

22^ Classe trapezoedrico-esagonale 133 

23*^ Classe bipiramidale-esagonale 135 

24^ Classe piramldale-diesagonale 137 

25^ Classe piramidale-esagonale 139 

// gruppo ad asse di simmetria s-rio 

26^ Classe bìpiramidale-dìtrigonale 140 

27* Classe bipiramidale-trigonale . . ^ 142 

VII — Sistema monometrico ........ 143 

28^ Classe esacisottaedrica 146 

29* Classe giroedrìca 150 

30* Classe dlacisdodecaedrica o pentagonale .... 152 

31* Classe esacistetraedrica 155 

32** Classe tetraedrica 159 

Osservazioni ai sistemi dimetrico, esagonale e monometrico 162 

Letteratura 'al capitolo V . 163 



CAPITOLO VL 
ASSOCIAZIONI. 

26. Generalità. Associazione parallela 164 

27. Associazione complementare 165 

28. Emitropie - geminazioni semplici 168 



XII Indice 

Pag. 

29. Emitropie - geminazioni composte 178 

30. Mimesia 182 

31. Associazioni eterogenee 185 

Letteratura al capitolo VI 189 



capitolo vii. 
proprietÀl meccaniche. 

32. Elasticità . . . .' 190 

33. Limite d'elasticità, plasticità, scorrimento 195 

34. Emitropie artificiali. Figure di percussione e pressione . . 198 

35. Sfaldabilità. Frattura 201 

36. Durezza 203 

37. Corrosione. Stato fisico delle facce 206 

Letteratura al capitolo VII 209 



CAPITOLO Vili. 
PROPRIETÀ OTTICHE. 

a) Nozioni generali 

38. Propagazione dell'energia raggiante nell'etere e nei mezzi densi 2 io 

39. Superfìce d'onda 210 

40. Principio di Huygens. Legge di Descartes 212 

41. Luce omogenea, composta, naturale, polarizzata .... 214 

b) Cristalli uniassici 

42. Fenomeni fondamentali nella calcite 217 

43. Superfìce d'onda 219 

44. Carattere ottico 220 

45. Costruzione della superfìce d'onda 222 

46. Polarizzatori. Prisma di Nicol 223 

47. Apparecchi per l'osservazione 226 

48. Dispersione 228 

e) Cristalli biassici 

49. Sguardo storico 229 

50. Superfìce d'onda 229 

51. Costruzione della superfìce d'onda 231 

52. Costruzione dei piani di polarizzazione, delle normali, dei 

raggi 233 



Indice xiu 

Pag. 

53. Raggi e normali corrispondenti. Costruzione di Silvester . 235 

54. Teorema di reciprocità. Regola di Potier 237 

55. Rifrazione conica . 238 

56. L'elissoide indicatore in rapporto con la simmetrìa dei cristalli 240 

57. Dispersione 241 

58. Riflessione sulla superfìce dei crìstalli. Teoremi di Mac Cullagh 244 

d) Determinazione di costanti ottiche in luce trasmessa pa- 
rallela 

59. Indici di rifrazione 246 

60. Interferenza luminosa 255 

61. Comparatore o compensatore 260 

62. Lamine a facce parallele 262 

63. Determinazione dei caratteri ottici di una lamina .... 263 

e) Determinazione di costanti ottiche in luce trasmessa 
convergente 

64. Cristalli uniassici 264 

65. Carattere ottico dei cristalli uniassici 267 

66. Cristalli bia.ssici 267 

67. Carattere ottico dei cristalli biassici 269 

68. Angolo degli assi ottici 270 

69. Determinazione della dispersione 272 

f ) Cristalli attivi trasparenti 

70. Osservazioni nel quarzo. Potere rotatorio 275 

71. Determinazione del potere rotatorio 277 

72. Dispersione rotatoria 281 

73. Fenomeni in luce trasmessa convergente nel quarzo . . . 283 

74. Esempi di sostanze cristallizzate monometriche e uniassiche 285 

75. Potere rotatorio di cristalli biassici 286 

76. Appendice. Potere rotatorio di sostanze amorfe 287 

g) Assorbimento ed emissione 

77. Trasformazione deir energia raggiante. Colore per traspa- 

renza 288 

78. Relazione fra assorbimento ed emissione 290 

79. Colore per riflessione ; lucentezza 290 

80. Traccia 292 

81. Asterismo, figure luminose 292 

82. Policroismo 294 

83. Luminiscenza 297 

84. Assorbimento di energia raggiante 299 

85. Determinazione di costanti ottiche in luce riflessa .... 300 
Letteratura al capitolo Vili 302 



XIV Indiu 



CAPITOLO IX. 
PROPRIETÀ MAGNETO-ELETTRO-TERMICHE. 

86. Induzione magnetica 303 

87. Polarizzazione elettrica 306 

88. Ferromagnetismo ; 309 

89. Conduttività elettrica 309 

90. Conduttività termica 311 

91. Dilatazione termica. Deformazione omogenea 313 

92. Relazione fra dilatazione termica e angoli 317 

93. Apparecchi per misurare le dilatazioni termiche .... 319 

94. Piroelettricità. Piezoelettricità 320 

Letteratura al capitolo IX 327 



CAPITOLO X. 
TRASFORMAZIONI. 

95. Discontinuità 328 

96. Definizioni. Polimorfìa 329 

97. Proprietà chimiche delle modificazioni polimorfe .... 330 

98. Sunto storico del polimorfismo 331 

99. Modificazioni in generale, stabili e instabili 334 

100. Modificazioni riversibili 336 

loi. Modificazioni irriversibili 340 

102 « Cristallizzazione da soluzioni ' . 341 

103. Esempi di sostanze polimorfe 346 

Letteratura al capitolo X ' 35i 



CAPITOLO XI. 
RELAZIONI CHIMICO-FISICHE DEI CRISTALLI. 

104. Serie eutropiche 352 

105. Serie morfotropiche ■ . . . . 354 

106. Isomorfismo. Sunto storico 356 

107. Assi topici 360 

108. Isomorfismo. Definizione. Cristalli misti 362 



Indice xv 

Pag. 

109. Mezzi sperimentali per stabilire V isomorfismo fra due o più 

sostanze 364 

no. Formazione di cristalli misti 364 

111. Struttura dei cristalli isomorfi 370 

112. Proprietà ottiche dei cristalli isomorfi 373 

113. Densità dei cristalli misti 376 

114. Serie isopolimorfe 380 

115. Acqua dei cristalli 381 

Letteratura al capitolo XI 389 



• « • 



• • • • 

■ •• • • 



CAPITOLO I 



Nozioni preliminari di Fisica. 

1. Stati fisici. — Uno stato della materia è detenninato dalle 
proprietà fisiche, relazioni fra azioni esteme e loro effetti. Variando 
le azioni, varia lo stato fisico, che a sua volta può essere la causa 
di un secondo stato vincolato al primo e cosi via. 

Gli stati fisici possono distinguersi in quelli che risultano in 
modo continuo gH uni dagli altri, e in quelU che si formano in 
modo discontinuo, continue essendo le variazioni delle quantità 
«steme (95). 

Se tutti gli stati in cui può trovarsi successivamente la ma- 
teria, destano l'interesse del fisico e del naturalista, ma non in modo 
eguale, 'sono all'opposto di gran lunga più interessanti per il cri- 
stallografo queUi che si formano a salti o in modo discontinuo. 

Cosi 'ad esempio riscaldandosi la cera indurita, a poco a poco 
si fa molle, pastosa, indi scorrevole e liquida; durante siffatti mu- 
tamenti continui e graduah la cera non subisce notevole variazione. 
Ma se il ghiaccio passa in acqua o viceversa, vi si produce un cam- 
biamento brusco; il calore che si dà o si toghe non abbassa né alza 
la temperatura, finché tutto il ghiaccio non si sia trasformato in acqua 
o viceversa, appunto perchè il calore serve pel cambiamento brusco 
di stato; vi é alterazione profonda da ghiaccio ad acqua e viceversa: 
le proprietà fisiche dell'uno sono assolutamente diverse da quelle 
dell'altra. Lo stesso fenomeno si nota quando il nitrato ammonico 
da solido si fa pastoso e poi Uquido, o il ioduro di argento da 
soUdo passa allo stato plastico. 

Ci occuperemo sovratutto degH stati della materia, che si otten- 
gono in modo discontinuo per effetto di azioni esteme; e precisa- 
mente dello stato gasoso, Uquido, soHdo, e specialmente amorio, 
isotropo, anisotropo, cristallino. 

1 — e. Viola. 



« • - • • 

> . » r • » 






Capirlo primo 



2. Stato casoso. — La materia nello stato gasoso ha la pro- 
prietà di riempire qualsiasi spazio e con la stessa densità in tutta 
la sua estensione; lo spazio ove un gas è racchiuso può variare 
facilmente di forma senza sensibile consumo di lavoro; la tempe- 
ratura e la pressione ne determinano la densità. 

Data la proprietà di un. gas di espandersi, questo esercita sulle 
pareti di un vaso, in cui è chiuso, una pressione che deve essere 
vinta, se il volume del vaso diminuisce, sicché ogni diminuzione di 
volume corrisponde a una spesa di lavoro, e ogni aumento a un 
guadagno. Con la proprietà espansiva dei gas è congiunta la loro 
proprietà diffusiva e la minima densità. Nelle condizioni ordinarie 
di pressione e temperatura i cm' di aria pesa 0.001293 g, e i cm* 
di idrogeno 0.0000 89889 g. 

Importante per il carattere dei gas è che essi si mescolano 
in tutte le proporzioni. 

Le l^gi che definiscono completamente uno stato gasoso, 
sono (96): 

i<* Legge di Boyle-Gay-Lussac, espressa nell'equazione: 

pv = RT , 

essendo />, v, T, i?, pressione, volume, temperatura assoluta e co- 
stante. Quest'ultima si può determinare per ciascun gas. 

Essendo Po la pressione di un'atmosfera, 1033.3 g P^ ^^ ^ ^o 
il volume di un grammo di gas e To la temperatura assoluta a 
oo C. ossia 2730, avremo 

1033.3 I033-3 I 3785 

273 273 d d 

essendo d la densità del gas. 
Per l'aria: 

d = 0.001293 g e quindi Ra = 2929 g.cm. • 
Per l'idrogeno: 

d = 0.00008988 e quindi Rh = 421 12 g.cm. 
Per l'ossigeno: 

d = 0.0014292 e quindi Ro = 2641 g.cm. 
Si ha: ancora 

R = cp — Cv 

essendo cp il calorico specifico a pressione costante, Cv il calorico 
specifico a volume costante. 



Nozioni preliminari di Fisica 



20 lyegge di Dalton. In ima. miscèla di diversi gas ogni singolo 
esercita sulle pareti di mi vaso, in cui sono chiusi, una pressione 
tale come se esso occupasse da solo quello spazio. 

30 lycgge di Avogadro. Tutti i gas alla stessa temperatura e 
pressione hanno lo stesso numero di molecole nello stesso volume. 
— Sia M il peso molecolare espresso in g, essendo quello dell*idro- 
gene 2.016 g, l'equazione di stato- dei gas ha anche questa forma: 

pvM = RTM. 
Ora si ha 

MR = M ~^ ^ Ro = 84803 g.cm. 

poiché — è una costante in virtù della 3* leggf. 

■ 
H prodotto Mv rappresenta il volume u occupato da M gram- 
mi-molecole ossia da un Mol. Con ciò l'equazione di stato dei gas, 
racchiudente la i* e la 3* legge, ha la forma 

pu 

-jT- == i?og.cm. ; 

ove Ro = Mcp — Mcv = Cp — C» (difEerenza delle calorie mole- 
colari). 

Si hanno ancora le s^uenti relazioni: 

pu 



T 



= 84803 X 980.6 = 8.31 X io' erg = 8.31 Joule 

= 1 .99 Calorie.. 



42600 



IfSL legge di Boyle-Gay-Lussac non è assoluta, come numerosis- 
sime esperienze dimostrano. Fochi sono i gas che obbediscono 
alla detta l^ge, i quali per l'appunto si chiamano gas perfetti. 
Essi tanto più vi si accostano, quanto più si allontanano dal loro 
punto critico, che segna U limite dello stato di vapore. 

I40 stato di vapore è diverso dallo stato di gas in quanto quello 
può condensarsi e passare allo stato liquido, questo non è conden- 
sabile, finché la sua temperatura è più alta del punto critico. 

Gas rarefatti e a diverse temperature spesse volte si dissociano, 
e anche allora la legge di Avogadro vi è applicabile, benché le mo- 
lecole siano eterogenee. 

3. Stato uquido. — I liquidi hanno un volume proprio defi- 
nito, che può variare ma di poco con le condizioni esteme. Cre- 



Capitolo primo 



scendo la pressione estema, il volume del liquido diminuisce in- 
sensibilmente ; crescendo la temperatura, aumenta il volume di poco. 
Secondo Amagat (1886), per dare un esempio, il coefficiente di 
compressione dell'acqua varia da 0.000043 a 0.000042 per pres- 
sioni di circa 3000 Atm. 

Le particelle di un liquido si muovono bensì liberamente, ma 
la resistenza al moto è molto più notevole che nei ,gas; ossia i li- 
quidi hanno maggiore attrito intemo dei gas, il quale ne determina 
la viscosità, proprietà comune a tutti i Hquidi in più o minor 
grado. Vi sono liquidi abbastanza viscosi, che si dicono molli o 
fluenti, perchè dotati di fluenza; vi sono liquidi plastici e quasi 
duri, dove la fluenza si genera in seguito a forti azioni esteme e 
continuative. 

Mentre un gas non ha forma propria, ma anzi tende a espandersi 
senza limitazione, •un liquido invece prende forma sferica, quando 
ne sia soppressa l'influenza della gravità o di forze di massa. 

L'esperienza insegna che per ingrandire la superfice di un h- 
quido occorre un certo lavoro, proporzionale all'aumento di super- 
flce; il coefficente di proporzionalità si chiama costante di capil- 
larità, OL, sicché essendo s la superfìce di un Hquido Ubera, ne 
viene che l'energia contenuta in s è appunto 

E = CLS, 

tensioyie superficiale, con la quale è possibile dare al liquido la 
superfice s. Il massimo effetto sarà raggiunto per E minimo e dato 
volume. Se il liquido è Ubero e tolto daUe influenze di azioni esteme, 
esso si dispóne in forma sferica, per la quale appunto 5 — minima, 
come se esso fosse involto in una membrana, la cui forza elastica di 
valore a tende a contrarla. In breve, la condizione di equiUbrio 
di un Uquido è 

ii = oc 5 = minimo. 



4. Stato scudo. — I soUdi %i differenza dei . Uquidi e gas 
occupano uno spazio definito; la loro forma è pure definita in- 
dipendentemente da forze esteme; le loro particeUe sono difficil- 
mente mobiU le une per rispetto alle altre, e sempre però in virtù 
di forze esteme relativamente grandi. 

La resistenza aUa deformazione, o attrito intemo dei soUdi, è 
grande, dei Uquidi è piccola, dei gas è quasi zero. 

Il volume dei gas varia con la pressione e temperatura secondo 
la legge di Boyle-Gay-Lussac ; varia di poco nei soUdi, pochissimo 
nei Uquidi. 



Nozioni preliminari di Fisica 



I 
Mentre il coefficente di dilatazione termica nei gas è — , 

nei solidi è appena una piccolissima frazione di questa quantità. 

La densità dei solidi è molto più grande di quella dei gas e in 
generale più grande che dei liquidi. Nondimeno vi sono corpi, che 
allo statQ liquido pesano più che allo stato solido, p. e. l'acqua è 
più pesante del ghiaccio, il bismuto liquido più del solido. 

Benché ci sia una spiccata differenza fra stato solido e stato 
liquido, nondimeno è difficile decidere in ogni singolo caso, quando 
un dato corpo ha il carattere di chiamarsi solido e quando li- 
quido, essendoci numerosi stati di passaggio. Lehmann vuole, solidi 
siano quei corpi che oppongono resistenza al taglio, e liquidi quelli 
unicamente, come Tacqua, in cui siffatta resistenza è assolutamente 
nulla. Ma questo carattere non è pratico e non dà affidamento 
sicuro. 

La trementina, la cera, i balsami, il miele, la pece, Tozocherina 
e in generale molti miscugli, in parte si avvicinano ai solidi e in 
parte tengono dei liquidi; come i solidi assumono forma propria, e 
come i liquidi e fluenti si plasmano e scorrono. Il piombo, l'arr 
gento, l'oro, il platino, il rame, i metalli in genere, anche la ghisa sono 
corpi plastici. Veramente l'esperienza insegna che tutti i corpi solidi, 
ancora quelli che ci sembrano rigidi, il ghiaccio p. e., si plasmano 
e fluiscono, purché rimangano sotto azione lunga e continua. 

5. Stato omogeneo, isotropo, amorfo, anisotropo, cri^ 
STAUJNO. — Con le relazioni fra azione estema ed efletto si è 
ottenuto di distinguere gU stati gasoso, liquido e solido. Le azioni 
e gli effetti possono essere scalari (96), cioè individuati da un nu- 
mero, e difettivi (96), cioè individuati da una direzione, senso e gran- 
dezza. Scalare è p. e. la temperatura, la densità, il calore specifico, 
ecQ. Quantità direttiva è p. e. la velocità della luce, una forza, una 
rotazione, uno spostamento, una dilatazione lineare, ecc. 

Quando le quantità scalari e direttive sono le stesse in tutti i 
punti di uno spazio, la materia che lo riempie, si trova in uno stato 
omogeneo. 

Questa definizione presuppone una materia continua, cosa non 
rispondente all'esperienza; ma non cessa di avere valore per la ma- 
teria discreta, purché si sostituisca « i punti equidistanti in ogni 
direzione » in luogo di tutti i pimti. 

Se la quantità direttiva è la stessa per tutte le direzioni, lo 
stato omogeneo a cui essa si riferisce è isotropo per quella quan- 
tità; se non è la stessa, lo stato omogeneo h anisotropo. Se lo stato 
omogeneo è isotropo per tutte le quantità fisiche, la materia è 



Capitolo prifHO 



amorfa: se è anisotropo per una a più • quantità fisiche, la materia allo 
stato omogeneo è cristallizzata. 

Esempi: 

Se la velocità della luce è la stessa per tutte le direzioni, la 
sostanza omogenea, a cui essa si riferisce, è isotropa per la luce, 
come la blenda, il salgemma, il diamante, la silvina, la iiuorina, 
lo spinello, ecc. ; se all'incontro la velocità della luce non è la stessa 
per tutte le direzioni, la sostanza è anisotropa per la luce, come la 
calcite, il quarzo, l'aragonite, il topazio, il berillo, Tanatasio, lo 
zircone, l'ortoclasio, l'albite ecc. 

Amorfi sono il vetro, l'ossidiana, il mercurio liquido, il solfo 
fuso, ecc. 

Una sostanza omogenea anisotropa è il cristallo; p. e. il sal- 
gemma, la pirite, il diamante, il gesso, il rutilo, il corindone, la 
marcasite, il quarzo, la tridimite, il pirosseno, la mica, il di- 
Steno ecc. (32). 

Amorfi possono essere i gas, i liquidi, i solidi; cristalli i 
liquidi e i solidi, molli e fluenti. 

Non \i può essere passaggio continuo fra stato amorfo e 
stato cristallino ; la trasformazione è brusca, e la temperatura a cui 
essa ha luogo, si chiama punto di trasformazione (95). Qualunque 
passaggio da cristallino a cristallino, da amorfo a cristallino o vice- 
versa è sempre discontinuo. Cosi p. e. il passaggio da acqua a 
ghiaccio o viceversa è brusco; il suo punto di trasformazione è 0° C. 
' alla pressione di 76 cm; il punto di trasformazione da solfo fuso 
a solfo-a (trimetrico) è 95<>.6 C, da solfo-a a solfo- p (monoclino) 
è 1050 C. • 

6. Cristai,!,! pastosi e wquidi. — I^'esistenza di sostanze 
omogenee anisòtrope non soUde è il risultato di studi sperimentali 
compiutisi negli ultimi 40 anni. Si conoscevano cristalli plastici, 
quasi pastosi, da lungo tempo; Lehman n (1877) richiamò l'attenzione 
a questo r^uardo sul ioduro d'argento Ag } . Questa sostanza (33) 
alla temperatura ordinaria cristallizza nel sistema ess^onale; a 
1460 C. fonde (si trasforma) in una massa vischiosa omogenea con- 
servandosi anisotropa e assumendo forme analoghe a quelle del 
siistema monometrico (103); a 5500 q, fonde di nuovo in un liquido 
amorfo. 

Anche i cristaUi di nitrato ammonico, NH4 . NO,, a 32® C. sono 
cosi molH che tirati in fili sottili si piegano come la cera e si conser- 
vano taH fino a 830 C (103). 

Questi ed altri fatti consimili prepararono poco a poco l'opi- 
nione che i cristalU non devono essere assolutamente sohdi, come 



Nozioni preliminari di Fisica 



sì credeva; la plasticità, pastosità, fluenza e fluibilità non sono 
incompatibili con lo stato omogeneo anisotropo. 

Lehmann (1877) potè concludere che il benzoato di colesterile 
preparato da Reinitzer, C^ H, CO, (Cf, H45), è in cristalli fluenti o 
molli nell'intervallo di 143^-179° C. Analoghe proprietà si consta- 
tarono nell'acetato di colesterile, C, H, O, (C,, H45), nel benzoato di 
idrocarotina, nel propionato di colesterile C, H, O, . (C,, H45), e in 
nu merosissimi oleati quali di Na, K, NH4, NH, . CHj, NH (CH,),, 
N (CH,), che furono oggetto di studi accurati sovrattutto per parte 
di Lehmann stesso. 

Con le ricerche fisiche e chimiche su tali sostanze si dissipò il 
dubbio, dapprima giustificato, che le dette sostanze pastose e U- 
quide di Lehmann fossero miscele non omogenee o miscugli. 

Un preparato di Vorlànder, il p-azossibenzoato di etile, ha 
tutti i caratteri fisici del joduro d'argento nell'intervallo di ii3**,5- 
1200,5 C. 

NegU ultimi io anni il numero di cristaUi Uquidi andò cre- 
scendo, sicché oggi si annoverano oltre 200 le sostanze organiche 
che allo stato Uquido sono cristalli. Fra i primi studiati da Leh- 
mann si notino i s^uenti: 

Sostanze allo stato cristallino liquido nell'intervallo 

p-azossiferietolo 1340-1650 C. 

p-azossianisolo Ii6<>-i34° 

p-azossianisolo di etilmetile 870-140° 

Prodotto di condensazione di ben- 

zaldéide e benzidina 2340-360° 

Azino del p-ossietilbenzaldeide .... 1 720- 1 99< 



\0 



Queste sostanze allo stato liquido negH intervalli Indicati sono 
omogenee, e per varie proprietà fisiche, anisotrope, vale adire hanno 
i caratteri, con cui si definiscono i cristalli, e come taU devono 
essere conosciute. 

Vi sono sostanze, il caprinato, capronato, formiato, caprilato di 
colesterile, ecc., le quali sono liquidi cristallini in due. intervalli di 
temperatura ed amorfi in altri. 

■ 

7. MISCEI^E, MISCUGLI, FASI. — Oltre i composti e gli elementi 
chimici, anche le miscele e i miscugli possono avere i caratteri dei 
cristalli, vale a dire essere omogenei ed anisotropi; ma in questo 
caso si dà all'omogeneità un senso più lato; ossia i punti ove le 
proprietà fisiche scalari e direttive sono le stesse, si trovano a di- 
stanze eguaH rispettivamente per ogni direzione. 

Nelle miscele i singoH componenti non sono separabiU gU uni 



8 Capitolo primo 



dagli altri senza spesa di energia termica, né si ricompongono senza 
guadagno. 

Nei miscugli i componenti sono sciolti gU uni dagli altri, ovvero 
si scindono senza spesa né .guadagno di lavorò. 

Per la cristallografia solo le miscele hanno notevole impor- 
tanza, per la petrografìa anche i miscugli. 

Le miscele sono fisiche o soluzioni. In quelle i singoH compo- 
nenti non si diffondono gli uni negli altri. All'incontro in ogni solu- 
zione si a\'verte il fenomeno della diffusione e l'esistenza della forza 
osmotica, ciò che manca nelle miscele fisiche. Le miscele fisiche 
allo stato cristallizzato si dicono anche cristalli misti (31), (108). 

Se il carattere delle miscele fisiche, a differenza dei miscugli o 
miscele meccaniche, é quello che in esse i componenti non possono 
separarsi gli uni dagli altri senza spesa di lavoro, è evidente che i 
componenti entrano nelle miscele fisiche con proprietà diverse 
da quelle, che essi hanno allo stato libero, specialmente di volume; 
onde alcuni componenti vi si contraggono, altri vi si dilatano, come 
suppose Mallard, e dimostrò Gossner successivamente con varie 
esperienze. 

Miscugli sono le rocce, aggregati di minerali. 

I singoh stati in cui le miscele, o i composti e gh elementi 
possono trovarsi, si dicono fasi di un sistema eterogeneo, o, in 
senso piìi lato, luoghi nel moto o nel riposo. 

II fenomeno più importante che distingue le miscele dai mi- 
scugH, è l'evaporazione. Con l'evaporazione di una miscela o di un 
miscuglio, i vapori di tutti i componenti si riuniscono insieme dando 
luogo a una tensione risultante, che s^ue la legge di Dalton (2). 
La seguente legge é generale per tutte le miscele: /« tensione par- 
ziale di ogni componente legato ad aitr\ è minore che la sua tensione 
di vapore nello stato libero alla stessa temperatura. Se ciò non fosse, 
il componente potrebbe scioghersi dalla miscela in cui si trova le- 
gato, senza spesa di lavoro, che é contrario all'essenza di miscela, 
ed é invece possibile solo nei miscugH. 

8. Equii^ibrio di contatto in un sistema eterogeneo. 
Legge dei*i*E fasi di Gibb. — Due fasi possono rimanere in equi- 
librio stabile, quando le tensioni di vapore dei loro componenti 
sono rispettivamente le stesse. Se ciò non fosse, il componente di 
tensione maggiore passerebbe nella fase, ove lo stesso componente 
ha tensione minore e l'equilibrio sarebbe rotto. Le stesse condizioni 
valgono natiuralmente per l'equilibrio di piii fasi in contatto. 

Queste condizioni di equilibrio di un sistema eterc^eneo per- 
mettono di determinare le concentrazioni dei componenti nelle sin- 



Nozioni prelimifiari di Fisica 



gole fasi, e danno per cpns^uenza la chiave della legge di Gibb, 
che cosi si riassume: tra il numero n di componenti in qualsiasi 
fase si trovino, il numero N di fasi e il numero F di variabili 
indipendenti esiste l'eguaglianza: 

« -f 2 — iV = F. 

L'equilibrio riguarda naturalmente solo la composizione delle 
singole fasi, che rimane inalterata; le masse delle fasi possono va- 
riare, senza che l'equiUbrio di contatto si alteri. Solamente è da no- 
tarsi che variando le masse, varia necessariamente l'energia intema. 

D'ordinario le variabiH indipendenti sono la temperatura t, la 
pressione />, il volume v e le concentrazioni. 

Esempio: Dati il componente H, O e la fase ghiaccio (stato cri- 
stallino), su due sole variabili indipendenti si può fare ass^na- 
mento, temperatura e pressione; il volume ne è la conseguenza. 
Altrettanto dicasi se è data una sola fase, acqua o vapore. Dati il 
componente H, O e due fasi acqua e ghiaccio, ovvero vapore e 
acqua, o vapore e ghiaccio, in equilibrio di contatto, su ima sola 
variabile si può fare assegnamento, temperatura o pressione. Dati 
infine lo stesso componente HgO e tre fasi in- contatto, vapore, acqua 
e ghiaccio, nessuna variabile rimane disponibile (100). 

In questo esempio è da osservarsi che l'equilibrio persiste, pur 
variando le masse del vapore, del ghiaccio o dell'acqua. Se aumenla 
la massa dell'acqua a spese della massa del ghiaccio, una certa quan- 
tità di calore deve essere somministrata al sistema e viceversa, 
senza variazione alcuna nella pressione o nella temperatura se una 
di esse è data. 

l,*equilibrio stabile (99) e perciò riversibile può essere rappre- 
sentato graficamente come nella fig. i. 

Sull'asse delle ascisse a partire dall'origine O si portano le 
pressioni p, su quello delle ordinate le temperature t. Per tal modo 
ogni punto del piano rappresenta uno stato fisico corrispondente 
a p, t, ossia è l'effige di imo stato. 

A ciascuna delle tre fasi isolate, vapore, acqua e ghiaccio, 
corrisponde nel piano un dominio di stabiHtà, ove p e t possono 
variare liberamente. Questi domimi sono segnati nella fig. i con. 7 
(vapore), H (acqua) e G (ghiaccio). 

Due fasi in contatto si trovano in equiUbrio completo, ove una 
sola variabile potè indipendente, e il valore dell'altra ne consone, 
ossia ove p e t determinano una curva, che si chiama linea o curva 
di trasformazione (99). Così nel sistema acqua- vapore vi è la curva 
di trasformazione AB. Il sistema acqua-ghiaccio dà la curva AC; 
infine il sistema ghiaccio- vapore dà la curva di trasformazione AD. 



IO 



Capitolo primo 



mjS^ 



I/e tre fasi non possono coesistere che in un sol punto, il punto ^, 
cioè per una sola pressióne p* e per una sola temperatura t\ È 
stato determinato p* = 4.6 mm. e <' = -f- 00.0076 C. per il 
punto A, punto triplo, ove concorrono tre curve di trasforma- 
zione. 

Nella, fig. I vi -è ancora la linea A a come prolungamento con- 
. tinuo della curva AB; essa corri- 

sponde aìì* equilibrio instc^ile (99), 
nel quale si trova il sistema 
acqua-vapore, quando l'acqua è 
nel dominio del ghiaccio. Si può 
infatti raffreddare l'acqua sotto 
la curva di trasformazione AC 
con le dovute cautele, senza che 
l'acqua si agghiacci; in tale stato 
instabile dell'acqua, questa ha la 
tensione di vapore maggiore che 
la t ensione di vapore del ghiaccio 
alla stessa temperatura, come in- 
fatti dimostrano le due curve AD 
e A a. Che V acqua soprafusa sia in- 
stabile si prova facilmente, scuo- 
tendola l^germente o lasciandovi cadere un seme, un cristallino di 
ghiaccio, per avere l'immediato brusco passaggio da acqua a ghiac- 
cio e alzarsi la pressione a temperatura costante, o alzarsi questa 
a pressione costante. 

L'esempio qui considerato e rappresentato nella fig. i ci fi- 
gura im equilibrio stabile, un equiUbrio' instabile e un sistema a 
fasi riversibili. Il ghiaccio nel dominio G, l'acqua nel dominio //, 
il vapore nel dominio V sono allo stato stabile. Anche il sistema 
acqua- vapore si trova in equilibrio stabile limgo il percorso AB; le 
sue fasi sono riversibili per una piccola variazione di t o ài p. Il si- 
stema acqua sopraf usarghiaccio si trova invece in equiHbrio insta- 
bile, e le sue fasi non sono riversibili (soilo irriversibili) (99), poiché 
l'acqua soprafusa può bensì trasformarsi in ghiaccio, ma l'inversa 
trasformazione diretta è impossibile. 




Xi 



mm 



V 



Flg. 1. 



CAPITOLO II 



Prìncipi generali di cristallografia. 

9. Figure di cristalli. — L'esperienza insegna che i liquidi- 
cristalli sono di figura sferica, quando siano raccolti in goccbUue, 
come lo sono i liquidi in generale. 

La fig. 2 rapptesenta le effigi di parecchie gocce di paraossife- 
netolo in luce polarizzata convergente ; finché le gocce sono picco- 



Fif. J. Flg. 3.- 

le, appariscono di forma sferica quasi perfetta, — I<e goccioline più 
grandi non sembrano perfettamente sferiche, talvolta esse sono 
l'unione di più, ma sempre om<^enee e anìsotrope. Una massa 
liquida omogenea antsotropa può dunque definirsi come un ^gre- 
gato di cristallini liquidi sferiformi, che si adatta al vaso, in cui è 
contenuta, e come tale si può chiamare liquido cristallino. 



19 



Capitolo secondo 



IfC masse pastose, plastiche, molli o fluenti, omc^enee e aniso- 
trope, quali gli oleati alcalini specialmente l'oleato ammonico, non 
si confonnano in goccioline sferiche come i cristalli Uquidi, ma in 
figure ovoidali, elissoidaH, fusiformi, ecc. 

La fig. 3 rappresenta parecchi cristalli molli di oleato ammo- 
nico, isolati o associati insieme. 

Dalla legge di Curie ( 10) risulta che tutti i cristalli, sia solidi, 
sia fluenti, sia Uquidi, dovrebbero prendere figura poUedrica in 
contatto con fase amorfa e supposto l'equilibrio stabile; solo in 
virtù della estrema mobilità dei Uquidi e della pressione proveniente 
dalla tensione superficiale cristalli Uquidi si deformano e raggiun- 
gono la figura sferica. Nei cristalU molU la deformazione completa 
non è possibile stante l'attrito interno; e nei soUdi essa è nuUa. 
Perciò i pristalU soUdi quando si trovano in equiUbrio stabile con 
una fase amorfa, con cui sono in contatto, acquistano la figura di 
un poliedro, che come vedremo è normale e soddisfa alla legge di 
Hauy (13). Il poUedro o figura normale del cristaUo èsempUcecon 
facce piane, spigoli e vertici. 

Nella fig. 4 sono efi&giate quattro figure di cristalU soUdi. 




Fìg. 4. 



Nei poUedri sempUci e perciò anche nei cristalU si verifica la 
r^ola di EtUero: 

I 

S '\-2 — V = F, 

essendo S il numero degU spigoU, V queUo dei vertici e F queUo 
delle facce. Cosi nella 2* effige deUa fig. 4 vi sono 36 spigoU 
(S = 36), 24 vertici (V = 24) e 14 facce (F = 14), corrispondente- 
mente aUa detta regola. 

Due o più facce parallele a uno spigolo formano una zona. 
Facce appartenenti a una zona hanno lo stesso sostegno; zone ap- 
partenenti a una faccia hanno il sostegno di questa. Ogni retta 
o spigolo paraUelo a una zona è presa per asse della zona. 



IO. KQUIUBRIO di un CRISTAI^tO IN UNA FASE AMORFA. 

Legge di Curie. — Il cristallo e la fase amorfa in contatto siano 



Principi generali di cristallografia 13 

nel loro contenuto invariabili; l'uno può crescere a spese dell'altra 
o viceversa, secondo Tequilibrìo stabile dato dalla legge di Gibb. Per 
semplicità poniamo costanti la temperatura T e la pressione p, 

AfiBncl^è cresca la fase cristallo una parte di energia calorìfica 
deve essere sottratta alla fase amorfa, p. e. Q\ una quantità q di 
essa- serve ad accrescere l'energia superficiale E del cristallo, e final- 
mente mia quantità Q' passa al serbatoio estemo avente la tem- 
peratura r'. Brevemente, la quantità di calore Q' cade dalla tem- 
peratura T alla temperatura T' ed una parte di essa 

q = Q-Q' 

si trasforma in energia superficiale E. Il massimo eifetto si ot- 
tiene per q = massimo, ossia per 

E = min., che è condizione di ^^ 

equilibrio. 

Figuriarnoci che il cristallo P 

sia contornato da n facce -^ L / . \ * 

le cui aree siano rispettivamente . - / j*0" 

(v. fig. 5). L^ / \\ \ /l, 

Le distanze perpendicolari di \ /fé 

queste facce da un punto inter- Js. / j 

no O sieno rispettivamente ^sV 1 \y ^ ^ ^ 

Pv Pt' Pz Pn- ^ ^f 

Ogni piramide che ha per 

base sr e per apice O, essendo pr 

l'altezza, ha per volume 

I 
— prSr\ e quindi il volume totale del cristallo è 

I « 

V ^—"LprSr. 

3 , 

Essendo ai, aj, «3 cun le costanti capillari delle singole facce, 

l'energia superficiale accumulata sulla superficie totale del cristallo è 

n 

E = ^OLr Sr, 
I 

che deve essere minima per un dato volume F, quando vi fosse equi- 
Ubrio stabile. Le condizioni d'equilibrio sono dunque così poste: 

S />f Ssf = o , Sar Ssf = o; i) 

X I 




• 



14 Capitolo secondo 



esprìmendo la prima somma un aumento di volume, e la seconda 
un aumento di energia per aumenti ^St della superfice. Questi incre- 
menti hsi, $52 $5» si possono ritenere indipendenti, ed allora le 

i) si scindono nelle n s^uenti: 

Pi'Pt' Pz •pn^a^ii^t'-OLz : an, . 2) 

ossia: Gli accrescimenti perpendicolari alle facce di un cristallo 
sono proporzionali direttamente alle loro costanti capillari. Questa è 
la legge di Curie. 

Da qui segue che facce di eguale costante capillare si trovano a 
^uale. distanza dal centro O, origine d'accrescimento; e perciò il 
centro O si trova in mezzo fra due facce parallele di ^uale co- 
stante capillare. 

Una figura del cristallo che soddisfa alla legge di Curie si 
chiama figura normale (9) . 

Stante questo modo di accrescimento di un cristallo in con- 
tatto riversibile con una fase amorfa, si produce poco a poco una 
selezione nella figura del cristallo nel senso che le facce poco a poco 
divengono piane e predominano' quelle a costanti capillari minime. 

L'esperienza insana che le costanti capillari sono inversamente 
proporzionali alle densità delle facce, intendendo per densità su- 
perficiale il numero di atomi, molecole o gruppi di essi contenuti 
nell'unità di area; infatti se la costante capillare è l'energia ne- 
cessaria per aufnentare dell'unità una superfice data, essa sarà 
tanto maggiore quanto più deve diradarne la massa. 

Siano di, d^, d^ dn le densità di dette facce, la relazione 2) 

di Curie sarà anche: • 

ovvero, essendo /j, /j, /, /» le aree specifiche, valori reciproci 

delle densità, aree contenenti l'unità di massa : 

Pi'- Pt' Pi' ' Pf* =fi'-ft'fz' '•/»• 4) 

Questa conveniente forma della relazione di Curie messa in rap- 
porto con uno speciale orientamento del cristallo ci apre la via 
verso la legge di Hauy. 

La relazione 2) può anche essere messa sotto questa forma 

V = CE, 2a) 

essendo V il volume del cristallo, e una costante ed E l'energia su- 
perficiale totale. La 2«) dice semplicemente che nell'accrescimento 



Principi generali di cristallografia 



15 



riversibile di un cristallo l'energia superficiale totale è sempre pro- 
porzionale al volume; fonnola equivalente alla legge di Curie. 



IK Costanza dbgu angou. — Nello studio dell'accrescimento 
dei cristalli si è visto che il cristallo in equilibrio stabile con la fase 
amorfa t<ende a raggiungere la figura normale determinata dalla mi- 
nima energia superficiale, sovrapponendosi la sostanza sul cristallo 
parallelamente alle facce. Altre facce possono sorgere, se i dati del 
mezzo cambiano; e con le nuove conservandovisi il cristallo può 
crescere, ma sempre per sovrapposizione di materia. 






Fig. 6. 

• 

Nella fig. 6 sono rappresentati tre stadi di accrescimento del- 
l'allume di rocca a, b, e, il primo e il secondo con le sole facce 
o, 0, 0..., il terzo con varie facce in più. 

Nella fig. 7 sono rappresentati due stadi di accrescimento a, b 
del quarzo, il primo con le facce r, r, r.,. e p, p, />..., il secondo con 




a. 




Fig. 7. 



le stesse facce y e /> accompagnate dalle facce prismatiche m,m, m..., 
con sviluppo accentuato di alcune e a scapito di altre. 



i6 



Capitolo secondo 



Come terzo esempio è rappresentato nella fig. 8 l'accresci- 
mento della calcite in quattro stadi a, b, e, d. Nel primo di essi ap- 
pariscono solo le facce e, e, e...; nel secondo le dette facce sono 
accomps^ate dalle facce prismatiche m, m, t»... quasi rudimentali; 
che nel terzo stadio spiccano sulle prime; finalmente nel quarto 
stadio le facce prismatiche m, m, m... sono in prevalenza note- 
vole sulle facce e, e, e... 






d. 




m 



***^^UbiUi*«A«IM»a^ 




Fig. 8. 



Ma qualunque sia il modo di aqcrescimento dei cristalli, se 
facce dapprima si costituiscono, e poscia retrocedono a spese delle 
vecchie, o spariscono, e nuove facce subentrano, qualcosa nondi- 
meno rimane fìsso durante queste alterazioni: la costanza degli 
angoli fra le facce rispettivamente individuate dal loro carattere 
fisico (15). Cosi nei cristalli di allume effigiati nella fig. 6, a, ò, e, gH' 
angoli tra le facce o, o, o... sono sempre gU stessi; altrettanto nei 
cristalli di quarzo (fig. 7, a, 6), gU angoH tra le facce y, r, r.„ e 
p, p, p.^ sono sempre gli stessi. In tutti gli stadi a, b, e, d di 
accrescimento della calcite (fìg. 8) gU angoli tra le facce e, e, e... 
sono sempre gli stessi, come a loro volta gli angoli tra le facce prisma- 
tiche m, m, m... e gU angoli fra le « e le m. 

Si conclude che è legge generale essere gU angoli diedri dei 
cristalli costanti fisiche, legge che passa sotto il nome di costanza 
degli angoli (98) e che può essere definita nel modo seguente: 

Tutti i cristalli della stessa sostanza e aventi la stéssa struttura, 
terminati da facce individuate rispettivamente dagli stessi caratteri 
fisici, hanno gli stessi angoli diedri. 

La legge della costanza degh angoU ha per base l'omogeneità 
fisica dello stato anisotropo, perchè le facce di egual carattere si 
spostano parallelamente a sé stesse. 



Principi generali di cristallografia 



17 



Questa legge fondamentale si attribuisce generalmente a Rome 
de Lisle o a Nicola Steno (1669), ma già il nostro Vannuccio Birin- 
guccio da Siena (1540), studiando i cristalli di pirite ne aveva 
osservato e notato la costanza degli angoli, «talché artefice al- 
cuno, con qualsivoglia strumento non ne potrebbe tirare più giusti 
né meglio ». 

12, Indici Miixeriani. — I^ facce di un cristallo si sogliono 
riferire a tre facce non parallele a uno stesso spigolo, aventi le 
costanti capillaii più piccole, che si dicono fondamentali e che 
chiameremo con a, ò, e. Dette facce si riconoscono facilmente nei 
cristalli, poiché, secondo la legge di Curie, sono le più sviluppate. 

Si sceglie una quarta faccia, che si chiama unitaria, la quale ha 
pure la costante capillare più piccola e non fa zona con due delle 
facce a, 6, e. 




Fig. 9. 



I tre spigoH x, y, z, determinati dalle facce a, 6, e, sono fonda- 
mentah (fig. 9) o assi di riferimento,* o semplicemente assi del 
cristallo, che si fanno passare per un punto O preso nell'interno. Per 
avere il senso positivo di questi tre assi si suole seguire questa norma: 
che il positivo x si porta nel positivo y con rotazione sinistrosa (in- 
versa della lancetta di un orologio) nel piano xy\ senza passare pel 
negativo y, per un'osservatore ritto in piedi sul piano xy (e) e volto 
il corpo verso il positivo z. 

La faccia unitaria, che diremo 0, taglia su x, y, z positivi i tre 
parametri 



OA = a, OB = b, OC = e. 



3 — e. Viola. 



x8 Capitolo sefondo 



Per la definizione della faccia unitaria ci basta conoscere i 
rapporti 

a:h:c\ 

che si chiamano rapporti fondamentali o rapporto d^li assi. Gli 
angoli piani 

A A A 

sono fondamentali. Per cons^uenza: 

Le costanti fondamentati di un cristallo sono il rapporto degli assi 
e gli angoli fondamentali. 

Consideriamo mia qualsiasi faccia A' B' C (fig. 9), die deter- 
mina su X, y; z i parametri 

OA' =^ a' OB' = h\ OC = e'. 

Bastano i rapporti. 

a''.h'\c' 

per fissare la posizione di una faccia. 
I numeri nei rapporti 

a h e 
a e 

si chiamano gU indici della faccia data A' B* C 

Per la legge di Hauy, che si vedrà (13)» gh indici si riducono 
sempre a numeri razionali, quando la figura del cristallo soddisfa 
alla legge di Curie, ossia è figura normale. Posto ciò, i detti indici 
possono essere ridotti a numeri interi e primi fra loro, A, k, /, e 
si chiamano indici Milleriani: 

a b e 

a' h e* •^' 

Si comprende che gU indici della faccia unitaria sono 1 , i , i ; 
quelli delle tre facce fondamentali •a, 6, e sono rispettivamente 
1,0, o, o, I, o, 0,0, I. 

B quando i parametri di una faccia sono negativi, saranno ne- 
gativi i suoi rispettivi indici. H segno negativo si pone sopra l'in- 
dice, p. e. H, 

Dati tre indici Milleriani di una faccia, se ne riconosce subito 
la posizione, i rapporti dei parametri, positivi o negativi che siano. 

I tre indici danno il simbolo di una faccia (h k l), col quale 
* essa si denomina. 

Analogamente come per le facce si procede per gU spigoU. 



Principi generali di cristallografia 



19 



Si assume fino spigolo unitario, sul quale si limita un segmento 
OO' ; le proiezioni oblique di 00' sono rispettivamente (fig. io) : 

DM = a su ;ir, 
ON =^b » y, 
OP = e ti. 

Per la definizione di questo spigolo bastano i rapporti: 

a:b:c 




Fig. IO. 



Un qualsiasi spigolo del cristallo condotto per sia OS. Le 
proiezioni oblique del segmento OS su x, y, z siano rispettivamente : 

OAf' ==5' . ON' = 7)' , OP' = X:, 
Per fissare la posizione di 05 bastano i rapporti 

I numeri nei s^uenti rapporti: 

si chiamano indici dello spigolo; ridotti a numeri interi e primi 
fra loro, m, n, p, si chiamano indici Milleriani dello spigolo: 



* C' t)' e 



6) 



20 Capitolo secondo 



Si comprende che gli indici dello spigolo luntarìo 00* sono 
I, I, I, che quéUi degh spigoli fondamentaU x, y, z sono rispettiva- 

■ 

mente 1, 0,0, 0,1,0, 0,0,1. 

GU indici positivi o negativi corrispondono a proiezioni posi- 
tive o negative. H segno negativo si pone sopra Ìl rispettivo 
indice, p. e. m- 

Dati tre indici di uno spigolo, ^ ne riconosce subito la posizione, 
i rapporti delle proiezioni, positivi o negativi che siano. I tre 
indici di imo spigolo danno il suo simbolo \mnp'\, col quale si de- 
nomina lo spigolo o la zona avente lo stesso sostegno. 

13. Legge di Hauy. — Si è veduto che le facce di un cristallo 
si sogliono riferire a tre facce fondamentali a, 6, e, che si tagliano in 




Fig. II. 

tre spigoU fondamentah x, y, z (fig. 11 e 12) ed hanno le costanti 
capillari più piccole ed i loro più piccoli accrescimenti, che si di- 
cono accrescimenti principali, secondo le ^, 7), J^ (fig. 12), rispetti- 
vamente perpendicolari alle facce a, ò, e. Anche la faccia unitaria 
a == ABC (fig. Il) è scelta in guisa che la sua costante capillare è la 
più piccola e tagU i tre spigoU x, y z, sui quaU determina rispet- 
tivamente i tre parametri finiti 

OA = a, OB ^ 6, OC = e. 

La relazione di Curie 4) 

Pl'p2'Pz' 'Pn =fl''ft'fz'- •/» 



Principi generali di cristàtografia 



21 



secondo la quale gli accrescimenti perpendicolari alle facce, sono 
proporzionali alle aree specifiche, acquista un significato più pre- 
ciso, che forma la base della legge di Hauy, quando la relazione 
stessa sia riferita a facce aventi le costanti capillari più piccole. 
I/'area specifica della faccia unitaria o sia 

fo = ABC. 

Consideriamo le tre aree 

I sen a 
BOC = — abc = /o', 

I sen B 

COA = — abc —r^ = /o", 

2 O 

I sen Y 
AOB = — abc i = fo"\ 

2 e "^ 




Big, 12. 



essendo gH angoli fondamentali (vedi fig. 9) 

A ^ A A 

a = y-ar . ^ = zx , y == xy 

Una qualsiasi faccia ar abbia l'area specifica 

fr = A'B:a 

e l'accrescimento perpendicolare pr = 00' (fig. 12 e fig. 11). 



21 '^Ca^UoJo secondo 



I parametri della faccia cr siano 

OA' = a' , OB' = 6' , OC = c'\ 
di guisa che i suoi indici sono: 

a b e 

Consideriamo anche qui le tre aree 

1 sena 

2 a ■' 

I sen 6 

CO A' ^ —a'b' e' -rrr^ = //', 
2 6 ' 

I sen Y 

A'OB' = — a' ò' e' — 7^ == //". 

2 C ^ 

che possiamo scrivere anche cosi: 

fr =^ C . hr ' Jo $ 
jr = C . kr . fo t 

essendo C una costante. 

Abbassiamo dall'origine O la perpendicolare 00' sulla faccia ar; 
sia O* il suo piede, di guisa che pr = 00' (fìg. ii e 12), come si è detto 
sopra. 

Ora la somma dei tre triangoH J5'0'C', A'O'C e A'O'B' è 
appunto l'area A'B'C, Chiamando con ^\ fs^r\ <f/'' gli angoli 
che la faccia data fa rispettivamente con le facce fondamentali 
a, b, e, avremo: 

B'O'C == C .hr.fo' COS ifr\ 
CO' A' = C.kr .fo" COS 9/', 

A'O'B' = C . lf,io"' COS 9f'". 
e quindi 

/, = C { Ar /o' COS <pr' + Ar/o" COS 9r" + /r/o'" COS 9/" } . 7) 

Analoga espressione possiamo formare per l'accrescimento per- 
pendicolare pr della faccia data; lo scomponiamo nei tre compo- 
nenti, che cadono negU accrescimenti principaU ^, 7), ^ (fìg. 12) 
perpendicolari a loro volta alle facce fondamentsdi a, b, e. 

Tali componenti siano rispettivamente pr, Pr", pr". Ciò posto, 
avremo: 

pf = pr' COS 9/ + pf" COS 9r"+ />r'" COS 9r'" 8) 



Principi generali di cristallografia 33 

Introducendo le espressioni 7) e 8) nella relazione di Curie 4) 
avremo : 

p/ COS 9/ + p/' COS 9r" 4- />r'" C08 9/" = 
= C [hr fo* COS (pr' ^ kf fo" COS 9/' + /r/o'" COS 9r'"] 9) 

È da osservarsi che tanto pr\ pr", pr" quanto Ar, hr, U sono 
fra loro indipendenti. La 9) si scinde perciò nelle: 

P\'Pt'-P%' '• P'n = h^: A,: Aj: : A», \ 

Pi'-' Pt'' Pz'- -Pn" = Ai: A,: A,: : A«, [ io) 

Pi Pi • Ps P» ='i*«-'s *» ; 

Si osservi che le aree specifiche /r delle facce ar sono multipli 
dell'area specifica unitaria /o, e che perciò le proiezioni //, ff\ ir" 
sono multiple rispettivamente delle aree /©', fo\ fo"\ vale a dire 
gli indici hr, hr. Ir sono interi e primi fra loro. Da qui emerge la Ugge 
di Hauy sulla razionalità degli indici semplici, la quale si può enun- 
ciare cosi: 

Gli indici delle facce sono razionali. I componenti principali 
degli accrescimenti perpendicolari alle facce di un cristallo sono prò* 
porzionali direttamente ai loro rispettivi indici milleriani. 

Una figura del cristallo soddisfacente alla l^ge di Hauy è una 
figura normale. Essa corrisponde all'equilibrio stabile di contatto 
fra cristallo e fase amorfa. 

La legge di Curie e la legge di Hauy hanno lo stesso contenuto; 
quella si riferisce a un orientamento qualsiasi del cristallo, questa a 
im orientamento determinato dalle facce f ondamentaU e dalla faccia 
unitaria, aventi le costanti capillari più piccole. 

14. Facce vicinau - Foukpria dkt,t,k facce - Associa- 
zione. — Ogni figura del cristallo che non soddisfa alle condizioni 
determinate dalla legge di Curie o dalla* legge di Hauy, è anormale. 
La più importante anormalità nella figura dei cristalli e alla quale 
molte si possono ricondurre, è questa, che facce a indici grandi si so- 
stituiscono a quelle aventi indici sempUci, queste ultime rimanendo 
rudimentali durante l'accrescimento del cristallo o affatto escluse 
dalle figure di esso. 

Siffatte facce si chiamano vicinali, essendo esse vicine a 
quelle aventi la costante capillare piccola. Una -diffatta anormalità 
nell'accrescimento dei cristalH è importantissima, perchè dall'in- 
siexpe delle facce vicinali, osservate in un solo cristallo o in più, 
si deducono assai spesso e facilmente le posizioni delle facce a 
. indici semplici, le quali ultime sono tanto rare, quanto all'incontro 
sono frequenti le anormalità nell'accrescimento dei crìstaUi. 



14 Capitolo secondo 



Arcangelo Scacchi nell'indicare questo fenomeno con poliedria 
delle facce ha voluto precisare in quale rapporto di posizione stieno 
le facce vicinali intomo alle vere facce della figura normale. 

Esempi: fluorite, calcite, halite, ecc. 

Le cause determinanti una anormalità, ossia l'uscita di un cristallo 
dalla legge di Curie o di Hauy, possono essere molteplici. Certo è che 
im cristallo in contatto con fase amorfa quando si trovi in equiUbrio 
instabile, non può seguire le dette leggi. La cristallizzazione dopo 
un brusco raffreddamento, o in imo stato di soprafusione o di 
soprasaturazione, ecc., (lOI) dà luogo molto probabilmente à cri- 
stalli anormali. 

Cristalli con accrescimento anormale sono instabili, essendo la 
loro tensione superficiale superiore alla minima. Essi possono acco- 
starsi alla loro figura normale o con un successivo accrescimento, 
ovvero associandosi (26) insieme nella faccia o nella zona anormale ; 
infatti col ricoprimento di essa, zona o faccia, questa si sopprime 
in tutto o in parte, e la tensione superficiale totale diminuisce. In 
conclusione l'equiHbrio stabile dei cristalli è la ragione della legge di 
Curie o di Hauy. L'anormalità di essi è la ragione della loro asso- 
ciazione, o viceversa. 

15. Forme cristai,i,ine. — Il cristallo soUdo non è semplice- 
mente un poliedro geometrico di data figura; esso è principal- 
mente un corpo fisico, e come tale riveste l'abito suo proprio in 
rapporto con la sua natura fisica, con la sostanza di cui è costi- 
tuito e con la sua struttura, (16) come d'altronde risulta dal modo di 
accrescimento in ambiente riversibile. 

In tutti i cristalli si osserva bene il carattere specifico di ogni 
faccia, talché è sorta la necessità di associare insieme faccia del 
cristallo col suo carattere fisico (37), e riconoscere e individuare quella 
da questo. Lo studio sulla Struttura dei cristalli ci insegna precisa- 
mente che le facce non possono tutte essere le stesse; la densità 
superficiale e la costante capillare, causa d^l diverso accrescimento, 
non possono che confermare lo stesso risultato. 

L'esperienza insegna a sua volta che talune facce sono liscie, 
lucenti, speculari, altre torbide, appannate, opache, altre ancora ri- 

■ 

gate, striate, tubercolate e via dicendo; e basta talvolta un fascio 
di rs^gi luminosi paralleli riflessi da dette facce, perchè ne risalga 
il rilievo (37, 81), ne splendano ipiù piccoli accidenti, ne rifulgano 
le più recondite regolarità e bellezze. 4 

Ma se è un dato acquisito dell'esperienza e della teoria che 
ogni faccia ha il suo carattere* proprio, è altresì vero che due o 
più facce del cristallo hanno lo stesso carattere fisico. ' 



Principi generali di cristallografia »s 



L'insieme di ttUie le facce in un cristallo dotate dello stesso carat- 
iere fisico sj chiama « forma cristallina » (37)- ' 

Si compTeiide che tutte le facce di una forma hanno la stessa 
costante capillare epperò lo stesso sviluppo; esse devono pure avere 
gU stessi ìndici salvo Tordine e il s^no. Si costruisce il simbolo di 
una forma scrivendo i tre indici in parentesi { }. Cosi p. e. ima forma 
avente le quattro facce (hkl), (Hkl), (AT/) e (O/) ha per simbolo {hkl.} 
Due facce opposte deUo stesso carattere fisico costituiscono una 
forma, il pinacoide. Ci sono cpstalli formati unicamente da pina- 
coidi. Due facce e non più, non parallele, sono uno sfenoide o un doma. 
Se tre, quattro, sei, otto, ecc., facce eguali sono parallele a uno 
spigolo, la loro forma è un prisma, trigono, tetragono, esagono, 
ottagono, ecc. Vi sono forme cristalline di 3, 6, 8, 12, 24 e persino 
48 facce non parallele a uno spigolo. 

Si estende per analogia il nome di forma anche a ima sola 
faccia, il pedio, quando non esiste e non . ve ne può essere una se- 
conda ad essa eguale. 

Ci sono cristaUi limitati da tanti pedi quante sono le facce. 
SifEatti cristalli sono asimmetrici. 

Tutti gU altri cristalli godono di qualche grado di simmetria. 

16. BSPKRIENZB SUI,I^ STRUTTURA DEI CRISTAIJ*!. — I^e quan- 
tità fisiche direttive determinanti lo stato anisotropo della materia, 
epperò lo stato cristallino, insegnano che la materia discreta deve 
avere un determinato ordinamento, il quale si chiama struttura. 

La struttura dei cristalU risale a Hauy; quel fisico e mineralo- 
gista eminente intravide che fra la legge della razionalità d^H 
indici sempHci, le proprietà fisiche e là struttura vi doveva essere un 
nesso intimo. La struttura ideata da Hauy fu perfezionata da 
Bravais, Mallard, Delafosse, ecc., in un senso, da Sohncke, Wiener, 
Schoenfiies, Fedorow, Barlow, ecc., in un altro. Anzi Fedorow prima 
e Schoenflies poi vennero aUa conclusione che solamente 230 strut- 
ture diverse sono possibili nei cristalli (96). Ma di fronte a questi 
studi teorici si richiedeva una conferma sperimentale. 

Vari tentativi furono fatti per stabilire la posizione delle mole- 
cole, d^li atomi, dei loro gruppi o dei loro centri di equihbrio. Il 
microscopio con le radiazioni visibili si dimostrò insufficiente a tale 
oggetto, perchè le molecole o gli atomi sono troppo piccoli per ri- 
spetto alla grandezza d'onda, sia pure dell'estremo violetto; infatti 
gU atomi' si valutano dell'ordine io~* cm., la minor lunghezza 
d'onda visibile 10—^ cm. ; di guisa che quando gU atomi sono colpiti 
da onde luminose subiscono continue perturbazioni, che impedi- 
scono la produzione di vnxms^nì nette nel campo del microscopio. 



96 



Cantalo secondo 



L'ultramicroscopio ha bensì svelato che i colloidi sono costi- 
tuiti da molecole sospese nel solvente. Siffatte esperienze sono riu- 
scite e riescono quando le particelle costituenti il mezzo siano rela- 
tivamente distanti fra loro, e la loro grandezza non sia sotto 
IO—'' cm. ; ma fino ad ora hanno avuto esito negativo nella ricerca 
dei cristalli. 

Ma dopo che H. Haga, C. H. Wind e B. Walter con esperienze 
pros^uite dal 1899 al 1902 riuscirono a provare la natura ondula- 
toria dei raggi Roentgen, e con la diffrazione e dispersione ne va- 




Fig. 13. ' 

lutarono la lunghezza d'onda, dell'ordine io—* cm. (41), le ri- 
cerche suUa struttura dei cristalli furono riprese. M. Laue nel 
191 2 fece il primo tentativo nel senso di avere spettri d'interferenza 
con raggi Roentgen attraverso o su lamine di cristalli; Friedrich e 
Knipping ne confermarono la teo]:ia, facendo osservazioni su lamine 
di Blenda (ZnS) ed estendendole a cristalli di diamante (C), 
salgemma (Na CI), ecc. Appresso vengono i lavori importanti 
sullo stesso soggetto di W. H. Bragg e W. L. Bragg (191 3). 

Bisogna figurarsi che una lamina sottile di Blenda, p. e. ts^Uata 
parallelamente a una faccia dell'esaedro, sia formata da reticolati 
paralleli sovrapposti, ciasctmo dei quali può dare uno spettro di 



Principi generali di cristallografia 97 

• ^ ^ _^ 

diffrazione, quando sia attraversato o colpito da vibrazioni piccolis- 
sime, come sono appunto quelle dei raggi X. Ondulazioni più 
grandi prospettano naturalmente una lamina cristallina come un 
mezzo continuo. 

I r^gi Roentgen illuminando un primo reticolato della lamina 
di Blenda, con la dispersione e interferenza generano uno spettro 
punteggiato di chiari e scuri, poi un secondo, un terzo, un quarto 
e via dicendo. Il risultato finale, fissabile sulla lastra fotografica, 
dovrà essere una sovrapposizione di spettri punteggiati, consistente 
essa medesima di chiari e oscuri in corrispondenza alla posizione 
degli atomi, delle molecole o dei gruppi di essi. 

La fig. 13 ne dà la riproduzione fotografica sopra ima lamina 
dell'esaedro, come era stata preveduta dalla teoria. 

Analoghi risultati* si ottennero dal berillo, salgemma, dalla fluo- 
rina, pirite, dal diamante, ecc. 







Fig. 14. • 

Per mezzo del reticolato riprodotto in fotografia si riesce a 
calcolare la distanza minima fra le molecole e gli atonu, che per la 
blenda è dell'ordine 0.4 x io—* cm. 

Lamine di sa^emma tagliate parallelamente a facce dell'ot- 
taedro, illuminate da raggi Roentgen, hanno inoltre dimostrato che 
lo spettro derivante dagli atomi [del sodio (Na) è difiEerente da 
quello generato dagli atomi del cloro (CI), stante la diversa disper- 
sione e riflessione selettiva d^li uni e degli altri. 

In base a queste esperienze Lane concluse: 

La struttura di un cristallo consiste di un numero finito di in- 
trecciati identici, o sistemi punteggiati, ' compenetrantisi parallela- 
mente, ciascuno dei quali è sede di atomi rispettivamente eguali (96). 



28 



Capitolo secondo 



La teorìa si era in gran parte avvicinata a questi risultati 
sperimentali. 

Nella fig. 14 è riprodotto uno di questi intrecciati ideali nello 
spazio, nei nodi del quale sono collocati i centri di ^equilibrio di 
atomi eguali. Ogni atomo corrisponde a un reticolato identico; e 
la compenetrazione parallela di tutti i reticolati, cosi ottenuti, dà 
un'immagine di ciò che deve essere la struttura cristallina. 

Mentre nei gas, nelle soluzioni, nei liquidi e n^li stati amorfi 
l'individuo è la molecola, nei cristalli è l'atomo, poiché la distanza 
fra atomi ^uali o no è la stessa. La molecola si dissocia dalla 
compiline cristallina allora soltanto nei cristalli, quando questi si 
dissolvono, ossia passano allo stato amorio. 

Hauy ammetteva che ogni costituzione chimica corrispon- 
desse a im solo modo di cristallizzare con caratteri fisici unici. 
Queste antiche idee di Hauy, scosse dal fenomeno del polimor- 
fismo (97) rivivono ora con le recenti ricerche di Lane e dei due' 
Bragg, posto il principio che il carattere chimico di uno stato 
cristallino da due fattori è determinato^ struttura cristallina e 
molecola nello stato amorio. 

« 

17. Rei^azioni fra spigow, facce b zone. — Esaminiamo 
che relazioni ci sono tra gh indici di ima facc;^ e queUi di uno 
spigolo, nel caso che entrambi abbiano la stessa giacitura. 




Fig. 15. 



La faccia data sia A'B'C (fig. 15) con i parametri 
OA' = a' , OB' = b' , Oa = e'; 
lo spigolo dato sia C'S' con le proiezioni obhque del segmento C^S' 

OP' = 5', OQ' = Y)', OC = C 



Principi generali di cristallografia 39 

coi rispettivi s^ni indicati dalle frecce, ^' e r{ positivi, ^' ne- 
gativo. 

Dai due triangoli simili A *0B' e S*Q'B' si ha la seguente re- 
lazione : 

e quindi 

a' ^ V 

r 

Aggiungendo a questa ^uaglianza l'ideatità ^ = — i si h!a 

^' t{ c 

che può essere scritto cosi: 

a' a^ h' b ^ e' e ~^'' 

per le 5) e 6) risulta infine : 

hm -\- hn -\- Ip = o 11) 

essendo hhl gli indici della faccia, mnp dello spigolo con la stessa 
giacitura. 

Esempio. — La faccia data (123) contiene lo spigolo [274]. 
perchè 

I x2 + 2X7-f3X4 = — 2-1-14 — 12 = 0. 

Come il simbolo [mnp] definisce la posizione di uno spigolo, 
cosi individua precisamente una zona, l'insieme di più facce paral- 
lele al detto spigolo. , 

Sono date due facce (h^ ki l^) e (h^ k^ /|), si domanda il sim- 
bolo [mnp] del loro spigolo comune. 

Per risolvere questo semplicissimo problema avremo da applicare 
la II) all'una e all'altra faccia: 

Al w + ^1 w -h /i /> = o, 
A, w + A, n + /, /> = o; 

dalle quali si ricava: . 

m:n:p = k^li — A^ /j: l^h^ — h^t'-^z^i — ^i^j ^2) 

L'inverso problema è analogo: sono date due zone [tniWiPJ, 

[w, «2 pa* si domanda la loro faccia comune (hkl). Scriveremo 

medesimamente la relazione 11) applicata all'una e all'altra zona: 

hmi + kn^ 4- ^Pi = o» 
Awj -h An, -f- lp2 = o; 



30 



Capitolo secondo 



dalle quali si ha: 

h:k:l = n^pi — n^pi ip^mi — pi Wji m^fii — Wifi, 13) 

Poiché le due relazioni 12) e 13) sono di uso corrente, si è 
pensato di ricavarle da uno schema, che si ritiene a niente con f a^ 
cilità. I40 schema è 



*ni 



m, 




vale a dire si scrivono due volte gli indici in fila Tuna sotto l'altra; 
si sopprimono la prima e l'ultima colonna e con i quattro indici, 
sopra e sotto, rimasti, si fanno le moltiplicazioni in croce e si 
formano i binomi 

che sono precisamente proporzionaH ai rispettivi indici A, k, l della 
faccia comune alle due zone. 

Esempio. — Le due facce date siano 

(123) e (211). 

Lo schema da esse derivante è 




dal quale risultano i binomi: 

2x1 — 1x3 , 3x2 — ixi , ixi — 2x2 
ossia 

2 — 3 » 6 — I , I — 4. 
Gh indici cercati sono perciò nei rapporti 

I : 5 : 3 » 
e lo spigolo o zona comune alle due facce date ha per simbolo 

[15 3]. 

Le relazioiii fra spigoli o zone e facce ci insegnano che se gli 

indici di due facce sono razionali, lo devono essere anche quelli della 

loro zona comune e viceversa (12)« 



Principi generali di cristallografia 31 



LETTERATURA AI CAPITOLI I E II. 



A. Bravais, Études cristallographiques. Mémoire sur les systèmes formés 

par des points etc. Paris, 1866. 
C. E. FkdBrow, Symmetrie der regelmàssigen Sy steme der Fiyuren. 

Leipzig» 1890. 
W. Baki«ow, a theory oj the connection between the cristalform and the atom 

composition of chemical componends. « Chem.-News », voi. 53, 1886, 3. 16. • 
L. Wm^FP, Ueber die regelmàssigen Punktsysteme. « Z. f . K. », XIII, 503. 
P. CtTSiB, Sur la formation des cristaux et sur les constantes capillaires de 

leurs diverses faces. « BùU. soc. min. fran9. », 1885, 8. 145. 
H. HiLTON, Mathematicdl crystcUlography. London, 1903. 
G. PRiBDBif, Etudes sur la lai de Bravais. a Bull. soc. min. fran9. », 

1907. 31. 326. 

G. Win,FF, Zur Theorie des Kristallhabitus. «Z. f. K. », 45. 433. 

— Zur Froge der Geschwindigkeit des Wachstumes und der Auflòsung der 
Krystallflàchen. « Z. f . K. », 1901, 34. 449. 

O. LBHMAnn, Molekularphysih, 1889. 

— FlOssige Kristalle. Leipzig, 1904. 

Q. SBI«x#a, Primi elementi di cristallografia, Torino, 1867, 1877. 
G. STRtivER, Lezioni di cristallografia. Roma, 1898. 
R. Pansbianco, Trattato di Mineralogia, Padova, 1899. 
Trattato di cristallografia morfologica'. Padova 1904. , 

E. Artini, I minerali. Milano, 1914. 

W. L. Lewis, A rreatise on crystcUlography, Cambridge, 1899. 
H. A. MiBRS, Manuel pratique de Mineralogie. Paris, 1906. 
P. Wai,lerant, Les corps cristallisés mous ou liquides, a Bull. soc. min. 
fran9. », 1905, XXVIII, 260. 

— Recherches sur les ptopri^tés optiques de Voliate d'ammoniaque. « Bull. 
soc. min. frang. », 1906, 29. 301. 

— Nouvelles observations de M. Lehmann. « Bull. soc. min. fran9. », 

1908. 31. 62. 

W. L. Bragg, Proc. Soc. Cambridge Phil.-Soc, 191 3, Bd. 17. 

W. H. e W. L. Brago, Proc. Royal soc, 191 3, Bd. 88. 428. 

H. G. I. HosB]:.EY and C. G. Darwin, Phil. Mag, 191 3. Bd. 26. 

W. Friedrich, Interferenzerscheinungen bei Rdntgenstralen und die Raum- 

gitter der Kry stalle, a Z. f. K.» 191 3, 52. 38. 
M. DE Latte, Die Lichtbarmachung des Raumgitters der Kry stalle durch Rónt- 

genstralen, « Fort. d. Min. Kry. etc. » Jena, 191 4. IV. 

F. Sto VER, Sur la radiographie des cristaux. « Bull. soc. min. fran9. » 191 4» 
37. 76. 

C Vloi»A. Sulle leggi di Curie e di Hauy. « R. Acc. Lincei » 1918. II. 



CAPITOLO III 



Goniometri e proiezioni. 



18. Angow e goniometri di contatto. — Per conoscere la 

■ 

posizione delle facce di un cristallo si ricorre d'ordinario alla pò* 
sizione delle loro perpendicolari, che si possono tirare da un ori* 
gine qualsiasi (fig. x6). La perpendicolare a una faccia è po- 
sitiva nel senso dall'interno del 
cristallo all'esterno. L'angolo fra 
due normali positive è l'angolo 
di facce. 

Nella fig. i6 l'angolo di facce 
delle due facce a e ò è y» essendo 
- fia la perpendicolare positiva di 
a, ed ^3 la perpendicolare posi- 
tiva di h. 

L'angolo diedro di due facce 
a e ò è l'angolo piano y' intemo, 
che fanno fra loro due rette a, b, 
tracciate nelle rispettive facce per- 
pendicolari al loro comune spi- 
golo. L'angolo y' è il supplemento di y: 

y -I- y' = 1890. 

La somma di tutti gli angoli di facce appartenenti a una zona è 
3600. Così nella fig. 16 si ha 

Y + Yi + Y« =' 3600. 

Gli istnmienti che misurano gli angoH si dicono goniometri: il 
primo che fu costruito da Carangeon con le indicazioni di Hauy, 
è quello detto di applicazione o di contatto. 




Fig. 16. 



Goniometri e proiezioni 33 

* 

SifEatto istrumento consiste di un semicircolo di ottone o d'ar- 
gento MTN (fig. 17), diviso in gradi, portante due alidade, di cui 
l'una è scanalata da m ad jR ad eccezione de! rinforzo in K. Questa 
alidada è ferma in 1? su im regolo che fa corpo col semicircolo. 

L'vmione dell'alidada al regolo è ottenuta con due viti, che en- 
trano nella scanalatura. L'altra alidada è pure scanalata, da ;^ a C, 
ed è applicata sulla prima con la vite C. Rallentando le viti R e C 
si possono accorciare a piacere le parti CG e GB delle due alidade 
secondo il bisogno. 

L'alidada AB non ha che un sol punto d'attacco, in C, centro 
del cerchio; ha quindi un movimento attorno questo centro, mentre 




Fig. 17. 

che l'alidada GF rimane fi^sa nella direzione del diametro oo-iSo®. 
La parte zs dell'alidada girevole è tagUata a sghembo, il cui orlo 
passa esattamente per il centro C del cerchio, e si chiama linea di fede, 
che segna l'angolo sul circolo graduato. 

Supponiamo di voler misurare l'angolo diedro fra due facce. 
Posto che quest'angolo è per definizione quello racchiuso da due 
rette contenute rispettivamente nelle due facce e perpendicolari 
allo spigolo comune, si disporrà l'istrumento in guisa che le por- 
zioni CG e GB delle due aHdade siano in contatto con le rispettive 
facce, e il loro comune piano sia perpendicolare allo spigolo. Indi 
si leggerà sulla circonferenza del circolo i gradi e semigradi che indi- 
cherà la linea di fede zs. 

Il goniometro d'ajjplicazione non è più usato che per cristaUi 
rei ativamente grandi, e le e ui facce non siano abbastanza lucide per 

3 — C. Viola. 



34 Capitolo terzo 



riflettere la luce; ed in generale questo istrumento è indicato per 
misure grossolane e rapide. La sua esattezza non è mai più di 
Va grado. 

19. Goniometri a riflessione. — Per misure di precisione si 
ricorre al goniometro a riflessione, ideato da Wollaston (1809). indi 
perfezionato da Mitscherlich, Malus, Babinet e altri. 

Il principio del goniometro a riflessione è cosi semplice, che 
il maneggione ri^ce relativamente facile. Rappresenti AOB (fig. 18) 



N5' 



Fig.. 18. 



un cristallo con le facce OA e OB perpendicolari al piano del disegno, 
e di cui OA e OB sono le rispettive tracce, come è la traccia 
dello spigolo comune. 

Una sorgente luminosa situata in 5 in\ia un fascio di raggi sulla 
faccia OA, ove si riflette per essere raccolto dall'occhio dell'osser- 
vatore posto in D. L'osservatore vede la sorgente luminosa S nella 
direzione DOS', come proveniente dal punto S', che può essere una 
marca, o l'immagine speculare di S prodotta da uno specchio au- 
siliare (specchio di fede). Fissata in questo modo la visuale DS\ 
si fa girare il cristallo attorno al suo spigolo O, finché l'altra 
faccia OB si metta in OB' parallela ad OA. I raggi provenienti da 
S e riflessi da OB' avranno ancora la direzione di OD e concor- 
reranno nella spia S'. L'angolo di quanto il cristallo avrà girato per 
assumere la posizione indicata è BOB\ angolo fra le normali n 
e n^, ossia l'angolo di facce. 

Per avere l'angolo di facce col metodo della riflessione luminosa 
occorre dunque die il cristallo sia fissato all'estremità di un asse 



Gottiotnehi e proiezioni 



35 



portaate nel suo centro un limbo graduato e possa essere accomo- 
dato in modo, che il suo spigolo sia parallelo all'asse di rotazione. 

Nei primi goniometri a riflessione di Wollaston, Mitscherlich. 
ecc.. Tasse di rotazione fu posto orizzontale e il limbo .verticale. 
Poi Malus, Babinet, Fuess, ecc., disposero l'asse verticale e il limbo 
orizzontale con vantaggio della stabilità e sicurezza: 

Il goniometro di Wollaston nella sua massima semplicità consiste 
di un albero orizzontale BB' (fig. 19), portato da tre viti calanti 
(non rappresentate nella figura] e fissato al limbo graduato LL, le 
cui divisioni si portano davanti al nonio NN (fig. 20). L'albero BB* 
(fig. 19) è cavo, e lascia passare . 
un asse metallico AA\ che può 
anche girare indipendentemente 
dall'albero. All'estremità A è 
applicato un gomito girevole, 
il quale a sua volta porta il 
perno PP', che sUtta e ruota 
nel cavo F\ il cristallo Cr è 
attaccato con cera sull'estre- 
mità P, 

Con i due movimenti a 
squadro di questo porta- cri- 
stalli, lo spigolo del cristallo 
può essere disposto di leggeri 
parallelo con l'asse A A' del- 
l'istrumento. È pure bene che 
lo spigolo del cristallo cada nel 

prolungamento dell'asse AA\ che si ottiene ritirando o immer- 
gendo il perno PP* nel cavo F. 

♦ Per portare le facce del cristallo in parallelo con Tasse A A' 
del goniometro serve la spia 5', immagine della sorgente luminosa 5, 
prodotta per riflessione dallo specchio di fede 9. Appena una faccia 
del cristallo dà l'immagine s' di S in coincidenza con S', essa è 
parallela allo specchio di fede <t, fig. 20, posto S molto lontano. Ri- 
mane adunque di correggere lo specchio di fede a, affinchè sia 
parallelo all'asse AA', ove il meccanico vi avesse lasciato qualche 
errore. 

La correzione che deve essere fatta sullo specchio di fede 9 
prima di incominciare le misure, si ottiene facilmente attaccando 
sul portacristalU PP' im vetrino v a facce parallele. Partiamo dal- 
l'ipotesi che il vetrino v faccia con J'asse A A' Terrore e, e nel- 
l'istante dell'osservazione sia parallelo allo specchio di fede a 
(fig. 21), il che sar4 a\^ertito appena l'immagine 5' della sorgente 




36 . Capitolo terzo 



luminosa S prodotta dallo specchio di fede j coincida con l'imma- 
gine s\ prodotta dal vetrino v, fig. 21. 

Dopo una rotazione di 180° del limbo attorno all'asse AA\ il 
vetrino v si troverà capovolto conservando pur tuttavia l'errore e, • 
ma dalla parte opposta. Contemporaneamente l'immagine di S pro- 
dotta dal vetrino v passerà da s\ a 5',, mentre quella prodotta dallo 
specchio di fede a rimarrà in S' . La distanza angolare s\ s\ è il 
doppio errore dell'istrumento, 2 e, che si tc^Herà, inclinando della 
metà il vetrino v e dell'altra metà- lo specchio di fede j. Per la 
correzione completa del goniometro bisognerà ripetere . l' opera- 
zione. 

Per raggiungere maggiore precisione, il segnale S dovrebbe 




Fig. 20. 



trovarsi molto lontano dal goniometro, in modo che il fascio lu- 
minoso riflesso da una faccia del cristallo fosse a raggi paralleH o 
quasi. Nei goniometri costruiti dopo Wollaston (1809) si raggiunse 
questo intento, collocando il segnale nel fuoco di una lente bicon- 
vessa. L'accessorio si clùama collimatore, ove il segnale è una fes- 
sura biconcava illuminata da una lampada elettrica. I goniometri 
sono muniti di un cannocchiale (flg. 22) che raccoghe i raggi uscenti 
dal collimatore e riflessi dal cristallo. 

Un importante accessorio di questi goniometri è il porta-cri- 
stalli, fissato all'asse di rotazione, formato dall'apparécchio di cen- 
tramento e da quello di aggiustamento. L'ultimo consiste di due 
carelH cilindrici ortogonaU messi in moto da viti senza fine w^, w^. 
L'apparecchio di centramento è provveduto di due slitte rettilinee 
ortogonaU messe in moto da viti senza fine Vi, v,. 



Goniometri e proiezioni 



37 



Per avere misure esatte è indispensabile che l'asse del collima- 
tore e l'asse del cannocchiale siano in un piano perpendicolare 
all'asse di rotazione del goniometro. Per la correzione dell'istru- 
mento e per i suoi particolari si consaltino trattati speciaU. 

N^li ultimi 20 anni sono entrati in uso goniometri a due assi 
di rotazione, ortogonali, di Goldschmidt, Fedoroff, Czapski, ecc. 
Codesta disposizione ha per iscopo di portare qualsiasi faccia del 
cristallo in una posizione determinata, per mezzo di due rotazioni 



-1-.. 

T 




; 15' 



.'! 






A 



Fig. 91. 



ortogonali; sicché due angoli, polare e longitudinale la individuano. 
Nei goniometri a un asse di rotazione la determinazione di una 
faccia succede per zone, di guisa che cambiando zo^a si ricolloca il 
cristallo e lo si aggiusta. 

Da queste contingenze emerge che il goniometro a due assi 
ha un vantaggio notevole su quello a un asse, perchè tutte le mi- 
sure possono farsi senza spostare U cristallo; da qui le operazioni 
rapide che possono essere compiute prima che il cristallo si alteri. 
Nondimeno il goniometro a im asse si è mantenuto nell'uso, per- 
chè col metodo da esso dato si conserva l'orientamento delle zone 
e non si perde il vero carattere del cristallo. 



38 



Capitolo terzo 



Per eliminare rinconveniente dei goniometri a due assi si sono 
costruiti goniometri a tre assi di rotazione, mediante i quali è pos- 
sibile applicare il metodo di misura dei goniometri a due assi, e 
quello per zone, come nei goniometri a un asse. 




Fig. 32. 

Codesti goniometri sono divenuti stnunenti universali secondo 
l'intendimento dell'autore (C. Klein), e come tali hanno perduto 
l'originale pregio. 

20. Proiezione stereografica - Teoremi. — Le proiezioni 
più diffuse in cristallografìa sono la stereografica, prospettiva pa- 
rallela, ortogonale ed obliqua. 




Fig. 83. 



La proiezione stereografica è ima proiezione centrale della 
sfera su im piano o quadro, da un'origine, o centro di omologia 
che trovasi sulla sfera alla massima distanza dal quadro. 



Goniometri e proiezioni 



39 



Per semplicità il quadro tttc (fig. 23) passa per il centro della 
sfera; si ha il centro di omologia A ovvero A^ conducendo il dia- 
metro perpendicolare al quadro. Condotte le visuali AP, AQ, AR, 
AS, ecc. ai punti P, Q. R, S ...., si ha nei punti P', Q\ R\ S'..., in- 
contro di dette visuali col quadro, le proiezioni stereografiche dei 
detti punti. 

Il cerchio ee, incontro della sfera col quadro, coincide con la sua 
proiezione, e si chiama cerchio fondamentale. 

Nella fig. 24 il quadro tctt è il piano del disegno, dove è 
tracciato il cerchio ee, come rappresentante della sfera, il cui 

centro è O. he proiezioni P', Q\ R\ S' costruite nella fig. 23 sono 

riprodotte nella fig. 24, oltre le proiezioni M', N'... 




u.^ 



Fig. 24. 



Fig. 25. 



I pimti della semisfera superiore (da un verso del quadro) hanno 
le loro proiezioni entro il circolo ee, quelh della semisfera inferiore (dal 
verso opposto del quadro) hanno le loro proiezioni fuori del detto 
circolo. Così tutti i punti del quadro sono immagini di tutti i 
punti della sfera; il circolo ee divide il quadro in due dominii. 

Nella fig. 25 la sfera è rappresentata dal cerchio dd col centro 
in O come nella fig. 23, e il quadro dalla traccia tctc. Il punto A 
è il centro di omologia P un qualsiasi punto situato sulla sfera. P^ 
incontro della AP col quadro gnu, è la sua proiezione. Gli angoH P e p' 
sono eguali, e cosi sono eguali gh angoH a, ol\ essendo U la tangente 
alla sfera nel punto P. Di più si ha PT= P'T, Da qui s^ue il 

IO l^RKliiÀ. — La visuale a un punto della sfera sega il qua- 
dro e il piano tangente nel detto punto sotto lo stesso angolo. 

Sia ancora P (fig. 26) un punto della sfera e P' la sua proiezione 
sul quadro toc; il piano tangente alla sfera in P taglia il quadro 
in tt. 



40 



Capitolo terzo 



Siano PT e PT' due rette giacenti nel piano tangente; l'an- 
golo tra esse è S; si noti che fu presa la traccia tt perpendicolare 
al piano PP'T e perciò perpendicolare a PT e PT. I due trian- 
goli PTT' e p*TT' rettangoli sono ^uali essendo TT' comune e 
PT = PT. Per qilesta r^ione è 8 = 8'. Da qui segue il 

2<> Teorema. — Due linee sulla sfera si tagliano sotto lo stesso 
angolo come le loro proiezioni stereografiche. 




Fig. §7. 



'Ovvero: 

Le figure sulla sfera e le loro proiezioni stereografiche sono simili 
nelle minime partii 




Fig. 28. 




Fig. 29. 



Specialmente : 

Un cerchio sulla sfera ha per proiezione un cerchio (fig. 27, p. e. 
. d e d'). 



Goniometri e proiezioni 



41 



Nella £lg. 28 i cerchi d, d-^ passano per il centro di omologia A ; 

le loro proiezioni sono rette d\ d\... perchè le rispettive visuali 
giaciono in un piano. 

I piani di cerchi massimi passano per il centro della sfera, 
e perciò toccano il cerchio fondamentale ee nei punti estremi di un 
diametro. 

Nella fig. 29 ^^ è il cerchio fondamentale, d, d^ sono cerchi mas. 
simi in proiezione, d^, d^ cerchi minori. 

Poli di un cerchio minore o massimo sono i due punti sulla 
sfera, che distano dello stesso arco da tutti i punti di esso, minore o 
massimo; si ottengono innalzando il diametro perpendicolare al 
piano contenente U cerchio dato. Le estremità del diametro sono 
i poli cercati. 





Fig. 30. 



Fig. 31. 



Nella fig. 30, Pi e Pj sono i poli dei cerchi d^^ d^... 

Per contro il cerchio massimo ^^j è il cerchio polare dei punti 

Pi e Pf 

Siano ee (fig. 31) il cerchio fondamentale, AB e CD due cerchi 
massimi con i rispettivi poli P e Q. Si conduce per P e Q vaa. 
qualsiasi cerchio mino];e dd o massimo, che s^a i cerchi massimi 
dati nei punti Af, iV, S, T. 

Nei due triangoH sferici QEM e PEN si ha QM = QE = 
= PN = PE = 900, perciò gli archi sul cerchio minore sottesi 
agli stessi o corde sono ^uali 

arco MSQ = arco NTP; 

aggiungendovi il comune arco PQ, si ha 

arco MSQP = arco NTPQ. 



42 



Capitolo terzo 



Si ripete ancora che gli angoli sottesi agli stessi archi sono 
eguali, ossia MP = NQ e ^ MEP = <^ NEQ, e per conseguenza 
i triangoU rispettivi sono eguali A MEP = A NEQ e perciò 
ME = NE; analogamente ET = ES e MT = NS. Da qui s^ue il 
30 Teorema. — Ogni cerchio minore o massimo che passa per 
i poli di due cerchi massimi, sega su questi archi eguali. 

Siano ancora ee il cerchio fondamentale e AB, CD due cerchi 
massimi (fìg. 32). Si traccia un cerchio minore dd tale che seghi i 
due cerchi massimi ad angolo^ retto in M, N, S, T. Essendo perciò 
isosceli i triangoU 



MES, NET, SET, MEN. 



fpt 





Fig. 3a. 



Fig. 33. 



ne viene che gU archi 



EM, EN, ES, ET 



sono eguaH. Da qui segue il 

40 Teorema. — Ogni cerchio, minore o massimo, che seghi ad 
angolo retto due cerchi massimi, taglia su questi archi eguali. Ogni 
altro cerchio massimo passante per E tagUa il cerchio minore dd 
ad angolo retto; p. e. i cerchi GH, PQ, ecc. 

Poiché i due cerchi massimi AB e CD (fig. 32) segano ad angolo 
retto il cerchio minore dd, i loro punti d'incontro sono i poh del 
cerchio minore; E nella fig. 32. È facile costruire im cerchio minore, 
che seghi due cerchi, massimi ad angolo retto e passi per un punto M ; 



Goniometri e proiezioni 43 



infatti il suo centro si trova nell'intersezione del diametro EO e 
della tangente in M al cerchio massimo. 

Sia ancora ee (0g. 33) il cerchio fondamentale, t ddvai cerchio 
massimo dato. Il polo del primo cerchio è il centro di omologia non 
rappresentabile sul quadro, i poli del secondo siano P^ e P,*. Una 
qualsiasi retta condotta per Pj o per P, è un cerchio contenente 
il centro di omologia. N' P-^ è dunque un cerchio minore con- 
tenente i poli di due cerchi massimi ee, dd, e s^a perciò su questi 
archi eguali (3° teorema). Si ha cioè: 

are CN = are CN\ are CN = are CN". 

Volendo dimque conoscere la vera grandezza di un arco CN, 
di cui è data la proiezione sul cerchio massimo CdB, lo si trasporta 
sul cerchio fondamentale dai poh Pj o P,. 

Si ha ancora: 

^BM = ^ BM\ 

e perciò il cerchio minore condotto per M ed M' s^a i cerchi mas- 
si mi ee e dd ad angolo retto, e allora 

<^ BM" = <^ BM. 

Da qui viene che se il cerchio massimo dd ruotasse attorno al 
diametro CB, uno dei suoi punti, p. e. il punto M, percorrerebbe 
il cerchio minore M' MM*\ 

I teoremi 3° e 4® facilitano la risoluzione di diversi problemi. 

2U Probi«emi di proiezione stereografica. — IO £ dato un 
cerchio massimo, trovare i suoi poli- 



Fìg. 34. 

Il cerchio massimo dato' sia CMB (fìg. 34). 

Si tiri il diametro BC, e su di esso il diametro perpendicolare 



44 



Capitolo terzo 



OM, il quale figura da cerchio massimo i cui poli sono B e C. Su 
quest'ultinlo si deve portare l'angolo di 90° a partire da M per 
avere i poli Pi e P,. Si trasporta M in M' dal polo B, e quindi si 
porta l'angolo di 90° sul cerchio massimo ee a partire da M'. I 
due punti così ottenuti P'^ e P\ si trasportano dal polo B in 




Fig. 35. 



Pi e P,, che perciò saranno i poli cercati del cerchio massimo dato 
BMC. Dalla costruzione risulta che <^ Pj BP, = 900 e <^ Pj BM = 
<^ MBP^ = 45°. 



.„..••—•••••" 




h 



.' ì 



•>4 

Fig. 36. 



2^ È dato un cerchio minore, trovare i suoi poli. 
Il cerchio fondamentale è ee col centro O, e il cerchio 
minore dato è d col centro (fig. 35). • 

Si tira il diametro AOoB, e su di esso perpendicolare il dia- 



Goniometri e proiezioni 



45 



metro MON. Essendo AB un cerchio massimo, M ed N sono i -suoi 
poli. Trasportando da M l'arco CD in C D\ si ha qui la vera 
grandezza di esso (are. D'C = are DC). Il pimto di mezzo del- 
l'arco CD' è P\, ov\'ero P\; perciò Pi e Pj sono i. poli cercati. 
Si noti che Pi M e P2M dividono per metà l'angolo compreso tra 
CM e DM e la costruzione con ciò è facilitata. 

30 È dato un polo P^ (fig. 36); costruire il, suo opposto P, 
e i cerchi massimi passanti per P^. 

Si tiri la PjO, che è la proiezione di un cerchio massimo; uno 
dei suoi poli è B, essendo OB perpendicolare a OPi. Dal polo B 
si trasporti Pj in P^ sul cerchio fondamentale ee; l'opposto di 




FlK. 37. 



Pi è Pj'. Si fa quindi l'inverso, dallo stesso polo B, si trasporta 
P,' in Pj, che è il polo cercato. Tutti i cerchi che passano per P^ 
e P, sono massimi. Nella fig. 36 i vari cerchi massimi per Pi 
sono di, dit d^, d^.., 

40 Dato un polo, costruire i cerchi polari corrispondenti mi- 
nori e massimo. 

Il poto dato è Pi (fig. 37), ee il cerchio fondamentale col centro 
in 0. 

Si tiri PiO e la perpendicolare OB; B è uno dei due poli del 
cerchio massimo PiO; quindi si determina il secondo polo P, op- 
posto a Pj procedendo come nel 30 problema. Tutti i cerchi polari 
di. Pi e P, minori e massimo segano il cerchio massimo P1P2 ad an- 
golo retto, e così pure il cerchio massimo PiBP,. Si hanno i 
centri dei cerchi minori e massimo richiesti con la costruzione 
indicata nel 4° teorema. 



46 



Capitolo Urto 



Nella fig . 37 i cerchi minori polari di P^ sono d^, d„ d^, d^, d^, 
uno dei quali, d^, passa per il centro di omologia. 
Il cerchio polare d^ è massimo. 

Col sussidio del 4° teorema si risolve il s^uente problema : 
50. Dati due poli qualsiasi P e Q (fig. 38), trovare un terzo 
polo X tale, che gli archi XP e XQ siano dati. 

Per semplicità i due poh dati P, Q, si trovino sul cerchio fon- 
damentale ee\ gU angoli dati siano PM, QN. 

Si tiri la tangente in M 
al cerchio fondamentale; essa 
incontra il raggio OP nel punto 
Cj, che è il centro del cerchio 
passante per M, cerchio minore 
polare di P, i cui punti distano 
da P dell'angolo dato PM = 
= XP. Si tiri anche la tan- 
gente in iV al cerchio fonda- 
mentale ee, che incontra il rag- 
gio OQ nel punto e,, centro del 
cerchio passante per N. Tutti 
i punti di questo cerchio minore 
distano da Q dell'angolo dato 
QN = XQ, ed è un polare di 
Q, I due cerchi minori d^ e rf, 
si incontrano nei punti cercati. 
Ire soluzioni sono due Xj e 
AT, se PQ < PM -f QN. La solusdone è unica se PQ = PM 4- QN. 
Il problema non ammette soluzioni se PQ > PM + QN. 




^ 



Fig. 38. 



óX^ 



22. Proiezione stereografica dei cristai^u. — La posizione 
di una faccia può essere data dalla sua normale, che si fa passare 
pel centro della sfera fondamentale, ed essa è fissata dal suo polo, 
incontro di essa con la sfera fondamentale. Si stabilisce univoca- 
mente il problema, facendo passare per il centro della sfera la 
normale dfeUa faccia, e definendo polo della faccia l'incontro della 
normale positiva (18) con la sfera. Cosi ogni faccia ha il suo polo, 
che ne determina luogo e posizione, ogni faccia avendo un solo 
verso, il verso estemo del cristallo. Si comprende come da questa 
maniera di individuare la posizione e il luogo di una faccia risulti 
quella che si chiama la proiezione stereografica di un cristallo, 
ed è la proiezione dei suoi poh. 

Basta un esempio per comprendere la proiezione stereografica 
dei cristalli. 



Goniofnetri e proiezioni 



Al 



Il cristallo che si vuol rappresentare in proiezione stereografica 
è un modello di anortite (Ca Al, Si^ Og), la cui effige è data in 
prospettiva parallela nella fig. 39. I^e facce T l M T' V M\ costi- 
tuenti una zona, siano perpendicolari al quadro, ove giace il cerchio 
fondamentale. La faccia M sia a destra, M' a sinistra dell'osser- 
vatore, r ed / siano davanti. 

Per avere meglio sott'occhio questa zona, che diremo verticale 
essendo verticalmente situata, è data nella fig. 40 la proiezione 
orizzontale del cristallo, sicché le facce MIT, M'... appariscono 
rette. Le loro perpendicolari essendo sul quadro, giacciono nel 
piano del cerchio fondamentale, e i loro rispettivi polì in questo 
cerchio (fig. 41). 





Fig. 39. 



Fig. 40. 



Gli angoU MI = 58°, TI = 59° Vz, TM' = 62° l^ sono dati. 

Nelle fig. 39 e 40 sono anche le facce z f z" f, e nella fig. 41 
i rispettivi poli con gli angoli dati Mf = 29° 54 ^ ^^'^ =31®. 

Gli angoli dati PI = 660 e Pt = 69° ^^ hanno servito per co- 
struire il polo P applicando il 5° problema. Nello stesso modo fu 
costruito il polo Y con gli aiigoU dati YT' = 430 14 e Y/' = 45° ^. 
Con i poli P ed y è determinato il cerchio massimo YP,' che in- 
contra il cerchio fondamentale in a e in a'. 

Si osservi nella fig. 41 che le facce a, t, P, X, Ve le loro op- 
poste a\ tf, X\ y sono in zona, come i loro poh in un cerchio mas- 
simo. Con gh angoli dati P/ = 410 14 ^ ^^ = 5^° ¥2 sono stati 
determinati i rispettivi poli X e t (^o teorema) . 

Anche le facce M, e^ P, n e le loro opposte M', e\ P\ n' sono* 
in zona, e i loro poh nel cerchio massimo MPM'; onde con gh an- 



48 



Castolo terzo 



goli misurati Pn = 46° '/é e P« = 42° 34 ii^ ^ risultata la posi- 
zione dei rispettivi poli w ed e. 

Le facce M, p, X, o e le loro opposte M\ X\ p\ o' sono in zona, 
e per conseguenza ne sono determinati i poli con i rispettivi angoli 
Mp = 620 % e M'o = 650. 

Come controllo si verificherà che i poli l, e, p, Y e i loro opposti 
/', e\ p\ y sono in un cerchio massimo, prova sufficente che le ri- 
spettive facce sono in zona. 

a' 




Affinchè la proiezione stereografica sia l'immagine possibilmente 
fedele del cristallo, i poh delle facce più sviluppate vengono segnati 
con punti grassi, quelle delle facce rudimentah con punti piccolissimi, 
e i poh delle altre facce con punti gradatamente più o :|;neno marcati 
secondo il maggiore o minore sviluppo delle rispettive facce. Anche 
le zone più evidenti sono indicate con cerchi massimi più calcati 
e cosi via. L'incontro di due o più zone segnerà la minore o mag- 
giore probabiUtà di nuove facce. Così p. e. le facce corrispondenti 
ai poh a e a^ che si assumono come fondamentah, sono rarissime 
ma non escluse nei feldispati tricHni, a cui appartiene Tanortite. In 
ogni modo le facce più probabih sono precisamente P, M, T, /, x, y, 
indi ti, e, 0, p, ove si incontrano parecchie zone. 



CAPITOLO IV 



Calcoli intorno ai cristalli. 

23. Calcou) dei^lk cx)STanti fondamentau. — Nella pro- 
spettiva parallela (fig. 42) sono rappresentate le facce fondamen- 
tali a = (100), b = (010), e = (001), con le loro opposte e gli 




^•/5r*^ 



.-: 



I 






I 




/-Y'/y 



--/ 



(010^ 



(fOoU 



Fig. 42. 




spigoli fondamentali ;if = [100], y = [010], jt = [001]» che si as- 
sumono come assi di riferimento del cristallo. 
Gli angoli fondamentali sono 



A A A 

OL = yz, ^ = z^, Y = xy. 



C. Viola. 



50 



Capitolo quarto 



Nella proiezione stereografica (fig. 43) sono segnate le dette 
facce con i loro poli: 

(looi e (100), 
(010) e (olo), 
(001). 

e i rispettivi angoli a, p, y. "^ 

Gli spigoli fondamentali sono individuati con i rispettivi 
cerchi massimi, che rappresentano anche le zone fondamentali: 

X = [010 . 001 /olo] 
y = [100 . 001 . 100] 
z = [100 . 010 . 100 . olo]. 

In luogo degli angoli piani a, ^,.y si sogliono dare gli angoli 
diedri 

A 
A = bc = (010) : (oòi) 

A 
B = ca == (poi): (loo) 

_ A 

r = aò = (Xoo) : (010) 

ovvero i loro supplementi, cioè 



Al = (001): (oio) 


essendo 


A -Ir Al == 1800 


Bj = (100) : (001) 


» 


B -h Bi = 1800 


Fi = (010): (100) 





r -f Ti - 1800 



Il rapporto degli assi è a: b: e (12). 
a) Calcolo degli angoli fondamentali. — Spesso gli angoli 
diedri A, B, F sono direttamente dati dal goniometro. 
Posto 



A-hB-hF = 2S 



(H 



si calcola: 



a 



tag4 



tag^ 



\/ 


— cos 


s. 


cos (5 — 


-.4) 


y cos(s — 


-B) 


. cos (S 


-F) 


\/ 


— cos 


S. 


cos (S — 


-B) 


\ cos (S- 


-F) 


. cos (S - 


-A) 


a/_ 


— cos 


s. 


cos (5 — 


F) 



y cos (S — A) . cos S) — B) 



(15 



Calcoli intorno ai cristalli 51 



Esempio. — Nell'anortite del Vesuvio (fig. 39, 40 e 41) (22) 
furono determinati col goniometro i seguenti angoli : 

Al = (001): (010) = 850.50' , A = 94<>.io' 
Bi = (100): (001) = 63.57 . B = n6. 03, 
Fi = (010) : (100) = 87.06 , r = 92. 54 



• 



e quindi • 5=1/2 (A_+ B + T) = iSi^^S^ao" 

log cos S = 9.944138» 

S — A = 57**-23'-3o" log cos (S — A) = 9-73i503 
S — B = 35 .30 .30 log cos (S — B) = 9.910641 
S — r = 58 .39 .30 log cos (S — D = 9.716121 

Da qui risulta: 

log cos S . cos (S — .4) = 9.675641, 

log cos (S — B) cos (S — V) = 9.626762, 

log cos S . cos (S — B) = 9.854778, 

log cos (S — D cos (S — A) = 9.447624, 

log cos S . cos (5 — D = 9.660259, 

log cos (S — A) cos (S — B) = 9.642144. 

Facendo le debite operazioni si ha successivamente: 
log tag» — = 0.048879, log tag — = 0.024439, 

log tag«— = 0.407154, log t^-^ = 0.203577, 

Y Y 

log tag"-^ = 0.018115, log tag— ^ =0.009057. 

Finalmente : 



a 

— = 46o.36'.4o", e a = 93®.i3'.2o". 

B 

— = 57 -57 -45 . » P = 115 -55 .30 , 

Y 

— = 45 .35 50 . » Y = 91 II .40 • 



52 



Capitolo quarto 



Questi risultati si controllano con le note relazioni : 



sen a sen A 



w= 



M = 



V = 



sen p 


sen ti 


sen B 

> 


sen B 


sen Y 


~sen r 


sen Y 


senT 



sen a sen A 



log a/ =0.045 3 76, «;=i.iioi4 



log «=9.954031, «=0.89956 



log V =0.000593, r=i.ooi37 



(16 



che si impiegano comodamente per gli ulteriori calcoli. 

b) Calcolo del r apporto degli assi. — Per il calcolo di 

a: b: e 




Fig- 44. 



si può partire dai tre triangoli 



AOB 



BOC 



COA 



(fig- 44) 



con gli angoli piani ivi indicati, x, y, z sono gli spigoli fondamen- 
tali, A BC è la faccia unitaria, e i parametri fondamentali sono : 

OA = a, 
OB = 6, 
OC = e. 



Calcoli intorno ai cristalli 



53 



Da questi tre triangoli si ha: 



a 
T 



senq))' 
sen (pj" 



6 
e 



sen 9i 
sen <pi'" 



sen(p2 



/// 



esn (p 2 



(17 



In luogo d^li angoli 9 si possono più convenientemente so- 
stituire gli angoli ip, rappresentati nella proiezione stereografica 
della £lg. 45, ossia 



4/," = (OH): (010), 


({),' = (loi): (100), 


4,1'" = (OH): (001). 


1,' = (ho): (100), 


<|(a"' = (loi) : (001), 


({;»" = (ho): (010). 



«Ci. 



o^n 




o*c 



Con questa sostituzione e col riguardo delle (16, le (17 si 
riducono alle seguenti: 



a 
T 



sen 4^,' b sen òi" 

1 MI = J 



seni]/, 



sen^i 



u, 



Abbreviando si può scrivere: 



e 
a 



sen <];j'" 
sen^a' 



V. 



(18 



a- 



b' 



T'-W" • -r = -^'-" • 



essendo 
a' 



sen ^I^g' ò' sen ^J/i 



sen^j 



// » 



sen^] 



// 



/// » 



e C 
— =—7 V, 



e' sen ij/g" 
a' " sen^j^a' 



(19 



(20 



54 



Capitolo quarto 



Per consuetudine si fa 



& = I, 



ed allora si ha 



TT W . 6=1 



a = -^«; 



c = 



6' 



I 
u 



(21 



Esempio. — Nell'anortite del Vesuvio (fig. 46), già conside- 
rata, si conoscono i seguenti angoli, e quindi si calcola: 



tj/3''=(i io): (010) = 580.4' 
tj>j' =(iio): {ioo) = 29 .2 



log senij;," =9.928735 
logsen^j;3' =9.686026 



Ti =(100): (010) =870.6' 



log-^ 



= log 



sen ^5' 



sen ^J;, 



fOù 



Of 




log 



a 
V 



77=9.757291 



9.757291 



log tt; = 0.045376 



• 


= 9.802667 


log 6 


= 0.000000 


Ioga 


= 9.802667 


a 


= 0.6348 


b 


= I 



Si conoscono nell'anortite del Vesuvio anche i s^uenti angoli: 

logsen(];i"= 9.939091 
log sen ij;/" = 9.623574 

sen ^1" 



ij/j" =(oii): (oio) = 6oo.2i'.33 
<];i'" ={oii): (ooi) = 25 .28.27 



A, ==(001): (010) = 850.50' 



ò' 
log e — = log 



fff 



0.305517 



b = I 



sen tj/i 

log u = 9.954031 

b 
log — = 0.259548 

log 6 = 0.000000 

log e = 9.740452 



e = 0.55008. 



Calcoli intorno ai cristalli 



55 



Riassumendo, le costanti dell'anortite del Vesuvio sono: 
a = 930.i3'.2o", A = 94°. io', a = 0.6348, 



P = 115 -55 .30 , 
Y = 91 II 40 * 



B = 116 .03 , 
r = 92 .54 » 



6=1, 

e = 0.35008. 



24. CALCOI.O DEGÙ INDia DAGW ANGOI,! E VICEVERSA. — 

Sono dati gli angoli, che determinano la posizione di una faccia; 
si domanda i suoi indici h, k, l {fig. 47). 



ptù 



too 




010 



Gli angoli conosciuti a tal fine sono p. e. i s^uenti 

(A A/) : (100), 
(AA/) : (010), 
(AA/):(ooi). 

Con la risoluzione dei tre triangoli 

(AA/) (010) (001), 
(AA/) (001) (100), 
(AA/) (100) (010), 



si ottengono gli angoli seguenti: 



(AAo): (010) 
{ohi) : (001) 
(hot): (100) 






(AAo):(ioo) = (^l;/), 
(okl): (010) = (f^^ 
(hol): (001) = (f^2 



/// 






$6 Capitolo quarto 



Indichiamo con a^, ò|, r^ i parametri della faccia data ; in luogo 
delle i8) avremo le seguenti: 






sen (^,') fcj sen (ij") Cj sen (^%'') 

sen(^];,") "'^ "^ "" sen (^/") " ' ^ "" sen (^/) ^- <" 

I coefficienti w, u, v sono propri del cristallo e si utilizzano 
per il calcolo di tutte le facce. Essi sono dati dalle i6) 

sen a sen A sen fì sen B 

li; ^^ = n :^ L =5 — . 

sen p sen B ' sen y sen F ' 

• __ 

seny sen T 



sen a sen A * . 
Posto questi coefficienti, si calcoleranno i rapporti: 

V ^ sen (^3") ' 77 "" sen (4//") ' a7""sen (^|^,') ' 
ed allora si avrà : 



k a b a' h' seno,' sen (Ò3') 

A "" a, ■ 61 ~ ai' ' 61' " sen ^J;," ' sen \^^') 

h 6_ e _ fc' e' _ sen i^/' sen (i^i") 

T "■ òT ■ cT "" V * ^' ~ sen ^l^i'" * sen {^^") 



o brevemente: 



A a' sen (^J/j') A a sen ( 9,') 

T "" "F • sen ((];,") ''''''"*' T "^ "6" ■ sen ((p,"-! 

h __ ^' , sen (^1") ^ _ ^ ^^ (?i") 

/ """7* • sen(v|;i"') " T^T ' sen (9/") 



(23 



«1 «i' ftj 61' Ci Ci' 

Dalle 5), 18) e 22) si ottei^ono i rapporti degli indici: 



(25 



\. 



(26 



Calcoli intorno ai cristalli 



57 



Esempio. — Una faccia x dell'anortite del Vesuvio è stata in- 
dividuata • dai s^uenti angoli (fìg. 48): 

x: (100) = i250.37'.3o" 
x: (010) = 73 .18 .40 
x\ (001) = 64 .26.. 



too 



9t0 




Of0 



roo 



Fìg. 48. 

Nei triangoli sferici 

X (001) (010), 
X (100) (coi), 
X (010) (100), 

si sono calcolati i seguenti angoli con le solite f ormole trigonometriche ; 

(91") = 670.2'.2o" . (<p/") = i9<'.44'.2o" 
(9/") = — 64 .32 .10 , (9/) == — 51 .23 IO 
(93') = — 17 -43 . (9s") = — 73 .29 .40 

Dalle tavole logaritmiche si ha: 

log sen (93') = 9-483316 
log sen (93") = 9.981724 



log 



Si sottrae dal valore 
trovato a pag. 54 



sen (9,') 
sen (93") 


= 9.501592 


■^T 


= 9.802667 


^1 


= 0.301075 


h 


5.0002 


k 


I. 



58 



Capitolo quarto 



Inoltre: 



logsen((pi") = 9.964133 
log sen (9/") = 9-528575 



Ic^ 



sen (9/0 
sen (9/") 



Si sottrae dal valore 



= 0.435558 



trovato a pag. 54 log — = 0.259548 



log -7- = 9- 823990 



/ 



k 
T 



= 0.6668: I 



ossia 



A: A = 4.0004: 2.0000 Q k: l = 2.0004: 3.0000. 

Ciò corrisponde ai seguenti rapporti (con molta approssima- 
zione) : 

h:k\l = 4: 2: 3. 

Stante gli angoli e la posizione della faccia x, il primo indice 
della faccia x è negativo, e per conseguenza in definitiva si ha: 

^=(423) 

Non sempre sono dati gli angoli tra le facce (oii), (loi)e(iio) 
e le facce fondamentali (100), (010), (001). stante l'incertezza delle 
misure goniometriche o la rarità di tutte o di alcune di esse. In 
questo caso si fa assegnamento su facce di posizione più sicura, 
e da esse si calcolano le prime. 

Esempio, — È data la faccia (021) dell'anortite; si doman- 
dano gli angoli, che determinano la posizione della faccia (01 1), i 
quali non si sono potuti misurare. 

Gli angoli dati sono: 



= (021) : (010) 
= (021): (001) 



— AlO 



( 9i") 

( ?r') 

Al = (010): (001) = 85 .50 . 



43". II. 30' 
= 42 .38 .30 



Calcoli intorno ai cristalli 59 



Dalla 2^ delle 25) si ricava: 

2 sen ^" sen (ij^i") 
T ^ sen ^/" * senòjvT 
ossia 

sen (^J^i") sen ^j^" 



2 



/// 



sen ((J^i'") ~ sen (J^i' 

Risolvendo questa relazione numericamente, si ha: 

log 2 = 0.301030 
log sen (vj/i") = 9.83533^ 

0.136366 
log sen (^J;/") = 9.830852 

sen di," 
^"^ sen T"- = 0-305514 : ^^i" + K' = 85^50'. 

Col metodo delle approssimazioni si ottiene: 

+1" = (Oli): (010) = 6oo.2i'.33" j ^,j 

^jij'" = (01 1): (001) = 25 .28 .27 

(010): (001) = 550.50'. 

Questi angoli sono stati utilizzati per calcolare il rapporto b : e, 
conforme alla 2* delle 18). 

Lo stesso procedimento deve essere ora applicato alle due 
facce (no) e (ilo) per determinare la posizione della faccia (100). 
Siano dati gli angoli: 

(ilo): (olo) = 620.26'.3o' 
(no): (010) = 58 .04 

(Ilo)*; (ilo) = 120 .30 .30 
ossia (i.io): (ilo) = 59 .29 .30 



.// 



(•) La forinola per la determinazione di J^j" e tLi'", supposto 

^1" 4- ^1'" = 4^' *^^^ ^ logantmica. 
Posto infatti 

sen d;|" t sen d; 

\—jr, = ^ si ottiene tag J;/' = ^-—r 

sen^J;/" ^^* I— /cos^j; 

sen J| 

^* /-f-cos-J* 

che si calcolano con i logaritmi di Gauss. 



6o Capitolo quarto 



Per avere la posizione di (loo), bisogna calcolare gli angoli 

(iIo):(ioo) , (loo): (oio) e (no): (no) 

Or daUa i* delle 25) risulta 

I sen ^^ sen (tj;,') 
-I ~ sen^l^a" * sen (v|;,") ' 

essendo 

+»' = (no)- (100) 

ipj" = (no) : (010) = 580.4'; log sen ^^' = 9.928736 



(+30 = — (iIo):(ioo) 

((|;3")= (no) : (010) =620. 26'. 30"; log sen (^3") =9.947698 



9.981038 



ossia 



sen d>8 sen d;, 

log Trr^. = TiTTr = 9981038 

^ sen (^PjO sen (^l^j") ^^ ^ 

B calcolando come dianzi (vedi nota a pag. 59), si ha: 



^^ == (no): (100) = 290.02'. — ' 
(+»') = (ilo): (100) = 30 .27.30 



essendo noto vj;,' + i^^) = 59 .29 .30 . 

Questi angoli sono stati utilizzati per determinare Ìl rapporto 
a:'ò dell'anortite conforme alla prima delle 18). pag. 54. ove 
^j;,' = 290.02' e ip," = 580.4', dopo che siano stati calcolati gli an- 
goli a e p. 

Come controllo si ha: 

(no): (100) = 290.02' 
(no): (010) = 58 .04 



Fi = (100): (010) = 87 .06 

In ultimo applichiamo lo stesso procedimento al seguente 
problema : è dato il simbolo generale di una faccia (A^/) ; si doman- 
dano gU angoH che ne fissano la posizione. 



Calcoli intomo ai cristalli 



6i 



Poiché per la soluzione di questo inverso problema si fa uso 
delle relazioni 25) o 26), possiamo senz'altro considerare un caso 
concreto, e anche ora esso riguardi l'anortite del Vesuvio. La faccia 
data sia (423) (vedi fig. 49). 



/ot> 



010^ 




ofe 



La prima delle relazioni 26) dà 






sen tj/a' sen (tj/s') 



sen tj;," * sen (tj»,") 



La seconda 

2 
T 



sen ij//' sen (^j/i") 
senti;/" • senl^iT^ 



Gli angoli dati sono: 

'^3' = (no): (100) = 290.02' 
^3"= (no): (010) = 58 .04 
i^x' = (01 1) : (010) = 60 .21 .33 
•];/"= (01 1): (coi) = 25 .28 .27 

Gli angoli da determinarsi sono: 



log sen ^1^3' = 9.686027 
log sen tj^s" = 9.928736 
logsen<j>i" = 9939091 
log sen tj/i'" = 9.633574. 



(J'aO = U20) : (100) , „ 

1 -\ /- = 92°. 54' = (100) : (010) = r 

(ys ) =(420): (010) * ^ -'T V / V / 
(•V) = (023): (010) 
(4^r') = (023): (COI) 



= 850.50' =^ (010): (001) = A 



62 



Capitolo quarto 



Risolvendo la prima delle suddette relazioni, si. ha succes- 
sivamente : 

log sen ^|;,' = 9.686027 log sen v];," = 9.928736 

log 2 = 0.301030 

log 2 sen ^J;," = 0.229766 log 2 sen tj»," = 0.229766 

sen (d;,') 
sen (q/s ) 

Posto 

(+3') + (+3") = + = 920.54' 

si ottiene, vedi nota a pag. 59: 



sen (^|,,") 



= / 



e quindi 



ed infine 



^ sen th 

log tag (t\f^') = 9.462242 tag (vl^a") = 0.627501, 

(^l^g') = (420): (loo) = 160. io' 
(+3") = (420) : (010) = 76 .44 



r = (100): (010) = 92 .54 

Passando alla risoluzione della seconda delle dette relazioni, 
si ha successivamente: 

log sen t^t/' = 9.939091 log senvl^i'" = 9633574 
log 3 =0.477121 



lc^2 



0.416212 
9.934604 



0.301030 
9.934604 



, sen (iL/') 

log rTTTTr = 0.481608 

** sen (\\fi ) 

Facendo le sostituzioni: 

(+1") + {^n = 6 = 85<>.5o' 
sen (^n 



sen (^n 



= s , 



si ha 



tag (^/') 



s sen 
I — s cos 0, 



e tag(^r) 



sen 

s 4- cos 



Calcoli inlofno ai cristalli 63 

« ■ . 'II. 

e quindi, con i dati numerici ora calcolati : 

log tag (4^1") = 0.394015 , log tag (ij^i"') = 9.506954: 
e dalle tavole trigonometriche risulta 

(^j;/') = 680.01 '.io", 

(i^r) = 17.48-50 , 

Al = (010): (001) = 850.50'. — . 

Questi angoli sono sufficienti per individuare la posizione 
della faccia (423), — infatti con la risoluzione dei triangoli sferic i 

r 

(loo) . (001) . (023), 

(010) . (001) . (420), 

(òoi) . (100) . (423). 
si ottengono i seguenti angoli: 

(423): (100) = 540.22'.30"* 

(423): (010) = 73 .18.40 . • 
(423) : (001) = (54 .26 .— . 

Per ulteriori studi sul calcolo intorno agli angoli, alle zone e 
agli indici nei cristalli si manda il lettore a trattati speciali, come 
R. Panebianco, Th. Liebisch, C. Klein, ecc. Vedi inoltre la lettera- 
tura seguente. 



64 Castolo quarto 



I.ETTERATURA AI CAPITOLI III E IV. 



R. Panebianco, Trattato di cristallografia morfologica. Padova, 1904. 

R. Pancbianco Calcolo cristallografico. Padova 1888 

Q. La Vai,i,£, Corso di cristallografia teoretica. Messina. 1896. 

Q. Sei,la, Sul cangiamento di assi in un sistema cristallino. Torino, 1837. 

B. GosSNBR. Kristallherechnung und Kristalheichnung, 191 4. 
E. SOMMERFELD, Geometrische Kristallographie. Leipzig, 1906. 

C. Ki,EiN, Einleilung in die Kristallherechnung. Stuttgart, 1876. 
W. H. Mii,i,BR. Treatise on Cristallography. 

E. Bii,I,ows, Trasformazione degli assi cristallografici in funzione di in- 
dici di spigoli. « Rivista di Min. di R. Panebianco », voi. XVIII, pag. 63. 

H. DuFET, Sur le calcul cristallographique {nouvelle méthode). « Bull. soc. 
fran9. minér. », 1903, XXVI, 190-302. 

E. DE FedorofI', Ueber Krystallzeichnen. « Zeit. f . Krys. », 30. 6. 

S. L- Penfield, Ueber die Anwendung der stereographischen Projection. 
« Amer. Joum. of Sciences», 1901, (4). 11. 

W. L. Lewis, A treatise on cristallography. Cambridge, 1899. 



CAPITOLO V 



SISTEMATICA E SIMMETRIA. 



25. I PossiBiu SISTEMI CRisTAi^UNi. — Si è veduto che nelle 
-figure normali dei cristalli, definiti dalla legge di Curie (10), l'accre- 
scimento perpendicolare alle facce è proporzionale direttamente alla 
-costante capillare e all'area specifica o inversamente alla densità 
superficiale. D'altra parte le densità superficiali dipendono dalla 
struttura, di guisa che la figura normale del cristallo si presenta come 
l'inunagine estema della struttura. Quest'ultima è a sua volta uno 
dei fattori importanti, che determinano il carattere chimico e le 
proprietà fisiche del ^ristailo nel loro complesso. 

Se uno studio razionale e proficuo vuol essere fatto in qualsi- 
voglia ramo delle scienze naturali, la cristallografia e la mineralogia 
non escluse, si rende indispensabile una classificazione degli oggetti. 

Un razionale aggruppamento dei cristalli secondo una serie di 
-caratteri che insieme li colleghùe li distingua da altri, si chiama siste- 
• malica, i singoli gruppi si dicono sistemi. 

Da quanto si è detto risulta evidente che il carattere direttivo 
nella sistematica dei cristalli, dal punto di vista generale, è riposto 
nella figura normale, determinata da facce fondamentaU e uni- 
taria, dotate queste da più piccole costanti capillari, più grandi den- 
sità, più piccole aree specifiche, a cui si riferisce la legge di Hauy, 
e riconoscibili praticamente e in generale dal loro massimo sviluppo 
o dalla loro massima frequenza. 

Le facce fondamentali a, b, e determinano gU spigoh fondamentali 
o assi X, y, z, che sono individuati relativamente dagU angoli fonda- 
mentali a, p, y (12). L*a faccia unitaria determina su di essi i para- 
metri fondamentali o rapporto degU assi 

a : fc : e, 
s — C. Viola. 



66 Capitolo quinto 



che indicheremo con 

assegnando a b Tunità. 

Facendo tutte le ipotesi possibili sulle cinque costanti fondamen- 
tali a, p, Y, Nj : I : JV, = a : ò : e, otterremo i seguenti sette sistemi : 

1° Sistema tr telino: 

ocrj: P :J:Y4=90<>; a',b\ c = N^: i: N^', 

2° Sistema monoclino: 

oc = Y = 90° (34=90°; a:b: e = N^: 1: N^\ 
30 Sistemu trimetrico: 

. a = P = Y == 90®* a'.b:c = Ni:i:Ni; 

40 Sistema trigonale: 

a = p = Y 4 9<^° » fl : fc : e = I : I : I ; 

50 Sistema dimetrico: 

a = p = Y ~ 90° ' a :fe : e = 1 : I : A^2 • 

6° Sistema esagonale: 

a = P = 90°, Y ~ 120°; a:b: e = 1: i: N^; 
70 Sistema monometrico: 

a = P = Y ~ ^9^° ' a:6:c=i:i:i. 

È inteso che la scelta delle facce fondamentali e della faccia 
unitaria deve essere tale, che tutte le facce di eguale accrescimenta 
, e di eguale sviluppo possano ricevere gli stessi indici, salvo l'ordine 
e il segno; di più, per la legge di Hauy (13), le facce fondamentali 
devono essere quelle aventi le minime costanti capillari, ossia devona 
avere il massimo sviluppo. Queste due esigenze non sono sempre 
conciliabili fra di loro nei sistemi cristallini, salvo il primo, come si 
vedrà studiando i singoli sistemi ; deriva da ciò che le stesse costanti 
fondamentali, sopra riferite, devono valere per strutture cristalline 
diverse. 

Questo inconveniente nella nostra sistematica, adombrato già 
nelle opere di Hauy, trascurato da Mohs, Naumann, ecc., peggiorato 
da Schoenfìies, curato infruttuosamente da Fedorow, Goldschmidt 
e altri, non può essere rimosso dalla sistematica, se questa vuol 
essere semplice e comprensiva. Si aggiunga che nessun'altra siste- 
matica semphce dei cristalli è per ora possibile. 

Iv'accrescimento di una faccia è in relazione con i suoi indici 
e con le costanti fondamentali; ^sicché in ogni sistema cristalliilo, 
dati gU indici di una faccia, risultano da essa tutte le facce aventi 
gli stessi indici, lo stesso accrescimento e lo stesso sviluppo. Si 
distinguono in ogni sistema facce generali come (hkl) e facce speciaU 



Sistetnatica e simmetria 67 

come (no), (loi), (01 1)... I^'insieme delle facce degli stessi indici, 
salvo r ardine e il segno, e dello stesso carattere fisico è la forma, 
pag. 24. Se gli indici sono imitati, anche la forma dicesi unitaria. 

Se mi cristallo è fornito di diverse forme, p. e. \hìd\, \\ h^ ^), 
|/t(^ /,)... la combinazione avrà per simbolo 

in ordine allo sviluppo delle singole forme. 

Per la determinazione di una forma nessuna quantità fisica 
devesi trascurare; la più importante proprietà da considerarsi per 
il carattere delle facce (15) è quella del loro rilievo naturale o arti- 
ficiale da ottenersi con la corrosione (37). 

Non tutte le facce di eguale accrescimento secondo la legge di 
Curie-Hauy sono dello stesso carattere fisico; come all'incontro questo 
non può disgiungersi da quello. 

Queste circostanze ci insegnano che ogni sistema cristallino deve 
essere suddiviso in classi, secondo che il carattere fisico coincida con 
tutte le facce di eguale accrescimento o solo con alcime di esse. La 
teoria per di più insegna che nei sette sistemi cristallini si hanno 32 
.classi differenti fra loro; ma l'esperiexv^a a sua volta ha constatato 
che nelle sostanze- cristallizzate solo '30 classi sono rappresentate. 

Se facce generali del simbolo {hkl) aventi eguale accrescimento 
perpendicolare epperò rappresentabili con gli stessi indici, salvo 
l'ordine e il segno, fossero tutte dello stesso carattere fisico, risulterebbe 
ima forma da esse costituita avente il massimo numero di facce, che 
al sistema può corrispondere. Una siffatta forma si chiama oloedrica, 
ed oloedria (óXo;, intero, e^px, forma) la classe del sistema a cui 
la forma appartiene. Se all'incontro tutte le dette facce non sono fra 
loro eguali, quelle fra loro eguali costituiscono una forma, che in 
generale si dice meriedrica, e tneriedria (ppoc, parte) la classe. In 
particolare se le facce generali di eguale accrescimento sono per la 
metà dello stesso carattere fisico, si dice che la forma è etniedrica, e 
la classe a cui essa appartiene è una emiedria; se per la quarta parte 
la forma è telar toedrica, e la classe è una tetartoedria, e così di seguito. 

Queste antiche ma sempre giuste denominazioni delle classi 
cristalUne si sono mantenute nella scienza, ma forse non è senza fon- 
damento desiderare che vengan sostituite da una nomenclatura, che 
dalla forma generale della classe prenda il nome, la quale è razionale 
quanto la prima, ma più semplice e comprensiva. — Emimorfia av- 
viene quando due estremità del cristallo sono di carattere fisico di- 
verso, ed emimorfa, polare o bivalente è la direzione nella quale le 
due estremità diverse si trovano. 



68 



Capitolo quinto 



I. Sistema triclioo. 

Carattere : 
I^ìg- 50 e 51. a:j:P4:Y4:9o«; a: b: e == N^: 1: N, 

L'accrescimento perpendicolare e lo sviluppo di una faccia qual- 



100 



010 




oto 



sivoglia (hkl) = A' B' C non possono ripetersi in altre facce aventi 
gli stessi indici, che in una sola, la parallela ed opposta {JhJtl). 

Così p: es. le due facce A' B' C = {hkl) e A' B' C ^ {hkl). 
fig. 51, aventi gli stessi indici milleriani e la stessa area non possono 




Fig. 51. 

essere a eguale distanza dal centro O se lo sviluppo deve essere 
eguale; infatti le due piramidi con basi A' B' C e A'~ti' C' e ver- 
tice in O hanno lo stesso volume ma base differente e ciuindi diversa 



1 



Sistematica e simmetria 



69 



altezza, ossia diversa distanza dal centro, diverso accrescimento 
perpendicolare o diverso sviluppo. E altrettanto dicasi per altre 
facce aventi gli stessi indici h, k, l. 

Una forma può dunque consistere al più di due facce, parallele 
e opposte, che fanno un pinacoide (jrivaS, tavola, il^o;, forma). 
Se le due facce non sono dello stesso carattere fisico, ciascuna è una 
forma, il pedio (jri^cov). Da qui segue che nel sistema triclino due sole 
classi sono possibili, la pinacoidale e la pediale 

I* Classe pinacoidale. 

Ogni forma di questa classe è un pinacoide. Il centro del cristallo 
si chiama, •centro di simmetria o di inversione, col quale si in verte una 
faccia, ima zona, uno spigolo. Si può anzi esprimere questo fatto 
dicendo che il cristallo entra in posizione di ricoprimento con una 
inversione. La forma unitaria è il pinacoide Im), ovvero jlii), ecc. 

Esempi: 

Sassolino B(OH)3, acido borico. 

a: b: e = 1.7329: i : 0.9228; 
a = 920.30', p = 1040.25'. Y == 89**.49'- 
Fig. 52 con i pinacoidi: 




Fig. 52. 



Fig. 53. 



alioo), clooit, »»(iio|, mi(iio|, r(ioi|, fj |ioi|, |iii|, Oi jnij, 
Ojjlllj, O3III1). 

Axinite HCa, B Alj (Si 04)4. 

a: ò: e = 1.1475: 1 : 0.8626; 

a = 97°-2', p = 980.53' 54. T = 1020.15'. 

Pig- 53 con i pinacoidi: 
cjooi), A/jiioj, r\iii\, 1\I12\, M(III), s(iii), X\20l\, d\ou\, 
>'(loi), w {iil|, e (III). 

E da osservarsi che i pinacoidi x, d, w, e non sono completi 
nella fig. 53. 



70 



Capitolo quinto 



Amie Na Al Si, O,. 

a\h\c = 0.6335: 1:0.5577; 
a = 94°-3', P = 1160.28' V«. Y = S80.8' V,. 
Pig. 54 con i pinacoidi: 
M|oioj, P|ooi}, /jno), r(ilò|, ;r{Ioil, y |2oi|, n |o2i), olili}, 
v(Iii|. 

Anortite GaAliSi^O^. 

a:b:c = 0,6348: i : 0.55008; 
a = 93°i3'.2o", p = ii5°-55'-3o"» Y = 9i**.ii'-4o". 

A 





a 




l 



^ 



Fig. 54. 



Fi«. 55. 



Vedifig. 39,' 40- 

Distene = Cianite Al, Si O5. 

a: &: e = 0.8991 : i : 0.6997; 
a = 900.23', p = 1000.18', Y = io6o.i'. 

^S' 55 co'i i pinacoidi: 
a{ioo|, 6 joioj, e (001), /jiioj, a |izo}, njoii}, r \oii\, à(ioi|. 



2* Classe pediale, 

Le figure dei cristalli di questa classe sono formate da pedi, ossia 
da facce di carattere fisico diverso. Perciò questi cristalli si dicono 
asimmetrici ed asimmetria la loro classe. La forma unitaria è il pedio 
(ih), (Ih), (III)... 



Sistematica e simfneMa 



71 



Esempi: 

Bitartrato di stronzio (C4 H4 Oe)s Sr H, + 4 aq. 

a: b: e = 1.2136: i: 0.9630; 
a = 660.53', p = 1020.48', Y = 1050 40'. 
Fig. 56 con i pedi: 
a{ioo), a' (100), 6(010), 6' (010), / (loi), e (001), e' (ooi), «(122) 

Nitrato-acetato di stronzio 
CH, CO, (Sr NO,) + 3 aq. 

a: b: e = 0.5200: i: 1.1697; 
a = 960.39', p =^ 76°.43'. T = 91^.41 '• 





Fig. 56. Fig. 57. 

Fig. 57 con i pedi: a (100), a' (loo), e (001), e' (ool), b' (010), 
r (oil), r'(oli), g (oli), w(ilo), w' (no). 



11. Sistema mooodino. 

Carattere: Una faccia (b fondamentale) è perpendicolare a 'una 
zona (y), fig. 58 e 59. 

a =Y = 90°, P4=9oo, a:b:c= Niii'.N^ « 




OfO 




Fig. 59. 



7a Capitolo quinto 

L'accrescimeuto jierpendicolare di una faccia generale e il suo 
sviluppo {hkt) = A' B' C (fig. 59) si ripetono in quattro facce e 
non più, aventi gli stessi indici: esse sono: 

[hhl). {hkl). iW). {hki). 

Altre facce aventi gli stessi indici, come p. e. {Akl), (hi!)--- hanno 
accrescimento perpendicolare diverso o sviluppo diverso. Infatti la 
faccia [hkl) = A' B' C e la faccia {,A' B' C') = (kkl) non hanno la 
stessa area né lo stesso accrescimento perpendicolare a partire dal 
centro, perchè le due piramidi A' B' C O. e A' B' C' O con l'apice 
in O lianno lo stesso volume, base diversa epperò altezza di\-ersa. 
Una forma generale nel sistema, monoclino può dunque consistere 



di quattro facce al massimo, come quelle sopra enunciate; esse sono 
parallele ad uno spigolo, cioè fanno zona. Se tutte le quattro facce 
hanno carattere fisico eguale, costituiscono una torma, che prende 
il nome di prisma (fig. 59). Se le facce dello stesso carattere fisico 
si riducono alla metà, p. e. le facce {hkl) = A' B'C'e (Af/) = A' P C. 
la forma che ne risulta è un doma (Jiu»!, tetto), come nella fig. 60. 
(facce ombreggiate); o\-vero le facce {hkl) ^ A' B' C e (Hl\ = 
= A' B' C e la torma che ne risulta è uno sjenoide (u^/,», cuneo) 
come nella fig. &i (facce ombreggiate). 

Nel sistema monoclino sqno dunque possibili tre classi : prisma- 
lica, domai ica, sfenoidale. 

Invero altre due combinazioni non sono da escludersi, p. e. 
le due facce di carattere fisico eguale sono parallele, ovvero tutte 



Sistematica e simmetria 73 



le quattro facce sono diverse fra loro. La prima è pinacoidale e la 
seconda pediale, entrambe di carattere monoclino. 

3* Classe prismatica. 

La forma generale (fìg. 59) è un prisma con le facce: 

[hkl), (hkl), ihkl), (hkl). 

Esse sono disposte in modo tale per rispetto al piano xz (010), 
che preso questo come piano speculare, le une sono immagini delle 
altre, come la mano sinistra è immagine della destra. 

Si dice xz piano di simmetria del cristallo. 

Inoltre se il cristallo gira di 180°, e non meno, attorno allo spi- 
golo >, esso viene in posizione di ricoprimento, ossia la faccia {hhl) va 
a ricoprire la faccia [hkl), ecc. Si dice y asse di simmetria binario. 
E poiché le facce parallele e opposte sono eguali, ne viene che il 
cristallo ha il centro d'inversione, ossia ogni faccia ha due versi uguali, 
ogni zona o spigolo ha due sensi eguali. L'asse di simmetria stesso 
è apolare o monovalente. La forma unitaria è il prisma jiiilo|liij. 

Nella classe prismatica due specie di forme sono possibih: 

prismi \hkl\, |iii|, jiioj, (oiij... 
pinacoidi \hol\, joioj, |ioo), (ooij, |ioi|... 

I prismi mettono in e-sddenza la simmetria in genere ; i pinacoidi 
|Ao/| la zona fondamentale y [010], il pinacoide (010! il piano di sim- 
metria. 

Negli esempi che seguono sono soppressi gli angoli a = y = 90°. 

SolfO'^ S. 

a: b: e = 0.9958 : i : 0.9998 ; 
P = 95"-46'. 

Fig. 62 con il pinacoide a jiooj e i prismi m {iio(, n |2ioj, w jTii|, 
^(oiiì. 

Mentre il solfo-a (trimetrico) si trova in natura e si separa dal 
solfo fuso a bassa temperatura (sotto 95°), il solfo- p cristalUzza a tem- 
perature superiori a 95° C. e fonde a 105° (vedi fig. 575). 

Realgar As S. 

a: 6: e = 1.4403: 1 : 0.9729; 

Fig. 63 con i prismi m jiio), / \2io\, r |oi2( e v (230), e i pina- 
coidi c.jooij, b joioj. 
■ Melanterite Fé SO4 -|- 7 aq. 

a\ b: e — 1.1828: 1 : 1.5427; 
p = iO4'0.i5'.30 



// 



74 



Capitolo quinto 



Fig. 64 con i prismi m |iio|, g |oii) e i pinacoidi e |ooi), s {103), 
r (loij. 

Solfato magnesiaco Mg SO4 + 7 aq. 

a: b: e = 1.220: i : 1.582; 
p = 1040.24'. 






Fig. 6a. 



Fig. 63. 



Fig. 64. 



Fig. 65 con i prismi m (no), ^ |oii| e i'pinacoidi e |ooi|, s (103), 
r (loij. 

Gesso Ca SO4 + 2 aq. 

a: ò: (; = 0.6899: i: 0.4124; 
P = 99°.i9'.5o"- 




Fig. 65. 



Fig. 66 con i prismi/ |iioj, / liii|, n |Iii} e il pinacoide b |oio|- 



Sistematica e simmetria 



75 



È da osservarsi per il gesso che, secondo qualche autore, le sue 
forme sono tutte pinacoidaU e la sua classe sarebbe pinacoidale ma 
con carattere monoclino (non triclino). Occorrono non pertanto ul- 
teriori indagini per dare vaUdità a questo fenomeno. 

Epidoto m Ca, (Al OH) Al, (Si O4), + n Ca^ (Fé OH) Fé, (Si OJ,. 

a\h\c = 1.5787: 1 : 1.8036; 
P = ii50.23'.io". 




Y" e 


Al. Y 


\ 


^ « 


/ v^ 


* 
• 


Y 


■ 


• 






• 


• 




i 

1 


i 




\m. 


i «z- 






♦ 




d « 

É 


t 


m 


: 


■ 




\ 

« 

• 


• 




: 


1 




• 


t 




• 


.'- ,, 




V*^^^^^^.^ 


T-f 


\Lt\^ 


^ ^ J 


>.\ F 


.-^^v^ ^ 


\ 



Fig. 66. 



Flg. 67. 



Fig. 67 coni prismi m |iio|, n {iii| e i pinacoidi a|ioo), e {ooi|» 
e {loij, r (Ioi|. 

AugiU Ca Mg (Si O,). con (Mg Fé) (Al Fé), (Si O,),. 

a: 6: e = 1.092: i: 0.589; 
p = 1050.41'. 





: m 



.»w 



•ni: 




Fig. 68. Fig. 69. 

Fig. 68 con i prismi m |iio), ^ |lii) e i pinacoidi a |ioo). ò|oio|. 



76 



Capitolo quinto 



A nfibolo Ca (Mg Fe)^ (Si 03)3. 

a: b: e = 0.551 : i : 0.294; 
P = 1060.4'. 

Fig. 69 con i prismi nt jiio), r joiij e i pinacoidi p jToi|, b joiol 
Ortoclasio K Al SÌ3 Og. 

a:b:c = 0.6585: i : 0.5554; 
p = ii6o.3'.i4". 





1 

A 



/ft 




Fig. 70. 



Fig. 71. 



Fig. 70 con i prismi / jiio|, n \02i\, jTii| e i pinacoidi P (001 1, 
;ir jloi}, >' jàoiì, A/ joio). 

Borace Na^ B4 O- -f io aq. 

a: b: e = 1.0995: i : 0.5632; 
P = 1060.35' o P' = 73^*25'. 

Fig, 71 con i prismi w {iioj, o (lii), ^ |52i j e i pinacoidi a jioo|, 
6 |oio|, e jooi). 



4* Classe domatica. 

La forma generale (fig. 60) è un doma, p. e. (hkl) con (A>^/) ov- 
vero {hkl) con (^^/), (no) con (ilo), ecc. Si osservi che in ogni doma 
le sue due facce sono disposte come qggetto e immagine per rispetto 
al piano xz (fig 59), che perciò è piano di simmetria del cristallo. 



SistetncUica e simmetria 



77 



Questo solo elemento di simmetria distingue la classe domatica, nella 
quale sono possibili uricamente le seguenti forme : 

domi \hkl\, ino), (oii[... 
pedi [hot), (201), (loi)... 
pinacoide (010). 

La direzione y [010], zona fondamentale, è monovalente essendo 
perpendicolare al piano di simmetria; ogni altra direzione è polare 
o bivalente. 

Le prime di dette forme e l'ultima mettono in eA-idenza il piano 
di simmetria, le seconde la zona fondamentale [010], a cui sono pa- 
rallele. La forma unitaria è il doma {iiij, ovvero |iii), tnij, lill|- 
• Xegli esempi seguenti sono soppressi gli angoli a = 7 = 90°. 

Scolectte Ca Al^ Sig Ojo Hj -f 2 aq. 

a:b:c = 0.9764: 1:0.3434; 
P = 890.18'. 




Fig. 72. 




Fig. 73- 



Fig. 72 con i domi m {iio\, m* Ilio), jnij, 0' t^iil» ^ |iiT|. 
e' }iiij e il pinacoide b joioj. 

Tetrationato potassico Kj Og S4. 

a: ò: e = 0.9302: 1 : 1.2666; 
P = 1040.16'. 

Fig. 73 con i domi wjiio|, m^ |iioj, t' J135J, ,/> jiil|, jril|, 
q joiil e i pedi e (001), a (100), a^ (100). 



78 



Capitolo quinto 



5* Classe sfenoidale. 

La forma generale è uno sfenoide (fig. 6f ), p. e. (hkl) con (hkl) 
ovvero (hkl) con jW/|, (no) con (Ho), ecc. Si osservi che le due facce 
di ogni sfenoide entrano in posizione di ricoprimento con rotazione 
di 1800, e non meno, attorno all'asse y, che perciò è asse di sim- 
metria binario, polare o bivalente. Questo solo elemento di simme. 
tria distingue la classe sfenoidale, nella quale perciò sono possi- 
bili unicamente le seguenti forme: 

sfenoidi {hkl\, {hil\, {iio|, {oii}... 
pinacoidi {hol\, (looj, jooi), {loij... 
pedi (010) positivo, (do) negativo. 

Le prime di dette forme mettono in evidenza l'asse di simmetria 
binario, y, le seconde la zona [010], le ultime l'assenza del piano 
di simn^etria. La forma unitaria è lo sfenoide (11 ij ovvero jili|... 

Negli esempi seguenti sono soppressi gli angoli a = y = 9o°' 

Tartrato ammonico (C4 H4 O,) (NH^)^. 

a: 6: e = 1.1506: 1 : 1.4383.; 
p = 92^.23'. 




r^- 



...>/?. 



a* 



jz: 





Fig. 74. 



Fig. 75. 



Fig. 74 con gli sfenoidi jiii|, cd(IIi|, ^|oii). i pinacoidi 
p jioi|, r jloi), a jioo|, e jooij e il pedio b (010). 
Acido tartrìco C4 Hg O^. 

a: b: e = 1.2747: i : 1.0266.; 
P = iooo.17'. 

Fig. 75 con gli sfenoidi p \iio\, />i jiloj, ^ [oiij, i pinacoidi 
e |ooij, a jioo), r {loi), p lloij e il pedio 6 (oio). 

Non si conoscono minerali, che cristallizzano in questa classe. 



Sistematica e simmetria 



79 



111. Sistema trìmetrìco. 

o sistema rombico {ortorombico). 

Carattere : Tre zone e non più sono perpendicolari a facce e sono 
perciò ortogonali tra loro; facce e zone che si assumono fondamentali; 
perciò (fig. 76): 



too 




Flg. 76. 



L'accrescimento perpendicolare di una faccia generale {hkl) e il 
suo sviluppo = A' B' C (fig. 77) si ripetono in otto facce e non più 
(aventi gli stessi indici) ; esse sono come nella fig. 77 : 

A'B'C'(hkl), A'B~T(hJ^l), A^ E' a {hkl), A" W C {hkl) 
A'B'iy(hkD, A'Wa{hll), A/B'U' (hkì), Ar'W'aiUI) 

Se tutte le otto facce sono di carattere fisico eguale, esse costitui- 
scono una bipiramide rombica o doppia piramide trimetrica (fig. 77). 

Se le facce di carattere fisico eguale si riducono alla metà cioè 
a quattro, esse formano una piramide rombica con le facce (hkl), 
{hkl), (hkl), (hkl) ovvero (hk7), (hkl), (hkl), (hlT) come nella fig. 79; 
avvero un bis/enoide rombico con le facce {hkl), {hk'), {hkl), (hhFj 
come nella fig. 78. 

Nel sistema trimetrico sono dunque possibili tre classi di cristalli : 
bipiramidale rombica, btsfenoidale rombica e piramidale rombica. 

Invero le combinazioni a quattro, a due o a una delle 8 facce 
su citate non sono con ciò esaunte. Ma comunque si faccia la combina- 
zione, si cade però sempre in una delle classi del triclino o del mono- 



clino, ma con carattere trimetrico. Ci sono pochi esempi e poche espe-' 
tienze per dimostrate che queste ultime combinazioni siano rappre- 
sentate nei distaili. 




0' Classe bipira 
I,a l'orma generale è una bipir 



lidale rombica, 
mìcie rombica (fig. 



{hkl). Khk'-). \hkl). («'), 
[hkl,. {hkl). ijièl,, {hkì,. 




le qu.ali hanno disposizioni tali per rispetto alle facce fondamentali 
a (ys), b {^x) e e [xy] e agli assi x, y. :, che quelli sono piani di simmetria 
e questi assi binari, i <]uali non sono equivalenti fra di loro. Con 



Sistematica e simmetria 



8i 



ciò gli elementi di simmetria sono in numero di sette compreso il 
centro d'inversione. Gli assi bin£ui sono apolari o monovalenti. > 

Assegnando agli indici generali h, k, l valori speciali, si otten- 
gono le possibili forme di questa classe, che sono appunto le seguenti : 

bipiramidi rombiche \hhl\, ( 1 1 1 1 . . . (fig. 7 7) ; 
prismi rombici \hko\ (fig. 80); 

» » \hol\ (fig. 81); 

» » {o^/| (fig. 82); 

pinacoidi {001), |oio), |ooi) (fig. 80, 81, 82). 

Le prime di queste forme mettono in rilievo il carattere ge- 
nerale del trimetrico, le seconde le tre zone fondamentali i cui assi 
sono X, y, z, le ultime le tre facce fondamentali a, 6, e. La forma imi- 
taria è la bipiramide |iii|. 

Negli esempi che seguono sono soppressi gh angoli a = p = y = 9^** 

Solfo-oi S (fig. 574). 

a:h'. e = 0.8430: 1 : 1.9030. ' 

Il solfo-a si trova in natiira ed è stabile alla pressione e alla tem- 
peratura ordinaria. A 95° passa nel solfo- p, che, come si è detto, ap- 
partiene al si.stema monoch'no. 





Fig. 83. 



Fig. 84. 



Fig. 85. 



Fig. 86. 



Fig. 83, 84, 85 con le bipiramidi p jiii}, s (113), il prisma e jioi} 
•e il pinacoide ^ |ooi). 

Fig. 86 con le bipiramidi p \iii\, s {113), il prisma n |oii|, il 
pifiacoide e |ooi). 

Brookite Ti Oj. 

a: 6: e = 0.9444: 1 : 0.8416. 

6 — e. Viola. 



82 



Capitolo quinto 



Fig. Sya con la bipiramide z {112}. il prisma m jiioj. 
Fig. 87& con la bipiramide e {122}, il prisma m {no). 
Orpimento As^ Sj (•). 

a:b:c = 0.5962 : i : 0.6655 




m 



m 





Fig. 87 a 



Fig. 87* 



Fig. 88a con la bipiramide p \\i\\, i prismi \\o\\, m \i\o\, 
n {120) e i pinacoidi a |ioo), h {oio|. 










m 



m 




Fig. 88 a. 

Antimonite Sbj S^. 



Fig. 88^. 



Fig. 89. 



a: 6:ic ='3.9926: i: 1.0179 



(•) Nota. Nell'orpimento « = y = 90°, fi = 900.41', ma probabil- 
mente é trimetrico come il suo analogo l'antimonite. 



SisUmaHca e simmetria 



83 



Fig. 885 con le bipiramidi p \ii\\, r|i2i), il prisma m (no), 
H pinacoide ò foio). 
Aragonite Ca COj. 

a: 6: <;: =s 0.6224: 1 : 0.7206 

Fig. 89 con le bipiramidi /> {m); 5 |i2i), i prismi m (no), ^{oii), 
il pinacoide b \oiq\. 

La cristallizz£Lzione del Ca CO, in aragonite avviene in soluzioni 
sature a óo® C. 

V/iiUriU BaCO,. 

a\h\ e = 0.6032 : 1 : 0.7302. 

Fig. 90 con la bipiramide p \iii\, i prismi rombici m (no), 
i {021 1 e il pinacoide b |oio|. 






Fig. 90. 



Fig. 9i< 



Fig. 9a. 



Le costanti della Witterite si avvicinano molto a quelle del- 
l'aragonite. 

CerussiU Pb COj. 

a : 6 : e = 0.6100 : 1 : 0.7230. 

Fig. 91 con la bipiramide p \iii\, i prismi rombici ^{110!, 
i {021}, il pinacoide & (oio). 

Anche la cerussite si avvicina alla aragonite come la Witterite 
e come la stronzianite. 

Stronzianite Sr CO3. 

a:b: e = 0.6090 : i : 0.7239. 

Fig. 92 con le bipiramidi /> (nij, o{ii2(, i prismi m {no), i {021) 
e pinacoidi b (oio), c\ooi\. 



t • 



84 



Capitolo quinto 



Ioduro mer cufico Hgjj. 

a\h\c = 0.649: i: ? ; 

Forme |iio| e jooij. 
Baritina BaS04. 

a: 6: e = 0.8152: i: 1.3136. 

Fig. 93 con i prismi rombici m fiioj, d |io2j, (011} e il pina- 
coide e |ooi|. 

CeUsiite ^804. 

fl! 6: e = 0.7790: i: 1.2800. 





Fig-. 93. 



Fig. 94. 



Fig. 94 con i prismi m {iioj, d |io2|, o |oii j e i pinacoidi b joio), 
e (ooi). 

Anglesite PbS04. 

a: 6: e = 0.7852: i: 1.2894. 





Fig. 95. 



Fig. 96. 



Fig. 95 con i prismi m {nò}, d (102}, o |oii| e i pinacoidi a {ioo|, 
b {oio). 

Baritina, celestite e anglesite hanno molta analogia fra di loro 
tanto per riguardo alle loro costanti fondamentali quanto per le 
loro forme normali; e si allontanano notevolmente dall'anidrite. 



Sistematica e simmetria 



85 



Anidrite OslSO^. 

a:b:c = 0.8933 • i • i.oooS. 

Fig. 96 ccm le bipiramidi (iii)» n {121} e i pinacoidi a {ioo|, 
b |oio}, e {ooi\. 

Qui predominano i tre pinacoidi, nelle precedenti sostanze i 
prismi. 

Marcasiie Pe S|. 

a:b: e *= 0.7662: i: 1.2342. 

Fig. 97 con i prismi rombici m (no), e (oii), d foi3}. Vedi anche 

fig- 384- 

La marcasite è instabile nelle condizioni ordinarie. La pirite 

rappresenta la struttura più stabile di PeS^. 





Fig. 97. 



Fig. 98. 



Calcosina Cu«S. 

a:b:c = 0.5822 : i : 0.9701. 

Fig. 98 con la bipiramide ^ (113), il prisma « (021) e il pinacoide 
e |ooi|. 





/ 



m 



l 





Fig. 99. 



Fig. xoo. 



Fig. lox. 



86 



Capitolo quinto 



Staurolite H^ (Fé Mg), (Al Fe)^ Siu 0„ 

ossia 6 (Mg Fé) O . 12 Al, O, . II Si Oj -f 2 aq. . 

a:b:c — 0.473 • ^ • 0.683. 

Fig. 99 con i prismi m (no), r {ioi{ e i pinacoidi b Joio), e {001}. 
Topazio Al, Si O4 F,. 

a\b\c = 0.8152: i: 1.3136. 

Fig. 100 con la bipiramide o (iii) e i prismi rombici m {no), 
/ {120J, n {021 1. 

Acido citrico monotdrcUo 0,07 11, + aq. 

a: b: e = 0.6740: i: 1.6621. 

Fig. loi con la bipiramide o {in}, i prismi m(iio), « (ioi|, 
n {Oli}. 

7* Classe bisfenoidale rombica. 

La forma generale è un bisfenoide rombico (fìg. 78, 102, 103) 
avente le quattro facce 

(hkl), (Ul), (hkl), (hkl) 





Fig. 102. 



Fig. 103. 



ovvero 



(hkl), {hkJ), (hki), [hM). 



Nelle figure sopra richiamate sono tracciati gli assi x, y, 2. 
Le facce di ogni bisfenoide hanno disposizione tale, che entrano 



Sistematica e simmetria 



87 



in posizione di ricoprimento con rotazione di i8o<>, e non meno, 
tanto per rispetto a x, quanto per rispetto a y o -?, sicché il cristallo 
stesso ha tre assi binari di simmetria ortogonali fra di loro. 2k>ne 
e facce non sono invertibili, ad eccezione dei tre assi binari, che 
perciò sono apolari o monovalenti. 

Assegnando agli indici h, k, l valori speciali, risultano le forme 
possibili, che sono le seguenti: 

bisfenoidi rombici \hkl\, \hJUìp {iii|, {ili|... fig. 102, 103. 
prismi rombici \hko\, \hol], {okl\, {ioi|... fig. 80, 81, 82. 
pinacoidi (ioo|, |oio}, |ooi), fig. 80, 81,* 82. 

lyc forme bisfenoidali mettono in evidenza il carattere della sim- 
metria, i prismi le tre zone fondamentali, i pinacoidi le tre facce 
fondamentaU. La forma unitaria è il bisfenoide {m} ovvero {ili). 

Negli esempi seguenti sono soppressi gli angoli a = p = y ~ ^^' 

Bitartrato potassico C4 H4 0$ • KH. . 

a:b: e = 0.71 16: i : 0.7292. 





Fig. 104. 



Fig. 105. 




Fig. 104 con i bisfenoidi rombici o{iiij, o>{ili|, i prismi rom- 
bici w Ilio), r jioi|, il pinacoide b [010 j. 
Epsomite Mg SO4 -f 7 aq. 

a: b: e = 0.9902 : i : 0.5709. 

Fig. 105 con il bisfenoide /> jiii), il prisma m jiib|. 

La goslarite Zn SO4 + 7 aq, il soljato di nichelio Ni SO4 -f 7 aq., 
il seleniato di ferro Fé Se O4 -f- 7 aq., il solfato ferroso Fé SO4 -f 7 aq., 
(non la melanterite), cristallizzano come l'epsomite, anche le loro co- 
stanti sono molto vicine. 



88 Capitolo quinto 

Il solfO'OL cristallizza nella classe bipiramidale rombica, come si 
è già veduto. Nondimeno ci sono cristalli di solfo, i quali simulano 
forme bisfenoidali, come il cristallo effigiato nella fìg. io6, non raro, 
con forme P{ili(, p [iii\ in apparenza bisfenoidi, prisma n jonj 
il pinacoide e jooi}; anche le facce s possono simulare due sfenoidi 
{113) e {113) anziché essere di una forma imica. Ma occorrono altre 
esperienze per stabilire bene la simmetria, e da essa dedurre la strut- 
tura del solfo -a. 

8* 'Classe piramidale rombica. 
La forma generale è una piramide rombica (fig. 79), con le facce 

(hkl), {hkl), [hkl), (Ul). positiva 
ovvero 

. (W), (hkl), {hit), (hkl), negativa. 

Le quattro facce di ogni piramide hanno disposizioni taU, che 
possono entrare in posizione di ricoprimento tanto con rotazione di 
1800, e non meno, attorno a z, quanto con riflessione in uno dei piani 
fondamentali xz (010) e yz (100), sicché questi sono dtie piani di sim- 
metria, quello è asse di simmetria binario, gli uni nell'altro giacenti 
ed ortogonali fra loro. L'orientazione del cristallo si ottiene dispo- 
nendo verticalmente, l'asse binario che é polare. 

Assegnando ad h, k, l valori speciah, si ottengono le possibili 
forme, che sono: 

! piramidi rombiche \kkl\, {iiij..., positive; 
piramidi rombiche \hkl\, jiii|..., negative; 
!domi \hol\, (0^/1..., positivi; 
domi jAo/|, \okl\..., negativi; 
prismi rombici \hko\, |iio|... 
pinacoidi (ioo|, joio|; 
pedi (001) positivo, (coi) negativo. 

La forma unitaria è la piramide rombica jiii) ovvero jilll. 
Negli esempi che seguono sono soppressi gli angoli a= P =y = 90®. f 
Struvite (NH4) Mg PO4 + 6 aq 

a: 6: <; = 0.5664: 1 : 0.9121. 

Fig. 107 con i domi q {oii(, s (041), r [ioi|, r^ (lolj, il pinacoide 
b (oio( e il pedio negativo e (001). 
Calamina H, Zn Si O5. 

a:b: e =- 0.7834: i : 0.4778. 



Sistefputtìca e simmetria 



89 



Fig. 108 con la piramide rombica negativa v |I2X), i doqii po- 
sitivi i {301}, 5 |ioi}, e (oi.i), il doma negativo e {oil), il prisma rom- 
bico m |iio)» il pinacoide h |oio), il pedio positivo e (coi). 



f 





Fig. 107. 



Fig. Z08. 



Osservazioni ai sistemi iridino, monoclino e trimetrico. — La 
scelta delle tre facce fondamentali e della faccia unitaria nel sistema 
triclino è in nostro arbitrio, e può essere fatta sempre in base alla co- 
stante capillare più piccola, cioè al massimo sviluppo di esse. Nei si- 
stemi monoclino e trimetrico la scelta non rimane perfettamente li- 
bera; nel monoclino una delle tre facce fondamentali (010) è la faccia 
normale a zona, le altre due sono in questa zona; nel trimetrico la 
scelta è ancora più obbligata, vale a dire le tre facce fondamentali 
sono quelle normali a zone, benché esse non siano sempre le meglio 
sviluppate nel cristallo. Ma se si uscisse da questa regola sarebbe 
impossibile ottenere che le facce di eguale accrescimento assu- 
messero gli stessi indici. MoltepUci esempi se ne possono citare. 
I^'anfìbolo (fig. 69), l'ortoclasio (fig. 70), il gesso (fig. 65), il realgar 
(fig. 63), la melanterite (fig. 64), ecc. del monoclino hanno il prisma 
|iio) più sviluppato che il pinacoide |ioo), anzi talvolta quest'ul- 
timo manca affatto. Analogamente nel trimetrico p. e. il solfo-a 
(fig. 83-86), ove predomina la bipiramide |iii|, la Brookite (fig. 87) 
ove predominano )iio| e ^{112), i carbonati, i solfati anidri ad 
eccezione dell'anidrite (fig. 96). 

È bene sia ricordato che la struttura del cristallo è in rapporto 
con le sue forme più sviluppate; essa all'opposto è in contraddizione 
con le facce fonda;mentaU, quando queste non coincidano con le facce 
a costante capillare più piccola. 



90 



Capitolo quinto 



IV. Sistema tiifooale. 

o sistema romboedrica. 
Carattere : 

a : 6 : e = I : I : I ; 

a=(ì=Y + 9o<* (fig. log, no e in); 




/Il 



Fig. X09. 



i*, 





Fig. in. 



ossia le tre facce fondamentali (100) = yz, (010) = zx, (001) = xy 
hanno la stessa costante capillare, lo stesso accrescimento, lo stesso 



Sistematica e simmetria 91 

sviluppo e lo stesso carattere fisico; perciò anche gli spigoli foada- 
meiitali x, y, z sono equìvaleati fia di loro. La retta A^ A^ facente 
angoli eguali con x,y, i è peipendicolare alla faccia unitaria ABC, e 
rappresenta uno spigolo del cristallo; il suo simbolo è fui} com& è 
(111) quello della faccia unitaria. Per l'oiientazìone del cristallo si 
suole disporre A^A^ verticalmente, onde la zona parallela ad A^A^ 
è zona verticale. 

È facile vedere che l'accrescimento perpendicolare di una faccia 
generate {hkl) (fig. ili) si ripete in la facce; talché solo in 12 facce 
rappresentabili con gli stessi indici si può ripetere lo stesso carattere 
fisico; esse sono: 

(hkl). (khl). Iklk). ilhk). (Ikh). iklh), 
(W/,, (W/;, im). [lUl. {M). {Ì2h). 



B'ig. MI. Fig. 113. Fig. IM. Fig. iis- 

e formano uno scalenoedro. Se lo stesso carattere fisico si ripete in 
sei sole di esse, possono darsi tre combinazioni, cioè o come nella 
fig. 112, nel qual caso le sei facce fanno un romboedro, o come nella 
fig, 113, nel qual caso la forma è un trapezoedro, o infine come nella 
fig. 114, nel qual caso le sei facce limitate ad una estremità del cri- 
stallo fanno una piramide ditrigona. Inoltre è da considerarsi la pos- 
sibilità che solo tre delle 12 facce possono avere carattere fisico eguale, 
come nella fig. 115; in tale caso le tre facce limitate ad una estremità 
del cristallo formano una piramide trigona. SÌ potrebbe pensare 
che altre combinazioni e variazioni fra le 12 facce siano possibiU, 



92 



Capitolo quinto 



ma come ciò rientra in un campo speculativo, che la natura non ha 
riprodotto, possiamo affermare che nel sistema trigonale sono pos- 
sibili unicamente le seguenti cinque classi: 

scalenoedfica, romboedrica, trapezoedrica, piramidale ditrigonale 
e piramidale trigonale. 

Un elemento di sinmietria è comune a queste cinque classi; in- 
fatti girando il cristallo di 1200, e non meno, nella :^na verticale, 
esso viene in posizione di ricoprimeànto. A^A^ (fig. no, in, 112, 
113, Ii4eii5) è perciò a^se di simmetria ternario (3-rio), che si 
chiama asse principale del cristallo. 

Per l'orientamento delle forme generali e speciali in questo si- 
stema si suole classificare le zone, le facce e le forme in tre ordini. 
Si chiama zona di 1^ ordine ogni zona contenuta in (ni) e in (100), o 
(010), o (001). Per avere il suo simbolo basta applicare il solito schema. 




fare i prodotti in croce, e ricavarne i binomi 

0-0: o-i: i-o = 0:1:1. 

Una zona di i^ ordine ha dunque per simbolo [oli], [loi] o [Ho]. 

Una faccia appartenente alla zona verticale ha per simbolo 
(hkl) tale che A -|- A + / = o, poiché dalla l'i), pag. 29, risulta pre- 
cisamente Axi+Axi+^Xi=o. 

Una faccia [hkl) è di 1° ordine se contiene ima zona di i» ordine. 
Applicando la relazione 11) si ha p. e. 

Axo4-^xi+/xi=o 

ossia k = l, vale a dire una faccia di 1° ordine ha due indici eguali. 
Cosi (hhl), (hkk), {hkh) sono simboli di facce di lo ordine. Facce di 
1° ordine appartenenti alla zona verticale hanno dunque per sim- 
boli (ii2), (i5i), (5ii) e le opposte. 

Se una faccia verticale è contenuta in ima delle zone fondamentali 
[100], [010], [001], essa è di 2° ordine e il suo simbolo è (01 1), (loi) 
o (Ho)... Infatti dallo schema 




o 



o 



si ottiene 



0-0: i-o: o-i = o: I : T. 



SisUmalica e simmetria 93 

Le facce verticali di z° ordine e la faccia tmitam (iii) detenni- 
nano zcme di 2" ordine. I loro simboli sono [ii3], [i3i] e [3ii], che si 
ottd^cKio con lo stesso procedimento. 

Ogni faccia contenuta in una zona dì 2° ordine è di 2° ordine. 

Il suo simbolo si ottiene applicando la regola 11). pag. 29, P. e. 
h X. i + Ax t-\-l X ì ^ h + k~-2l 
osda A -f A 4- / = 3 / ovvero 3 h, ovvero 3 A. I tre indici k, k, l di 
una faccia di 2° ordine sommano tre volte uno qualunque di essi. 

Nelle fig. log e 110 sono indicate le zone di i" e di 2° ordine; le 
une sono rispettivamente perpendicolari alle altre e formano fra 
loro 120°. Ogni faccia che non sia di i» o di 2" ordine, è di 30 ordine. 

9» Class» scaUrtoedrica-trigonale. 
La forma generale è uno scaieftoedfo (fig, in e 117) con le 12 facce 

{hm. {kih). {ihk). {ikh), (khi). {hik). 
m . \kih). {ihi], nkh). (iii,, (Mj 




Fig. 116. Fig. m. 

due a due parallele. Prescìndendo dalla simmetria per rispetto al- 
l'asse ternario A^ A^, ogni scalenoedro viene in posizione di ricopri' 
mento o con una rotazione di 180°, e non meno, attorno ad uno 
dei tre assi A^ (fig. no e ri6), perpendicolari ad A^ A^ e facenti 
fra loro 120°, ovvero con una riflessione in uno dei piani s, s, s, 
giacenti in ,^1 ^4» e perpendicolari rispettivamente ^li assi /!,. 

Questa classe di cristalli ha dunque olio elementi di sirnmeltta. 
Ire piani, tre assi binari, un asse ternario e il centro di inversione. 
La forma unitaria è il pinacoide {iiij ovvero il romboedro {luj. 

Assediando al tre indici h, k, l valori speciali, si ottengono dallo 
.scalenoedro forme speciali, che sono le seguenti unicamente possibili : 

scalenoedri (forme di 3" ordine) jAA/| (fig. 117); 



94 



Capitolo quinto 



isosceloedrì esagoni (forme di 20 ordine) \hkl\ (fìg. 118), essendo 
A + A + / = 3*. 3*. 3^; 

romboedri (forme di 1° ordine) \hhl\, Jiocj, lui), (noj... 

diretti per A < / (fig. 119), {ooi|... 
inversi per h >l (fig. 120), jiioj... 






Fig. 118. 



Fig. 1x9. 



Fig. ISO. 



prismi diesagoni (forme di 3° ordine) [hkl\, essendo h-^- k -\-l 
(fig. 121); 

prisma esagono di 2<» ordine jioi| (fig. 123); 
prisma esagono di i® ordine (isi) (fig. 122); 
pinacoide basale Jiii) (fig. 121, 122, 123). 



= o 



ifi 



f/f 



Fig. X2I. 




Fig. 124. 




110 



ùTr 

i 



Fig. 123. 



W 



Negli esempi che seguono è soppresso il rapporto degli assi, che 
è a: 6: e = i: i: I. 

Arsenico As, metallico bianco. 

a = P = Y = 850.38'. (ioo): (010) = 94°-56'. 

Fig. 124 con il romboedro fondamentale r Jiooj, il pinacoide ba-^ 
sale e (III). \ 



SisiemaHca e simmetria 



95 



Selenio Se, metallico biacco, le cui costanti sono incerte. 
Fig. 125 con il romboedro fondamentale r jioo), il prisma esa- 
gono di IO ordine m fSii). 
Tellurio Te. 

a = p = Y = 860.39'; (100): (010) = 930.10' 

I cristalli sono somiglianti a quelli del selenio. 
Ematite Fé, O,. 

a= P= Y = 85°.42', (100): (dio) = 940.0'. 

Fig. 126 con r isosceloedro n (311} e i 
romboedri diretti «(2ii}»'jiooi. ^/ /■..\/' 





Wl 



fn 



m 




Fiff. 124. 



Fig. 145. 



Cor indora Al, O3. 

Fig. 127 con risosceloedro n l3ill, il romboedro diretto r |ioo(> 
il prisma esagonale di 20 ordine a {ilo) e il pinacoide basale e \'i\\\. 




Fig. 126. 




a : . 


r 


• 
• 

1 

• 


• 

i..... 


vi ' 


/f ''^ ^ 



r-7 



Fig. 137. 



Come si vede, le costanti e le figure cristalline del corindone 
sono molto analoghe a quelle dell'ematite. 
Brucitt Mg (OH),. 

a = P = Y = 8:i°.i2', (loo): (010) = 97°-37' Vt- 



96 



Capitolo quinto 



Fig. 125 con il romboedro diretto r ( toc) e il pinacoide c\\\\\, 
Fig. 129 con il romboedro diretto r {ioo|, il romboedro inverso 
^[(31 1| e il pinacoide e jiii|. 
Nitrato di sodio NaNO,. 

a = p = Y = 1020.41' 14, (100): (010) = 73**.38' Vt- 





Fig. 128. 



Pig. xt9. 



Fig. 130 con il romboedro diretto fondamentale r (loo). 
Calcite CaCO,. 

a = p = Y == 1010.55', (100): (dio) = 74''-55'- 

Questo minerale presenta un grandissimo numero di forme e di 




Fig. 130. 




'4, . 

Fig. 131. 



figure ; nessun'altra sostanza può per questo riguardo stare in pa- 
ragone colla calcite. 

Fig. 131 con il romboedro fondamentale (diretto) r {100). 

La calcite in figure cosi semplici assomiglia molto al nitrato 
di sodio. È notevole che le due sostanze sono vicinissime fra di loro 
per molte costanti fisiche. 

Fig. 132 con il romboedro inverso / jiiij. 

Pìg- 133 con il romboedro inverso g \iio\. 



SisUfnaHca e sitn^netria 



97 



Fig. 134 con il prisma esagono di lo ordine m |i2i| e il rom- 
boedro diretto r |ioo|. 





Fig. 132. 



Fig. 133. 



Fig. 135 con il prisma esagono di 79 ordine a {1X0} e il romboedro 
diretto r |iooJ. 






m 



f^ 



Fig. 134. 



Fig. 135. 





Fig. 137. 



Fig. 136 con il prisma esagono di i» ordine w j 121) e il romboedro 
inverso e {iioj. 




Fig. 138. 



Fig. 137 con lo scalenoedro s |2ol| 

7. — e. Viola 



Fig. 140. 



98 



Capitolo quinto 



Fig. 138 con il prisma di 2» ordine a {ilo) e il romboedro di- 
retto r jiool. 

I^g- 139 con il romboedro diretto r {looj, l'inverso ^ {iio( e il 
pinacoide e ( 1 1 1 ) . 

Fig. 140 con lo scalenoedro s {504J e il romboedro diretto r {ioo|. 

Fig. 141 con il prisma di i» ordine w ji2i| e il romboedro in- 
verso e jiio]. 

Fig. 142 con il prisma di i« ordine m {i2i| e il romboedro di- 
retto r jiool. 

Fig. 143 con il prisma esagono di i» ordine #n |5i 1 1, il romboedro 
inverso ^ jiioj e il pinacoide c\\i\\. 

I carbonati che seguono, benché vicini alla calcite per le co- 
stanti e le proprietà fisiche, si distinguono notevohnente da essa 
per la straordinaria povertà di forme e di combinazioni. 





Fig. 141. 



Fig. 142. 




Magnesite Mg CO, (anche Giobertite). 

a = p = Y = 1030.21' 34; (100): (010) = 720.31'. 
DiallogiU Mn CO,. 

a = p = Y = 1020.50', (100): (010) = 73°.24'- 
Siderite Fé CO,. 

a = p = Y = 1030.4' %, (100): (010) =: 720.59'. 
Smithsonite Zn CO,. 

a = p= Y = 1030.28', (100): (010) = 720.19'. 
Carbonaio di Cadmio Cd CO,. 

a = p = Y *= 1020.30', (100) : (010) = 73°.58'. 

La sferocobaltite Co CO, e la zaratite Ni CO, appartengono a 
questo gruppo di carbonati, detto gruppo isomorfo. Mangano- 
calcite, cobaltocalcite, zincocalciie, plumbocalcite sono miscele isomorfe 
o cristalli misti appartenenti allo stesso gruppo. 



Sistematica e simmetria 



99 



Cromato doppio di potassio e sodio K^ Na (Cr O^)^. 

a = p = Y = 880.28', (100) : (010) = 910.29' %. 

Fig. 144 con il romboedro diretto r |ioo), l'inverso y \22Tl e 
il pinacoide t^ale b |iii). 

AJtitaliie (glaserite) K, Na (SOJ,. 

a = p = Y = ^7^-58', (100): (010) = 910.58'. 

Fig. 145 con il romboedro diretto r (100) e l'inverso y |22l|. 





Fig. 144. 



Fig. 145. 



IO* Classe romboedrica. 

La forma generale è un romboedro (forma di 30 ordine) (fig. 112) 
avente sei facce due a due parallele, che sono : 

(hki), (Ihk), [klh) 

(hJS)y (IM), (klh) romboedro destro; 
ovvero 

{khl), (hlk), [Ikh) 

(khì), (hJjk), (Ikh) romboedro sinistro. 

La fig. 112 dimostra che assi binari e piani di simmetria non' 
possono esserci. Onde questa classe va distinta per dtce soli elementi 
di simmetria, l'asse ternario A^A^ (fig. iii) e il centro d* inversione. 
Il complesso di questi due elementi si chiama asse speculare senario, 
o semplicemente inversione senaria. 

Assegnando ad h, k, l valori speciali, si ricavano tutte le possibili 
forme, che sono romboedri, prismi e il pinacoide basale, ossia: 

romboedri di 30 ordine \hkl\, \khl\... 

» di 20 ordine \hkl\, \khl\... h -\- k + l = ^h 

B di IO ordine \hhl], (100), (iio|.. 

diretti e inversi. 



lOO 



Capitolo quinto 



. h ^ k ^ l 



o; 



prismi esagoni di 30 ordine \hkl\, \khl\.. 
prisnia esagono di 2° ordine (ilo|; 
prisma esagono di !<> ordine (211 1; 
pinacoide basale {nij. 

La forma unitaria è o il pinacoide (iii|, ovvero il romboedro 

Negli esempi che seguono non vien ripetuto il rapporto degli 
assi a: 6: (; = i: i: I. 

Dolomite Mg Ca (CO,),. 

a = p = Y = 1020.53', (100): (010) = 730.19' %. 
Fig. 146 con il romboedro fondamentale diretto r |ioo|. 





Fig. 146. 



Fig. 147. 



Ancherite Ca Fé (COs)^. 

Le costanti dell' ancherite sono molto vicine a quelle della dolo- 
mite. In natura sono più frequenti le miscele di questi due composti 
che i composti stessi. 

Dioptasio Cu Hj Si O4. 

a = P = Y = iii°.42'. (100): (010) = 54'*-5'- 

Fig. 147 con il romboedro di i® ordine inverso s {III^, il rom- 
boedro di 30 ordine / l2lo| e il prisma esagono di 20 ordine a (ilo). 
Fenacite Be, Si O4. 

a = p = Y = 1080.1', (100): (010) = 630.28'. 

Fig. 148 con i romboedri di 30 ordine x (121), s |2oi|, il rom- 
boedro diretto r (ioo|, l'inverso d |iio), il prisma di 2° ordine a jlioj 
e quello di 1^ ordine m |3ii|. 



.*. 



• -«• 



Sistematica e simmetria 



IO! 



Ilmenite Fé Ti O3. 

a = P = Y = 850.8', (100): (010) = 94°.29'. 

Fig. 149 con il romboedro di io ordine diretto r jioo}, inverso 
5 (III), di 20 ordine n I131I e il pinacoide e jiiil. 

I cristalli di ilmenite sono molto simili a quelli di ematite e del 
corindone con le suddette costanti. Ma la loro analogia si ferma solo 
a questo carattere, non essendo la loro struttura cristallina la stessa, 
stante la loro diversa simmetria. 





Fig. 149. 



II» Classe trapezoedrico'irigonale. 

hsL forma generale è un trapezoedro (forma di 30 ordine) (fig. 113, 
pag. 91), avente sei facce, che sono: 

(hkl), (klh), iìhk) 

[hìk) (Ikh), (khì) trapezoedro destro; 

ovvero 

(khl), [hlk), (Ikh) 

(Jhi), (hJS), ij^h) trapezoedro sinistro. 

Risulta dalla fig. 113 messa in confronto con la fig. ni che gli 
elementi di simmetria sono: un asse di simmetria ternario e tre assi 
di simmetria binari ad esso perpendicolari e facenti fra loro 1200, 
La forma unitaria è o il pinacoide liii|, o il romboedro |iii|. 

Assegnando ad h, k, l valori speciali si ricavano le possibiH forme 
che sono le seguenti: 



■% 9 » • - • • 
• • •.'-te 



e 't 



• • • • 






I02 



■ • 



Capitolo quinto 



trapezoedri trigoni (forme di 30 ordine): 

\hkl\ destri (fig. 150), \khl\ sinistri (fig. 151); 

isosceloedri trigoni (forme di 2° ordine) : 

\hkl\ destri (fig. 152), \h}d\ sinistri (fig. 153); h •\- h ■\- l 



= 3*; 







Fig. 153. 



romboedri (forme di lo ordine) \hhl\ (fig.' 119, 120); 
prismi di tri goni (forme di 30 ordine) : 

\hhl\ destri (fig. 154), \khl\ sinistri (fig. 155); 

prismi trigoni jiio) (fig. 156) e liio| (fig. 157) (forme di 20 ord.).; 




tv 



Jt^: 




lì 



ìli 



Fig. 154. 




f» 



Fig. 155- 




Otf 



Fig. 156. 




fio 



w 



Fig. 157. 



prisma esagono (forma di i® ord.) {2ii| (fig. 123); 
pinacoide basale (iii| (fig. 154, 155)... 

Negli esempi seguenti è tralasciato il rapporto degli assi, che è 
a: ò:c=i:i:i. 



\ 



SisUtnaiica e siynmeiria 



103 



Cinnabvo HgS. 

a = p = Y = 92^-30'. (iio): (010) = S70.23'. 

Fìg. 158 con i romboedri inversi r^ {221), % I33X), prisma esagono 
9H {SII) e pinacoide {iii). 






Fig. 158. 



Fi«. 159. 



Fig. 160. 



Quarzo Sì O,. 

a = p = Y = 93^-56' Vt. (100) : (010) = 850.46'. 

I^g- 159 con i romboedri diretto r|ioo|, inverso r^ |22i| e il 
prisma esagono m |3ii). 





m 



m 



\m 




Fig. 161. 



Fig. 162. 



Fig. 160 con i due romboedri diretto f |ioo|, inverso f, (22l|. 

Fig. 161 con i romboedri diretto f jiooj, inverso fj J22I) e il 
prisma esagono m (2 1 1 1 . 

Fig. 162 con i romboedri diretto r jioo|. inverso fj (221) meno 
sviluppato del primo e il prisma esagono m {2ii). 



I04 



Capitolo quinto 



Fig. 163 con i romboedri diretto r liooj, inverso r^ {221}. isosce- 
loedro trigono s I412), trapezoedro destro .;r J4i2| e prisma esagono 
m |2ii|. 

H quarzo con trapezoedri destri si chiama destrorso. 





Fig. X63. 



Fig. 164. 



Fig. 164 con i romboedri diretto r jioo), inverso r^ {221J, iso- 
sceloedro trigono Si (421I, trapezoedro sinistro atj (421} e prisma esa- 
gono m |2ii). 

Il quarzo con trapezoedri sinistri si chiama sinistrorso. Destro 
e sinistro non sono che immagini speculari l'imo dell'altro;. si dicono 
cnantiomorfi. 



12* Classe piramidale-ditrigonale. 

I/a forma generale è una piramide ditrigona avente 6 facce (fig. 114, 
pag. 91), limitanti l'una o l'altra estremità del cristallo. Le 6 facce sono; 

{hkl), (khl), {klh), (hlk), (Ihk). (Ikh), positive, 
ovvero * "" 

(hkJ), (W), [Mh], {hU), [JU), (Jkh), negative. 

Dalla fig. 114 risulta che gli elementi di sinmietria sono quattro, 
Vasse di simmetria ternario A^A^ polare (fig. iii), e tre piani di sim^ 
metria giacenti in ^3 ^j e facenti fra loro l'angolo di 120®. Assegnando 
agli mdici h, k, l valori si>eciali, si ottengono le possibili forme, che 
sono le seguenti: 

Piramidi ditrigone (forme di 3° ordine) \hkl\ positive (fig. 165 
e 166). \hhl\ negative (fig. 165 e 166); 



Sistematica e simmetria 



105 



Piramidi esagone (forme di 20 ordine) \hkl\ positive (fig. 169 
e 170), \JiB\ negative: A 4- ^ ~|- / = 3 h.,.\ 

Piramidi trigone (forme di !<> ordine) \hhl\ positive (fig. 167 
e 168), \hhì\ negative (fig. 167 e 168); 

Prismi ditrigoni (forme di 30 ordine) \hkl\ e \hkl\: h -f /j-f-/=o 
(fig. 166); 

Prisma esagono (forma di 2® ordine) jiloj (fig. 170); 

Prismi trigoni (forme di i» ordine) |2ii) e j2ii| (fig. 168); 

Pedi basali (iii) positivo, (III) negativo. 



«»- 



V 



Fig. 165. 



1^. 





^.- 



I 
Fig, i66. 




'fi 

Fig. 168. 



Le forme unitarie sono i pedi (in), (III) ovvero le piramidi 
trigone |iii| e \iU\. 

Negli esempi che seguono non viene ripetuto il rapporto degli 
assi a:b: e == 1: 1: 1, 

Tormalina Al, H, ( 1/3 Al. . 14 ^Ig • ^/4 I^e . Na . Li) 330511,(8104)4. 



a = p = Y = ii3°-58', (100): (010) = 460.52'. 



io6 



Capìtolo quinto 



Fig. 171 con la piramide trigona (di 1° ordine) positiva diretta 
r {ioo|, la piramide trigona (di i« ordine) positiva inversa ^ |tii|, 
la piramide trigona (di 1° ordine) negativa diretta p jioo), la pira- 
mide trigona (di !« ordine) negativa inversa 8 |IIo|, il prisma esa- 
gono (di 2° ordine) a |iIo), il prisma trigono (di !<> ordine) m 12ii|. 

Pirargiriie Agj Sb S, o argento rosso cupo. 

a = P = 7 = 1040.1', (100): (010) = 710.22'. 

Fig. 172 con la piramide ditrigona (di 30 ordine) positiva < {130), 
la piramide ditrigona negativa a |234l, la piramide trigona (di i^ ord.) 
negativa p jloo}, il prisma esagono (di 2° ordine) a jrioj. 




^.- 



< 




A' 



-1 





PI 



Fig. 171. 




a 



Fig. 172. 




ProHstite Agg As S3 o argento rosso vivo. 

a = p = Y = io3**-32', (100): (010) = 720.12'. 

I cristalli di proustite sono molto analoghi a quelli della pirar- 
girite, nondimeno in quelli si riscontra sempre eguali terminazioni, 
che mancano spesso in questi ultimi. Si può tuttavia concludere 
dalle loro proprietà fisiche che proustite e pirargirite hanno la stessa 
struttura. 



Sistefnatica e simmetria 



107 



13* Classe piramidale-trigOTiale, 

La forma generale è una piramide trigona avente tre facce (fìg. 115, 
173, 174) limitanti Tuna o Taltra estremità del cristallo. Le tre facce 
sono: 

(hkP), (klh), (lhk)\ (destre 

ovvero / positive \ 

(khl), (hlk), (Ikh) ) ( sinistre 
ovvero 

(UJ), (Bh), Uhk) ì i destre 

o infine > negative \ 

(W), (hU), (Ikh) ) • { sinistre. 




Fig. 173. 



Fig. 175. 



Flg. 177. 





Da queste forme risulta che i cristalli appartenenti a questa 
classe baiano un solo elemento di simmetria, l'asse ternario A^A^ 



io8 Capitolo quinto 



(fig. Ili, pag. 91), />o/artf. Le fonue unitarie sono i i^edi (m), (IH). 
ovvero le piramidi trigone |lii|, jill|.... 

Dando ad h, k, l valori speciali si ottengono le possibili forme, 
che sonò le seguenti: 

Piramidi trigone (di 30 ordine): 
\hk1\ destre \khì\ sinistre, positive; 
\h^\ destre, \khl\ sinistre, negative; 

Piramidi trigone (di 2» ordine) h ^ k -\- 1 = "^ h, 3^, 3/: 
\hkì\ destre, \kh1\ sinistre, i)ositive; . 
\h]it\ destre, \kXl\ sinistre, negative; 

Piramidi trigo;ie (di i^ ordine): 

\hhl\ positive, \hìtl\ negative; ' 

Prismi trigoni (di 30 ordine), A -f A + / = o: 
\hkl\ destri, \hhl\ sinistri; 

Prismi trigoni (di 20 ordine): 
|iIo| destri. Ilio) sinistri; 

Prismi trigoni (di i® ordine): 
jii2| destri, |ii2| sinistri; 

Pedi basali (m) positivo, (iii) negativo. 

Nell'esempio seguente è soppresso il rapporto degli assi a:b: e = 
= 1:1:1. 

PerjodcUo di sodio Naj J2 Og + 6 aq. 

a = p = Y = 94®-9', (100) : (010) = 850.34'. 





Fig. 179. Fig. 180. 

Fig. 179 col pedio basale negativo e (ili), la piramide trigona 
(di 30 ordine) / I83IJ sinistra positiva, la i)iramide trigona (di lo ord.) 
positiva cjiiil, la piramide trigona positiva fondamentale r|ioo). 

Fig. 180 col pedio basale negativo e (III), la piramide trigona 
(di 30 ordine) positiva destra t^ JI83I, la i^iramide trigona positiva 
e (iil|, la piramide trigona positiva fondamentale y jioo). 



Sistematica e simmetria 109 



I^ due fìg. 179 e 180 sono immagini speculari Tuna dell'altra, 
l'una destrorsa, Taltra sinistrorsa. Si dicono enantiomorfe. Questa 
distinzione si fa anche alla stessa sostanza, secondo che cristallizzi 
nel verso destrorso o nel verso sùystrorso. , 

Osservazione al sistema trigonale. — La scelta delle facce fonda- 
mentali e della faccia unitaria in questo sistema è subordinata al 
carattere della simmetria, ossia le tre facce fondamentali devono es- 
sere inclinate verso Tasse ternario e la faccia unitaria ad esso perpen- 
dicolare senza riguardo al loro sviluppo massimo o no, e quindi senza 
riguardo alla struttura dei cristalli. Ciò contraddice alla legge di Hauy- 
Curie, ma non vi si può porre rimedio. Vi sono cristalli del trigonale 
nei quaH questa scelta delle facce fondamentali è perfettamente cor- 
retta; per altri invece la scelta dovrebbe propriamente cadere nelle 
facce di un prisma esagono di i» o di 2» ordine e del pinacoide ba- 
sale, tale essendo l'accrescimento di essi che con la loro struttura 
si collega. Fra siffatti cristalli potrebbero entrare il corindone (fig. 127), 
la tormalina (fig. 171), l'argento rosso e altri. Le nimierosissime figure 
del quarzo (fig. 161 -164) provano che anche il quarzo può entrare 
in questa serie, benché ne manchi la base jiii|. Questo inconve- 
niente è stato lamentato già nei precedenti sistemi, poiché a ciascuno 
di essi si addicono diverse strutture non rappresentabiU con pro- 
prio simboleggiamento. Si è creduto di girare le difficoltà assimi- 
lando le classi del sistema trigonale in tutto o in parte con quello del 
sistema esagonale. Ma così facendo si ottemie di appHcare gli stessi 
indici a facce che non hanno ne lo stesso sviluppo né lo stesso ac- 
crescimento perpendicolare, vale a dire si raggiunse un inconveniente 
doppio. 



V. Sistema dimetrico 

o sistema tetragonale. 

Carattere : 

a = p = Y = 90°; a: b: e = 1:1 : N2; 

perciò le costanti fondamentaU dei cristalU appartenenti a questo 
sistema si riducono semplicemente ad a : e = i : Nj. 

È facile rendersi ragione che l'accrescimento perpendicolare di 
ima faccia generale (hkl) A' B' C (fig. 183) è lo stesso come quello 
della faccia (khl) A^ B^ C avente la stessa area e gU stessi mdid; 



ed esso perdo si ripete in i6 facce aventi gli stessi indici, come nella 
fig. 183, che sono: 




/< 




[\ 


■^ 


\ 


/ 






\ 


»„ 






\ 

1 


k 


1. 




"-^2^ 


Vi- 


^ 





(hkì). {khi], Hi!), {m). (Aw). mi). (>M0. (VU). 

{Akl). iai). lAkl), [ihl], (/i^7), {kU). (hkì), {khJ). 




Fig, 183. Fig. 1B4. 

11 massimo numero di facce, alle quali può competere lo stesso 
carattere fisico è dunque 16, sopra indicate; esse, quando sono di 
carattere fisico eguale, costituiscono una forma che prende il nome 

di bipiramide diletragona, fig. 183. 



Sis/etnafiea e sinimetria iii 

Ma le facce di carattere fisico eguale si possono ridurre alla 
metà o alla quarta parte. Le ifacce dello stesso carattere fisico in 
numero di 8 possono essere disposte come nella fig. 184, cioè formare 
un trapezoedro Utragono, o come nella fig. 185, e formare una bipira- 
tnidt tetragona, o come nella fig, 186. e formare una piramide dite- 
tragona, o infine come nella fig. 188 cioè formare uno scalenoedro 
tetragono. Se le facce di carattere fisico si riducono a quattro, esse 
formano o una piramide tetragona come nella fig. 187. ov\-ero un 
bisjenoide tetragono come nella fig. 189 e fig. 227, 228, pag. 125. 

Da qui segue che nel sistema dimetrico sono possibili sette classi, 
le quali si sogliono distinguere in due gruppi, cioè: 

i" gruppo: Classe bipiratnidale diteiragonaie, trapezoedrica te- 
tragonale, bipzramidale tetragonale, piramidale diteiragonaie, pira~ 
tnidale tetragonale: 

ì° gruppo: Classe scalenoedrico-tetragonale. bisjenoidale te- 
tragonale. 



Fit- ì«i- Fig. 1S6. Pig. iS;. 

Le forme indicate nelle fig. 183, 184, 1S5, 1S6 e 187 entrano 
in posuione di ricoprimento con una rotazione di 90", e non meno, 
attorno alla retta A, ^j ; onde le cinque classi appartenenti al i" 
gruppo hanno un asse i-rio di simmetria. Le forme indicate nelle 
fig. 188 e 189 non sì portano, con una semplice rotazione di 90", 
in posizione, di ricoprimento, ma con rotazione di 90°, e non meno, 
attorno ad Aj_ unitamente' ad ima riflessione simultanea nel piano 
ad esso normale; onde le due classi appartenenti al 2° gruppo 



baimo un asse 4-i'to speculare. Le dette due operazioni simultanee, 
rotazione e riflessione, si conoscono come una inversione ^-na, es> 
sendo il centro una inversione 2-ria. L'asse 4-rio si chiama asse 
principale del cristallo. 



Fig. les. Fig. 189. 

Pei la comprensione e la classificazione delle forme appartenenti 
a questo sistema a sogliono distinguere le facce, zone e fonne in 
ordini. 

Ogni zona in (001) fig. 181, contenente ima delle facce (ili), 
(m). (I")i (II') ^"ii 1" ordine. Esse haimo per simboli [no] e [no]. 

Facce contenenti una zona di i" ordine sono di i" ord. Cosi 

(hhl). {k&!). ihhi). (ihl) 

Zone di 2° ordine sono le zone fondamentali joo] e Toio]. 

Facce di 2" ordiuc sono contenute in zone di 2" ordine ed hanno 
per sìmlwli (Ao/), (oW), (ìj/) 

Zone che non siano né di i» né di 2" ordine si dicono di 3" or- 
dine, l'acce contenute in zone di 3" ordine sono di 3" orduie. Forme 
di i", 2" o 3° ord. sono costituite da facce rispettivamente di eguale 
ordine. 

È facile vedere che ogni zona ad indici semplici perpendico- 
lare all'asse principale trae seco la faccia ad essa perpendicolare 
avente parimenti indici semplici. Infatti la zona [Aio] è perpendi- 
colare alla faccia lihó). 



Sistematica e simmetria 



113 



I Gruppo 
ad asse di simmetria 4-rio. 

14* Classe bipiramidale ditetragonale. 

La forma generale è una bipiramide ditetragona, fig. 183, con 
le 16 facce 

(hkl), (hkl), (W), [W), (khl). {khl), (khl), m). 
(*^), (hkì), (hkJ), (hkJ), (khJ), [khl) (khl), (khì)) 

le quali vanno in posizione di ricoprimento oltre che come effetto 
di una rotazione di 90^ e non meno, attorno all'asse A^A^ (che è apo- 
lare) fig. 183, ancora con rotazione di i8o<>. enon meno, attorno ad 
imo dei 4 assi A2, A^, A-^ e A^ che perciò sono assi di simmetria 
2-ri, due a due equivalenti, perpendicolari ad A^, fig. 190, e orto- 
gonali fra loro. Inoltre i cristalli di questa classe sono simmetrici 
per rispetto a piani di simmetria perpendicolari rispettivamente 
agli assi binari. Complessivamente gli elementi di simmetria sono 
II, vale a dire: un asse ^-rio, due + due assi 2-ri di I e II ord., 
due + due piani di simmetria di II e I ord. rispettivamente ad 
essi perpendicolari, un piano di simmetria perpendicolare all'asse 
4-rio e il centro d'inversione. 



<r s^N 



- — r 



< 



< 
i 

f 
/ 



"^X 



^x 



Vj' 



\ 







Fig. 190. 



Fig. 191. 



Fig. 192. 



Assegnando ad A, k, l valori spedaH, si ottengono le seguenti 
forme possibili: 

8. — e. Viola. 



114 



Capitolo quinio 



bi piramidi di tetragone 
» tetragone 

» tetragone 

prismi ditetragoni 
prisma tetragono 
» tetragono 



forme di III ord.) \hkl\, fig. 193, 183, 

» II » ) \hol\, » i«92, 

» I-. » ) \hhl\, 

» » III » ) \hko\, 

» » II » ) jiool. 



» 






191, 
196, 

195» 
194. 



» » I » ) |iio), 

pinacoide basale {coi), fig. 194, 195, 196. 

La forma miitaria è la bipiramide tetragona di I ord. |iii|. 





Fig. 193. 



Esempi : 




■-• -.j»v 



M.o 




Fig. 194. 



001' 



ì : 
: 100: 



Oi 



Top 




.... fiiC 



iOO 



Fig. 195 



Stagno Sn. 

a: e = 1 : 0,3857 

I^ig- ^97 con il prisma tetragono di I ord. nt |iio|, il prisma te- 
tragono di II ord. a Iioo|, la bipiramide tetragona di I ord. unitaria 
s |iii| e la bipiramide tetragona di II ord. e jioi). 

Ioduro vier carico Hgjj. 

a: e == 1 : 2,008 

con forme varie, fra le quali prevalgono |ioo|, {00 il, |iii|, {ii2|. 

Zircone SiZrO^. 

a: e = 1 : 0,6391. 



Sistetnaiica e simmetria 



"5 



Fig. 198 con la bipiramide tetragona di I ord. s|iii| e il prisma 
tetragono di I ord. m|iiol. 





230 



Fig. 196. 




Fig. 197. 



Fig. 199 con la bipiramide tetragona di I ord. 5(iii| e il prisma 
tetragono di II ord. a{ioo|. 




m 



PI 






Fig. 198. 



Fig. 199. 



Fig. 199 «. 



Rutilo TiO, 



a. e = 1 : 0,6441 



Fig. 199 a con la bipiramide tetragona di I ord. z\iii\ e il 
prisma tetragono di I ord. m|iio|. 

Fig. 200 con la bipiramide tetragona di I ord. sjiii), la bipi- 
ramide tetragona di II ord. ^(loij, il prisma tetragono di I ord. 
mjiio) e il prisma tetragono di II ord. a(ioo) 



ii6 



Capitolo quinto 



I cristalli di rutilo sono molto vicini a quelli dello zircone e della 
cassi teri te. 




Fig. 200. 



Fìg. 201. 



Fig. 202. 



Cassiterite SnO». 



a: e = 1: 0,6723. 



Fig. 201 con la bipiramide tetragona di I ord. 5|iiil, la bipi- 
ramide tetragona di II ord. <?{ioi), il prisma tetragono di I ord. 
tM|iio| e il prisma tetragono di II ord. a{ioo| come nei cristalli di 
rutilo. 



Polianite MnO, 



a: e = 1 : 0,6647. 



Fig. 202 con la bipiramide tetragona di I ord. sjiii|, la bipi- 
ramide tetragona di II ord. fjioi), il prisma ditetragono /|3ioj, 
e il prisma tetragono di I ord. w|iio|. 



Anatasio od ottaedrite TiO.^. 



a: e = 1 : 1,7771. 

Fig. 203 con la bipiramide tetragona di I ord. ojiii) e il pina- 
coide basale c(ooi}. 



15* Classe trapezoedrica tetragonale. 



La forma generale è un trapezoedro tetragono con 8 facce, fig. 1 84 , 
204, 205, i cui simboli sono: 

[hkl). (kil), [khl), {hkl)ì , ^ , « 



SisUtmUica e siimnetria 



117 



o\'^'ero 



{khi), (hki), (hki), (Hi) 
(hkJ), (kff), (khì), (hS) 



? trapezoedro sinistro fig. 205 





4. 



^: 



• 



hA, 



Vi' 



'^, 



Fig. 306. 



I due trapezoedri, destro e sinistro, sono immagini speculari 
l'imo dell'altro ossia sono enantiomorfì. Da questa disposizione delle 
facce eguaU risulta che i cristalli non possono essere simmetrici per 
rispetto a piani. I loro elementi di simmetria sono un asse 4-rio 
apolare A^, due -f due assi i-ri come nella fig. 206, A^', A^, A^, A^ 
situati come nella precedente classe. 

Dando a A, k, l tutti i valori speciali, si ottengono le possibili 
forme, che sono: 

trapezoedri (forme di III ord.) destri \hkl\, sinistri \khl\ fig. 204 e 205, 
i bipiramidi tetragone (di II ord.) |Ao/|, fig. 192, 
\ bipiramidi tetragone (di I ord.) \hhl\, fig. 191, 

prismi ditetragoni (di III ord.) \hko\, fig. 196, 

(di II ord.) |ioo|, fig. 195. 
(di I ord.) |iio|, fig. 194, 

|ooi|, fig. 194, 195, 196. 

La forma imitarla è la bipiramide tetragona di I ord. |iii|. 
Esempi: 

Solfato di nichelio NÌSO4 + ^^4- ' '''' ' ' 

a. e = 1 : 1,9119. 

Fig. 207 con le bipiramidi tetra- 
gone di I ord. o)|ii2l e ^'liiil e il 
pinacoide basale c\ooi\. 

Fig. 207. 



prisma tetragono 
prisma tetragono 

pinacoide basale 




Il8 



Capitolo quinto 



i6* Classe bipiramidale tetragonale. 



La forma generale è una bipiramide tetragona di III ordine 
fig. 185, 208, f omini di 8 facce, quattro ad ogni estremità, i cui sim- 
boli sono per la bipiramide positiva 

(hkl), (hkl). (hkl), (hk£). (hkJ), (hkì), (hkì). (hJS), 

ovvero 

(khl), (khl), (Jthl), (MI), (khl), (kO). (UT), (khì) 

per la negativa. Oltre l'asse di simmetria ^-rio monovaleìite non vi 
sono che il piano di simmetria ad esso perpendicolare e il centro di 
inversione come nella fig. 185. 

Assegnando bl h, k, l valori speciali si ottengono tutte le possibib' 
forme, vale a dire le tre specie seguenti : 

00 f N 




\J 



i!"i)T 




X 






1 


Fig. 208. 






Fig. ao9. 


bipiramidi tetragone 


; di III ordine 


positive \hkl\ fig. 208, 


» » 


di III 


» 


negative \khl\, 


» » 


di II 


» 


\hol\, fig. 192, 


» » 


di I 


» 


{hhl\ » 191, 


prismi tetragoni 


di ìn- 


» 


positivi \hko\, fig. 209, 


» » 


di III 


» 


negativi \kho], 


prisma tetragono 


di II 


» 


jiool fig. 195. 


» )j 


di I 


» 


jiio|, ^ 194. 



pinacoide basale jooi| fig. 194, 195, 196, 209. 



Sistematica e simmetria 



119 



La forma unitaria è la bipiramide tetragona di I ord. t^ii) 
Esempi : 
Schellite QaWO^. 

a:c = i: 1,5339. 

Fig. 210 con le bipiramidi tetragone di 
III ord. A{3i3|, 5|i3i|, la bipiramide tetragona 
di II ordine ^jioij e la bipiramide di I ord. 
o|iii|. 

Anche la powelliie CaMo04 cristallizza in 
questa classe; la sua costante a: e = i : 1,5457 
è assai vicina a quella della Scheilite. 

Diversi composti chimici analoghi quali 
SrMoO^. SrW04, BaMo04, BaW04. aventi le 
costanti rispettivamente 

a: e = i: 1,5738, 1:1,5582, 1:1.6232 e 1:1,6046, 

molto \'icine, cristalHzzano come la Schellite, dando anche cristalli 
misti. 




Fig. 210. 



17* Classe piramidale ditetragonale. 

La forma generale è una piramide ditetragona avente 8 facce 
come nella fig. 186, i cui simboli sono: 



\ 




:JMr 



OOT 



A 



\ 



\5' 



Fig. 211. 




Fig. 2x2. 



Khkl), {hkl), ihkl), (Ul), (khl), (khl), (khl), (W) positiva 
{hkì), (hld), (hkl). {hJ^, (khJ). (khJ), (khl), (MI) negativa. 



I20 



Carolo quinto 



Piramidi tetragone si ottengono dando ad A e A valori speciali. 
Le forme piramidali e basali limitano Tima e l'altra estremità del 
cristallo. 

Oltre Vasse di simmetria ^-rio bivalente vi sono dite -\- due piani 
di simmetria in esso giacenti, due a due equivalenti e ortogonali 
fra loro, come dimostra la fig. i86, pag. in. I cristalli sono emi- 
niorfi; l'asse 4-rio è polare. 

Le forme possibili sono : 



piramidi ditetragone 
» » 

» tetragone 



prismi ditetragoni 
prisma tetragono 



forme di III ordine) positive jA*/|,fig. 212 



» 
» 



di III » ) negative |AA7|, 

di II » ) positive |Ao/|,fig. 214 

di II » ) negative \hoì\, 

di I » ) positive |AA/),fig. 213 

di I » ) negative {hhJ\, 

di III » ) \hko\ fig. 196, 

di II » ) |ioo| p 195, 

di" I » ) jiiol » 194, 

pedi basali positivo (001), negativo (coi), fig. 212, 213, 214. 

La forma unitaria è la piramide tetragona di I ord. |iii| posi- * 
tiva o jilll negativa. 




oot 



001 






Fig. 215. 



Fig. ti3 Fig. 214. 

Esempio. 

Fluoruro d'argento AgF + aq. 

a\ e — 1 : 1,1 366. 

Fig. 215 con le piramidi tetragone di I ord. positive ojiii). 
o,|ii2| e la piramide tetragona di I ord. negativa (o|iiX|. 



SisUfPMtica e simmetria I2T 



i8* Classe piramidale tetragonale. 

La forma generale è una piramide tetragona di III ord. consi- 
stente di quattro facce che limita l'una o l'altra estremità del cri- 
stallo nella direzione dell'asse 4-rio. he quattro facce sono : 



ovvero 



o infine 



(hkl), (khl), (khl), (Uì) destra positiva. 



(hil), (W),. (hkl) (khl) siiùstra positiva. 



(hkì), (kU), (JkhJ), (UJ) destra negativa 



(hS), (khJ), (hkì), (khJ) sinistra negativa. 



Forme destre e sinistre sono immagini speculari le une delle 
altre, ossia enantiomorfe come nella fig. 187, pag. iii. 

La presenza di queste piramidi tetragone dimostra che il cri- 
stallo appartenente a questa classe ha tm solo elemento di simmetria, 
l'asse 4'rio polare. La forma unitaria è la piramide tetragona di I ord. 
(iii|, o lini. 

Le forme possibili in questa classe sono di 3 specie : 

piramidi 4:etrag. di III ord. \hkl\ destre, \khl\ sin. positive, fi- 
gura 208 sotto 

» » di III » {hkl\ » j^A/|sin.neg. fig. 208 sotto 

» » di II » \hol\ positive(Ao7|negative, fig. 214 

» » di I » \hhl\ positive |/j/iJj negative fig. 213 

prismi tetrag. di III » \hko\ destri \hko\ iSinistri fig. 209. 
prisma tetrag. di II » 1 100 1 fig. 195, 
» » di I » |i io) fig. 194, 

pedi basali (001) positivo, (coi) negativo, fig. 212, 213, 214. 

Esempi. 

Wulfenite Pb Mo O4. 

a:c = i: i,5777- 

Fig. 216 con il prisma tetragono di III ord. destro p\43o\, le 
piramidi tetragone" di I ord. positiva o|iii|, negativa co | ITI); 

Fig. 217 con il prisma tetragono di III ord. destro /?|43o|, le 



122 



Capitolo quinto 



piramidi tetragone di I ord. positiva o)iii| superiore, (?|IIT| nega- 
tiva inferiore, il pedio positivo (ooi), negativo (ool). 

Fig. 218 con le piramidi tetragone di III ord. negative 0I31IÌ, 
;r|432), la piramide tetragona di II ord. negativa eliolj e le piramidi 
tetragone di I ord. positiva o|iii|, negativa coliiI|. 






Fig. 216. 



Fig. 217. 



Fig. a 18. 



Siolzite l'bWO^. 



a\c = 1 : 1,5606. 



I cristalli di stolzite sono vicinissimi ai cristalli di wulfenite, 
nonché le loro costanti. 

Si ha anzi una serie di molibdati e di tungstati che cristalliz- 
zano nel dimetrico, le cui costanti sono \'icinissime, ma non è escluso 
che alcuni cristallizzino nella classe bipiramidale tetragonale, altri 
nella classe piramidale tetragonale. Tale serie è 

MoOiCa, a\c = i : 1,5457, W04Ca, a: e = i : 1,5268, 

Sr, ^ 1,5738. Sr, 1.5582 

Ba, 1,6232, Ba, 1,6046 

Pb, 1.5777. Pb 1.5606. 



II Gruppo 
ad asse d'inversione 4-rio. 

19» Classe scalenoedrico-tetragonale. 

La forma generale è uno scalenoedro tetragono costituito di 8 
facce, i cui simboli sono: 



[hkl), (khl), (hkl), (khl), (hkJ). (khJ), (hkl), (khJ) positivo. 



Sistematica e simmetria 



123 



ov\'ero 



[hU), {khl), (hkl), (khl), (hkì), (kkl). {hkl), (khl) negativo. 

rappresentati, l'uno nella fig. 220, l'altro nella fig. 221. 

Da queste forme generali risulta che oltre l'asse d'inversione 






Fig. 219. 



Fig. 220. 



Fig. 221. 



4-rìo A*_ fig. 219, vi sono due assi z-ri di simmetria, A^, A^, ortogo- 
nali ed equivalenti fra loro e perpendicolari all'asse principale, con 
due piani di simmetria S, S, ortogonali ed equivalenti fra loro, gia- 
centi nell'asse principale ed inclinati su essi di 45°. L'asse d'inver- 
sione è apolare (monovalente). La forma unitaria è il bisfenoide 
(di I ord.) jnij ovvero |ilil. 

Le forme possibili che si ottengono dando agU indici h, k, l valori 
speciali sono le seguenti: 





Fig. 222. 



Fig. 223. 



Scalenoedri tetragoni positivi \hkl\, fig. 220, 

» » negativi \h]kl\, » 221, 

bisfenoidi tetragoni (I ord.) positivi \hhl\. » 222, 

» » negativi \hhl\, » 223, 



124 



Capitolo quinto 



\hol\, fig. 192, 
\hko\ » 196, 
|ioo|, » 
jiioj. » 



195» 
194. 



bipiramidi tetragone ( II ord.) 
prismi ditetragoni (III ord.) 
prisma tetragono ( II ord.) 
prisma tetragono ( I ord.) 
pinacoide basale {ooi|, fig. 194. 

La forma unitaria è il bisfenoide tetragono di I ord. |iiij, ov- 
vero jilij. 

Bsempi. 

Calcopirite FeCuSj. 

a: e = 1 : 0,9856. 

Fig. 224 con i bisfenoidi tetragoni o|iii| destro, Ci)|ili| sinistro 
Vedi anche la fig. 408 con la bipiramide tetragona di II ord. ^{o2il. 




Fig. 224. 




Fig. 225. 



Fosfato acido potassico KH2PO4. 

a: e = 1 : 0,9391. 

Fig. 225 con la bipiramide tetragona di II ord. p\ioi\ e il prisma 
tetragono di II ord. a|ioo|. 



20* Classe bisjenoidale'tetr agonale. 

I<a forma generale è un bisfenoide tetragono limitato da 4 facce 
che sono: 



(hkl), [hkl), (Ut), (khl) destro, 

[khl), [Hi), (hJkì), [hkl) smistro, 

{hU), (hkl), (khl), [khl] sinistro, 

[khJ), (khl), [hkl), {hkl) destro, 



positivi 
negativi 



Sistematica e simmetria 



125 



da cui risulta essere il cristallo fornito di un solo elemento di sim- 
metria cioè \asse d'inversione ^-rio apolare. 





I/e forme possibili in 
tetragoni, prismi tetragoni 

bisfenoidi tetragoni (III 

» » (III 

» » ( II 

» » ( I 

(III 

( n 

('I 

pinacoide basale |ooi) fìg. 
La forma unitaria è 
JiTi|. 



prismi tetragoni 
prisma tetragono 



questa classe sono di tre specie, bisfenoidi 
e il pinacoide basale, cioè: 

ord.) \hkl\ e \khl\ positivi fig. 227, 

» ) \kJU\ e \hil\ negativi, 

ord.) \hol\ destri \ohl\ sinistri fig. 228, 

» ) \hhl\ destri \hhl\ sinistri fig. 226, 

» ) \hko\ destri \kho\ sinistri fig. 209, 
» ) lioo| fig. 195 
» ) (noi » 194 

194. 195» 196 

il bisfenoide tetragono di I ord. |iii| o 





Fis:. 228. 



Non si conoscono sostanze che cristallizzano in questa classe. 
Nella fig. 229 è effigiata una combinazione di tre bisfenoidi 
tetragoni di III ord. 5I121I, di II ord. ^|ioi|, di I ord. o|iii|. 



126 



Capitolo quinto 



VI. Sistema esafooale. 

Carattere. 

a = (3 = S = 900, Y = 1 20», a:b:d:c = 1:1:1: N. 




Fig. 230. 

L'angolo S deriva dai primi due. Il parametro d è conseguenza 
di a e ò, come è rappresentato nelle fig. 230, 231. Il carattere di questo 
sistema può essere tradotto nel seguente modo: le tre facce fonda- 
mentali parallele a z, determinanti x, y, t facenti fra di loro 120® sono 
di densità superficiale eguale, e per ciò dotate di eguale accrescimento 
perpendicolare e di eguale sviluppo. I tre spigoli x, y, t perpendi- 
colari a z sono perciò equivalenti fra loro, siccliè per individuare 
una faccia si presenta la convenienza e necessità di riferirla a quattro 
assi o spigoli fondamentali x, y, t, z. La faccia imitarla, ABC nella 
fig. 230, parallela a /, sega su x,y, z tre parametri nel rapporto a : 5 :<? ; 
altrettanto fa la faccia unitaria A D C, parallela ad y, s\iT, y, z ecc. 
Vi sono 12 facce analoghe di eguale accrescimento e sviluppo che 
hanno gh stessi parametri fondamentali, e sono tutte f accie uni- 
tarie. Per la definizione degli indici (12) si procede nel modo se- 
guente. I parametri di una faccia data A* J5' D* C\ fig. 230, siano 
a': h'\d'\ c\ e quelH fondamentaU in valore assoluto a: a: a: e dati 
dalla forma unitaria. Gli indici stessi h, k, f. / sono determinati 
dai rapporti seguenti: 



h\ k:t:l = —7 
a 



a 
V 



a 



SistemaHca e simmetria 



127 



# 

Uno dei primi tre indici ha segno contrarìo a quello degli altri 
due, come apparisce nella fig. 230. 





Fig. 231. Fig. 232. 

Utilizzando la relazione 11), pag. 29. 

mh -{• nk -\- pi = o, 11) 

ove m, n, p sono tre numeri da determinarsi, e A, A, x. gli indici della 
faccia, ricaviamo una relazione semplicissima lineare fra h, k, t. 
Infatti la faccia unitaria parallela ad y ha per indici h: k: t = i : o : 1 
e perciò la 11) dà 

m = p; 

la faccia parallela a / ha per indici h: k: t = i : I : o epperò 

m = n, 

ossia m — n = p, e la, 11) si riduce semplicemente a 

h ~\- k -r t == o. 

Per la comprensione delle forme si sogliono distinguere le forme, 
zone e spigoli in ordini. 

Le facce unitarie 

(noi), (loii), (ohi), (tioi), (ioti), (om), 

e le loro opposte si chiamano di I ordine, come sono di I ord. gli spigoli 
o zone X, y, t, z ad esse rispettivamente paralleli, due a due. Facce 
parallele rispettivamente ai detti spigoU sono di I ord. e i loro sim- 
boli sono in generale (hhol), (hohl), (ohJtl) ecc. Spigoli o zone perpendi- 
colari rispettivamente agli spigoli o zone di I ord. e a ^ sono di II 



iiS Capitolo quinto 

ord.. come è rappresentato nella fig. 232. Facce contenute rispettiva- 
mente in zone di II sono dì II ord., e i loro simboli sono (AA.2JI./), 
{h.2h.hl). {ìhkhl) ecc. Le facce di II ord. (iiai). (mi), (sui) si 
dicono anche facce unitarie, poiché detenninano direttamente i pa- 
rametri fondamentali a: a; a; e. Spigoli o zone né di I né di II ord. 
sono di III ord. Forme contenenti zone di I, II, o III ord. sono di 
ordine rispettivamente analogo. 

Una faccia generale qualsiasi [hktl) richiama complessivamente 
24 facce aventi gli stessi indici (salvo l'ordine e il segno), lo stesso 
accrescimento e lo stesso s%'iluppo. ItO stesso carattere fisico nou 
può presentarsi perciò in più di 24 facce; esse sono: 

{hktl). {htkl). [ìhhl). {hktl). [hlhl). [tkhì), 
(Wl). (Alio, ii^l). (W'O, 'A'^lì- ('MO. 
e te loro opposte, come dà la fig. 233. 

Una forma di 24 facce è la bipiratiiide diesagona \hktl\. 



Fig. 53J. Pig. «M- 

Lo stesso carattere fisico può limitarsi a 12 facce soltanto in 
4 modi : o come nella fig. 234 formando un trapezoedro esagono, o 
come nella fig, 235 formando una bipiramide esagona, ovvero come 
nella tig. 236 formando una piramide diesagona o infine come nella 
fig. 238 formando una bipiramide ditrigona. 

Uno stesso carattere fisico limitato a sole delle 24 facce so- 
pradette, trae seco o una piramide esagona come nella fig. 237 o 



Sisifrnaiica e itmmeiria 139 

ima bipiratnide trigona come nella fig. 339. È facile dimostrare che 
altre combinazioni non sono possibili uè si verìficimo in natura, 
onde risulta che solamente 7 clpasi sono ammissìbili nel sistema esa- 
gonale, vale a dire 

i" Gruppo: Classe bipiramidaie diesagonale. trapezoedrUo- 
esagoiiaU. bipiramidale esagonale, piramidale diesagonale, piramidale 
esagonale: 



Flf. «35. Fig. 136. Fij. jjj. 

j" Gruppo: bipiramidale dilrigonale , bipiramidale trigonale. 

I,e forme indicate nelle fig. 233. 234, 235. 23O e 23; entrano 
in posi/,ione di ricoprimento con una rota/ione di Oo", e non meno, 
attorno all'asse A^ A^. onde questo è asse di simmetria d-tio per le 
cinciue classi dì cristalli appartenenti al i" gruppo; le forme indicate 
nelle fig. 231* e i^<) dimostrano invece che Tasse A^A^ è di simmetria 
yrio. i.'asse ó-rio o 3-rio si chiama asse principale del cristallo. 

Due facce {hklo) e {k'k'ì'o) appartenenti alla zona j sono perpen- 
dicolari fra di loro, se due dei loro primi tre indici soddisfano alla 
relazione 

h h' h h- 



facilmente dimostrabile. Da ciò si conclude che ogni faccia della 
zona 3 trae seco una zona ad essa normale, aventi entrambe indici 
semplici. 

9 - C. Viola. 



Negli esempi seguenti le costanti for.damer.tali saranno espresse 
semplice niente dal rapix>rto a: e =--- i:N intendendo che rU angoli 
fondamentali sono senz'altro dati. 



Classe hi pitamidak-dif sagonale. 



I,a forma generale è una biptr. 




{hkìl). (kìht), lìhkl). \kl.li). (htki). itkhl), 
{Uil). [iiil], (/«/), il*./), ihii'-ì. {iiii) 

e le loro opposte. !,:.' bipiramidi diesa- 
gone dimostrano che oltre l'osse di 
simiiieiri'i i>-rio apnìnTc vi sono ancora 
i seguenti elementi dì simmetria: 
3 -I- 3 assi Inmiri A^ A^'... perpendi- 
colari ad .-1, .Ift, 3 a 3 equivalenti e 
facenti 30" fra di loro, apolari, 
3 -.- 3 piani di simmetria s ed s' con- 
tenuti in ; e rispettivamente negli 
assi binari, 3 a 3 ec|uivalenti. 



Sùtetnatica e simmetria 131 

1 piano di simmetrin a contenente tutti gli assi binati, 
il centro di inversione. 

(jiieati- 15 elementi di simmetria sono rappresentati schemati- 
camente nella fig. no. 

Assegnando agli indici h. fi, 1, l valori speciali si ottengono le 
seguenti forme possibili : 




Ibipiramidi di esagone 
.1 esagoiie 

esagone 

Ì prismi diesa^oni 
prisma esagono 
I' esagono 



;forme di JII ord.) \hktl\ i 
di II . ) \lih.2h.H 
di I > ) \hhol\ 

di III <■ ) [hktoì 
di II » ) liiaot 
di I » ) (iloo! 





1 


i 


i 



- Fig. 247 t 
„ 248 < 



n due bipiramidi esagone di I e II ord., 
ti due bipirami<^ esagone dello stesso ord.. 



132 



Capitolo quinto 



Pig. 249 con lina bipiramide esagona di I ord. e una di II ord., 
» 250 con una bipiramide esagona e un prisma esagono dello 
stesso ordine, 






Fig. 247. 



Fig. 248. 



Fìg. 249. 



Fig. 251 con'due bipiramidi esagoiie di ordine diverso, 
» 252 con una bipiramide e un prisma esagoni di ord. diverso. 
La forma unitaria è la bipiramide esagona di I ord. jiloij. 




Fìg. 250. 



Fig. 251. 



Fig. 252. 



Esempi. 
Berillio Be. 



a: e = 1 : 1,5802. 



Sistematica e simmetria 



133 



I^& 253 con la bipiramide esagona di I ord. /?|ioii|, i prismi 
esagoni di I ord. w|ioIo| e di II ord. a|ii5oj e il pinacoide basale 
c{oooij. • 



Magnesio Mg. 



a: e = 1 : 1,6242. 



Fig. 254 con la bipiramide di I ord. p{ioli}, il prisma esagono 
di I ord. wt|ioioj e il pinacoide basale c|oooi). 



Zinco Zn, 



a:c =^ i\ 2,035. 



I cristalli di zinco sono di solito piccolissimi ma decisamente 
analoghi a quelli di berillio e di magnesio. 





Fig. 254. 




m 



m 



m 




Fig. 253. 



Fig. 255. 



Berillo .41^Be3(vSi,03)e. 

a. e — 1 : 0,4989. 

Fig- '^lib con le bipiramidi esagone di II ord. ojii22|, 5jii2i|, 
la bipiramide esagona di I ord. pjioiij, il prisma esagono di I ord. 
>n|i6xo| e il pinacoide basale cjoooi). 

22* Classe trapezoedrico-esagonale. 

ha forma generale è un trapezoedro esagono (forma di III ordine) 
destro o sinistro con le 12 facce seguenti, fig. 234, pag. 128: 

(hktl), ihikl), (ihkl), (hkil), [hik), (ihkl), 
(khiJ), [kitt), (ihkì), ikhtl), {kthl), (MI) destro 



134 



Capitolo quinto 



ovvero 

(Ató), {klhl), (ikhl), (khil), {Uh!), (ilhl), 

{UH), {hiH). {ihS), {khii), (kiW). {iiXl) sinistro. 

Destro e sinistro con gli stessi indici sono immagini speculari 
l'uno dell'altro, ossia enantiomorfi. 

Queste forme generali dimostrano che i cristalli appartenenti 
a questa classe hanno i seguenti 7 elementi di simmetria: 

I asse di simmetria ò-rio .apolare A^ fig. 236, 
3 + 3 assi di simmetria z-ri apolari A^.^ A^\.. 





Fig. 256. 



Fig. 257. 




lye forme possibili sono: 

trapezoedri esagoni (III ord.) \hktl\ destri fig. 257, 
» » (III ord.) \khil\ sinistri » 258, 

bipiramidi esagone di II ord. \hh.2hl\, fig. 242, 
» esagone di I ord. \hhol\, » 243, 

prismi diesagoni (III ord.) \hkto\, » 244, 

prisma esagono di II ord. (ii2o(, » 243, 

» » di I ord. (ilooj, » 24O 

pinacoide basale (0001 (, fig. 244, 243. 246. 

La forma unitaria è la bipiramide esagona di I ord. jiioij. 

Esempi. 

Tartrato baritico antimonile con nitrato potassico [C^Yi^O^,^, 
(vSbO£)BaKX03. 

a. e — \: 3,029. 






Sistematica e simmetria 



135 



Fig. 259 con la bipiramide esagona di I ord. plioiij, il prisma 
esagono di I ord. w(ioXot, e il pinacoide basale 
^{0001). 

Tarirato plumbico antimonile con nitrato po- 
tassico (C^HjOg), (SbOaìPb.KNO,. 

a:c =r i\ 3,5927. 

I cristalli di questo composto sono analoghi a 
quelli del c(Mnposto precedente. Anche le loro co- 
stanti fisiche si avvicinano molto fra di loro. 

% 




23* Classe bipiramidale-esagonale . 

La figura generale è una bipiramide esagona (forma di III ord.) 
con le seguenti 12 facce, fig. 235: 

[hhti), (kthl), [thkl), {hk'l). [Mi), (ihk'), 

{hkiJ], (kiM), (iUh, (hkiì), {kthl), (MI) positiva 
o 

(kktl); [htkl), [ikhl), (Jkhii), (hik'), (ikhl), 

{iiiì), [ihkh, [iW], (khtì), (htkJ). [tkhì) negativa 

le quali dimostrano che gli elementi di simmetria si riducono ai 
seguenti : 









Fig 260. 



Fig. 261. 



Fig. 262. 



136 



Capitolo quinto 



un asse di simmetria 6-rio apolare, 

un piano di simmetria ad esso perpendicolare, 

il centro d'inversione. 

Dando ad A, k, i, l valori speciali, si ottengono le seguenti forme 
possibili : 

bipiramidi esagone di III prd. \hktl\ positive, fig. 235, 

» \khtl\ negative, » 262, 
» \hh.2h.l\ fig. 261, 

» \hhol\ » 260, 

« 

» \hkio\, analogo a fig. 262 
» jii2o| analogo a fig. 261 
» [ilocj analogo a fig. 260 

pinacoide basale |oooi|, fig. 245, 246, 247. 

La forma miitaria è la bipiramide esagona di I ord. {iloi|. 

^^ Esempi. 

Apatite [PO^JaFCas (fluoapatite). 

a: e = 1 : 0,7346. 



» » 


di III 


» « 


di II 


1» » 


di I 


prismi esagoni 


di III 


prisma esagono 


di II 


» >f 


di I 



{\ 


v>^ 


<^ 


m 


: "^ 


X 


in 


w 


L ^'- 


,..^' 


'".. '' ) 



Fig. 263. 

Polisferite 
Clorapatite 
Piromorfite 
Svabite 
Kampilite 
M imetesite 
Edi j ano 
Enolichite 
V anodini te 



Fig. 263 con la bipiramide esagona 
di III ord. M|2i3i|, la bipiramide esa- 
gona di Il-ord. 5(ii5i), di I ord. x\iloi\, 
il prisma esagono di I ord. mjilool e il 
pinacoide basale cjoooij. 

I seguenti composti hamio le costanti 
e le forme dell'apatite: 

[PO,]3Cl[PbCaL 
[PO.ioClCaj, 1:0.7313 
rPO^laClPbfi, 1:0.7362 
[AsOJj (F, OH. CI) Ca«, 1:0,7143 
[(AsPjO^laClPb., 1:0,725 
[AsO.LClPbg. 1:0,7276 
[AsO.laCl (Pb, Ca, Ba)^, 1:0.7063 
[(AsV)0,]aClPb,, 1:0,7490 
[VOiìgClPbs, 1:0,7122. 



SisietPuUica e simmetria 



137 



24* Classe piramidale diesagonale. 

La forma generale è mia piramide diesagona (form^a di IH ord.) 
(hktl) avente le seguenti 12 facce, fig. 136: 

(hktl), (khtl), ikthl), (htkl), (ihkl), (ikhl), 

(hkil), [JUil). (hM), (hikl), [iUl), (iihl) positiva 

ovvero 

[hktl), (khtl), (kihì), (hikl). (ihkì), (Ikhì), 

(hkil), (khiJ), {kihì), (hikJ), (ihja), (iW) negativa. 

Da queste forme generali si rileva che il cristallo appartenente 
a questa classe ha i seguenti 7 elementi di simmetria: 

un asse di simmetria ò-rio polare A^, fig. 264 
3 -f- 3 piani di simmetria s, s'. 




Fig. 264. 



Le forme possibili sono: 

piramidi diesagone di III ord. \hktl\ povsitive, 
» » di III » \hktl\ negative, 



fig. 241, 



242 



243 



» {hh.2h.l\ positive, 

•) \hh.2h.l\ negative, 

» {hoh!\ positive, 
» \hohJ] negative, 

» \hkto\, fig. 244 
« |ii53|, fig. 245 

n |lOlo|, fig. 24O 

pedi basali {0001 ) positivo, (0001) negativo, fig. 244, 245, 246. 



' 


esagone 


di 


II 


» 


» 


di 


II 


» 


>) 


di 


I 


» 


» 


di 


I 


( prismi 


diesagoni 


di 


III 


1 prisma esagono 


di 


II 


» 


» 


di 


I 



138 



Capitolo quinto 



La forma unitaria è la piramide esagona di I ord. (noi | positiva 

luci) negativa. 

Esempi. 

Zincite ZnO. 

a: e = 1 : 1,6077. 

, Fig. 2()3 con la piramide esagona 

di I ord. po.dtiva /5(ioii!, il pedio 
basale negativo fj(oool). 

Witrtzite ZnvS. 

a: e --- i: 1.6334- 

Fig. 265. Fig. 266 con la piramide esagona 

di I ord. positiva ojiioi!, le piramidi 
esagone di I ord. negative a|iofI|, x\2o^^\, il prisma esagono di 

1 ord. wjilool, il pedio positivo e (0001) e negativo f,(oooI). 





m 



W 



m 





•Fig. 266. 



Fig. 167. 



lodile Agj. . 



a. e ~ 1 : 0.8196. 



Fig. 267 con la piramide esagona positiva di I ord. «14041), 
la piramide esagor.a negativa di I ord. 7:||045t, il prisma esagono di 
I ord. a|ii53l, il pedio positivo f(oooi). 



Sistetnatica e simfnetria 139 



25* Classe piramidale esagonale. 

La forma generale è una piramide esagona di III ord. avente 
le b facce, fig. 237: . 

(hkil), (kihl), [thkl], (hkil), ikihl), [ihk') positiva destra. 



o 



{khti), (htkl), (tkhl), [ihil). [hìkl), [ikhi) positiva sinistra, 



[hkU), (kihì), [thkl), [hhl), ikihJ). (ihkJ) negativa destra, 



o 



» 
» 
» 



(khtl), (hikJ), (ikhì), iWÌ), (hiJH), {ikhJ) negativa sinistra. 

Fomie destre e sinistre sono immagini speculari luna dell'altra 
ossia enantiomorfe. 

Queste forme generali dimo.strano che Vasse di simmetria 0-rio 
è polare e che non vi sono alti*i elementi di sin^metria. 

Le forme jx>ssibili sono (vedi le figure nella 2 \^ classe) : 

piramidi esagone di III ord. \Jìkii\ posit. dest., \khtf\ posit. sin. 

di III » \hktl\ negat. dest., \khtJ\ neg. sin. 

di II » \hh.2h.l\ posit., \hh.2h.l\ negat. 

di I » \hhol\ posit., j//^o/| neg. 

prismi e<5agoni di IH » \hkto\ destri, \khto\ sinistri 
prisma esagono di li » J1120J, 
» » di I ') jioio), 

pedi basah (0001) positivo, (oool) negativo. 

La forma unitaria è la piramide esagona di I ord. (ioxi| posi- 
tiva o jioii) negativa. 

Esempi. 

N efelina Nag Alj, Si 9 O34 . 

a: e --- I : o,<S3()o. 

Fig. 268 con la bipiramide esagona di I ord. positiva p\ioli\, 
il prisma esagono di li ord. alTi3o|, il prisma esagono di I ord. 
m\\olo\ e i pedi basali r{oooi) positivo, ^^(oool) negativo. 



antimonile Sr(C, H, O,), (Sb O),, 
a:c= .: 0,844^. 




Fig. 269 con le piramidi estrone dì I ord. pcsitiva ^fiont, 
negativa x\zoii\. il prisma esagono di I ord. >H{ioIot. 



II r.RUFPo 

ad asse di simmetria 3-rio. 
20' Classe bipiramidale ditngonaU. 

\,A forma generale è una bìpiratnide ditrigona, forma di III ord. 

(hktl) avente le seguenti 12 facce, fig. 238 e 271, 272: 
{hhìl), (hìkt), [kìhl). [khll). [ìhkl), {ìkkì) 
(MiT). {hìkl). (kthì). (khìl). (ìhhJ). \lkhl) positiva 

o\vero 

(hkU). ihiil). {iihl], (ihtl). (iUì). {,W) 

(hiiì). (Mil). {HM). {iiiJ), {HB). {iW) negativa. 

Da c|ueste forme generali segue che oltre all'asse di simmeltia 
3-rio A^, fig. 270, vi sono ancora i seguenti 7 elementi di simmetrìa: 
3 piani di simmetria s contenuti in detto asse e facenti izo" 
fra di loto; 



SistetnaHca e sifnmetria 



141 



3 assi di simmetria 2-ri A 2... perpendicolari al detto asse e 
contenuti rispettivamente nei piani di simmetria; 
I piano di simmetria a perpendicolare ad A 2. 





Fig. 270. 



Fig. 271. 



Le forme possibili sono: 
bipiramidi ditrigone di III ord. \hkt!\, \khtl\ fig. 271, 272 positive 



» esagone di II 

» trigone di I 

prismi ditrigoni di III 

prisma esagono di II 

prismi trigoni di I 



\hh.2h.i\ fig. 262 
\hohl\ e \hohl\ 

\hkto\ positivi e negativi 
I1120I fig. 245 
liIoo|, |liool 



[e negative 



piiiacoide basale joooij. 

La forma unitaria è la bipiramide trigona di I ord. |iloi| o 
jlioi). 




Fig. 272. 



142 



Capitolo quinto 



P^sempi. 

Ortojosjato hiargcntìco Ag, H. PO,. 

a\ e — 1 : 0.7297. 

Fig. 273 con le bìpiramidi trìgone di I ord. s|2o2TJ, s,|502i}. 
y(ioIi| e i prismi trigoni di I ord. wjToIo| e jx(loio|. 




m 



& 



•■-4 



m 





Fig. 273. 



Fig. 374. 



Benitoite BaTilvSiO,),. 

a: e -- 1 : 0,7384. 

Fig. 274 con le bipiramidi trìgone di .1 ord. p\\oli\, 7clloii|, 
^|oil2J, la bipirainide esagona di II ord. ;r|224ij, i prismi trigoni 
di I ord. mjioloj, (jLJloioj, di II ord. a|ii2ol e il pinacoide basale 
c{oooil. 



27* Classe bi (piramidale trigonale. 

I^a forma generale è mia bipiramide trigonale \hkil] di III ord. 
fig. 239, le cui ò facce sono: 

(hktl). (kthl), [thkl) 
[hkiì), (kt/iJ): [thkl]; 

con gli st-essi indici si ottengono altre 3 bipiramidi trigonali, posi- 
tive, negative, destre e sinistre, dalle quali risulta che i cristalli 
appartenenti a questa classe sono simmetrici tanto per rispetto al- 
l'asse yrio quanto per rispetto al piano di simmetria ad esso perpen- 
dicolare, epperò l'asse stesso è apolare. 



Ststemaiica e simmetria 



143 



Le forme possibili sono: 

bipiramidi trigone di III ord. \hktl\, \kktl\,.. 

» >» di II ') \hh.2h.l\ e \hh.2h.l\ 

» » di I 



prismi trigoni di III 







» \hohl\. \hohl\ 

» \hkio\, \khto\ 
di II n J1123), (Il2o| 

di I » jioiot, |loio| 

piracoide basale |oooi|. 

La forma unitaria è la bipiramide trigona di I ord. |Ioii) o 
|ioii|. 

Non si conoscono sostanze che cristallizzano in questa classe. 



VII. Sistema mooometrico. 



o sistema cubico. 
Carattere : 



a = 3 = Y = 90», a: b: e = i : 1 :, 1 ; fig. 275, 276 ; 




Fig. 375. 

ossia tre facce ortogonali hanno lo stesso accresciménto perpendi- 
colare. Da qui segue che facce coil gli stessi indici h, k, l, in qualsiasi 
ordine e segno hanno lo stesso accrescimento e lo stesso sviluppo; 
esse sono in numero di 48, cioè: 

(hkl), {klh). (Ihk), {khl), (hlk), ilkh). 

(hkl). [klh). (Ihk), (khl), (hìk), (Uh), 

(hkl). (Uh). (Ihk), (khl). (hlk), (Ikh). 

(hhl). (hJh), (Ihk). (hhl), (hlk), (Ikh), 



e le loro opposte. 
tere fisico eguale 



Una forma costituita da (jueste 48 facce di carat- 
i cliiama un esacisotlaedro fig. 277. Se solo 24 tacce 



ifo/^ / 




ì 


X" 


K^ 


't 


r- 


^" 


irX;f \ 


2 


^ 


/ho 



3 dello stesso carattere tisico come nella fig. 178, la forma 
lome' di giroedro; ovvero come nella fig, 279 di diacisdo- 



decaedro; o infine <~onie nella fig. 280 di esacisielraedro. Se solo 12 
delle 48 sono eguali fra di loro come nella fig. 281, la formasi cliiama 
tetraedro pentagonale. Escludendo altre ipotesi, che farebbero rica- 
dere in una delle simmetrie considerate nei [.recedenti sistemi, nel 
monometrico sono possibili unicamente cinque classi, vale a direi 
classe eKadiOttaedrica, giroedrica, diacisdodecaedrUa o pentagonale, 
esacistetraedrica e lelraedricu. 

Alcuni elementi di simmetria sono comuni a queste cinque classi 
e precisamente 4 assi 3-ri A^, A^', A,", A^'" fig. 28* disposti secondo 
le di^onali di un cubo. È chiaro del pari che i quattro assi o diago- 
nali del cubo vengono ui posizione di ricoprimento con rotazione di 



Sistematita e simmetria 



i8o° o di 90° attcmio gU spìgoli del cubo, sicché questi in numeio 
di 3 direzioni sono assi di simmetria 2-ri o 4-ri. 



Le 6 facce del cubo sono dunque di carattere^fisico eguale, nelle 

4L 




suddette 5 classi, e costituiscono perciò una forma che in cristallo- 
grafia prende il nome di esaedro (fig. 282, 283). Anche le 12 facce 

(OTI), (OH), (loi), noi), (no). (110). 
(OH). (Olii, (loi). Coi), (Ilo), (no). 




146 Capitolo quinto 



sono sempre in tutte le 5 classi di carattere fisico ^uale e costitui- 
scono perciò ima forma cristallina che si chiama rombododecaedro 
fig. 285. Una facda (AA/) ed ima zona [mn^] sono perpendicolari 
fra di loro, se i loro indici sono rispettivamente proporzionedi h\h\l = 
= m:n:p. Da qui segue che ogni zona nel cristallo richiama una 
faccia normale aventi entrambe indici semplici. 



28* Classe esacisottaedfica. 

od anche classe ettaedrica. 

La forma genercde è un esacisottaedro [hkl\ con le 48 facce già 
indicate e rappresentate nella fig. 277. Stante la loro disposizione i 
seguenti 23 elementi di simmetrìa ne rìsultano: 

4 assi di simmetria 3-rt apolari paralleli rispettivamente agli 
spigoli del rombododecaedro, 

3 assi di simmetria ^-ri paralleli rispettivamente agli spi- 
goH dell'esaedro, 

6 assi di simmetria 2-ri paralleli rispettivamente agli spi- 
goli dell'ottaedro, 

3 piani di simmetria perpendicolari rispettivamente agli assi 
4-n, 

6 piani di simmetria perpendicolari rispettivamente agli assi 
2-n, 

il centro d'inversione. 

Le tre forme determinanti i detti elementi di simmetria sono 
effigiate nelle fig. 283, 284. 285 e hanno per simboli rispettivamente 
jiooj, jiii), |iioj; l'esaedro con 3 coppie di facce, 12 spigoH e 8 
vertici, l'ottaedro con 8 facce, 12 spìgoli e 6 vertici, il dodecaedro 
con 6 coppie di facce, 12 coppie di spigoli e 6 + 8 vertici. 

Gli elementi qui enimciati, salvo i vertici, sono rappresentati 
nella proiezione stereografica della fig. 276, pag. 144. 
' Le forme possibili sono le seguenti sette : 

esaedro \^oo\ fig. 283 con 6 facce 

ottaedro |iii| » 284 » 8 »' 



rombododecaedro 


|iio| 


» 


285 


» 


12 


tetracisesaedn 


\hko\ 


B 


286 


B 


24 


triacisottaedri 


\hhl\h>l 


B 


287 


» 


24 


icositetraedn 


\hhl\h<l 


» 


288 


» 


24 


esacisottaedri 


\hkl\ 


» 


277 


S 


48 



Sistematica e simmetria 



147 



La fonna unitaria è l'ottaedro |iii). 




Fig. a86. 



Fig. 287. 



Fig. 188. 



^Esempi. 

Fosforo bianco P. 

Silicio Si in ottaedri neri di splendore metallico. 

Ferro Fé in piccolissimi cristalli ottaedrici. 

Rame Cu. 

Fig. 289 con l'esaedro a|ioo) e il rombododecaedro f|iio|. 
» 290 con il rombododecaedro f|iio| e il tetradsesaedro 

Fig. 291 con il rombododecaedro f|iio| e l'esaedro a(ioo|. 





Fig. 2§9. 



Fig. 290. 



Fig. 391. 



Piombo Pb. I cristalli sono ottaedri ed esaedri. 

Argento Ag. 

Fig. 292 con l'icositetraedro tj3ii|. 

Altrettanto semplici sono i cristalli dell'oro e del platino. 



148 



Capitolo quinto 



Galena PbS. 

I^ig- 293 con l'esaedro a(ioo), l'ottaedro ojiii). l'icositetraedro 

l|2Il|. 

Fig. 294 con l'ottaedro o\iii\, il triacisottaedro ^{221). 




Fig. 392. 



Fig. 293. 



Fig. 294. 



Argentile AgjS. 

Fig- 295 con l'icositetraedro tj2ii| e l'ottaedro ojiiij. 

Triossido di arsenico ASgOg e Senarmontile SbjOj, cristaUi di 
regola ottaedrìjci (iiil. 

Salgemma NaCl. 

Fig. 296 con l'esaedro a(ioo| e il tetracisesaedro /(210). 

Cherargirite AgCl. 

Fig. 297 con l'ottaedro 0(111 1 e il rombododecaedro f(iio|. 




. 1 > r 



Y' :! 1 7 it 


lì \ 

1 




1 


a. 


il, 

IL::! — SA/ 




>—--*..••«• 








Fig. 295. 



Fig. 296. 



Fig. 297. 



Fluorite CaFg. 

Fig. 298 con l'esaedro a|ioo) e l'esacisottaedro ^(421 1. 



Sistematica e simnietria 



149 



Fig. 299 con Tottaedro o(iiil e il tetradsesaedro ^(3 io). 
» 300 con l'ottaedro ojiiij e Tesadsottaedro ^{421}. 

Magnetite FcjO^. 

Fig. 301 con il rombododecaedro f |iioJ e l'ioositetraedro tl3ii|. 
» 302 con il rombododecaedro f(iioj, l'ioositetraedro ÌJ311J 
e l'esadsottaedro 0|53i|. 

Spinello MgFe,04. ♦ 

l'^g- 303 con l'ottaedro o|iii| e l'icositetraedro 1(311). 




Fig. 298. 



Fig. 299. 



Fig. 300. 



Granato Si, O^ R^"' R3"; R"' = Al, Fé, Cr...; R" = Ca, Mg, 
Pe, Mn... 

Fig. 304 con il rombododecaedro fji IO) e l'icositetraedro t( 211). 
» 305 con il rombododecaedro fji io) e l'esadsottaedro CJ321). 
» 306 con il rombododecaedro rjiio), l'icositetraedro tj2iij, 
e l'esadsottaedro ^{321). 






Fig. 301. 



Fig. 302. 



FJg. 303. 



lAuciU (SiO,),Al(K, Na) sopra 550" C. 

Fig. 292 con l'ìcositetraedro i\2ii\ comune nella leucite che 
peicìò si chiama leucitoedro. 



Analcime (SiO,}i Al.NaHjO sopra 260'' C. 

I cristalli di analdme sono quasi escluàvameute limitati al- 
l'icositetraedro J2ii| come i cristalli di leucite; talvolta presentano 
anche le facce dell'esaedro a|ioo|. 



29» Classe giroedrica. 

La forma generale è un giroedro \h/il\ con 24 facce, rappresen- 
tato nelle fig. 278, 307, 308, vale a dire: 

(ftW), {klk). (Ikb). {Uh), {/iM), {hJh). 1 
{Ul). {htk). {Jkh). [hi!], iilk). [Jh/t], I 
(Ihk). {hhT). (klh). {hli). (/MI. {kKi). ì ^^*-^° 

akì). (Uh), [Uè). {W}. {m}. (iìaì. ] 

lì giroedro sinistro ha pure 24 facce i cui simboli sono inversi 
di quelli appartenenti al giroedro destro, sicché destro e sinistro, 
aventi gh stessi indici, in ordine e segno indicati, sono immani spe~ 
culari l'uno dell'altro, ossia sono enanliomor/i. Da ciò deriva che ì 
cristalli di questa classe hanno la simmetria determinata unicamente 
da assi, e precisamente i suoi elementi dì simmetria sono: 

4 assi 3-ri, 3 assi 4-fi e 6 assi 2-*Ì a^-enti le posizioni indicate 
nella classe esacisottaedrica. 



Sistefnaiica e simmetria 



151 



I^ forme possibili soho: 
esaedro fioo), fig. 283 



lini. 



284 



ottaedro 

rombododecaedro |iio), » 285 

tetracisesaedri \hko\, » 286 



trìacisottaedri 
icositetraedri 
giroedri 
giroedri 



\hhl\ h>l fig. 287 

\hhl\ h<l » 288 

\hkl\ destri, fig. 307 e fig. 309 g\9&(>\ 

\khl\ sinistri, fig. 308. 




Fisr- 307. Fig. 308. Fig. 309. 

Esempi. 

Cuprite CUjO. 

Fig. 310 con ricositetraedro t(2ii); comuni sono anche l'esaedro 
|ioo|, l'ottaedro |iii|, spesso anche il rombododecaedro isolato 
jiioj. Raro è il giroedro ^19861 della fig. 309. 





Fig. 310. 



Fig. 311. 




152 



Capitolo quinto 



Salammoniaco NH4 . CI. 

Comune è l'icositetraedro 1(211}, fìg. 310, ma le facce sono spesso 
diversamente sviluppate o come nella %. 311 con prevalenza di 
*(2ii), (I2I), (112), (II2), (i2i), ovvero come nella fig. 312 con preva- 
lenza di (211), (121), (2I1), (151), (211), (X21), (2I1), (Hi) e le loro 
opposte, nel primo caso simulando un cristallo del sistema trigonale, 
nell'altro un cristallo del dimetrico. 

Silvina KQ. 

I cristalli di silvina assomigliano a quelli del salammoniaco, 
ma sono molto più semplici, e possono essere scambiati con quelli 
del salgemma. 



30* Classe diaci sdodecaedrica o pentagonale. 

!,& forma generale è un diacisdodecaedro \hkl\ aventeUe seguenti 
24 facce 

[hki), (kih), (ihk), (hki), (kjh), mi i 

(khlh {MkY (Tkh), (hkl), (»A), (Uk). \ positivo, 

e le loro opposte, fig. 279 e 313. Il diacisdodecaedro {hlk\ è negativo, 
fig. 314; essi si distinguono l'uno dall'altro per il carattere deUe 
facce. 





Fig. 313. 



Fig. 314. 



Da queste forme generali risultano gli elementi di simmetria, 
che sono: 

4 assi di simmetria 3-ri, 3 assi di simmetria 2-rt paralleli ri- 
spettivamente agU spigoU dell'esaedro e 3 piani di simmetria ad essi 
rispettivamente perpendicolari col centro d'inversione, * 



Sistematica e simmetria 153 

Le forme possibili sono le seguenti sette: 
esaedro jioo|, fig.' 283 

ottaedro {mt' ' ^^4 

tombododecaedro |iiot. ° 285 

pentagondodecaedri \hko\, 1 315, e 316, positivi e n^ativi 
triadsottaedri \hhl\ h>l fig. 287 

icositetraedri jA«) h<l - 288 

diacdsdodecaedri \hhl\ fig. 288 e 314, positivi e negativi. 




Ioduro di slagno SaJ^. 
PiriU FeS,. 

Fig, 315, pentagondodecaedro destro iiioj, fig. 316. (i; 
K anche fig. 555 e 556. 




Fig. 318 con l'ottaedro o|iii| e il pentagondodecaedro i|2io) 

» 319 con l'ottaedro o\iii\ e il pentagondodecaedro djizo) 

» 320 con l'ottaedro o(iiil e il pentagondodecaedro d|zio) 

■ 321 con il pentagondodecaedro i|2io| e l'esaedro a|ioo|. 



154 



Capitolo quinto 



Fig. 322 con il diacisdodecaedro «^(321} e l'ottaedro oliii) 
» 323 con l'esaedro a|ioo| e il diacisdodecaedro <^{32i]. 



^l 


d 


-^1 




• 


1 

\ 


CL 


l 


.-A 




é 


\ 






'■ 
\ 


*' 


■ tt 




Fig. 321. 



Fig. 322. 



Fig. 323. 



Fig. 324, col .pentagondodecaedro p\2io\, l'esaedro a| 100), il dia- 
cisdodecaedro (2|32i) e l'ottaedro ojiiij. 
» 325, come il precedente. 





Fig. 3*4. 



Cohaliina CoAsS. 



Fig. 325. 



Sntaltina CoAsj. 

Questi due composti cristallizzano in cristalli assai simili alla 
pirite. 

Allume di rocca Al K (804)2 + i2aq. 

Cristalli semplici con |iii), (no), {100}. 
Similmente cristallizzano i seguenti allumi: 

Allimie di alluminio-Cesio Al Cs (804)2 -f i2aq 

» di » -Tallio Al Ta (804)3 + i2aq 

» di ferro-potassio Fé K (804)5 -j- I2aq 

» di cromo-potassio CrK (804)2 -h i2aq 

mentre si scostano da essi 1 cristalli di alluminio-ammonio AI.NH4 
(804)» + i2q. 



Sittemaiiea e simmefria 



' Classe e soci sletrae lirica. 



La forma generale è u 
326, 327, che sono: 



isletraedro \hhl\ di 24 facce, fig. 280, 





{hkl). (Uh), (Ikk). (khl). (hlh). [Ikh). (hir\,{]th), (Ikk). (W). {hlh). {Uh) 
(ikì). im). IJkl). {ihTi. IMi). (Tkh). (hiì). {hlh). {ihh). (AH). {hU). {Ikh) 





Fig. 3»9. 



Fig. 330. 



e foimano un esadstetraedro positivo fig. 326; analogamente si ha 
un e&acistetraedro negativo fig. 327. Da queste forme si ricavano 
gli elementi dì simmetrìa del crìstallo. che sono: 

4 assi di simmetria yri polari, 3 a^n di simmetria 2-ri e 6 piani 
di simmetria contenuti rispettivamente in due assi 3-ri e in un asse 



IS6 



Capìtolo quinto 



Le fonoe possibili sono: 
esaedro (loo) fig. 283 

tetraedri liii( positivo, jiii] negativo fig. 334, 335 e 336 

lombododecaedxo {iio| fig. 285 
tetzadsesaedii \hko\ ■ 286 





dodecaediideltoidi \hkl\ positivi, \hhl\ negativi fig. 328, 329, 330, k >l 
triadstetraedri [hhH positivi, l£U| negativi fig. 331,332, 333, A</ 

esadstetraedri [AA/| poetivi, \ikl\ negativi fig. 326, 327. 




I cristalli di diamanti sono in generale pìccoli, spesso semplici 
tetraedri; non di rado d sono i due tetraedri positive 
egualmente sviluppati, fig. 337 ofiii) e ullii) con due 1 



Sistematica e simmetria 



traedrì; l'efBge della fig. 338 dà i due esadstetraedri i-t\hk'-\ e l\hhl\ 
con facce e 




Fig. 339 con il tetraedro positivo o>|iii| e negativo o|liij, 
l'nno con facce striate, l'aitro con facce liscie. 

Fig. 340, con il tetraedro positivo wlinj, il negativo d|Tiij, 
e l'eaaedto ajioo). 





158 



Capitolo quinto 



Fig. 341 con il rombododecaedro d\'i\o\ e il tiiacistetraedro 
#n|3ii). 

Fig. 342 con il rombododecaedro ^|iio|, l'esaedro a{ioo|, il 
tnadstetraedro m{3ii| e il tetraedro positivo ojiii}. 





Fig. 343. 



Fig. 344. 



Tetraedrite (As Sb)^ S7 (Cu,, Fé, Zn)^. 

^ig- 343 con il tetraedro positivo ojiiij e negativo (i>(Iii|. 
» 344 col triacistetraedro positivo m|2ti|, 
» 345 col tetraedro positivo ojiiij e il tnadstetraedro po- 
sitivo n|2ii|. 



^E' 346 col tetraedro positivo 0(11 1| e rombododecaedro d 
)» 347 col tetraedro positivo o{ 1 1 1 j, il rombododecaedro d 
ed esaedro a|ioo|. 



iio|. 
iioj. 




Fig. 345. 



Fig. 346. 




Fig. 347. 



Fig. 348 con il triacistetraedro positivo n|ii2), il dodecaedro 
deltoide positivo f|33i| e il rombododecaedro ^|iio). 

» 349 con il tetraedro positivo ojiiij, il triacistetraedro 
positivo n|ii2), il triacistetraedro negativo ni|il2| e il rombodo- 
decaedro ^{iio}. 



Sisietttalica e simmetria 



BoraciU Mg,Cl,B„Ox,. 

^S- 35*^ '^'^ *^ rombododecaedro d|iiol, 1 
triadstetraedro positivo m[2ii| e il tetraedro ne 




32» Classe tetraedrica. 



La lorma generale è un pentagondodecaed 
fig. 281, 351, 352 avente le la facce seguenti 




(AAO, (A/A). (Ihk), (Aio, {^f>). (Mft). 
(Ai7), (*JS), [m), [hkl). (ilA), (Ui). 



i6o 



Capitolo quinto 



[khl), [hlk), (Ihh), {kht), (Jak\ (Uh), 
{khl), {hU), [Ikh), ikhJ), {hlJt), {ìkh). 



sinistrò-positiyo. 



Con gli stessi indici ma in altro ordine si formano altri due 
pentagondodecaedri tetraedrici negativi destro e sinistro. 

]> forme destre non sono che immagini delle sinistre e perciò 
enantiomorfe, e tale è la struttura del cristallo. 

Da queste forme generali risultano i seguenti elementi di sim- 
metria: 4 assi 3-ri e 3 (issi 2-ri; le forme possibili sono; 

esaedro jioo} fig. 283 

tetraedri positivo |iiij fig. 324, negativo jiiij fig. 335 e 336 

rombododecaedro jiio'l fig. 285 

pentagondodecaedri \kho\ sinistri fig. 351, destri fig. 352 
"dodecaedri deltoidi \hhl\, positivi \hkl\ negatila fig. 329, 330, h>l 

triacistetraedri positivi \hhl\, negativi \hhl\ fig. 332, 333, h'<,l 

pentagondodecaedri tetraedrici positivi destri \hkl\ fig. 351 

» positivi sinistri \khl\ fig. 352 

» negativi destri \hh\ 

» negativi sinistri \k7il\ 



» 



» 



» 



Esempi. 

Nitrato baritico Ba (N0g)2. 

^E- 353 con l'esaedro afioo), il tetraedro positivo ojiiij, il 
negativo ojiTil e il pentagondodecaedro tetraedrico positivo si- 
nistro X(42i). 





Fig. 353. 



Nitrato di stronzio Sr (NO,)!. 



Fig. 354. 



Fig. 354 con il tetraedro positivo o{iii|, il negativo <i>|iii}, 
l'esaedro afioo}, il rombododecaedro d\iio\. 



Sistematica e simmetria 



i6i 



Nitrato piombico Pb (NO^),. 

Anche il nitrato piombico cristallizza come il nitrato baritico. 

Clorato di sodio Na(C103). 

^^g- 355 con l'esaedro a|ioo), il pentagondodecaedro destro 
yij2io|, il tetraedro negativo ci>|ili|, il rombododecaedro ^{iio), 

^ig- 35^ con l'esaedro a|ioo|, il pentagondodecaedro sinistro 
l\i2o], il tetraedro negativo (ofiH)» e il rombododecaedro d\iio\; 
-destro e sinistro per rispetto al tetraedro. 

11 cristallo efl&giato nella fig. 355 è diverso da quello della fig. 356. 
-solo perchè l'uno è destro, l'altro è sinistro, tale essendo la differenza 
nelle proprietà ottiche e nella struttura. 





Fig. 355- 

Bromato di sodio Na (Br O3) . 

Questa sostanza cristallizza come la precedente e forse anche 
-come il jodato di sodio ; le loro proprietà fisiche sono pure vicinissime. 

Ullmannite Ni Sg Ni Sbj. 

Fig. 357 con il tetraedro positivo o|iTij, il tetraedro negativo 
-o>(iIi|» i^ rombododecaedro rf|iio|, il triacistetraedro n|22ij e il 
<iodecaedro deltoide p\i'z\\. 




ji — e. Viola. 



Fig. 357. 



102 ^ Capitolo quinto 



Osservazioni ai sistemi dimeirico, esagonale e monometrico e alla 
simmetria in genere. — Dato il carattere di questi sistemi, la scelta 
delle facce fondamentali e unitarie è limitatissima: anzi nel sistema 
monometrico le dette facce sono fissate dall'esaedro |ioo| e dall'ot- 
taedro 1 1 1 1 1 o dal tetraedro 1 1 1 1 1 . Altra scelta è esclusa qualunque sia 
l'accrescimento. Orbene in. -ciascuno di questi sistemi come nel tri- 
gonale la struttura non è ovunque individuata dalle dette facce 
unitaria e fondamentali. Alcuni esempi chiariranno la discrepanza 
fra struttura e facce fondamentali. Si può supporre che lo zircone 
fig. 198, 199, il rutilo fig. 200, la cassiterite fig. 201. la polianite fi- 
gura 202 ecc. abbiano la stessa struttura determinata da jioo). |ooi{ 
e (II i|, e diversa da quella dell'anatasio fig. 203 con la bipiramide 
|iii|, della Scheilite fig. 210 determinata dalla bipiramide {ioi| ecc. 

N^ sistema esagonale ora predominano jilooj e joooij, come nel 
berillo fig. 255, nell'apatite fig. 263, ora invece predomina (ilo il 
come nel tartrato di stronzio antimonile fig. 269, nella benitoite 
fig. 274 ecc. Nel monometrico tre forme possono essere la base della 
struttura, l'esaedro ( ioo| , l'ottaedro [mio tetraedro 1 1 11 j e il romlx)- 
dodecaedro |iio|, come nella galena fig. 293, rei salgemma fig. i<)(^. 
nella pirite fig. 323, nella fluorina fig. 300, nello spinello fig. 303. 
nell'allume, nella cuprite fig. 310, nel diamante fig. 338, nella blenda 
fig- 339f 400. nella tetraedrite fig. 343 ecc. 

Le 32 classi sono le possibili simmetrie dei cristalli, compresa 
la assimmetria, ossia esse sono le simmetrie ammissibili negli stati 
fisici omogenei anisotropi. Durante la cristallizzazione la struttura 
e la simmetria si esplicano nella figura esterna del cristallo, nel ca- 
rattere fisico delle facce. I^na simmetria è rappresentata da elementi 
di simmetria. Questi possono essere assi di simmetria 2-ri, 3-ri. 4-ri 
o 6-rio, assi di inversione 2 -rio (centro), 4-rio o 6-rio (centro e asse 
3-rio) e piani di simmetria. Le 32 classi sono 7 oloedrie o simmetrie 
complete e 25 meriedrie o simmetrie complementari, cioè capaci di 
completare un'altra simmetria del sistema. A loro voltale simmetrie 
complementari possono essere omeomorfe, ove i cristalli di una sostanza 
possono portarsi in posizione di ricoprimento con una rotazione, ov- 
vero enantiomorfc dove i cristalli sono destri e sinistri, come imma- 
gine e oggetto, tale essendo la struttura della sostanza di cui sono 
costituiti, e di conseguenza non sono sovrapix>nibili identicamente, 
fuorché nelle rispettive direzioni. Sostanze a struttura e simmetria 
enantiomorfa hanno il carattere del dimorfismo {%), dimorfa essendo 
una sostanza, la quale può assumere due diverse strutture. 




s^?^ 



Sisiefttatica e sininteiria 



163 



V" 



LETTERATURA AL CAPITOLO V. 



Q. Sei,i,a» Primi elementi di cristallografia, 1867, 2» ed. Paravia e C, 

1877. 
G. Struver, Lezioni di cristallografia. Roma, Alberto Cruciaui, 1898. 
R. Pankbianco, Trattato di cristallografia. Padova, 1904. 
Q. La Vai^i^e, Corso di cristallografia teorica. Messina, 1896. 

E. Artini, I minerali. Manuale Hoepli, 1914. ' » 
A. e G. D'AcHiARDi, Guida al corso di Mineralogia. Pisa. 1900-1915. 

F. Sansoni, Cristallografia ecc. Manuale Hoepli, 1892. 
E. Mai^lard, Traile de cristallographie etc. Paris, 1879. 
K. STORY-MASKKI.YNE, Cristallography. Oxford, 1895. 

H. A. MiERS. Manuel pratique de Mineralogie. Paris, 1906. 

W. L. Lewis, A treatise on cristallography. Cambridge, 1899. 



CAPITOLO \"I 



Associazioni. 

26 Generalità. Associazione PABAi.r,Ei.A. — Si osserva co- 
stantemente che i cristalli si trovano più spesso associati fra di loro 
di cjuello che isolati e dì aspetto conforme alla legge di Curie. Infatti 
coii l'unione di due o più ctiatalli secondo facce o 7.one comuni la 
tensione superficiale risultante è in generale minore della somma 
deUe tensioni supertìdah dei singoli cristalli isolati, onde l'assoda- 
zione di cristalli deve essere un fenomeno frequente nella oristaUìz- 
za/,icme. Se poi durante l'accrescimento dei cristalli aviiene che 
una faccia o una 7,ona sono pili s\-iluppate di quanto prescrii-e la 
legge di Curie per l'equiUbrio stabile, l'unione dei cristalli secondo 
quella faccia o quella zona sarà più frequente che secondo altre facce 
o zone meno sviluppate. 




Fig. jsa. Fig. 359. 

Con l'unione o associazione di cristaUi si viene dunque a dimi- 
nuire la tensione superficiale, cioè ad avriciaatsi all'equihbrio sta- 
bile, che durante la cristallizzazione va eventualmente e causal- 
mente allontanandosi. L'associazione di due o più cristalli si eSettua 



Associazioni 



secondo leggi semplicissime, com.e è semplice la legge del loro accre- 
scimento. L'associai ione più semplice e naturale è la parallela, ove 
gli elementi di un cristallo sono rispettivamente paralleli a quelli 
dell'altro, o degli altri, che si trovano con esso congiunti. La asso- 
ciazione parallela è comunissìma e si ripete in tutte le sostanze qua- 
lunque sia la loro struttura, simmetria o sistema. Citiamo a tale 
proposito alcuni esempi. 

La fig. 358 dà un gruppo di due cristalli di allume di rocca (Al K 
(SOf), + i2aq), ove la faccia (ooij di uno di essi è coperta dalla 
faccia (ool) dell'altro con parallelismo perfetto deglj spìgoli rispet- 
tivi. Nella fig. 359 è effigiato un gruppo dì cristalli romboedrici ad 
elementi rispettivamente paralleli di antimonio ottenuto artificial- 
mente per fusione. 




;. 360. 



Fig. 361. 



Bellissima è l'associazione parallela di cristalli di galena (PbS) 
rappresentata nella fig. 360 ; È probabile che in quest'ultimo gruppo 
una faccia dell'ottaedro o due di esso ottemiero madore sviluppo 
delle altre, A questo proposito si presti attenzione ai cristalli dì rame, 
argento e oro nativo, che si trovano in natura sotto fornia di ramili- 
one parallela. Nel, gruppo di tre cristalli di calcite 
e parallela effigiata nella fig. 361, due dì essi hanno il 
romboedro inverso e} noi, '1 terzo, dimezzo, ho lo scalenoedro s\zoì\ 
fig- 'S?. P^K- 97' i*!^ è facile che i tre cristalli abbiano avuto nel 
loro inìzio una forma t 



27 AssoOAZioxE coM?i.E.MENTABE. — Sì è detto (26) clie l'as- 
sociazione parallela può esplicarsi tra cristaUi della stessa sostanza. 



i66 



Capitolo sesto 



qualunque sia la struttura o la simmetria, a cui appartengono. I 
cristalli appartenenti a una delle 25 simmetrie complementari in 
associazione parallela possono avere i loro elementi di simmetria 
rispettivamente paralleli ma non identicamente sovrapponibili, come 
due direzioni parallele quando si sovrappongono possono avere sensi 
inversi. Codeste associazioni si dicono complementari, perchè mercè loro 
le simmetrie risultanti sono complete per rispetto al sistema rispet- 
tivo. E dacché si è fatta differenza fra simmetrie complementari di 
I e di II specie, fra cristalli omeomorfì ed enantiomorfì, ne discende 
la stessa differenza fra associazioni complementari di I specie e di 
// specie, quelle avendo luogo fra cristalli omeomorfì, queste fra 
enantiomorfì. 

Alcuni esempi chiariranno il problema. Due cristalli sempli- 
cissimi di Calamina (Ho Zn^ SiO.) sono effigiati nella fìg. 362 a. che 

cristallizzano, come è no- 
to, nella classe 8* pira- 
midale rombica (fìg. 108), 
con asse 2 -rio polare ed 
estremità diverse -f- e — . 
1 due cristalli della fi- 
gura 362 a sono rovesciati 
attorno l'asse A A ; nella 
fig. 362 b essi sono com- 
penetrati in un grupp)o 
avente un piano di sim- 
metria perpendicolare all'asse 2-rio, piano che 
ad essi e alla loro struttura manca effettiva- 
mente. Nella fig. 3Ò3 è effigiato un gruppo di 
due cristalli di diamante compenetrati ed as- 
sociati in posizione parallela e rovesciati. È noto 
che il diamante cristallizza nella classe 31* esa- 
cistetraedrica, fig. 337 e 338, con quattro assi 
3-ri aventi estremità + e — . Col rovesciamento 
dei due cristalli l'uno per rispetto all'altro, l'associazione comple- 
mentare di I specie acquista come gruppo d'insieme 3 piani di sim- 
metria ecc. che mancano ad ogni singolo cristallo. 

Nel gruppo effigiato nella fig. 364 sono rappresentati due cri- 
stalli di calcopirite (Fé Cu Sg) in associazione complementare di 
I specie. Iva calcopirite cristallizza nella classe 19* scalenoedrico- 
tetragonale fig. 222 e 223; i due cristalli della fig. 364 sono rovesciati 
l'uno per rispetto all'altro attorno all'asse d'inversione 4-rio. Due 
direzioni nel cristallo hanno estremità diverse -|- e — ; l'associazione 
acquista l'asse 4-rio di si^nmetria. Ma nello stesso tempo due cri- 





Fìg. 362*. 



Fig. 362 fl. 



Asieciazioni 167 

staiti di calcopirite possono essete destri e smistri, benché l'espe- 
rienza non l'abbia dimostrato, ed in tal caso essi potrebbero unirsi 
in associazione complementare di II specie come i cristalli enantio- 



Vn ultimo esempio di associazione complementare di I specie è 
dato dalla iìg. ■^t)},. rappresentante un gruppo di due cristalli di pirite 
U't Si) compenetrati. I-a loro comune figtira >^ un piritoedro, penta- 
gondodecaedro ]2io| e |i20j, fig, 31^ e 31(1, propri della classe 30» 
(liacisdodecaedrica, I cristalli di pirite sono o positivi ovvero negati\-i 
secondo la striatura delle loro facce pentagone. o parallela o perpen- 
tlicolare al comune spigolo dell'esaedro. I, "associ a/.ione complementare 
di I specie av\iene fra cristalli o di eguale senso o di senso opposto . 



I cristalli che possono formare associazioni complementari di 
II specie appartengono alle li simmetrie enanlìomorfe 634 sim- 
metrìe omeomorje (4" classe domatica, 8» classe piramidale rombica, 
ni' classe scalenoedrico- tetragonale e 20* classe bLsfeuoidale tetra- 
gonale) poiché tanto le 1 1 enantiomorfe quanto le 4 omeomorfe pos- 
sono rappresentare la stessa sostanza ma di carattere destrorso o sini- 
strorso. Esempi tipici a questo riguardo sono in mineralogia il 
(|uaT£0, il cinabro, l'epsomite. 



Abbiamo già veduto cristalH dì quarzo destro e sinistro selle 
fìg. 163 e 164, pag. 104; essi si riconoscono dalle facce trapezoidali 





Flg. 36S. 



Flg. 369. 



destre e sinistre, enaniiomorfe. Nelle fig, 3OO e 367 

essi sono riprodotti iti figure più seniplid vale a 

dire col prisma escoriale di I ordine wliia), col 

romboedro fondamentale diretto ^jioo|. col rom- 
boedro inverso cizzll, e col trapezoedro destro 

j4iaj e rispettivamente sinistro l^iaj. La fig. 368 

làppresenta la compenetrazione dei due cristalli 

destro e sinistro con i due trapezoedri, sicché a 

prima vista l'associazione potrebbe sembrare un cristallo unico della 

classe scalenoedrico-trigonale con facce dello scalenoedro; ma una se- 
zione trasversale, come è data nella fig. 369, 
presenta il cristallo stesso come costituito 
di due sostanze etiantiomorfe destra e si- 
Altro esempio di associazione comple- 
mentare di II specie ci offre un gruppo 
di due cristalli di epsomite (Mg SO, -ì- 7aq) 
effigiato nella fig, 370, gruppo che risulta 
formato dall'unione di due cristalli anak^hi 
enantiomorfi cioè costituiti da sostanze non 
identiche l'una cioè destrorsa, l'altra sini- 
Fig. 370. stroraa. 



28. Emitropie. Geminazioni semi'LICI, Due cristalli possono 
unirsi o associarsi oltre die in posizioae parallela e complementare 
anche in posizione emìtropica o di geminazione; essi allora hanno 



Associazioni 169 



comune o ima faccia, compresi i rispettivi spigoli in essa contenuti, 
o una zona comprese le facce ad essa appartenenti. Raggiunto il 
ricoprimento completo o di una faccia o di una zona, la tensione 
superficiale risultante dei due cristalli in collegamento è minore 
della tensione superficiale dei due cristalli allo stato libero. Si rico- 
struisce la posizione reciproca di due cristalli o individui in emitropia 
o geminazione, capovolgendo l'uno per rispetto all^altro attorno a 
un asse, che prende il nome di asse di geminazione o asse di emitropia: 
il piano ad esso perpendicolare è il piano di geminazione o di emitropia. 
Si comprende che il geminato costituito di due individui entra in 
posizione di ricoprimento con una rotazione di i8o<> attorno all'asse 
di geminazione, epperò quest'ultimo è asse di simmetria del gemi- 
nato, non della sostanza. Piano o zona di associazione è la faccia o 
rispettivamente la zona di ricoprimento dei due indixddui del gemi- 
nato. Frequentemente il piano di geminazione è anche piano o faccia 
di associazione; l'asse di geminazione è spesso asse della zona di as- 
sociazione. Si comprende che l'asse di geminazione non è mai l'asse 
di simmetria del cristallo 2-rio, 4-rio o 6-rio, perchè, data che fosse 
questa possibiUtà, il geminato non sarebbe che ima associazione pa- 
rallela o complementare; nemmeno è possibile che il piano di gemi- 
nazione cada nel piano di simmetria. 

È conveniente definire una legge di geminazione dalla posizione 
dell'asse o del piano di geminazione; e vi sono perciò tante leggi 
quanti possono essere gh assi. Ma però il carattere di una gemina- 
zione può entrare convenientemente nelle cinque leggi seguenti, 

fig. 371 •• 




n CD 




^-i 




/?^Lm^ ^'^Mf^ ^'^yj^ *'^yf* 

Fig. 371. 

1 

I* legge: L'asse di geminazione è normale ad una faccia del 
crìstaUo: 

2* legge : L'asse di geminazione è uno spigolo ; 
3* legge: L'asse di geminazione giace in una faccia ed è per- 
p>endicolare ad uno spigolo; 

4* legge: L'asse di geminazione è la bisettrice di due spigoli; 
5* legge: L'asSe di geminazione è la bisettrice di due facce. 
Esempi. 
1» legge. L'asse di geminazione è perpendicolare a una faccia. 



I70 



Capitolo sesto 



Questa legge è molto frequente nei cristalli dal triclino al monometrico. 
Nel triclino si possono citare l'interessante gruppo dei feldispati, 
dove spicca l'albite (NaAlSigOg); la legge albitica è definita dall'asse 
di emitropia perpendicolare ad A/ (o io), fig. 372. Spesso questa legge 
importante per la diagnosi dei feldispati triclini è ripetuta due e più 
Aolt?. Due volt? è rappresentata nella fig. 373. 





Pig. 37». 



^ìr- 373. 




Vari esempi offre il sistema monoclino. L'ortoclasio (KAlSiaOg) 
fig. 70, pag. 76, in geminazione di Manebach è effigiato nella fig. 374; lo 
sviluppo di esso è secondo P|ooi| ed A/|oio|, l'asse di geminazione è 
perpendicolare a P|ooi | ; piano di emitropia e di associazione è P(ooi ). 
La geminazione di Manebach può essere descritta ancora con la zona 
P.M comune, e ad asse di emitropia in questa zona, giusta la 2* legge. 
Anche la geminazione di Karlsbad dell'ortoclasio (fig. 375) entra 
in questa legge essendo l'asse di emitropia perpendicolare a (100), ma 
entra anche nella 2» legge essendo l'asse nella zona rA/(oio) /(no)]. 

La faccia (100) nel monoclino è frequente piano di geminazione 
là dove essa è sviluppata, così nell'anfibolofig. 69, pag. 75, nel piros- 
seno fig. 68, pag. 75, e 376. nel gesso fig. bh, pag. 75 e fig. 377; ma 







Fig. 375- 



Fig. 376. 



Fig. 377- 



Fig. 378. 



Assoàationi 



la stessa geminazione può essere descritta con l'asse di geminazione 
parallelo alla Kona [no] o bisettrice di due facce (5^ legge). 

Anche nella geminazione della titanite, con a j 1 00 1 , p|oo 1 1 , 
»)|iio|, ojiii|. del monte Ciabergia secondo Boeris rappresentata 
nella fig. 378, l'asse è perpendicolare a '100), 

Interessante per ogni aspetto è Ìl gruppo dell'aragonite (Ca CO,) 
lìg. 8t), pa^. Si, della Witterite (BaCO,) fig, yo, pag. 83, della stron- 
7-Ìanite iSrCO,) fig. m, pag, Sj, e della cerussite (Pb COj) ii%. gì, 
pag, 83, gruppo isomorfo per spiccate proprietà fisiche e chimiche. 
1,'asse di geminarioiie frequente è perpendicolare a una delle facce 
del prisma rombico injiio); l'angolo (no): (ito) nell'ar^onite è 
(ii," 48', negU altri carbonati citati Ìx>co diverso, I,a fig, 379 rap- 
presenta un trigem'nato di aragonjte secondo cjuesta legge, es- 
sendo il piano di eniìtropia ora (110) ed ora (ilo), 11 gruppo di tre 





cristalli cosi uniti assomiglia a un prisma esagono, Xella fig, 380 è 
effigiata una doppia combinazione del trigemino dato dalla fig, 379. 




172 



Capitolo sesto 



Un quadrigemino è rappresentato nella fig. 381 ripetendosi il piano 
(no) di emitropia tre volte. Complesso è pure il trigemino della 
fig. 382 avente per piano di geminazione ima delle facce (no). L'ara- 
gonite come gli altri carbonati isomorfi offre numerose combinazioni 
della stessa emitropia. 

La geminazione più comune nel crisoberillo (Be Alj O^) è secondo 

l'asse perpendicolare a (031) ; la fig. 383 rap- 
presenta uno di tali geminati di Sondrio, 
secondo Brugnatelli, avente le forme a|iool, 
6|oio|, 5|i20|, ijoiij, olmi, n(i2i|. Nella 
marcasite (FeS,) fig. 97, pag. 85 le forme 
più comuni sono >w|iio), ^|oi3) e/j|oii|, ma 
altrove non mancano come nella fig. 384 le 
.forme òfoio|, cjooij, ^|ioi|, a|ioo}, /|oii|, 
?'|oi3j, sjiii|. Il piano di emitropia è spesso 
contenuto nel prisma rombico i»|iio|, di 
guisa che risulta un dentello formato da s 
ed s da b e ò; e data la ripetizione della 
steasa emitropia, il dentello si succede a dentello, e il gruppo di più 
gemini acquista la figura di un pettine, onde la marcasite è cono- 
sciuta anche come pirite pettinata, fig. 405. 

La staurolite [2 Hj O, 6 (Fé Mg) O, 12 Al^ O3, 1 1 Si OJ ha gemina- 
zioni così caratteristiche, clie da esse la specie minerale può essere ri- 
conosciuta. Un cristallo di essa è rappresentato nella fig. 99, pag. 85, 
con le forme m\iio\, 6|oio), c(ooij eyjioi}. I^e forme che possono dar 
luogo ad emitropie sono (032! e (232); nella fig. 385 è effigiata la 
prima emitropia, una croce greca quasi perfetta, nella fig. 386 la 
seconda; l'angolo fra le zone [no] dei due cristalH è^di circa 60°. 






1 


^ 




[V 


i^ 




• 

; — 


■•'*-. 


1 





Fi«. 385. 



Fig. 386. 



Diversi esempi di questa i'^ legge si hatmo nel sistema trigonale. 



Associazioni 



173 



come nella calcite, nel quarzo, nella cabasite, nell'ematite e via 
dicendo. Frequentissime sono le emitropie della calcite a piano di ge- 
minazione |iii|, jiio|, raramente |ii2J. La prima ad asse di gemina- 
zione parallelo all'asse 3-rio si ripete qualunque sia la forma dei cristalli 
romboedrica, scalenoedrica, prismatica ecc. Le fig. 387 e 388 danno 
due geminati ad asse parallelo all'asse 3-rio, quella presentando due 
cristalli sviluppati secondo il romboedro f{ioo), questa secondo lo 





Fig. 387. 



Fig. 388. 



scalenoedro s|2ol) fig. 137, pag. 97. Comune è la emitropia ad asse 
perpendicolare alla (no) come nella fig. 389; anzi questa stessa legge 
si ripete spesso su tuttef le tre facce del romboedro |iio|, e spiega la 
striatura caratteristica della facce jioo|; vedi fig. 406. Nella fig. 390 
è effigiato un geminato, i cui componenti sono cristalli di calcite aventi 
per fonne mfii3|, «|i2i| e c|iiij. L'asse di geminazione è perpen- 
dicolare a una faccia del romboedro diretto ottuso e|i2i}. 




m 



< 


0^ 


-^ 


m 




:.A 


m \--^ 


.^^ 



Fig, 389. 



Fig. 390. 



174 



Capitolo sesto 



Fra le numerosissime geminazioni del quarzo conosciute va 
rilevata quella ad asse perpendicolare al pinacoide basale |iii), 
geminazione d'altronde comunissima nel sistema trigonale; è evi- 




w J* 



/« m 





Fig. 391 «• 



Fig. 3920. 




m. m 



Fìk. 391*. 




Fig. 392*. 



dente che questa legge coincide con la 2» legge in ciucsto caso, poiché 
la zona ^m"! diviene comune ai due cristalli. Nel quarzo special- 
mente i due cristalli del gruppo si comjìenetrano e fauno apparire 
un cristallo imico come è effigiato in prospettiva nella fig. y}i a 
e in sezione trasversale nella fig. yu b. Il geminato assomiglia allora 
ad un cristallo della claSvSe trapezoidale esagonale con le facce tra- 
pezoidali X e A'; confronta con la fig. 36O o 3()7. Un tale ge- 
minato è affatto differente da una associazione complementare di 
I specie. Xon è difficile riconoscere in una sezione trasversale, fig. ^mb, 
la presenza di due cristalli compenetranti si servendosi p. e. di (lualche 
mezzo corrosivo (37). 

Ancora è interessante rilevare nel trigonale la cabasite ;Ca 
Na.2) AI2 Sij 0^2 + 6a(i], che è sempre in geminazione ad asse perpen- 
dicolare a (ili) o parallelo a [iti], ove i due individui egualmente 
sviluppati sono compenetrati, costituiti entrambi delle forme r|ioo}, 



ijiill, e}iio|. Un bel esempio di questa emitropia è effigiato nella 
fig- 393- 





I minerali, relativamente pochi, che cristallizzano nel sistema 
dimetiico, vanno rilevati per la loro caratteristica fftm inazione. 





siccliò da essa sono anche riconoscibili ; tali sono la cassiterite (ìmi O,) 
fig. 20I, il rutilo (Ti OJ fig, 200. lo zircone (SiZrO,) fig. iqS e lyy. 
N'ella fig. 3q2 a è rappresentato un comune cristallo di cassiterite 




176 



Capitolo sesto 



con le forme m|iio) ed5|iii) e con una sezione parallela a una delle 
facce della bipiramide tetragona |ioi}, la quale diviene piano di 
emitropia. Con il cajx) volgimento della metà del cristallo intomo 
all'asse normale a questa sezione risulta il geminato della fig. 392 h, 
detto semplicemente geminato a visiera. La stessa geminazione si 
ripete nel rutilo come è rappresentata nella fig. 396 con le forme 
/|3io) ed 5|iii|, la comunissima geminazione genicolata, mediante la 
quale i due cristalli di rutilo fanno un angolo vicino a 120°. Si incontra 
la stessa legge nello zircone come nella fig. 394, dove i due cristalli 
sono incrociati. 

Iva geminazione più comune nei cristalli del sistema monome- 







_,^^ J^_^ 




Fig. 398. 



Fig. 399. 



trico è ad asse perpendicolare a una delle facce dell'ottaedro o del 
tetraedro |iii|. Così cristallizza spesso lo spinello; l'ottaedro è ef- 
figiato nella fig. 395 a con una sezione (In) che lo divide per metà ; 
capovolte queste due metà Tuna rispetto all'altra danno il geminato 
della fig. 395 h. I^a stessa geminazione si presenta nella fiuorina, 

fig. 397, dove i cristalli sono esaedri 
a|ioo| e compenetrati, mentre nello 
spinello essi sono giustaposti. 

2* legge. L'asse di geminaziotie 
è uno spigolo, ossia l'asse di zona. 
Secondo questa legge una zona è 
comune ai due cristalli formanti il 
geminato; il piano di emitropia è 
normale ad essa. La 2* legge non 
è meno frequente della i* legge. 
Hanno particolare importanza i feldispati triclini per riguardo a 
questa legge, mercè la quale i feldispati triclini possono essere rico- 
nosciuti. Nella fig. 398 sono effigiati due cristalli di albite (Na Al SÌ3 Og) 
in geminazione periclina; l'asse di emitropia AA è l'asse della zona 
[oio], con piano di associazione coincidente con (001) ovvero a questa 




Fig. 400. 



Associazioni 



177 



inclinato di un angolo caratteristico per ciascun feldispato dall' albite 
all'anortite. 

Nei sistemi monoclino, trimetrico, trigonale, dimetrico e mono- 
metrico moltissime sostanze che geminano nella i* legge, geminano 
anche nella 2* poiché l'asse di geminazione o è uno spigolo, o può 
essere sostituito da un asse ad esso perpendicolare ; così p. e. la ge- 
minazione di Manebach dei feldispati può essere descritta o con 
Tasse perpendicolare a (001) ovvero con l'asse parallelo afiool; la 
geminazione di Karlsbad, fìg. 374 è ad asse perpendicolare a (100) 
ovvero ad asse parellelo a [coi]; altrettanto dicasi delle comuni 
geminazioni dell' aragonite, della witterite, della stronzianite e della 
cerussite fig. 379-382 che possono essere definite ad asse o perpendi- 
colare a una delle facce Ino) o parallelo ad uno degli spigoli | [i io] | . 
Così pure la geminazione della marcasite citata e descritta nella 

Nel trigonale l'asse di geminazione essendo [in] come spigolo 
o come perpendicolare a (in) può essere sostituito da un asse pa- 
rallello a uno degli spigpU |[i Io]|, fig. 387 e 388 della calcite, e così via. 

In generale quando un asse di geminazione è perpendicolare ad 
un asse di simmetria di grado pari, esso può essere sostituito da un 
altro asse di geminazione ortogonale con i due, capace di servire per la 
descrizione della stessa geminazione, secondo un principio di Eulero 
sugli asst di rotazione, che basta sia sempHcemente invocato. 






Fig. 401 a. 



Fig. 401 b. 



Fig. 401 e. 



* 

. 3* legge. L'asse di geminazione giace in una faccia ed è normale 
ad uno spigolo. Con un capovolgimento di uno dei due cristalH at- 
torno siffatto asse, esso entra nella posizione dell'altro formante il 
geminato, ed i due cristalli hanno la detta faccia comune e così pure 
lo spigolo perpendicolare all'asse. Senza ripetere alcuni dei precedenti 
esempi, che potrebbero essere definiti con la 3» legge, possiamo ri- 
levare in ispecial modo la geminazione della mica rappresentata 

12 — C. Viola. 



Capitolo sesto 



nella fig. 390 ad asse AA. giacente in c(ooi), e perpendicolare ad 

4' legge. L'asse di geminazione i la bisellrice di due spigoli, e 
perciò giacente nel loro comune piano. Con questa legge si può de- 
scrivere una geminazione constatata da Brògger nella gibbsite 
Al (OH),. La fig. 400 reca appunto l'effige di un tale geminato, ove l'asse 
di geminazione è in c(ooi)'e divide per metà l'angolo fra gli spigoli 
[010] e fi io], di guisa cUe questi due spigoli si coprono reciprocamente. 

.S" legge- L'asse di geminasione è la bisettrice di due /aea'.edè 
quindi perpendicolare al loro comune spigolo. 

La geminazione conosciuta col nome di Baveno può entrare in 
questa legge, spesso osservata non solo nell'ortoclasio ma ancora nei 
feldispati triclini. 1,'asse di geminazione i> la bbettrice delle facce 
,U(oio) e P(ooi), I due cristalli di ortoclasio cora.ponenti questo ge- 
minato hanno la posizione indicata nella fìg. 401 a. ove la faccia P 
dell'uno coinci<lf con la faccia M dell'altro e x'iceversa. Di solito i 
due cristalli del geminato sono compsnetrati parzialmente com; nella 
fig, 401 b. o coni plet aniente comenelta fig. 401 e. o anche giustapostì. 
Alcuni autori descrivono questa geminazione applicando la prima 
legge cioè ad asse perpendicolare a una delle facce del prisma m)02iI 
fig. 70, pag, 76, ma questo modo di vedere non corrisponde ai fel- 
dispati triclini, ovs le facce [021; non fauno angoli eguali con 
(010) e (001). 



29- EmÌTroi'hì GKMiN.iZTONi COMI-OSTE. — La fig, 373 ci pre- 
senta una geminazione compatta, poiché consiste di tre cristalli se- 
condo la emitropia albitica. Abbiamo anche riferito geminazioni 



composte nella aragonitc fig. 379, 380, 3S 
la ste.Ma geminazione si ripete nella ce 
' ' e nelle varie specie 



382: più spesso ancora 

Geminazioni composte 

;rali, tanto che esse co- 



Associazioni . 179 

stittiiscono un carattere specifico di queste. Si può affermare che la 
geminazione alhitica dei feldispati, è un fenomeno comunissimo, non 
meno che la geminazione periclina fig. 398. Vi sono feldispati triclini 
(albite, ohgoclasio e andesina) costituiti di lamelle sottilissira.e as- 
sociate secondo la legge albitica, combinata con la legge di Karlsbad; 
tale è p. e. quello effigiato nella fig. 40; in sezione perpendicolare 
a '001]. Poligeminaiioni o ingeminazioni secondo le due leggi albitica 
e periclina sono riprodotte nella sezione fig. 403 ; le lamelle sono in- 
crociate. Per questo riguardo è ancora più interessante il microclino 
(KAlSij Oj) l'I quale è costituito di lamelle ii'crociate secondo il peri- 
clino e l'albitico e tar.to sottili che appena il microscopio a forte in- 
grandimento in luce polarizzata (62) (63) le può discernere. La 
fig, 404 dà una sezione di microclino perpendicolare a [100], Lamelle 
sottilissime di questo carattere si sono scoperte anche nell'ortoclasio, 
tanto che è parso a taluni di non riconoscere alcuna differenza tra 
ortocla.sio e microclino, come non vi è alcuna differenza fisica e chi- 



Fig. 404- FiB, 40S- 

La marcasite (Fé S;) 6 di solito geminata ad asse perpendico- 
lare a una delle facce »:|iio|, fig. 384. Si è anzi osservato che stante 
la ripetizione di questa legge, si ottiene un ingeminato a dentelli, 
come nella fig. 405, da giustificare per la marcasite il nome di pirite, 
pettinata. 

Esponendo la emitropia della calcite secondo il piano di gerni- 
nazioue coincidente con una delle facce del romboedro jiiol, fig, 389, 
si è osservato che l'emitropia può essere composta ripetendosi più volte 
su tutto il romboedro inverso, e causando la striatura caratteristica 
sulle facce del romboedro lioo|. Si veda la figura schematica nella 
fig. 406, 

Il rutilo del dimetrìco è spesso oggetto di geminazione composta. 



i8o 



Capitolo sesto 



ad asse perpendicolare a una delle facce della bipiramlde di II specie 
joiil, come nella fig. 394, ove l'angolo fra gli assi principali di sim- 





Fig. 406. 



Fig. 407. 



metria è di circa 1200; con la ripetizione di questa emitropia si ot- 
tiene il geminato composto della fig. 407, assomigliante a un ginocchio 
onde genicolata la geminazione siffatta del rutilo. 





Fig. 408. 



Fig. 409. 



La fig. 408 dà la comune emitropia della calcopirite avente 
come forme la bipiramide tetragona di II ord. z\o2i\, e come piano 
di geminazione una delle facce dei due bisfenoidi o|iiiJ e (i)|ili| 
fig. 224. Nella fig. 409 è effigiata una emitropia secondo la stessa 
legge composta di 5 cristalli, aventi la stessa forma ^|o2i}. 

Abbiamo già detto che la geminazione di Manebach è comuais* 
sima nel feldispato ortoclasio, il cui sviluppo in tal caso è secondo 
la zona [100] cioè 3/ (010) e P(ooi). fig. 374. Due geminati di tal 



Associaziotii 



i8i 



fatta possono a loro volta associarsi secondo la legge di Bareno 
fig. 401, e formare un quadrigeminato della fig. 410, il quale si 
trova diffusissimo nel granito di Baveno. 





Fig. 410. 



Fig. 411. 



La geminazione del crisoberillo fig. 383, può essere ripetuta 
6 volte e generare una caratteristica stella esagonale di questo mi- 
nerale, come è effigiata nella fig. 411. 

Nelle emitropie semplici e in quelle composte gli assi di gemi- 
nazione e i piani di geminazione si presentano come elementi di sim- 
metria del geminato. Tali simmetrie sono apparenti e si distinguono 
dalle simmetrie proprie del cristallo, in quanto queste ultime esi- 
stono in tutti i punti della sostanza, quelle sono limitate solo nei 
punti di contatto dei singoli indixidui. Ma quando il cristallo riesce 
composto di numerosissimi e minutissimi individui associati da co- 
stituire una ingeminazione omogenea secondo una o più leggi di 
emitropia, esso assume uno stato con -simmetria diversa da quella, 
che è propria a ciascun individuo isolato; esso assume una pseudo 
simmetria o simmetria impropria. Quest'ultima è un fenomeno legato 
aUa simmetria propria del cristallo, poiché le costanti fondamentah 
sono bensì caratteristiche di una simmetria o di un sistema, ma si 
avvicinano al carattere di un'altra simmetria o di un altro sistema. 
Così la pseudosinmietria esagonale dell'aragonite, fig. 379-382 si 
trova in relazione con l'angolo (no): (ilo) vicine a (x>^. I^a pseudo- 
simmetria del microclino fig. 404, è in rapporto con l'angolo (010): 
(001) vicino a 90°. Ne si constata la pseudosimmetria, ossia la in- 
geniinazione, che nei casi limiti ora ricordati. In conclusione una 
sostanza può essere dotata a varie temperature e pressioni di due 
simmetrie, propria e impropria; un tale fenomeno prende il nome 
di mi me sia. 



i83 Capitolo sesto 

30. MiMESiA. — Una sostanza anisolropa ed omogenea avente 
la proprietà di apparire al cospetto di due simmetrie diverse, a varia- 
bile pressione e temperatura, si chiama mimetica. Il fenomeno stesso 
è mia mimesìa. Il microclino fig. ^04 è mimetico, sia che esso si pre- 
sentì nella simmetria del triclino. sia che esso per effetto della«iiige- 
minaziooe ammetta caratteri del monoclino. Esso è in tutto identico 
. all'ortoclasio, ed infatti a temperatura elevata perde la struttura 
ingeminata e diviene monochno. 

Il pennino, specie di clorite, è ima sostanr.a mimetica, apparte- 
nendo al sistema trimetrico con angoli simulanti il sistema trigonale 
(romboedrico). Infatti il pennino è costituito omogeneamente di, 
lamine trimetriche in posi/Jone di emitropia, couie è rappresentato 
nelle fig. 41 za, b. Nella fig, 41J a è un trigemino con faccia comune 
e(ooi), e con le fornii Hjioij, ^ji32|. Nella fig, 412 6 è una ingemi- 
na/.ione secondo la stessa legge. 




Anche la leucite [KAlSi^O,) è mimetica essendo costituita 
di lamelle sottilissime appartenenti al^trimetrico, ma formanti nel 
loro insieme un cristallo dalle forme monometriche, fra le quali la 



:- l'icositetracdro (leucitoedro) |ii2(, fig, 4130, I,a ri- 
gatura di tutte le 14 facce dimostra la ingeniinazioue del cristallo. 
secondo diverse le^gi; la lupe polarizKata. parallela attraverso nua 



Ass»£ÌaiioHÌ 183 

sezione ne dimostra la costituzione, conte nella fig. 413 fi. È notevole 
che a 560" C la rigatura e le anomalie ottiche spariscono, la sostan/.a 
si fj in tutto omogenea, il cristallo di leucite diviene monometrico; 
a temperatura sotto 5600 C, la sostanza si scinde di nuovo, la inge- 
minaiione si ripresenta, il cristallo ritoma trimetrico, senza mutare 
naturahnente il suo contorno. Da qui risulta che la mimesia dà Tm- 
dizio di due modificazioni ri"crsibili (60) Jiossibili nella leucite, che 
a s^o" possono trovarsi in contatto. 



La perowskits (Ca Ti O,) cristallizza nel sistema trimetrico 
come l'aragonite (CaCOa), ma senza un esame approfondito è dif- 
ficile determinare che la simmetria della perowskite appartenga ef- 
fettivamente al trimetrico, stante la sua figura tstema che ha tutto Ìl 
carattere del monometrico, come si rileva dalla fig. 414 «. Ma le facce 
striate corrispondenti a \ ioo| e le sezioni sottili osservate in luce pola- 
rizzala dimostrano che im cristallo di perowskite 6 una ingemin anione 
di lamelle sottilissime. Non è dimostrato che la perowskite sia dimorfa, 
ma il fenomeno accompagnato dagH stessi caratteri è probabilmente 
analogo a quello che si osserva nella leucite e nella boracdte. 

Altro esempio consimile offre la boracite (Mg, Cli B,, Oao). la 
cui figura è data nella fig. 350 come appartenente alla classe 31» 
esacistetraedrica con le forme i^liiot, otioo|, Hj2ii| e »jiii|. Nella 
fig. 415 a è pure effigiato un cristallo di boracite con le forme jiool, 
(noi. jiiil e jin|. he tacce striate, le sezioni vedute in luce pola- 
rizzata dimostrano all'incontro che la boracite ò una ingeminazione 
prodotta da lamelle appartenenti al sistema monoclino associate 
secondo jiio), fig. 415 b. La boracite, come la leucite è un cristallo 
mimetico con due simmetrie, una propria monoclina, una impropria 
mouometrica. A ifiii" la boracite diviene monometrica, a tempe- 
rature sotto ìbà" essa ritorna monoclina. Dunque la 1 ' 
questa sostanza è dovuta alta vicinanza della sostanza al i 
trico, e sta in rela'Àone col dimorfismo. 

Sostanze mimetiche si incontrano di frct[uente nelle zeoliti. 
La fig. 4H) è un effige mimetica della Philhpsite. 



L'analcìme (Ca Alj (SiO,), + aaq) ha aspetto mouometrico come 
la leucite, con l'icositetraedro |2ii), ma così le sue facce striate 
come !e sue anomalie ottiche Sono sufficienti per dimostrare clje il 
sistema a cui l'analcune appartiene, è trimetrico o raonoclino. I.'anal- 
cìnie ha dunque alla stessa tem- 
paratura e pressione dufr sim- 
metrie diverse, ed è quindi mi- 
metica; ed infatti a 350" è il 
limite fra l'analciine mouome- 
trìca e l'analcìme trimetrica. 

Il solfato ramoso CujS del 
monometrico (103) con densità 



5,65 e la calcosina CujS del trimetrico. fig. gS. con densità ^.S quasi 
eguale alla prima, si trovano nello stesso rapporto come le due modifi- 
cazioui della leucite. Infatti ad alta temperatura esiste il sotturo ra- 
moso monometrico, a bassa esiste la calcosina del trimetrico, scom 
posta in lamelle sottilissime in relazione emitropa. donde la stessa 
densità. La dimostrazione del passaggio da una all'altra forma di Cn,S 
vien fatta al microscopio in luce polarizzata riflessa (85). L» \-alen- 
tinite (SbiOj) presenta analogo fenomeno (103). 

Dati questi esempi, non sì può negare che la niimesia accompagna 
sempre il polìmorfomo, quando le due modificazioni riversibih (100). 
nelle quaU la ntedesima sostanza può cristallizzare, presentano co- 
stantì rispettivamente vicine fra di loro. La pseudo simmetria, o 
iummetria impropria, caratterizza allora l'edificio o il reticolato |16), 
in mezzo al quale si fissa la simmetria propria. Il passaggio da una 
simmetrìa all'altra a temperatura determinata è dunque necessa- 
riamente istantaneo perchè si compie in tutti i punti. do\-echè le 
trasformazioni in sostanze non mimetiche sì compiono in un tempo 
più o meno lungo e possono dar luogo anche a stati metastabih (99). 



Associazioni 



185 



31. Associazioni eterogenee. — Associazioni eterogenee re- 
golari fra moltissime sostanze colpiscono l'attenzione dell'osserva- 
tore. Cristalli di diverse specie si associano assai spesso con facce o 
zone comuni. Come nelle associazioni omogenee, così anche nelle 
associazioni eterogenee, ossia fra cristalli di diverse specie, la ten- 
sione superficiale è minore della somma delle tensioni superficiali 
doioite a cristalli isolati. Questo risultato è tanto più evidente, quanto 
più sviluppate sono le facce e rispettivamente le zone che con l'as- 
sociazione vengono a coprirsi, e quanto è più grande la costante 
capillare delle zone e delle facce, rispetti ve. Numerosissimi *esempi 
confermano questa coincidenza. 

La fig. 417 rappresenta una associazione fra arsenico e arse- 
nolite (AS2 Og), e precisamente la base (iii) dell'arsenico è ricoperta 
da facce dell'ottaedro dell'arsenoUte; anche le facce del romboedro 
jioo| dell'arsenico sono ricoperte dalle facce ottaedriche dell'arseno- 
lite, verificandosi contemporanean^ente il parallelismo degli spigoli. 





Fig. 417. 



Fig. 4x8. 



La magnetite (Fej O4) si associa regolarmente con l'ematite, 
la miersite (CuJ.4AgJ) con la iodirite (AgJ), la piromorfite 
(Pba)Pb4(P04)3 con la galena PbS, la magnetite (Fca O4) con il 
rutilo (Ti O,), la blenda (ZnS) con la calcopirite (Fé Cu Sj), la te- 
traedritecon la calcopirite. La fig. 418 rappresenta quest'ultima as- 
sociazione con le f accie ojiiil del tetraedro e con le facce /? j 1 11 ) del 
bisfenoide dimetrico. 

La fig. 419 rappresenta un'associazione regolare di cerus- 
site (PbCOj) fig. 91, e di galena (PbS) fig. 293, ove la faccia (ori) 
della cerussite copre una delle facce |ioo| della galena, e la zona [100] 
dell'una è parallela alla zona [cu] dell'altra. Nella fig. 420 è rappre- 
sentato mi esaedro di pirite (FeSj) fig. 318-325 con le striature ca- 



ratteristiche in associazione con cristalli di marcasite (Fé Sj) tìg. 97, 
dalle forme .l/(iioJ, '[oiil e r|oi4|. Sopra ogni faccia dell'esaedro 
)ioo| vi è un geminato di maicasite ad asse perpendicolare a |iio| 
fig. 384, e orientato in guisa che la faccia di associaiione jiio) di 
(juesta è parallela ad una faccia dell'esaedro ed alle striature rbpettìve. 





All'incontro la base del gruppo fig. 421 è il pinacoide c|ooit 
della marcasite ; sopra di essa sono adagiati esaedri di pirite eoa dia- 
gonale parallela alla zona [010] ecc. 

È notevole, benché non solita, l'associazione del rutilo (TiO,) 
con l'ematite (Fe,0,) secondo una legge die caratterizza i cristalli 
di CawTadi (San Gottardo). Questi cristalli sono s\-iluppati secondo 
il pinacoide basale e |iii| e sovrapposti l'imo sull'altro secondo la 
base con leggera inclinazione da dare ad ogni gruppo l'aspetto di 
rosette, Ì,e form? che inoltre si osservano su taU cristalli, sono il 
romboedro diretto r jiool, Ì romijoodri inversi s (iiil e e jioil con 
l'isoscelocdro n I3I1J fig. 42^. I cristalli di rutilo rosso-bruni sono 
appoggiati sulla faccia [iii) dell'ematite con la loro faccia (100), e 




le zone dell'una |[iio]l quasi iwrtettaniente parallele 
la zona ^ooe] dell'altro. 



Associazioni 



187 



Moltissimi altri esempi di associazioni eterogenee sono noti fra 
i minerali, come la calcite con.l'aragonite, la dolomite con la clorite, 
lo zircone con la xenotima, il rutilo con l'anatasio, l'andalusite con 
la sillimanite ecc. 

Nella fig. 423 è effigiata un'associazione regolare di clorite con 
dolomite assai comune, ove le direzioni principali della dolomite 
j[ilo]| sono parallele rispettivamente alle direzioni fondamentali 
della clorite, sicché (ni) dell'una è ricoperta da (001) dell'altra. — 
Più caratteristica e direi più elegante ancora è l'associazione regolare 
fra lo zircone (vSiZr04), fig. 198, e la xenotima (YPO4) appartenenti 





Fig. 424 



Fig. 425- 



entrambi al sistema dimetrico. Le fig. 424 e 425 danno due esempi 
bellissimi di questa associazione. E con ciò è ben lungi la fine dell'enu- 
merazione di questi casi. Che dire per esempio della costante associa- 
zione fra bronzite e bastite ? La trifilina cristallizza associata con 
la graftonite, l'aragonite col gesso, la staurolite costantemente con 
la cianite, specialmente negli scisti cristallini del San Gottardo, il 
pirosseno con la biotite e l'anfibolo, l'aragonite con il quarzo, l'albite 
con l'ortoclasio e moltissimi altri. — L'albite e l'ortoclasio si alter- 
nano in associazione regolare, e così di frequente che l'unione stessa 
ha preso il nome di pertite. Se poi l'associazione è costituita di miim- 
tissimi elementi di albi te e ortoclasio da formare un insieme omo- 
geneo analizzabile con il microscopio, essa ha quasi l'aspetto di una 
specie minerale, in cui K ed Na variano entro limiti larghi, e come 
micropertite venne anche conosciuta. 

AUe associazioni eterogenee regolari si accostano le associazioni 
di sostanze isomorje, vale a dire sostanze chimicamente e fisicamente 
molto vicine fra di loro. Con l'associazione regolare di sostanze isomorfe 
si ottiene come risultante omogeneo ima sostanza isomorfa che per 
le sue proprietà tiene delle une e delle altre, e dove i vari componenti 
si trovano in proporzioni variabili. Innimieri esempi possono quivi 
citarsi che si conoscono come cristalU misti: così le miscele di albite 
con l'anortite dando luogo ai vari feldispati triclmi, oligoclasio, an- 



i88 Capitolo sesto 



desite, labradorite, bitowiiite, ecc. ; le miscele in tutte le proporzioni 
di clorato e di manganato potassico, del pari di perclorato e di per- 
manganato potassico, ovvero di solfato di magnesio e di zinco ecc. 
Ma è da notarsi che mi 'associazione eterogenea fra cristalli 
di spiccata diversità chimica e fisica può considerarsi come una mi- 
scela meccanica, ove i singoli componenti non subiscono alcmia alte- 
razione reciproca per effetto della loro unione. — I^e associazioni 
eterogenee di cristalli isomorfi sono da considerarsi come miscele 
fisiche omogenee, ove i componenti subiscono reciproche deformazioni, 
in forza delle quali le loro proprietà fisiche si conguagliano. Codeste 
associazioni eterogenee sono dunque notevolmente diverse dalle 
prime, e si conoscono perciò come cristalli misti isomorfi. Per ripristi- 
nare i componenti dalla loro associazione nei cristalli misti si richiede 
del lavoro termico, come vi abbisogna del lavoro per scindere un 
soluto dal solvente in una soluzione, nondimeno cristalH misti non 
sono identici a soluzioni. 



Associazioni 189 



LETTERATURA Al, CAPITOLO VI. 



W. L. Lewis, A ireatise on crystallography. Cambridge, 1899. 
O. MiiGGE, Die regelmàssigen Verwachsungen von Mineralien etc. Stutt- 
gart, 1903. 
Henry A. Miers, Manuel pratique de Mineralogie. Paris, 1906. 
F. WALI.ERANT, Cvistollographie . Paris, 1909. 

Vedi le numerose pubblicazioni speciali di Brògger, Haidinger, 
Lacroix, Rose, Arzruni, Striiver, Artini, Panebianco, Brugnatelli. Negri, 
MilloseAàch, Boeris, Billows, Wright, Tschermak, G. Rose, V. Goldsch- 
midt, Baumhauer, Viola, L- Penfidd, A. Bianchi, ecc. 



CAPITOLO VII 



Proprietà meccaniche. 

32. Elasticità. — Un corpo (isotropo o cristallo) sotto l'Éfzione 
di forze esteme si deforma (in volume e in 'figura); la deformazione 
è in generale tanto maggiore quanto più grandi sono le forze indut- 
trici. Le forze interne al corpo che tengono equilibrio alle forze esteme 
in ciascun istante durante la deformazione del corpo, si dicono forze 
elastiche, quando siano capaci di riportare il corpo al suo stato ini- 
ziale al ceSvSare delle azioni esteme. Il fenomeno pertanto che un corpo 
riprende la sua forma e il suo volume iniziali, dopo essere stato defor- 
mato e dopo cessate le forze deformatrici, si chiama fenomeno di 
elasticità. I corpi stessi godenti di tale proprietà si dicono elastici. 



■••• •*• •• • «•• 



7 A 



Fig. 426. 

Suppoftgasi che il fenomeno consista nell'allimgamsnto di mia 
sbarra, la cui lunghezza è considerevole per rispetto alla sua sezione 
trasversale. Sia P la forza esterna di tensione applicata alla detta 
sbarra, la cui lunghezza sia /, fig. 426, e la sezione trasversale a. L'al- 
lungamento che essa subisce per effetto della forza P sia X. Dato che 
al cessare della forza esterna P cessi completamente la deformazione, 
l'esperienza insegna che fra le quantità suddette esiste la seguente 
relazione : 

/ a ^ 

X = e — P, ovvero P -= E-^-X (27 

a l 



Proprietà meccaniche 191 



essendo e il coefficente d'elasticità, ed E = — il modulo d'elasticità 

alla tensione. 

Per la determinazione razionale di z si ricorre, cosi per i corpi 
amorfi come per i cristalli, al fenomeno della flessione elastica. A tal 
fine si estrae dal corpo in esame una sbarra rettangolare nella dire- 
zione, secondo la quale si vuol determinare il modulo e, la si appoggia 
orizzontalmente ai due estremi, e la si carica nel mezzo con un peso 
isolato P. L'inflessione che essa per tal modo subisce è determinata 
dalla freccia 7), fig. 427. Sia / la distanza fra gli appoggi, 6 la larghezza 
della sbarra, d la sua altezza, ne \4ene la seguente relazione: 




Fig. 427. 



donde si ricava il valore del coefficente d'elasticità: 




^-■n-Tr\-r\ (28 



La flessione è in generale accompagnata da torsione nei cristalli, 
tranne nel caso in cui la sbarra sia tagUata parallelamente o normal- 
mente a un piano di sinmietria del cristallo. 

I fenomeni elastici, dilatazione, pressione e torsione, sono natu- 
ralmente centrici; il vettore che dà il valore della forza elastica è 
un bivettore. Da qui segue che le proprietà elastiche distinguono 
gruppi di cristalli con centro. 

Le 32 classi cristalline con l'aggiunta del centro di simmetria 
si riducono a 1 1 gruppi, dove due gruppi del monometrico sono iden- 
tici per le loro simmetrie, e cosi dicasi di due gruppi dell'esagonale. 
Pato questo, i gruppi cristallini, che possono essere distinti per le 
loro proprietà elastiche, sono nove. 

Per distinguere questi 9 gruppi si costruisce la super fice di dilata- 
zione elastica per ciascun gruppo, vale a dire si determina la dilata- 
zione elastica per ogni direzione, e si porta su di essa a partire da un 
centro il coefficente di dilatazione (di elasticità). Il luogo degH estremi 



igi Capitolo settimo 

così ottenuti' É !a supprfice di dilatadoue. I-a teoria dimostra che ogni 
gruppo elastico ha un certo numero di costanti, le dilatazioni prin- 
cipali, in base alle quali la superfice di dilatazione si può costruire. 
I 9 gruppi di cristalli sono i seguenti: 

1" gruppo. — A questo gruppo appartengono i cristalU del 
monometrico, che, come vedremo, sono isotropi per la luce. Le co- 
stanti che determinano la superfice di dilatazione sono tte. Gli ele- 
menti di simmetria ejastici sono 9 piani e 13 assi, quelli precisa- 
mente che determinano la simmetria della classe esacisottaedrica. 
Carattere di questa superfice è che i piani diametrali perpendicolari 
rispettivamente agli assi 3-ri la tagliano secondo cerchi, come è indi- 
cato con linee punteggiate nella fìg. 41S, la quale rappresenta la su* 
perfice di dilatazione della fluorite (Ca F,), 



A questo gruppo seguono 5 gruppi elastici dotati di un asse di 
isotropia ottica. Essi sono: 

2" gruppo. ~ Appartengono a questo gruppo i cristalli del 
sistema esagonale. Le costanti che determinano la superfice di dila- 
tazione elastica, sono tre; la quale è una superfice di rotazione, sicché 
le sezioni perpendicolari all'asse principale sono cerchi. Di questo 
gruppo sono conosciute le costanti elastiche del Berillo. 

3° gruppo. — Vi appartengono i cristalli del trigonale, classi 
scalenoedrica, trapezoedrica e piramidale ditrigonale, i cui rappre- 
sentanti fra i minerali sono rispettivamente la calcite, il quarzo e la 
tormalina. Qui^-i le costanti della superfice di dilatazione elastica sono 
quattro; il piano diametrale perpeni^coUre all'asse 3-rio la sega in 
un cerchio. Gli elementi dì simmetria di questa superfice sono un 
asse 3-rio, 3 piani in esso contenuti, e 3 assi 2-ri a questi rispettiva- 
mente perpendicolari ; sono precisamente quegli elementi che indivi- 
duano la classe scalenoedrico- trigonale. La superfice di dilatazione 



Proprietà meccaniche 193 

ha 6 costanti. I^a fig. 429 rappresenta la superfice di dilalazic»ie della 
calcite. 

4" gruppo. — Quivi appartengono le nlteriori.due classi del 
sistema trigonale, cioè romboedrica e piramidale. La superfice di di- 



latazione elastica ha 6 costanti, un asse 3-rio ed è segata da mi 
piano perpendicolare all'asse in un cerchio. — Sono state determinate 
le costanti della dolomite. 

I seguenti due gruppi includono le 7 classi del sistema dimetrico, 
3° gruppo. — Vi appartengono i cristalli delle cla.'ìsi tiipitamidale 
ditetragonale, trapezoedrica, piramidale ditetragonale e scalcnoedrica. 
La superfice di dilatazione elastica ha un asse 4-rio, quattro piani 
di simmetria in esso contenuti due a due ortogonali, quattro assi 
2-ri ad essi rispettivamente perpendicolari e il piano di simmetria 
peqier.dicolare all'asse 4-rio. Essa è determinata da (1 costanti e non 
possiede sezioni circolari. 

60 gruppo. — Vi appartengono i cristalli delle clas,<ii bipirami- 
dale tetragonale, piramidale tetragonale e bisfenoidale tetragonale. 
La superfice di dilatazione elastica ii determinata da 7 costanti, ha 
un asse 4-rio ed il piano di simmetria ad esso normale: .sono gli ele- 
menti spettanti alla classe bipiramidale tetragonale. 

I cristalli non aventi assi di isotropia ottica, ma dotati di due 
assi ottici, appartengono ai seguenti tre gruppi elastici: 

7° gruppo. — I cristalli di questo gruppo sono del sistema tri- 
metrico. La superfice di dilatazione elastica ha tre assi di sinunetrìa 
2-ri e tre piani di simmetria ad essi rispettivamente normali ; sono pre- 
cisamente gli elementi che distinguono la classe bipiramidale rom- 
bica. — Le costanti che la individuano sono 

13 - C. Viola. 



194 Capitolo settittto 

Gg. 430. dà la superlìce di 'dilata;tìone elastica della barìtma (BaSOj). 
le cui costanti sono pienauieiite note. 

8" gruppo. ■ — La superfice di dilatazione elastica gode di un 
piano dì simmetria e di un asse 2-rio ad esso normale, elementi di 



Flg. 430. 

simmetria che distinguono la classe prismatica del sistema monoclino. 
— Per la dt termi nazione di questa superfice vi abbisognano 13 co- 
stanti. 

go gruppo. — Vi appartengono i cristalli delle classi pìnacoidale 
e pediale del sistema triclino. La superfice di dilatazione è irregola- 
rissima ; è determinata da 2 1 costanti ed ha solo il centro di simmetrìa. 
Da questo riassunto brevissimo sulle proprietà elastiche dei 
cristalli emergono come possibili tre assi di simmetria cioè i-rio, 
3-rio e 4-rio, I,'asse 6-rio non è contemplato nelle proprietà ela-stiche, 
poiché la superficie di dilatazione elastica relativa ai cristalh appar- 
tenenti al sistema esagonale è una superfice di rivoluzione. La legge- 
di Hauy (13). ossia la legge degh indici razionali semplici, rende pos- 
sibili nei cristalli quattro assi di simmetria a-rio. j-rio, 4-rio e G-rio. 
E per mettere in luce ancora più intensa la diiferenza. che passa fra 
le proprietà elastiche e la legge di Hauy, osserviamo che le leggi 
elastiche si riferiscono a un mezzo omogeneo anisotropo senza li- 
miti capace di deformarsi e di riprendere la ^ua forma iniziale, la 
legge di Hauy SÌ basa sull'equihbno stabile di contatto fra cristallo 
e mezzo amorfo, che lo hmita. La legge di Hauy non dimostra perciò 
le proprietà elastiche, e viceversa queste non servono a sostegno 
dì quella. È da notarsi ancora che tutti i crìstaUì senza eccezione 



Proprietà meccaniche 195 



sono anisotropi per rispetto ai fenomeni elastici, sicché è giustifi- 
cata la definizione : e Ws/a/// ess^rf i corpi omogenei, solidi, liquidi 
fluenti anisotropi per le quantità elastiche (S). 

33. IMMITE d'elasticità, PI.ASTICITÀ. SCORRIMENTO. — I^a teoria 

dell'elasticità, di cui si è appena fatto cenno (32), è applicabile a corpi 
ideali (amorfi o cristalli), dove l'elasticità è perfetta o quasi* per- 
fetta, vale a dire a corpi tali (come p. e. la mica, il quarzo ecc.) 
che riprendono esattamente la loro forma primitiva, appena le forze 
esteme deformatrici, vengono a cessare. Ma in realtà in tutti i 
corpi, amorfi o cristalli, le deformazioni non dispaiono mai al ces- 
sare delle forze esteme, o limitatamente solo allorquando le forze 
esterne deformatrici sono relativamente piccole ed hanno breve 
durata; in realtà vi rimane sempre una dejormazione residuale o 
permanente in dipendenza dello sforzo estemo, della durata del ci- 
mento, e delle proprietà elastiche del corpo ; vale a dire s' oltrepassa 
in generale il limite d* elasticità. 

Questa nozione ha naturahnente un valore pratico, perchè il 
limite di elasticità non è determhiabile, e non esiste nenmieno. Non 
vi è ristante ove apparisce il primo indizio di deformazione perma- 
nente, come non vi è l'istante ove un corpo in.comincia ad essere li- 
(juido, né un istante ove incomincia ad essere solido ; solamente amorfo 
e cristallino hanno un limite preciso e determinabile. 

Ad ogni modo praticamente si assegna un Hmite di elasticità, 
quando incomincia a mancare la proporzionalità fra dilatazione e 
sforzo estemo. Sia dunque P^ il limite di elasticità inteso in questo 
ser.so, riferito all'unità di area (i cm*). Se lo sforzo estemo aumenta 
oltre il limite P^ la deformazione permane, e finalmente ad un limite 
Pj il corpo si disgrega. 

Un cristallo si dice assolutamente fragile per P^ = P^, quando 
cioè la rottura del cristallo avWene al limite d'elasticità. 

Per ogni altro valore positivo di N — P2 — Pi il cristallo è 
plastico, poiché ha la proprietà di permanere deformato. 

Il nimiero A^ = P2 — A ^ ^^ indice inteso a valutare la pro- 
prietà plastica di un corpo, che nei cristalli varia con la direzione. 
N è il modulo della plasticità, il rapporto ,^ 



Pt i\ ^a 



è il grado della plasticità. 

L'esperienza insegna che tutti i cristalli sono plastici in minore 
o maggiore grado, cioè tutti i cristalli subiscono qualche deforma- 






196 Capitolo settimo 



zione pennanente sia pure piccolissima, persino quelli che pratica- 
mente sembrano rigidi, fragili ed elastici quali il quarzo, l'asbesto, 
la mica, la calcite ecc. 

Vi sono all'incontro cristalli che si inflettono facihnente e ri- 
mangono piegati, posto che le forze esterne siano continuative per 
quanto deboli. Così si comportano l'amianto, la clorite, il gesso, il 
talco» la grafite, l'orpimento, l'antimonite, il ghiaccio ecc. 

L'antimonite e il gesso si trovano inflessi già naturalmente 
per le pressioni laterali e longitudinali esercitate dal terreno racchiu- 
dente ; e si può dimostrare cjuesto fenomeno esercitandovi le pressioni 
artificiahnente. Cristalli di gesso si piegano con la semplice com- 
pressione delle dita. Inflettendo e comprimendo un cristallo di an- 
timonite nella direzione dell'asse [100], vi si formano delle striature 
sulle facce (100) e (oio) parallele al pinacoide (001). Si osserva inoltre 
che l'inflessione è dovuta allo scivolamento di lamine sottilissime, 
nelle quali il cristallo si divide, scivolando nel piano (001) lungo 
l'asse [010]. La fig. 431 dà l'effige di un cristallo di antimonite 
ripiegato come si presenta naturalmente. 



Fig. 431. 

È dimostrato che i cristalli nel luogo di inflessione residuale 
conservano il carattere di stato cristallino, omogeneo ed anisotropo. 
non everso da quello intatto ; donde segue che la deformazione per- 
manente consiste in un semplice scorrimento delle particelle cri- 
, stalline parallelamente a determinati piani, i quali appunto si chia- 
mano di scivolamento, scorrimento o traslazione. 

Con una esperienza semplicissima sul salgemma si può dimo- 
strare l'esistenza di piani di scivolamento come causa di deforma- 
zione. Si chiude un esaedro (o cubo) di salgenmia fra due ganasce 
di ghisa, l'una concava, l'altra convessa, fig. 432, sottoposte a una 
forza di compressione P. L'esaedro (figura punteggiata) si deforma 
nella forma a tratteggio, pronunziando N-isi dei piani di scivolamento 
paralleli alle fàcce del rombododecaedro, mentre come è noto i piani 
di sfaldatura sono i>aralleli rispettivamente alle facce dell'esaedro (35). 

Piani di scorrimento si determinano in una sostanza cristalliz- 
zata in seguito a conveniente cimento estemo. Un cristallo dotato 
di ima sola posizione di scorrimento può metterla in ex-idenza facii- 



i 



Proprietà meccaniche 197 

mente quando sìa foggiato a sfera e sìa schiacciato fra due piani 
paralleli compressori: esso si di\ide infatti in lamelle sottili, fig, 434, 
inclinate, e in virtù dello scivolamento di esse, vi sì deteniiina la 
deformazione della sfera. 



C^- 




Per dimostrare la plasticità del ghiaccio si tagli un prisma di 
ghiaccio, che viene indi appoggiato su due estremi e caricato con un 
peso P nel mezzo, ^. 433 a: dopo un certo tempo il prisma di ghiaccio 
si inflette, si piega, si prolunga come nella fig, 433 b; l'inflessione del 
ghiaccio È talvolta così profonda che i due 
estremi d'appoggio si devono scostare. La 
spiegazione che sì può dare di tiuesto fenomeno 
è rappresentata schematicamente nella figu- 
ra 433 t; l'inflessione che il ghiaccio subisce 
è dovuta a piani di scorrimento paralleli. 
Questa spiegazione può giustificare il movi- 
mento dei ghiacciai, benché ciuìvi non ha „. 
minor valore un secondo fattore, cioè il rigelo 
dovuto alla pressione. 

Anche i cristalli molU fluiscono, perchè le loro particelle s 
secondo determinati piani senza perdere il loro orientamento. 



198 Capitolo setthno 



La prima sostanza cristallina conosciuta, estremamente pla- 
stica e molle come la cera, è il joduro di argento AgJ alla tempera- 
tura sopra 1460, che cristallizza nel sistema monometrico. Si osserN-i 
che sotto 1460 esso cristallizza nel sistema esagonale (jodite fig. 167). 
Il joduro d'argento monometrico può essere deformato facilmente 
con leggera compressione fra le dita, senza che perciò perda del suo 
carattere cristallino. Analoghe proprietà ha il nitrato d'ammonio 
fra 320 e 83». e tutti gli oleati alcalini (6), (9). Si può anzi sostenere 
che la fluidità di certi cristalli, detti cristalli liquidi, è dovuta a piani 
di scorrimento. Solo una indagine più profonda sulla struttura potrà 
giustificare questa teoria. 

I piani di scorrimento sono in generale paralleli a facce aventi 
indici piccoli, ossia facce a piccolo accrescimento perpendicolare, 
come ad esempio nell'antimonite, nel salgemma, nel ghiaccio ecc. 

La plasticità, benché dovuta sempre alla stessa causa, si mani- 
festa sotto vari aspetti. Ci sono p. e. cristaUi molto flessibili come il 
talco, la clorite, il gesso, l'orpimento, il nitrato di ammonio ecc. ; 
altri sono malleabili e duttili come l'oro, l'argento, il rame, il platino, 
il ferro ecc. secondo che siano estensibili in lamin.e sottili o distendi- 
biH in fili sottili. Le foglie di oro ordinarie hanno uno spessore di 
o.oooi mm. circa. Faraday è arrivato ad ottenere, per vìa indiretta, 
foglie d'oro di spessore 0,000.001 mm. Si fabbricano fiU (Ji platino 
dello spessore di 0,000.05 ^^^- ^ ^^ ^^ quarzo dello speSvSore di 0,000.3 
millimetri. 

34. Enotropie artificiau, figure di percussione e pres- 
sione. — Lo scorrimento, lo scivolamento e la traslazione sono fe- 
nomeni assai diffusi nei cristalli e diffusamente studiati. Abbiamo 
veduto che le deformazioni e persino la fluibiUtà sono spiegabili 
con lo scorrimento delle particelle costituenti il cristallo secondo 
determinati piani; anzi si può aggiungere che le deformazioni e la 
fluibilità dei cristalU non deve avere altro principio, se il cristallo 
debba conservare dopo la deformazione la stessa natura e sinmietria 
come l'esperienza insegna; ossia lo stato cristallino non cambia di 
stato con la deformazione. Il fenomeno dello scorrimento è venuto 
anche in aiuto per spiegare le emitropie semplici e composte, e per 
riprodurle artificialmente. Classiche per questo riguardo sono le^ 
esperienze sulla calcite. 

Si prenda a tal fine un romboedro di calcite e se ne smussino 
due vertici opposti con piani paralleli, come è indicato nella fig. 435 a 
con linee punteggiate; se su di essi si fanno agire normalmente due 
pressioni P eguali ed opposte, formanti una coppia, fig. 433 b, 
in seguito a continuato cimento, il romboedro si divide in lamelle 



Proprietà meccaniche 



199 



sottili associate secondo (iio| (fig. 133 e 139); è questa appunto 
la emitropia naturale veduta nella fig. 389 e la ingeminazione ri- 
prodotta nella fig. 406. 






Fig. 435 «. 



Fig. 435 b. 



Si ottiene un analogo risultato più semplicemente appoggiando 
su un piano orizzontale un romboedro di calcite con uno dei suoi 
spigoli (lo spigolo ad angolo ottuso), ed applicando perpendicolar- 
mente una lama di coltello sullo spigolo apposto. Dato un colpo secco 
alla lama così appoggiata, fig. 436, le particelle di calcite scivolano 
lungo uno dei piani liio|, e dopo avvenuto lo scorrimento, una parte 








Fig. 436. 



Fig. 437. 



di calcite si viene a trovare in posizione di emitropia con la parte 
del cristallo rimasta sul posto. Si può anche seguire il fenomeno 
dopo avere tracciato su una faccia laterale un cerchio, ed osservando 
la figura che prende il cerchio in seguito alla deformazione. Nella 
fig- 437 ^ segnato il cerchio e la sua deformazione, che è un'elisse. 

Deformazioni analoghe si ottengono sul nitrato di sodio (Na 
NO3) suU'antimonite (Sbg S3), sul bismuto (B%) ecc. 

Si osservano non di rado piani di scorrimento ed emitropie ad 
essi dovute nell'ematite, nel corindone, nel pirosseno ecc. 

Le cosidette figure di percussione sono un fenomeno dovuto 



200 



Capitolo settimo 



a piani di scorrimento. Esse si ottengono applicando su una faccia 
del cristallo in esame una pmita resistente (un po' ottusa), ed eser- 
citandovi una percussione con im colpo secco di maggiore o minore 
intensità secondo la resistenza del cristallo sulla faccia in esame. 
In seguito a questa percussione la superfice del cristallo si dix-ide 
secondo una figura radiale, i cui raggi si trovano su piani di scorri- 
mento. Sulla faccia dell'esaedro del salgemma si genera una stella 
a 4 raggi paralleli rispettivamente alle facce del rombododecaedro, 
fig. 438 a e fig. 432. Su una faccia dell'ottaedro del salgemma la 
figura radiale di percussione è a 3 raggi, fig. 438 6, che sono rispet- 
tivamente paralleli ai piani del rombododecaedro. Le facce basali 
|ooi| della mica generano figure di percussioni di 6 raggi, fig. 439, 

Fig. 438 a. 



V 


/ 












r 

1 

1 


^ 


/ 




'v 





Fig. 439. 



Fig. 438 b. 

due dei quali nel piano di sinmietria (010)'. le altre quattro rispetti- 
vamente nelle facce del prisma (iio|. 

I cristalli dotati di sfaldatura sono per questo riguardo inte- 
ressanti, se le figure di percussione vengono provocate su facce in- 
clinate verso i piani di sfaldatura o diversamente inclinate (35). 
poiché le figure di percussione in tale caso sono acentriche. La cal- 
cite e la sostanza di nuovo megho studiata per questo riguardo. 
Sulle facce del romboedro lioo| fig. 131, le figure di percussione con- 
sistono di due raggi paralleU agH spigoli del romboedro |ioo) e di 
una serie di divisioni parallele alle facce del romboedro inverso [iioj 
fig. 133- ^^e dette figure di percussione sono rappresentate nella 



Proprietà meccaniche 201 



fig. 440 a. Sul pinacoide basale della calcite cjiii| fig. 139, le figure 
di percussioile consistona di tre raggi paralleli rispettivamente alle 
facce del prisma esagonale di 2° ordine |ilo| con divisioni secondarie 
parallele rispettivamente alle facce |iio| con piani di scorrimento. 
Vedi la fig. 440 b. 

Molta analogia con le figure di percussione hanno le cosidette 
figure di pressione, che si ottengono con pressione continuativa senza 
scosse, esercitata da una punta ottusa appoggiata normalmente 

Fig. 440 a. 






Fig. 441. 
Fig. 440 b. 

alla faccia in esame. Le direzioni radiaU di cjueste figure non coinci- 
dono sempre con le direzioni radiali delle figure di percussione ; non- 
dimeno i piani, secondo i quaU le dette figure si conformano sono 
paralleli rispettivamente a piani di scorrimento. Nella fig. 441 sono 
tracciati i raggi delle figure di pressione che si ottengono sulle facce 
cJooi| della mica; essi fanno circa 30° con i rispettivi raggi della 
figura di percussione; confronta con la fig. 439. 

35. Sfai^dabiutà. Frattura. — Nella deformazione di un 
cristallo (33) conviene avere riguardo a due limiti delle forze esteme 
ili vista delle proprietà meccaniche. Il primo hmite è P^, limite di 
elasticità, ove incominciano a manifestarsi le proprietà plastiche, 
la flessibilità, la malleabilità, la duttilità, lo scorrimento, la fluenza, 
la fluibilità; il secondo P, ^ i^ limite di plasticità ove incomincia la 
rottura, la disgregazione. La rottura si manifesta in" quei luoghi, 
ove la massa ha la più piccola resistenza, e si possono dare due casi : 
o la più piccola resistenza è minima per tutte le forze esterne comunciue 



202 Capitolo settimo 



applicate, ov'A'ero essa è la più piccola in rapporto con la momentanea 
cimentatone esterna. Nel prinxo caso la rottura avviene secondo 
determinati piani invariabili e si chiama sfaldatura o frattura la- 
mellare; nel secondo caso essa si manifesta secondo eventuali super- 
fice, che possono essere piane o non piane e si chiama frattura. 

La frattura e la sfaldatura, specialmente (quest'ultima, sono ter- 
mini caratteristici dei cristalli. I/a sfaldatura ha posizioni di massima 
densità, perpendicolarmente alle ciuali l'accrescimento è minimo 
(legge di Curie (IO)), ossia posizioni dagli indici semplici (legge di 
Hauy (13)). Sfaldature eguali sono date dalla stessa fonna, come 
sfaldature diverse appartengono a forme diverse. 

Nel sistema triclino si hanno sfaldature diverse. Così la sfaldatura 
jooi| fig. 5.| nell'albite e molto più perfetta della sfaldatura |oio}. 
Analogamente nel disteno: molto perfetta è .la sfaldatura (looj 
*^g- 55. nieno perfetta |oio|. 

Nel sistema monoclino vi possono essere sfaldature due a due 
eguali, poiché due sfaldature eguali appartengono a un prisma. Una 
sfaldatura è o (hol) parallela o /oio) normale all'unica zona [oio] 
che trae una faccia (oio) normale. La sfaldatura (ooi) della mica 
è la più perfetta che si conosca nei minerali. Il gesso ha tre specie di 
sfaldature; perfettissima è la sfaldatura (oio) fig. 66, meno perfette 
sono le eguali sfaldature secondo il prisma jliil e così pure secondo 
il pinacoide (ioo(. Notevoli sono le sfaldature dell'ortoclasio fra loro 
ortogonali, fig. 70, che hanno insieme analogia con quelle deU'al- 
bite fra loro quasi ortogonaU; molto perfetta è la sfaldatura |ooi|, 
meno |oio|. Le due sfaldature prismatiche |iio| distinguono a colpo 
d'occhio il pirosseno (fig. 68) dall'anfibolo (fig. 69), non tanto perchè 
m quello la sfaldatura è meno perfetta che in questo, quanto per 
l'angolo fra due sfaldature che sta intomo a 93» nel pirosseno e a 
1200 nell'anfibolo. 

Nel sistema trimetrico vi sono parecchie sostanze, le quali col 
carattere della sfaldabilità possono essere indi\'iduate. Così la Broo- 
kite, i carbonati, la marcasite, la calcosina, la stauroUte ecc. o non 
hanno sfaldature affatto o appena tracce. All'incontro i solfati anidri 

di terre alcaline (R S O4) sono distinti per le loro sfaldature perfette. 
TaH sono la baritite, l'anglesite, la celestite, che sfaldano perfetta- 
mente secondo il pinacoide (001 1, e un po' meno esattamente se- 
condo il prisma jiio|, fig. 93, 94, 95. 

Nell'anidrite (Ca S O4) fig. 96, spiccano tre sfaldature di carat- 
tere diverso secondo i pinacoidi lioo|, joiol e |ooi|. 

Molto perfetta è la sfaldatura basale jooi|, fig. 100, del topazio. 
L'orpimento (Aso S,) fig. SH a, e l'antimonite (Sb^ S3) fig. S8 h si asso- 
migliano ptr la loro sfaldabiUtà perfetta secondo il pinacoide (oioj. 



Proprietà meccaniche 203 



Nel sistema irigottaìe le sfaldature eguali sono in numero mag- 
giore che nei precedenti sistemi. Una sola sfaldatura non può essere 
che secondo il pinacoide basale {iii|. Indi sfaldature eguali sono 
in numero di tre o secondo il romboedro per lo più |ioo| o secondo 
il prisma di I ordine |i5i). Così il nitrato di so<lio, fìg. 130, la calcite, 
la siderite, la magnesite, la dolomite, la smithsonite ecc. sfaldano 
jjerfettamente secondo jiooj. Anche il dioptavSio (CuH., SÌO4), 
fig. 147, sfalda perfettamente secondo il romboedro (ioo.| Sfaldatura 
molto imper fetta ha il quarzo sec ondo 1 100 1; ma si è notato un'altra 
sfaldatura nel quarzo pure imperfetta secondo il romboedro inverso 
J22i|. Il cinnabro (HgS) invece sfalda assai bene secondo il prisma 
di I ord. |i2i|. fig. 158. 

I biossidi del sistema àimetrico zircone, thorite, rutilo, cassi- 
terite, polianite, anatasio ecc. sfaldano in generale imperfettamente; 
nemmeno i tungstati, i molibdati ecc. hanno sfaldature perfette 
l)en distinte. 

Xel sistema esagonale il berillo (AI4O5 (SiOjjg) fig. 255 ha sfal- 
datura imperfetta secondo la base {0001 ). Tracce di sfaldatura hanno 
i fosfati e gli arseniati. 

Moltissime sostanze del mcniometrico sfaldano perfettamente 
secondo l'esaedro lioo|, così la galena (Pb S), il salgenmia (Na CI), 
la silvina (K CI), ha fluorite (CaF), la cuprite (CujO), il diamante 
(C) ecc. sfaldano secondo l'ottaedro liii|; la blenda (Zn S) seconda 
il rombododecaedro (no) ecc. 

Minerali o cristalli non dotati di sfaldatura si rompono secondo 
superfice ói frattura, che può essere piana, o quasi piana, concoide ecc. ; 
la frattura può essere liscia, scheggiata; fibrosa, terrosa, saccaroide ecc. 

36- Durezza. — La classica definizione della durezza, alla ciuale 
ancora si tiene è: durezza essere la resistenza, che una superfice liscia di 
UH cristallo {minerale) oppone all'intaccamento di una punta. Ma è evi- 
dènte che la durezza cosi definita dipende dallo stato fisico della 

■ 

superfice in esame, dalla forma della punta e dallo sforzo. Su questa 
definizione si basa la scala di Mohs, che in mineralogia rende buonis- 
simi servigi, sopratutto per la diagnosi rapida dei minerali o per 
una prima classificazione di essi. 

hsL scala delle durezze di Mohs è costituita di minerali che in 
natura sono molto diffusi e si trovano spesse* allo stato assai puro. 
Essi sono i seguenti : 



IO talco H< Mg3 (Sij 03)4 : 
20 gesso Ca S O^ - 2 a(i ; 
30 calcite Ca C O3 ; 



204 



Capitolo settimo 



40 fluorite Ca V^ ; 
50 apatite (Ca PO^ÌgF; 
6» ortoclasio K Al Si, O, ; 
70 quarzo Si O^ ; 
80 topazio AI2 Sìa Fj ; 
yo corindone Al^ O3; 
10° diamante C. 

Un minerale fun cristallo) che rimane in uno di questi intervalli 
sarà solcato dal più duro che è il susseguente, e solcherà il più tenero 
che è il precedente nella scala. Così p. e. l'anfibolo è solcato dall'orto- 
clasio e solca a sua volta l'apatite, onde la sua durezza è nell'inter- 
vallo fra 5 e 6. La blenda all'incontro non solca la fluorite ne è 
striata da questa, onde la sua durezza 04. 

Si possono facilmente classificare i cristalli in questi io gradi 
di durezza, ma sarebbe un errore credere che questi gradi siano ter- 
mùii di una serie ad intervalli costanti; quello che manca in questo 
metodo relativo alla valutazione della durezza è l'unità. 







Fig. 442. 



Per la conoscenza più precisa della durezza si è costriiito un 
istrumento, che prende il nome di sclerometro; il più classico è quello 
di Seebeck, e i più importanti risultati sperimentaU sono quelli di 
Exner. Lo sclerometro, consiste di due parti, di cui una è la piat- 
taforma ove appoggia, scorre e può girare il cristallo di un angolo 
dato; l'altra parte consiste di una punta destinata a scalfire il cri- 
stallo caricata di un peso P, fig. 442. 

Questo istrmnento ha servito per determinare la durezza dei 



Proprietà meccaniche 



205 



singoli minerali costituenti la scala di Mohs, eti esprimerla in grammi. 
I risultati ottenuti sono i seguenti: 

2 gesso durezza 

3 calcite » 



4 fluorite 

5 apatite 

6 adularia 

7 quarzo 

8 topazio 
IO diamante 



0,04 
o,2ò 

0,75 
1.23 

• 25,— 

40.— 

152.— 

1000, — 



Le esperienze sulla durezza eseguite con lo sclerometro hanno 
dimostrato essere la diurezza differente sulle diverse facce di un 
cristallo e nelle diverse direzioni, persino nei diversi sensi di una di- 
rezione. Quest'ultimo fenomeno si è manifestato su quelle facce le 
quali fanno un certo angolo, diverso da 90°. per rispetto alle posizioni 

(2M) 





Fìg. 443. 



Fig. 444 



Fig. 445. 



di sfaldatura, appunto per la diversa resistenza, che può opporre 
questa e talvolta possono opporre i piani di scorrimento alla solca- 
tura prodotta da una punta spinta in uno o nell'altro senso di una 
direzione. Per avere tutto il fenomeno della durezza su una faccia 
del cristallo, si determina la durezza per tutti^ le direzioni, la ciuale 
come vettore-durezza viene portata sulla dire/ione in esame a par- 
tire da mi'origine; indi per punti si costruisce la Hnea che si chiama 
curva delle durezze. 

Le fig. 443, 444 e 443 rappresentano le varie curve delle durezze 
sulle rispettive facce (100), (iii) e (211) della calcite. Ogni vettore 
di (lueste curve è la durezza in direzione, senso e grandezza. Atteso 
le tre sfaldature perfette della calcite secondo |ioo|, le curve della 
durezza sono sempre acentrate. 



2o6 Capitolo s$tHmo 



Lo sclerometro non può dare la durezza di un corpo (cristallo) 
su una faccia in \-alore assoluto, poiché la durezza dipende dalla forma 
della punta in.cidente e dalla sua durezza ; di più la scalfittura su una 
faccia del cristallo vi è quando può essere rivelata con maggiore o 
minore ingrandimento del microscopio. Hertz e Auerbach proposero 
di definire la durezza come la resistenza alla pressione' di un corpo 
nel contatto fra una superfice piana e ima superfice sferica di esso 
con dato diametro, quando nel contatto si manifesta uno schiaccia- 
mento. Ma e comprensibile che se questa definizione vale per la du- 
rezza dei cristalli, un cristallo, ad esempio, non è più duro di un altro 
perchè resiste di più alla pressione fino allo schiacciamento, ma sib- 
bene perchè resiste anche allo scorrimento. In conclusione vari fat- 
tori entrano in funzione della durezza dei cristalli. Un cristallo mal- 
leabile è diflPerentemente duro di un cristallo duttile, o di uu cristallo 
pieghevole. Un cristallo molle può resistere di più alla rottura clie 
nm cristallo fragile. 

37. Corrosione. Staio fisico dei*le facce. — Col titolo di cor- 
rosione si intende in generale la distruzione delle facce di un cristallo 
per via meccanica, chhnica o cKimica-fisica (soluzioni) (79). Que- 
st'azione è necessariamente irriversibile, per quanto lenta possa 
essere (8). Onde la corrosione non segue le leggi dell'accrescimento 
dei cristalU (|0), e le nuove faccette che per virtù della corrosione, 
vi si fonnano, non entrano nella legge di Hauy (13). La corrosione 
sulle facce di un cristallo procede per punti, e si inoltra nella sostanza 
del cristallo formando cavità, e perciò lasciando indietro rialzi, li- 
mitati da un contorno a faccette di corrosione piane o curve. Ca\'ità 
e rialzi formano insieme le figure di corrosione, le quali imprimono 
alle facce del cristallo il loro carattere o stato fisico (|S). Ive facce ap- 
partenenti a una forma cristallina (IS) hanno lo stesso carattere 
fisico, e perciò sono coperte dalle stesse figure di corrosione, in rap- 
porto con una determinata azione esterna. Da qui segue che le figure 
di corrosione individuano le forme cristalline, la simmetria del cri- 
•stallo e talvolta anche la sua struttura (|S). 

I mezzi per ottenere sulle facce dei cristalli figure caratteri- 
stiche e bene individuate sono molteplici; ora l'azione del solvente 
o del reattivo deve essere momentanea, energica e rapida, ora lenta, 
leggera, continuativa e prolungata. Solo l'esperienza deve e può 
determinarne le modaUtà. 

Esempi. 

I^a fig. 446 rappresenta una faccia esaedrica jiooj del salgenuna 
(Na CI), la fig. 447 una analoga della silvina (KCl). Le figure di 
corrosione di entrambi sono tremie formate da faccette piramidali : 



Proprietà meccq^iiche 



207 



nel salgemma le faccette corrispondono a facce di qualche tetraci- 
sesaedro; nella silvina le faccette appartengono a facce di un gi- 
roedro. Nel salgemma le figure di corrosione determinano due piani 
di simmetria perpendicolari alla faccia esaedrica in esame, nella 
silvina mancano siffatti piani di simmetria. 






B, 




^ 



w Ha 



Kl 




Ei 




Fig. 446. 



Fig. 447. 



Analogamente le figure di corrosione vengono a profitto per la 
determinazione della simn^etria della calcite e della dolomite. Trat- 
tate entrambi con acido cloridrico diluito, esse si corrodono; figure 
di corrosione emergono facilmente su tutte le facce di questi due 





Fig. 448. 



Fig. 449- 



minerali. Sono specialmente interessanti quelle che si formano sulle 
facce del romboedro fondamentale (ioo|. Nella fig. ^a^ sono effi- 
giate le figure di corrosione della calcite, nella fig. 4^9 quelle della 
dolomite; in quella le dette figure sono monósimmetriche, sicché 
il piano di simmetria della calcite e perpendicolare alla faccia in 
•esame e di\4de per metà le figure di corrosione. Nella dolomite manca 
siffatto piano. 



2o8 



Cafniolo setUtno 



Si ottengono figure di corrosione sull'apatite trattando questa 
con acido cloridrico diluito. Sulla base joooi| dèi cristallo fig. 450 
appariscono figure di corrosione esagonali limitate da faccette che 




Fìg. 450. 

corrispondono a piramidi esagonali di III ordine fig. 263, onde la 
classe in cui cristallizza l'apatite è bipiramidale esagonale. 1/ angolo e, 
fig. 450, varia con la concentrazione dell'acido cloridrico. 

Importanti sono le figure di corrosione sulle facce dei romboedri 
diretto |ioo| e inverso jI22| del quarzo. Con soluzione diluita di 





Fig. 451. 



Fig. 452. 



acido fluoridrico, le dette facce si coprono di una striatura finissima 
da conferire alle suddette facce un aspetto sericeo. In mezzo a siffatta 
striatura si formano degli incavi più o meno profondi corrispondenti 
a facce trapezoedriche. La differenza tra quarzo destro e quarzo 
sinistro si rileva dalle fig. 451 e 452. È exàdente che con la corrosione 
si distinguerà facilmente un cristallo di quarzo geminato, come è 
rappresentato nelle fig. 368 e 391. 



Proprietà tneccaniche 209 



I^ETTERATURA AL CAPITOLO VII. 



W. VoiGT-A. SBixa, Fisica cristallografica. Milano, 1904. 
W. VoiGT, Lekrbuch der Kristallphysik. Leipzig, 1910. 
O. Lbhmann, Molekularphysik, Leipzig, 1889. 

— Flussige Kristalle. Leipzig, 1904. 

— Ueher die Teilbarkeit der Kdrper. Natur, 1889. 
F. Wali^RANT, Cristallographie. Paris, 1909. 

Vedi inoltre le pubblicazioni di Tammann, Mtigge, Auerbach, 
Beusande, Hofer, Lnzi, Smyth, Reusch, Beckenkamp, Lord Kelvin, 
Somigliana, Gonnard, Gaubert, Frìedel, Osmondet et Gartaud. 



14 — C Viola. 



CAPITOLO VUI 



Proprietà ottiche. 

a) Nozioni generali. 

38. Propagazione dei,i,' energia raggiante neix'etere e 
NEI mezzi densi. — L'energia luminosa si propaga nei mezzi omo- 
genei in tutte le direzioni con velocità finita, indipendentemente 
dalla distanza, almeno fin dove l'osservatore può sperimentare. In 
generale la velocità varia con la direzione; nei mezzi isotropi e nei 
cristalli monometrici essa è la stessa per tutte le direzioni; nel 

cm 

vuoto essa è 3 x io^° — ;- per tutte le radiazioni, che pratica- 
sse 

ment^^ quella dell'aria. D'ordinario la velocità si esprime in cm al 
secondo; ma la dicitura e le singole espressioni si rendono più sem- 
plici, assumendo la velocità raggiante nel vuoto come unità, e dando 

perciò al tempo l'unità di — io— 1° secondi. Si comprende allora che 

rindice di rifrazione t» è il reciproco della velocità ^ in un mezzo 

denso, cioè n =- - . 

L'energia raggiante è individuata dalla lunghezza d'onda X, 
ovvero dalla durata di una vibrazione, che diremo T, e che è natu- 
ralmente la stessa per tutti i mezzi, etereo e densi. Essendo q la velo- 
cità raggiante, X la lunghezza d'onda, T la durata di una oscillazione, 
corrispondente a X, si ha ^T == X ; ovvero chiamando con N il nimiero 
di vibrazioni nell'unità di tempo si ha anche q = XN. 

39. SuPERFiCE d'onda. — Il luogo geometrico di tutti i punti, 
dove in un istante t arriva l'energia raggiante a partire da un centro, 
si chiama superfice d'onda o superfice radiante. Nei mezzi isotropi e 



Proprietà ottiche 211 



nei cristalli tnonometrici essa è una sfera, negli altri cristattL una 
superftce centrata a doppia falda, sicché l'energia arriva nello stesso 
istante in ogni direzione in generale in due punti. Le superfice d'onda 
si estendono e si amplificano in ogni istante successivo ; esse sono 
naturalmente concentriche, simili fra loro e di dimensioni propor- 
zionali al tempo nei mezzi omogenei. Per superfice d'onda propria- 
mente detta si intende quella relativa all' unità di tempo; nel vuoto 
(nell'etere) essa è perciò una sfera di raggio i cm, in un mezzo iso- 
tropo denso e nei cristalli monometrici una sfera di raggio — cm, 
• n 

essendo n l'indice assoluto di rifrazione del detto mezzo per rispetto 
al vuoto. Si comprende perciò che moltipHcando la velocità lumi- 
nosa q — — per l'indice di rifrazione n si ottenga l'unità. 

Posto d il cammino percorso dalla luce nel tempo t con la velo- 

cita q, risulta qt = d= — , e dn = /; il prodotto dn si chiama cammino 

n 

luminoso. Il cammino luminovSo nello stesso tempo è naturalmente 

10 stesso in' tutti i mezzi, ed è minimo. L'energia raggiante che in- 
contra un elemento della superficie 
d'onda, si propaga in linea retta lungo 
il raggio vettore di quell'elemento, co- 
me si può provare per la luce, dispo- 
nendo di una sorgenfe luminosa L, 
fig. 453, di uno schermo ab, munito 
di un forellino e. I raggi vettori della 
superfice d'onda sono dunque raggi 
(raggi luminosi), che giustificano essere 
la superfice d'onda una superfice ra- 
diante. Vn elemento qualsiasi di essa contenuto nel pianò tan- 
gente si propaga parallelamente a sé stesso nella direzione del 
raggio; p. es. nell'istante t va da 5 ad S', fig. 454, rappresen- 
tando così il come S' le superfice d'onda al principio e alla fine del 
tempo /.Il segmento s ~ OS nell'unità di tempo dà la velocità radiante. 

11 piano tangente alla superfice d'onda si sposta parallelamente a 
sé stesso e nel tempo / va da QS a Q'S\ sicché il segmento QO = q 
della peipendicolare al piano d'onda, nell'unità di tempo, è la velo- 
cità normale, la quale é naturalmente minore di 5, velocità radiante. 

Se il centro luminoso é all'infinito, la superfice d'onda ha di- 
mensioni infinite; ogni suo elemento é piano, che si chiama piano 
d'onda o onda piana. Praticamente si ottiene un'onda piana, collo- 
cando la sorgente luminosa nel fuoco reale dì una lente. In fisica e 




212 



Capitolo ottavo 



in cristallografia la quantità che direttamente si misura è perciò //, 

la velocità noimale (giammai s), 
perchè l'osservatore misura sempre 
lo spostamento peipendicolare delle 
onde piane; anche gli istrunienti 
ottici sono generalmente aggiustati 
per luce parallela. Si calcola e 
si costruisce la superficie d'onda con 
i valori di ^ in tutte le direzioni, 
perchè come la fig. 454 dimostra, 
la superfice d'onda è l'inviluppo 
dei piani d'onda considerati come 
tangenti d'onda. 

« 

40. PRINaPIO DI HUYGEKS. 

JvEGGE DI Descartes. ' — Si può 
costruire la superfice d'onda per un 
tempo / in due modi : o portando 
su tutti i raggi uscenti da un cen- 
tro lummoso la 1 ispettiva velocità s 
moltiplicata pel tempo /, o^'^'ero 
utilizzando ilna superfice d'onda 
Fig. 454. nota pel tempo i^, e litenendo cia- 

scun punto di essa come centro 
luminoso; le superfice d'onda parziali pel tempo l-t^ dei detti centri 
inviluppano la superfice d'onda pel tempo /, menti e nei punti non 
appartenenti a detta superfice gli effetti delle onde pai ziaU si eUdono. 
Questo principio di Huygens è applicabile ancora qualunque sia la 
superfice da cui si parte; se p. es. quest'ultima è la supeifice di se- 
parazione di due mezzi, il detto principio serve per deteiminare le 
leggi della riflessione e della rifrazione. Consideiiamo a tal fine il 
caso generale. I/onda piana OH', fig. 453, si piopaghi parallelamente 
a sé stessa nella direzione 70, peipendicolare ad essa, e incontri la 
superfice di separazione di due mezzi 1 e li, la superfice rifiettetìte , 
che immaginiamo sia piana e rappresentata nella detta figura dalla 
traccia GG. Il piano perpendicolare così alla superfice riflettente come 
'al piano d'onda è il piano incidente, piano del disegno nella fig. 455, 
ove è contenuta la normale IO. In un istante successivo unitario 
l'onda piana rappresentata da OW passi irr una parallela rappresen- 
tata da D\\\. Le curv'e Si e Sj rappresentino le superfice d'onda per 
i due mezzi rispettivi I e II, aventi il comune centro O. Il punto D 
figura la traccia dell'intersezione dell'onda piana rappresentata da 
DWi col piano riflettente, come il punto O figura quella dell'oirda 




Proprietà ottiche 



213 



rappresentata da OW. Dalla iutersezioae, la cui traccia è D, siano 
condotti i piani tangenti alle superfice d'onda figurate in Si e 2j 
(potendo essere a una o a due falde), che le toccano in punti 
rappresentati in .S\ e Sj nel primo e rispettivamente nel secondo 
niexzo. Posto il principio di Huygens, i piani tangenti così costruiti 



■X 



j 



/ 





JV. 



Fig. 455. 



inviluppano le superfice d'onda per l'unità di tempo a partire da 
tutti i punti della superfice di separazione GG situati nell'intervallo 
OD. Per conseguenza i detti piani tangenti sono le onde piane riflesse 
e rifrattc, dove l'energia luminosa arriva nell'unità di tempo a partire 
dall'onda piana OW incidente. OS^ e ON.y sono le rispettive normali 
delle onde piane; e come segmenti rappresentano le velocità delle 
dette onde, riflesse e rifratte; OvS, ed OS^ sono i rispettivi raggi lu- 
minosi. Chiamando con i l'angolo d'incidenza, angolo fra IO e A^'q^Vq 
(la normale a GG), con y l'angolo (o gli angoli) di riflessione, angolo 
fra OA\ e A'^o-'^o. con p l'angolo (o gli angoli) di rifrazione, angolo 
fra OA\ e A'^oA'q, si ricavano le seguenti tre leggi, avendo riguardo 
ai triangoh rettangoU ODAp ODS^, ODN: 



a 



7 a 



sen 


t 




<] 


sen 


r 




^i 


sen 


Y 




<ii 



^i, 



sen 



n 



?/.> 



n. 



30) 



essendo q, </,, ij^ le velocità normaU nelle direzioni IO, 0A\, ON^; 
n, »j, tu gli indici di rifrazione nelle rispettive direzioni; 

3» le normali 01, OX, OX^, OXi, XqXì, sono in un piano. 



214 



Capitolo ottavo 



9 

Se i due Inezzi I e II sono isotropi, fig. 456 e quindi sfere le 
rispettive superfice d'onda di raggi q-^ e q^, rappresentate nella fig. 456 




Fig. 456. 



dai cerchi Si e ^2, si ricavano le tre leggi di Descartes col sussidio 
dei triangoli OSJ), OS^D e OSD: 



a 



?i = ^. » = f; 



>& 



sen t 



sen p 






n. 



= — = costante; 



n. 



^^ le normali OS, OS^, OS^, A^qNq sono in un piano, piano inci- 
dente, o piano di riflessione. 



41. Luce omogenea, composta, naturai^e, poi^arizzata. — 
I/energia raggiante è individuata dalla lunghezza d'onda X, o dalla 
durata d'oscillazione T o ancora dal numero di oscillazioni A^ nel- 
l'unità di tempo. X varia col mezzo come la velocità di propagazione 
dell'energia. T ed N sono naturalmente indipendenti dalla natura 
del mezzo, in cui le vibrazioni si compiono. >Secondo il valore di queste 
costanti si distingue: 

1° raggi elettrici (Hertz); X ò maggiore di 3 mm., A' = io**, 
r= IO— "secondi; 

20 raggi i cui effetti sono ignoti ; X varia da 3 mm. a 0.06 mm.. 



A^ = ioli — 5 X io", T = 10-11 



IO— 1^ secondi; 



3<^ raggi invisibili, oscuri o infrarossi; X = 0.06 mm. — 0.00076 



Proprietà ottiche 215 



mm., iV = 5 X io'* — 4 X IO— 1*; T = — io—" — — 10—^* secondi; 

5 4 

4° raggi visibili o luminosi; X = 0.00076 mm. — 0.0004 mm., 

I i 
iV = 4 X IO** — 7.5 X io'*, r = — IO—'* IO— ** secx>ndi; 

4 7-5 

50 raggi ultravioletti, oscuri o invisibili; X = 0.0004 mm. — 

I 

o.oooi mm., iV = 7.5 x io**...., T = 10— '*.... secondi. 

7-5 

Per i raggi Rontgen o raggi X si ritiene \ — 0.000,000,01 mm. ossia 
IO— 'cm. Queste diverse forme di energia raggiante non sono netta- 
mente separabili. 

I fenomeni luminosi sono dovuti a variazioni periodiche che su- 
bisce una quantità vettoriale, la quale è parallela al piano d'onda per 
onde piane e mezzi isotropi, come dimostrano le esperienze di Arago 
e Fresnel. Per ogni luct omogenea questo vettore compie vibrazioni 
armoniche, sinussoidali, la cui durata T determina il colore della 
luce omogenea. La lunghezza d'onda X, ossia la distanza minima fra 
due onde piane nella medesima fase è il prodotto di T per la velo- 
cità normale q, ossia 

\=^qT ^ \^ ~ 31) 

Xei mezzi densi la velocità della luce è funzione di T, il che spiega 
la dispersione della ln^e composta (non omogenea). 

Per avere l'intensità della luce, si fa il quadrato dei vettori e se 
ne ricava la media. 

Essendo i fenomeni luminosi analoghi ai fenomeni elettro- 
magnetici, le onde luminose sono onde elettromagnetiche, ove si 
propagano due specie di vibrazioni, le forze magnetiche e le forze 
elettriche, che nei mezzi isotropi e nei cristalli monometrici sono 
trasversali alla propagazione e ortogonali fra loro. Con queste forze 
si s\'iluppano campi indotti, che nei mezzi isotropi e nei cristalli 
monometrici sono rispettivamente nelle medesime direzioni. 

II vettore luminoso può cambiare di direzione così rapidamente 
che l'occhio non è in grado di percepire; siffatta luce si dice naturale. 

Con la riflessione, con la rifrazione o con l'assorbimento in certi 
cristaUi, la luce naturale subisce modificazioni taH, che i punti estremi 
del vettore luminoso si mantengono su una linea. La luce così modi- 
ficata è polarizzata, ed ò rettilinea se la linea è una retta, elittica o 
circolare se è un'elisse o un cercliio. 

La luce naturale si trasforma in luce polarizzata rettilinea quando 
è riflessa da una superfice di separazione fra due mezzi trasparenti 
isotropi sotto un certo angolo di incidenza, che si chiama angolo di 



2i6 Capitolo ottavo 



t^^i 



polarizzazione o angolo di Brewsier. Il piano di riflessione prende il 
nome di piano di polarizzazione. 

Secondo la teoria elettromagnetica della luce la induzione elet- 
trica è perpendicolare, e l'induzione magnetica è parallela al piano 
di polarizzazione. E poiché da alcune considerazioni risulta che il 
vettore elettrico determina l'azione fisiologica della luce, si conclude 
che il vettore luminoso è perpendicolare al piano di polarizzazione, 
equivalente alla direzione di vibrazione fresneliana. 

Nei cristalli il vettore luminoso è sempre perpendicolare al piano 
di polarizzazione, come attestano i cristalli policroici, fig. 457, (82). 

Nello studio ottico dei cri- 
stalli si fa costante uso di luce 
^ omogenea {monocromatica). Vi 

J sono tre mezzi per produrre sif- 

5^ fatta luce, intendendo che luce 

^ omogenea è quella, la cui lun- 

lumin^jo. ghezza d'onda varia entro li- 

^IrZaic^. miti ristretti. Essi sono: 

i« Mezzo spettrale. Si 

decompongono i raggi di una 

^ sorgente luminosa qualsiasi, 

con l'uno dei metodi conosciuti 
(prisma, reticolato), e si ottiene 
uno spettro, dal quale si isola, 
^^^' *^'' mediante una fessura, in uno 

schenno opaco, la luce desiderata. In ciualche caso il problema 
può essere semplificato, prendendo come sorgente luminosa dei va- 
pori o dei gas allo stato incandescente. Cosi p. es. evaporando sulla 
lampada Biuisen del cloruro di sodio, si ottiene luce gialla affatto 
omogenea. .Vltri metalli damio pure spettri discontinui, ove basta 
sopprimere alcune lince luminose per avere luce monocromatica. 

2° Mezzo di assorbimento. Alcune sostanze non sono traspa- 
renti che per mi gruppo determinato di raggi visibili quasi omogenei, 
in guisa tale che lo spettro dei raggi attraversanti queste sostanze, 
ha la forma di una banda quasi retta. Il rubino (Al, O3) lascia passare 
la parte ròksa dello spettro di lunghezza d'onda quasi unica. 

3." Mezzo delle riflessioni successive. Si fa riflettere la luce di 
una sorgente luminosa successivamente dalle superfice di una stessa 
sostanza. In certi casi si ottiene con (questo mezzo luce abbastanza 
omogenea. 



C 

o 

».* 

M 

Vettore z 

^ • — (0 - 



O 

C 



J 



Proprieià ottiche 



217 



6) Cristalli uniassici. 

42. Fenomeni fondamentali nella calcite. La birifraugenza 
'nella calcite fu osservata da Erasmo Bartolino (1669) e spiegata da 
Ch. Huygens (1090). 

Il fenomeno fondamentale consiste nella suddivisione di un fascio 
di raggi paralleli di luce omogenea naturale in due fasci di quasi 
eguale intensità nell 'attraversare un cristallo di calcite. 

Di questi due fasci uno, V ordinario 0, segue le leggi ordinarie 
della rifrazione, l'altro, lo straordinario E, non segue le dette leggi, 
perchè non giace in generale nel piano d'incidenza, e subisce una de- 




Fig. -JSS. 



Fig. '<59- 



viazione anche quiuido l'angolo d'incidenza è zero. In un solo caso 
il raggio incidente non subisce sdoppiamento, (|uando l'emergente 
cade nell'asse prhicipale della calcite, clie si chiama asse ottico o 
asse di isotropia. I due raggi nei quali si sdoppia il raggio incidente, 
sono di luce polarizzata rettilinea, come si rileva da una semplicis- 
sima esperienza di Iluygens. 



2x8 Capitolo ottavo 



Osservando attraverso una lamina di calcite, fig. 458, un og- 
getto A , si vedono due immagini di esso, O (ordinaria situata nella 
perpendicolare OA) ed E (straordinaria deviata dalla perpendicolare). 
Girando la lamina di calcite nel suo piano, l'immagine O rimane fissa, 
mentre E gira attorno ad 0; le due immagini O ed E si trovano nel 
piano principale mm della calcite. Si chiama appunto piano o sezione 
principale quel piano, che passa per l'asse ottico o asse principale di 
simmetria del cristallo. 

Osservando attraverso due lamine di calcite sovrapposte, fi- 
gura 459, un oggetto A, ci appariscono quattro immagmi m generale 
Oo, Eo, 0$, E$, di cui due O©, Eo hanno il posto, come se l'oggetto A 
fosse visto attraverso la sola lamina inferiore, mentre le due immagini 
O4» E$ sono deviate per rispetto alle prime nel piano principale della 
lamina inferiore. Le intensità di queste quattro immagini sono in 
relazione con l'angolo a, che fanno fra loro le due sezioni principali 
della calcite mm ed nn. Approssimativamente le intensità delle quattro 
immagini sono: 

I 
Oo = Ee = - / cos* a , 

32) 
I 

Oe = Eq = — / sen^ a 

2 

essendo / l'intensità luminosa dell'oggetto A, e supposto nullo l'as- 
sorbimento luminoso per parte della calcite. Questo fenomeno si 
spiega facilmente, come già spiegò Malus, poiché la luce dell'imma- 
gine O è polarizzata nel piano principale m>n, e quella dell'inmiagine E 
perpendicolarmente ad esso. I vettori appartenenti ai raggi liuninosi 
delle immagini Oo ed Oe, nei quali si scompongono i raggi prove- 
nienti da O, devono essere proporzionaH rispettivamente a cosa 
e sen a, e perciò le intensità rispettive proporzionah a cos? a e sen* a. 
Analogamente per le immagini Eo ed E e. 

Per a = ovvero * = iz, ossia se i piani principali mm ed nn 
sono paralleU, risulta 

I 

Oo = Ee ^ — / , Oe = Eo = 0: 

2 

per a = ± — , ossia se i piani principali sono fra loro perpendicolari, 
risulta 



0^ = Eo-= -^- / Oo = Ee = o. 

2 

Ciò si può provare girando nel suo piano una lamina per rispetto 
all'altra. 



Proprietà ottiche 219 



43- Sx/PERFICE d'onda. — Huygens riuscì a spiegare il fenomeno 
della birifrangenza nella calcite col principio, che ricorda il suo nome 
e con l'ipotesi che la superfice d'onda consista di due falde, di cui 
runa è una sfera, l'altra un elissoide di rivoluzione. La falda sferica 
corrisponde al raggio ordinario, quella elissoidale al raggio straor- 



r^ 




dinario, fig. 460. Le due falde sono concentriche e si toccano in due 
punti dell'asse di rivoluzione o asse ottico A A della calcite. (Le due 
falde non si toccano nei cristalli uniassici otticamente attivi come 
il quarzo). L 'elissoide di rivoluzione è individuato da due parametri, 
raggio equatoriale e e raggio polare 0, raggio della sfera. Essi raggi o 
velocità principali luminose sono anche determinati dagli indici 
principali di rifrazione co (per il ragglb ordinario) ed s (per il raggio 
straordinario), essendo (38) 



I I 

= - , e = - 
co s 



/ cristalli uniassici come la calcite appartengono ai sistemi tri- 
gonale, dimetrico ed esagonale, aventi un asse principale di simmetria, 
^-rio, 4-rio e 6-rio, nel quale cade l'asse ottico di isotropia. 

I cristalli del monometrico con quattro assi ^-ri hanno infiniti 
assi di isotropia, vale a dire essi sono isotropi per la luce, come i corpi 
amorfi. Ci sono nondimeno cristalli del monometrico, che si distin- 
guano dai corpi amorfi, perchè sono otticamente attivi come il clo- 
rato di sodio, il bromato di scxiio ecc. (74). 



220 



Capitolo ottavo 



44. Carattere ottico. — Già Biot (1812) osservò essere i cri- 
stalli uniassici di due specie, tali come la calcite, ove l'elissoide fa- 
cente parte della superfice d'onda è depresso ai poli, e tali come lo 
zircone, ove l'elissoide è rialzato. I primi, essendo « > ovvero 
e < w, si dicono negativi, fig. 461 a secondo Fresnel; i secondi si 





dicono positivi fig. 461 6, essendo e < 0, ovvero s > co. Si tengono 
divisi i cristalli negativi dai positivi non solo perchè in quelli le diffe- 
renze 



qo — qe 



Si 



Se 



sono negative e in questi positive, ma jjncora per riguardo alla po- 
sizione della normale all'onda in rapporto col raggio straordinario. 
Sia cp l'angolo che la normale all'onda fa con l'asse ottico, y l'an- 
golo che il raggio fa col medesimo asse, si trova facilmente: 



tg? = 77 ^^^'^ 



33) 



: < , cristalli positivi, 

•per t) -^ e si ha cp -.^ v • .l n- ^- • 

^ ' • T ,.> T cristalli negativi. 



ossia nei cristalli positi\'i il raggio luminoso straordinario è compreso 
fra l'iisse ottico e la normale all'onda, nei cristalli negativi esso cade 
di fuori. , 

Coiisidercuulo il fenomeno della rifrazione, risulta evidente die 



Proprietà ottiche 



221 



il raggio straordinario nei cristalli negativi è più lK>ntanato dalla 
normale della superfice riflettente che il raggio ordinario, ed è più 





Fig. 462 a. 



Fig. 462 b. 



a\'vicinato nei cristalli positivi; attesa questa circostanza quelli si 
dissero cfistalH ripulsivi, fig. 462 a, questi attrattivi, fig/ 462 b. 

Dai due angoli (p e tj; si calcola l'angolo t, fra il raggio luminoso 
e la normale all'onda. Essendo t == 9 — ij;, risulta 

tag 9 — tag ^ (0* — ^) tag 9 



tag T = 



1 -h tag 9. tag «^ 
l'angolo T è massimo per 

o . 

tag 9m = ±: -7- e tag t^m = 



0* + ^2 tag* 9, 



3-0 



e tag ùm = ±: 
11 suo valore maSvSiino è precisamente tw dato da 

tag Tm =- 



Zoe 



35) 



Si può calcolare l'angolo t tacendo misure dirette, ponendo p. es. 
sotto alla lamina del cristallo una scala, fig. 463, e osservando per- 




pendicolarmente la detta scala attraverso la lamina. Si noterà, fi- 
gura 463, uno spostamento (jx = 2,6 nella figura) dell'immagine 



222 



Capitolo ottavo 



straordinarìa pfer rispetto all'ordinaria. Dato lo spessore d della la- 
mina, si ha 



tagT = -- 



36) 



La seguente tabella dà il valore massimo ti» per luce Na nei 
vari cristalli uniassici. 



Sostanze 





e 





e 


(pm 


^m 


16' 

9.5 
6.2 

1-3 
0.4 

O.T 
0.9 


Osserv. 


Hg, CI3 + 
NaNOa 
Calcite — 
Zircone -f 
Tormalina — 
Berillo — 
Apatite — 


0.510 

0.6308 

0.6029 

0.521 

0.6110 

0.6321 

0.6075 


0.385 

0.7492 

0.6728 

0.508 

0.6175 

0.6347 

0.6091 


1.96 

1-6585 

1.92 

1.6366 

1.5821 

1.6461 


2.60 

1-335 
1.4864 

1.97 

1.6193 
15756 
1.6417 


52^.59^ 37°-!^ 

40.5 49.55 
41.52 48.8 • 

45.44 44.16 

44.42 45.18 

44-53 47-7 
44-55V» 45-4^2 


Des a. 

Coniu 

Rudb. 

Sénarm 

Miller 

Sdir. 

Heuss. 



45. Costruzione dei.i.a superfice d'onda. — Fresnel dimostrò 
che si possono determinare le velocità radiali e le velocità normali 
col sussidio di due elissoidi di rivoluzione, Velissoide di Fresnel e 
Velissoide indicatore. Quello si costruisce assumendo come raggio 
polare la velocità e, e come raggio equatoriale la velodtà o. Con ciò 
l'equazione dell'elissoide di Fresnel è 



X* 4- y^ ^ 



0* 



37) 



essendo z nell'asse ottico. 

Data una direzione 5, fig. 464 a, secondo la quale si propagano 
due raggi luminosi, si determinano le velocità radiali^ segando Velis- 
soide di Fresnel con un piano diametrale perpendicolare alla detta 
direzione S; i semiassi delVelisse di intersezione (e\ o nella fig. 464 a) 
sono le velocità radiali dei due raggi aventi la stessa direzione 5, uno 
dei quali è l'ordinario. 

Uno di questi semiassi cade nel piano prindpale del cristallo, 
l'altro è ad esso perpendicolare; e poiché il raggio ordinario è pola- 
rizzato nel piano prindpale, lo straordinario perpendicolarmente a 
questo, segue la regola: // semiasse delVelisse di interseziofte, deter- 
minante la velocità radiale, è la normale del corrispondente piano di 
polarizzazione. 



Proprietà ottiche 



223 



L'elissoide indicatore, fig. 464 h, si costruisce con il raggio po- 
lare e = — e il raggio equatoriale ca = — ; la sua equazione è dunque 



o\xtxo 



(Ar2 + >^) o> + 2* ^ = I 



;r2 + r« ^ 

.-' - + -IT = ' 

(0- s* 



38) 



39) 



Data una direzione normale Q, fig. 464 h, secondo la quale si 
propagano le onde luminose, si determinano le velocità normali ta- 





gliando l'elissoide indicatore con un piano diametrale parallelo alle 
onde e perciò normale a Q; i semiassi dell'elisse di intersezione (e', ca 
nella fig. 464 b) sono gli indici di rifrazione, ossia i valori reciproci 
delle velocità nonnali di due raggi appartenenti a onde parallele. B per 
le ragioni dette, segue la regola: 

Il semiasse dell'elisse di intersezione nclV elissoide indicatore de- 
terminante la velocità normale è la normale del rispettivo piano di po- 
larizzazione. 



46. P01.ARIZZATORI. Prisma di Nicol. — I polarizzatori desti- 
nati a generare luce polarizzata rettilinea, si fondano sul principio 
della birifrangenza di cristalli uniassici specialmente della calcite. 

Per ottenere due fasci di raggi luminosi polarizzati da un fascio 



224 



Capitolo ottavo 



di luce naturale, si può far uso di un prisma P, fig. 465, perchè i 
due fasci S ed Sj, in cui la luce naturale si scompone, avendo ìndici 
di rifrazione diversi, sono diversamente deviati, sicché raccolti a 
una certa distanza dal prisma, si possono avere distinti. Ma se da 
una parte si ottiene col prisma una sensibile deviazione, dall'altra 





Fig. 465- 



Fig. 466. 



la luce bianca subisce una discreta dispersione; per luce bianca il 
metodo del prisma è dunque da scartarsi. 

Ove non si richieda che i due fasci di raggi polarizzati siano 
molto separati l'uno dall'altro, si presta benissimo una lamina di 
calcite L, fig. 466, taghata secondo la sfaldatura. Iva distanza dei 
due fasci polaiizzati dipende naturalmente dallo spessore della la- 
mina e dall'angolo d'incidenza; con questo metodo la dispersione è 
soppressa. Con uno scheimo si può togUere dal campo l'uno o l'altro 
dei due fasci polarizzati S,, .Sj. 

Per ottenere fasci di luce divergenti polarizzati senza notevole 
dispersione, si è inmiaginato di impiegare due prismi accoppiati in 



H 



.1 



m 




P, 



/ 




A-'- 



I 



A 



Fig. 467 a. 



Fig. 467 *. 



guisa che la dispersione dell'uno sia tolta dall'altro. Così fecero Sénar- 
mont, Rochon, WoUaston ecc. Sénarmont si servì di due prismi di 
calcite Pj e /\, fig. 467 a, tagUati e incollati in guisa che l'asse ottico 



Proprietà ottiche 



225 



dell'uno sia perpendicolare a quello dell'altro e parallelo al raggio 
incidente /. Attesa questa disposizione il raggio ordinario attra- 
versa i due prismi senza deviazione, lo straordinario E devia, e può 
essere soppresso da uno schermo. 

Rochon e WoUaston si servirono pure di due prismi rettango- 
lari. Il primo prisma P^, fig. 467 6, nell'apparecchio di Rochon ha 
l'asse ottico A A come nel prisma P^ di Sénarmont, fig. 467 a; nel- 
l'apparecchio di Wollaston il primo prisma P,, fig. 467 e, è disposto 

U 




Fig. 467 e. 



come il secondo prisma Pj di Sénarmont. Il secondo prisma o prisma 
di emersione di questi due apparecchi, fig. 467 ò e fig. 467 e ha l'asse 
ottico parallelo allo spigolo del prisma. In ambedue il fascio luminoso 
straordinario E è sempre deviato e soppresso, l'ordinario O vien 
sempre raccolto. 

Nicol ha immaginato e ottenuto di sopprimere il raggio ordinario 
e di raccogliere il raggio straordinario. L'apparecchio siffatto è co- 
nosciuto col nome di prisma di Nicol o semplicemente Nicol. La sop- 
pressione del raggio ordinario è stata raggiunta elegantemente con 
la riflessione totale. Per avere un prisma di Nicol, si taglia un rom- 
boedro di sfaldatura della calcite, e dopo levigate le due metà, le si 
incollano nella loro posizione originale col balsamo del Canada, il 
cui indice di rifrazione per luce Na è 1,54 circa, quello del raggio 
ordinario della calcite essendo 1.658. 

Il massimo rendimento si ottiene levando da un romboedro di 
sfaldatura di calcite, fig. 468 a, un prisma tre volte più lungo che 
largo. Le basi di questo prisiùa famio con lo spigolo più lungo 700.51'. 
Il taglio del prisma vien fatto con un piano perpendicolare alla se- 
zione principale abcd ed inclinato di 22°, fig. 468 6, con lo spigolo 
più lungo ab. 

Tutti i raggi luminosi che fanno con lo spigolo del prisma un 
angolo che varia da o^ a I4°y2 circa, saranno, se ordinari O, total- 
mente riflessi dal balsamo del Canada, e quindi assorbiti dall'in vo- 

15, — e. Viola. 



226 



Capitolo ottavo 



lucro nero del prisma, fig. 468 b. I raggi straordinari E emergeranno 
dal prisma senza de\'ia7Ìone, polarizzati nel piano perpendicolare 
al piano principale ahcd. 





Foucault sostituì al balsamo semplicemente uno strato di aria, 
ed ottenne con ciò un prisma più corto. Jamin dispose ima sottile 
lamina di calcite in un recipientino contenente del solfuro di car- 
bonio (lo stesso ufficio fa il joduro di metilene), e per tal modo ot- 
temie la soppressione del raggio straordinario con la riflessione totale 
sulla calcite in contatto col solfuro di carbonio. Altre modiflcazioni 
furono introdotte nel Nicol da Thomson, Zenker, Feussner, Ber- 
trand ecc. con lo scopo di rendere il Nicol meno costoso ora che lo 
spato d'Islanda si fa sempre piìi raro. 

47. Apparecchi per 1,'osservazione. — GH apparecchi più 
importanti per le ricerche ottiche dei" cristalli sono V apparecchio 
polarizzatore e il microscopio polarizzatore. Entrambi portano due 
prismi di Nicol, f ra i quaU viene inserito il cristallo in esame o una 
lamina di esso girevole su un piattello. Il Nicol anteriore che riceve 
la luce naturale si chiama propriamente il polarizzatore, poiché genera 
luce polarizzata; il Nicol posteriore riceve la luce attraversante il 
preparato in esame, l'analizza, e si chiama per ciò V analizzatore. Le 
lenti sotto e sopra il preparato hanno lo scopo di concentrare più o 
meno i raggi luminosi. 

Se i due Nicol sono incrociati, ossia se i loro piani di polarizza- 
zione sono fra loro ortogonali l'apparecchio prende il nome di orto- 
scopio. Non sempre si lavora con Nicol incrociati; talvolta anzi a 
Nicol paralleli, pag. 256, cioè aventi i piani di polarizzazione coin- 
cidenti, né sempre si adottano nelle ricerche due Nicol ; talvolta anzi 
è indicato uno solo, polarizzatore o analizzatore che sia (82). 



Proprietà ottiche 



227 



I/' apparecchio polarizzatore comune non gode di forte i^igran- 
dimento; con esso si esaminano lamine doppie e di dimensioni re- 



f 





Ot. 



1 t 




s ... > 

m 

::■•«;•: 
•:::.;;- 

« 

Fig. 470. 

lativamente grandi. Il microscopio polarizzatore all'incontro, come 
il nome lo dice, è fornito di forte ingrandimento per l'esame di cri- 
stalli minutLssimi, come sono quelli contenuti nelle rocce. Al fine di 
isolare di sopra e di sotto i singoli cristalli costituenti una roccia, 
questa vien ridotta in lamina sottilissima e perciò trasparente (0.02 
millimetri). Per l'isolamento laterale dei detti cristalli vi è un acces- 
sorio speciale annesso al microscopio, consistente in un diafratnma- 
iride collocato in uno dei piani, ove si formano le immagini del pre- 
parato. Talvolta è richiesta nelle ricerche luce convergente, altre 
volte luce parallela. Gli apparecchi polarizzatori devono servire 
per l'uno e l'altro metodo di indagini. Nelle fig. 469 e 470 è rappre- 
sentato un comune apparecchio polarizzatore con Nicol polarizza- 
tore P e Nicol analizzatore A , il piattello girevole y5y5 ove è collo- 
cato il preparato Cr. Le varie lenti, anteriori al preparato, cioè dalla 



22S 



Capitolo ottavo 



parte» della luce incidente, sono associate insieme per fornire luce 
fortemente convergente; esse formano il condensatore. Le varie lenti 
posteriori al preparato costituiscono l'obbiettivo e servono per rac- 
cogliere i raggi provenienti dal condensatore e attraversanti il pre- 
parato in esame. Nel condensatore vi è l'iride / per isolare l'oggetto Cr. 
Se l'obbiettivo è molto abbassato, come nella fig. 469, la prima lente 
di esso può raccogliere tutti i raggi uscenti dal condensatore. In questo 
caso l'apparecchio funziona da conosoopio, che permette l'esame con 
luce convergente. Se all'incontro l'obbiettivo è molto rialzato, come 
nella fig. 470, la prima lente di esso non raccoglie che raggi \dcinis- 
simi all'asse dell'apparecchio zz. In quest'ultimo caso le indagini 
sono limitate a luce parallela (o quasi); l'apparecchio funziona da 
cannocchiale. 

Se in luogo del comune apparecchio polarizzatore, vi è un mi- 
croscopio polarizzatore, si ottiene luce convergente o parallela se- 
condo che vi sia introdotto o no il condensatore e secondo che l'ob- 
biettivo è a forte ingrandimento o no. 

Questi sono gU apparecchi i più indispensabili per l'esame ot- 
tico dei cristalU. Altri apparecchi si vedranno in seguito. È ancora 
da osservarsi che si ottengono Nicol esattamente incrociati facendo 
uso del biquarzo di Soleil o del biquarzo di Bertrand (71). 

« 

48. Dispersione. — La velocità della luce e così l'indice di ri- 
frazione è funzione della durata d'oscillazione del vettore, o del 
numero di vibrazioni nell'unità di tempo o infine della limghezza 
d'onda (misurata nel vuoto). In generale l'indice di rifrazione cresce 
inversamente con la lunghezza d'onda X, per lo più con X*, ma l'indice 
del raggio ordinario non cresce nello stesso modo come quello del 
raggio straordinario ; infatti anche la differenza di essi cresce in gene- 
rale inversamente con X*. 

Come esempio nella tabella seguente è data la dispersione della 
calcite per le linee A-H dì Fraunhofer: 



Il 

Linee 

dello 

spettro 


Lunghezza 

d'onda X 

in pi 


(i> 


e 


(i) e 


A 


0.760 


1.650 


1. 48261 


0.16739 


Ivi 


0.671 


1.65368 


1-4^433 


0.16935 


D 


0.589 


1.65837 


1.48645 


0.17192 


TI 


0.335 


1.662Ó7 


1.48842 


0.17425 


F 


0.480 


1.66785 


1.49080 


0.17705 


H 


0-397 


1.68319 


1-49774 


0.185.^5 

1 



Proprietà ottiche 229 



Da questo quadro risulta che la superfice d'onda non ha le stesse 
proporzioni per i diversi valori di X; può anzi accadere che per un 
valore molto alto di X la differenza co — £ sia molto piccola. Per la Ve- 
suviana accade il contrario : per un valore molto piccolo di X la dif- 
ferenza 6) - e è vicina allo zero. La differenza co — s (positiva nei cri- 
stalli negativi e negativa nei positivi) si chiama potere hirifrangente 
o bivi f tangenza. 

e) Cristalli hiassici. 

49. Sguardo storico. — Nello studio ottico dei cristalli si. sono 
presentati cristalli a un asse ottico ^ cioè aventi una sola direzione, 
secondo la quale non vi ha doppia rifrazione, e cristalli aventi due 
direzioni, secondo le quali non vi ha doppia rifrazione, ossia cristalli 
a due assi ottici (binormali) o cristalli Massici; i primi appartengono 
ai sistemi trigonale, dimetrico ed esagonale, i secondi ai sistemi tri- 
metrico, monoclino e triclino. Biot e Brewster furono i primi ad os- 
servare questo fenomeno. Th. Young credette che i cristalU biassici 
avessero la superfice d'onda costituita di una falda sferica e di una 
falda elissoidale a tre assi, generalizzando le condizioni dei cristalli 
uniassici. Ma P'^resnel con misure precise sul topazio dimostrò errata 
l'ipotesi di Young. Essendo complicata la superfice d'onda di questi 
cristalli, Fresnel ebbe la felice idea di costruirla col sussidio di un 
elissoide a tre assi, generalizzando la costruzione della superficie 
d'onda nei cristalli uniassici. In questo modo Fresnel ottenne tutte 
le leggi della propagazione della luce nei cristalli biassici, leggi con- 
fermate dippoi con l'esperienza sui cristalli trimetrici, monoclini e 
triclini. 



50. Superfice d'onda. — Questa superfice è a due falde, sicché 
la propagazione della luce in ogni direzione ha in generale due velocità, 
e in ogni direzione si propagano contemporaneamente due specie di 
onde polarizzate. La superfice è di 4** ordine e di 4» classe. Le due falde 
si incontrano in 4 punti, due a due diametrali, che sono punti doppi. 
Si ha facilmente un'idea di questa superfice, facendo tre intersezioni 
principali di essa secondo tre piani di simmetria. I^a fig. 471 rappre- 
senta appunto la superfice d'onda in prospettiva parallela per una 
data luce monocromatica riferita a tre assi x, y, z, sui quali essa 
determina le velocità luminose a, b, e, che si chitunano velocità prin- 
cipali: e, b nella direzione x; a, e nella direzione y; b, a nella dire- 
zione z. Essendo yz, zx, xy piani di simmetria, sono x, y, z assi di 
simmetria della superfice. Le tre sezioni sui piani di simmetria sono 



230 



Capitolo ottavo 



ripetute nelle fig. 472 a, 472 6, 472 e, ognuna delle quali consta di 
un'elisse e di un cerchio. Nel piano yz il cerchio è intemo, nel piano xy 
è estemo, e nel piano ^^ il cerchio interseca l'elisse essendo a < 6 <c. 
I piani tangenti alla superfice d'onda sono piani d'onda; -per ogni di- 




Fig. 471. 




I-- 




?-jc e 




Fig. 472 e. 



lezione di propagazione normale ve ne sono due in generale e quindi due 
velocità e due indici di rifrazione ; solo per due direzioni particolari A-^^ 
/l 2. fig- 47-2 6, il piano d'onda è unico ; "esse sono gli assi ottici, e fanno fra 
loro Vangalo 2 V o il supplemento 2 Fj — 180 — 2 V: l'uno dei due an- 
goli è naturalmente acuto, l'altro è ottuso. I<e due direzioni principali 
X e :: dividono per metà gli angoli 2 Tj e rispettivamente 2 T e si chia- 
mano perciò le bisettrici, bisettrice acuta e bisettrice ottusa. Date le 
velocità principali a < b < e si calcola l'angolo V nel modo seguente: 



ta, V = y? 



a^ 




A^) 



Proprietà ottiche 231 



Nei punti doppi B^ e B^, fig. 472 6, e i loro opposti vi è rispettiva- 
mente un unico jraggio per infinite onde tangenti. Le due direzioni 
OBj e OB2 si chiamano assi radiali o bir adiali; l'angolo che essi fanno 
fra loro è 2 £2 ovvero il supplemento 2 £ì, = 180 — 2 £ì, l'uno acuto, 
l'altro ottuso, e può essere calcolato con le velocità principali a < 
h <i e nel modo seguente : 






tagn^-^A/V^^ V^ — f 41) 




I 


1 


a2 


^ 


I 


1 



e 
Segue che tagQ = — ta^ V. 



In via di approssimazione e nel caso che a, b, e siano poco di- 
verse fra loro, si può ritenere la seguente regola: 



V"^ 



Il piano xz si chiama piano degli assi ottici ; a è la velocità minore, 
e la massima, b la media. 

SI. Costruzione deliba superfice d'onda. — La superfice 
d'onda si costruisce con Velissoide di Fresnel o con Velissoide indica- 
tore. Il primo, a tre assi, ha per semiassi le velocità principaU a < 
b < e e precisamente a nella direzione x, b nella direzione y, ^ e nella 
direzione z, fig. 473 a. L'elissoide indicatore ha le stesse direzioni 
principali x, y, z, ma come semiassi gli indici principaU di rifrazione, 

I r . 1^ 

ossia of = — nella direzione x, 3 = — — nella direzione y, v = ~ 
a ^ * e 

nella direzione z, fig. 473 6, essendo a > ^ > y. 

Per la costruzione della superfice d'onda vale la regola: 

Le velocità radiali di due raggi aventi la stessa direzione S, fi- 
gura 473 «, si ottengono, secando Velissoide di Fresnel con un piano 
diametrale perpendicolare ad S; le velocità radiali sono i semiassi 
Si e Sj delVelisse come intersezione del detto piano con Velissoide; e i 
rispettivi piani di polarizzazione sono normali ai detti semiassi. 

Analogamente, per determinare le velocità normali aventi la stessa 
direzione Q, fig. 473 b, si sega Velissoide indicatore con un piano dia- 
metrale perpendicolare a Q (piano d'onda), le velocità normali sono i 
semiassi q^ t q^ delVelisse, cotne intersezione del detto piano con Velissoide; 
e i rispettivi piani di polarizzazione sono normali ai detti semiassi. 

Due soli piani diametrali intersecano l'elissoide a tre assi (fre- 



232 



Capitolo ottavo 



sneliano e rispettivamente indicatore) secondo un cerchio, essi con- 
tengono y e passano per un raggio nel piano xz di grandezza b, se 
si tratta dell'elissoide fresneliano, fig. 474 a, e di grandezza p, se 
si tratta dell'elissoide indicatore, fig. 474 h. Un siffatto piano 6 e 6 




- <. 




Z 

Fig. 473 .«. 



Fig. 473 b. 



e rispettivamente ^ e ^ nelle dette fig. 474 taglia dunque l'uno e ri- 
spettivamente l'altro elissoide secondo un cerchio. La normale a 
uno di detti piani è dunque tale, che la velocità lumliiosa (radiale o 
normale) secondo essa è unica, data dal raggio del cercliio, il cui 





Fig. 474 «• 



Fig. 474 b. 



piano è ad essa perpendicolare. La -direzione peipendicolare così in- 
tesa Si o S'j, fig. 473 «, nell'elissoide fresneliano è l'asse radiale. I^'aii. 



Proprietà ottiche ' 233 



golo 2Q ovvero il suo supplemento 2Q1 = 180 — 2 Ci, che S^ e S, 
fanno fra loro, è dato da 



t^ga = -'\J^—^ 41) 

Per l'eUssoide indicatore, la direzione perpendicolare al piano 
che lo sega secondo un cerchio, è tale che la velocità normale è unica 
data dal valore reciproco del raggio del cerchio p. La detta direzione 
Aj o Ai, fig. 474 è, è dunque im asse ottico (binormale). Gli assi ot- 
tici Al e A2 fanno fra loro l'angolo 2F o il supplementare 2V1 = 
180 — 2V, dato dalla relazione 



VtF — a^ a ^ 

^---- ; e tagr = — tagfì 



40) 



Con la sostituzione di a, B, v i^i luogo di — e rispettivamente -- e — 

^ * a oc 

la formola 40) si trasforma in 



tag I- = ÌYf^ ^" '"^ 

e la 42) approssimata per piccole differenze fra a, p, y nella seguente: 






a-p e ^-y sono le biri/rangenze A^ e A» principali del cristallo (48) (60). 

Anche i cristalli biassici si sogliono distinguere in positivi e 
negativi. Il carattere ottico dei cristalU biassici ritrae da una analogia 
con i cristalli uniassici. Se la bisettrice acuta contiene a nell'elissoide 
indicatore (o rispettivameRte a nel fresneliano), essendo a > y» ^^ 
cristallo si dice positivo, se contiene y (ovvero e), il cristallo è negativo. 

Si noti che i raggi contenuti nei piani di simmetria yz, zx, xy 
si comportano come i raggi dei cristalli uniassici,* ossia sono ordinari 
e straordinari nel senso dato a pag. 217. Nei cristalli biassici positi'S'i 
i raggi situati nell'angolo ottuso 2 \\ hanno indice di rifrazione mi- 
nore che i raggi straordinari, e questi sono perciò più attratti di 
quelli verso la normale di un piano riflettente. L'inverso avviene nei 
cristalh negativi. 

52- Costruzione dei piani di poi^arizzazione, delle nor- 
mali, DEI raggi. — Siano A^^ A^ì poh degU assi ottici in proiezione 
stereografica, fig. 475, e Q il polo di una qualsiasi normale d'onda, 
che con A^ fa l'angolo <pi e con A^ l'angolo 9^. I^e velocità normaU 



234 



Capitolo ottavo 



secondo Q delle due onde parallele sono determinate dalle espres- 
sioni seguenti : 



«?.' = 



a 2 



«2 -f- c2 a^ — <;2 



+ 



COS(Cf2-^(p,) > 



a= -L- c» a* — e* 



+ 



COS ((p2 -f <p,) . 



La loro differenza è 



q^ — q^ — (a* — (?') sen (pi sen (fj» 



ossia 



(?i ■— ^2) (^1 + ^i) = (« — ^)- (« -f e) sen <-i sen «j 43) 

Posto ^1 — ^a e a — e molto piccoli, come di regola avviene, si ottiene 
la formola approssimata: 

qi — ^2 = (« — 0) sen cp, sen cpj 43 bis) 

Ossia, la birifrangenza q^ — q^ secondo una normale data Q comime 
a due onde è proporzionale al prodotto della birifrangenza massima 

Z 





Fig. 476. 



FJg. 475. 



a — Y P^^ ^ ^^^^ degli angoli qji e (fj, che la normale data fa con gli 
assi ottici; onde la birifrangenza è naturalmente nulla, quando la 
normale cade in uno degli assi ottici. 

I piani di polarizzazione delle due onde aventi la comune nor- 
male sono fra loro perpendicolari, e dividono per metà l'angolo e 
il suo supplemento che fanno fra loro i piani comuni a Q e rispetti- 
vamente ad .4i e A^. Il piano di polarizzazione H^ fìg. 475, corrisponde 
all'onda avente la velocità q^ e divide per metà l'angolo contenente z. 

Siano in secondo luogo B^ e B^, fig. 476, i poh degU assi radiali, 
S il polo di mi qualsiasi raggio, in cui due raggi luminosi coincidono ; 
esso fa con B^ e /ij i rispettivi angoli òj e ij. I^e velocità radiali 



Proprietà ottiche 



235 



Si e s, nella comune direzione S sono determinate dalle espressioni 
seguenti : 

ì?- = t(-Ì+-^) +t(-Ì— X")'°'<'^^~"^^^• 
La loro differenza è 



ovvero 



(i-i) (i + i) = (t-t) (t + t) ^^ +^ -«^ +'• 

Una sua forma approssimata è la seguente: 

per la determinazione della birifrangensa radiale. 

I piani di polarizzazione dei due raggi, aventi unica direzione S 
sonb fra loro perpendicolari; essi dividono per metà gli angoli, che 
i piani passanti per S e rispettivamente per gli assi radiali B^ e B^ 
fanno fra loro. Il piano Hi, fig. 476, corrisponde alla velocità Sj e 
divide per metà l'angolo contenente s. 

53. Raggi e normau corrispondp;nti. Costruzione di Sii,- 
\acsTER. — Siano A^ e A^, fig. 477, i poU degli assi ottici (52), Q quello 



.y^^ ^*5fr-^ 


^ 


r^ 




X ^ *f'^ 


>>w / 


X 






^•/, 


k> 


\ 


/ \ 


^v , 1 




\ 


/ \ 


/ \.' / 




tk 


1 \ 


' it 


Q.. 


n\ 


# 


'-• \ 




i\ 


/ * 
f \ 

1 * 




\ 


\ 


\ 


/ 






/ 


V 






/ 


\ 
\ 




1 


X / 


\ 




/ 


\ 9 


\ 




/ 


\ / 


V 




/ 


\ ' 


\ 




/ 


\ / 


1 




/ 


\ / 


\ 




/ 


\ / 


\ 




/ 


V t 


N 


/ 


f 


^^ t 


\ 


/ 




N. / 


\ 


y 





Fig. 477. 



della normale comune a due onde parallele, di cui si domandano i 
rispettivi raggi luminosi. Iva normale O fa gli angoli (ji e cfj con i ri- 



236 



Castolo ottavo 



spettivi assi ottici. H^ e ff, che dividono per metà gli angoli fra QA^ 

e QA^, sono i piani di polarizzazione delle onde aventi la stessa nor- 

. male Q. Il raggio s^ deve trovarsi nel piano di polarizzazione Hj, 

5j nel piano Hj. Di più si determinano s^ e s, nel modo seguente. Si 




/ 



Fi«. 478. 

taglia l'elissoide indicatore con un piano diametrale perpendicolare 
a Q (ossia parallelo alle onde piane), e si ottiene un'elisse avente OP^ 
e OP^, 'fig. 478, per semiassi, i quali a loro volta sono i reciproci delle 
velocità normali ^^ e ^,, ossia 



OP. = — 



OP^ = — 



Indi si tracciano in P^ e in P, i rispettivi piani tangenti aU'elis- 
soide indicatore; i raggi Sj e Sj saranno rispettivamente paralleli ai 
detti piani e contenuti nei piani QP, e QPj. Le corrispondenti velo- 
cità radiali Sj e s^ sono i reciproci delle perpendicolari PiQi e P^Q^ 
calate da Pj e rispettivamente da Pj sui raggi 5^ e Sj, ossia 



P^Qi = — 



PtQ2= —' 



Se in luogo di Q fosse data una direzione comune S per due raggi, 
e se ne chiedessero le velocità radiali e le normali alle onde rispettive, 
si potrebbe adottare una costruzione analoga. In luogo di Ai e A^ 
si costruirebbero i poh degU assi radiali B^ e Bj, fig. 477, e in luogo 
dell' elissoide indicatore si farebbe uso dell'elissoide di Fresnel; nel 
rimanente la costruzione precedente si ripete in modo identico. 

Elegante a questo proposito è la costruzione di Sylvester. 

Siano Aj, A^ in proiezione stereografica gli assi ottici, fig. 479; 



Proprietà ottiche 237 



Bx,B^\q biradiali del cristallo. Data la normale g unica di due onde, 
si domandano i raggi Si ed Sj corrispondenti ad esse. H^ e H^ siano i 
piani passanti per Q, che dividono per metà l'angolo A^Q A^ e il 
supplementare. Da quanto si è sopra detto, devono trovarsi su questi 
due piani i raggi rispettivi Si e Sj. I piani H^ e H^ dividono per metà 
anche l'angolo B^S^B^ e rispettivamente l'angolo B^S-fi^, Da qui 



Fig. 479. 

risulta la seguente costruzione. Si tira il piano ByD^ perpendicolare 
ad //i, e il piano B^D^ perpendicolare ad H^. Indi si faccia QD, = 
B-^Dy e così pure CjDg = D^y^; allora il piano BjCiBj determina in- 
Hi il raggio Sj, e il piano B^C^B^ il raggio Si in H^. 

La stessa costruzione vale anche per il problema reciproco : Dato 
il raggio S, trovare le onde piane corrispondenti e le loro normali 
rispettive 0^ e Q^, In questo caso si invertono B^ e B^, con A^ e A.^. 

54. Teorema di RECiPRoaTl. Regola di Potter. — Una rela- 
zione importante fra raggi e normali si ritrova espressa nella regola 
di Potier. Siano costruiti i due elissoidi a tre assi, l'elissoide di Fresnel, 
fig- 473 * ^ l'elissoide indicatore, fig. 473 ò, il primo con i semiassi 



a < b < 



e, e il secondo conisemiassi al — j > P (-7-) > Y — I » ^'^^^^^ 

lo stesso centro. Con una deformazione omogenea si può passare 
dall'elissoide indicatore all'elissoide Fresneliano, purché quello si 
contragga nella direzione x proporzionalmente ad a^, nella dire- 
zione y della quantità 6* e nella direzione 2 di e*. Se un raggio vettore 



23S Capitolo ottavo 



dell'elissoide indicatore con le coordinate ^, y), ?^ passa, dopo la defor- 
mazione omogenea, nel vettore avente le coordinate x, y, z dell'elis- 
soide di Fresnel, si avrà / 




Di guisa che, essendo x, y, z corrispondenti di ^, 7], J^, se ;r, y, z 
sono le coordinate del vettore luminoso, saranno ^, 7), t^ le coordinate 
del vettore nel piano d'onda corrispondente del detto vettore lumi- 
noso. Siano x^, y/j, Zi e x^, y,, z^ le coordinate rispettive di due vettori 
luminosi dati nell'elissoide di Fresnel, e ^3, tq,, !^i, ^j, tjj, ^Ij le coor- 
dinate dei rispettivi vettori nei piani d'onda, avremo analogamente 

I 
e moltiplicandole due a due, si ottiene 

Xi ^2 = SI -^2' 

yi 7)2 = TQjyi. 45) 

-2^1 Sa = Si ^2» 

che sono le relazioni di Potier, esprimibiU ancora con l'equazione 
seguente : 

^1 12 + yi vji + ^1 ^2 = Ei ^2 + 7)1 >2 -f X,i z^ 46) 

SS- Rifrazione conica. — Il piano tangente alla superfice 
d'onda e normale a un asse ottico, p. es. all'asse ottico O^i, fig. 480, 
non ha come punti di tangenza solamente /Ij e D, ma infiniti punti 
situati su mi cerchio, sicché per una stessa onda e per una stessa velo- 
cità nonnaie ^ = 6 vi sono infiniti raggi luminosi, quelli doè che uni- 
scono il centro O con i detti punti del cercliio di tangenza. 1 détti 
raggi sono sul manto di un cono, il cono radiale. I piani di polarizza- 
zione di questi raggi concorrono tutti nell'asse ottico OA^, come è rap- 
presentato schematicamente nella fig. 480. In modo analogo l'asse ra- 



Proprietà ottiche 



239 



diale OBi, fig. 481, come unico raggio luminoso, ha infiniti piani, 
d'onda, il cui ^nto di tangenza è Bj, e quindi infinite nomiali, che 
formano il manto di un cono, il cono normale; per tutti questi piani 





Fig. 480. 



Fig. 481. 



d'onda vi è ima sola velocità radiale s^ ed infinite velocità nonnaU. 
Il piede delle normali sui piani d'onda si trova su un cerchio, e i 
piani di polarizzazione di queste onde concorrono tutti nell'asse 
radiale OBj, fig. 481. 

Si può rendere visibile il cono radiale preparando una lamina a 
facce parallele, LL, fig. 482, perpendicolare a un asse ottico, e fa- 
cendo cadere su di essa normalmente un sottile fascio di raggi lumi- 
nosi /. Ciò posto il piano d'onda dei raggi rifratti nella lamina è 




' C 



S 

- 




I 



unico ed è parallelo alla lamina stessa, come quello emergente da 
essa. Al detto piano d'onda corrispondono infiniti fasci di raggi di- 
vergenti R nella lamina a partire dal piede P, formanti un cono lumi- 
noso, dovuto alla r il razione conica interna. La fig. 482 fa vedere la 
scomposizione del fascio luminoso incidente / in un cono luminoso 



240 CapUolo oliavo 

interno RR, e un cilindro luminoso ca\-o emergente dalla lamina CC, 
che si proietta su uno schenno a guisa di anello A circolare luminoso, 
it cui spessore è quello del fascio incidente, e il cui raggio dipende 
dallo spessore della lamina. 

Analogamente si può rendere \'isibile il cotto normale. Con una 
lente il, fig. 483, si fa convergere nel fuoco di essa e su ima lamina 
a facce parallele, tagliata normalmente all'asse ottico, im fascio di 
raggi paralleli incidenti /. Con un diaframma-iride DD si limita e 
si sposta il fascio convergente finché con la rifrazione nella lamina 
un unico raggio, che perciò dovrà avere la dìre- 



Fig. AH- 

zione dell'asse radiale lì. Dalla lamina emergerà un cono di raggi E, 
rifrazione cornea esterna, la cui ampiezza non dipende dalla grossezza 
della lamina. Se questo fenomeno non fosse dovuto alla rifrazione 
conica esterna, il cono esterno E. potrebbe essere portato nell'in- 
terno con l'apice nel fuoco della lente; e ciò a^-viene infatti nella 
rifrazione ordinaria. Ma la separazione dei due apici />, e p^. l'uno 
dovuto al fascio conico incidente, l'altro dovuto al fascio conico 
emergente, non è possibile che nella rifrazione conica estema. 

56. I.'EUSSOIDE INDICATORE IN RAPPORTO CON LA SmMKTBlA 

DEI CRISTALLI. — L'elissoide indicatore per ogni luce omogenea, ossia 
per ogni lunghezza d'onda >. è in generale a tre assi, ed ha perdo 
tre assi e tre piani dì simmetria ad essi rispettivamente perpendicolari. 
In particolare nei cristalli monometrici l'elissoide indicatore è una 
sfera, sfera essendo la superfice d'onda; nei cristalU dim.etrici, tri- 
gonali ed esagonali l'elissoide indicatore è un elissoide di rivoluzione. 
Nei primi tutte le direzioni sono assi di isotropia ottica; negU altri 
cioè dimetrici, trigonah ed esagonali vi è un solo asse di isotropia, 
il quale coincide con l'osse ottico o osse principale del cristallo. 
Quando l'elissoide indicatore è a tre assi, come nei cristalli dei si- 



Proprietà ottiche 241 



stemi trimetrico, monoclìno e triclino, la sua posizione è individuata 
nei cristalli, allorquando i loro elementi di simmetria lo possono in- 
dividuare. Così nei cristalli trimetrici, le tre direzioni fondamentali, 
che sono o assi di simmetria o normali a piani di simmetria ed orto- 
gonali fra loro, coincidono rispettivamente con le tre direzioni prin- 
cipali dell'elissoide indicatore. Nei cristalli monoclini una sola dire- 
zione fondamentale funziona o da asse di simmetria o da normale 
al piano di simmetria; essa coincide perciò con una delle tre dire- 
zioni principali dell'elissoide indicatore, x, y o z. I^e altre due 
direzioni principali ottiche non sono individuate da elementi di sim- 
metria. Finalmente nei cristalli triclini, mancandovi assi e piani di 
simmetria, le tre direzioni principali dell'elissoide indicatore non sono 
individuate da direzioni fondamentali nel cristallo. 

Riassimiendo cinque sono le posizioni che assi di isotropia o 
assi principali ottici haimo per rispetto alle direzioni fondamentali 
del cristallo. Esse sono: 

1° Nei cristalli del sistema monometri co tutte le direzioni sono 
assi di isotropia come negU stati isotropi. 

2° Nei distaili dei sistemi dimetrico, trigonale ed esagonale yd 
è un solo asse di isotropia coincidente con l'asse piindpale del cri- 
stallo. 

30 Nei cristalli deUsistema trimetrico le tre direzioni principali 
dell'elissoide indicatore o assi di simmetria ottica coincidono con 
le tre direzioni fondamentali del cristallo (assi o normali a piani di 
simmetria). 

40 Nei cristalli del sistema monoclìno una direzione principale 
dell'elissoide indicatore x, y, o z coincide con una direzione fonda- 
mentale del cristallo (asse o normale a piano di simmetria). Le altre 
due direzioni principali sono ad essa perpendicolari non vincolate. 

50 Nei cristalli del sistctna triclino le tre direzioni principadi 
dell'elissoide indicatore sono non vincolate da direzioni fondamentali 
del cristallo.' 

* 

57. Dispersione. — Le colanti ottiche nei cristalli, cioè velo- 
cità principali a < h < e o rifrazioni prindpaH a > ^ > y sono 
dipendenti dal colore della luce, vale a dire dalla lunghezza d'onda 
(>. nel vuoto). Questa dipendenza fra costanti e lunghezza d'onda, 
insieme con i fenomeni da essa derivanti si chiama in generale disper- 
sione. Nei sistemi monometrico, dimetrico, trigonale, ed esagonale 
la dispersione si limita agU indici di rifrazione; nei cristalli del si- 
stema trimetrico, monoclino e triclino la dispersione non è ristretta 
agli indici di rifrazione ma si estende di più all'orientazione degU assi 
ottici od anche degli assi principali dell'elissoide indicatore (56). 

■ 

16 — e. Viola. 



242 



Capitolo ottavo 



Come esempi di dispersione iii cristalli trimetrici siano qui rife- 
riti gli indici di rifrazione per l'aragonite (Ca C O3) e per il solfo. 

Aragonite di Billin. 



X 








■ 




in 


a 


P 


y 


- 


Osservatore 


[i[X 








+ 




671 


1.5284 


1.6776 


1.6821 


190.42^ 


A. Offret 


5S9 


1-5307 


1.6820 


1.6866 


19.47 


id. 


538 


15327 


1.6859 


1.6906 


19.52 


id. 


480 


1-5357 


1.6918 


1 .6966 


19.54 


id. 

• 



Solfo- a. 



X 








2V 




in 


a 


?> 


T 




Osservatore 


[i|X 












687 


1.93651 


2.02098 


2.22145 


650.58'.40" 


A. Schrauf 


589 


1.95047 


2.03832 


2.24052 


67.47 


id. 


527 


1.96425 


2.05443 


2.25875 


67.12 id. 


397 


2.01704 


2.11721 


2.32967 


68.57 


id. 



Da questi due esempi si rileva che le variazioni di a, p, y per 
i colori dal rosso al verde e rispettivamente al ^^oletto sono tali, 
che l'angolo degli assi ottici 2V rimane quasi costante. Ma in altri 
cristalli l'angolo degli assi ottici varia sensibilmente dal rosso al 
violetto. Così nel sale di Seignette l'angolo degli assi ottici per il 
rosso è di 76°, per il violetto di 56° ; e così pure nell'acetato di piombo. 
Nel nitrato potassico l'angolo degli assi ottici per il rosso è minore 
che per il violetto; il contrario è nella cerussite {Pb C O,) e nella ti- 
tanite. Nella Brookite (Ti Oj) l'angolo degli assi ottici varia moltis- 
simo col colore della luce, infatti l'angolo 2 E (2V misurato nell'aria) 
ha i seguenti valori: 

luce lÀ, X = 670,82 {jL(i , 2 E = 580 nel piano (001) 

» Na, 589 » 38O-10' » (001) 

» TI, 535 » 21.40 1 (010) 

Si deduce da ([uesti dati che per X = 550 |i|i circa la Brookite è uni- 
assica. 



Proprietà ottiche 



243 



La dispersione nei cristalli del sistema triynetrico è tri simmetrica, 
poiché essa si effettua in tre piani di simmettia o tre assi di sim- 
metria ad essi aspetti vamen te perpendicolari. E poiché essa corri- 
.sponde alla vaiiazione degli assi ottici in più o minor grado, si chiama 
dispersione degli assi ottici, fig. 484, 485. 

Nei distaili del sistema monoclino oltre la variazione negli indici 




Fig. 484. 




-di rifrazione a, ^, y e eventualmente nell'angolo degli assi ottici, 
interviene ancora la dispersione di due direzioni principali ottiche 
giacenti in un piano fondamentale del cristallo (di simmetria o 
perpendicolare ad asse di simmetria). I^a dispersione nel sistema 
monoclino si chiama perciò monosimmetrica, effettuandosi essa in 






Fig. 486. 



Fig. 487. 



Fig. 4S8. 



un unico piano di simmetria comune a tutte le onde dell'energia 
raggiante. 

La dispersione monosimmetrica acquista nondimeno due div'ersì 
« singolari aspetti secondo che il piano di simmetiia è il piano degli 



244 Capitolo ottavo 



assi ottici o no. Se il piano di simmetria è il piano degli assi ottici, 
la dispersione è inclinata, rappresentata in proiezione stereografica 
nella fig. 486. Ivi le bisettrici acuta e ottusa z e x sono disperse pei 
singoli colori dello spettro; y è comune come nel gesso. Se il piano 
degli assi ottici è perpendicolare al piano di simmetria, la disper- 
sione è orizzontale o girata. Essa è orizzontale, fig. 487, come nella 
adulai ia, quando la bisettrice comune a tutti i colori è l'ottusa, ed 
è girata come nel borace quando la bisettrice comune a tutti i colori 
è V acuta, fig. 488. Le altre due direzioni principali ottiche e il piano 
degli assi ottici sono dispersi. 

Può naturalmente avvenire che il piano degli assi ottici sia pa- 
rallelo al piano di simmetria per una parte dei colori dello spettro, 
e sia perpendicolare per im'altra parte dello spettro; la dispersione 
è complessa: Così p. es. il sanidino (K Al Si, Og) ha la dispersione 
inclinata per luce \'ioletta, orizzontale per luce rossa. Il gesso e la 
glauberite hanno condizioni di dispersione ottica contrarie a quelle 
del sanidino. 




Fig. 489. 

Nei cristalli del sistema triclìno la dispersione è asimmetrica poiché 
sono disperse tutte e tre le direzioni principali ottiche per i vari co- 
lori dello spettro, come nella fig. 489; Xp, y^, z^ sono le direzioni 
principaU per il rosso, Xy, \y, r„ per il violetto. Assi ottici e piano 
degli assi ottici sono pure dispersi. 

58. RIFI.ESSIONE. SUI^I^A SUPERFICE DEI CRISTAI.I.'l. TEORENH DI 

Mac Cullagh. — Si considera la riflessione di im raggio incidente /, 
fig. 490, in un mezzo isotropo, su una superfice piana riflettente 
tct: di un. cristallo. Il raggio riflesso sia R determinato dall'angolo 
di riflessione i eguale all'angolo di incidenza e dal piano di riflessione. 
Q sia una delle normaU Q^ e Q^ delle onde rifratte nel cristallo, avente 
per angolo di rifrazione r {r^ e r^ relativi a g^ e gj)- ^^ '"^ggio incidente 
sia polarizzato in un piano che con il piano di incidenza fa l'angolo 



Pro/>rieià ottiche 



245 



azimutale e ; il corrispondente angolo azimutale del raggio riflesso R 
sia p; gli azimut delle onde rifratte siano S^ e Sr (S nella fig. 490). 
l^e intensità di questi raggi siano 

E del raggio incidente 

P del raggio riflesso 

Aj, Aj delle onde rifratte. 

Girando il piano di polarizzazione intomo al raggio, ossia va- 
riando l'angolo azimutale g del raggio incidente /, una sola varia- 




zione può avere luogo nelle onde rifratte, cioè quella che riguarda la 
loro intensità Ai e Aj, fissi essendo i loro angoli azimutali Si e Sg. 
I,e intensità Ai e Aj variano da zero a un massimo. Sia gj l'angolo 
azimutale del raggio incidente quando Aj = o e Ai = massimo ; e così 
sia £( l'angolo azimutale quando Ai = o e A, = massimo. 

Ad £i corrisponde l'angolo azimutale pi e a e, l'angolo pt del 
raggio riflesso. Gli angoli Sj e ej, così p, e p^ si dicono azimut unirà- 
diali secondo Mac Cullagli. 

Dalla teoria elettromagnetica della luce si ottiene facilmente 



tag s. = cos (i — r. ) tag 8. ± 



sen* r. 



sen {i -i- f'f^ ) sen ò^ 

^ sen= r 

tagp^ - —cos (i -f r^ ) tag ò, ± ^^^^ ^^ _ 

// = I, 2 ; 
Dalla quale relazione risulta 



— :, - tag T, 



\ ) sen ò\ 



tagT, 



47) 



sen {/ -f r^ ) tag £^ —sen (« — r^ ) tag p^ 



sen 2 / tag S. : A = 1,2; 48) 



246 Capitolo ottavo 



(juivi Ti e T2 esprimono le inclinazioni fra raggio e nonnaie cxjrri- 
spondenti. 

Dati gli azimnt uniradiali £^ e.p^ (e, e, p, pj) si liesce facilmente 
a calcolare l'azimut p per un qualsiasi azimut s del raggio incidente- 
dato. 

La teoria sulla luce dà appunto il segiiente risultato : 

B tag £ -i- D 
^-^gP^- ^tage + C ^^> 

ove A , B, C, D sono costanti e dipendenti da i, r^, fj» Ci, Sj, pi, pj. 

Il teorema che da queste relazioni risulta, cosi si esprime: Se 
l'onda incidente è polarizzata in un azimut unir adiale, le normali ai 
rispettivi piani di polarizzazione del raggio incidente, riflesso e rifraito- 
sono in un piano; l'intensità del raggio rifratto è la risultante delle in- 
tensità dei raggi incidente e riflesso^ ammesso nullo V assorbimento dei 
due mezzi isotropo e anisotropo. Se l'angolo di incidenza i è piccolis- 
simo, ossia l'incidenza è quasi ortogonale, vi ha tuttavia deviazione del 
piano di polarizzazione. 

Se l'azimut e è o^ ovvero 90^ e il piano d'incidenza cade in uno dei 
piani di polarizzazione delle onde ri /ratte nel cristallo, anche l'azimut p 
del raggio riflesso è zero, sicché è sempre possibile determinare i piani 
di polarizzazione delle onde ri fratte per mezzo della riflessione. 



d) Determinazione di costanti ottiche in luce trasmessa parallela. 

59. Indici di rifrazione. — I^a determinazione degli indici di 
rifrazione così nei corpi isotropi come nei cristalli può essere fatta 
con vari metodi. Siano n^ ed Wj gli indici di rifrazione di due mezzi 
isotropi I e II in contatto, fig. 491, e sia i l'angolo di incidenza nel 
I mezzo e r l'angolo di rifrazione nel II si ha la relazione di De- 
scartes (,40) 

sen i qy «., 



sen r q^ «, 



30) 



essendo qi la \elocità della luce nel I mezzo e q^ nel II. Il limite del- 
l'angolo i é ì = 90° ; quello di r è F dato da 

sen r = " essendo w, < n^. 50) 

7 si chiama limite della riflessione totale, poiché per angoli r maggiori 
di r fig. 492, non vi sarà lifrazione dal II mezzo al I mez-so; ossia 
luce proveniente dal II mezzo sarà in parte riflessa e in parte rifratta 



Proprietà ottiche 



247 



per r < Yy mentre sarà totalmente riflessa per tutti gli angoli di in- 
cidenza maggiori di r , fig. 492. Avendo l'angolo limite r fra due mezzi, 
si calcolerà con l'ultima relazione l'uno o l'altro indice di rifrazione, 
lino di essi essendo noto. 




Fig. 491. 



Fig. 492. 



Per la determinazione dell'angolo limite r , \'i possono essere 
due diversi modi di osservazione. In primo luogo si iarà incidere nel 
mezzo meno denso (aria o vuoto) luce diffusa o convergente prove- 
niente dal mezzo più denso, come mostra la fig. 493, ove a sinistra 
sono rappresentati raggi incidenti /, /..., a destra due campi di raggi 
riflessi totalmente fuori del limite y = f , e parzialmente nel campo 
in temo dar = oar = ye quindi meno intensi. Il secondo metodo 




Fig. 493. 




di osservazione consiste nell'impiegare illuminazione tangenziale. 
Facendo incidere raggi tangenziali convergenti /, 7..., fig. 494, dal 
mezzo meno denso I al mezzo più denso II, come nella fig. 494; è 
evidente che in tal caso il limite della riflessione totale spiccherà 
nettamente fra un campo illuminato per y da o a ?, e un campo total- 
mente oscuro per r da r a 90°. 

Questo che si è detto per i corpi isotropi e per i cristalU mono- 



248 Capitolo ottavo 



metrici ha luogo per qualsiasi mezzo anisotropo in contatto con uu 
mezzo isotropo. Immaginiamo di avere a nostra disposizione un 
mezzo isotropo più denso e più rifrangente del cristallo in esame, a 
cui sia assegnata la figura di una mezza sfera, affinchè i raggi pro- 
venienti dal suo centro proseguano all'esterno senza subire rifrazione. 
Sulla faccia piana e levigata di questa mezza sfera sia adagiato con 
la sua faccia piana e perfettamente liscia un cristallo; il contatto 
perfetto fra sfera e cristallo è ottenibile con un Uquido denso (ioduro 
di metilene). La luce proveniente dal mezzo isotropo (sfera), fig. 405, 
e incidente sulla superfice del cristallo subirà la riflessione totale. 



r 




Flg. 495. 

Il limite ne potrà essere riconosciuto con un cannocchiale accomodato 
per l'infinito; intatti si osserverà nel campo del cannocchiale una 
parte molto illuminata intema, e una parte meno illuminata estema 
divise nettamente da una linea-limite, se si adotta l'illuminazione 
diffusa; si osserverà all'incontro una parte chiara mtema e una parte 
affatto oscura estema divise nettamente, se si adotta illuminazione 
tangenziale. Queste osserv'azioni possono essere fatte per tutti gU 
azimut da o® a 360°, poiché la semisfera può girare a piacere hitomo 
all'asse NAT portando con sé il cristallo. Determinati dunque i limiti 
della riflessione totale per tutti gU azimut da o® a 3.60°, e tracciati 
questi limiti sopra un fogUo di carta a partire da un centro, si ot- 
terrà una cur\'a, luogo di tutti quei limiti: è la curva limite della 
riflessione totale, costituita in generale di dite falde, avente due 
massimi e due minimi nel mezzo giro (da 0° a i8o<>). Nei luoglii 
ove il piano d'onda per la riflessione totale determina gli indici di 
rifrazione a (massimo) e y (minimo), la curva limite avrà ivi certa- 
mente un massimo e un minimo. Gli azimut fissano queste direzioni 
^ e r, fig. 496. 



Proprietà ottiche 



249 



Posto i limiti della riflessione totale in queste due direzioni A e 
r, cioè ^a e fy. ^ l'indice di rifrazione della sfera di vetro, si hanno 
gli indici principali di lif razione a e y: 

OL == N sen r^ 
y = N sen r^. 



ì 



51) 



Nella curva-limite vi è ancora un massimo e un minimo, die 
sono individuati nella fig. 496 nelle direzioni B e A, senza precisare 
quale di essi sia massimo e quale minimo. È certo che in B o in A 
cade l'indice medio di rifrazione p; sia questo nella direzione B. Per 
distinguere B da A, si introduce un nuovo dato di osservazione. 




Fig. 496 

Mentre nella direzione B il piano di polarizzazione nel cristallo ha 
una posizione fissa stabiUta dal piano principale ottico del cristallo; 
nella direzione A il raggio tangenziale ha per piano di polarizzazione 
il pÌ£Uio riflettente, poiché il raggio e la nonnale corrispondente si 
trovano nel piano di incidenza, fig. 477, pag. 235. L'osservazione deve 
essere condotta nel modo seguente. Davanti al cristallo è collocato il 
Nicol polarizzatore P, fig. 497, avente il piano di polarizzazione pa- 
rallelo al piano riflettente da dove entrano i raggi incidenti / tan- 
genziali. I raggi emergenti devono attraversare il Nicol analizzatore A , 
avente il piano di polarizzazione nel piano incidente. Posto ciò, nella 
direzione A, sia massimo o minimo, i raggi saranno totalmente estinti; 
ciò non potrà mai avere luogo se l'osservazione vien fatta nella dire- 
zione B ove cade l'indice medio p, tsanne U caso speciale onde il piano 
riflettente sia il piano degli assi ottici. Esaurita la distinzione fra B 
e A, e detto r^ l'angolo limite della riflessione totale nella direzione B, 
si ha come precedentemente l'indice di rifrazione ^ : 

^ = A' sen i^ 52) 



250 



Capitolo ottavo 



L'angolo degli assi ottici 2 V è dato dalle forinole 40 bis e 42 hi$^ 
pag. 233. 






Con questi dati si può costruire l'elissoide indicatore per la 
luce impiegata nelle osservazioni; si può altresì conoscere la posi- 




\ 



zione dell'elissoide per rispetto al piano riflettente e «ill'orientazione 
di qualche spigolo in esso giacente. Per questa determinazione si 
procede nel modo seguente: 




Fig. 49«- 

Date le direzioni A, B, A, F in proiezione stereografica, fig. 49S; 
essendo .V la normale alla faccia del cristallo in esame, x, y, 2 le 



Proprietà otlUhe 251 



direzioni principali dcU'elissoide indicatore, e (f,, cp^, <p3 i rispettivi 
angoli che le determinano, avremo le relazioni seguenti : 

cos {BT) 
tag* ©1 = — cos [AB) . cos (rA) 

cos (FA) 
\ tag 9» — iDr\ ^rxa ( 4 n\ 53) 



e di più 



cos (BF) . cos (AB) 

^ cos (AB) 

tag <f3 = cos {lA) . cos (BI) 

sen 81 = cos (fa cotg 93 

sen 82 = cos cp3 cotg (fj «^\ 

sen §8 = cos 93 cotg <pi 

La costruzione della fig. 498 è con ciò completa. Sul cercliio mas- 
simo BxzB \i sono i poli degli assi ottici A^e A^. Un controllo può 
essere eseguito nella seguente maniera. Si conducono da A i cerchi 
massimi A ^1 e A -^2 che racchiudono l'angolo 2 co; e si verificherà 
quindi se quest'angolo è di\iso per metà dal piano di incidenza A N*. 

È da osserv^arsi che la direzione A è anche press'a poco una delle 
direzioni principaU (direzioni di estinzione (60)) per raggi paralleli 
ad N', e ciò nel caso che la lamina è tagliata parallelamente al piano 
degli assi ottici, caso in cui A e B non siano altrimenti distinguibili. 

Un secondo metodo molto esatto per la determinazione degli 
indici di rifrazione dei corpi isotropi od anisotropi si basa sulla mi- 
nima deviazione per mezzo di un prisma. 

Il metodo della riflessione totale ha l'inconveniente che non è 
appUcabile a cristalli, il cui indice di rifrazione è maggiore di quello 
del Hquido disponibile, il quale deve provvedere al contatto perfetto 
fra cristallo e sfera isotropa. Il metodo della minima de\T.azione al- 
l'incontro non è subordinato ad alcuna restrizione, ed è perciò ge- 
nerale; esso dà risultati sicuri e di grande precisione. Il prisma da 
levarsi dal distailo in esame deva essere a facce piane e perfetta- 
mente levigate. 

Nel prisma si distingue l'angolo deviatore A, la bisettrice MM, 
fig. 499, e la base perpendicolare allo spigolo. Generalmente la mi- 
nima deviazione D fra luce incidente e luce emergente / ed £, nei 
corpi isotropi si ottiene disponendo che il piano incidente e il piano 
emergente siano perpendicolari allo spigolo, ed è noto che essa è 
raggiunta quando il raggio rifratto Q è perpendicolare alla bisettrice 



252 



Capitolo ottavo 



MM, per mcxlo che 1 angolo di inddeiiza i è eguale all'angolo emer- 
gente i, Si ha facihnente per Q giacente nella base, fig. 499: 



,1 

- (A 
2 



r = - A, 

2 



D) 



55) 




iJI 

Fig. 499. 

sicché l'indice di rifrazione n fra il prisma e il mezzo estemo è dato da 



n 



sen— (A + D) 



sen — A 
2 



56) 



Si fa uso di questa disposizione per determinare gU indici di 
ritrazione principali nei cristalU, ma è indispensabile che il prisma 
sia levato dal cristallo in guisa che il raggio Q cada in una delle dire- 
zioni principaH ottiche del cristallo (per luce monocromatica data) , 
ovvero che la base del prisma sia una delle sezioni principali del cri- 
stallo; in quest'ultimo caso la deviazione minima è limitata ai raggi 
ordinari (51). Per ottenere i tre indici principaU di rifrazione occor- 
rono almeno 2 prismi del cristallo bene orientati. 

Ma si può prescindere da una orientazione perfetta dei prismi, 
adottando il metodo generale della deviazione minima. Si dimostra 
facilmente che la minima deviazione è raggiungibile tanto nel piano 
perpendicolare allo spigolo del prisma, clie è la sua base, quanto in 
un piano contenente la bisettrice MM, e tacente col primo un angolo 
azimutale o, fig,' 500 ; ma ciò solamente se la direzione Q perpendi- 
colare ad M del raggio rifratto interno nel cristallo abbia 4 posizioni 



Proprietà ottiche 



253 



determinate come nella riflessione totale, A, B, A, F. Con una pra- 
tica, che qui si tralascia di indicare, si va allora in cerca dell'azimut o, 
che condente la minima de\iazione. Seguendo questo metodo si 
determina non solo gli indici di rifrazione principali, ma ancora 
l'orientazione dell'elissoide indicatore stesso. 

// metodo di Chaulnes usato nei corpi isotropi dà risultati ap- 
prossimati\i e talvolta sufficenti nei cristalli. 'Espo consiste nel misu- 
rare l'alzata dell'obbiettivo del microscopio' per vedere con precisione 
un oggetto quando sopra di esso sia fatta passare una lamina a facce 




^ 



Fìg. 500. 



parallele trasparente di una sostanza in esame. Sia O, fig. 501, l'og- 
getto veduto distintamente col microscopio in cui vengono raccolti i 
raggi / uscenti da O. Intercalata la lamina di grossezza D, per vedere 
distintamente il medesimo oggetto, bisognerà alzare l'obbiettivo di 
, d = 00\ poiché i raggi incidenti / cambiano di direzione nei raggi 
emergenti E, come provenienti da 0\ Ora si ha la proporzione 

O'N :0N = Ugr-.tsLgi. 

Per piccolissimi angoli f ed i si scriverà 

D — d: D ■-- sen r : sen i 
ossia 

D 

'' -' -D--d ''^ 



254 



Capitolo ottavo 



Se la lamina è di un cristallo, si adotterà luce incidente pola- 
rizzata, in guisa che il piano di polarizzazione coincida con l'uno o 
con l'altro dei due piani di polarizzazione della direzione ON, otte- 
nendo per tal modo i due indici di rifrazione delle onde parallele 
alla lamina. 

Un metodo elegante per la misura dell'indice di rifrazione di 
una sostanza (isotropa^ o anisotropa) pratico e sufficentemente ap- 
prossimato è quello conosciuto col titolo dei galleggianti usato per 
varie quantità fisiche, come il peso specifico, la costante dielettrica, 
la permeabilità magnetica, l'indice di ritrazione ecc. Per ciò clie ri- 
guarda l'indice di rifrazione si trae partito dal fatto che di due corpi 
trasparenti in contatto o l'uno immerso nell'altro, la luce è total- 
mente riflessa in quello, che ha indice di rifrazione maggiore; il 
contorno di essi sparisce se l'indice di entrambi è lo stesso. Quindi 




Fig. 501. 



disponendo di liquidi di diversa riErangenza, e posto il cristallo in 
esame in contatto con essi, l'osservazione indicherà quale è il liquido 
di minore rifrangenza e quale è quello di rifrangenza maggiore; e 
così per tentativi si riuscirà a restringere i limiti entro i quaU l'indice, 
o gU indici del cristallo in esame saranno contenuti. Sarà in ogni 
singolo caso necessario far uso di luce polarizzata e disporre che il 
piano di polarizzazione coincida con quello del cristallo in relazione 
con le onde liuninose che si considerano. Il metodo dei galleggianti è 
stato fruttifero sopratutto in quei casi, ove è impossibile far prepa- 
rati esatti dei cristalli, o questi si tro\'ino in minuti frammenti. Esso 
è stato fruttifero nello studio delle rocde, che come si sa sono aggre- 
gati di minerali. In questi aggregati i singoU minerali si trovano in 
intimo contatto, dove si può produrre la riflessione totale della luce 
incidente se due di essi hamio indice di ritrazione diverso, ^ano i 
due cristalli di indici «, < Wj» ^g- 5^2, (i, 2, 3) in contatto nella su- 
per fice ab. Luce leggermente obliqua su ab sarà totalmente riflessa, 
e in coUvSeguenza una striscia illuminata segnerà il contorno ab. Se 
l'oculare O si trova in posizione tale che il punto di mezzo e, fig. 502, 



Proprietà ottiche 



255 



2, sia distinto, la striscia luminosa ca4i'à parte di qua parte di là del 
contomo ab. Abbassando l'obbiettivo verrà ^^isibile nettamente il 
punto inferiore b, fig. 502, 7, e la striscia lucente si porterà dalla 
parte del cristallo meno rifrangente; se all'incontro verrà alzato 
l'obbiettivo in modo che il punto a sia nettamente visibile, fig. 502, j. 




/ 




y 



la striscia illuminata cadrà dalla parte del cristallo più rifrangente. 
Con questo metodo la diagnosi di un minerale delle rocce sarà relativa- 
mente facile, poiché esso può trovarsi in contatto con vari cristalU co- 
nosciuti e in varie posizioni. Si sa p. es. che la diagnosi dei feldispati 
triclini e monoclini è grandemente facilitata col metodo dei galleg- 
gianti, poiché i feldispati si trovano spesso in contatto fra di loro, 
col quarzo o con feldispati noti. 

. 60. Interferenza i^uminosa. — È data una lamina cristalUna 
a facce parallele, attraversata perpendicolarmente da luce omogenea 
polarizzata, proveniente da un Nicol polarizzatore, il cui vettore 
luminoso (41), pag. 215, ha la direzione P, fig. 503. I^a luce emergente 



fix 



", 



/ 



/ 



/ 



"/A 



/ 
/ 

/ 



^LdC 



K Hi 



Fig. 503. 



256 Capitolo ottavo 



dalla lamina attraversa il Nicol analizzatore, il cui vettore luminoso 
ha la direzione A. Siano //, e Hj le direzioni dei vettori limiinosi, 
ortogonali fra loro di onde parallele alla lamina. 

Posto che le due onde con velocità diverse q^ e q^ secondo che 
i loro vettori siano H^ e H^, hanno eguale origine, provengono dallo 
stesso polarizzatore, esse pos^ggono le condizioni necessarie e suf- 
ficienti per interferire. Con la interferenza delle due onde, la intensità I^ 
della luce incidente non rimarrà la stessa nell'analizzatore ; essa sarà 
divenuta / diversa di /q, che facilmente si calcola, ed ha l'espressione 



/ = /o I cos" (a — P) — sen 2 a sen 2 p. sen* tc ^ («2 — wj | , 



5«) 



ammesso nullo ogni assorbimento attraverso la lamina. Quivi rap- 
presentano : d lo spessore della lamina, \ la lunghezza d'onda della luce 
omogenea (misurata nel vuoto), n^ e n^ gli indici di rifrazione della 
luce attraversante la lamina normalmente, polarizzata rispettiva- 
mente secondo //, ed avente la velocità q^, o secondo Hi ed avente 
la velocità q^. 

Consideriamo i seguenti due casi : 

1° a — ^ = 90", ossia Nicol incrociati 



/^ = — Iq sen^ 2 ^ sen* 
2*^ a — Ji = oo, ossia Nicol paralleli. 



d 



TCy («2--«i) 



59) 



//--/oji 



sen- 2 a sen- 



- Y (♦»« — «1) 



60) 



L'argomento 

d 27: i d d \ . 

si dùama il ritardo delle due onde per lo spessore d della lamina. 
Questo ritardo è funzione di d, della durata d'oscillazione T e delle 
velocità ^1, ^2- 

A Nicol incrociati, nel giro completo da 0° a 360° della lamina 
nel suo piano, essa passa per quattro posizioni ove l'intensità luminosa 
/ è nulla, ossia ove avviene estinzione completa della luce; le quattro 

posizioni sono per a = 0, —, 71, — "- ossia quando Hi o H^ coincidono 

con A o P, e si dicono direzioni di estinzione. Le direzioni di estin- 
zione di una lamina sono perpendicolari ai piani di polarizzazione 
di onde parallele alla lamina stessa. 

Per a = 45°, 135*^, 225° o 315°, ossia quando H^ e Hj dimezzano 



Proprietà ottiche 257 



rangole di 90» fra i due Nicol, l'intensità I ^ della luce è massima. 
Questa posizione di 45° è spesse volte preferita in diverse analisi 
ottiche (61) (62). 

Si è convenuto di chiamare positiva quella direzione di estin- 
zione alla quale corrisponde Tonda avente come indice di rifrazione 
massimo n,: la direzione ad essa perpendicolare è allora negativa, 
essendo dunque »,<«,. 

Fatta astrazione dall'angolo a, l'intensità I ^ della luce nell'ana- 
lizzatore dipende dal ritardo 

d 

A = TT -r- (n^ — «1) 61 bis) 

Bssa si annulla/ fra Nicol incrociati, per ritardi multipli di 71, ossia 
per 

d 
— (n, — «1) = h (h = numero intero). 

A 

Da qui risulta un criterio semplicissimo per distinguere i corpi 
isotropi dai corpi anisotropi. 

Una lamina isotropa fra Nicol incrociati (ortoscopio) (47) estingue 
sempre la luce in qualsivoglia posizione. Una lamina anisotropa 
(cristallo non monometrico) la estingue in generale solo in 4 posi- 
zioni (a distanza di 90°) nel giro completo. Fanno eccezione natural- 
mente lamine tagliate perpendicolarmente all'asse di isotropia. 

Avviene ancora che ima lamina anisotropa fra Nicol incrociati 
estingue la luce in tutte le posizioni come una lamina isotropa, ma 
solamente per luce omogenea ove sia soddisfatta la condizione 

d 

-T- (Wj — «1) = h (h intero). 

A 

Si riconoscerà in questo caso la presenza di una lamina anisotropa 
impiegando altra luce omogenea o luce bianca, ovvero inclinando 
di qualche poco la lamina stessa, poiché in quest'ultimo caso cambia 
il valore dì d. 

A Nicol paralleli. L'intensità /// nell'analizzatore è data da 



/yy == /p { I — sen- 2 a. sen^ 



Iti y («2 — «1) il = /o — ^4- 62) 



vale dire l'intensità /// è complementare di 74. nell'intensità /q. Nel 
giro completo, da oo a 360°, della lamina nel suo piano, essa passa per 
quattro posizioni, ove l'intensità limiinosa /// è massima ; le quattro 

posizioni sono per a == o, — , ti e — ossia quando Hj e H^ coincidono 

17 — e. Viola. 



2sS 



Capi/o/o ottavo 



con A o P, he direzioni di massima intensità di una lamina sono per- 
pendicolari ai piani di polarizzazione di onde parallele alla lamina 
stessa. 

Per a = 45**, 135°, 225», 315°, ossia quando Hj e H, dimezzano 
l'angolo di 90» fra un Nicol e la sua normale, l'intensità /// della luce 
è minima. Questa posizione di 45^^ non è sempre preferita nell'analisi 
ottica dei cristalli. 

Il fattore importante che oltre a (^ e X porta alla estinzione o 
alla massima intensità della luce omogenea è la differenza «, — n„ 
che si chiama birifrangenzA della lamina. La massima birifrangenza 
si ritrova in lamine parallele al piano degli assi ottici : essa è a — Y (5 1 ) • 

Impiegando luce bianca in luogo di luce omogenea, per avere 
la intensità della luce composta nell'analizzatore sarà necessario cal- 
colare le intensità parziali di tutte le luci omogenee di cui si compone 
la luce bianca ossia da X = 0.0004 a X = 0.0008 circa, e di trame la 
risultante ossia la somma algebrica. Dalla risultante di tutte queste 
intensità si avrà il colore che deve presentare la luce bianca nell'ana- 
lizzatore; esso è precisamente il colore di polari zzazi otte o colore di 
interferenza, funzione della grossezza e della birifrangenza media 
Wj — «1 (birifrangenza per il giallo). Paragonando questo valore con 
il colore di Newton, prodotto da un sottile strato di aria (o di vuoto), 
essendo la luce bianca perpendicolare allo strato, si ottiene la seguente 
regola : 

// colore di polarizzazione di una lamina cristallina anisotropa di 
spessore d, fig. 504, inserita fra Nicol incrociati, coincide quasi esat- 



i 



fh 



% 



n 



1 



Fi«. 504. 






Fig. 505- 



i 



tamente con il colore di interferenza di uno strato d'aria (o vuoto), per 
luce bianca incidente perpendicolare, il cui spessore è /, fig. 505, dato da 



2I — d («I — ni) 



63) 



Si chiama 2/ il passo ottico; «2 — *h ^ ^^ birifrangenza media 
o della luce gialla. Nella tabella seguente sono dati i colori di inter- 
ferenza per i diversi passi ottici tanto fra Nicol incrociati quanto 
fra Nicol paralleli. / colori si alzano quando aumenta il passo. Se la 
luce composta impiegata è a spettro continuo, la luce uscente dal- 




Proprietà ottiche 



259 



Tabella dei colori di polarizzazione. 


2ÌzZd(H^ — n{^ 




. 


in 


Nicol incrociati 


Nicol paralleli 


1 |i|& ss xo-^mm. 






1 
1 


I ordine 




1 




nero 


bianco 


40 


grigio-ferro 


bianco 


97 


grigio-lavanda 


giallognolo 


.158 


grigio-celeste 


bruno-chiaro 


218 


grigio 


bruno-giallo 


^34 


verdognolo 


bruno , 


259 


quasi bianco 


roseo 


267 


giallognolo 


rosso-carminio 


275 


giallo-paglia chiaro 


bruno-rosso-cupo 


281 


giallo-paglia 


viola scuro 


30G 


giallo chiaro 


indaco 


, 332 


giallo vivo 


azzurro 


430 


giallo-bruno 


azzurro-grigio 


; 505 


aranciato-rosso 


celeste-verdognolo 


; .53t> 


rosso-caldo 


verde chiaro 


551 


rosso-cupo 


verde-giallognolo 




II ordine 




565 


rosso-porpora 


verde-chiaro 


575 


\'ioletto 


giallo-verde 


589 


indaco 


giallo-aureo 


Ò64 


celeste 


aranciato 


728 


celeste- verdognolo 


arandato-bruno 


747 


verde 


carminio-chiaro 


826 


verde-chiaro 


rosso-porpora 


843 


verde-giallo 


violetto-porpora 


866 


giallo-verde 


\'ioletto X 


! 910 


giallo puro 


indaco 


948 


aranciato 


azzurro-scuro 


998 


aranciato-rosso 


azzurro-verde 


1 101 

1 


violetto-iosso cupo 

III ordine 


verde 


I128 . 


celeste violaceo-chiaro 


verde-giallo 


1151 


indaco 


giallo sporco 


1258 


azzurro-verdognolo 


carnicino 


1338 


verde-mare 


rosso bruno 




ecc. 


ecc. 



26o Capitolo ottavo 



l'analizzatore non potrà dare spettro continuo a Xicol incrociati, 
poiché tutti i raggi saranno estinti, per i quali è soddisfatta la con- 
dizione 

d («j — f*,) 
^ ^ _ A = I, 2, 3, 4... 64) 

Con i pochi mezzi fin qui esposti e facendo uso di luce parallela, 
si è in grado di distinguere le sostanze se sono isotrope (monometriclie 
o amorfe), se sono anisotrope e spesso ancora in quali sistemi cri- 
stallizzano. Se risulta che la sostanza in esame è cristallizzata. Tana- 
lisi nell'ortoscopio dirà se il cristallo è del sistema manometrico od 
è birifrangente. In quest'ultimo caso basterà che una sola sezione, e 
non più di una, del cristallo sia isotropa per concludere che il cristallo 
è del dimetrico, tiigonale od esagonale. Il contomo di questa sezione 
basterà nel più dei casi per distinguere il sistema dimetiico dai si- 
stemi trigonale ed esagonale. Se tutte le sezioni sono birifrangenti, 
la sostanza in esame è del trimetrico, monoclino o trìclino. Anche le 
sezioni perpendicolari a uno degli assi ottici dimostrano una leggera 
birifrangenza esplorata con mezzi sensibili (62). L'angolo di estin- 
zione sarà in moltissimi casi sufficente per distinguere questi tre sistemi . 

Se infatti l'estinzione è parallela alle direzioni fondamentali del 
cristallo, estinzione fetta, il cristallo è del trimetrico; se l'estinzione è 
retta per rispetto a un solo piano fondamentale del cristallo, questo 
è del monoclino. Se l'estinzione è obliqua sempre, per tutte le sezioni, 
il cristallo è del triclino. 

61. Comparatore o compensatore. — Dato il colore di pola- 
rizzazione di una lamina e dato il suo spessore, il confronto con la 
tabella di Newton ci darà il passo ottico, e quindi la birifrangenza 
per il giallo. IvO spessore (iella lamina può essere misurato col micro- 
metro, od indirettamente da un altro minerale in contatto e cono- 
sciuto. Il colore di polarizzazione può essere rilevato molto facil- 
mente col comparatore. 

Il comparatore è un apparecchio, nel quale è possibile variare 
il passo a piacere e ottenere tutti i colori di Newton. Il comparatore 
più semplice consiste di una bietta di quarzo tagliata parallelamente 
all'asse. Le direzioni piincipali, o di estinzione sono note nella bietta 
di quarzo ; nella direzione dell'asse è il piano di polarizzazione del raggio 
ordinario, normalmente ad esso è il vettore, ed è positivo -f H\ (60). 
La direzione negativa — H\ è ad esso perpendicolare. Inunaginiamo 
che im tale comparatore sia portato su mia lamina in esame e il 
tutto sia inserito nell'ortoscopio. Le direzioni principali della lamina 
— f/j e -h H, siano incrociate con le direzioni principali — H\ ^ 
-f H\^ del quarzo, fig. 506. Facendo scorrere il comparatore sulla 



Proprietà ottiche 



261 



lamina, il colore di interferenza si abbassa; avverrà un istante in 
cui il colore di interferenza sarà nullo, e avremo allora che il colore 




Fig. 506. 



di polarizzazione del comparatore sarà identico al colore di polariz- 
zazione della lamina, e sarà perciò determinato. 




Fig. 507. 



Più perfezionato e più sensibile è il compensatore di Babiuet. 
Questo consiste di due biette di quarzo, fig. 507, di eguale angolo a. 




c: 



.^iv- 



J 



/ 



Fig. 508. 



attaccate insieme, formanti una lamina a facce parallele. Entrambe 
le biette sono levate dal quarzo parallelamente all'asse ottico: mentre 



202 Capìtolo ottavo 



in una di esse l'asse ottico è parallelo allo spigolo, nell'altra è nor- 
male, A A e A' A* nella fig. 507. Chiamando con /| ed ^2 ^^ spessoie 
delle biette nella peipendicolaie ad esse, e con e e co gli indici di ri- 
frazione del raggio straordinario e risp. ordinario, si comprende che il 
ritardo ottico per quella peipendicolare considerata è precisamente 

{It — h) (e~o>) 

Può essere zero per L — /, = o e può assumere qualsiasi valore e 
quindi qualsiasi colore di interferenza sia spostando il compensa- 
tore, sia facendo scorrere una delle biette sull'altra con una vite 
micrometrica. 

Soprapposto un siffatto compensatore su una lamina come dianzi, 
si otterrà l'aimuUamento completo della luce quando il colore di 
interferenza della lamina sarà eguale a quello del compensatore, 
che si potrà leggere sulla vite micrometrica. 

62. Lamine a facce parai«i<ei«E. — Ogni lamina di cristallo 
ha in generale due direzioni principali ortogonaU secondo le quali 
avviene l'estinzione fra Nicol incrociati per luce perpendicolare alla 
lamina; essa ha inoltre due direzioni, a 45® con le prime, secondo le 
quali la luce- ha la massima intensità. Fra Nicol paralleli il fenomeno 
è capovolto. Una delle due direzioni di estinzione è positiva che cor- 
risponde ad indice di lifrazione maggiore; l'altra è perciò negativa. 
Positivo e negativo vsi chiamano i caratteri ottici di una lamina. Una- 
lamina che non ha caratteri ottici, e perciò non è birifrangente, è 
naturalmente isotropa. 

Quando si tratta di birifrangenza piccolissima, l'occhio non è 
in grado di riconoscere le variazioni di intensità della luce nell'orto- 
scopio nelle varie direzioni di una lamina. In tal caso si fa uso di 
lamine-campione, che generalmente sono di gesso o di mica, minerali 
facilmente sfaldabili incolori e trasparenti. È cosa facile ottenere 
una lamina di gesso o di mica che nell'oitoscopio presenti la tinta 
sensibile; questa tinta è tale che per una variazione piccolissima nel 
passo ottico (60), la tinta subisce una variazione sensibilissima. A 
Nicol incrociati la tinta sensibile è il violetto di II ordine conispon- 
dente a ti («j — «1) = 575 [/.(/.. d^e si ottiene se il giallo (luce omogenea 
e più intensa dello spettro) ò completamente estinto. Per una pic- 
colissima vaiiazione in d (n^ — Wj) p. es. da 575 a 565 o 589 il violetto 
si abbassa al rosso poipora o rispettivi: mente si alza all'indaco. Si 
adopera una tal lamina sovrapponendola alla lamina in esame nel- 
l'oitoscopio, facendo girare quest'ultima e lasciando ferma la prima. 
Si ha la regola seguente: 

Ogni piccola variazione nella tinta sensibile prodotta da una lamina 



Proprietà ottiche 263 



in esame indicherà che questa è biri frangente. Bravais ha migliorato 
questa analisi ottica con una bilamina che porta il suo nome. Questa 
consiste di due lamine di gesso a tinta sensibile eguali, incollate e 
accostate insieme in un piano, in guisa che i loro caratteri ottici 
siano incrociati. Nell'ortoscopio una bilamina in posizione di 45° 
presenta la stessa tinta sensibile nelle due metà; ma una lamina 
birifrangente sovrapposta fa variare la tinta sensibile hi una metà 
verso il rosso porpora nell'altra verso l'indaco. Le più piccole biri- 
frangerne sono determinabili con la bilamina di Bravais, ancora quelle 
prodotte dalla compressione di una lastrina di vetro con la forza delle 
dita. La bilamina di Calderon consiste di due lamine di calcite in- 
collate insieme secondo una faccia di sfaldatura e tagliate secondo 
un piano principale, fìg. 308 ò, indi spianate e levigate in guisa da 
dare l'aspetto di un geminato. 

Se una bilamina è introdotta hi un ortoscopio in guisa che le 
sue direzioni principali dimezzino l'angolo fra le direzioni di pola- 
rizzazione dei Nicol, essa dimostrerà dovunque la tinta di eguale 
intensità. Se vi si sovrappone ima lamina birifrangente, la tinta 
sensìbile delle due metà della bilamina muterà in rosso poq)ora e 
rispettivamente in indaco. Ma se le direzioni principali della lamina 
coincideranno con quelle dei Nicol, la tinta sensibile rimarrà immu- 
tata. Se i Nicol non fossero perfettamente incrociati, la bilamina 
potrà correggerne la posizione reciproca. Con la bilamina di Bravais 
si possono determinare coìi precisione le direzioni di estinzione. 

63. Determinazione dei caratteri orna di una i,amina. — 
Per questa determinazione si fa uso di mia lamina-campione o di 
una bilamina di Bravais. Se si tratta di una lamina a forte birifran- 
genza, la lamina- campione o la bilamina di Bravais devono dare una 
tinta molto bassa, p. es. il grigio ferro o il grigio lavanda {d (n^ — »,) 
— 40 — 97) affinchè con la sovrapposizione di questa sulla lamina 
in esame, la variazione del colore di polarizzazione sia piccolo, e si 
eviti con ciò il passaggio dal I ordine al II ordine dei colori di Newton. 
La lamina- canipione viene sovrapposta sulla lamina m esame fra 
Nicol incrociati in guisa che le direzioni principaU o di estinzione 
dell'una coincidono con le direzioni di estinzione dell'altra. Se le 
direzioni sono incrociate, vale a dire se la direzione positiva della 
lamina- campione coinciderà con la direzione negativa della lamina 
in esame vi sarà diminuzione del ritardo ottico e quindi abbassa- 
mento del colore di polarizzazione, fig. 508 bis. Se all'opposto le due 
lamine saramio sovrapposte parallele, vi sarà aumento del ritardo 
ottico ed alzamento del colore di ùiterferenza. Questa esplorazione 
sarà più sicura, perchè le variazioni di colore .sono più sensibili, con una 



204 



Cannolo ottavo 



bilamina di Brdvais. Naturalmeute questa prova con la lamina-cam- 
pione o con la bilamina dovrà farsi possibilmente in posizione di 45*^ 
con i Nicol, posizione di illuminazione massima. 



-^h; \ 



r^i^ 



-H ^-H. 




Fig. 508 bis. 



e) Determinazione di costanti ottiche in luce trasmessa cofivergente. 

64- Cristai^u uniassici. — Quando l'analisi ottica di un cri- 
stallo o di una lamina a facce parallele non dà risultati esaurienti in 
luce parallela (omogenea o composta), si ricorre a luce convergente, 
che ha per fine di esplorare il cristallo in numerose direzioni, dove 
che la luce parallela lo esamina in una sola. L'apparecchio polariz- 
zatore può essere modificato semplicemente per l'osservazione in 
luce convergente come è rappresentato nella fig. 469. 

Sia data una lamina birifrangente Cr, fig. 469, LL, fig. 509, 
inserita nel conoscopio (47) ove può girare col piattello pp. La sua 
grossezza sia d. Se la normale all'onda Imninosa nella lamina fa l'an- 
ca 
golo ^ con la noi male alla lamina A A, lo spessore è d' = 

fig. 509. Gli indici di rifrazione per onde parallele siano n^ e n^. Es- 
sendo X la lunghezza d'onda considerata, l'intensità luminosa / 
della luce omogenea nell'analizzatore dipenderà dal ritardo 

Essa è nulla, fra Nicol incrociati, per litaidi multipli di r ossia per 

d 



Xcos<p 



(Wj — Wi) = h (h intero) 



Proprietà ottiche 



265 



Adottando luce bianca, il colore di polarizzazione nell'analizzatore 
dipenderà dal passo ottico,, ossia da 



(n, — n^ ; 



cos 



9 



intendendo per Wj — nj la birifrangenza media dei colori dello spettro 
nella direzione d'. Per ogni normale di onde vi sarà un colore di 
polarizzazione suo proprio. .Le linee, luoghi di punti di eguale co- 
lore, si dicono isocYomaiiche. Le linee comprendenti punti ove il 
ritardo della luce omogenea è lo stesso, si dicono linee di eguale ri- 
tardo. Le linee comprendenti punti di eguale intensità luminosa si 
chiamano isogire. Le isogire principali sono luoghi di intensità nulla. 
È evidente che una o più sezioni di un cristallo non sono sufficenti 
in generale per decidere se esso sia uniassico o biassico, qualora l'ana- 
lisi ottica sia limitata a luce polarizzata parallela omogenea o com- 
posta. Disponendo di luce convergente il problema si risolve di un 
tratto. Sia dato un cristallo birifrangente uniassico e una sezione di 
esso perpendicolare all'asse di isotropia. La lamina data sia LL 




Fig. 509. 



rappresentata in sezione nella fig. 509, avente lo spessore d. Sia d' una 
direzione qualsiasi facente l'angolo ^ con l'asse ottico AA; d' è lo 
spessore peipendicolare alle onde luminose di onda X, i cui indici di 
rifrazione siano w, e n^. Poiché per lo spessore d' il ritardo ottico è 



A =71 



cos 



(«2 — ^l) 



ed è lo stesso per lo stesso valore di (p, ne viene che le Unee di eguale 
ritardo sono centri concentrici, il cui centro è il punto, ove esce l'asse 
ottico A A, ossia il centro dell'apparecchio polarizzatore. 
I cerchi ove è soddisfatta la relazione 



(«, — «1) = h, o, 1, 2, 3. 



A cos 9 
sono oscuri i e in ali a loro volta sono alternati da cerchi di intensità 



Capitolo ottavo 

I, fig. 510 d. Le isogiie sono i raggi di questi cerchi: le isogire 
principali, ove l'intensità è leio, cadono nelle direzioni di polariz- 
zazione dei Xicol per Nicol incrociati. Per Nicol paralleli il fenomeno 
è invertito; vale a dire le intensità massime cadono nel piano di po- 
larizzazione dei Nicol e nel suo nonnaie, sono minime nelle direzioni 
di 45°. 

Se la lamina del cristallo è obliqua per rispetto all'asse ottico, 
il fenomeno si presenterà come è schematicamente rappresentato 




Hg. s.Qfl. Fig, sio4. 

nella tìg. 310 h, ove le curve di eguale ritardo sono prossim^meute 
cerchi concentrici, il cui centro è ancora il punto ove esce l'asse ot- 
tico, e le cui isogire principali, ossia di intensità nulla, sono diametri 
paralleli alle direzioni principali dei Nicol. Il fenomeno cambia molto 



se la hiniina è niolto obliqua verso l'asse ottico; e più ancora se essa 
è a ([uest'ultimo parallela. In quest'ultimo caso le cuive di egual 
ritaido sono curve iperboliche incrociate, fig. 511. Le isc^re sono 
eli.ssiformi intersecanti le prime ad angolo retto se l'asise ottico fa 45° 
con i piani principali dei Nicol. Le isogire principali sono diametri 
se l'as,se ottico è parallelo a uno dei piani principaU dei Nicol. 

Adottando luce bianca, le cur\'e di egual ritaido passano in cur\-e 
isocromatiche succedeiitisi nell'ordine dei colori di Newton a iaco- 
miiiciiirt* dal pnntu ove esce l'asse ottico, ove il ritardo ò nullo. 



Proprietà ottiche 



65- Cabattebe ottico dei cristaijj uniassici. — Disponendo 
di una lamina a facce parallele peipendicolari all'asse ottico, adope- 
rando luce omc^enea o luce bianca sarà facile detenninare il carat' 
tere ottico del cristallo uniassico per mezzo del conoscopio, fig. 469. 
Ottenuta la figura luminosa come nella fig. jog o nella fig. 512, 2 
con curve isocromatiche o curve di egual ritardo e isogire radiali, 
due delle quali in croce .sono nere parallele ai piani principali dei 
Nicol, e due più intense a 45", si sovrappone sulla lamina in posizione 
di 45° una lamina' campione a tinta sensibile, come nella fig. 31Z 
in 1 e 3. Se il cristallo è positivo ( + ), fig, 512, 3, vi sarà aumento del 
passo ottico o del ritardo nella direzione positiva [+) della lamina 



campione, e quindi restringimento delle curve di egual ritardo o delle 
curve isocromatiche; nella direzione negativa della lamina-campione 
vi sarà diminuzione del passo ottico, abbassamento del colore dì 
polarizzazione epperò allargamento delle cun-e isocromatiche, e il 
fenomeno si presenterà come nella fig. già, 3. Se il cristallo è nega- 
tivo { — ), adoperando la stessa lamina-campione il fenomeno sarà 
invertito, come nella fig. 512, 1. Anche se la lamina del cristallo uni- 
assico è leggermente inclinata verso l'asse ottico, in modo che nel 
campo visivo del conoscopio riesca l'uscita dell'asse ottico come nella 
fig. 510, sarà applicabile lo stesso metodo. Ma però nel caso che la 
lamina è obliqua all'asse ottico, si presenti o no l'uscita dell'asse òt- 
tico nel campo \'isivo del conoscopio, si • adotterà con preferenza 
l'analisi con luce parallela, purché con luce convergente sia nota la 
posizione dell'asse ottico; verrà in tal caso in applicazione la lamina 
campione come in (63). 

66' Cristai.1,1 BiASSici. — I cristalli biassici si riconoscono fa- 
cilmente in luce convergente omogenea o composta dalla forma 
delle curve di eguale ritaido e dalle isogire. In generale le curve iso- 



cromatiche sono simili a lemniscate, e le isogire ad iperboli. Ma l'ana- 
lisi di un cristallo biassico è più perfetta quando la lamina del cri- 
stallo in esame è perpendicolare alla bisettrice acuta o quasi, poiché 
in tal caso compariscono nel campo del conoscc^io o del microacopio 
le tracce degli assi ottici (68), le cur\-e ìsocrcmiatiche sono simme- 
triche e così ancora le isogire. Anche lamine perpendicolari o quasi 
alla bisettrice ottusa possono essere utilizzate a questo scopo, purché 
l'angolo ottuso degli assi ottici non sia molto grande. 

Talvolta possono entrare le tracce dei due assi ottici nel campo 
del microscopio, interponendo un liquido denso fra la lamina del 
cristallo e la prima lente piano-convessa dell'obbiettivo {.obbiettivo 
ad immersione). 



Pie. S'ja. ''K S"3* F'B. S"3'- 

Kelle figure 513 a. b, e è dimostrato il fenomeno ottico in un co- 
noscopio o microscopio polarizzatore quando la lamina del cristallo 
a due assi ottici è tagliata perpendicolarmente a una delle due bi- 
settrici acuta od ottusa del cristallo. Il piano degli assi ottici è natu- 
ralmente parallelo alla retta che congiunge le due uscite degli assi 
ottici; se esso è parallelo a una direzione principale dei Nicol il fe- 
nomeno ottico è rappresentato dalla fig. 313 a con isogire principali 
formanti una croce parallela rbpettivaniente alle direzioni princi- 
pali dei Kicol; se il piano degli assi ottici è a 45" con i Nicol il feno- 
meno è rappresentato dalla fig. 513 e con le isc^re principali iper- 
boliche aventi per assintoti le direzioni di polarizzazione dei Nicol. 
Girando la lamina per rispetto ai Nìcol la figura in luce convergente 
va gradatamente da quella della fig. 513 a a quelle delle fig. 51 i b.c. 
le isogire principali passando sempre per l'uscita degli assi ottici 
con gli assintoti sempre paralleli alle direzioni di polarizsazione dei 
Nìcol. Se in luogo della lamina girano i due Nicol contemporanea- 
mente, le bogìre princ^>aU girano intomo all'uscita degh assi ottici, 
che rimangono fermi. Il segmento A, A,, fig. 513 b, e. che è compreso 



fy0ric/à oiiickt 369 

fra le uscite degli assi ottici, si chiama apertura degli assi ottici, la 
quale può essere utilizzata per la deteimìn azione dell'angolo degli 
assi ottici in un polarizzatore tarato {(8). 

67- Carattere ottico dei cristalli biassici. — Si è definito 
essere un cristallo biassìco (SI) otticamente positivo quando la bi- 
settiìce acuta è positiva, ossia la direzione che divide per metà l'an- 
golo acuto degli assi ottici nell'elissoide indicatore contiene l'indice 
di rifrazione massimo a > y: il «istallo biassieo è negativo se la 
bisettrice acuta è y (posto y < a|. ' 

Per la determinazione del carattere ottico nei cristalli biassici 
non è necessario ricorrere a luce convergente, purché sia noto il 



piano degli assi ottici, e la direzione della bisettrice acuta. Infatti la 
bisettrice acuta è a ( + | o y (— ), la direzione perpendicolare ad essa 
è ^. Se (luindi questa risulta in una lamina maggiore di y. il cristallo . 
è negativo, viceversa se risulta minore il cristallo è positivo. Adot- 
tando luce convergente ecco come si procede, I,a lamina sia per- 
pendicolaie alla bisettrice acuta ; la figura che ne risulta nel conoscopio 
è quella rappresentata nella fig. 513 a se il piano degli assi Ottici è 
parallelo a una direzione dì polarizzazione dei Nicol. Si sovrapponga 
una lamina campione in posizione di 45° (62). Con ciò le linee iso- 
cromatiche saraimo mutate, perchè il ritardo ottico sarà modificato 
in tutte le direzioni. In due quadranti, i" e j". coOie nella fig. 514 
le curve isocrconatiche saranno allargate, nei quadranti intermedi 
1° e 4» le curve isocromatiche saranno più ristrette se il cristallo è 
positivo e la lamina- campione ha le direzioni principali positiva e 
negativa ccane nella fig. 514, vale a dire, nei quadranti ove capita 
la direzione positiva della lamina- campione le curve isocromatiche 



270 Capitolo ottavo 



saranno più ristrette, viceversa nei quadranti ove capita la direzione 
negativa della lamina-campione, le curve isocromatiche saranno 
più allargate, precisamente come nei cristalli uniassici, fig. 512, 3 (65). 
Il fenomeno^ si inverte naturalmente se il cristallo è negativo. 

68- Angoi^o degù assi ottici. — La determinazione dell'angolo 
degli assi ottici presuppone im apparecchio, mediante il quale sia 
possibile avere la diretta visione dei due assi ottici insieme, ovvero 
portare successivomente l'uno e l'altro in una direzione determinata. 




i-ig. 515. 

La misura si riduce alla massima semplicità se la lamina del cristallo 
è tagliata perpendicolarmente al piano degli assi ottici. 
La determinazione può essere fatta in tre modi : 

jo La lamina del cristallo tagliata perpendicolarmente al 
piano degli assi ottici è inserita in un conoscopio, nel cui campo appa- 
risce l'uscita degli assi ottici ove è misurabile V apertura (66) fig- 513 b.c. 
Sia C una serie di lenti dell'apparecchio polarizzatore, detetminanti 
il condensatore, fig. 515 e fig. 469, il cui piano focale sia F; O le lenti 
dell'obbiettivo ed oculare, il cui piano focale sia F\ I raggi provenienti 
da un qualsiasi pmito P^ del piano focale attraversano paralleli la 
lamina cristallina Cr, raggiungono il sistema di lenti O e concorrono 
emergenti nel punto P\ del piano focale F'. Se i raggi di luce attra- 



Proprietà ottiche 271 



versanti la lamina Cv ^ono paralleli a un asse ottico, l'uscita di questo 
apparirà in P\. Il segmento o' P\ tra l'asse dell'apparecchio e l'uscita 
dell'asse ottico sarà proporzionale al seno dell'angolo fra l'asse ottico 
e l'asse A A dell'apparecchio, supposto quest'angolo H' misurato 
nel mezzo in cui si trova la lamina e il cui indice di rifrazione è n. 
Avremo senz'altro 




li 

sen W = — . & P\ 
n 

essendo k una costante dell'apparecchio. 

Essendo poi p l'indice medio del cristallo si avrà inoltre 

k 
sen V =-g-. 0' P\ 

Sia il secondo asse ottico tale che i raggi provenienti da P, del 
piano focale F attraversino la lamina parallelamente ad esso e con- 
correnti in P'j. Detto 0' P\ il segmento compreso fra l'uscita del se- 
condo asse ottico e l'asse A A dell'apparecchio si avrà analogamente 

k k 

sen H" = — . 0' P\ e sen F" = -5-. 0' P\; 

onde l'angolo degli assi ottici 2 V sarà 

2 F = V -h l 



,'" 



essendone P\ P\ l'apertura. Si misura k con cristaUi noti. 

2° Dati a, p, Y "^dici principali di rifrazione, si ha (50) 



^ y - ìyp^ = Vf^ ""^' ''""' 



272 Capitolo ottavo 



La seconda espressione di tag V è approssimata ma suiiìcente in 
molti casi. 

3<> Questo metodo consiste nella misura diretta. I/apparecchio 
a ciò destinato ha due assi di rotazione. Può essere utilizzato a questo 
proposito un goniometro a due assi, mediante i quali una direzione 
del cristallo può essere portata in una direzione che è l'asse del mi- 
croscopio. La luce proveniente dal collimatore deve essere polariz- 
zata, e il Nicol collegato col micrascopio è incrociato col primo. Sup- 
poniamo che A^^ A^ siano i poli degli assi ottici, fig. 316; con una 
rotazione intorno all'asse verticale VV del goniometro, l'asse ottico A^ 
viene portato in a,. I/angolo X,^ a ciò necessario sarà letto nel rispet- 
tivo cerchio orizzontale. Indi con una rotazione di 91 attorno all'asse 
orizzontale HH il polo a^ verrà in C. Altrettanto si farà con il polo A^ del 
secondo asse ottico, e si avranno i due angoli «p, tf Allora sarà noto 
anche l'angolo co = 180 — (<p, -f 92) e così pure l'angolo degli assi 
ottici 2 F' = /ij .4,, os.sia 

cos 2 V* = cos 9i cos cpj + sen cpj sen 9, cos 6). 65) 

Se la lamina è tagUata perpendicolarmente al piano degli assi 
ottici, basteranno le rotazioni 9^ e 92 intorno ad un solo asse, e quindi 
si presterà a tal fine il goniometro a un asse. L'angolo 2 V* è misu- 
rato naturalmente nel mezzo in cui trovasi la lamina, \'uoto, aria o 
liquido denso, il cui indice di rifrazione è n. E allora l'angolo vero 
degli assi ottici 2 F, dato 2 V , sarà 

sen iV — sen 2 V. -r— 66) 

essendo p l'indice medio del cristallo. Se il mezzo in cui trovasi il 
cristallo ha l'indice p, sarà senz'altro 2 7 = 2 F'. Se il mezzo in 
cui trovasi il cristallo ha l'indice p, si potrà prescindere da una la- 
mina a facce parallele, bastando in tal caso un frammentino qual- 
siasi di esso. 

69. Determix-\zi()NE dei.i.a dispersione. — La dispersione 
nei cristalli biassici può essete trisimmetrica, monosimmetrica o 
asinmietiica (56) (57) secondo che il cristallo è del sistema trimetrico, 
monoclino o tricliuo. La dispersione trisimmetrica è conosciuta 
anche semplicemente come dispersione degU assi ottici, perchè in- 
fatti solo le grandezze di a, p, y dello spettro variano, non le direzioni 
principali ottiche. Le tre dispersióni sono riconoscibiU n^l cono- 
scopio, fig. 469, ove la lamina del cristallo a facce parallele sia ta- 
gliata normalmente alla bisettrice acuta od ottusa, purché le tracce 



Proprietà ottiche J73 



(uscite) degli assi ottici siano nel campo visivo dell'apparecchio pola- 
rizzatore, il che si ottiene o semplicemente con il condensatore e con 
l'obbiettivo ordinario, o con l'obbiettivo ad immersione. Le fig. 517, 
518, 519, 520, 521. 522 e 523 rappresentano appunto il fenomeno 
in luce convergente composta, ora col piano degli assi ottici parai- 
lelo ad una direzione principale dei Nìcol ora col piano a 450. La 
dispersione totale si efEettua nella dispersione dei colori di interferenza. 
La fig. 517 rappresenta la dispersione trisimmetrica di un cristallo 
trimetrico ; ciò si scorge nelle tracce degli assi ottici oi'e i colori sono 
dispersi tanto nel piano degli assi ottici quanto nel piano ad esso 
normale. Esempi : l'aragonite, la baritina, la cerussite, la celestina ecc. 



Fig. S'7- Fig. S'B. 

La dispersione monosimmetrica è rappresentata nelle figure 
51S-521. Infatti questa dispersione si presenta sotto due aspetti 
fondamentali. Essendo una sola direzione ottica comune per tutti i 
colori dello spettro, essa può essere o p, doè la normale al piano d^li 
assi ottici, ovvero una bisettrice, e qui si suole fare distinzione e crai 
ragione se la bisettrice è ottusa o acuta. La fig. 518 rappresenta il 
primo caso, cioè quando è comune p; la dispersione prende il nome 
dì inclinala cxane è tìpica nel gesso. La di^)ersione è ristretta nel 
piano degli assi ottici, e la simmetrìa dei colori è per rispetto a questo 
piano, il quale è o piano di simmetria del cristallo o normale all'asse 
di simmetrìa. 

La dispersione orizzonlaie è rappresentata nella fig. 519. 11 piano 
degli assi ottici è disperso per i diversi colorì dello spettro; la sim- 
metria dei colori di polarizzazione è per rispetto al piano normale 
del piano degli assi ottici. La bisettrice ottusa è comune e quindi è 
asse di simmetria ottica. L'osservazione deve essere fatta tenendo 
la lamina con le direzioni principali parallelamente alle direzioni 
principali dei Nicol. Esempio: Adularla. 



Capitalo ottavo 

Le fig. 520 e 321 rappresentano la disperstone girala, essendo 
e per tutti ì colori dello spettro la bbettrice acuta, ed essendo 
la lamina stessa tagliata perpendicolarmetite a questa. Kella fig. 520 
è rappresentata questa dispersione quando le direzioni principali 
della lamina sono parallele a quelle dei Nicol. Nella fig, 521 questa 
dispersione è rappresentata quando la lamina è a 450. In ambidue le 



Fig- SI». 

rappresentazioni apparisce chiara la dispersione dei colori simmetri- 
camente per rispetto al centro delle figure. Esempio: Borace. 

Le fig. 522 e 523 rappresentano la dispersione asimmetrica come 
è in tutti i cristalli triclini. In \idnanza delle tracce degli assi ottici 
la dispersione dei colori di polarizzazione è assolutamente asimme- 



Flg. s»o. Fig. S'i- 

trica tanto per rispetto al centro quanto per rispetto alle dire- 
zi<MiÌ principali. Esempio; Oligoclasio. 

In tutti i casi in cui hanno luogo queste quattro caratteristiche 
dispersioni, è bene far notare il valore approssimativo e complessivo 
dell'angolo degli assi ottici almeno per i due colori estremi dello spettro 
il rosso (p) e il violetto (»). Se l'angolo degli assi ottici per il rosso è 
maggiore che per il \-iole,tto si indicherà semplicemente p > it; nel 
caso opposto p < II. B sarà in ogni singolo caso facile riconoscere 



Proprietà ottiche 



dalla dispersione dei colori di polarizzazione se ha luogo p ^ f - In- 
fatti se i colori di polarizzazione intorno alle tracce degli assi ottici 
prospettanti il verde sono più \-icitii al centro, è segno evidente che il 
. rosso vi & estinto, ed allora p < t; se all'oppósto il verde è più lon- 
tano dal centro che il giallo, segno è che p > u. 

Si noti che la dispersione può essere cosi piccola che l'occhio non 
sia in grado di percepirla. A causa di questo, si porta sulla lamina in 
esame, o una bilamina di Bravais, fig. 308 a, o una bilamiua di Cal- 



Fig. S12 



deron, fig. 508 b, o in generale una lamina di geminato, fig. 402, con 
la linea ai simmetria parallela o perpendicolare al piano degli assi 
ottici della lamina in esame, e si noterà la variazione dei coioti di 
polarizzazione intorno alle tracce degli assi ottici. 



/) Crislalli aitivi trasparenti. 

,70. Osservazioni nej. quarzo. Potere rotatorio. — Arago 
osservò che una lamina di quarzo a facce parallele tagliata perpen- 
dicolarmente all'asse ottico, intercalata in un ortoscopio, attravei- 
. sata da luce bianca parallela all'asse, non sì oscura come altri cri- 
stalli uniassici, ma presenta una tinta, che cambia successivamente 
col girare di uno dei Nicol per rispetto all'altro. Una siffatta lamina 
lascia passare la luce omogenea, mentre lamine di altri cristalli uiti- 
assìci, perpendicolari all'asse, come la calcite, si oscurano comple- 
tamente; inoltre detta luce diminuisce d'intensità quando uno dei 
Nìcol giri per ricetto all'altro, finché sì annulla quando uno Ui essi 
abbia girato di un certo angolo p ovvero 1 80 + p. I.a luce proveniente 
da un Nicol ed emergente inaila lamina di quarzo è polarizzata linear- 
mente, ma non più nello stesso piano del polarizzatore, bensì in un 



276 Capitolo ottavo 



piano, che con quello fa l'angolo p ox-vero 180 -f p. Coipi che pre- 
sentano tale fenomeno come il quarzo hanno il potete rotatorio o sono 
otticamente attivi, o attivi semplicemente. 

Arago dimostrò che l'angolo di cui ruota il piano di polarizza- 
zione dipende dalla lunghezza d'onda X, ossia varia con il colore della 
luce omogenea; e perciò quando la lamina è attraversata da luce 
bianca, i diversi colori si indeboliscono diversamente, ed insieme 
generano una tinta compresa nei colori di interferenza di Newton. 

Biot dimostrò che l'angolo di rotazione del piano di polarizza- 
zione è proporzionale allo spessore della lamina; onde si definisce: 
•// potere rotatorio è l'angolo di quanto ruota il piano di polarizzazione 
per lo spessore di i mm della lamina. Egli dimostrò ancora che il 
potere rotatorio p cresce rapidamente con la lunghezza d'onda >., 
anzi credette di stabilire la legge, che prende il suo nome 

k 
P = ^ 67) 

essendo k una costante. Biot osservò ancora che alcuni cristalli di 
quarzo girano a destra (cioè nel senso dell'indice di un orologio) il 
piano di polarizzazione e sono perciò destrogiri, altri a sinistra e sono 
levogiri, avendo gli uni e gli altri lo stesso potere rotatorio per la 
stessa lunghezza d'onda. Herschel poi osservò una coincidenza di 
alcune forme cristallografiche con il senso di attività. Nel quarzo 
destrogiro le facce trapezoedriche ;)r|4i2) e s{4i5| fig. 163, sono a 
destra di chi guarda una faccia del romboedro fondamentale; nel 
quarzo levogiro le dette facce jt^ 1421 ) e s^ {^ 3 1 1 fig. 1 64, sono a sinistra. 
Le due figure del quarzo destrogiro e levogiro sono, non solo per le forme 
trapezoedridie, ma per tutta la loro simmetria e struttura, come 
oggetto e immagine speculare, come mano destra e mano sinistra, 
ossia sono enantiomorfe. 

Biot osservò inoltre' che l'attività ottica non è limitata ai cri- 
stalU, come il quarzo, ma si presenta anche in sostanze amorfe, solide, 
liquide e soluzioni (p. es. nell'oUo di trementina): Mentre il potere 
rotatorio del quarzo è massimo nella direzione dell'asse ottico, è nullo 
nelle direzioni normali (direzioni equatoriaU); nei corpi amorfi è lo 
stesso in tutte le direzioni. In certi Uquidi organici osservati da Biot 
il potere rotatorio è molto minore che nel quarzo, sicché per essere 
notato richiede spessori considerevoli, centimetri o anche deci- 
metri. 

♦Marbach (1854) osservò l'attività ottica in certi cristalli mano- 
metrici, Na CI O3, Na Br O3, Na UO, (C, H3 O,), Na, Sb S^ -f 9 aq. ; 
in tali cristalli il potere rotatorio è lo stesso per tutte le direzioni 
come nelle sostanze amorfe. 






Proprietà ottiche 



277 



• 71. Determinazione dei* potere rotatorio. — Gli appa- 
recchi usati per questa determinazione si dicono polarimetri. La 
determinazione dal punto di vista teorico è semplicissima, si tratta 
in fine di misurare l'angolo di quanto si deve ruotare uno dei 
Kicol per rispetto all'altro nell'ortoscopio per ottenere l'oscurità 
impiegando luce omogenea. Ma praticamente essa è resa difficile 
stante due fonti di erfore, in primo luogo perchè l'occhio non è 
senz'altro in grado di stimare l'oscurità completa, ed in secondo 
luogo perchè per la lettura di piccolissimi angoli si richiedono 
cerchi graduati grandi, per la costruzione dei quali il polarimetro 
sarebbe molto costoso. Soleil ha cercato di evitare le due fonti di 
errore con due 'accessori che portano il suo nome. Il primo di essi è 
il biquarzo. Esso consiste di due lamine di quarzo A e B, fig. 524, 



_^1 B 




Fig. 524. 



destrogira l'uria, levogira l'altra, di eguale spessore, tagliate perpen- 
dicolarmente all'asse ottico, accostate insieme. Per la costruzione 
di questa lamina si può adoperare un quarzo geminato come nella 
fig- 36^ e 369 consistente di due quarzi destrogiro e levogiro associati 
insieme con l'asse ottico comune. 

Se i due Nicol sono perfettamente incrociati nell'ortoscopio, 
il biquarzo intercalato fra essi presenta, nelle due metà, la stessa 
tinta, che è il colore sensibile, se lo spessore delle due lamine è di 
3,75 mm. ; ma se uno dei Nicol è portato di un piccolissimo angolo 
fuori della sua posizione di 90° (Nicol incrociati) per rispetto all'altro, 
il colore sensibile si volgerà \erso il violetto in una delle due lamine 
(p. es. nel quarzo levogiro) e verso il rosso porpora nell'altra, sicché 
per una piccolissima deviazione dalla posizione incrociata dei Nicol, 
l'occhio avvertirà subito un sensibilissimo distacco nelle duef tinte. 
Ragione questa per cui è adoperato il biquarzo di Soleil per correg- 
gere la posizione dei Nicol in un ortoscopio. Ancora più sensibile è 
il biquarzo di Bertrand consistente di quattro quadranti di quarzo 
destrogiro A e levogiro B alternati, fig. 523. 



378 Capitolo ottavo 

Il secondo accessorio è U comparatore Soleil consistente di due 
biette di quarto Bj e B,, fig. 526, tagliate peipendicolannente all'asse 
ottico del quarzo o destrogiro o levogiro. Due biette cosi sovrapposte 
girano il piano di polatizzazione di un angolo proporzionale al loro 
spessore complessivo ; e poiché col comando di una vite micrometrica V 
lo spessore si può variare a piacere, cosi si può variare a piacere l'an- 



Fi(. JJS. Flg. sa*. 

golo di rotazione. Ma più che il ctnnparatore di Soleil sarebbe effi- 
cace e pratico un comparatore a biette di quarzo destrogiro e tevc^ro. 
poiché con un piccolo movimento delta vite micrometrica, si a\Tebbe 
rotazione nulla, destri^ira o Iev<^a a piacere. Ecco ora schemati- 
camente il polarimetro di Soleil, fig. 527, 



-E^;t=#=# 



^s^sr^ 



P è il polarizzatore incrociato per rispetto all'analizzatore A, Q^ è 
il biquarzo di Soleil o di Bertrand a tinta sensibile, Cr è la lamina o il 
preparato in esame, Q è un quarzo destr<^ro, C il comparatore levogiro. 
Soppressa la sostanza in esame Cr, la tinta sensibile del biquarzo' Q, 
apparirà e il limite dei due quarzi sarà invisibile se lo spessore del 
quarzo Q sarà eguale a quello del comparatore C, e quindi la rite 
micrometrica di C segnerà lo zero. Con l'intercalazione della sostanza 
Cr attiva, il piano, di polarizzazione dei raggi emergenti sarà girato, 
e il biquarzo Q, entrerà in funzione con due tinte diverse di sopra e 
di sotto della tinta sensibile. Questa reazione liuninosa del biqu&rzo 
potrà scomparire aumentando o diminuendo lo spessore del compa- 
ratore. Se la sostanza Cr è destrogira, la vite micrometrica del com- 
paratore accennerà un aimtento, e viceversa una diminuzione. La 
vile micrometrica stessa bene tarata indicherà di quanto la sostanza 



Proprietà ottiche 



279 



Cy destrogira o levogira è attiva. Se il comparatore è a due biette di 
quarzo destrogiro e levogiro la lamina di quarzo Q può essere sop- 
pressa, perchè il comparatore stesso può divenire destrogiro o levo- 
giro, girando opportunamente la vite micrometrica. 

La lamina di Calder on (vedi anche fig. 508 ò) consiste di due la- 
mine di calcite CI, fìg. 328, tagHate secondo i piani di sfaldatura. Queste 
due lamine sono incollate insieme, con le direzioni principaU facenti un 
piccolissimo angolo. Il polarizzatore a penombra consiste della detta 
bilamina, che funziona appunto da indice ; essa si trova intercalata 
fra la sostanza in esame Cr (ruotabile sul piattello pp) e il Nicol 
analizzatore, fig. 328. 




Fig. 528. 



Ma più che la lamina di Calderon è sensibile una lamina di un 
geminato, p. es. di Albite, fig. 402, la quale in una posizione inter- 
media fra i Nicol incrociati apparisce come unica. Appena il piano 
di polarizzazione gira di un piccolissimo angolo, la lamina di Albite 
fa risaltare la linea di divisione dei gemini con una sensibilità gran- 
dissima. Bssa deve essere inserita nel crocifilo dell'oculare. 

Una lamina di Savart consiste di due lamine di un cristallo 
uniassico (generalmente di quarzo) tagliato a 43^^ con l'asse ottico 
e sovrapposte in guisa che le loro direzioni principali si incrociano. 
La fig. 329 rappresenta un comune cristallo di quarzo da cui si sono 
ricavate due lamine a facce parallele facenti con Tasse A A l'angolo 
di 430. Nella fig. 330 le due lamine sono sovrapposte con direzioni 
principali incrociate. Se luce incidente polarizzata rettilinea attra- 
versa la lamina di Savart indi l'analizzatore, ed è raccolta nel can- 
nocchiale aggiustato per l'infinito, genera una serie di linee di eguale 



28o 



Capitolo ottavo 



ritardo se la luce' è omogenea, e linee isocromatiche se la luce è 
bianca, ma questo fenomeno è solo allora possibile, -se le direzioni 




K 



- -r 



-H, 



-< 






«o^nE 



Fig. 529- 



Fig. 530. 



^\ 



principali della lamina di Savart sono a 45° con le direzioni incro- 
ciate dei Nicol. Se all'incontro anche l'analizzatore fa l'angolo di 
450 con il polarizzatore, le linee di eguale ritardo spariscono com- 




.X_J 




Fig. 531- 



pletamente. Questa è la posizione dello zero. Appena l'analizzatore 
si allontana da questa posizione le linee di eguale ritardo riappari- 
scono e acquistano la massima nitidezza. Su questo principio si basa 
il polarimetro di Savart e così ancora quello di Wild, fig. 531, ove A 



Proprietà ottiche 281 



e P sono l'analizzatore e il polarizzatore, Cr la lamina in esame, H^^ 
H\ la lamina di Sàvart. Posto a zero il polariscopio, ed inserita la 
lamina in esame, le linee di eguale ritardo o isocromatiche appariscono 
se la lamina Cr è otticamente attiva; ma esse spariscono di nuovo, 
girando il Nicol analizzatore, e precisamente di quanto il piano di 
polarizzazione è stato girato per parte della sostanza attiva. 

72. Dispersione rotatoria. — Misure della massima precisione 
eseguite specialmente da Soret e Sarasin hanno fatto conoscere il 
potere rotatorio del quarzo per le varie e principaU linee di Fraun- 
hofer dall'ultrarosso all'ultravioletto, ove le lunghezze d'onda sono 
"ben note. Si chiama appunto dispersiotie rotatoria, il potere rotatorio 
variabile col variare della lunghezza d'onda. Dalle dette' misure è 
risultato che la legge di Biot 

h 

67) 



V 



non è esattamente osservata; o meglio che essa è abbastanza bene 
osservata dai raggi \àsibili, e con sensibili differenze per luce ultra- 
rossa e per luce ultravioletta. In sostanza l'espressione che dà il po- 
tere rotatorio p in funzione della lunghezza d'onda X, è la seguente: 



k 


h^ 




k. 




*, 




4- 


4- 









x^ 


X* 




X» 




\* 



essendo k, k^, k^, k^ costanti. La tabella della pagina seguente dà le 
esperienze di Sarasin e il prodotto p X^, per il quarzo. 



282 



Capitolo ottavo 



Linee 
di 


Lunghezza d'onda 


Potere rotatorio 
del quarzo 


Prodotto 

1 


Fraunhofer 


in \k (nel vuoto) 


f . 




2.900 


00.58 


4.88 1 




2.140 


1.60 


7-33 




1.770 


2.28 


7-M 




I-450 


3-43 


7.20 




1.080 


6.18 


7.21 


A 


0.7594 


12.668 


7-31 


B 


0.6867 


13-746 


740 


C 


0.6563 


17-314 


7.44 


D, 


0.5896 


21.686 


7.55 


D, 


0.5890 


21.727 


7-54 1 


E 


0.5270 


27.543 


7.66 


F 


0.4861 


32.773 


7-54 


G 


0.4308 


42.604 


7-92 


H 


0.3968 


51-193 


8.04 


^ 


03934 


52.155 


».09 


^ 


0.3821 


55-625 


8.10 


M 


0.3727 


58.894 


8.12 


N 


0.3581 


64.459 


8.25 


O 


0.3441 


70.587 


8.40 


P 


0.3361 


74.571 


8.43 


Q 


0.3281 


78.579 


8.49 


R 


.0.3180 


84.972 


8.58 


Cd.e 


0.2144 


235972 


10.86 



Stante questa dispersione inversamente proporzionale a X*, 
una lamina tagliata perpendicolarmente all'asse ottico dimostrerà 
nell'ortoscopio, data luce bianca incidente, successivamente varie tinte 
di interferenza nell'ordine dei colori di Newton secondo che la lamina 
è destrorsa o sinistrorsa, girando a destra o a sinistra l'analizzatore. 
Sia una lamina di quarzo dello spessore di 3.75 mm. Il potere rota- 
torio dà per questa grossezza i seguenti angoli di rotazione per le 
linee di Fraunhofer : 



A 


47^.5 e 


180 -f 


47-5 = 


= 2270.5 


B 


590 






2390 


C 


64.9 






244-9 


D 


81.4 






261.4 


E 


103.3 






283.3 


F 


122.9 






302.9 


G 


160.3 






340.8 


H 


192. 






12.0 



Proprietà ottiche 



283 



come è rappresentato nella fig. 532. Per Nicol incrociati saranno in- 
deboliti tutti i raggi da G ad // e in parte, estinti, onde nella tinta di 
interferenza predomineranno i raggi da ^4 ad F, e la tinta composta 
sarà perciò in vicinanza dell'aranciato. Quindi girando l'analizzatore 
a destra, essendo destrorsa la lamina, esso si avvicinerà alla linea A, 
i cui raggi saranno estinti, e la tinta di interferenza apparirà gialla, 
poi eccessivamente verde, indaco, celeste, violetto e poi di nuovo 




Fi«. 532. 

rossa, aranciata ecc. a misura che Tanalizzatore compie mezza cir- 
conferenza. Se la lamina è levogira la successione delle tinte sarà nello 
stesso ordine se l'analizzatore girerà a sinistra. Con questo criterio 
sarà sempre possibile in ogni singolo caso rendersi conto se l'attività 
ottica di una sostanza è destrorsa o sinistrorsa. 



73. Fenomeni in i.uce trasmessa convergente nei, quarzo. — 
Il potere rotatorio varia con la direzione ; è massimo nell'asse ottico, 
minimo nelle direzioni ad esso perpendicolari. Particolarmente nel 
quarzo il potere rotatorio diminuisce rapidamente col crescere del- 
l'angolo coir asse ottico da 0° a 90®, tanto che a 15° è quasi nullo. 
Per direzioni fuori di quest'angolo il potere rotatorio è inapprezzabile. 
Cosi se la lamina è perpendicolare all'asse ottico, introdotta nel co- 
noscopio a luce convergente, i cerchi concentriti di eguale ritardo 
se la luce è omogenea, o i cerchi isocromatici se la luce incidente è 
bianca, non incominciano nel centro della figura ma col cerchio cor- 
rispondente a 1 50. Nel campo circolare di 1 50 la tinta è unica ed eguale 
a quella che si genera in luce parallela omogenea o bianca, fig. 533. 
Anche le isogire fanno capo al cerchio corrispondente a 15®. 



Un fenomeno interessante si ottiene in luce convellente, quando 
una lamina di quarzo destriero o levogiro sia sovrapposta ad una 
lamina di quarzo rispettivamente levogiro o destrogiro di eguale 
spessore. Se la luce è parallela il campo è oscuro nell'ortoscopio. ma 
se è convergente l'oscurità è limitata nel centro; da questo partono 



Pie- SJ3- Fig. 5,'«. Fig. 5J5- 

due doppie spirali, fig. 534 e 535, destror&e o sinistrorse. La spirale 
è destrorsa, fig. 535, se il quarzo vicino al polarizzatore è destrorso; 
essa è sinistrorsa se N-iceversa il qnar/.o vicino al polarizzatore è sini- 
strorso, fig. 534, 

Queste spirali di Airy si possono ottenere artificiabnente. Airy 
infatti ottenne analogo fenomeno sovrapponendo una lamina dì 



mica a y^ d'onda (per il giallo) sul polarizzatore: con che la luce 
polarizzata rettilinea si trasforma in luce polarizzata circolare, lina 
lamina di quarzo inserita fra t Nicol presenta allora in luce conver- 
gente una spirale analoga a quelle di Airy. Se il quarzo è destroiso 
la spirale è sinbtrorsa, fig. 536, viceversa è destrorsa, fig. 537, se il 
quarzo è sinistro. Naturalmente la lamina ^'4 d'onda è a 45" con 
i Nicol. Il fenomeno si inverte se ta lamina V4 d'onda si trovi inserita 
fra quarzo e Nicol analizzatore. 

Airy spiegò questi fenomeni nel rnodo seguente. Nelle direzioni 



Fropfietà ottiche 285 



vicinissime all'asse ottico del quarzo, «i trasmettono in ogni istante 
due onde polarizzate elittiche opposte. L'asse maggiore dell'elisse 
dell'onda più veloce si trova nella sezione principale, quello dell'elisse 
dell'altra onda più lenta si trova perpendicolare ad essa. Il rapporto 
dei semiassi delle due elissi è lo stesso. Se aumenta l'inclinazione 
della normale all'onda verso l'asse di isotropia, le due elissi si allun- 
gano fino al limite di rette, e la luce apparisce allora polarizzata ret- 
tilinea. Il cammino ottico di due onde ^ venti la stessa posizione è 
lo stesso come quello relativo ai cristalli uniassici ordinari, aumen- 
tato di una quantità, che è indipendente dalla direzione e circa pro- 
porzionale al quadrato della lunghezza d'onda. Reusch e Sohncke 
haimo dimostrato che si possono ottenere i fenomeni del quarzo in 
luce convergente sostituendo il quarzo da una pila di fogliettine di 
mica girate ciascuna rispetto alla precedente di 120°. 

74. Esempi di sostanze cristatjjzzate monometriche e 
TJNIASSICHE. — Marbach scoperse nel 1854 cristalli del sistema mo- 
nometrico otticamente attivi, e constatò che l'attività ottica di 
queste sostanze è la stessa per tutte le direzioni, dove che il quarzo 
ha il potere rotatorio massimo nell'asse ottico, e nullo nelle dire- 
zioni ad esso normali. Le seguenti sostanze sono attive: 



Sistema monometrico. 
32* Classe tetraedrica. 

Clorato sodico NaClOg p = 30.16 (Na) 

Bromato sòdico NaBrOg 2.17 » 

Acetato doppio di Uranio 

esodio (NaUO,) (CjHaO,)^ 10.48 » 

Solfoantimoniato sodico Na, Sb S, -f 9 aq 2.67 (D) 

Sistema trigonale. 
11* Classe trapezoedrica. 

Quarzo Si Oj p == i5°-746 (rosso) 

Cinnabro Hg S 325. » 

Iposolfito potassico KgS^Og 8.38 (Na) 

» piombico Pb S, O, -f 4 aq 5.53 » 

» stronzico Sr S^ O^ -f 4 aq 3.39 » 



286 Capitolo ottavo 



» 
» 



Iposolfito calcico CaSjO, -}- 4aq 2.1 (verde) 

Racemato di Rubidio Rb, C^H^Oe 10.2 (Na) 

» di Cesio Ce, C4H4 0e » 14. 19 * 

Benzile Cj^HjoOj 24.8 

Canfora di lauro C,oHigO 0.65 

Canfora malica C,, H,o O 2.07 » 

13* Classe piramidaU'trigonale . 
Periodato sodico NaJ04 + 3 aq p = 23^.3 (Na) 

Sistema dimetrico. 

15» Classe trapezoedrica. 

Carbonato di guanidina (C Ng H4),,H, COj p = i4<*.58 (Na) 

Solfato di stricnina Q^ H24N, O4 (SO4), -}-i3aq 13.25 » 

Solfato di etilendiamina C^ H4 (NO,), H, SO4 15.5 » 

Diacetilfenolftaleiua C,„ Hj, O4 (C, H, O), 19.7 » 

Melato acido di zinco 3.02 » 

Sistema esagonale. 
25'* Classe piramtdale-e sagonale. 
Solfato potassico- litinico K Li SO4 p = 3^.44 (Na) 

22* Classe trapezoedrica. 
Acetato antimonico-cinconico p = 9**. 79 (Na) 

I cristalli di queste classi hanno carattere enantiomorfo, vale 
a dire i cristalli destrogiri non sono che immagini speculari dei cri- 
stalli levogiri per simmetria, struttura. Ma non tutti i cristalli a ca- 
rattere enantiomorfo sono anche otticamente attivi, forse anche 
perchè il potere rotatorio loro è così piccolo che praticamente non 
è misurabile per quanto sensibiU siano i polarizzatori 

75. Potere rotatorio di cristalli biassici. — Già Mac Cul- 
lagh (1837) suppose che vi fossero cristalli biassici otticamente at- 



Proprietà ottiche 287 



tivi. Ma Pockliiigton (1901) lo dimostrò sperimentalmente, e cioè 
nei cristalli di zucchero di canna e nel racemato doppio di K e Na 
(Sale di Seignette) C^ H4 O^. Na K -f 4 aq. Egli osservò il potére 
rotatorio nella direzione degli assi ottici, p = — \^.i per il sale di 
Seignette; p = -f 20.2 in un asse, p — — 60.4 nell'altro per lo 
zucdiero. di canna. Dufet (1904) osservò e misurò il potere rotatorio 
in tutta una serie di cristalli biassici, quali nel sale di Seignette am- 
moniacale, €40^ H4. Na NH4 -f 4 aq, nel solfato di magnesio Mg 
SO4 -f 7 aq (epsomite); fig. 105, pag. 87. nel fosfato monasodico 
Na Hj PO4 -f 2 aq ecc. Eccone i risultati : 



Sistema trimetrico. 

8* Classe hisfenoidale. 

Epsomite Mg SO4 -f 7aq p = -f 20.6 

Fosfato sodico Na Hj PO4 -|- 2 aq +4-45 

rf-metile-a-glucosite — 4.4 

Sale di Seignette amm. Na NH4. C4 H4 Og -j- 4 aq -f 1.55 

È da osservarsi qui che il rf-metile-a-glucosite è levogiro allo 
stato cristallino, è destrogiro in soluzione. Il sale di Seignette ammo- 
niacale è destrogiro nello stato cristallino, levogiro in soluzione. 

Sistema monocuno. 

5* Classe sfenoidale. 

Addo uvico o racemico (C4H4OJ) H^ p = -f 110.4 

Ramnina C^H, (CH») O5 pi = + 120.9 p* = + 5°-4 

76- Appendice. Potere rotatorio di sostanze amorfe. — 
Sostanze allo stato di soluzione e amorfe in genere anmxettono potere 
rotatorio. L'attività di alcune di esse si conserva anche allo stato 
gasoso. Secondo Pasteur le sostanze attive amorfe cristallizzano col 
carattere enantiomorfo, e solamente sostanze di tale carattere possono 
essere attive. La massima parte delle sostanze attive allo stato amorfo 
non sono attive allo stato cristallino. Fra le ultime sono lo zucchero 
di canna, il sale di Seignette, il racemato di rubidio, il racemato di 
cesio, il soh'àto di stricnina, il racemato antimonico di cinconina, 
il melato zincico, la canfora matica. 



288 Capitolo ottavo 



Nemmeno, le sostanze attive allo stato cristallino conservano 
tutte l'attività ottica allo stato di soluzione o allo stato liquido; 
esempi il quarzo, il cinnabro, il solfato di magnesio ecc. L'esperienza 
non ne ha rilevato traccia. 

Le Bel e van't Hoflf spiegarono l'attività ottica con la presenza 
di un atomo di carbonio asimmetrico nella molecola: nondimeno vi 
sono sostanze aventi questa struttura senza ratti\'ità ottica. Pa- 
terno fu veramente il precursore di queste scoperte. 

Come il carbonio anche l'azoto, lo zolfo e gli elementi tetra- 
valenti e pentavalenti dei gruppi IV, V e VI nel sistema di Mende- 
lejeff generano strutture molecolari asimmetriche nello spazio otti- 
camente attive. 

Mentre riesce conveniente di assumere come potere rotatorio 
nei cristalli l'angolo di rotazione del piano di polarizzazione per uno 
spessore del cristallo di i mm. , è inveoe opportuno di riferire il potere 
rotatorio per le soluzioni a una colonna di i dm. Sia p l'angolo di 
rotazione per lo spessore di i dm., d la densità della soluzione, <j il rap- 
porto fra il soluto e la soluzione, il potere rotatorio è 



essendo 



{p] = -^ 69) 



P" = 7^ fp] 7o) 



il potere rotatorio molecolare, detto M il peso molecolare. 
Nei Hquidi il potere rotatorio specifico è 

M 
[p] = -J p. 71) 

p essendo ancora l'angolo di rotazione del piano di polìarizzazione 
per una coloima di liquido alta i dm. 



^) Assorbimento ed emissione. 

77- Trasformazione deIvL'energia raggiante. Colore per 
TRASPARENZA. — Quando un flusso di energia raggiante cade sulla 
superfice di un corpo (cristallo o no), una parte di esso è riflessa, 
un'altra penetra nel corpo; quest'ultima è in parte assorbita trasfor- 
mandosi in altra energia, e in parte è trasmessa. La prima sia r, la 
seconda a, la terza /. Supposto i l'intensità dell'energia totale inci- 
dente, l'osservazione suddetta si esprime nell'eguaglianza 

I ~ y -^ a -^ t. 72) 



Proprietà ottiche 289 



r, a, t sono funzioni della sostanza, dello stato e del periodo T o 
lunghezza 7,; a e i dipendono naturalmente ancora dallo strato at- 
traversato dal flusso raggiante. 

Due casi tipici estremi si distinguono : 

IO a piccolissimo ) ji corpo è tr as par etite o diafano per irag^ 
t grande ) considerati. 

20 a grande \ 

l il corpo è opaco per i detti raggi. 
t piccolissimo ) 

Fra gli estremi diafano e opaco vi sono graduazioni, che pratica- 
mente si esprimono con i termini: traslucido, pelltundo secondo la 
grossezza del corpo osservato. 

Nel secondo estremo si ha y = i — a, che ha luogo in particolare 
nei metalli e in molti solfuri metallici ed in generale in tutti i corpi 
fortemente assorbenti e di spessore considerevole. Si chiama a potere 
assorbente della superfice del corpo. A rigore però l'assorbimento 
non si produce sulla superfice ma incomincia in uno strato vicinis- 
simo; infatti tutti i corpi in istrati sottilissimi sono trasparenti, an-. 
Cora queUi che sembrano opachi. Le foglie sottilissime d'oro sono 
trasparenti per il verde, quelle di rame per il verde-azzurro, quelle 
di argento per i raggi ultravioletti, quelle di litio per i brimo-rosso- 
cupo ecc. 

L'assorbimento che i corpi esercitano su ciascuna delle radia- 
zioni componenti la luce bianca, produce il fenomeno della colora- 
zione dei corpi per trasparenza. Vari cristalli come il quarzo, la cal- 
cite, il salgemma, la silvina ecc. sono trasparenti per tutti i colori; 
essi non sono colorati e si dicono acroici. I cristalli del monometrico 
sono in trasparenza in tutte le direzioni dello stesso colore, come 
i corpi amorfi. I cristalli otticamente anisotropi, cioè i cristalli non 
monometrici sono in trasparenza di colorazione diversa non solo 
secondo la direzione in generale onde sono osservati, ma ancora 
secondo il piano di polarizzazione; perciò i cristalli colorati si distin- 
guono in monocroici e policroici; i primi come la fluorite, il gra- 
dato, lo spinello, gli allumi ecc., i secondi come la tormalina, la 
cordierite, la biotite, l'anfibolo, il berillo, il diasporo ecc. La co- 
lorazione per trasparenza risulta naturalmente dalle radiazioni tra- 
smesse, ed è dipendente dallo spessore del corpo, p. es. l'allume di 
cromo in soluzione va dal verde al rosso secondo lo spessore e la 
concentrazione. 

Ma anche per un altro verso si distinguono i cristalli colorati 
per trasparenza; gli uni sono idiocroniatici se la colorazione loro è 

19 — e. Viola. é 



29© Capitolo ottavo 



propria della sostanza come i sali di cromo, di rame, di nichelio ecc. ; 
gli altri sono allocromatici poiché il loro colore dipende da sostanze 
in essi incluse, sospese, disciolte o diluite, p. es. l'ametista è violacea, 
lo za£5ro è celeste, lo smeraldo è verde, il topazio è giallo, celeste e 
anche rosso. 

78. Rbi^azione fra assorbimento bd emissione. — Il rap- 
porto fra il potere emissivo e quello assorbente dell'energia raggiante 
è lo stesso per tutti i corpi alla stessa temperatura e per la stessa 
lunghezza d'onda X. Da questa legge di Kirchhoff emerge che solo i 
corpi assorbenti possono emettere energia luminosa per alzamento 
di temperatura. Inoltre segue che nei cristalh policroici quella energia 
luminosa emessa predominerà, il cui vettore corrisponderà a quella 
che in luce trasmessa è maggiormente assorbita, onde segue che 
luce emessa dai cristalli è in generale polarizzata parzialmente. Per es. 
una lamina di tormalina tagliata parallelamente all'asse ottico, ri- 
scaldata al rosso, rimane policroica; infatti una spirale di platino 
incandescente osservata attraverso la lamina di tormalina e il Nicol 
analizzatore apparisce diversamente intensa, più intensa se polari^ 
zato nel piano, in cui essa appariva più oscura a luce riflessa, e 
meno se polarizzata nel piano normale ad esso. 

79- Cou>RE PER RiPi^ESSiONB; I,UCENXEZZA. — La luce riflessa 
dipende, nella sua intensità, dalla lunghezza d'onda, dalla superfìce 
riflettente, dalle superfice più profonde, ed è sempre polarizzata (58). 
Per la qual cosa luce bianca incidente dà luce riflessa molto diversa 
per intensità e colorazione. Dalla relazióne a = i — r — t, pag. 288, ri- 
sulta che il potere riflettente t è tanto maggiore quanto minore è quello 
assorbente a. Se la quantità assorbita è grandissima già nei primi 
strati della superfice riflettente, l'assorbimento è metallico. Ed è spe- 
rimentalmente noto che i corpi dotati di assorbimento metallico, 
pirite, calcopirite, antimonite, magnetite, ematite ecc. per una lun- 
ghezza d'onda, ^no dotati anche di riflessione metallica per la 
stessa onda, ossia riflettono la massima parte dell'energia incidente. 
I cristalli dotati di colorazione superficiale, che perciò riflettono in 
diverso grado i raggi della luce bianca, come l'oro, l'argento, il rame,- 
il dnnabro, la pirite, l'antimonite, l'ematite, l'azzurrite, la mala- 
chite ecc., in lamine sottili riflettono luce complementare di quella 
che essi trasmettono. 

Fra i diversi cristalh che si distinguono per il loro colore super- 
ficiale, si sogUono fare due importanti distinzioni. I cristalli mono- 
metrici riflettono in tutte le facce in egual grado e con lo stesso colore 
e si dicono monocroici; i cristalU non monometrici ossia otticamente 



Proprietà ottiche 291 



anisotropi sono in generale policroici, vale a dire riflettono con diverso 
colore la luce bianca sulle singole facce e nelle diverse direzioni. Nei 
cristalli policroici l'assorbimento varia su una stessa faccia col variare 
•del piano di incidenza, ha un xkiassinio e un minimo nei due piani 
principali ottici della superfice riflettente. Questa nozione agevola 
lo studio ottico dei cristalli opachi o fortemente assorbenti, poiché 
il metodo per luce trasmessa non è in essi applicabile. 

Anche nei cristalli come già nei corpi amorfi è bene fare distin- 
zione fra riflessione regolare (speculare) e riflessione diffusa (diffusione)^ 
la prima avendo luogo su superfice terse, la seconda su superfice 
appannate. Nel primo caso la quantità riflessa dipende dall'angolo di 
incidenza, ed in ogni caso è funzione della lunghezza d'onda. Con la 
corrosione meccanica, chimica o chimico-fisica (37) si ottengono 
superfice a riflessione diffusa. Ma è bene notare che la differenza fra 
riflessione regolare e diffusa è più quantitativa che quaUtativa, poiché 
le figure di corrosione (37) che generano la scabrosità di una faccia 
possono impedire la diffusione regolare secondo la lunghezza d'cmda 
•dell'energia raggiante. Una lamina metallica p. es. appannata é 
diffusiva per le onde luminose e speculare per le onde elettriche. 

I cristalli perfettamente diafani riflettono la stessa luce, che 
essi trasmettono; perciò essi, ridotti in polvere sono bianchi, come è 
l>ianca la luce, che li illumina. 

I cristalli a colorazione superficiale si distinguono in idiocro- 
malici cioè di colore proprio alla sostanza di cui sono costituiti, e in 
allocrotnatici cioè di colore dovuto ad inclusioni. Il salgemma (Na CI) 
è spesse volte colorato in rosso stante le inclusioni di ematite in 
finissima polvere, in celeste a causa di inclusioni idrocarburiche; il 
quarzo è colorato in verde per inclusioni di clorite ; la blenda in giallo 
•0 bruno per inclusioni di Fé S. Per inclusioni o diluizioni l'ametista 
è violacea, lo zaffiro azzurro, il rubino rosso, il salgemma bleu, vio- 
laceo, verde. 

II colore apparente della luce riflessa è talvolta indipendente 
•dal colore delle inclusioni, se la grandezza di queste è paragonabile 
alla lunghezza d'onda della luce incidente; un cristallo così dotato 
ha tutto il carattere dei meszi torbidi. Questi ultimi in trasparenza 
sono limpidi, ma per riflessione sono torbidi, ossia emettono luce 
diffusa ed appariscono di un colore bianchiccio, tendente al verde 
celeste pallido, piìi propriamente glauco. Onde questo fenomeno nei 
cristalli ha preso il nome generico di glaucheggiamento, che si osserva 
in moltissime adularle del Gottardo, in vari feldispati tridini, di cui è 
costituita la pietra limare, gemma pregevolissima dell' Lsola di Ceylon. 
Anche l'opale glaucheggia più che non opalizzi; talune zeoUti glau- 
cheggiano e non opalizzano. Il labradori zzare di taluni feldispati basici 



292 Capitolo oliavo 



non è diverso dal fenomeno dei mezzi molto torbidi, e così pure il 
gatteggiamento a mezzi diversamente torbidi; nomi codesti esprimenti 
modalità varie di uno stesso fenomeno. 

h' iridescenza all'incontro si presenta in tutti i cristalli senza 
inclusioni, ma specialmente in quelli facili alla sfaldatura, frattura, 
accrescimento lamellare ecc. ove i vuoti o lamelle sottili d'aria ge- 
nerano i colori di Newton somiglianti a quelli dell'iride. 

Con la riflessione e propriamente anche con l'assorbimento è 
connesso il fenomeno della lucentezza cristallina. Si suole distinguere 
nei cristalli le seguenti lucentezze : 

IO lucentezza metallica come quella che avviene sulle superfice 
terse dei metalli; esempi: pirite, galena, marcasite, antimonite, te- 
traedrite, boumbnite ecc. Certi cristalli molto assorbenti come il 
diallaggio, la mica, l'augite, l'omoblenda, l'ipersteno ecc. hanno 
lucentezza quasi metallica) 

20 lucentezza adamantina, come si osserva sul diamante, sulla 
blenda, sulla cerussite, sull'anglesite ecc., cristalli a forte rifran- 
gensui; 

30 lucentezza vitrea, quella comune al vetro. Bsempi : il quarzo, 
la baritina, la calcite ecc. 

I*a lucentezza può inoltre dipendere dalle inclusioni aderenti 
alla superfice del cristallo, o dalla struttura di accrescimento. 

La lucentezza sericea dipende dalla diffrazione della luce ed è 
propria della struttura fibrosa, così nel gesso, nella malacliite, nel- 
l'amianto, nel quarzo ecc. 

La lucentezza grassa dipende dalla diffrazione in due direzioni 
ed è propria della struttura reticolata, come nel quarzo, nel solfo ecc. 

I^a lucentezza madreperlacea dipende dalla iridescenza ed è do- 
vuta a struttura lamellare, come è costruita appunto la madreperla. 
Così si osserva spesso nel talco, nella mosco\'ite (specialmente se 
compressa) nel gesso ecc. 

80. Traccia. — La riflessione diffusa si ottiene tanto sopra su- 
perfice appannate quanto sul cristallo ridotto in frantumi. La pol- 
vere del cristallo presenta infinite facce, dove la luce in parte è as- 
sorbita e in parte riflessa generando nell'insieme la vera colorazione 
della sostanza indipendentemente dalle inclusioni. Da questo feno- 
meno nasce una pratica di diagnosi. Per ottenere la polvere del cri- 
stallo in esame, lo si fa strisciare sopra una superfice dura rugosa, 
come la porcellana ricotta non verniciata. Su tale superfice si fenna 
la polvere del cristallo in striscia, traccia o rasura. 

81. Asterismo, figure wminose. — Con la riflessione e la 



Proprietà ottiche 293 

rifrazione nei cristalli è in rapporto il fenomeno dell'asterismo ossia 
delle figure luminose stellari. La causa di questo fenom^io sono le 
inclusioni di maggiore riirangeuza del cristallo stesso includente, 
inclusioni regolati o regutatmente orientate, sui cui spigoli la luce 
si divide e interferisce e genera appunto l'asterismo. Di regola lo si 
osserva con uu cannocchiale aggiustato per l'infinito. Nella fig. 538 




è rappresentato un cristallo di mica con inclusioni aghiformi dì rutilo 
perpendicolari alle facce laterali della mica. L'asterismo che da queste 
inclusioni di rutilo deriva è figurato nella fig. 539, 

Ma le figure lujainose traggono orbine non solo da inclusioni, 




bensì in generale da striature finissime sulla superfice del cristallo, 
ossia da figure di corrosione naturali o artificiali. Esempi: T^e figute 
di corrosione simmetriche della calcite sulla faccia (100) rappre- 
sentate nella fig. 448 generano figure luminose come quelle rappre- 
sentate nella fig. 540. Le figure di corrosione asimmetriche della 
dolomite sulla faccia (ioa) rappresentate nella fig. 449 generano le 
figure luminose asimmetriche della fig, 541. Si ottengono facilmente 
figure di corrosione sulle faccie jioo| e |inl dell'allume. Con tali 
fiigure si ottengono le figure luminose interessanti rappresentate nella 
fig. 542 per la faccia [coi) e nella fig. 543 per la faccia (ni). 



294 Capitolo ottavo 



Da questi esempi emerge che le figure di corrosione si possono 
studiare con due metodi, o col microscopio osservando è misurando 
gli angoli, ricavando da ogni singola figura di corrosione le partico- 
larità che possono interessare la simmetria e la- struttura, ovA'ero 





Fig. 542. Fig. 543. 

producendo le figure luminose con luce parallela. E da qui emerge 
ancora che il carattere fi.sico di una faccia ( 1 5) può essere individuato 
dalle figure di corrosione (37) e dalle figure luminose. 

82. PoucROiSMO. — Dato che l'assorbimento dei raggi lumi-* 
nosi varia con la lunghezza d'onda, i cristalli hanno per trasparenza 
una determinata colorazione in cui si trasforma la luce bianca illumi- 
nante. I cristalli acroici sono attraversati da luce bianca nella stessa 
proporzione in cui i singoli raggi si trovano nella luce bianca. 1/ assor- 
bimento della luce nei corpi amorfi si compie in tutte le direzioni in 
modo eguale ; cosi si comportano i cristalli del sistema monometrico. 

Ma i cristalli degli altri 6 sistemi hanno la proprietà di assor- 
bire la luce diversamente nelle varie direzioni e in modo diverso in 
una direzione secondo il piano di polarizzazione. Siffatti cristalli 
appariscono di più colori in trasparènza e in luce riflessa e si dicono 
policYoici, Si può osservare anche ad occhio nudo le varie colorazioni di 
tormalina, guardando la luce bianca attraverso due lamine accostate 
di eguale spessore tagliate l'una parallelamente all'asse ottico, l'altra 
perpendicolarmente. Lo studio del policroismo per essere completo 
dovrebbe incominciare con lo studio dello spettro della luce emergente 
ed anche della luce incidente. D'ordinario si lascia all'occhio di valutare 
il pohcroismo nell' apparecchio polarizzatore sopprimendo uno dei 
Nicol. I/esame sul pohcroismo dei cristalH può estendersi tanto alla 
luce riflessa quanto alla luce trasmessa. Per cristalli opachi lo studio 
deve limitarsi a luce riflessa. Con (juesto mezzo si può dimostrare 
che la calcopirite è policroica mentre la pirite è monocroica. 



Proprietà ottiche 



295 



Per lo studio del fenomeno del policroìsmo si prestano i mine- 
rali eminentemente policroici quali il berillo, la tormalina, la cordie* 
rite, il diasporo, la biotite, il pennino, Tomoblenda ecc. Vi si presta 
un apparecchio speciale, detto dicroscopio da Haidinger, il quale con- 
siste semplicemente di un romboedro di calcite tagliata secondo le 
sfaldature a guisa di parallelopipedo che viene introdotto in un tubo 
metallico. Ad una estremità di esso vi è una apertura quadrata, al- 
l'altra ima lente con im forellino che fa da diaframma. Vista l'apertura 
quadrata attraverso il prisma di calcite, essa si sdoppia. Portata la 
lamina in esame Cr, fìg. 544, nello sdoppiamento delle immagini i^ e 
«2, runa presenterà la tinta per un piano di polarizzazione l'altra per 
il piano di polarizzazione ad esso perpendicolare. B poiché le due 
inmiagini i, e i^ sono accostate, ne verrà che la differenza delle due 
tinte sarà molto marcata, e l'occhio ne valuterà il dicroismo. 





Fig. 544. 



Lo studio del policroismo ha intanto condotto a questo risul- 
tato, che il colore per trasparenza dipende dall'orientazione del vet- 
tore limiinoso, che risulta normale al piano di polarizzazione. 

I cristalli policroici si distinguono in imiassici o dicroici e in 
biassici o iricroici. 

Nei cristalli dicroici vi sono due direzioni principali Tuna pa- 
rallela all'asse ottico, l'altra perpendicolare ad esso; le colorazioni prin- 
cipali in questi cristalli sono pure due, secondo che il vettore è per- 
pendicolare o parallelo all'asse, come nel berillo, nella tormalina ecc. 

I cristalli biassici sono tricroici, hanno cioè tre direzioni princi- 
pali di colorazione nelle tre direzioni principali ottiche ove cadono 
anche i tre vettori principali, con i quali si possono comporre le co- 
lorazioni in tutte le direzioni. Il diasporo HAIO} e la cordierite 
Mgg AI4 SÌ5 0,g si prestano molto bene per lo studio del policroismo. 
Si consideri il diasporo colorato e si tolga da esso tre lamine a facce 
parallele, perpendicolari rispettivamente a x, y, z. La lamina (coi) 
perpendicolare a 2^ ha due colorazioni, viola e giallo, secondo che il 
piano di polarizzazione sia perpendicolare sl x o a, y. La lamina (010) 
perpendicolare a y ha, pure due colorazioni, viola e azzurro, secondo 



296 



Capitolo ottavo 



che il piano di polarizzazione è perpendicolare a ;tr o a z. Infine la 
lamina (100) perpendicolare a ;ir ha due colorazioni, giaXlo e azzurro, 
secondo che il piano di polarizzazione è normale a ^^ o a z. Le due 
lamine (coi) e (010) hanno dunque im colore comune cioè il viola; 
esse hanno comune il vettore x. Così è determinato che nella dire- 
zione X vibra il vettore viola. Analogamente le due lamine (010) e 
(100) hanno comune l'azzurro ed il vettore z, ed è perciò determinato 
che nella* direzione z vibra il vettore azzurro. Finalmente le due 
lamine (001) e (100) hanno comune il giallo ed il vettore y, onde il 
vettore giallo vibra nella direzione y, fig. 545. 





fìr. 545. 



La conseguenza che si trae da queste osservazioni è che il vettore 
luminoso nei cristalli policroici è perpendicolare al piano di polariz- 
zazione (41), pag. 216, fig. 457. 

La tormalina, fig. 171, pag. 106, colorata è fortemente dicroica. 
Raggi perpendicolari all'asse ottico sono quasi totalmente assorbiti, 
quelli precisamente che sono polarizzati nel piano principale, cioè i 
raggi ordinari, e quasi nulla i raggi polarizzati nel piano perpendi- 
colare al piano principale, cioè i raggi straordinari, di modo che una 
lamina di tormalina a facce parallele tagliata parallelamente all'asse 
ottico dà luce polarizzata, luce non dispersa. Due di siffatte lamine 
sovrapposte formano un apparecchio elementare polarizzatore che 
può sostituire in molti casi l'ortoscopio (47)» pag. 226, a due Nicol; 
esso fu infatti adoperato in addietro sotto il nome di pinzette di torma- 
lina, ove le lamine possono facilmente ruotare nel loro piano; e può 
ancora servire per le prime indagini dei cristalli. Nella fig. 546 le due 
lamine di tormalina sovrapposte sono in posizione parallela e lasciano 
passare la luce; nella fig. 547 le stesse lamine sono incrociate (47) e 
danno oscurità se ira esse è un corpo amorfo, aria, vetro, ossidiana 
ecc. ; danno un campo luminoso in generale, se in mezzo vi è una 
sostanza anisotropa (62). 



Proprietà oUiche 297 

Anche le tonnalìne acroiche o in apparenza acroiche sono leg- 
germente dicroiche. 



83- LUMINISCENZA. — I,'energia luminosa può trasfonnarsi in 
altra energia luminosa. Avviene in tal caso emissione di luce, che 
prende il ncnne di lummùcema o dispersione interna senza aumento 
di temperatura. La trasformazione si compie da una lunghezza d'onda 
X (periodo T) in lunghezza d'onda \' (periodo T'). La luminiscenza 
prende diversi aspetti e ha diverse azioni: è fotoluminiscenza o fosfo- 
rescenza e fluorescenza, termoluminiscenza, trìboluminiscenza, cri- 
stalloluminiscenza, è chimica, elettrica ecc. ecc. 

La luminiscenza è sempre accompagnata da assorbimento. Questa 
le^e fondamentale è conseguenza della conservazione dell'energia, 
poiché non si può avere endssione di energia senza sparizione di 
un'altra. Con questo principio si spiega perchè la luminiscenza è 
limitata alla superfice del corpo e a poca profondità superficiale. 
Infatti i raggi incideiiti induttori, cioè capaci di trasfoimarsi in lu- 
miniscenti o indotti, sono assorbiti nei primi strati superficiali del 
corpo; quelli die lo attraversano non hanno più la stessa capacità, 
e la luminiscenza ces.'ia. 

Si fa differenza tra fluorescenia e fosforescenza, la prima essendo 
emissione di luce finché il corpo, è illuminato, la seconda ha luogo 
nell'oscuro, andie quando l'illuminazione è cessata. 

Per osservare e riconoscere la luminiscenza in un cristallo, questo 
vien posto in mia camera oscura, munita di un'apertura per l'osser- 
vazione e di una seconda a squadra con la prima, fig. 548, per l'illu- 



In generale per l'illuminazione sì usa luce bianca, violetta ul- 
travioletta, elettrica ecc. 

Se il cristallo è luminiscente, esso emette luce in tutte le direzioni, 
ossia la diffonde. Veramente andie i mezzi torbidi (79) diffondono 
luce analc^a ma sempre polarizzata nel piano contenente i raggi in- 
cidenti e diffusi, mentre la luminiscenza nei cristalli birìfrangenti è 
sempre polarizzata in posizione costante e indipendente dal piano 



300 


Capìtolo 


oliavo 






Assorbimento integrale di sorgenti radianti secondo Melloni. 


Sostanze 


Lampada 
di Locateli! 


Spirale 

di platino 

incandescente 


Rame a 

! 4000 


Rame a 
xoo» 


Salgemma 

Fluorite 

Calcite 


92% 
39 


92% 

69 

28 


1 

92% ' 92"ó 

42 ' 33 . 
6 


Quarzo 


28 


28 6 ; 1 


Ametista 


21 


9 


2 '0 


Tormalina verde 


18 


16 


3 


Allume 


9 


2 • 


Ghiaccio 


6 


0,5 


; 


Vetro 

1 


39 


24 


6 






Oltre NaQ, gU aloidi K CI, Ag Q, Na I, Na Br, KI. K Br 
ecc. ed anche ZnS sono diatermani. Airincontro gli allumi e il ghiaccio 
sono opachi o quasi per il calore. 



85. DETERMINAZIONI DI COSTANTI OTTICHE IN I,UCE RIFI^ESSA. — 

Per esaminare sostanze anisotrope opache o fortemente assorbenti, 
gli apparecchi polarizzatori non vi si prestano senza qualche modi- 
ficazione. Dapprima è necessario sia applicata la lamina di Savart, 
pag. 279, per aumentarne la sensibilità (71) ; in secondo luogo è indi- 
spensabile che l'apparecchio sia munito di illuminazione laterale e di 
uno specchio per inviare luce incidente nell'obbiettivo e sul prepa- 
rato in esame. Un sifEatto apparecchio è rappresentato schematica- 
mente nella fìg. 549, con C il cannocchiale aggiustato per l'infioito, 
N il Nicol analizzatore, S la lamina: di Savart, PP lo specchio, l'ob- 
biettivo, M la sostanza in esame avente superfice tersa. X raggi lu- 
minosi lateraU si riflettono nello specchio PP, attraversano l'obbiet- 
tivo O, illuminano il preparato Af, si polarizzano, sono adsorbiti, 
ritornano per l'obbiettivo, attraversano la laStra PP indi la lamina 
di Savart, il Nicol analizzatore N, e Analmente in \Tlrtù del can- 
nocchiale C si incontrano nell'occhio dell'osservatore. 

Si dispone dapprima lo specchio PP perpendicolare all'asse del- 
l'apparecchio. Indi girando il detto specchio si invia dei raggi lumi- 
nosi omogenei sulla lastra metallica M che si colloca orizzontale in 
luogo del cristallo in esame. Le linee di Savart appariscono; ma spa- 
riscono appena lo specchio PP ritoma ad essere perpendicolare all'asse 
dell'istnmiento. Quando si collochi una superfice del cristallo nel 
posto di M, le frange di Savart riappariscono; si gira il preparato 



Proprietà ottiche 



301 



da qo a 360° e le frange di Savart 4 volte nel giro completo spariranno 
e 4 volte acquisteranno la massima intensità. Con siJffatto mezzo 
si distingueranno le sostanze anisotrope dalle sostanze isotrope» e 



^::i^ 



\ 




N 














P«K- 549. 



wmf9^ 



si determinerà sopra qualunque faccia del cristallo le direzioni prin- 
cipali ottiche, ossia le direzioni di polarizzazione. Col prisma a squa- 
dra P2 s^ controlla il funzionamento dell'apparecchio. 



302 Capitolo ottavo 



I<KTTERATURA AI. CAPITOLO Vin. 



E. P0CKE13, LBhrìmch dar KristaUoptik. Leipzig, 1906. 

R. Panbbiancó, Trattalo di Mineralogia, voi. II e HI. Padova, 1899. 

A. Battsu:«i e P. Cardani. Trattato di fisica speritnetùale, voi. II. Milano, 

1913. 
L. DuPARce Fr. Pearcb, Traité de iechn. minér. et pétrogr., i.ère partie: 

« Lea méthodes optiques ». Leipzig, 1907. 
L. PifBTCHBR, The opticàt indicatrix and the transmission of tight in 

crystals. London, 1892. 
P. Drud£, Précis d'optiqite. Paris, 191 2. 
I. B. Biox, Traité de physique, 1816. Paris. 
A. Ròm, Elementi di fisica, voi. III. Firenze, 1906. 

0. D. ChwoIcSON, Traité de physique, tome II, 4. Paris, 1909. 
A. PoTiER. Joum. de phys, 1891. 2. io. 

1. L. SoRBT e E. Sarasin. 1875-1882. 

H. C. POCKI^INGTON, 190I. 

G. B. AiRY, Canibrigde Phil, Trans., 1831. 

I. KòNiGSBBRGBR, Ueber einen Apparai zur Erkennung und Messung op- 

tischer Anisotropie undurchsichtiger Substanzen und dessen Verwendung, 
' Centralblatt ftir Miner. etc. 1908, p. 565, 597; 1909, p. 245, 746. 

Sulla dispersione vedi i lavori speciali di L. Brugnatelli (1898), P. 
Neumann (1835). V. v. Lang (1877), H. Dufet (1888), G. Quincke (1879), 
C. Viola (1899), ecc. 

Sulla riflessione parziale e totale vedi i classici lavori di Presnel, Brew- 
ster, Cauchy, P. Neumann, Green, Mac Cullagh, De Senarmont, Lamé, 
G. Kirchhoff, Potier, Ìndi Kaemmerer (1904), Schwitring (1908). C. Vi<^ 
(1899, 1902), A. Comu (1901). 

Sulla luminiscenza vedi i lavori di A. Pochettino (1904) con la biblio- 
grafìa ivi riportata. 



CAPITOLO IX 



Proprietà magneto-elettro-termiche. 

86. Induzione magnetica. — Un magnete genera nello spazio 
un campo magnetico, in ciascun punto del quale è data la forza 
in direzione, senso e grandezza. Per lo studio delle proprietà ma- 
gnetiche di un cristaUo, è bene disporre di un campo magnetico 
omogeneo, ove la forza è sempre eguale e della stessa direzione; 
come si ottiene fadlmeute con due poli magnetici N e S nel modo 
indicato nella fig. 550 a) e ò), i quali terminano con facce piane ed estese ; 





a.) 



*) 



Fi». 550. 



la forza magnetica è allora perpendicolare alle facce piane. In se- 
condo luogo è bene dare al cristallo la forma sferica, afl&nchè l'in- 
duzione non sia influenzata dalla forma; infatti una sfera isotropa 
introdotta in un campo magnetico omogeneo si trova in qualsiasi 
posizione in equilibrio, e così ancora una sfera di cristallo mono- 
metrico. 

Un corpo o un cristallo può portare in un campo magnetico 
due sorte di modificazioni secondo che esso sia paramagnetico o 
diamagnetico', nel primo caso condensa le linee di forza come nella 
fig- 550 <*. nel secondo le dirada come nella fig. 550 h. Posto P Tin- 



304 Capitolo nono 



tensità del campo magnetico nel vuoto (od aria) ed M quella indotta 
nel corpo estraneo, per permeabilità magnetica è inteso il rapporto 

M 

e si ha X > i per i corpi paramagnetici, 

X < I per i corpi diamagnetici ; 
cosicché i corpi paramagnetici sono più permeabili alla forza magne- 
tica dei diamagnetici. Il ferro è paramagnetico, il cui coefficiente X 
è molto grande, e si distingue fra i paramagnetici per essere ferro- 
magnetico. Analogamente si comportano il nichelio e il cobalto. I 
cristalli sono paramagnetici o diamagnetici secondo che siano più. 
o meno permeabih dell'aria alla forza magnetica. 

La quantità M — P = (X — i) P è il magnetismo che rimane 
o esce dal corpo in im campo magnetico, ed è proporzionale alla 
suscettività magnetica o alla quantità di magnetizzazio^ie, cioè al va- 
lore di quanto l'intensità del campo aumenta o diminuisce con Tin- 
troduzione del corpo para- o dia-magnetico nel campo magnetico. 
Il coefficiente di suscettività o la costante di magnetizzazione è il rapporto 

't^ — ^ 

4 7C • 

e precisamente la suscettività è positiva, (x > 0, nei paramagnetici, 

negativa, [jl < 0, nei diamagnetici. 

Si può dunque affermare che i diamagneti sono più o meno tra- 
sparenti per la quantità magnetizzante, i paramagneti più o meno 
assorbenti per la detta quantità. 

Un paramagnete in forma di piolo sottile si dispone nel campo 
magnetico omogeneo nel senso della forza, un diamagnete nor- 
malmente ad essa. 

La suscettività magnetica [jl è la stessa per tutte le direzioni in 
un corpo isotropo o iii un cristallo monometrico. Un cristallo dotato 
di asse di simmetria principale {dimetrico, trigonale ed esagonale) 
ha due posizioni di equilibrio in un campo magnetico omogeneo: 
sia il suo asse parallelo sia perpendicolare al campo. L'asse prin- 
cipale si chiama asse di isotropia ìnagnetica. Una sfera di siffatti 
cristalU sospesa nella direzione dell'asse rimane in equilibrio indiffe- 
rente in un campo omogeneo in qualsiasi posizione. Nella direzione 
dell'asse la costante di magnetizzazione sia [ìq; normalmente sia la 
costante principale [/.j. Sono positivi i cristalli con \Iq > [Xi, negativi 
quelli con [i^ < [Ai- In ogni altra direzione la suscettività magnetica [jl 
è data dal vettore di un elissoide di rivoluzione avente per semi- 
assi \Iq e (Xi, fig. 551. 



Proprietà magnetO'elettrO'Urmiche 



305 



In conclusione i cristalli del sistema dimetrico, trigonale ed 
esagonale, liberi nel loro moto, ed in forma sferica, si dispongono in 
un campo omogeneo con il loro asse di isotropia nella direzione della 
forza tanto se sono paramagnetici e positivi, come la siderite, quanto 
se sono diamagnetici e negativi, come il bismuto, l'antimonio, l'ar- 
senico, il ghiaccio, lo zircone ecc. Bssi si dispongono col loro asse 
normalmente al campo se sono paramagnetici e negativi come la 
tormalina, il berillo, il diottasio ecc., 
ovvero se sono diamagnetici e positivi 
come la calcite, la dolomite, U nitrato 
sodico, la mimetisite, la wulfenite, ecc. 

I cristalli appartenenti ai sistèmi 
trimetrico, monoclino e triclino hanno 
tre direzioni principali e ortogonali 
fra loro Mj, "Af,, Afg secondo le quali 
essi possono rimanere in equilibrio in 
wi cam.po magnetico omogeneo. Se- 
condo x^ueste tre direzioni le costanti 
di magnetizzazione principali siano 
risi)ettivamente \Li» [a,, \>^ diseguali, 
anzi si designerà fJii > flj > (A,. Le 
suscettività magnetiche principali nel 
campo P ^no precisamente 




Fig. 551. 



h = [Al P, /, = [Ajj P, /,= [!, P. 

In ogni altra direzione la suscettività magnetica è 

/ = (X. P, 

essendo \l il vettore di un elis- 
soide, i cui semiassi sono \Lx, 

\h> \h* ^- 552. 

I cristalli a tre costanti 

principali di magnetizzazione, 
ossia a tre assi, hanno due dire- 
zioni -4| e i4j nel piano M^ M,, 
perpendicolarmente alle quali il 
vettore di magnetizzazione è 
sempre lo stesso. Esse sono gh 
assi magnetici che fanno con Af^ 
lo stesso angolo acuto V, come 
con iVfj l'angolo ottuso 90- V; 
perciò Mi ed M3 sono le bisettrici magnetiche; l'una è acuta che divide 

20 — e. Viola. 




Fig. 552. 



3o6 Capitolo nono 



per metà l'angolo acuto iV, l'altra è l'ottusa. Per consuetudine si 
suole dire positivi quei cristalli, la cui bisettrice acuta (ii è > del- 
l'ottusa (ji,. I cristalli sono negativi nel caso opposto. L'angolo V è 
calcolabile con Ja formola seguente (vedi forinola 41): 




tagK= V^^^ ^^ 75) 



L'equilibrio in un campo omogeneo è sempre raggiunto, purché 
Mi, A/s o M3 cadano nella direzione della forza; ma l'equilibrio sta- 
bile richiede che Mj o M, cada nella direzione del campo. Inoltre 
un disco di cristallo tagliato perpendicolarmente ad uno degU assi 
magnetici e sospeso nel centro in un campo magnetico omogeneo 
rimane in equilibrio indifferente. Nondimeno Ai e A^ non sono assi 
di isotropia magnetica. 

I cristalli del trimetrico, monodino e tridino si comportano 
tra loro nel campo magnetico in modo affatto diverso. Nei cristalli 
del trimetrico le costanti principali di magnetizzazione (jl^, {a,, [i« 
cadono rispettivamente nelle zone ortogonaH fondamentali del cri- 
stallo. Nei cristalli del monoclino una sola delle direzioni principali 
nìagnetiche coincide con la zona fondamentale del cristallo Mi, M^ 
o M3. Nei cristalli del tridino nessuna delle direzioni prindpali ma- 
gnetiche cade necessariamente in una zona fondamentale. Questo 
fenòìneno è conosrìuto col nome di dispersione magnetica direttiva. 
Di più [Li, [JLs, (Xt variano in generale col variare del campo; dò 
equivale alla dispersione scalare, 

87. PouuuzzAZiONE DIEI.ETTRICA. — La polarizzazione dielet- 
trica segue le stesse leggi della influenza magnetica. 

Lo studio delle proprietà didettriche nd cristalli si può fare 
convenientemente in un campo elettrico omogeneo» che con appros- 
simazione si ottiene nello spazio fra due armature metalliche estese 
di un condensatore, ove la forza elettrica è normale alle armature 
ed è la stessa in tutti i punti. È noto che la capadtà elettrica di un. 
siffatto condensatore è proporzionale alla costante didettricadd mezzo 
interposto fra le armature. Una sfera ùiclusa nel campo di un tale 
condensatore, fig. 553, assume lo stato di equilibrio nelle condizioni 
seguenti : 

1° in qualsiasi posizione se la sfera è amorfa, ovvero se è 
cristallizzata nel sistema inononietrico; 

2° in una qualsiasi posizione se il cospo è dei sistemi dimetrico , 



Proprietà fnagneto-eleitro-termÌQhe 



307 




F»g. 553 



trigonale od esagonale e Ig, sfera è sospesa in modo nel campo elettrico 
che il suo asse cada nel filo di sospensione ed è perpendicolare alle 
linee di forza. L'asse è asse di isotropia dielettrica: 

30 in tre posizioni ortogonali se il corpo è del trimetri co, mono- 
elino e Iridino . 

I cristalli a un asse di isotropia hanno la costante dielettrica 
nella direzione dell'asse Eq maggiore o minore di 
quella Si nel piano perpendicolare all'asse (dire- 
zione equatoriale)'. La costante dielettrica in ogni 
altra direzione è data dal vettore di un elissoide 
di rivoluzione avente per semiassi e© e ei come 
nella fig. 551. Se Sq > e^il cristallo è positivo, nel 
caso contrario, per Sq < z^, il cristallo è negativo. 

L 'equilibrio stabile di un cristallo uniassico 
in forma di sfera in un campo dielettrico omo- 
geneo è raggiimto, quando l'asse di isotropia è 
nella direzione del campo. Viceversa il cristallo 
negativo assume lo stato di equilibrio stabile con 
l'asse perpendicolare al campo. 

Nei cristalli a tre direzioni principali dielettriche ortogonali, con 
tre costanti dielettriche principali Si, Sj, 83, queste sono diseguali ossia 
Si > £2 > S3. Ogni costante dielettrica in una direzione qualsiasi è il 
vettore in quella direzione dell'elissoide avente per semiassi e^, et, Sa, 
come nella fig. 552. Un disco circolare levato da un cristallo del tri- 
metrico, monoelmo e triclino, sospeso nel centro ad un filo sottile 
verticale può assumere una posizione di equilibrio indifferente, se 
il disco è tagliato dal distailo in un modo determinato. Due sono le 
posizioni del disco nel cristallo che soddisfano a queste condizioni. 
Le perpendicolari ad esse si dicono ^tssi dielettrici del cristallo. Essi 
si trovano nel piano e^, z^, e il loro angolo e dimezzato da z^, e,, che 
si dicono bisettrici acuta e ottusa. I due assi dielettrici non sono assi 
di isotropia. Nei cristalU trimetrici le costanti principaU dielettriche 
61» Sa, 63 si riferiscono a tre direzioni fondamentaU del cristallo. Nei 
cristalU monoclini una sola delle costanti dielettriche principali 
Si, S2,' 63 si riferisce a una determinata direzione fondamentale del 
cristallo. Nei cristalli del triclino nessuna delle 3 costanti principaU 
dielettriche si può riferire a qualsiasi direzione fondamentale del 
cristallo. 

Per questo riguardo le proprietà dielettriche vSono analoghe a 
queUc'' magnetiche e ottiche; sempre esse determinano tre grandi 
gruppi di cristalU: monometrici, a un asse, a due assi; variab^U 
questi ultimi in tre modi per rispetto alle direzioni fondamentaU, 
con che si distinguono sempre i cristalU trimetrici, dai monoclini e 
dai triclini. 



3o8 



Capitolo nono 



Per la determinazione delle costanti dielettriche si può far uso 
convenientemente di un condensatore ad armature piane, ove ha 
luogo un campo elettrico omogeneo. 

Siano -^ e B le armature, fig. 554, di un 
siffatto condensatore situate alla distanza à. 
Sia C la sua capacità e V la differenza di po- 
tenziale. Giiamando con K una costante, t la 
costante dielettrica del mezzo interposto fra le 
due armature, potremo scrivere 




C^K 



a 



76) 




Indi si inserisca la lamina di un cristallo in 
esame A A aa ài spessore £^ e di costante dielet- 
trica ex da determinarsi; con ciò la capacità 
del condensatore sarà diminuita, posto ti < e. 
il che sarà a^^'ertito dall'aumento del poten- 
ziale. Per riportare lo stesso condensatore allb 
stesso potenziale e quindi alla stessa capacità si 
do\Tà allontanare le due armature una rispetto 
all'altra. Sia x la grandezza di questo allonta- 
namento, a^Temo la relazione 



K. 



cL — di ^ X 



K i'- : 






ossia 



s s 

d a — u^ -r X 



dalla quale si ha semplicemente 

X — di 



z 



d — di -\- X 



C"! 



u., 



rf, 



78) 



79) 



che determi^ia z^ in funzione di x e: ài di. 

Un metodo praticissimo per determinare la costante dielettrica 
di un cristallo in una data direzione è quello dei galleggianti. Si inse- 
risce fra le armature di un condensatore un liquido che abbia la stessa 
costante dielettrica del cristallo, sicché tuffato il cristallo nel liquido 
o levatone, la capacità del condensatore non cambia. Sarà poi pro- 
blema sempHce ed esatto determinare la costante dielettrica del 
liquido. Adottando il metodo dei galleggianti si evita l'incomodo d* 
preparare il cristallo in lamine a facce parallele, di aii debbasi nu- 



Proprietà magnetO'eleHro-terfniche 309 



surare lo spessore d^\ con ciò si eliminano le misure di rf ed ;ir, e il 

cristallo può essere assunto in qualsiasi dimensione e forma. 

■ 

88. Ferromagnetismo.- — Oltre i due gmppi di cristalli para- 
magnetici e diamagnetici capaci di modificare un campo magnetico 
vi sono sostanze cristallizzate che hanno la proprietà di generare un 
campo magnetico nel loro intomo. Tale è in primo luogo la magne- 
tite Fcg O4, fig. 301-302. Essa attrae il ferro e ha tutte le proprietà 
di un magnete, vale a dire è polare. Anche la pirrotina Fé S ha le 
proprietà della magnetite ma in minor grado ; cosi pure certe varietà 
di platino ricche di ferro sono magneto-polari. I più piccoU frantumi 
di un cristallo di magnetite sono piccoli magneti. Non è vero che la 
magnetite abbia due soli poli Nord e Sud; probabilmente la più 
forte magnetizzazione è concentrata nelle direzioni degU assi ternari. 

89. Conduttività ei^ETTrica. — Sia dato un cristallo di con- 
duttività metaUica, quale la magnetite, la pirite (Fé Sj) ecc. In un 
punto di esso O come centro sia collocata una sorgente elettrica co- 
stante, da cui sgorghi un flusso elettrico in tutte le direzioni. Ive su- 
perfice equipoten ziaU che ne risultano nel cristallo sono sjfere se il 
cristallo è del monometrico come nei corpi conduttori amorfi; esse sono 
elissoidi di rivoluzione simili se il cristallo è del dimetrico, trigonale 
o esagonale, sono elissoidi a tre assi concentrici e fra loro siiniH se 
il cristallo è del trimetrico, mon odino o triclino. I semiassi degU 
elissoidi equipotenziali hanno valori proporzionali rispettivamente 
a V^, V^» V^, essendo Cj > e, > e, i coefficienti principali di con- 
duttività. Se l'elissoide equipotexiziale è di rivoluzione, le condutti- 
vità principah sono due Co e c^; c^ nell'asse principale di simmetria, 
Ci nel piano ad esso perpendicolare. L'asse è per conseguenza di 
isotropia elettrica. 

Per conoscere la conduttività normale e la conduttività radiale, 
si intraprendono due esperimenti. In un caso si prepara una lamina 
dèi cristallo a facce parallele e di dimensioni taU che la sua grossezza 
sia trascurabile per rispetto alle altre due ; il flusso elettrico che attra- 
versa questa lastrina genera in essa superfice equipoten ziaH che sono 
piani paralleli alle facce estreme. La conduttività elettrica normale alla 
lamina è il quadrato del valore reciproco del vettore dell'ehssoide 

avente come semiassi y — , \/ — , y — Nel secondo esperimento 

0\ C2 C3 

si assume un filo di cristallo, tanto lungo che le altre due sue dimensioni 
siano trascurabili per rispetto alla lunghezza. La conduttività radiale 
cioè nella direzione di questo filo è il quadrato del vettore dell'elis- 



soide avente per semiassi rispettivamente i valori Ve,, \Cj. Vcj- 
Questi pTÌncipi sulla conduttiWtà elettrica ricompaiono, coaie ve- 
dremo, nella condiitti\'ità termica. I reciproci delle cbndutti\ità soao 

le resistenze, co, = — . cuj = — ,0)3= — . 

È dimostrato in alcuni cristalli del moncmettico che essi sono 
isotri^i per la coiiduttix'ità elettrica. Kella magnetite p. e. la resi- 
stenza lungo lo spigolo dell'esaedro è o.5]62 Ohm, lungo la diagonale 
0.5169 Ohm a 40" C. 

Dei cristalli appartenenti al sistema trigonale sì conosccno le 
resistenze del bbmuto, dell'ematite ecc. 

J.a resistenza bj, piirallela all'asse di isotropia e quella <i), per- 
pendicolare ad esso per il bismuto sono nel rapporto 

Uo- w, = 1,6; I. 

Per l'ematite si ha oio = 83, a Ohm, <ij[ = 43,0 Ohm a o^C. 

I cristalli conduttori specialmente i metalh sono anche termo- 
elettrici. I metalli si possono ordinare in una serie tale, che ciascuno 
rispetto al precedente sia sempre positivo elettrico, ossia che la cor- 
rente fluisca sempre nel punto riscaldato dal i" al 20, dal 2" al 3" 
e così vìa. Perciò quanto più lontani si trovino i metalli nella serie 
e tanto maggiore è il loro potenziale. Cosi il bismuto e l'antimonio 
generalo una forte corrente, che nel punto riscaldato va dal bismuto 
all'antimonio, sicché il bismuto è negativo, e l'antimonio positivo, 
r solfuri e specialmente alcuni solfuri sono singolarmente termoelet- 
trici. È da citarsi a questo riguardo la pirite FeS,, Due cristaUi di 
pirite posti a contatto e nel luogo dì contatto riscaldati, generano 
una corrente termoelettrica. Ma i due cristalli devono essere difle- 
renti come fanno vedere le due fig, 555 e 550. I^a forma più abituale 



della pirite è il dodecaedro pentagonale, fig. 315 e 316 |il pìrìtoedro) 
|^io| e |i,io]. Ma queste forme non sono sempre fra loro paragona.bìlì 



Proprietà ntagneto-eleUro-terìHÌche 



311 



a causa della loro strìatura. La fig. 555 fa vedere la striatura sulle 
f accie del piritoedro perpendicolare alle rispettive zone dell'esaedro, 
la fig. 556 la fa vedére parallela rispettivamente agli spigoli dell'e- 
saedro : i piritoedri della fig. 556 sono per lo più termoelettrici posi- 
tivi, mentre quelli della fig, 555 sono negativi. Due di tali cristalli 
per struttura difEerenti in contatto generano con l'aumento della 
temperatura nel contatto una differenza di potenziale maggiore che 
quella che si genera fra bismuto e antimonio a parità di condizioni. 

90. CoNDumviTÀ TERMICA. — Per comprendere elementar- 
mente le proprietà termiche di un cristallo si immagini questo tro- 
varsi a temperatura eguale in tutti i suoi punti; poscia in un punto 0, 
come centro, vi sia immessa una sorgente calorifica costante, che 
irradi in tutte le direzioni. Ciò posto, in ogni punto si determinerà 
ima temperatura stazionaria. Le isoterme, superfice di eguale tem- 
peratura, sono sfere nei corpi axaorfi e cristalli monometrici; sono 
ehssoidi di rivoluzione nei cristaUi a un asse di simmetrìa principale, 
ossia dimettici, trigonali ed esagonaU con un asse di isotropia ter- 
mica coincidente con l'asse di simmetrìa. I^ isoterme sono elissoidi 
a tre assi, concentrici e simiU fra loro, fig. 557, nei cristalli trimetrici. 




Fig. 557. 



monoclini e triclini ; i loro semiassi sono proporzionali rispettivamente a 

V^i. V^a» V^»» essendo c^, e,, e, i ire coefficienti di conduttività termica 
principali. 

Per conoscere le leggi che reggono la condutti^'ità termica in 
un cristallo si possono fare le segjxenti due esperienze. Si può in primo 
luogo misurare la conduttività perpendicolarmente a una lamina, 
e in secondo luogo nel senso di un bastoncino sottile. La conduttività 
normale è il quadrato del valore reciproco del vettore di un elissoide 

avente per semiassi \ —> \ — ' V * ^^ conduttività radiale è il 



d.. 



quadrato del vettore di un elissoide avente per semiassi V^'i. ^^2- ^'^2- 



312 



Capitolo nono 



Nella fig. 558 sono rappresentati i due elissoidi reciproci di con- 
duttività, aventi il centro comune O e comuni gli assi. Uno di essi ha 

per semiassi V^. V^, V^ l'altro y ~. y — , y Ì-. Nella dire- 
ni ^2 C3 

zione OS la conduttività è proporzionale a OS^. Nella direzione nor- 
male ON la conduttività è t^tt . 

Siano x^ yi z^ le coordinate del punto S, e ^j yj^ ^1 le coordinate 
del punto N\ i due punti si dicono corrispondenti. Le relazioni fra 
le coordinate x^ y^ z^ e ^j 7)1 X^x sono le seguenti: 



^1 = r- ^1 ' 



^2 



^1 = 7-/^1 • 
*'8 



80) 



E altri due punti corrispondenti x^, y^, ^t, ^j, r^, Z,t danno le stesse 
relazioni sicché 



^t — "T" ^i » 



^2 = T- >'t 



Kt^T^z- 



81) 



e perciò 



li ^2 4- Yji yt + ?^i ^2 == ?t ^1 -f- 'ni n + ^8 ^1 



82) 



(vedi pag. 238), che è la relazione di reciprocità di Potier. 

Senarmont per determinare le isoterme nei cristalli, coperse 

queste di un sottile strato di cera, e con un 
ferretto riscaldato nel centro, osservò le curve 
isoterme che si formavano fondendosi la cera 
intomo al centro di propagazione del calore. 
Rontgen più semplicemente coperse le facce 
del cristallo appannandole con l'alito della 
bocca; indi un cilindretto di 3 mm. di dia- 
metro di rame appuntito e riscaldato fu appli- 
cato sulla faccia appaimata; il calore espan- 
dendosi asciugava il sottile alito secondo curve 
isoterme ; poscia per fissare dette curve. Rontgen 
vi sparse un * sottile strato di licopodio, che 
naturalmente si attaccava sulla parete appan- 
nata. Così fu esperimentato sul quarzo. Le 
curve isoterme, fig. 559 a, sulla faccia (11 a) sono 
elissi, suUa faccia (iii) fig. 559 ò) sono cerchi, 

poiché le isoterme sono per il quarzo elissoidi di rivoluzione. 

Come 'si e detto per la conduttività elettrica, vale anche per la 




Proprietà magneto-eleUro-Urmùlu 



conduttività termica il principio che da essa risultano individuati 
S gruppi di cristalli: 

IO i cristalli del monometrico, isotropi; 

2" i cristalli del dimetrìco, trigonale ed esa- 
gonale con un asse di isotropia ; 

3" i crbtalli del trimelrico, monoclino e 
triclino con tre direzioni e tre coe£Scienti princi- 
pali di conduttività, i quali cadono rispettiva- 
mente nelle tre direzioni fondamentali del cristallo, 
se è trimetrico; 

4° i cristalli del monoclino con una sola 
di esse in una direzione fondamentale del cri- 
stallo; 

S" i cristalli del triclino in cui nessuna di 
esse cade nelle zone fondamentali del cristallo. 




Cristalli di rame e = 55 

■ di salgemma e — 0.6 

1 di calcite e, = 0.576 

I di quarzo e, = 1.57Ó 



■, =. 0.47G 
i = P-957 



91. Dewtazione termica. Depobuazione omogenea. — S 
dimostra facilmente che in ogni cristallo esistono tre direzioni orto- 
gonali X, y, z, fig. 560, alle quali corrispondono tre coe^ctenti di di- 




314 Capitolo nono 



lutazione lineare principali ai. «j, «3, tali, che a dilatazione avvenuta, 
rimangono nella loro posizione originale, senza variazione di angoli. 
«1, «a, «8 si riferiscono a temperatura unitaria (i^C). Ogni altra dire- 
zione in generale, a dilatazione avvenuta, subisce un leggero spo- 
stamento p. es. da r a p, di guisa che una sfera di raggio i, fig. 560, 
immaginata nel cristallo, a dilatazione avvenuta, diviene in generale 
un elissoide, i cui semiassi in ;r, y, ^ sono rispettivamente 

A^ = I -h ai ^ 

A^= I +oi^t} 83) 

A^= 1 -{- (x^t 

essendo t Taumento di temperatura. 
Posto p = I + p ^; 

per luia direzione data originaria r avente le coordinate x, y, z, le 
coordinate di p sono 

^ = ^(i-faiO, fi ='y (^ + OL^t), ?; = ^(i -fa,/). 84) 

D'altra parte detto <p, t|i, 6 gU angoli che r fa rispettivamente 
con le direzioni x, y, z si ha facilmente 

P = ai cos* cp + a, cos* ^p + 03 cos* 6. 85) 

La dilatazione cubica è 

Y = ai + a» -f a, 86) 
ovvero ancora 

Y = Pi + P2 + P3 • 87) 

essendo p^, ^j, ps i coefl&cienti di dilatazione secondo tre direzioni 
ortogonali qualsiasi. 

Sia Fq il volume iniziale e F il volume finale a dilatazione avve- 
nuta in seguito ad uniforme alzamento della temperatura di /«; 
si intende per y il coefficiente che soddisfa alla relazione 

Y = Fo (I + yO- 

Consideriamo i tre spigoli fondamentali del cristallo x, y, z, fig. 561 
(confronta con fig. 11); la faccia unitaria determina su x,y,z \ para- 
metri fondamentali OA = a, OB = 6, OC — e. 

Una faccia qualsiasi A' B' C taglia sui medesimi spigoli i seg- 
menti parametrici 

0/1' = a', OB'=-b\ OC = c\ 



Proprietà tnagneio-eleUro-termicke 



315 



i cui indici sono h, k, l essendo 



a b e 
h: k: l = —- : — r : — . 
a' b' C 



Posto ai, Oa* ocg i coefficienti di dilatazione nelle rispettive direzioni 
Xy y, z, in luogo di a, b, e, scriveremo 

a (i -f ai 0» 6 (i + a2 0» e (1 -{- ai^ /), 




Fig. 561. 

I 

essendo t Taumento uniforme della temperatura; e analogamente in 
luogo di a', b\ e' si scriverà 

«' (I + ai 0. &' (I + ot ^, e' (i + as <); 

e allora gli indici della data faccia^ ' J5' C divengono dopo l'aumento 
della temperatura / 



h'ik'it' = 



^ (I + «1 b(l +OLt i) C(l +QCg^) __ 

a' (I + ai * ft' (I 4- «a ' C (i + a, ^) ^ ' ^ 



ossia: 

G/i indici delle facce di un cristallo non si modificano con la 
dilatazione termica uniforme. 

I4SL dilatazione termica' uniforme non è che un caso speciale 
della deformazione omogenea, la quale si ottiene esercitando sulla 
super fice del cristallo una pressione eguale in tutti i pimti. 



3i6 Capitolo nono 



Per rispetto alla dilatazione termica unifomie e in generale 
alla deformazione omogenea i cristalH si distinguono in cinque gruppi: 

1° Cristalli del monometrico che sono isotropi come i corpi 
amorfi. La sfera in essi tracciata rìm.ane sfera dopo la deformazione. 

2<> Cristalli del dimetrico, trigonale ed esagonale, con un asse 
di isotropia termica, che cade nell'asse principale di simmetria del 
cristallo. Vi si distinguono due indici principali di dDatazióne oco 
nella direzione dell'asse, «i in ogni direzione ad esso normale. 

30 Cristalli a tre assi di dilatazione principali ai > «j > Os- 
Una sfera dopo la dilatazione di\dene un elissoide a tre assi. Questi 
assi coincidono con le tre zone fondamentali del cristallo, qaando 
è trimetrico. 

40 Cristalli a tre assi come sopra, in cui uno solo degU assi 
dell 'elissoide coincide con una zona fbndamentale del cristallo, se 
è monoclino. 

5» Ovvero nessuno dei tre assi coincide con una zona fonda- 
mentale del cristallo se è triclino. 

Esempi. 

Cristalli del sistema monometrico. 





a 


X IO» 






a X IO» 


Diamante C 




60 Salgemma 


NaG 


3^5^ 


Blenda ZnS 




619 Sil\dnaKa 
Fluorite CaF, 




3597 
1796 


Pirite Fé S, 




842 Boracite 






0323 


Cristalli del sistema 


trigonale. 










ih 


all'asse di isotropia 
OL^ X IO» 




1 


all'asse di isotropia 
ai X IO» 


Quarzo Si Oj 




781 






I419 


Calcite Ca C O3 




2621 






540 


Tormalina 




905 






379 


Bismuto Bi 




I62I 






1208 


Antimonio Sb 




1692 






882 


Cimiabro Hg S 




2147 






179I 


Zaffiro Al, O, 




0619 






543 


Ematite Fé, O, 




829 






836 


Dolomite Mg Ca 


CO, 


2060 






415 



Proprietà tnagneto-elettro-termicke 317 



Cristalli del sistema 


dimetrico. 




ao X IO» 


Rutilò Ti Oa 


919 


Zircone Zr Si 0^ 


443 


Anatasio Ti 0, 


819 


Cassiterite Sn 0, 


392 


Vesuviana 


— 740 



Xi X IO» 

♦ 714 

233 
464 

321 

839 

Cristalli del sistema esagonale. 

ao X io« ^ ai X IO» 

lodite AgJ —397 +65 

Berillo — 106 +137 

Emerge da questi dati che se i cristalli, nella massima parte, 
aumentano di volume con la temperatura, ve ne sono di quelli che 
si contraggono, come accade per la jodite, la quale per ogni grado 
di temperatura perde 0.00000267 del suo volume. 

Cristalli del sistema trimetrico. 

ai X 10^ 
Aragonite Ca CO3 3460 

Crisoberillo 0602 

Topazio Alj Si Fj O^ 592 

Solfo SJ 2144 

I cristalU del IV gruppo, come si è detto, hanno una sola dire- 
zione principale termica, che coincide con una sola zona fondamen- 
tale del cristallo che è appunto la zona [010]. 

Cristalli del sistema monoclino. 

oLi X IO», aa X IO», a» X IO» 
Ortoclasio ' 1905 — 0203 —01 51 aj A [100] = 71» 14 

Gesso 4163 2933 0157 og A [100] = 470 V4 

I cristalli dal punto di vista termico sono positivi o negativi. 
Per esempio il quarzo è negativo perchè ao < ai come la vesuviana. 
All'incontro la calcite, la dolomite, lo zircone, il rutilo ecc. sono 
positivi perchè a© > ai- Con analogo criterio, come per il carattere 
ottico, si giudica del carattere termico dei cristaUi a 3 assi principali, 
di dilatazione, e cosi pure della dispersioìie termica. 

92. Relazione fra dilatazione termica e angoli. — Tutti i 
cristaUi, tranne quelli del monometrico, subiscono variazioni di 



a^ X IO» 


CL3 X IO» 


1710 


1016 


0601 


0516 


414 


484 


8604 


7138 



3i8 



Capitolo nono 



angoli fra le facce in seguito ad aumento o diminuzione di tempe- 
ratura. Per semplicità di calcolo sia riferito il cristallo à tre dire- 
zioni Xt y, z, fig. 562, che coincidano con le tre direzioni principali 
termiche del cristallo A^» A^, A^ ove si computano le dilatazioni ai, 




Fig. 562. 



«2* ««• Sia ABC una faccia del cristallo, la cui normale N fa con x, 
y, zi rispettivi angoli 9, v|^, ; siano A<p, Av|^. A6 i rispettivi aumenti 
in seguito all'aumento t della temperatura. Con una facile operazione 
e trasformazione si ottengono le seguenti espressioni: 



A<p == cotg 9 jcos* 4^ M2 — ^1) + cos* 6 (^a — A^\ 
Avj^ = cotg 4» |cos* 6 (^3 — Aij -\- cos*(p (^1 — ^^,)| 
AÓ = cotg 6 jcos» 9 (^1 — A^ 4- cos» (]) (^2 — ^tì\ 

essendo ^1=1+ (x.^4, ^4, = i -f- oc, /, ^j :ì= i -f a, ^ 



89) 



Siano ora date due facce del cristallo con i rispettivi angoli 
<Pi» ^1» 01 ^ 92. 4**' ^2 • ^^ guisa che l'angolo -^ fra essi sia dato da 

cos 5( = cos 9i cos 92 4- cos 4*1 cos ^^ + cos Oj cos 6,. 

Posto V l'aumento di 5( in seguito all'aumento t della temperatura, 
avremo facilmente 



V sen )^ = i4i |2 cos 91 cos 9, 
+ i4 j ( 2 cos (j^i cos i|>2 
-f i4 j j 2 cos 01 cos 02 



(cos* 9i -f cos* 9j) cos yy 
(cos* vj^i 4- cos* 412) cos )r I 
(cos* 01 -f cos* 0j) cosyj 



Proprietà magne to^elettro- termiche 319 

Per i cristalli del trigonale, dimetrico ed esagonale, con un asse di 
isotropia, ove A^ = A^, at'remo 

V sen -^ = (Ax — A^ [2 cos 9^ cos cpj — {cos* 9^ -fcos* 92) cos )^|. 89) 

Per i cristalli del monometrico vi è ancora A^ — A^^ quindi 

V = o; 

come era da prevedersi. 

Le facce fondamentali della calcite, facce di sfaldatura, fanno 
angoli eguali con A-^\ per esse è 9^ == 9, = <p, onde 

V sen X = 2 cos^ 9 {A^ — A^ (i — cos^) 90) 

ossia * ^ 

V = 2cos«9(^i — ^2)tag— X- 91) 

Fra due facce di sfaldatura è x = 75** circa e quindi tag — x = 0.767. 
Da qui risulta 

V = — 0.00243 ossia V = 503" = — 8'. 23". 

Questo è precisamente l'angolo misurato da Mitscherlich. Da esso 
risulta , 

A^ — A^ — 0.0000342. 

93. Apparecchi per misurare i.e dii^atazioni terahche. — 
I metodi per queste misure sono quelli di Fizeau e di Fedorow. L'ap- 
parecchio di Fizeau è relativamente semplice. Una lente L piano- 
convessa, fig. 563, riposa su tre \\\x calanti e passanti per una piastra 
cilindrica metallica robusta M, Con le \iti calanti si può portare la 
superfice piana della lente in parallelo cori la faccia piana e levigata 
della piastra metallica. Fra le due facce parallele, del cristallo Cf 
e della lente LL vi è uno strato d'aria. I raggi luminosi 7 prove- 
nienti da una sorgente monocromatica posta all'infuori e a distanza, 
incidenti quasi normalmente al cristallo, attraversano la lente nel- 
l'incidenza e nella riflessione R. I raggi riflessi sulla faccia del cri- 
stallo e quelli sulla faccia piana della lente, avendo un ritardo gli 
uni per rispetto agli altri, interferiscono e generano delle frange di 
Newton oscure e chiare. Col riscaldamento lo strato di aria diminuisce 
o aumenta di spessore secondo che si dilatano più le \iti calanti o 
più il cristallo. Nel primo caso le frange di interferenza si sposte- 
rarmo verso lo spessore maggiore, e nel caso inverso si sposteranno 



nel senso opposto. Pei ogni passaggio dì frangia lo spessore aumenta 
o diminuisce di 14 X (X lunghezza d'onda). Sia A^ il coefficiente di 



dilatazione delle viti, A quello del cristallo, A'g il numero di frange 
attraversanti ima mira fissa, / lo spessore del cristallo, i, l'altezza 
delle riti, avremo la relazione 



Con lo stesso metodo si può determinare la costante A^. Infatti 
posto in luogo del cristallo un cubetto dello stesso metallo di cui scmo 
costruite le \'iti, s 



-V y = Co - ') --ffl ■ 93) 

Fedorow è partito da un princìpio affatto diverso non meno 
esatto e non meno elegante. Egli copre la faccia del cristallo di un 
sottile strato di un metallo prezioso, sui quale sia indso un retico- 
lato di diffrazione. Con la dìlataiione del cristallo, avviene lo spo- 
stamento dello spettro di diffrazione, e si ha con ciò un elcanento 
per calcolare la dilatazione rispettiva secondo due direzioni piìncì' 
pali sulla faccia del cristallo in esame. 

94. PmoELETTRiaTÀ. FiEzoELETTRlClTÀ. — I,a polarità elet- 
trica che sì manifesta in un cristallo, abbassandosi o alzandosi uni- 
formemente la temperatura, è detta da Brewster piroeUttriciià. 



Proprietà magneto-eteltro-termiche 



Essa fu notata da commerdanti olandesi (1707) al principio del 
18' secolo su cristaUi di tormalina piovenìenti dall'isola di Ceylon. 
Aepinus fin dal 1756 ne riconobbe la natura, e Canton (1759}, Berg- 
mann, Hauy. Becquerel, Hanke), Kundt, Gaugain (1859-63), Thomson 
(1860), Curie (i88r), Rieclte (1886) ne fiaaarono le leggi. La tonnalina 
cristallizza nel sistema ti^onale, classe pìramldale-ditrigonale, 
%. 171, pag. 106, avente un asse di simmetria polare come carat- 
tere fondamentale per il fenomeno che ci riarda. Nella fig. 564 è • 
riprodotta l'effige della fig. 171 con le forme |iooj, jiooj, jLilt, 
Jioil, jiia), jlll), dalle quali risalta il carat- 
tere polare del cristallo, cioè le due termina- 1 
zioni diverse. Lo sviluppo maggiore assume la 
zona verticale [in]. 

Col riscaldamento una estremità della tor- 
malina si carica di elettricità positiva, l'altra 
di negativa; col rafirreddamento la polarità si 
' inverte. Aepinus, avendo notato questo feno- 
meno, chiamò estremità analoga quella che ai 
copre di elettricità positiva col riscaldamento, 
e antiloga l'altra. La regione neutra separa le 
due. La polarità elettrica risiede nella sostanza, 
non solo nell'intero cristallo, ossia ogni più 
piccolo frammento di esso è polare come Ìl 
tutto, nella stessa guisa come è magnete com- 
pleto una piccolissima parte di esso, 

Hauy (1791) rilevò il l^ame intimo tra ^~ 

il fenomeno della piroelettricità e la simme- ^"- s*«- 

tria emimorfa dei cristaUi di tormalina, e 

affermò essere condizione necessaria dell'eccitamento piroeletttico 
di un cristallo l'esistenza di un asse di sinunetria polare. Le osserva- 
zioni di Hankel scossero un poco l'afEennazione di Hauy, poiché la 
piroelettricità polare ha sede anche in cristalli non aventi siffatta 
simmetria. 

Il procedimento di Kund, pratico ed elementare è adatto per 
Io studio del fenomeno piroelettrico. Esso consìste nello spolverizzare 
il cristallo di minio e solfo, mentre è in via di raffreddarsi o anche 
dì riscaldarsi. Portato il cristallo a temperatura elevata in una stufa 
bene custodita, levato quindi dalla stufa e perciò in via di ratfred- 
damento, lo si spolverizza con una miscela dì mìnio e solfo fatta pas- 
sare attraverso una mussolina tesa. Dato iì contatto fra la miscela 
e la mussolina, ìl minio si carica di elettricità positiva e sì deposita 
sulla regione negativa del cristallo che perciò è analoga; il solfo si 
carica di elettricità negativa e si deposita sulla regione positiva del 

31 — e. VlOL*. 



322 , Capitolo nono 



cristallo che perciò è aniiloga. La regione neutra rimane nuda^, vedi 
fig. 564. 

Gaugain (1856) sperimentò sui cristalli di tormalina e pervenne 
ai seguenti risultati: 

IO Allacciando più cristalli di tormalina in batteria ossia 
in modo che un filo di rame comunichi con tutti i poU analoghi e un 
secondo comunichi con tutti i poli antiloghi, la quantità elettrica 
che se ne ottiene è la somma delle elettricità, che si ricavano dai sin- 
goli cristalli. Il potenziale rimane lo stesso. 

20 Allacciando i poli analoghi successivamente con gli anti- 
loghi il potenziale è la somma dei potenziali, che danno i singoli 
cristalli, ma la quantità elettrica è la stessa. 

3<> La quantità elettrica di un cristallo è proporzionale alla 
sua sezione trasversale, ed indipendente dalla sua lunghezza. 

40 La quantità elettrica è . indipendente dal tempo necessario 
per raggiungere una data variazione di temperatura. 

50 La quantità elettrica dipende dalla variazione di tempera-* 
tura, aumento o diminuzione. 

Le nuove esperienze di Riecke (1886) dimostrano che il fenomeno 
della piroelettricità si spiega con la teoria di W. Thomson (Lord 
Kelvin). 

Kelvin suppone che le particelle elementari della tormalina 
abbiano una polarizzazione permanente nella direzione dell'asse 
ternario, come un magnete, e che siano cariche ciascuna di elet- 
tricità positiva e negativa. Ma a differenza dei comuni dielettrici, 
le molecole della tormalina e di tutti i cristalli emimorfi (25)* sono 
orientate in una direzione. Si può dunque riconoscere nella tormalina 
un corpo elettrico permanente, avente siffatta proprietà in virtù della 
sua struttura, dove che all'incontro il magnete l'acquista in seguito 
a speciale trattamento. Nell'interno del cristallo emimorfo, le due 
elettricità si elidono ; .esse rimangono isolate nella superficie, dando 
l'apparenza come se l'elettricità fosse limitata nelle regioni estreme 
da dove l'elettricità si espande nel campo elettrico. Per spiegarsi 
che il potenziale, ossia la differenza di potenziale, si affenna durante 
il riscaldamento o raffreddamento del cristallo, è necessario rilevare 
che il potenziale è funzione della temperatura, e che anche la con- 
duttività estema varia con la temperatura. Questa e quella possono 
elidersi completamente; da qui la necessità di alzare o di abbassare 
la temperatura per far predominare la differenza di potenziale suUa 
conduttività superficiale. Riecke infatti dimostrò che la tormalina 
può rimanere polare a temperatura costante ; egli sospese* un ago 
di tormalina ad un filo di seta sotto una campana, ove si poteva 
ottenere il vuoto ed eliminare il pohiscolo dell'atmosfera, vale a 
dire eliminare le cause della condutti\ità. 



Proprietà magneto-eUttro-lertmche 313 

Un cristallo di tonnalina alzato di 1° C. sopra la sua temperatura 
ordinaria, accumula 1,22 unità elettriche assolute pei (^ni età* di area 
trasversale, essendo unità elettrica (e g s) quella che esercita sopra 
ima sua eguale alla distanza dì i cm la forza dì una dine nel \'uoto. 



Come si è detto al pari delia tormalina si comportano nella va- 
e di temperatura tutti i cristalli emimorti (25), quali il solfato 
di litio (LijSOJ, lo zucchero di canna (Cj, H„ Oi,) ecc. del sbtema 
monoclino, la calamina [(Zn O H), Sì O,}, la Bertrandite [H, Be^ 
Si, O,], la prehnite [H, Ca» Alj (Si Ojjj], l'acido picrico [C, I^ (NO,), 
O] ecc. del sistema trimetrico, la pentaeritrite [Cj^ H|, Oj) del si- 
stema dimetrico, il solfato litio-potassico [K Ij SO,] ecc. del sistema 
esagonale. 




Jjù fig. 565 rappresenta un cristallo di saccarose [Ci, H„ O,,] 
{zucchero di canna), con i due poli positivo e negativo, l'uno coperto 
di minici l'altro di solfo, l'uno analogo l'altro antilogo. Con lo stesso 
processo di Kund è messa in evidenza la polarità piroelettrica posi- 
tiva e negatì\-a in un cristallo di emimorfite (calamina), di cui la 
fig' 5^^ ^ ci» un'effige. Confronta con la fig. 108 e fig, 362. 

Un cristallo di acido picrico' è effigiato nella fig. ^(-j con la patina 



Capilolo 



di minio nell'estremità superiore, e con il solfo nella inferiore, quella 
perciò analoga e questa antiloga. 

Slentre i cristalli ora considerati divengono polari quando siano 
portati a una temperatura più alta o più bassa, ancora nel limitato 
caso che la temperatura sia uniforme, vi sono all'opposto cristalli 
che divengono piroelettrici benché non siano emimorfi: ma siffatti 
cristalli per divenire elettro-polari devono subire una variazione 
di temperatura non uniforme, mentre i cristalli precedenti divengono 




polari benché la variazione della temperatura aia uniforme. A sif- 
fatti cristalli appartengono p. e. il quarto, la sfalerite. il clorato 
sodico, la boracite, il diamante, lo smeraldo, la vesuviana, il topazio, 
la diopside, il gesso. 

I<e elettricità positiva e negativa nel quarzo sono distribuite 
come nella fig. 568. Conformemente alla loro simm.etria sì polariz- 
zano la boracite come p. e. nella ^. 569, il clorato sodico come p. e. 
nella fig. 570; confronta con le fig. 355 e 356, 

I cristalli qui citati non emimorfi, ma privi di centro, clie rice- 
vono la polarità elettrica in virtù di una variazione non uniforme della 
temperatura, non possono bene paragonarsi ai cristalli piroelettrici 
emimorfi, poiché questo fenomeno in essi può spiegarsi con le ten- 
sioni che in essi si sviluppano appunto in seguito a riscaldamento 
non uniforme, e con la conseguente dilatazione o contrazione irre- 
golare. Onde bene osservò il Voigt che qui trattasi di piroelettricità 
falsa o di pira -pitiodittricUà. 

J. e P. Curie osservarono (1880) che col variare non uniforme- 
mente la pressione su un cristallo dielettrico, questo si carica di 
elettricità. Quando il cristallo riprende la sua forma iniziale la pola- 
rità elettrica si inverte. Per mezzo della compressione nella dire- 



Proprietà inagneto-eUttro-tenniche 



325 



zione dell'asse principale di simmetria il polo antilogo della torma- 
lina si copre di elettricità positiva, l'analogo di negativa; Tantilogo 
è precisamente l'estremità del cristallo, che si copre di elettricità 
positiva durante il rafiEreddamento. Siffatto fenomeno fu detto da 
Curie piezoelettriciid. 

Per constatare in un cristallo la piezoelettricità si può valersi 
del metodo di Kund come per la piroelettricità. Ecco il metodo dei 
Curie per misurare la quantità elettrica. 

S S\ fig. 571, è un elettrometro sensibile a quadranti di Thomson- 
Mascart. Cr il cristallo in esame tagliato a forma di p^allelopipedo, 
due delle facce parallele sono coperte di stagnola ^ e B. C è un con- 
densatore, la cui capacità è nota C. D è una pila Danieli. 

Poniamo ristrumento a vuoto, vale a dire, i quadranti S S 
in comunicazione con un polo della pila, l'altro polo è a terra; di 




fini A 



•ft%t« 



Fig, 571. 



più essi sono in contatto con la stagnola B del cristallo ; la stagnola A 
è a terra; inoltre l'armatura del' condensatore è in contatto coiiB, 
l'altra è a terra. Stando cosi le cose, l'elettrometro avrà una devia- 
zione corrispondente al potenziale di D. Ma appena si comprime il 
cristallo Cr con il peso P, da regolarsi a piacere, la deviazione dell'ago 
diminuirà fino a divenire nulla. Ciò a\'venendo l'armatura B e quella 
C del condensatore e il quadrante 5 sono allo stesso potenziale della 
pila Danieli. Posto m la quantità di elettricità accumulata in S, B e 
C si avrà 

w = (C + e) D 



essendo appunto D il potenziale della pila Danieli e e la capacità 
elettrica del complesso B, S e filo conduttore. Si ripete l'osser- 
vazione togliendo il condensatore C. Per portare l'ago dell*elèttro- 
m,etro di nuovo a zero, occorrerà esercitare la pressione P' sul cri- 
stallo; allora detto w' la quantità di elettricità accumulata, si avrà 

w' = cD. 



326 Capitolo ftofio 

La differenza P — P' è la pressione necessaria per caricare la sta- 
gnola B della quantità elettrica 

m — ni' = C D 

e per avere il potenziale D. 

La quantità elettrica accumulata sulla base di un cristallo di 
tormalina è proporzionale alla differenza di pressione wt == ;r P. 
Variando p. e. la pressione di una dine sul cm* si ottiene x = 5,4 x io-* 
unità elettrostatiche (C G 5). Tra la compressione o dilatazione, il 
riscaldamento, la polarità elettrica esistono relazioni di reciprocità. 
Se ad esempio con la compressione si sviluppa nel cristallo polarità 
elettrica, un cristallo in un campo elettrico si comprime o si dilata 
secondo la sua posizione per rispetto al campo elettrico, e così via. 
Conviene consultare trattati speciali; vedi la letteratura al Capi- 
tolo IX, pag. 527. 



Proprietà magneto-elettro termiche 327 



LETTERATURA AL CAPITOLO IX. 



\V. VoiGT e A. Seli^a, Fisica cristallografica. Manuale Hoepli. Milano, 1904. 

W. VoiGT, Lehrbuch der Kristallphysik, 1910, 

W. Thomson, Brit. assoc. Rep., 1890. 

O. D. ChwoI/SON, Traiti de physique, tome III e IV, 1909-1910. 

Curie, « Journ. de phys. ». 1895, 3, 4; « Compt. R. », 116, 136, 1893. 

Curie e Chjèneveau, «Journ. de phys.», 4, 2, 1903; «Ann. de chini. 

et phys. », 1906, 8, 7. 
Langevan, a Ann. de chini, et phys. », 8, 5, 1905; «C. R. », 139» 1904» 

Vedi inoltre le numerose pubblicazioni sulla conduttività elettrica, 
termica, dilatazione omogenea, piro- e piezoelettricità, specialmente di 
De Sénarmont, Duhaniel, Stockes, Rontgen, lannetaz, Tyndall, W. Lon- 
giiinine, Dulong, Fizeau, Benoit, Scheel, Tutton, Ayres, Pulfrich, Pfaff, 
Fédorow, Kund, Blasius. Biirker, Brugnatelli, Curie, Friedel, Riecke, 
Kocb, ecc. 



CAPITOLO X 



Trasformazioni. 



9S. Discontinuità. — Posto il concetto che lo stato di un corpo 
è in generale dato dalle sue proprietà in funzione della temperatura. 
deUa pressione e di altre variabili indipendenti, la variazione di stato 
può essere continua o discontinua. Un cambiamento di stato a cui 
può andare soggetta una sostanza, entra specialmente nell'ambito 
della cristallografìa, se il cambiamento avviene in modo discon* 
tinuo (I). Gli stati co$i ottenuti si dicono modificazioni, e il passaggio 
discontinuo si dice trasformazione (5). Per la cristallografia sono im- 
portanti le trasformazioni tendenti alla formazione di stati aniso- 
tropi (stati cristallini) omogenei (5) da stati amorfi, soUdi, Uquidi, 
vapori, stati cristallini stessi. 




A p. k 



Fig. 572. 



Esempi. Il passaggio da acqua a ghiaccio o viceversa è una tra- 
sformazione ossia un cambiamento brusco di stato; cosi pUre è una 
trasformazione il passaggio da solfo monoclino a solfo trìmetrico o 
viceversa. Gli stati continui o discontinui sono rappresentabili gra- 
ficamente nel piano o nello spazio secondo il numero delle variabili 



Trasformazioni 329 

indipendenti disponibili ; ed una sifEatta rappresentazione grafica tUii- 
mina e talvolta semplifica il problema. Se lo stato è determinato da 
due variabili, si assume nel piano un sistema di coordinate ortogonali, 
su una delle quali si portano le temperature (/), sull'altra le pressioni 
(p). Allora ogni punto nel piano, per t e p dati, fig. 572, è l'effige di 

vmo stato. I punti My, M^, 5, sono rappresentanti di stati per 

^ P\> U Pt* h Pz ^ avviene una trasformazione, questa sarà 

rappresentata da una linea SS, nei punti della quale, come p. e. 
il punto vS, con i^ e />,, due modificazioni sono- possibili.. Iva linea di 
trasformazione SS divide allora il piano in due regioni, in una delle 
quali ha luogo una certa modificazione, come M^, e nell'altra una 
seconda, come M^ nella fig. 572. Se una modificazione si trovi nella 
regione dell'altra essa è instabile o metastabile e può essere ricondotta 
facilmente nella prima regione. . 

96. Definizioni. Poi^rMORFiA. — Ix) stato di gi\s è individuato 
dalle sue molecole, e massime se il gas è diluito, è determinato dalle 
leggi Boyle-Gay-Ivussac-Avogadro (2). Anche le sostanze disciolte 
in solventi molto diluiti sono individuate come i gas e seguono le 
stesse leggi. I gas e le soluzioni sono dunque determinate da quantità 
scalari. Per la conoscenza completa di un cristallo è all'incontro 
necessaria la sua struttura; e le quantità che lo determinano àono 
direttive oltre che scalari (5). Le strutture dei cristalli sono state og- 
getto di nimierosi studi teorici, in base ai quali è risultato definiti- 
vamente che 230 strutture differenti (16) sono possibiU nello stato 
anisotropo. Ma questi studi sono stati fruttuosi solo in seguito ad 
esperienze dirette sulla struttura di parecchie sostanze con i raggi 
Rontgen, come il diamante, la pirite, la blenda, il salgenmia ecc. 
Le esperienze condotte da Bragg e da Lane (16) hanno permesso a 
Lane di concludere nel modo seguente: la struttura di un cristallo 
consiste di un numero finito di reticolati identici, o sistemi punteggiati, 
compenetrantisi parallelamente, ciascuno dei quali è sede di atomi ri- 
spettivamente eguali (16), vedi fig. 14, pag. 27 (Groth). 

Con ciò possiamo figurarci che il passaggio brusco da amorfo 
a cristallino a\'venga per ravvicinamento delle molecole dello stato 
amorfo in modo tale che con la nuova associazione e l'ordinamento 
secondo una struttyira determinata sparisca l'individualità molecolare, 
e le vere imita indi\iduali si trasferiscano negli atomi chimici. Più 
precisamente le molecole intese nel senso dei gas, delle soluzioni, degli 
stati amorfi in genere, dei colloidi ecc. non ci sono nei cristalU. In 
un cristallo esistono p. e. gli atomi di potassio (K), di solfo (S), di 
ossigeno (O), ma non esistono propriamente le molecole nella forma 
Kj S O^, o K4 Sg Og ovvero Kg S4 Ojg ecc. Di più in un cristallo si 



330 Capitolo decimo 



conserva ima proprietà latente, quella di dar luogo alla formazione 
di molecole, appena vi sia aggiunta l'energia indispensabile per dis- 
solverlo, fonderlo, evaporarlo ed in generale per trasformarlo in uno 
stato amorfo qualsiasi. Nella trasformazione inversa la stessa quan- 
tità di energia viene liberata. 

Da queste contingenze emerge che la natura cliimico-fisica di 
mia sostanza da due fattori fondamentali è individuata, struttura 
ossia aggruppamento imiforme degli atomi omogenei ed eterogenei 
neiredificio .cristallino, e proprietà molecolare nello stato amorfo. 
Nel passaggio brusco da amorfo a cristallino un fenomeno importan- 
tissimo può effettuarsi, cioè che le stesse molecole individuanti lo 
stato amorfo della sostanza, generino due o più stati fisici individuati 
dalla struttura cristallina. Ossia uniche molecole per grandezza, forma 
e contenuto individuanti lo stato amorfo di un corpo possono dar luogo 
a due più stati fisici individuati dalla struttura. Questo è il fenomeno 
della polimorfia (polimorfismo). 

Gli isomeri diversi fra loro per le loro molecole e proprietà fisiche 
nello stato amorto, sono anche diversi nello stato cristallizzato. Ma 
non è escluso che un isomero non abbia modificazioni polimorfe, come 
è p. e. il caso degli alogeno- e nitro-derivati del benzolo. 

97. Proprietà chimiche delle modificazioni polimorfe. — 
Poca o quasi nessuna differenza chimica vemie constatata nelle varie 
modificazioni polimorfe di una sostanza; ciò sta in rapporto con 'la 
definizione stessa. Le differenze che talvolta vi si sono osservate, 
derivano dalla maggiore o minore stabilità dei singoli stati, come si 
trae dalla conoscenza di alcuni casi particolari. Il carbonio puro cri- 
stallizza nella forma del diamante, fig. 326 e 327, e in quella della 
grafite (trigonale), della prima delle quali modificazioni si conosce la 
struttura per merito delle esperienze del Bragg, dell'altra la si sup- 
pone per considerazioni teoriche. Una differenza chimica notevole 
non esiste fr^ queste due modificazioni. È noto nondimeno che la 
prima si ossida facilmente nell'ossigeno puro dando CO,, la seconda 
si ossida appena in un miscuglio di KCIO^ e HNOj dando acido grafi- 
tico. Ma questa maggiore o minore facilità di ossidarsi può stare in 
relazione con la minore o maggiore stabilità allo stato cristallino. La 
grafite è stabile, il diimiante è instabile. 

Le due modificazioni palesi dell'anidride silicica. Si O,, il quarzo 
più stabile alla temperatura e pressione ordinaria, la tridimite meno 
stabile, si distinguono chimicamente solo in quanto quello è più fa- 
cilmente attaccabile di questo dall'acido fluoridrico, dagli alcali e dai 
carbonati alcalini. 

Il silicato alluminico della formola Al, Si O5 cristallizza nella 



Trasforma ziof li 33 1 

forma meno stabile deirandalusite (trimetrico) e in quella più sta- 
bile del disteno, fig. 55; quella è più facile a disgregarsi di questa. 
Anzi per questa ragione si è creduto (Groth) di vedere nell'andalusite 
un ortosilicato Si O4 . Al (AIO) e nel disteno un metasilicato Si O3. 
[Al O], più stabile come tutti i metasilicati [Mg Si O3] in confronto 
degli ortosilicati [Mgj Si O4I. Ma è più giusto forse ritenere queste 
due modificazioni come polimorfe, anziché isomere, essendo compren- 
sibile che la forma meno stabile sia anche più facilmente disgregabile, 
e che entrambi si differenziano non per le molecole uniche nello stato 
amorfo, ma per le loro diverse strutture. Le due modificazioni del 
fosforo, rosso (più stabile) romboedrico, giallo (meno stabile) mono- 
metrico plastico, sono dal punto di vista chimico così diverse, che 
è impossibile non ascrivere questa diversità a una polimerizzazione 
della sostanza, come si può dire del loro vapore, almeno sotto 100° C. 
La stessa osservazione non si può fare circa le tre modificazioni 
dell'arsenico, As monometrico, As monoclino, As trigonale. 

Calcite, fig. 1 31-143, e aragonite, fig. 89, sono due modificazioni 
dimorfe del carbonato calcico, che nello stato amorfo ha il valore 
di Ca CO3. Meigen dimostrò che riscaldando l'aragonite, finamente 
polverizzata, con una soluzione diluita di nitrato cobaltico si produce 
immediatamente un precipitato violetto. Iva stessa reazione non si 
ottiene che dopo pareccliie ore, quando in luogo di aragonite si tratti 
nello stesso modo la calcite finamente polverizzata. Wyrouboff in- 
terpretò questo fenomeno ammettendo le particelle cristalline della 
calcite più resistenti, di quelle dell'aragonite, che si dissociano e rea- 
giscono immediatamente nella soluzione di nitrato cobaltico. Ma 
questo fenomeno e la spiegazione di esso data da W\Touboff non di- 
mostrano invero una qualsiasi diversità chimica delle due modifi- 
cazioni cristalline, provano all'incontro che l'aragonite è più insta- 
bile della calcite. Infatti la trasformazione ha luogo nel senso ara- 
gonite '-♦' -calcite. 

Fra le tre modificazioni dell'anidride titanica, che nello stato 
amorfo ha il valore di Ti Oj, cioè rutilo, fig. 200, anatasio, fig. 203, 
e Broockite, fig. 87 a, h, non vi è diversità notevole, onde devonsi 
ritenere modificazioni polimorfe. 

Si potrebbe così continuare, ma questi esempi sono sufficienti 
per affermare che bisogna far distinzione tra polimorfia ed isomeria, 
quella basata unicamente sulla struttura nello stato cristallizzato, questa 
sulla diversità delle molecole nello stato amorfo. 

98. Sunto storico dki< poumorpismo. — Già più di un secolo 
fa, appena si applicarono i metodi cristallografici nella ricerca dei 
composti chimici per fìssanìe le costanti fisiche, era generale il con- 



332 Capitolo decimo 



\iiiciinento, che uno stesso corpo chimico apparisse sotto lo stesso 
aspetto cristallino, e clie corpi di diversa natura chimica dimostras- 
sero diverso modo di cristallizzare. Ma Tidea concepita sotto il do- 
minio di poche osservazioni venne presto scossa da numerose scoperte 
e annientata dalla autorità di chimici eminenti. Questa legge detta di 
Hauy ebbe la più palese conferma dalle diuturne osservazioni fatte 
sui minerali, i quali apparivano sempre con le stesse costanti, benché 
generati in condizioni diversissime, per la qual cosa si veime a con- 
fermare la legge generale della costanza degli angoli nei cristalli (11). 

La prima obbiezione a questa legge sorse dal fatto che Tarago- 
nite cristallizza in modo diverso dalla calcite. Le analisi di Klaproth 
(1788) assodarono che Varagonite è Ca COj come la calcite; ma la 
controversia non scosse Hauy, benché altri thimid, come Théuard. 
Vauquelin ecc. confermassero i risultati di Klaproth. Invero Stre- 
me ver (181 3) rinvenne dello stronzio nell'aragonite ; fatto questo 
che messo in rapporto con la stronzianite (1794), fig. 92, avente le 
forme cristalline dell'aragonite, fìg. 89, sollevò il sospetto che la mi- 
nima quantità di stronzio nel carbonato calcico fosse capace a ricon- 
durre questo nella forma della stronzianite, e che diversamente il car- 
bonato di calcio è sempre calcite. Al tempo di Hauy, questa interpre- 
tazione del fenomeno poteva essere arbitraria e pacifica, ma oggi 
si conoscono varie sostanze con modificazioni stabili e instabiU; 
le instabili sono istantanee e persistono solo con certe impurità. Ti- 
pico a questo riguarào è l'esempio del clorato sodico (Na CI O3) che 
generalmente cristallizza nel monometrico, classe tetraedrica, fig. 355 
e 356, otticamente attiva, piro-piezoelettrica, fig. 570. Esso cristal- 
lizza inoltre nel monoclino, instabile ed è così istantaneo, che le sue 
costanti fìsiche non possono essere determinate. Ma questa seconda 
cristallizzazione del clorato sodico può divenire persistente, quando 
in essa come semplice impurità, sia introdotto del clorato potassico 
le cui proprietà fisiche e cristallografiche sono di una analogìa sor- 
prendente con quelle del clorato sodico nella forma instabile. 

Ritornando al carbonato calcico altre analisi intraprese da 
J. W. Dòbereiner (181 4), Meissener (181 5) ecc. misero fuori dubbio 
esservi aragoniti senza tracce di stronzio. Intanto Hauy e Berzelius 
(1808) osservarono che l'aragonite riscaldata fino al rosso cupo (45o<>) 
si disgrega. Haidinger (1827) spiegò questo fenomeno con l'ipotesi 
che l'aragonite cosi trattata divenisse calcite; Mitscherlich osservò 
(1831) lo stesso fenomeno nelle lave del Vesuvio, vale a dire dei cri- 
stalli di calcite nelle forme dell'aragonite {pseudofnorfosi'j. Rose 
{1832) fece la stessa osservazione, anzi notò di più Torientamento 
della calcite per rispetto a quello dell'aragonite, da aii essa ha origine. 
Intanto Mitscherlich (1821) ottenne prodotti purissimi cristallizzati 



Tras/ortnazioni 333 



in due modi diversi pur avendo la stessa composizione centesimale, 
e allora non era più il caso di discussione su questo fondamentale 
principio. Il primo prodotto ottenuto, in due modifìcazioni del tri- 
metrico fu il fosfato sodico Hj Na PO4 -f- aq. ; appresso fu la volta 
del solfo che naturalmente è trimetrico (fig. 86), ma che Mitscherlich 
(1823) ottenne nella modificazione Qionoclina/ fig. 62. Dippoi 
Mitscherlich fece conoscere (1833) il joduro mercurico (Hg Jj) 
in due modificazioni, rosso del di metrico e giallo del trimetrico. 
Altre numerose esperienze si aggiunsero a queste, onde Mitscherlich 
sostituì alla legge di Hauy la seguente : « Una sostanza costituita 
« dagli stessi elementi e nelle stesse proporzioni può assumere due di- 
verse « foime cristalline ». Il fenomeno definito in questa proposizione 
prese il nome di dimorfismo. Più tardi il termine di polimorfismo si 
riferi a più modificazioni di una medesima sostanza. Berzelius chiamò 
allotropici gli elementi chimici che, in causa della diversa quantità 
di energia in essi contenuta, assumono diverse proprietà chimiche, 
come p. e. il fosforo rosso e il fosforo bianco ecc. 

Con Frankenheim le esperienze si allargarono. Egli fu il primo 
a dimostrare che il cambiamento di stato di un corpo è in relazione 
con la temperatura e la pressione. Molti fatti indi veimero alla luce 
per opera di Lehmann, MaUard, WyroubofE ecc. Ancor più la tra- 
sformazione cristallina e il cambiamento di stato d'aggregazione ven- 
nero fra loro assimilati con i fenomeni di contrazione o di dilatazione 
consimio o cessione di calore loro comuni. Da questo paragone prese 
forza il supposto che la temperatura di trasfoimazione fosse sempre 
fissa per data pressione, benché varie eccezioni si verificassero. Ma 
all'incontro vari fatti eliminarono i dubbi, così p. e. le osservazioni 
di Gemez sulle due modificazioni del solfo trimetrico e solfo mono- 
elino. Gernez dimostrò che il solfo trimetrico può mantenersi bensì 
tale anche a temperatura superiore a quella di trasformazione in solfo 
monoclino, ed ancora che toccandolo con solfo monoclino immedia- 
tamente la trasformazione ha luogo cedendo calore, e concluse perciò 
che il solfo trimetrico sopra 950,6 C si trova in uno stato particolare 
che chiamò soprariscaldato cristallino, instabile, atto a infrangersi 
al più. piccolo urto. Altrettanto il fenomeno inverso : si può raffred- 
dare il solfo monoclino sotto a 950,6 C senza che si trasformi in solfo 
trimetrico; ma la trasformazione ha luogo immediatamente con con- 
sumo di calore nel contatto di quello con questo; perciò il solfo 
monocHno sotto a 950,6 si trova in uno stato particolare, instabile 
che Gernez chiamò soprafusione cristallina. Analogo fenomeno si ha 
nella trasformazione di acqua in ghiaccio. Lehmaim potè generaliz- 
zare questi fatti e concludere che la trasfoimazione avviene effettiva-- 
mente a temperatura fissa, per pressione data, purché ci sia il con- 



334 Capitolo decimo 



tatto fra le due modificazioni, e la temperatura vari lentamente vin- 
cendo gradatamente l'attrito interno. 

Tammaim dimostrò che la pressione è un fattore importante, 
che da sé sola esercita una influenza notevole sulla velocità di tra- 
sformazione ; egli operò con diverse pressioni e con diverse tempera- 
ture, e dimostrò che la velocità di trasformazione ha un massimo, 
come in certi casi ha anche un minimo, e che per conseguenza due 
modificazioni possono coesistere entro l'intervallo di due tempera- 
ture diverse. 

Per quanto riguarda la teoria del polimorfismo, oltre Hauy e 
Pasteur, diversi naturalisti come Geuther, Mallard, Lehm.ann, Groth, 
Doelter ecc. intesero nel fenomeno una isomeria e polimeria chimica, 
con l'ipotesi che la polimerizzazione avvenisse nella cristallizzazione, 
ammettendo perciò le molecole come individuaUtà del cristallo e 
diverse da quelle della sostanza nello stato amorfo. Il compilatore 
Groth, ultimo superstite di una teoria non dimostrabile, reclama ora 
un bricciolo di priorità dei fatti dimostrati da Lane, secondo i quali 
la sola possibilità è questa che l'individualità di una sostanza cristal- 
lizzata è deferita agli atomi (96) (97) (16). 

I^e varie supposizioni emesse in vari tempi circa le relazioni fra 
molecole allo stato isotropo e struttura, sinunetria o sistema nello 
stato anisotropo, non hanno finora avuto alcun esito. D'altronde le 
stesse molecole generano varie strutture con varie simmetrie appar- 
tenenti a diversi sistemi cristallini, non solo tenendo conto del poli- 
morfismo dimostrato nei corpi dotati di pseudosimmetrie e mimesie (30), 
vecchia teoria di Mallard. ma a tutti i corpi come suppose Wyrouboff . 
Non è quindi il momento di ricerca sul perchè di tale fenomeno, 
bastando per ora fermarsi sul come il fenomeno avviene e di quali 
elementi esso è funzione. Ricordiamo che Mark espresse l'idea essere 
possibile in ogni sostanza (sostanza precisata nello stato amorfo), 
tutte le 32 simmetrie, escluso naturalmente ogni caso in cui pressione 
e temperatura sono incompatibiU con l'esistenza del corpo allo stato 
cristaUizzato, ed avremo uno smisurato cam^x) di ricerche con nu- 
merose lacune da colmarsi. 

99. Modificazioni in generale, stabili k instabili. — Venne 
fatto di oSvServare (95) che una rappresentazione grafica del fenomeno 
di trasformazione integra la situazione data dalle esperienze e getta 
un cblpo d'occhio sulle varie circostanze che accompagnano le modi- 
ficazioni, e le eleva a un intero organico. Se la pressione p eia, tempe- 
ratura t determinano uno stato, la rappresentazione dei fenomeni 
si effettua sul piano con un sistema di coordinate ortogonali : la pres- 
sione p sulle ascisse, la temperatura / sulle ordinate indi\iduano un 
punto che è l'effige di uno stato (96), fig- 373- 



Trasformazioni 



135 



I punti di trasformazione sono sopra una curva, che si chiama 
linea o luogo di trasformazione. Questa (per acqua e ghiaccio nella 
fig- 573) divide il piano in due regioni I e II, nell'uno dei quali I è 
lo stato ghiaccio sempre stabile, nell'altro II è lo stato acqua. Appena 
i valori àìt^p sono tali che il punto trovasi suUa linea di trasforma- 
zione, due stati contemporaneamente sono possibili, acqua e ghiaccio. 
Due modificazioni siffatte stabili, ciascuna nella propria regione, 
sono reciprocamente riversibili, che è il carattere di stabilità per ogni 
specie di equilibrio, ovvero enantiotrope secondo Lehmami, poiché 
basta attraversare in qua o in là il luogo di trasformazione, variando 
opportunamente pressione e temperatura, perchè uno passi nell'altro 
stato o viceversa. Le modificazioni riversibili si possono indicare 



9t 



., -^0.0076* 




L (Jehycufèyjìo^ 



^6f»m. 



pre<3ion» 



h-Zt* 



iioò 



PÌK 573. 



con due frecce ^—^ p. e. acqua -<.ii*^ ghiaccio. Ma è nota anche l'ec- 
cezione, vale a dire si può abbassare la temperatura dell'acqua sotto 
il suo punto di trasformazione senza che essa si agghiacci, sempre 
che l'abbassamento avvenga con lentezza e senza scosse; questo fe- 
nomeno farebbe supporre un'eccezione alla regola, ma è noto all'in- 
contro che l'acqua in un tale stato si trova in equilibrio instabile ; 
infatti basta lasciare cadere nella detta acqua un cristallino di glùaccio, 
seme cristallino, perchè tutta l'acqua si agghiacci immediatamente, 
alzandosi la temperatura per cessione di calore; come, ad esempio 
si può capovolgere un pendolo nel suo punto di equiUbrio instabile, 
che alla prima scossa ritoma a oscillare in basso. Lo stato dell'acqua 
instabile si chiama anche acqua sopra/ usa. Si noti che mentre è pos- 
sibile condurre l'acqua instabile in ghiaccio (e il passaggio è imme- 
diato), la trasformazione inversa è impossibile. Siffatti stati sono re- 
ciprocamente irriversibili (o monotropi secondo Lehmann). Il do- 
minio dell'acqua allo stato instabile è punteggiato nella fig. 573; 
essa invade la regione di stabilità del ghiaccio, e può vaiiare secondo 
le circostanze. 



33^ Capitolo decimo 

Anche il solfo trimetrico (a-solfo) si trasfoima nel solfo mono- 
clino (^-solfo) a temperatura fissa 95<',6 C e pressione ordinaria. Le 
due modificazioni haiuio domini propri di stabilità separati da una 
linea, luogo di trasfoimazione, e perciò sono riversibili 

Ma anche per il solfo, si può ripetere lo stesso esperimento come per 
l'acqua ; si può invero riscaldare il solfo trimetrico oltre 95^,6 evitando 
la trasformazione in p-solfo, purché Toperazione sia lenta e in quiete 
perfetta. L'a-solfo così soprariscaldaio è in uno stato instabile, ossia nel 
. dominio di ^-salfo, perchè appena toccato con un cristallo di p-solfo, 
immediatamente passa in quest'ultimo. 

Si può del pari raffreddare il solfo monoclino sotto 95°, 6 evi- 
tando il passaggio in a-solfo (trimetrico) ; ma il solfo così soprafuso 
si tro'va in istato instabile, perchè passa in a-solfo col contatto di 
questo, o con brusche scosse. Non è mai possibile che il solfo di modi- 
ficazione stabile si iHverta direttamente in una modificazione instila 
bile avente con esso comune dominio. Ossia generalizzando: staio stabile 
^ e stato instabile di comune dominio sono irriversibili. 

Le eccezioni messe in evidenza per l'acqua e il solfo hanno sol- 
levato il sospetto se ogni trasformazione fra due modificazioni ri- 
versibili si compia semprie nello stesso luogo come graficamente è 
indicato nella fig. 573, e se questo luogo è determinabile. Si comprende 
che l'attrito interno si opponga al movimento molecolare, che perciò 
ritarda l'inizio della trasformazione e ne rallenta il compimento. 
Lehmann osserva però che mantenendo l'intimo contatto fra le due 
modificazioni rivei sibili, si ottiene sempre esattamente la curva di 
trasformazione, ma couxiene per l'esattezza fare variare lentamente 
temperatura e pressione. 

Oli stati instabili incontrati nelle modificazioni acqua-ghiaccio 
e a-solfo, p -solfo sono variazioni continue di stati stabiU ; ma \*i sono 
nelle cristallizzazioni stati instabili, dei quali non si conoscono o 
non esistono domini di stabilità, come sono alcune modificazioni 
istantanee del solfo. Se una distinzione fosse richiesta si potrebbero 
chiamare i primi metastabili che hanno sempre luogo per soprarìscal- 
d amento o per soprafusione ciistaUina, i secondi instabili assolala'' 
mente o semplicemente instabih. 

100. Modificazioni riversibii,!. — Se nell'effettuarsi una tra- 
sformazione si mette in libertà una certa quantità di calore Q, l'eguale 
viene assorbita o consumata, quando la trasformazione si in verte. 
Q è l'energia libera dello stato, o ccUore di trasformazione. La teoria 
meccanica del calore e l'esperienza dimostrano che la temperatura 



Trés/ormazicm 537 



(o punto) di trasfomiazione varia con la pressione. Posto T e p tem- 
peratura e pressione di una trasformazione fra due modificazioni 
river^bili, i cui volumi specifici siano m' e u, la variazione della tem- 
peratura A T e quella della pressione A P stanno nel rapporto 

ATT 

• 
secondo uno sviluppo di Clausius-Clape3n:on. 

La differenza u' — uè sempre piccolissima come A T. 

Alzandosi la temperatura, Q è positivo come calore assorbito; 
ed allora il rapporto AT: Ap è positivo se la trasformazione si compie 
con aumento di volume u' > u, è negativo nel caso opposto. 

Ritornando alla coppia ghiaccio-acqua, 'il passaggio da quello 

AT 
a questa avviene con contrazione di volume, m' < u; il rapporto -r— - 

LA P 

è dunque negativo, ossia alzandosi la pressione, la temperatura di 
trasformazione si abbassa, il glùaccio si disgela con la pressione. Pel 
caso della coppia ghiaccio e acqua, la f ormola precedente assume 
l'espressione 

Pi — p2 = 2,3 (log ti — log r,) -7^ 93) 

14 — ti 

essendo u' il volume del ghiaccio, u dell'acqua. Ti e T^ i punti di 
congelamento rispettivamente per le pressioni pie p^; u' e u essendo 
in litri. Pi e p^ in atmosfere, risulta Q in atmosfere-litri. Questa for- 
mola dà la variazione del punto di congelamento di — o<>.oo77 C 
per ogni atmosfera di aumento. 

Thomson trovò per abbassamento di 8.1 atm o<'.059 

16.8 » 00.129 

Nella fig. 574 sono delimitate le regioni di stabilità dell'acqua 
del vapore acqueo e delle modificazioni ghiaccio I, II e III. 

ha. curva di trasformazione fra le modificazioni acqua e ghiaccio I 
da i4 a D si abbassa aumentando la pressione da 4.6 mm. a 2200 atm. 
secondo i dati delle misure dirette. Nel punto A la trasformazione 
avviene alla temperatura di -f- 00.0076, nel punto D a — 220. Oltre- 
passato quest'ultimo punto si verifica la trasformazione dal ghiaccio 
I al ghiaccio III e dall'acqua al ghiaccio secondo il luogo DE, il 
quale si eleva aumentando la pressione. Talché se il ghiaccio I è 
capace di frantumare la roccia, perchè il volume aumen ta e perchè la 
roccia stessa resiste a pressioni inferiori di 2200 atm., invece se una 
roccia resistesse a pressioni elevate, la rottura sarebbe impossibile col 

* 22 — C. Viola. 



33» 



Castolo decimo 



ghiaccio nella modificazione III, che si liquefa. Esiste nel ghiaccio 
una modificazione II per elevate pressioni e bassissime temperature. 
Consideriamo in secondo luogo un corpo che possiede due modi- 
ficazioni stabili ben note, quale è p. es. il solfo. Le due modificazioni 
sono a-solfo trimetrico già veduto nelle fig. 83, 84, 85, 86 e p-solfo 
monoclino veduto nella fig. 62, quest'ultimo ottenuto da Mitscherlich.. 



■*-*.0f^ !— 




Fi% 574. 



Le costanti del primo sono: a = ^ = y ^ ^^' ^'^'- ^ = 0.8131 : i : 
11.9034; quelle del secondo: p = 840 14', a = y = 9^**; a: b:c = 
= 0.9957- i: 0.9998. 

Ps. del primo 2,037, del secondo 1.958. 

La fig. 575 dà la rappresentazione sul piano di 4 modificazioni 
del solfo, a-solfo, p-solfo, solfo fuso e solfo vapore per tutti i possi- 
bili valori di te p. Ciascuna di queste modificazioni ha la propria 
regione di stabilità ;' esse sono perciò fra di loro riversibili. Nella I 
regione delimitata dalle linee AG, GH e Hb è stabile l'a-solfo; nella 

II regione è stabile il ^-solfo, racchiusa nel triangolo GDH, Nella 

III regione è stabile il solfo fuso, delimitata dalle linee FDHb. In- 
fine fuori di AGDF è la regione IV della stabilità del solfo vapore. 
Si comprende allora che lungo la curva di trasformazione GH vi è 
requilibrio di contatto stabile fra a-solfo e ^-solfo ; lungo la curva DH 
l'equilibrio di contatto fra p-solfo e solfo fuso e cosi via. Nei punti 
G, D, H (punti tripli) tre modificazioni possono trovare equilibrio 
stabile di contatto conformemente la legge di Gibb (8), e cioè in G 
a-solfo, p-solfo e vapore, in D p-solfo, solfo fuso e vapore, in H a-solfo, 
P-solfo, solfo fuso. 

Importanti sono per il solfo gli stati metastabili. Riscaldando 
Ta-solfo oltre la regione I, esso può mantenersi tale con le stesse prò- 



Trasformazioni 



339 



prietà fisiche nella regione GBH, ma allo stato metastabile, perchè 
il contatto del ^-solfo lo trasfotma quasi immediatamente. Anche il 
solfo fuso può mantenersi tale, abbassandosi la temperatura, più 
di quanto comporta la curva di trasformazione DH senza trasfor- 
marsi, e quindi può bruscamente trasformarlsi in a-solfo instabile 
appena oltrepassata la temperatura data dalla curva GH, ma il 
solfo fuso in tale stato, metastabile, è subito invertito nel ^-solfo 
alla più piccola scossa o col contatto con il ^-solfo. Con le precauzioni 




Fig- 575- 



necessarie, conservando le modificazioni del solfo nella loro meta- 
stabilità, si può determinare la tensione del loro vapore e quindi 
tracciare le^curve DB, SE, OC. Così è noto che Ta-solfo a pressione 
ordinaria fonde (instabilmente) a iio^, il ^-solfo fonde stabilmente 
a 1200. Si osserva nella figura che le due curve di trasformazione DH 
e OH convergono; ed ora è noto che si tagliano in /f a 1540 C e 1440 
kg. di pressione; questo punto fu determinato sperimentalmente da 
Tammann, quando teoricamente fu previsto. Per temperature di 
1540 e superiori Ta-solfo fonde stabilmente, e l'esistenza del p-solfo 
è esclusa, fuorché allo stato instabile, e precisamente nella regione 
gHd. 



340 Capitolo decimo 



Dall'esempio dell'acqua e del solfo i seguenti caratteri sono ri- 
sultati, riguardanti gli stati stabili e metastabili: 

lo il passaggio da metastabile a stabile di modificazione di- 
versa avviene a temperatura non fissa. Il passaggio inverso è impos- 
sibile; 

20 la tensione del vapore della modificazione metastabile è 
superiore a quella della modificazione stabile; 

30 il passaggio di una modificazione metastabile a una modi- 
ficazione avente maggiore energia intema si fa a ima temperatura 
più bassa che il passaggio da modificazione stabile. L'a-sol&> metasta- 
bile fonde a temperatura più bassa che il ^-solfo; 

40 il passaggio di una modificazione metastabile a ima modi- 
ficsLzione avente minor energia interna si fa a una temperatura più 
elevata che il passaggio da modificazione stabile. Il solfo fuso va 
in a-solfo a temperatura più alta che il ^-solfo. 

Questi caratteri sono generali e. riguardano tutti gli stati irri- 
versibili ; 

50 due stati metastabili possono essere riversibili, Esempic^ 
solfo fuso metatastabile in a-solfo metastabile, e viceversa; onde 
due stati metastabili possono conservarsi in contatto. 

101. Modificazioni irriversibiu. Nello studio delle modifi- 
cazioni in genere e delle stabili in ispece si incontrano delle modifi- 
cazioni metastabili (99)* (100)» le quali provengono in modo continuo 
dalle stabili per soprafusione o per soprariscaldamento cristallino. 
Le modificazioni metastabili si trovano in equilibrio instabile, e 
sono conosciute in tutti i loro particolari potendo essere studiate 
nel dominio della loro stabilità. Vi .sono nondimeno in natura modi- 
ficazioni assolutamente instabili a tutte le temperature e pressioni» 
nel campo a cui le esperienze accedono. Tanto le une quanto le altre 
hanno caratteri comuni, che le differenziano dalle stabili. Il carattere 
fondamentale è il seguente: 

Le modificazioni instabili possono trasformarsi direttamente in 
modificazioni stabili. La trasformazione inversa è impossibile. Le mo- 
dificazioni irreversibili sono dunque instabili, le quali si possono rap- 
presentare con una sola freccia— > nel senso dall'instabile allo stabile. 

Si è nondimeno osservato che le modificazioni metastabili sono 
fra di loro riversibili; p. e. a-sol£o soprariscaldato in solfo fuso, sopra- 
fuso, e viceversa. 

Avendo riguardo a tutte le possibili gradazioni di instabilità, 
due estremi en^ergono fra le modificazioni instabili: quelle instabili 
in modo assoluto che dopo un istante si trasformano, e quelle, bensì 
instabili, che in causa dell'attrito intemo possono nullaineno propi- 



Trasformazioni. 341 



ziarsi una certa sosta persino in contatto con modificazioni stabili 
sen^Ea scomporsi. 

Le modificazioni Y)-solfo, S-solfo e i-soMo sono assolutamente 
instabili, che si ottengono dal solfo fortemente soprafuso; la loro 
esistenza è istantanea, tanto che si sottraggono all'osservazione. Il 
clorato sodico è un altro esempio. Esso generalmente è conosciuto 
nella modificazione monometrica (classe tetraedrica), fig. 355 e 356, 
perchè stabile. Fuso e fatto raffreddare per soprafusione cristallizza 
nel monoclino di una instabilità completa: tanto che senza un ar- 
tificio cioè l'aggiunta di una piccolissima quantità di K G O, Me- 
diante la ^uale il clorato sodico monoclino può conservarsi, esso 
sarebbe sfuggito alle osservazioni (99)* 

' Le modificazioni instabili dell'acido propionico e dell'acido ace- 
tico monoclorato possono lungamente conservarsi. Ma comunque 
siano le modificazioni instabili o metastabili labilissime o persistenti, 
esse passano nelle stabili a temperatura non fissa, perchè il riscalda- 
mento non ha per iscopo che di diminuire l'attrito intemo; inoltre 
la trasformazione si effettua senza variazione di temperatura o di 
pressione. P. e. anatasio — > brookite — > rutilo. 

Posto il carattere fondamentale della irriversibilità nelle modi- 
ficazioni instabili, segue: 

1^ La tensione del vapore della modificazione instabile è sempre 
maggiore di quella della modificazione stàbile. Infatti portate le due 
modificazioni in contatto col loro vapore, il vapore non saturo andrà 
a condensarsi nel luogo saturo, cioè dove si trova la modificazione 
stabile. L'inverso è impossibile. 

2^ La modificazione instabile è più solubile della stabile. Poste 
entrambe in im solvente, la stabile dovrà aumentare a spese della 
instabile, e perciò questa essere più solubile. 

^^Dale due modificazioni Vuna stabile V altra instabile, per trasfor- 
marsi in una terza modificazione di maggiore energia interna, la insta- 
bile effettuerà la trasformazione a una temperatura piU bassa della sta- 
bile. Poste entrambe alla stessa tensione, la temperatura della modi- 
ficazione instabile sarà inferiore di quella della stabile per la regola i . 

40 Posto due modificazioni Vuna stabile, Valtra instabile, per 
trasformarsi in una terza modijicazione di minore energia intema, la 
instabile effettuerà la trasformazione a una temperatura più elevata della 
stabile. Esempio: solfo fuso metastabile cristallizza in a-solfo a una 
temperatura più elevata che il p-solfo. Esempio per 3) : «-solfo sopra- 
riscaldato fonde a più bassa temperatura che il ^-solfo. 

102. Cristaixizzazione da soluzioni. — Non solo gli elementi, 
i composti chimici, le soluzioni, le miscele fisiche omogenee sono da 



34^ Capitolo decimo 



annoverarsi fra gli stati anisotropia ma anche i miscugli o miscele 
meccaniche possono avere i caratteri delle sostanze cristallizzate. 
Questi ultimi a guisa dei conglomerati hanno i loro componenti, che 
fanno fasi a sé, e neirequilibrio di contatto seguono la legge delle 
fasi di Gibb (8)» e nell'accrescimento la legge di Curie (10)> come ap- 
pimto si è detto delle associazioni e geminazioni emitrope (28) (29^* 
Nell'associazione o nella dissociazione dei componenti in un mi- 
scuglio non vi ha scambio di ehergia termica, e i componenti per 
conseguenza trasmettono al miscuglio proprietà additive. Le regole 
relative alla trasformazione sono appUcabili anche ai miscugU. I^e 
miscele fisiche costituiscono, fasi uniche e. possono trasf&rmarsi in 
altre modificazioni stabili o instabili secondo Tinfluenza che vi por- 
tano i singoU componenti, come si vedrà nell'isomorfismo. 

Le soluzioni possono generare cristalli misti, soluzioni solide o 
conglomerati a seconda della maggiore o minore analogia che passa 
fra i singoli componenti.' 

I componenti delle miscele fisiche e delle soluzioni non possono 
separarsi né di nuovo riunirsi senza scambio di energia termica, e 
le soluzioni in particolare sono caratterizzate da forza osmotica e dal 
fenomeno della diffusione che con esso è legato. 

Dato che per scomporre una soluzione nei suoi componenti A^ 

B, C, o per l'operazione inversa sia necessario uno scam.bio di 

energia dall'esterno all'interno o viceversa, segue che i detti compo- 
nenti entrano nello stato legato con proprietà fisiche diverse da quelle 
che essi hanno nello stato libero. Ed in primo luogo la loro tensione 
del vapore allo stato legato è minore che allo stato libero a pari tempe^ 
r atura: se ciò non fosse, si riuscirebbe a separarli e poi di nuovo ri- 
comporli creando energia dal nulla. Segue in secondo luogo che 
per trasformare uno dei suoi componenti in una -modificazione avente 
energia interna maggiore o mitiore, sarà richiesta una temperatura 
superiore o inferiore in confronto di quella necessaria f>er trasformarsi , 
se il componente si trova allo stato libero. 

I. Siano p. e. ^ e B due componenti formanti una soluzione 
liquida, i quaU possono trovar visi in vari rapporti da o a loo in peso 
o in grammi-molecole. Per sempHdtà si può rappresentare il fenomeno 
su un piano con coordinate ortogonaU, fig. 576, portando sulle ascisse 
il per cento di ^ a partire da M^ e quello di B a partire da Af,, sulle 
ordinate la temperatura. Nel punto M' la quantità di ^ e quella di B 
sono dati nella scala. Il punto di cristallizzazione di A Ubero è Mi t^, 
e quello di B libero è M, t^. A misura che si aggiunga ad A una quan- 
tità di B, la temperatura di cristallizzazione di A legato si abbassa ; 
nel punto M' essa è M' /', e si otterrà una curva t^t' d\ che rappre- 
senta la curva di cristallizzazione o curva di solubilità di A tn'B per 



Trasformazioni 



343 



tutti i rapporti A : B. Altrettanto si ottiene ima curva di cristàUiz- 
zaziane o curva di solubilità di B in A, t^i'* 'd" del componente le- 
gato B. I/e due curve di cristallizzazione si incontrano in e, corri- 
spondente al punto E, ove il rapporto fra i componenti ^ e B è M^ E : 
M, £. Nella regione del piano ove A predomina su questo rapporto, 
cristallizza ^4 e la soluzione si arricchisce di B; nella regione all'in- 
contro ove B predomina cristallizza B e la soluzione si arricchisce 
di A, L'equilibrio stabile sarà raggitmto alla temperatiu-a e, ove la 



ffiò4 




* ■ ^ =^ ' -^ »A»È 

* » JT ■ 1 ; I I I I I r * T^' r*' * ' » ' i "^'^ 

Fij. 576. 



cristallizzazione sarà contemporanea di i4 e B nello stesso rapporto 
MiE: M^E; « è il punto eutetico. 

2. Se A e B godono di modificazioni stabili le cui temperature 
limiti di stabilità sono più basse dell'eutetico, la cristallizzazione 
non sarà turbata. Le modificazioni di A e B si manifesteranno dopo 
che A e B saranno completamente separati. Nella fig. 577 è rappre- 
sentato im tale caso, supposto che A sia dotato delle modificaadoni 
Al e A^y e B delle modificazioni B^ e B^, ove la temperatura limite 
Ti della modificazione A, e così quella T^' della modificazione B, 
-sono più basse di e. 

y. Se all'opposto A e B hanno modificazioni le cui temperature 
limiti di trasformazione oltrepassano Teutetico, questo sarà neces- 
sariamente modificato. 



344 



Gitolo decimo 



Siano Al, A^, A^, fig. 578, tre modificazioni del componente A, 
Bj, B^, B, tre modificazioni del componente B, le cui temperature 
di trasformazione sono rispettivamente Tj, T,, e T^, T,'. Si osservi 
che T, e T^' sono più alte di e. La curva di cristallizzazione della 
modificazione i4, sia t^a, quella di B, t^ b. L'incontro della prima 
curva con l'orizzontale condotta per T, è il punto a; in esso inco- 
mincia a cristallizzare la modificazione stabile Af] e la rispettiva 
. curva di cristallizzazione è p^ e. a e, ove si incontra con quella che 
si riferisce alla cristallizzazione della modificazione B,. L'eutetico e si 




^^J^ 



ffj.*=c 



I I I 1 =»: 



I ' I 1: 



3M0^ 



Fig. 577. 



trova modificato per rispetto a quello che darebbero le due modi- 
ficazioni ^, e B3 rispettivamente di ^ e B; ossia il pimto eutetico e 
si riferisce a una soluzione nella quale fanno parte le mpdificazioni A^ 
e B, dei due componenti, come se A^ e B, non esistessero. Come 
esempio può essere riferito il nitrato di ammouio (NH^) NO,, sciolto 
nell'acqua, che presenta quattro modificazioni stabili: 



a 

r 



(NH4) NO3 monoclino 
{NH4) NO3 trhnetrico 
(NH^) NO3 dimetrico 
(NH4) NO3 monometrico 



= A, 



Solo la modificazione trimetrica, esistente alla temperatura 



Tras/ormdsioni 



345 



ordinaria e analoga a quella del nitrato di potassio, è bene conosciuta 
perchè può ottenersi in cristalli grandi. Le altre modificazioni si 
ottengono in un portaoggetti sotto il microscopio, pa^rtendo da una 
temperatura elevata e lasciando successivamente raffreddare. È 
notevole che durante questa operazione due volte comparisce la 
stessa modificazione, dimetrica A^ nella fig. 579, la quale perciò è 
stabile fra due intervalli di temperatura probabilmente sotto — 16«> 




Fig. 578. 



Fig. 579. "3 



e fra 82» — 1250. L'eutetico e, che in questo caso si dirà crioidtico, si 
trova a — 20»; cosicché abbassandosi la temperatura cristallizzano 
successivamente A^, A 2» A^, A4, A^ arricchendosi la soluzione di 
acqua; a — 20° -il rapporto fra nitrato di ammonio e acqua è 17: 83, 
e l'acqua cristallizza col nitrato di ammonio in questa stessa propor- 
zione, vale a dire con la presenza del 17 % del sale la temperatura 
si abbassa da o<> a — 20 ^ per potere cristallizzare tutta la massa in 
un conglomerato. 

4. Se in secondo luogo uno dei componenti ^ e B o entrambi, 
costituenti una soluzione, hanno una o più modificazioni instabili 
per tutte le temperature l'eutetico stabile sarà accompagnato da 



346 



Capitolo decimo 



eutetìci instabili. Siano A ^ B due componenti, fig. 580, le cui tempe- 
rature di cristallizzazione, se isolati, sono rispettivamente M^t^ e 
Mj /}. E sia ^ il componente, che gode di una modificazione instabile 
i4i, la cui temperatura di cristallizzazione è più bassa di Af^^; sia 
essa M| Z^'. La cristallizzazione di A stabile in soluzione con B pro- 
cederà seconda la curva ^ ^, e quella di B stabile secondo' la curva 




T.'f= 



4~J— + 



I. ' I ' I ' r I 1 I I I I ^= KSi% 

Fi«. 580. 



/j «, essendo e l'eutetico di -4 e B. Ma nello stesso tempo può presen- 
tarsi nella cristallizzazione l'instabile A^ che si forma a una tempe- 
ratura più bassa di A stabile. La curva di cristallizzazione àx A^ sia 
il e\ che incontra la curva di cristallizzazione i^e di B nel pimto e' 
che sarà Teutetico instabile. E tanti eutetici instabili potranno pre- 
sentar visi nella soluzione di ^ e B quante sono le modificazioni in- 
stabili di ^ e quante quelle di B. 



103. EsBMPi DI SOSTANZE POi,iMORP£. — Negli esempi che se- 
guono, le modificazioni riversibili (o enantiotrope) sono segnate con 
^-^ per indicare che i loro stati possono essere invertiti e coesistere 
in equilibrio di contatto; le irriversibili (o monotrope) sono segnate 
con una sola treccia — > per indicare che solo una modificazione, può 
passare neUe altre, ed il riverso è escluso. 

C. — Diamante modificazione monometrica esadstetraedrìca 



Trasformazioni 347 



^* 337 e 33S "♦" Grafite modificazione trigonale a = 85 0.6. Il 
diamante è trasparente, dielettrico con costante 16,47, durezza io, 
densità 3.529. La grafite è opaca, bruna, conduttrice elettrica e ter- 
mica, durezza < i, densità 2.3. 

S. — Solfo-a trimetrico bipiramidale, fig. 83 e 86 ,«z=*- Solfo- p 
monoclino prismatico, fig. 62. 

Il solfo-a (in natura) ha durezza 1-2, densità 2.07, fonde aUo 
stato metastabile a iio<>. Il solfo- ^ (Mitscherlich) fonde a 1200, e 
si trasforma ne} primo a 96^, densità 1.96. 

Solfo-y monoclino prismatico (Bruhns), solfo-S monoclino 
(Muthmann), solfo-e trigonale (Engel-Friedel), solfo-!^, forse trigo- 
nale (Magnus) o solfo nero metallico sono irriversibili con i primi due, 
e si formano dal solfo fuso (soprafuso) con raffreddamento rapido. 
Se. — Selenio-a monoclino prismatico ^n** selenio- ^ mono- 
clino .^zz*' selenio-y trigonale. 

H selenio-a ha la densità 4,5 e corrisponde forse al solfo- ^. Il 
selenio-^ ha densità > 4.5 e corrisponde al sdlfo-y, infine il selenio-y 
o selenio metallico grigio corrisponde al solfo-2^ metallico. 

As. — Arsenico trigonale metallico bruno (naturale) -♦— arse- 
nico metallico nero •<— arsenolamprite monoclino •<— arsenico giallo 
monoclino. 

I^e modificazioni dell'arsenico sono tutte irriversibili. I^a più 
stabile è l'arsenico bruno naturale trigonale speculare con densità 
4.72; l'arsenico nero ha densità 5.73, Tarsenolamprite 5.4 

Sb. — Antimonio trigonale grigio •<— antimonio nero mono- 
metrico '^~ antimonio giallo monometrico. 

he modificazioni dell'antimonio sono irriversibili. I^'antimonio 
trigonale metallico grigio corrisponde all'analoga modificazione del- 
l'arsenico, con densità 6.71, l'antimonio esplosivo ha densità 5.78. 
Raffreddando rapidamente i vapori di antimonio metallico, cristal- 
lizza l'antimonio nero, che forse è identico all'antimonio esplosivo. 
Con raffreddamento rapido sotto — 900 si ottiene l'antimonio giallo 
simile al giallo arsenico, oltremodo instàbile. 

Sn. — Stagno grigio (forse monometrico) "^zi^ stagno tetra- 
gonale .^rr*- stagno trimet^co. 

Le tre modificazioni deUo stagno hanno limiti di stabilità. Il 
primo, poco noto, è stabile fino a 2o<', il secondo tetragonale con den- 
sità 7.29 è stabile fra 200-1720, il terzo trimetrico con densità 6.5 è 
stabile fra 1720-2320. Sopra 232® lo stagno è amorfo liquido. 

'HgJ^, — Modificazione gialla trimetrica .^^^ modificazione 
rossa dimetrica. Ira prima con la densità 5:92, la seconda 6.297; 
quella è stabile sopra 1260, questa sotto. 

ASs Og. — Claudetite modificazione monometrica ^ — arseno- 
lite modificazione monoclina. 



34^ Capitolo decimo 



Non è ben chiaro &e le due modificazioni siano riversibili. La 
prima stabile ha densità 4.15, la seconda, monoclina prismatica, den- 
sità 3,7, ha costanti vicine a quelle di cristalli trìmetrid. Si forma a 
temperatura elevata per sublimazione. 

La modificazione amorfa ha la densità 3.71. 

Sb^O,. — Senarmontite modificazione monometrica -<~ Va- 
lentinite modificazione trimetrica. 

Anche qui, come nella precedente sostanza, non è ben chiaro 
se le due modificazioni siano riversibili. La prima stabile ha la den- 
sità 5.3, la seconda trimetrica con costanti pari a quelle dell'armeno- 
lite ha densità 3.6 e si forma a elevata temperatura. 

Non è escluso che la Valentinite sia monoclina come Tarsenolite, 
e che perciò la sua apparente simmetria sia dovuta a mìm^ìs^ (30). 

Si O,. — Quarzo modificazione trigonale ^ir^ tridlmite mo- 
dificazione trimetrica .4.=-^ cristoballite modificazione dimetrìca. 

Pare che queste tre modificazioni abbiano limiti di stabilità, 
onde possono essere riversibili. 

Il primo con densità 2.651 è otticaniente attivo, il secondo ha 
densità 2.326, il terzo 2.340. 

Ti Oj. — Rutilo I modificazione dimetiica <— Brookite mo- 
dificazione trimetrica -«— anatasio II modificazione dimetrica. 

Queste tre modificazioni si trovano allo stato metastabile, ma 
possono conservarsi stante la loro rigidità (attrito interno) come av- 
viene in molti minerali. Il rutilo ha densità 4.25 e durezza 6-7, la 
Brookite densità 4.06 e durezza 5-6, Tanatasio densità 3.84 e durezza 
5-6. Ci sono autori (Groth) che ammettono una polimerizzazione nel 
rutilo supponendo che la sua molecola sia Ti« O4, ed ottenendo cosi 
una analogia con lo zircone ZrSi O4. Ma questo modo divedere non 
consegue dall'esperienza, ed in secondo luogo Si non ha analogìa 
con Ti. 

Cu^ S. — Calcosina modificazione trimetrica .^jt** solfuro 
ramoso modificazione monometrica, la prima con densità 5.7 — ^,S, 
la seconda 5.65. 

ZnS. — Blenda modificazione mQnometrica-esadstetraedrica 
fig. 339-342 -^— Wurtzite modificazione esagonale-piramidale fig. 266, 
entrambi con densità e durezza quasi eguali, ma la blenda è assolu- 
tamente dielettrica, la Wurtzite conduttrice. 

HgS. — I Metacinnabarite modificazione monometrica-esaciste- 
traedrica — ► cinnabro (cinnabarite) modificazione trìgonale-tra- 
pezoidale, a = 9^^.y>\ la piima con densità 7.81 la seconda 8.09. 
Il cinnabro si foima anche per sublimazione, ed è quindi stabile a 
temperatura alta . 

F'eSj. — Pirite (gialla) modificazione monometrica-pentago- 



Trasformazioni 349 



naie fig. 318-325, 365 -*— marcasite (bianca, pirite pettinata) mo- 
dificazione trimetrica, fig. 97, 384, la prima con densità 5.00-7-5.18, 
la seconda 4.85 — ^4.88. Groth vuole vedere in queste due modifica- 
zioni una isomeria invece di dimorfia. 

CaCOj. — Calcite modificazione trigonale-scalenoedrica,* 
fig. 131- 143 -*— aragonite modificazione trimetrica, fig. 89, la prima 
con densità 2.713, durezza 3, la seconda 2.95, e risp. 3-4. I^'aragonite 
si trasforma facilmente in calcite con riscaldamento, ma il riverso 
non è possibile. 

Ag J. — Jodirite (jodite) modificazione esagonale-piramidale, 
-fig. 267 ,^j=:> modificazione monometrica (pastosa) plastica (({). Le 
densità sono rispettivamente 5.67 e 5.77. Il punto di trasformazione 
sembra essere 1460. 

(NH4) NOs- — a modificazione trimetrica I ^zr*' 

— P modificazione trimetrica II .^zz* 

— y. modificazione trigonale .^i^^ 

— S modificazione monometrica. 

Le densità e gli intervalli di temperatura di esistenza di queste 
quattro modificazioni sono: 

a rf= 1.6560 00-320 

P 1.6021 32-83 (crist. pastosi) (6) 

Y .... .. 1.6093 83-124 

è ? • 124-168 

L'ultima si forma dalla sostanza «in fusione e passa successiva- 
mente nelle altre per raffreddamento. Viceversa la prima cristallizza 
da una soluzione satura a temperatura ordinaria, e si trasforma poi 
successivamente nelle altre modificazioni per alzamento di tempe- 
ratura. 

Na CI O3. — Modificazione monometrica-tetraedrica -♦— mo- 
dificazione trigonale-romboedrica — *- modificazione trimetrica o mo- 
noclina. La prima è otticamente attiva, fig. 355, 570. 

Mg SO4 -f 7 aq. — Epsomite modificazione trimetrica-bisfe- 
noidale ^— modificazione monodina prismatica. 

La prima otticamente attiva con densità i .677 si forma in solu- 
zione satura, la seconda con densità 1.691 cristallizza solo in soluzione 
soprasatura. , 

Questa seconda modificazione labilissima è conservabile se col 
magnesio vi sia del ferro (cristalli misti). 

As O4. Na H, -|- aq. — Modificazione trimetrica con densità 
2.670 < — modificazione monoclina. 



350 



Capitolo decimo 



Al« Si O5. — Disteno modificazione triclìna < — andalusite 
I modificazione trimetrica •<— II modificazione tximetrica. I^a prima 
con densità 3.5-3.7 è la più stabile ; le altre due hanno circa la densità 
3.3, ma si distinguono per altre proprietà fisiche specialmente ottiche. 
Groth suppone che il disteno sia un isomero delle altre due mo- 
dificazioni, basandosi sul fatto che esso si comporta per rispetto alle 
azioni chimiche in modo affatto diverso dalla Sillimanite e andalusite. 
Ma finché le tre modificazioni danno soluzioni o fusioni eguali, Tiso- 
meria è fuor di luogo. 

KAlSifOe- — Ivcucite modificazione trimetrica .^zz*- modi- 
ficaaoone monometrica, fig. 413. Il punto limite di queste due modifi- 
cazioni è 5600, sopra del quale è stabile la modificazione m.oao- 
metrica. 

C4 H« Of TI,. — Modificazione trigonale con densità 4.84 .^=^ 
modificazione monoclina con densità 4.74. 

Benzoato di colesterile. Ci istalli solidi sotto 1450 <=^ cristalli 
fluenti (molli) nell'intervallo 1450-1780. 

Azossifenetolo. Modificazione solida ^zz^ modificazione* li- 
quida nell'intervallo 1 370-1 680. 

Azossianisolo N, Oj {C, HJa (CH,), modificazione solida <cr^ 
modificazione liquida nell'intervallo ii6<>-i340. 



Trasformazioni 351 



I^ETTERATURA AI, CAPITOI^O X. 



Frbd. Wai^i^bRANT, CrisicUlographie. Paris» 1909. 

O. LehMann, MolektUarphysik, 1889. 

A. Abzruni, Physik. Chernie der KrisUUle, 1893. 

P. Groth, Einleitung in die chem. KrystalL, 1904. 

A. FocK, Einleitung in die chem, Kry siali, 1888. 

H. W. Bakhuis Roqzbboom, Die keierogenen Gleichgewichte, ecc., 1904. 

J. W. RiCTGBRS, Ueher die LHmorphie des Nairiumschlorats, ecc. «Zeit. f. 
phys. Chemie >, 1889, 4, 1890, 6, 1894, 15. 

E. MitSCHebuch: I classici lavori di Mitscherlich sono raccolti in una 
edizione posteriore. Berlino, 1896. 

G. Tammann, Kristallisiren und SchmeUen. I«ipsia, 1903. 

V. B.OXHMUND, Ueber den Umwandlungspunkt einer f esten Lósung. e 2Seitsclir. 
f. physik. Chem. », 1897, 24, 705. 

O. Lbhmann, FlUssige Kristalle. Leipzig, 1904. 

— Stoffe mit drei ftOssigen- Zusiànden. Zeit. f. phys. Chemie», Z906, 56, 750. 

D. VoitLANDER, Substanzen mit mehreren festen und mehreren ftUssigen 
Phasen. 

W. ScHWAKZ, Beitràge zur Kenniniss der umkehrbaren Unwandlungen 
polymorpher Kcrper, 1892. 

K. SCHAUM, Die Arten der Isomerie, 1897. 

G. Bruni, Sulla differenza fra polimorfismo e isomeria chimica. « Rendi- 
conti Acc. Lincei », 1902, I, 386. 

G. BRiTia e A. Cai,i,BGari, « Rendiconti Acc. d. Lincei », 1904, I, 481. 

C. Vigila, Sul punto di trasfot mozione fra modificazioni riversibili. Ren- 
diconti R. Accademia dei Lincei, 1918, II, 107. 
Vedi inoltre i molteplici lavori sul polimorfismo di H. Dufet, G. 

Wyxouboff, B. Gossner, D. Gemez, MaUard, Le ChateUier, Wallerant, Bd- 

lati e Lussana, Gaubert, Marais. 



CAPITOLO XI 



chimico-fisiche dei cristalli. 



104. Serie eutrofiche. — Si possono ordinare gli elementi chi- 
mici in serie secondo la loro affinità come sono i gruppi nel sistema 
periodico Mendeléjew-Brauner, e si ottiene una analogia fisica e cri- 
stallina di essi, che si mantiene ove si mantenga la differenza fra i 
pesi atomici, come p. e. : 



« 

Ab 
Sb 
Bi 


Peso 
atomico 


-» 

Sistema 
cristallino, 

Mod. 
meullica 


Sfalda- 
tura 


Densità 


Punto di 

fusione alla 

pressione 

ordinaria 


EboIIi. 

zione 

sablima- 

xione 


Calorico 
specifico 


j 
DnrexxaI 


75.0 
120.2 
208.0 


S a 
§ 850.38' 

a 860.58' 

•5 87<>.34' 


-■2 


5-727 

5.71 

9.76 


4400 c 
268.3 » 


450° 
I3000 
I7000 


0.083 
0.050 
0.030 


3H 

2 Vi 1 





Peso 
atomico 


Sistema 
cristallino 


Densità 


Durexza 


Punto 
di fusione 


Punto 
di ebolli- 
zione 


Calorico 

specifico ' 

1 


Li 


7.0 


i^ 


0.534 


1 

0.6 


1860C 


800O 


1 
0.94 


K 


39.097 


c4 * 

§8 
1*- 


0.860 


0.5 


62.5 


757° 


0.17 


Rb 


85.448 


1-53 


0.3 


38.5 


6960 


0.08 ' 

1 


Cs 


132.823 


1.87 


0.2 

• 


26.5 


6700 


0.05 1 



Nelle seguenti tabelle, secondo il sistema di Mendelejew, sono 
disposti gli elementi in serie entropiche (disposti in colonne e in 
gruppi). 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 



355 



Tabei*i.a a 



Gruppo I 



Li 7.0 
K 39.15 

Rb 85.45 
Cb 133.81 



II 



Be 9.X 
Ca 40.09 

Sr 87.63 

Ba 137.37 
— 170.? 
Raa25 



III 



B XI 

Se 44.1 

Y 89.0 

La 139.0 

Yb 172 

— 226.? 



. IV 



C 12 

Ti 48.1 

Zr 90.6 
Ce 140.25 
- 176.? 
Th 232.7 



N 14.01 
V 51.06 

Nb 93.05 



VI 



O 26.0 
G 52.0 



Mo 96.0 
terre rare 

W 184.0 
U 238.5 



VII 



F 19 
Mn 54.93 



VIII 



Fé Ni 
55.85 58.68 




Os Ir Pt 

190.9 193. 1 194.8 







Tabeixa B 


• 






Gruppo I 


II 


III 


IV 


V 


VI 




VII 


Na 23.00 


Mg 24.32 


Al 27.1 


Si 28.3 


P 31.04 


S 32.07 


CI 35.46 


Cu 63.57 


Zn 65,37 


Ga 69.0 


Gè 72.5 


As 74.96 


Se 79.2 


Br 7992 


Ag 107.88 


Cd 112.4 


In 114.8 


Sn. 119.0 


Sb 120.2 


Te 127.6 


J 126.92 


Au 197. 2 


1 

Hg 200.0 


TI 204.0 


Pb 207.1 


Bi 208.0 


— 


— 



Anche le proprietà fisiche dei composti di queste serie variano 
secondo un determinato ordine quando il resto dei loro pesi moleco- 
lari rimane lo stesso o quasi. Esse o aumentano regolarmente col 
peso molecolare, o diminuiscono, di guisa che le serie entropiche com- 
prendono tutte le proprietà fisiche e cristallografiche indistintamente ; 
e basta perciò determinare una serie entropica per una o due pro- 
prietà fisiche, che essa vale, almeno in generale, per tutte le proprietà 
fisiche e ctistallografiche. Veramente serie entropiche per i composti 
sono note in limiti abbastanza ristretti ; ma è avvenire della cristal- 
lografia di spingere questo studio con la massima alacrità. 

GH elementi di ima serie entropica che possono essere sostituiti 
nei composti, senza che questi cessino di far parte di ima serie entro- 
pica si dicono vicarianti. Cosi sono vicarianti Li, K, Rb, Cs, special- 
mente i tre ultimi in tutti i composti. Talvolta gli elementi sono vica- 
rianti in composti complessi, e non lo sono in composti semplicissimi, 
o viceversa. 

Importante è la serie entropica seguente riferita a cloruri mo- 
nometrici : 



23 — C. Viola. 



354 



Capitolo undicesimo 



-* — ■ — — 



Composti 



RbQ 
CsCi 



Peso 

molecolare 

M 



74.6 
120,9 
168.5 



Densità 
d 



1.990 
2.806 

3.99 



Volume 

molecolare 

V^M-.d 



37-04 
43.08 

42.23 



Solubilità 

in 
100 p. di aq 

32.66* 

93 -o 
179.7 



Indice 
di rifrazione 
per luce Na 



persionc 



Dispersio 



1.4897 
1.4936 
I.6418 



O.OIII 

0.013 

0.146 



Non meno importante è la serie dei carbonati trimetrici: 



Composti (minerali) 


■ 



2 8 

2i5 
.2tS 

u 

1 

1 



1 

E 

•»■ 
43 


Peso 

molecolare 

Af 


Densità 
d 


Ì8^ 

33-93 
39.46 
4570 


Solu- 
bilità 

in 
100.000 

aq 


Fu- Calore , 
sibilìtà ' specifìco 


Aragonite Ca CO3 
Stronzianite Sr COg 
Witterite Ba CO3 


100. 1 
147.6 

197-4 


2.95 
3.74 
4.32 


O.I 
1.0 
0.25 


2260 
795 


0.2000 
0.1445 
0.1078 



La cerussite Pb CO3 non entra in questa serie per varie proprietà 
fisiche. 

Talvolta gli elementi di una serie eutropica vicariano con ele- 
menti di altra serie p. e. Mn con CI in taluni composti, Mg con Fé. 
Ti con Si e Zr ecc. 



105. Serie morfotropiche. — Con la sostituzione di elementi 
vicarianti, i composti, rimanendo nella stessa serie eutropica, non 
variano sensibilmente nelle loro proprietà fisiche e cristallografiche. 
Con la sostituzione di altri elementi o gruppi di essi le variazioni 
possono essere più notevoli, e possono essere graduali se le sostitu- 
zioni sono graduali. 

Ogni variazione nella struttura cristallina, negli angoli e parametri 
fondamentali in dipendenza con la variazione molecolare è una morfo- 
tropia. 

Ogni variaziofve chimica corre parallela all'azione morfotropica; 
ovvero ogni variazione chimica corrisponde a una deformazione morfo- 
tropica. 

Sostituendo il gruppo NH4 agli atomi K, Rb, Cs nei perclorati, 
il sistema cristallino e la simmetria non cambiano. Una variazione 
piccolissima si nota nei parametri, e naturalmente nel peso mole- 
colare : 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 



355 



Composti 



Rb CI O4 
CsQO^ 
NH, a O^ 



Sistema trimetrico 
a i b : e 



Peso 

molecolare 

M 



0.7817: 1 : 1.2792 
0.7967: 1 : 1.2879 
0.8173: i: 1.2976 
0.7932: 1 : 1.2808 



Volume 
molecolare 
d , y^M.d 



Densità 



138.74 
185.09 

232.45 
117.672 



2.524 
3.014 
3.327 
1.952 



55.0 
61.4 
69.87 
60.28 



Interessante è la sostituzione di Na con Ca e di N con C come 
nel seguente gruppo: 




Calcite CaCOa 
Salnitro Na NO., 



Sistema 
cristallino 



trigonale 
trigonale 



Angolo 
fondamentale 



3( = 74°.55' 
730.27 



P«so .Densità! Volume 
molecol. i I molecolare 



M 



M.d 



100.00 
85.01 



2,712 
2.271 



36.87 
37.43 



Oltremodo interessanti sono le sostituzioni nei composti orga- 
nici in relazione con le variazioni fisiche e cristallografiche derivanti. 
Sopratutto importante è il benzolo, i prodotti allogenici di sostitu- 
zione del benzolo, fenolo e dei nitroderivati studiati ultimamente da 
Repossi e da Ai tini. Valga qui questa semplice serie: 



Composti 



Benzolo C^ Hg 



Benzolo biclorato C, H4 Gj 
Benzolo tetraclorato C^ H, Cl^ 
Dinitrofenolo C, H3 OH (NO,)j 
Dinitrobromof enolo C« Hj Br OH (NOj)s 



Sistema 
cristallino 



tAnetrico 
monoclino 
monoclino 
trimetrico 
monoclino 



NO : ZIO 



83''.3o' 
810.20 
830.40 
740.00 

73*^.30 



Con la sostituzione di K a Ca ed N a C si ottiene il seguente 
risultato : 



Composti 



Aragonite Ca CO3 
Sahiitro KNO, 



Sistema 
cristallino 



trimetrico 
trimetrico 



Rapporti fondamentali ! Peso mo- 



a : ò : e 



0.6224: 1 : 0.7205 
o, 591 : 1 : 0.701 



lecolare 



Densità 



100. 
lOI.II 



2.93 
2. II 



Serie morfotropiche si ottengono con lo scambio dell'ossigeno 
e del solfo in varie combinazioni minerali, p. e. : 



356 



Capitolo undicesimo 



Composti 


1 

Rapporti fondamentali Angolo fonda- 
ax b '. e mentale ^ 


.1 
Sfaldatura i 


Sb,0, 
Sb,S, 
BÌ.O3 

As,S, 


1.1741 : I : i.oioo 
0.9926: 1 : 1.0179 
0.8165: 1 : 1.0640 
0.968 : 1 : 0.985 
1.2120: i: 1.0335 
0.9240: 1 : 1.0524 


90 <> 
900 

900 

87.3 
90<» 


|0I0| 

id. 
id. 
id. 
id. 
id. 



Una sostituzione opportuna e ordinata può dimostrare il suc- 
cessivo passaggio da una struttura ad altra struttura ciistallina, da 
una simmetria ad altra simmetria, e persino da un sistema cristal- 
lino ad altro sistema con piccola variazione di angoli, come si osserva 
in certe serie isomorfe (107)- Siffatto studio sistematico, più esteso 
di quanto non è stato fatto fino ad ora, potrà im giorno risolvere il 
problema più difficile, che mai la cristallografia abbia compreso nel 
suo campo di indagini, cioè le relazioni fra costituzione chimica e 
struttura o strutture se i composti sono polimorfi. 



106. Isomorfismo. Sunto storico. — Prima ancora che si 
addivenisse alla costruzione di serie entropiche, si conoscevano 
certe affinità e proprietà, mediante le quali si potevano avvicinare 
due o più gruppi cristallizzati, che si dissero isomorfi. 

Mitscherlich (18 19) studiando i fosfati e gli arseniati alcalini 
(K, NH4), credette di constatare che questi composti, chimicamente 
analoghi, avessero le stesse forme cristalline. Ottenendo dippoi ana- 
loghi risultati da carbdhati e solfati fu condotto a pronimciare una 
nuova proprietà fra i corpi, che chiamò isomorfismo: un egtial nu- 
mero di atomi gruppi di atomi, se riuniti nella stessa maniera, gene- 
rano e guai forma cristallina, la quale non dipende dalla natura degli 
atomi gruppi di atomi, ma dal loro numero e dal modo del loro legame, 
Mitscherlich ordinò le esperienze di Beudant (181 8) sui solfati di 
Fé, Zn, Cu, e concluse che la analogia chimica ed egi^agliama cristallo- 
grafica vanno di pari passo con la proprietà nei corpi isomorfi di me- 
scolarsi in tutti i rapporti. Circa l'importanza per la chimica dell'iso- 
morfismo risulta dalle stesse parole di Mitscherlich: «poiché i sali 
«neutri dell'acido selenico sono isomorfi con i sali neutri dell'acido 
«solforico, si può determinare la costituzione dell'acido selenico e 
« dei suoi saU secondo la legge dell'isomorfismo ». 

Mitscherlich fu l'esponente di nimierosissime esperienze intra- 
prese da lui, Hauy, Beudant, Rome de Lisle, Bernardi, J. N. Puchs 
e altri. Ma la definizione data da MitscherUch dell'isomorfismo sol- 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 357 



levò obbiezioni e discussioni per parte* di numerosi cristallografi e 
chimici, fra i quali è da notarsi principalmente Dumas, Mallard, Wy- 
rouboff, Klein, Hiordal, Kuster, e fino ai nostri giorni Paterno, Leu- 
mann, Tschermak, Bécke, Groth. Retgers, Gossner ecc. Le obbie- 
zioni mossero da due ragioni principalissime : in primo luogo perchè 
non appariva distinto il nesso fra i caratteri dell'isomorfismo intrav- 
veduti da Mitscherlich, ed in secondo luogo perchè il sostantivo 
analogia, esteso indi alle forme cristalline, poiché di assoluta egua- 
glianza negU angoU e nelle costanti non si poteva nemmeno pensare, 
ingenerava una indeterminatezza, su cui ogni naturalista poteva 
esercitare il suo modo di vedere. 

Invero diverse sostanze si mescolano in rapporti continui come 
le coppie PbS — AgjS, Na AlSijOj — CaAl^SijOg ecc. senza ohe vi 
sia alcunché di analogia chimica; onde parecchi autori, fra cui prin- 
cipalmente lo Tschermak, interpretarono l'analogia elasticamente, 
supponendo che Ca potesse vicariare con Na, Al con Si. Circa le forme 
cristalline delle sostanze isomorfe, che dovrebbero essere assoluta- 
mente identiche, secondo Mitscherlich, da cui il nome di isomorfismo, 
risultò che, tranne ner monometrico, le forme dei corpi isomorfi 
sono vicinissime fra di loro, come già WoUaston (1808) dimostrò nei 
cristalli presi per base da Mitscherlich nella definizione dell'isomor- 
fismo. Di più certe sostanze non isomorfe cristallizzano in forme 
assolutamente vicine come calcite con salnitro sodico e argento rosso, 
o aragonite con salnitro potassico; dove che forme molto meno 
vicine fra di loro si trovano in sostanze assolutamente analoghe, 
perciò di carattere isomorfo, come nelle singole specie dei pirosseni. 

Il carattere della miscihilità istituito da Mitscherlich per le so- 
stanze isomorfe, non è meno incerto degli altri due, poiché rare volte 
le sostanze si mescolano fra di loro in tutti i rapporti senza limiti, 
mentre moltissime sono quelle che si mescolano in quantità picco- 
lissime. Da siffatte discussioni è risultato in ultima analisi che i tre 
caratteri utilizzati da Mitscherlich per definire l'isomorfismo: 

1° analogia chimica; 

2^ analogia cristallografica; 

30 miscibilità continua, 

sono incerti ed elastici, onde ulteriori esperienze si richiedevano per 
stabilire con più fondamento una proprietà fra sostanze allo stato 
cristallizzato, che certamente fu ravvisata da Mitscherlich. 

Un secondo periodo neUa storia dell'isomorfismo sembrava ini- 
ziarsi con i lavori impoitanti di Dufet e Retgers, Lavenir, WyroubofI, 
relativi alle proprietà fisiche dei cristalli misti; con che due più 
composti sono tra loro isomorfi, se le loro miscele variano con continuità. 



358 Capitolo undicesimo 



e U loro proprietà fisiche in funzione continua delle loro concentrazioni 
Il torto di Retgers e in parte anche di Dufet fu di avere dato unica- 
mente peso alle proprietà meccaniche e ottiche, trascurando quasi 
ogni chimica e cristallografica analogia. Con misure accurate essi 
poterono stabilire che le proprietà fisiche, specialmente le densità 
e le proprietà ottiche, sono funzioni lineari o additive delle concentra- 
zioni. In base a questa additività si venne al concetto che le miscele 
di isomorfi sono miscugli meccanici, dove i componenti isomorfi, 
che vi prendono parte, entrano nel legame con proprietà fisiche non 
diverse da quelle che essi hanno allo stato libero, ossia senza contra- 
zione o dilatazione. Non cosi furono le vedute di Mallard e Wyrouboff . 
guidati anch'essi, come Retgers, dà risultati sperimentali. Intanto 
Pock^ dimostrò che le proprietà ottiche dei cristalli misti non giu- 
stificano qualsiasi ipotesi sulla natura dei cristalli misti, siano essi 
miscele fisiche, siano essi miscugli meccanici, come Michel-Le\'y 
voleva per i singoli feldispati. 

Gossùer con misure accuratissime sulle densità, non meno di 
quelle di Retgers, relativamente ai cristalli misti, tralasciando il 
preconcetto della additività, ritornò sui passi di Mallard. D'altra 
parte la miscibilità continua come fondamentale carattere per defi- 
nire e riconoscere l'isoniorfismo, secondo Retgers, perdette il suo 
vero valore con le esperienze di Retgers stesso, il quale constatò 
per primo lacune nella miscibilità continua; anzi risultò in seguito 
essere più frequenti i casi di lacune nella miscibilità continua, di 
quello che miscibilità continua senza limiti; e l'elasticità di questo 
criterio per la definizione dell'isomorfismo non ebbe confine. Retgers 
ricorse per ciò di nuovo all'analogia chimica, includendo U carattere 
cristallografico nelle proprietà fisiche, e ritornando per conseguenza 
all'isomorfismo di Mitscherlich, che con il vocabolo analogia tutta 
e niente definiva. 

Nemst fu dello stesso parere di Retgers, ma pensò che conve- 
nisse fermarsi non sulla definizione dell'isomorfismo, ma sul grado 
di analogia, maggiore o minore secondo il maggiore o minore grado 
della miscibilità, trascurando momentaneamente le anomalie quali 
p. e. nelle coppie NH^ CI — Fé Cl^ e Cj H« — J. Per la prima^ volta 
Nemst accentua la struttura cristallina come carattere fondamentale 
dei corpi isomorfi, che possono mescolarsi in rapporti cospicui aventi 
intimità fisica e chimica. 

Con la restrizione, dovuta ad altri oltreché a Groth, essere corpi 
isomorfi solo queUi che generano cristalli misti in tutti i rapporti 
senza intervalli dei componenti, si \'iene ad escludere gruppi impor- 
tantissimi fra sostanze, che hanno una ricca parentela fisica e chi- 
mica. Con l'allargamento dovuto a Retgers e recentemente a Gossner. 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 359 



essere corpi isomorfi tutti i corpi aventi miscibilità continua inter- 
rotta da lacune o no, si includono sostanze in gruppi isomorfi, le 
quali sono ben lontane da qualsiasi analogia, di cui Wallerant osservò 
giustamente essere ima di esse non altro che impurità dell'altra o 
viceversa. 

Un terzo periodo nella storia dell'isomorfismo incomincia a ma- 
nifestarsi con la scuola di van t'Hoff, quando questi, riprendendo 
l'idea di Lecoq de Boisbaudran, osservò essere i cristalli misti so- 
luzioni solide di due o più isomorfi, la formazione delle quali segue 
la legge di Gibb, come tra fasi riversibili in equilibrio di contatto. 
Dall'idea basata suU'additività di Retgers che i cristalli misti fossero 
miscugU meccanici, all'idea di soluzioni solide di Boisbaudran, non 
sembrava possibile uno stato intermedio, omogeneo, che pure si 
trova latente nelle opere di Mallard prima e di Wyrouboff poi. Nei 
miscugli meccanici accade che i componenti possono essere divisi 
gli uni dagli altri senza scambio di energia termica. Ma la quantità 
di calore intemo o totale nei cristalli misti non è additiva delle 
quantità calorifiche corrispondenti dei loro componenti; ciò fu di- 
mostrato da Sommerfeid, il quale per conseguenza suppose di avere 
risoluto il problema in favore delle soluzioni solide. Ma ci sono le 
miscele fisiche omogenee, senza essere soluzioni, nelle quali i singoli 
componenti non possono essere disgiunti dagli altri senza consumo o 
guadagno di energia calorifica, precisamente come nelle soluzioni ; ad 
esse sono applicabili i risultati di Sommerfeid senza restrizione. La dif ' 
erenza fra miscele fisiche omogenee è soluzioni è questa : che ivi man- 
cano la diffusione e la forza osmotica, qui esse non possono mancare. 
Se i. cristalli misti sono miscele fisiche omogenee, come immaginava 
Mallard, a cui anche Gossner si associa, essi si accordano con la 
struttura cristallina, venuta alla luce con le esperienze di Lane e 
dei Bragg (16), ove né diffusione né forza osmotica sono compatibili. 
Con ciò nulla si oppone che soluzioni solide non esistano, specialmente, 
nei solidi amorfi, e nei cristalli," quando le impurità, le diluizioni, 
le sostanze coloranti ecc. si trovino in quantità tenuissime. Si é os- 
servato a proposito deV fenomeno della diffusione nei cristalli, che i 
feldispati zonati, cioè cristalli ricoperti successivamente di accresci- 
menti paralleli di costituzione feldispatica diversa, si sono mantenuti 
tali nelle rocce dopo migliaia d'anni dalla loro cristallizzazione nelle 
rocce massicce, senza che il fenomeno della diffusione abbia fatto 
uh passo per conguagUare la pasta feldispatica in un'unica compo- 
sizione, tale essendo il risultato dell'esperienza. 

IvC esperienze di Tammann, Roozeboom, Bodlànder, Sommerfeid, 
Le Chatelier, Bruni, Gossner e altri con la guida della chimica fisica, 
prescindendo da qualsiasi ipotesi sulla natura dei cristalli misti iso- 
morfi, iniziano il quarto periodo nella storia dell'isomorfismo. 



36o 



Capitolo undicesimo 



107, Assi topici. — Nella costruzione così delle serie eutropiche 
come di quelle moriotropiche e di sostanze isomorfe vien fatto di 
paragonare fra di loro le strutture dei cristalli. Finché le strutture 
siano determinabili con la diffrazione della luce-Rontgen ( 1 6) attraverso 
o sopra le lamine dei cristalli, il paragone delle strutture cristalline è 
ovvio ; ma quando la tecnica di questo nuovo ramo sperimentale non 
raggiunge il desiderato effetto, è forza, come unico rimedio, ricorrere 
ad indizi. Quivi entra in vigore il volume molecolare 7 e gli assi to- 
pici, )^, v(;, (ù, immaginati come termine di paragone da Poletik (1858), 
Becke (1893), Muthmann (1894). I^ struttura cristallina risulta 
da atomi, o gruppi atomici ordinati in tre serie nello spazio, come è 
idealmente rappresentato nella fig. 14 (16). Le minime distanze fra 
atomi a', h\ e' nelle direzioni rispettive x, y, z determinano un parai- 
lelopipedo, fig. 581. Posto a, p, y S^ì angoli fondamentali yz, *zx e xy 




Fig. 581. 



e A, B, r gli angoli diedri delle facce fondamentali, il volume di 
tale parallelopipedo elementare è 

V = a' y e' sen ^ sen y sen A, 

che moltiplicato per la densità d del cristallo dà il peso p. D'altra 
parte posto M il peso molecolare, lo stesso volume, non contenendo 
più di una molecola, si ottiene dividendo M per d 

M 

ma in unifà diversa di v, poiché l'unità di misura di M è la 16» parte 
dell'atomo dell'ossigeno. V dunque é proporzionale a v, sicché si 
scriverà, introducendo un coefficente, 

F = X a' fe' e' sen p sen y sen i4. 



J^elaxùmi chimico-fisiche dei cristalli 361 

■ 

Di più a\ b\ e' possono essere paragonati ai parametri fondamentali 
a, ò, e del cristallo determinati dalla faccia unitaria, scelta convenien- 
temente secondo la legge di Cwie e Hauy. Potremo dunque fare 

a' = Ca, y = Cb, a' = Ce. 
Per conseguenza 

7 = X C* abc sen ^ sen y sen A 
ossia 



3/" 



CkV 



=v. 



V ^ abc sen |5 sen y ^/^^ A 

Se si trattasse di avere i valori assoluti di a' b' c\ la costante (/le 
dovrebbe essere determinata, almeno approssimativamente, con i 
▼ari metodi che danno la distanza assoluta fra gli atomi, gruppi di 
atomi o molecole. Ma nel caso che ci riguarda trattandosi di uno studio 
comparativo, è indifferente .quale sia Tunitè adottata ; si può perciò 
trascurare x, e si ha allora 



\ 



3 / 

e* 



jo- 



uà 



4- = \~ "^ 94) 

essendo y^, v};, cx> proporzionali rispettivamente ad a' b' e' e a, b, e e 

7* = [7:sen ^ sen Y seni4] 95) 

• 

Le quantità /, ^, co cosi determinate si chiamano assi o parametri 
topici, che sono indipendenti dalla costante di proporzionalità C 
fra a, b, e. La loro unità è la -stessa con cui si misurano i volumi mole- 
colari e quindi anche i pesi moleccdari. 

La simmetria, .le facce fondamentali, le sfaldature, il volume 
molecolare, gh assi topici e gli angoli fondamentali sono gli elementi 
da cui concludere sulla struttura di un cristallo. 

Tolgo dall' Artini le costanti di alcimi derivati del benzolo che 
possono essere paragonati fra di loro, e dei quali si può affermare che 
hanno la stessa struttura. 



3^2 



Capitolo ^ undicesimo 



Composti 



Sistema triclino 
assi topici 



^ 



td 



CeHjNOjaaa 

Ce Hj NOj a CI Br 
CeH,NOjClBra 
C. H, NO, Br Br CI 
C, H2 NO2 Br CI Br 
Ce Hj NO2 Br Br Br 



7.S437» 
7-5809, 

7-5634» 

7-6941. 

7-5734. 
7-7316. 



6.3126, 

6.3796, 

6.4565, 

6.5837. 
6.3461, 

6.5834. 



2.7002 
2.8404 
2.8119 
2.8250 
2.8651 
2.8527 



V 
volume 
molecol. 



125.29 
130-63 

130.44 
13275 
131-59 
138.37 



Punto 
di fusione 



72°.5 C 
82.04 

88.0 

97.02 

92.0 

112. o 



e la serie parallela seguente: 



Composti 



Cfl Hj NO, CI Br CI 
C.H,NO,JJJ 
CeH,NO,JClJ 
C«H,NO,J JBr 



Sistema mono 
assi topici 



4-7799, 

4-7754. 
4.6156, 

4-7239, 



5.1805, 

5-7699, 
5-6723, 
5.7719, 



ino 


V 




volume 


(0 


molecol. 


5-2665 


130.44 


5-5664 


133-35 


5-5293 


144.75 


5.3970 


147.10 



Punto 
di fusione 



88.0 

167.0 

IIO.O 

146.5 



108. Isomorfismo. Definizione. Cristai^u misti. — Due o più 
sostanze nello stato cristallizzato sono isomorfe, se hanno la stessa strut- 
tura, le stesse dimensioni e gli stessi angoli fondamentali, che la indi- 
viduano. 

Se le strutture di due corpi sono le stesse, e per di più sono le 
stesse anche le dimensioni a' 6' e' o ^, ^{;, o (assi topici) e gli angoli 
fondamentali a, P, y» * ^^^ corpi non differiranno fra di loro né dal 
punto di vista chimico né nelle loro proprietà fisiche; ed inoltre du- 
rante il loro accrescimento potrà l'uno di essi sostituire l'altro, poiché 

la struttura dell'uno non sarà che la continuazione dell'altro. I,a 

« 

condizione così posta di due corpi per essere isomorfi, comprende 
dunque i caratteri di analogia chimica, fisica, cristallografica e di 
mescersi in rapporti continui. 

Iva sola condizione di eguale struttura non sarebbe sufficente 
per la definizione dell'isomorfismo; vi si richiede necessariamente 
anche la densità intema, poiché le strutture cristalline sono in nu- 
mero limitato, cioè 230, mentre i composti sono quasi illimitati. 

Si tratta di esaminare in quale maniera due corpi eterogenei dalla 

stessa struttura possono avere le stesse dimensioni e gli stessi angoli 

•fondamentali. Isolatamente, allo stato libero, le loro dimensioni e 

gli angoli fondamentali non possono essere e non sono generalmente 

eguali. Consideriamo l'accrescimento di due corpi che possono cri- 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 363 



stallizzare contemporaneamente in eguali condizioni di ambiente; 
siano Fj e V^i loro volumi, E^ ed E^ le loro tensioni superficiali mi- 
nime; per l'equilibrio stabile si ha precisamente per la legge di 
Curie (IO), la relazione 2 a): 

7i : V^.— Eli Ej, 2 a) 

ossia se le energie superficiali sono eguali, lo sono anche i loro volumi. 
Ma energia superficiale in eguale condizioni d'ambiente equivale a 
densità superficiale, e perciò posto eguale accrescimento di volume, 
risulta eguale densità superficiale ossia eguali dimensioni fondamentali. 
Da queste considerazioni teoriche, posizioni e condizioni del pro- 
blema si conclude: 

lo o due corpi possono crescere e unirsi insieme in rapporti 
continui compreso il rapporto di volumi eguali, e allora essi hanno 
la stessa struttura, le stesse dimensioni e gli stessi angoli. Essi si 
chiamano isomorfi e le loro intime unioni cristalli misti; 

20 ovvero essi non possono unirsi nel rapporto di eguali vo- 
lumi, e allora non sono isomorfi e non hanno la stessa struttura. 

/ cristalli misti sono dunque miscele fisiche omogenee isomorfe 
di cristalli o componenti, i quaU all'atto della loro imione subiscono 
una deformazione omogenea (91), deformazione isomorfa, nel senso 
che l'uno di essi si contrae, l'altro si dilata fino a volumi elementari 
eguali di entrambi. ^ 

I cristalli misti non^sono miscele meccaniche, ossia conglome- 
rati, non sono soluzioni solide, poiché mancano in essi la diffusione e 
la tensione osmotica. I cristalli misti hanno con 1^ soluzioni solide 
questo di comune : che negli imi e nelle altre i componenti cambiano 
di proprietà fisiche nel passaggio dallo stato libero allo stato di le- 
game e viceversa, di guisa che per la loro scissione vi abbisogna sempre 
uno scambio di energia termica, nello stesso modo come in qualsiasi 
trasformazione (|) (95) (100). 

Da queste contingenze emergono le regole seguenti: 

jo Due corpi isomorfi generano cristalli misti in rapporti con- 
tinui con o sema lacune e i loro volumi eguali contengono egual numero 
di atomi alla stessa pressióne e temperatura. 

2^ Due corpi isomorfi generano cristalli misti in rapporti con- 
tinui compreso quello di volumi eguali, o rapporto dei loro pesi mole- 
colari (rapporto medio). 

Posta la condizione di miscibilità in rapporti continui con o 
senza salti {con o sema lacune), non vi è e non vi può essere confusione 
tra cristalli misti e composti doppi che si formano in rapporto dei 
pesi molecolari, rapporto stechiometrico, come p. e. Ca CO3 con Mg CO, 
che danno il sale doppio Ca Mg (COgìj, la dolomite, e altri simili. 



364 Capitolo undicesimo 



109- Mezzi sperimentali per stabii^ire i<' isomorfismo fra 
DUE o PIÙ SOSTANZE. — I* mezzi tendenti a stabilire se due o più 
sostanze sono isomorfe si traducono in ultima analisi a risolvere il 
problema se due o più sostanze hanno la stessa struttura con gli ele- 
menti, che la individuano. 

Ora si è osservato che se la ricerca diretta con la diffrazione dei 
raggi Rdntgen (16) attraverso lamine sottili del cristallo non conduce 
a un risultato soddisfacente, è necessario battere la via indiretta, o 
direi quasi fare di necessità virtù. La via indiretta si collega con la 
definizione stessa dell'isomorfismo, e può risolversi nelle seguenti 
pratiche : 

IO formazione dei cristalli misti in rapporti continui (con o 
senza salti)^ e nel rapporto dei pesi molecolari (rapporto medio); 

20 simmetria, sistema e possibilmente struttura dei corpi 
isomorfi, derivante dall'accrescimento, dalla sfaldatura, dai pesi e 
volumi molecolari e dagli assi topici; 

3<> determinazione delle proprietà fisiche in rapporto con la 
costituzione chimica. Calore intemo e totale. 

Nei capitoli che seguono si esamineranno queste singole posi- 
zioni. 

1 10. Formazione di cristai^u misti. — Un cristallo misto (l(tó) 
costituemdo ima fase unica (7) può rimanere in equilibrio stabile di 
contatto con la fase amorfa liquida o gasosa, da cui trae origine, se- 
condo la legge di Gibb (8), senza che i suoi componenti si separino. 
Da ciò deriva il modo di ottenere cristaUi misti in diversi rapporti 
continui fra i componenti, variando in modo continuo il rapporto 
di essi nella fase amorfa, ove si trovano disciolti o fra di loro o in un 
solvente. 

Per avere sottocchio l'andamento del fenomeno è conveniente 
servii si, anche in questo caso, di una rappresentazione grafica. 
A tal fine si suole portare sulle ascisse di un sistema ortogonale, a 
partile da im 'origine, la quantità percentuale (in peso o in molecole) 
di imo dei componenti P^ contenuto nella fase amorfa, in guisa che 
a partire da una seconda origine, sia espressa sullo stesso asse, ma 
in senso opposto, la quantità percentuale del secondo componente P,, 
fig. 382-584, la loro somma essendo 100. Altrettanto si opera sull'asse 
delle ordinate, ove si trasportano le quantità percentuali a partire 
da due origini diverse (alla distanza di 100) dei due componenti 
Pi e Pj come si trovano nel cristallo misto. 

Ripetendo le esperienze per diverse concentrazioni da o a 100, 
tanto nella fase amorfa quanto nel cristallo misto, si ottengono al- 
trettanti punti nel piano, per i quali passerà una linea continua con 



Reiazioni chimico-fisiche dei cristalli 



365 



o senza salti, che rappresenterà la solubilità del cristallo misto nella 
fase amorfa contenente i due componenti P^ e P^. 

Se la solubilità del cristallo misto genera in ogni istante solu- 
zioni di eguale concentrazione, la curva della solubilità è una retta, 
la diagonale rappresentata a tratti nelle fìg. 582, 383, 584. Se la 
solubilità genera una fase amorfa in concentrazioni diverse, la curva 
deUa solubilità sarà diversa dalla diagonale e sarà priva o non di salti. 
Nelle fig. 382 e 383 la ciurva della solubilità è priva di salti, n^Ua 
^S* 5^4 ^ss^ ^^ lacune. 



?« 


















—7 


f- 


0? 


1 
















/ 


— 


i 












* 


* 


/ 








1 








r 


V- 









f 


t 

1 




t 
f 
t 


J 


/ 












4 




/ 










f^ 







é 


A 




■ ♦ ■ ' 








%l 


^ 


é 

^ 


^ 

















••• 



»,— 

























/^ 








• 










/ 


• 
















A 


/'' 





















1 










L 






* 



/ 








1 




* 
/ 




/ 














• 


/ 
















/ 












f 
f 




^ 


y 














^ 


H^ 















•- p. «^ 



1''' 















^« 


























* 
















1 




























t 












• 

• : 








1 






















.s 








J 

# 









































^ 


j/< 


f 








m 





^ 


r^ 


"^ 













Fig. 58^< 



Fig. 583. 



10» e-« 



Fig. 584. 



^! 



PS 

\ 



To 



#•0 



Nfi cristalli misti derivati da solventi (amorfi) due tipi fondamen- 
tali sono da distinguersiy secondo che la miscibilità cristallina continua 
entro limiti è priva no di lacune. 

Nel primo tipo vi sono due casi da distinguersi: 

a) come nella coppia KH, As O4 — KH, PO4, la solubilità del 
cristallo misto è tale che uno dei componenti P^ è sempr^ in sovrab- 
bondanza nel cristallo misto per rispetto alla soluzione amorfa, 
fig. 382. Una tale soluzipne cristallizzando si arricchisce sempre di 
P, in qualunque rapporto si trovino in soluzione P^^ P^\ 

b) la sovrabbondanza suddetta passa dall'uno all'altro com- 
ponente, fig. 583, sicché per un certo rapporto determinato o per 
più la solubilità del cristallo misto dà origine a soluzione nello stesso 
rapporto. Un esempio si ritrova nella coppia KMnO^ — KCIO4, ove 
Mn e CI sono gli elementi vicarianti. 

n secondo tipo fondamentale comprende tutti quei casi, ove i 
rapporti Pj : P, nel cristallo misto sono interrotti da lacune, come è 
indicato nella fig. 384. I^a lacuna va dal punto .^^ al punto A^, 

Una estesa lacuna si verifii^ nella coppia KCl — NH4CI e forse 
•in altre coppie morfotropiche ove K si scambia con NH.. Si nota 



366 



Capitolo undicesimo 



una breve lacuna nella coppia Hg Jj — HgBr,, che dà cristalli misti 
in rapporti continui compi eso il rapporto (volumetrico) i: i, condi- 
zione richiesta nella definizione dell'isomorfismo. Ci sono autori, 
come il Groth, propensi a ritenere essere le lacune riempite da cri- 
stalli misti i cui componenti sono modificazioni instabili; ma l'espe- 
rienza non Ila sostenuto in tutti i casi questa ipotesi. 

Un mezzo proficuo per la foimazione di cristalli misti è quello 
di ottenerli dallo stato di fusione di due o più componenti, ove un 
qualsiasi di essi può figurare da solvente degli altri nella loro fase 
amoria. Qui si intende naturalmente per fusione la trasformazione 
dallo stato cristallino allo stato amorfo (che d'orcfìnario è liquido). 

Il metodo della fusione dà notevole varietà di casi, che per la 
cristallografia non meno che per la chimica-fisica hanno sommo in- 
teresse. Consideriamo il caso generale, che diremo il primo caso. 




A_ 

100- 






f.-* 



x^ 



4SL^ 







Fig. 585. 



Rappresentiamo anche qui il fenomeno in un piano con coordinate 
ortogonali, sulle ascisse delle quali sono misurate le parti percentuali 
di due componenti a partire da due origini diverse, la cui distanza 
è ICQ ; e sulle ordinate la temperatura di fusione / del cristallo misto, 
e la temperatura di consolidamento t della fase amorfa. 

Siano Pi e P^, fig. 585, i due componenti, le cui temperature di 
fusione siano rispettivamente /j e./j. Il punto A sull'asse delle ascisse 
rappresenti il primo componente Pj, che perciò contiene joo patti 
di esso e o di Pj,* e cosi B rappresenti il secondo componente che 
perciò ha 100 pai ti di P, e o di P^. Un punto sulle ascisse q" rappre- 
senta im cristallo misto contenente B q'' patti di P^ e A q*' parti 
di Pj. Sopra ciascun putito delle ascisse sia elevata l'ordinata sulla* 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 367 

.^ — _ — . I ■ — — — - — * . 

quale è presa la temperatura /"di fusione del cristallo misto, e la 
temperatura t" di consolidamento della fase amorta avente lo stesso 
rapporto P, : Pg del punto q'\ Ripetendo le esperienze per moltis- 
simi rapporti P^'. P^, si otterranno punti nel piano che rappresente- 
ranno le fusioni e i consolidamenti rispettivi. La curva che unisce i 
primi è quella di fusione F fig. 585, la curva che unisce i secondi è 
quella di solidificazione S. Entrambe sono continue con o senza di- 
scontinuità isolate. 

La tempei atura di fusione o è eguale a quella di solidificazione 
ovvero è diversa, ed in quest'ultimo caso è naturalmente minore. Le 
due curve dividono il piano in tre regioni, I, II, III nella fig. 585. Nella 
regione I vi è fusione completa di P^ e P,, che si trovano disciolti 
Tuno nell'altro ; nella regione III non possono sussistere in equilibrio 
stabile che cristalli misti. Xella regione II vi è equilibrio di contatto 
fra cristalli misti e soluzione o fusione. Per esempio posto la tempe- 
ratura r, vi sarà equilibrio tra fusione nel rapporto dei componenti 
Pj: P, dato dal pimto />', e cristalli misti nel rapporto P^: P, dato 
dal punto q\ 

Dal diagramma della fig. 585 risulta che il modo di raffredda- 
mento è un fattore importante nella- formazione di cristaUi misti 
ottenibili dalla fusione; infatti essi dipenderanno non solo dal rap- 
porto di Pj : P2 esistente nella soluzione amorfa, ma ancora dal pro- 
cesso della cristaUizzazione vale a dire se riversibile o irriversibile 
ossia dalla rapidità del raffreddamento. 

Se il laffreddamento dello stato di fusione è lento, il processo 
è' riversibile. I^a temperatura sia p. e. all'inizio /', fig. 585 e la concen- 
trazione corrisponda al punto w' con rapporto dato dal punto /?'; vi 
si separeranno immediatamente cristalU misti corrispondenti al punto 
n' con il rapporto dato dal punto q\ -Ma ciò avvenendo, la fa.se 
amorfa si modificherà a spese della cristallizzazione; la temperatura 

abbassandosi gradatamente da t' a y, /'" Z^, vi si separeranno 

\'ia via cristalli misti aventi le concentrazioni dei punti q\ q", 

^'" Pi, e il risultato sarà un conglomerato di cristalli misti aventi 

le suddette concentrazioni. 

Se all'incontro il raffreddamento dello stato di fusione vien 
fatto rapidamente, il processo di\'iene irriversibile, lo stato deUa fase 
amorfa si mette in soprafusione e l'equiUbrio è metastabile (95) (99). 

Poniamo p. e. che la temperatura passi bruscamente da / a /", 
fig- 5^5. essendo il rapporto P^: Pj dato dal punto ^"'; vi si forme- 
ranno rapidamente cristalli misti dal rapporto P^ : P^ corrispondente 
al punto n" (q") i quali si manterranno in equihbrio con uno stato 
di fusione avente per rapporto P^: Pj dato dal punto w" (/>"), 

Il primo caso di continuità senza lacime comprende quattro tipi 



368 



Capitolo undicesimo 



diversi, l'uno dei quali è rappresentato nel caso generale della fig. s^s ; 
gli altri tre contemgono un massimo, wn minimo o un punto indiffe- 
rente, ove punto di fusione e punto di solidificazione sono uniti 
come idealmente è rappresentato nelle fig. 386, 587, 588. 

AjUprchè la fase di fusione ha la concentrazione del punto mas- 
simo M fig. 586, del punto minimo M, fig. 587 o del punto indiffe- 
rente /, fig. 588, la temperatura, raggiimto questi punti singolari, 
determinerà la completa cristallizzazione di cristalli misti aventi 
la stessa composizione dello stato amorfo. La coppia Hg Br^-Hg J2 
comporta im minimo nella fusione e nella consolidazione come indica 
la fig. 587. Il bromuro fonde a 236<*, il joduro a 255°. il punto di fu- 
sione minimo è a 2i6<> ed accade quando il cristallo misto contiene 






Fig. 586. 



Fig. 587. 



Fig. 588. 



Hg Br, e Hg J, nel rapporto molecolare di 1:1. Dato questo rap- 
porto e la temperatura del punto M (2160) , i cristalli misti formatisi 
avranno sempre la stessa concentrazione nel rapporto molecolare 
di I : I ; togliendo energia termica, la cristallizzazione continuerà 
senza alterazione, purché la temperatura rimanga costante. 

Il secondo caso da considerarsi riguarda tipi con lacune o discon- 
tinuità isolate. I tipi sono numerosi sempUci o composti. È bene trat- 
tarli con esempi concreti. 

È data la coppia KNO3— TI NOs. 

K NOg fonde a /^ = 3390, TI NO, a /, = 2060. I^a discontinuità 
fisica nella solidificazione avviene nel punto E, fig. 589, a 132^ per 
32 % di KNO3 e 68 % di TI NO, ; infatti la curva di solidificazione S 
ha in £ un punto doppio. La curva di fusione ha in F e G ima discon- 
tinuità chimica, lacuna, in corrispondenza con E. Nel punto F le 
concentrazioni sono 50 % di K NO3 e 50 % di TI NO5 ; nel punto G 
le concentrazioni sono 20 %, di K NO, e 80 % di TI NO,, la tempera- 
tura è di 1320. 



Relazioni chimic<hfisicke dei crislaili 



369 



Portata la fase amorfa alla temperatura di 1320 nel punto E, 
due serie di cristalli misti vi si separano, quelli doè aventi 50 % di 
K NO, e quelli con 20 % di K NO,; con ciò il punto £ ha la funzione 
di un punto eutetico (102)- 

è data m secondo luogo la coppia Ag NO, — Na NO,. Il primo dei 
componenti fonde a /j = 2060, il secondo a /, = 308°. La disconti- 
nuità di carattere fisico nella solidificazione si manifesta alla tempe- 
ratura di 2 1 70 per una miscela di SS^ cii ca di Ag NO, e 1 2 % di Na NO,, 
punto E, fig. 390. Il salto o la lacuna nella curva di fusione avviene 
pure alla stessa temperatura di 217°; la lacuna si estende da Fa G, 
cioè rispettivamente per 76 % di Ag NO, e 24 % di Na NO, e per 
66 % di Ag NO, e 34 % di Na NO,. 




t,'»e 




^ 



Jo»* 



^NO, 



l .»i tl^l li| n I ti ■■ il 

[j, 40 M U it it U il ù- ♦•JJImNO, 



Fig. 589. 



Fig. 590. 



Posto la concentrazione nella fase amorfa quella data dal punto E, 
e la temperatura di 2170, la cristallizzazione è immediata con sepa- 
razione di due serie di cristalli misti quelli cioè con 76 % di Ag NO, 
(punto F) e quelli con 66 % di Ag NO, (punto G), mescolati insieme 
come in un conglomerato. Il punto E è perciò un punto doppio e 
funziona da eutetico (102). 

Molti altri tipi entrano nel caso qui considerato, e molte sono le 
combinazioni fra i singoli tipi. 

Ove i componenti siano tre o più, il fenomeno diviene più com- 
plicato, e con esso è più complicata la rappiesentazione grafica ; che 
deve essere fatta nello spazio. Per questi casi conviene consultare 
trattati speciali di chimica-fisica. 

Serie continue di cristalli misti senza lacune si incontrano nelle 
seguenti coppie di metalli: 



24 — e. Viola. 



370 Capitolo undicesimo 



Cu-Mn; Cu-Ni; Cu-Pd; Cu-Pt; Ag-Pd; Au-Pd; Au-Pt; Cr. 
Mn, Fé, Co, Ni fra di loro e Fe-Pt. 

Cristalli misti con una lacuna formano moltissimi metalli fra 
di loro, come: Al con Zn, Mg, Ag, Cu; Mn con Sb, Sn, Si, Al, Ag; 
Ni con Bi, Sb, Pb, Sn, Si, TI, Al, Zn, Au, Ag ecc. 

ili. Struttxjra dei cristai^w isomorfi. — La correlazione fra 
carattere chimico e proprietà fìsiche' ha condotto alla costruzione 
di serie entropiche e morfotropiche. In ogni serie entropica le sostanze 
sono ordinate secondo un resto costante nei pesi atomici o rispetti- 
vamente molecolari, un aumento o una diminuzione regolare nei 
singoH dati numerici esprimenti le proprietà fìsiche e cristallografiche. 
Ma la struttura cristallina non y\ è eqtrata per nulla. All'incontro 
però se due o più sostanze di una serie entropica possono cristalliz> 
zare insieme e insieme unirsi in rapporti variabili e continui entro 
limiti finiti o no, compreso il rapporto dei loro pesi molecolari, la. 
struttura di essi è la stessa, epperò le dette sostanze della serie en- 
tropica costituiscono una serie isomorja, 

I cristalli misti in siffatte condizioni danno dunque un sicuro 
criterio del loro isomorfìsmo (15)- 

Un secondo mezzo, come si è detto, per concludere che due so- 
stanze sono isomorfe ed hanno perciò la stessa struttura con le co- 
stanti che la individuano è quello di paragonare fra di loro gli spettri 
di diffrazione prodotti con i raggi Rontgen (|6) (107) (109). 

Si ricorre ad altre indagini quando i precedenti mezzi non diano 
suffìcente affidamento, o perchè le esperienze falliscono, o perchè 
la tecnica non può raggiungere il desiderato effetto. 

Stabilita la simmetria di due sastanze cristallizzate con le pro- 
prietà fisiche e specialmente con la corrosione delle facce (37), dedottone 
indi il sistema a istallino, e detei minatane la sfaldatura e le facce 
fondamentali, si ricorre al volume molecolare e agli assi topici (107). 
Se questi dati si scostano di poco fra di loro nelle varie sostanze in 
esame, esse avranno la stessa struttura, e con ogni probabilità sa- 
ranno miscibili in rapporti continui, come appunto richiede la defi- 
nizione deirisomorfismo. 

A proposito delle facce fondamentali, da cui risultano gU angoli 
e i parametri fondamentali, è da notarsi che le facce fondamentali 
rappresentano il luogo delle minime costanti capillari e quindi del 
massimo sviluppo (|3). Non sempre però si ha riguardo a questa 
condizione nella scelta delle facce fondamentali a causa degli ele- 
menti di simmetria o di zone perpendicolari a facce, che agevolano 
la simboleggiatura delle foime e la rendono possibile. 

Per i cristalli del sistema triclino le facce fondainentah devono 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 371 



essere quelle di maggior sviluppo e quindi di minime costanti capil- 
lari. Posto M, dy V rispettivamente il peso molecolare, la densità e 
il volume molecolare, V — M: d; posto inoltre a: b: e i parametri 
fondamentali, a, ^, y gli angoli fra x, y, z o A, B, T gh angoli fra le 
facce fondamentali, ed essendo 

V 
yi = Qc) 

sen p sen y sen A 
si hanno i rispettivi assi topici (pag. 361) : 






94) 



Non così semplice va la bisogna per cristalli degli altri sistemi 
cristallini. Per dare un esempio le facce fondamentali nel sistema 
monometrico sono sempre assunte quelle dell'esaedro |ioo). Ma se 
non vi è dubbio che certi cristalli sono sviluppati secondo l'esaedro 
come la silvina, il salgemma, la fluorite ecc., ve ne sono di quelli, 
il cui sviluppo è secondo l'ottaedro, come l'allume ecc. ovvero se- 
condo il rombododecaedro come la cuprite, i granati ecc. Se l'esaedro 
è la forma fondamentale, gli assi topici devono essere calcolati come 
segue: 

X = ^ = w = \f^ 96) 

Se invece la forma fondamentale è l'ottaedro, gli assi topici 
saranno 

x = it == (ù = ^v^r 97) 

essendo 

V 

V^ = 7- -= 4.243 V . 98) 

sen^ òqo sen 700,31,44 ^ ^-^ ^ ' 

Se infine la forma fondamentale è il rombododecaedro, gli assi to- 
pici saranno: 

y = tj; = 0) = y/ Ki 99) 

essendo 

V 

V^ = = 2.271 V . 100) 

sen^ 70.31.40 sen Oo 

Analoghe considerazioni si possono fare per gli altri cinque sistemi 
cristalUni. 



372 Capitolo undicesimo 



Prendiamo come esempio Taragonite, i cui parametri fonda- 
mentaH sono nei rapporti 

a:b: e = 0.622444 : i : 0.720560. 

Ora volendo determinare gli assi topici in base a questi rapporti» 
si otterrebbero dei risultati errati. Infatti le facce di maggior svi- 
luppo sono, nell'aragonite, non {looj e {oio| ma {iio|, in base alle 
quali la struttura deve uniformarsi. Posto ciò i parametri trasformati 
devono essere 

Oi'.bi'. Ci = 1.17: 1.17:0.72 
essendo appunto 



ai == &j = yo^f^ e c^ = e . 

Con ciò gli assi topici per Taragonite devono essere calcolati in 
questo modo: 



essendo 



V V 

71 = ; = 7 ; = I.II45 V 

sen [i sen y sen A sen ò3.<>4ò 
e quindi 

^ = tp = 1.2189 yj V e co = 0.7501 \J V 

poiché l'angolo 

(no): (ilo) = 630.48'. 

Si ha per Taragonite Af = 100, i = 2.95, K = 33.9 e quindi 

)^ = i|a = 4.9663, (0 = 2.4276. 

Da queste considerazioni emerge che due cristalli vengono pa- 
ragonati fra di loro non solamente per i loro volumi molecolari, per 
i loro assi topici, sfaldature ecc. ma ancora per lo sviluppo delle facce 
e delle forme, poco monta se appartengano a imo o a più sistemi. 

Nella tabella che segue ci sono i volumi molecolari e gli assi 
topici di solfati e seleniati alcalini appartenenti al sistema trimetrico. 
Ma gli angoli (no): (no) sono vicini a quello dell'esagonale sicché 
gli assi topici devono essere calcolati in base a questo orientamento. 

KjSO^ 7 = 640.92' 5^ = 4.464 ^ = 4.491 Ci) = 4.997 

RbaSO^i 73°-36 4.634 4.664 5.237 

CsjSO^ 840.64 4.846 4.885 5.519 



Relazioni chimico'fisiche dei cristalli 



373 



K.Se04 

Rb,Se04 

Cs,Se04 



V ^ 7i<^.7i' yi^ = 4.636 f^ = 4.662 (1) «= 5.1 18 
79^.95 4785 4826 5.346 

910.16 ^ 4.987 5.035 5.697 



Date queste dimensioni, si può concludere, indipendentemente 
dalla loro proprietà di dare cristalli misti, che la loro struttura è la 
stessa e perciò che essi foimano una serie isomorfa. 

Serie isomorfa è anche la seguente, e gli elementi S, Cr, Se sono 

vicarianti : 



K.SO4 

K.ao4 

K,Se04 



V = 64.92 -^ = 4.464 t^ = 4.491 Ci) = 4.997 
70.39 4.600 4.647 5.088 

71.71 4.636 4.662 5.1 18 



Altrettanto dicasi dei solfati idrati di neodimio, praseo^}imio 
e sammario, come dimostrano le costanti seguenti di Duf et : 





Parametri 

fondamentali 

a: ò: e 


SIK. aMKlIm 

angolo 
fonda- 
mentale fi 


Indici principali 
di rifrazione 
per luce Na 


Angolo 

degli assi 

ottici 

2y 


l/d,(SO,),+ 8aq 
Prt (SO4), -f- 8 aq 
Sin,(S04)3+8aq 


0.9946 : X : 0.8810 

0.9902 : 1 : 0.8828 

I.OOXU3 : 1 : 0.88x9 


8»>.X7' 
88.24 
88.16 


1.5621, 1.5505, 1,54x3 
1.5607, 1.5494, 1.5309 
1.5629, X.5519, X.5427 


83«.57' 
85.27 
85.26 



In ultimo, sia considerata una serie di cristalli misti isomorfi 
trimetrici, nei quali Mg e Zn sono vicarianti : 



(Mg Zn) SO4 + 7 aq 


Densità 


Peso 


Volume 


Angolo 


Angolo 


composizione atomica 




molecol. 


molecol. 


•• 




Mg% 


Zno/o 


d 


M 


V^Mid 


no : fio 


(010) : (ili) 


100 





1.6760 


246.40 


147.02 


89.024.6' 


Ó3.040.6' 


78.88 


21.12 


1-7359 


255-06 


146.94 


16.3 


43-5 


74-44 


25-56 


1.7472 


256.88 


147.02 


15-6 


44.1 


62.70 


37-30 


I.7816 


261.70 


146.90 


10.8 


45.8 


57-59 


42.41 


1.7977 


263.78 


146.74 


lO.O 


46.5 


42.80 


57.20 


I.8415 


269.86 


146.54 


3.5 


48-5 . 


35-64 


64.36 


1.8604 


272.78 146.62 


0.6 


49.5 


18.11 


81.89 


1.9094 


279.98 


146.64 


880.54.6 


52.0 





100 


1.9600 


287.40 


146.64 


880.47.5 


55-5 



112, Proprietà ottiche dei cristai^u isomorfi. — Tutte le 
proprietà fisiche possono essere utilizzate nello studio e nelle ricerche 



374 Capitolo undicesimo 



dei cristalli isomorfi, poiché esse variano in modo costante nel pas- 
saggio da una ad altra sostanza successiva di una serie entropica 
od isomorfa, avendo la serie appunto origine da questo carattere. 
Ma nessuna quantità fisica è tanto sensibile e cosi efficace nella dia- 
gnosi delle sostanze allo stato cristallizzato, come lo sono le proprietà 
ottiche. Gli indici di rifrazione, la birifrangenza, l'angolo degli assi 
ottici, le estinzioni ecc. sono costanti che possono essere determinate 
con facilità e precisione; esse divengono perciò dati indispensabili 
nello studio delle serie isomorfe. I solfati ogdoidrati di neodimio, 
praseodimio e sammario esposti in una tabella del paragrafo (111) 
ci dimostrano appunto la loro analogia tanto dal punto di \'Tsta cri- 
stallografico quanto dal punto di vista ottico. 

Le stesse proprietà ottiche divengono specialmente proficue 
quando le indagini sono rivolte ai cristaUi misti. Le numerose espe- 
rienze a questo riguardo sono dovute a Dufet, Mallard, Wyrouboff, 
Lavenir, Retgers, G. Woulff, Wallerant ecc. Dufet anzi suppose che 
i dati sperimentali possono essere sintetizzati in una foimola empi- 
rica, die si ricava dalla nota legge di Gladstone. 

Date due sostanze isomorfe, con i loro indici »' e n", le densità 
d' e d'\ ì pesi molecolari M' e M" mescolate nel rapporto di p': p'\ 
dalla legge di Gladstone si ricava 

(n' — i) («" — i) n — I 



essendo n l'indice di rifrazione e dia, densità del cristallo misto. Posto 
indi secondo Dufet 



d' d" d 

si ottiene la forinola lineare: 

p' n' -\- p'' n'' 



P' -^P' 



= n , loi) 



che Dufet ha verificato con le misure^ come è figurato nell'esempio 
seguente di cristalh misti (Mg Ni) SO» -|- yaq. 



Relazioni chimica-fisiche dei cristalli 



375 



Composizione 

in 

•/odiMgS04 4-7aq 


Indice di rifrazione 3 per luce Na 


misurato 


calcolato 


diff. 


lOO 


1.4554 






71-65 


1.4645 


0.4641 


— 0.0004 


59.3 


1-4675 


0.4681 


-h 0.0006 


46.1 


1.4720 


1.4725 


-h 0.0005 


28.05 


1.4790 


1.4788 


— 0.0002 


20.9 


1.4830 


I.4815 


— 0.0015 





1-4893 







Comunque siano queste approssimazioni, sì può in ogni modo 
presumere che l'indice n risultante sia funzione lineare di «' e n"; 
ma sta il fatto pertanto che la formola di Dufet è in contraddizione 
con la legge generale della propagazione della luce nei cristalli. Con 
la stessa formola si calcola anche l'angolo degli assi ottici, come 
Dufet fece per i cristalli misti (Mg Zn) SO4 -f 7 aq. 



1 
Composizione 
in 
% di MgSO«+7aq 


Angolo degli assi ottici 


misurato 


calcolato 


diff. 


100 

è>.8 

75.5 

42.75 

4095 
29.8 

Q 


780.18' 

760.55 Vi 

76.36 

74°. 15 
740.9 

730.16 
700.57 


76.58 

76.37 
74.16 

78.8 Va 

73.17 Va 


4-2%' 

-f- 1 



Mallard suppose che la intensità luminosa nel cristallo misto 
sia la somma delle intensità luminose dei suoi componenti. Siano a 
tal fine a, b, e le velocità pi incipali« della luce nel cristallo misto. 
«1, 2)„ Ci e rispettivamente a,, 6,, e, le velocità principali dei compo- 
nenti, che entrano nel cristallo misto nel rapporto pii pi in numero 
di molecole (totale />i4- p^), il concetto di Mallard può essere rappre- 
sentato dalle espressioni seguenti: 

a« = Pi ai« -h />4 «2* » 
b' = Pi fci* + Pt t«* . 
c^ = Pi ^1* -f p2 0^ . 



Da qui risultano gli indici principali di rifrazione: 



376 Capitolo undicesimo 



I 


Pi 




P'. 


a* 


ai* 


+ 


a." 


I 


Pi 


+ 


^i 


p* 


^' 


P.' 



102) 






Ma prescindendo da qualsiasi ipotesi sulla struttura dei cristalli 
misti, si può seguire da vicino l'andamento del fenomeno ottico, 
ponendo per base le relazioni lineari seguenti : 

a = Xi Oi 4- Xj «2 » 

Y = xi Yi + ^1 Y« ' 

lasciando Xi e x^ indeterminati e calcolandoli in base alle esperienze. 
Cosi fece in modo generale La venir. Più praticamente si può intro- 
durre in luogo degli indici, le birifrangenze principali (60); infatti 
se hanno luogo le relazioni di La venir, si verificheranno pure le rela- 
zioni seguenti, che si ottengono sottraendo la seconda daUa prima, 
la terza dalla seconda e la terza dalla prima: 

a — p = Xi (Oti — ^i) -f Xa («1— (ì,), 1 

P— Y = 3ti (^— Yi) -h xj (^— r»),) 104) 

a—Y = ^i bi— Yi) + ^t («s— Y«) -3 

Per lo studio dei cristalli misti e dei loro componenti queste 
relazioni possono rendere ottimi servigi, poiché le birifrangenze 
sono determinabili con precisione di gran lunga maggiore che gli 
indici di rifrazione. Date le birifrangenze si calcola poi con suffi- 
cente approssimazione l'angolo degli assi ottici con la nota formola (51) 



.\^ 



tag F = \l- 5 . 42 bis) 



113. Densità dei CRiSTAi,ti misti. — Si può, come prima ap- 
prossimazione, ritenere che la densità d di un cristallo misto vari 
in modo continuo e lineare con le quantità percentuali v e loo-w 
dei componenti che nel cristallo misto prendono parte. Cosi Retgers 
ammise che la detta densità e le densità rispettivamente die d^ dei 
due componenti stiano nella relazione additiva (106) seguente: 

^ = ^ (<^2 — ^) -f ^1 105) 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 



377 



Varie misure fatte da Retgers sulla densità dei cristalli misti hamio 
messo in eviden:&a la giustezza dell'ipotesi di Retgers, donde si volle 
concludere che i cristalli misti sono mescolanze meccaniche. Per es. 
il solfato di ammonio e il solfato di potassio formanti cristalli misti 
seguono abbastanza da vicino la detta equazione come provancTIe 
seguenti tabelle dovute a Retgers. Anche i due componenti allume 
di potassio e allume di tallio si avvicinano alla detta regola. Non 
meno interessanti sono i cristalli misti di Mg SO4 -f 7 aq e Fé SO4 + 
-f 7 aq, benché essi appartengano al sistema trimetrico e monochno 
secondo che vi abbondi il primo o il secondo sale. 



Solfato 


\ DI AMMONIO K POTASSIO 


Al.f.UMB DI POTASSIO B DI ' 


TALLIO 


Cristalli misti 




Densità 


Cristalli misti 




Densità 


con 

(NH4)tSO,% 






con 
allume di K% 








calcolata 


misurata 


Diff. 


calcolata 


misurata 


Diff. 


5.45 


2.594 


2.574 


— 0.020 


9.62 


2.248 


2.246 


— 0.002 


8.33 


2.560 


2-578 


-h 0.018 


19.32 


2.182 


2.190 


-h 0.008 


15.03 


2.477 ■ 


2.474 


— 0.003 


30.15 


2.106 


2. HO 


-f- 0.004 


18.45 


2.440 


2.451 


-h O.OII 


30.98 


2.105 


2.109 


-f 0.004 


20.55 


2.417 


2.432 


-h 0.015 


33.70 


2.090 


2.070 


— 0.020 


26.47 


2.353 


2.342 


— O.OII 


47.13 


2.012 


2.015 


-f 0.003 


29.30 


2.322 


2.323 


4- O.OOI 


53.86 


1-975 


1.985 


-f O.OIO 


42.67 


2.195 


2.187 


— 0.008 


56.16 


1.962 


1.966 


4- 0.004 


65.35 


2.005 


2.004 


— O.OOI 


68.43 


1.898 


1.898 


0.000 


83.37 


1.878 


1.883 


-f- 0.005 


72.42 


1.878 


1.877 


O.OOI 










75.18 


1.864 


1.864 


0.000 










84.54 


1.820 


I.821 


-h O.OOI 



Cristalli ' misti di Mg SO4 H- 7 aq « Fé SO4 -h 7 aq. 



Con % di 
MgS04 + 7aq 




Densità 




calcolata 


misurata 


diff. 


5.72 


1.882 


1.884 


-f- 0.002 


13.99 


.. 1.870 


1.867 


— 0.003 


16.16 


' I.861 


1.860 


O.OOI 


21.08 


1.850 


1.847 


— 0.003 


21.94 


1.847 


1.842 


— 0.005 


31.16 


1.828 


1.827 


O.OOI 


33.45 


1.823 


I.821 


— 0.002 


41.02 


1.807 


1.807 


0.000 


43.21 


1.802 


1.799 


— 0.003 


54.07 


1.780 


I.781 


-\- O.OOI 


81.22 


I.711 


I.711 


0.000 


88.16 


1.698 


1.697 


O.OOI 


94.16 


1.687 


1.687 


0.000 



378 



Capitolo undicesimo 



Ma vi sono cristalli misti che si allontanano notevolmente dalla 
regola di Retgers in modo che per spiegare queste anomalie non basta 
rifugiarsi dietro agli errori d'osservazione. Le serie che notevolmente 
vi si scostano sono p. e. le seguenti: 

« 

Cristalli misti di Si F^ Co + 6 aq ^ Si Fg Cu -|- 6 aq. 



Con % di 


Si F» Zo -+- 6 aq 


78.6 


67.7 


30.1 


9.6 



Densità 



misurata 



2.IOI 
2. 115 

2.139 
2.214 



calcolata 



difif. 



2. 114 


+ 0,013 


2.129 


-f o.oio 


2.180 


-f 0.041 


2.208 


— 0.006 



Cristalli misti di Si F<, Zn -f 6 aq e Si F^ Co + 6 aq. 



Con % di 
Si Fé Zn -»- 6 aq 


Densità 


misurata 


calcolata .■ 


diff. 


78.1 

51.6 

6.9 


2.143 

2.155 
2.218 

1 


2.164 
2.177 
2.216 


« 
-f 0.021 
+ 0.022 
-|- 0.002 



Non conviene dunque dare alcima importanza al principio di 
additività dimostrato da Retgers per alcuni cristalli misti e non sod- 
disfacente per altri. D'altra parte i componenti entrano nei cristalli 
misti con proprietà fisiche diverse da quelle che essi hanno allo stato 
libero ; per questa ragione nemmeno le loro densità non possono en- 
trare nel calcolo delle densità risultanti. Consideriamo il cristallo 
misto nei componenti che entrano nel rapporto M^ : M, essendo M^ 
ed M2 i loro rispettivi pesi molecolari. Essendo d^e d^le^ loro densità 
e F, e Fo i loro volumi molecolari ed avendosi 



t^i = 



M, 



^2 = 



M2 



si dovrà fare in questo caso 

F = F/ = F/ ossia M^\ d^' = M^: d^' 

essendo F, Fj', F^' i volumi molecolari eguaU dei due componenti 
allo stato legato, con che l'uno o l'altro subisce una contrazione o 
una dilatazione nel momento d'associazione nel cristallo misto, e 
quindi una diversa densità di' e (ij'- 



Relazioni chifHico-fisiche dei cristalli 379 



Iv'ipotesi più semplice ehe si possa fare è 

V = ^' + ^« = ^ "^ "^ ^ M^ + M, ^ 105) 

2 2 2 d 



essendo d la densità del cristallo misto. Si ha perciò 



106) 



Posto Fj > Kj, la dilatazione del 1° componente è data dalla diffe- 
renza 

Vo—V. 
V V — 

e la rispettiva contrazióne del 20 componente pure 

2 

Consideriamo ora im rapporto qualsiasi dei due componenti 
in quantità volumetriche v^\ v^, tacendo Vi -|- t's = 100. È naturale 
allora che la dilatazione del 1^ componente sia proporzionale a v^ 
e la contrazione del 20 a Vi, ossia rispettivamente 

e « . 

100 100 

Con ciò avremo i nuovi volumi molecolari come segue 

V.' = F, -f -^-^-? ^ e r,' = V. ^-^-^ i^ . 

^ * 100 ' * 100 

Queste due quantità sono eguali 

V, F, + z^t ^« 
F/ = F ' = ' ' * ' . 

" ICQ 

Le densità d^' e d^' dei due componenti allo stato legato sono per con- 
seguenza 

100 M, 100 Mj 
d/ = — : — e <t' = » 107) 

* Vi ^^1 -+- t'» »^j ^ l'i »^i + «^1 ^^2 

con le quali dovremo entrare nella espressione di Retgers. Avremo 
dunque definitivamente la densità del cristallo misto 



38o 



Capitolo undicesimo 



d = 



Vi Vi + t;, K, "■ piVid^-i- pt F, d^ 



io8) 



essendo v^ e u, le parti percentuali volumetriche, e />i e />, quelle pon- 
derali di due componenti, che fanno parte del cristallo misto. 

Con queste formole si possono rifare i calcoli dati da Retgers. 

114. Serie isopoi^imorpe, — Le modificazioni polimorfe di 
una data sostanza si ripetono in generale in sostanze che con essa 
fanno serie entropica, isomorfa o morfotropica. Questa legge sperimen- 
tale è in fondo conseguenza del significato di eutropia. Un esempio 
bellissimo ci ofErono gli elementi fosforo, arsenico, anthnonio e bism.uto 
come nel seguente quadro. 



Modificazione 


a-P 


% - As 


V 

ot-Sb 


1 

a-Bi 


Peso atomico 


31.04 


74.96 


iao.2 


208.0 


Sistema cristall. 


monometrico 


monometrico 


monometrìco 


? 


Colore 


trasparente 
giallo 


trasparente 
giallo 


trasparente 
giallo 


? 


Densità 


x.83 


? 


? 


? 


Nome 


fosforo giallo 


arsenico giallo 


antimonio giallo 


? 


Modificazione 


p.P 


p-As 


P-Sb 


P-Bi 


Sistema cristall. 


monoclino 


monoclino 


monoclino 


? 


Colore 


rosso-bruno 


bruno 


nero 


? 


Densità 


2.34 


4.71 


5.3 


? 


Nome 


fosforo rosso 


arsenico grigio 


•MM 


? 


Modificazione 


Y-P 


Y-As 


Y-Sb 


Y-Bi 


Sistema cristall. 


? 


romboedrico 


romboedrico 


romboedrico 


Colore 


? 


grigio metallico 


grigio-bianco 
metallico 


roseo argentino 


Densità 


4.8 ? 


5.727 


6.7X 


9.76 


Nome 


? 


arsenico 
metallico 


antimonio 
metallico 


bismuto melali. 



Le serie eutropiche e in parte isomorfe sono disposte in linee 
orizzontali, le polimorfe in colonne. Il quadro non è completo poiché 
mancano le due prime modificazioni del bismuto, e l'ultima del fo- 
sforo. Ma data la perfetta analogia di queste serie, l'esperienza col- 
merà le lacune, e presumibilmente nel senso sopra indicato. Un 
quadro cosi determinato rappresenta una serie eutropolimorfa e in 
ispece isopolimorfa. 

Le esperienze cosi ordinate indicano la possibilità di modifica- 
zioni che altrimenti.andrebbero perdute, e segnano la via per rintrac- 
ciarle. Così riesce evidente che il fosfato e l'arseniato sodico monoi- 



Relazioni chimicorfisiche dei cristalli 



381 



drato devono avere tre modificazioni, di cui due si conoscono. In- 
fatti dette sostanze sono isomorfe nella modificazione bipiiamidale 
trìmetrica, come si rileva dalle seguenti costanti: 



Sostanze 


Peso 

molecpl. 

M 


Densità 
d 


Classe 

cristallina 


Parametri 
fondamentali 


M 

d 


PO4 . Na Hs . Hj 
AsO^.NaH^.HsO 


138.07 
181.69 


a.055 
a.670 

? 

? 


bipiramidale 
trimetrica 

id. 


0.8170 : I : 0.4998 
0.8165 : I : 0.4983 


67.1 i 

68.0 ) 

« 


PO4. NaHj. HjO 
AsO^.NaHt.HsO 


138.07 
181.69 


piramidale 
trimetrica 

sconosciuta 


0.9336 : I : 0.9624 


: I- 




PO4. NaHg. HjO 
A8O4. NaHo. H2O 


138.07 
181.69 


? 
? 


sconosciuta 
monodino 






1.1087 : I : 1.5888 



Manca la modificazione emimorfa nel secondo dei due composti, 
e la modificazione monoclina nel primo; ma con ogni probabilità 
esìstono entrambe, d^to che le due sostanze sono isomorfe nella mo- 
dificazione bipiramidale. 

Numerose serie isopolimorfe ed eutropolimorfe si incontrano 
fra i minerali, specialmente fra i solfuri, arseniuri e antimoniuri, 
come nel quadro seguente: 



Modificazione 


Minerali 


i — — - 

Composizione 


Minerali 


Modificazione 


. 


Pirite 


FeS, 


Marcasite 


, 


Nt 




FeAsS 


Arsenopirite 




1 


Pirite 






• CQ 


arsenicale 






.« 

M 


§ 


nìchelifera 


NiAsS 


* 


4J 

Si 


s 


/ 








§ 


Cobaltite 


(Co Fé) AsS 




s 




(Ni Fé) (As S Sb), 


Wolfachite 








Fé As., 


Lòllingite 






Smaltite 


(Co Ni Fé) As, 







US. Acqua dei cristaij:j. — Vi sono cristalli che sotto l'azione 
del riscaldamento o in tensioni e temperature determinate emettono 
dell'acqua; vi sono del pari cristalli che assimilano dell'acqua in 
ambienti capaci di cederla. È interessante, per la struttura dei 
cristalli, conoscere la fimzione di quest'acqua, la quale può essere 
emessa dai cristalli o esservi inmiessa. La funzione di quest'acqua 



382 Capitolo undicesimo 



può essere molteplice: basti notare per esempio che essa può essere 
eliminata dall'edifìcio cristallino facilmente o difficilmente, può essere 
espulsa o esser\d introdotta in tutto o in parte, in modo continuo o 
discontinuo, in modo riversibile o irriversibile, e può portare nella 
sostanza cristallina o delle modifìcazioni, ovvero solo delle variazioni 
continue. 

I/'e$perienza distingue tali funzioni nel seguente modo: 

1^ Acqua di costituzione in quanto durante la sua emissione 
o immissione, porta nei cristalli delle modifìcazioni discontinue e ■ 
irriversibili. 

2<> Acqua di cristallizzazione poiché essa produce trasforma- 
zioni discontinue e riversibili. 

30 Acqua di associazione (o acqua disciolta), che si unisce a 
una sostanza cristallina o si di\'ide da essa in modo continuo e per 
lo più riversibile. 

4<> Acqua igroscopica o assorbita o meccanicamente aggiunta 
in quanto le variazioni da essa predotte nei cristalli sono di valore 
additivo. 

L'esperienza stessa dimostra che queste ^juattro diverse e fon- 
damentali funzioni possono essere accoppiate insieme. Ma se è facile 
o non assolutamente difficile riconoscere la funzione dell'acqua 
nei cristalli quando essa è isolata ed unica, è all'incontro compito 
molto arduo dell'esperienza scindere e riconoscere le varie funzioni 
dell'acqua quando esse siano simultanee. Talvolta si riesce a isolarle 
sotto il dominio di vari intervalli di temperatura, altre volte ciò è 
impossibile, e conviene allora ricorrere a speciali artifìci. 

Basterà qui che esaminiamo i quattro modi di trovarsi del- 
l'acqua nei cristalli, rimandando, per notizie più esatte, il lettore 
a opere speciali. 

i» 'U acqua emessa dai cristalli è di costituzione, quando con 
V eliminazione di essa, la sostanza cristallizzata passa da una modi- 
ficazione ad un*altra in modo discontinuo e irriversibile. Le due mo- 
difìcazioni possono essere stabili o instabili. La brucite cristallizza 
nel sistema trigonale, classe scalenoedrica, fìg. 128 e 129, con eminente 
sfaldatura basale. La sua molecola nello stato amorfo è Mg (OH),. 
Riscaldata perde bruscamente una molecola d'acqua e si trasforma 
in MgO, che allo stato cristalUzzato nel sistema monometrico è co- 
nosciuta col nome di periclasio. Queste due modifìcazioni non sono 
riversibili, dato pure che l'ossido di magnesio in contatto con l'acqua 
passi in idrossido; poiché brucite e periclasio nel loro contatto non 
si trasformano scambievolmente. Per la loto cristallizzazione occorre 
seguire una via indiretta. Analoghi rapporti si rivelano fra il corin- 
done AljOj del trigonale, il diaspoio AIO . OH del trimetrico bipira- 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 383 



znidale, l'idrargillite Al (OHjj del monoclino. Allo stato cristalliz- 
zato essi non sono trasformabili reciprocamente con l'uscita o rispet- 
tivamente con l'entrata dell'acqua. Il diasporo riscaldato dà una 
molecola di acqua e si trasfoima in Al^ O3; e la Gibbsite Al (OH), 
riscaldata dà 3 molecole di acqua con la formazione di Al^ O3. 

Il fosfato monocalcico Ca (HPOj), riscaldato emette bruscamente 
due molecole di acqua trasfotmandosi in metafosfato calcico, il 
quale cristallizza con due molecole di acqua. Ma la trasformazione 
inversa diretta non è possibile. 

Da questi pochi esempi si può concludere che l'acqua di costi- 
tuzione fa parte integrale della struttura cristallina; con l'uscita 
di essa la struttura cambia radicaUnente, e* non è possibile ripristi- 
narla con lo stesso processo invertito. 

2° L'acqua emessa dai cristalli immessa in essi è di cristalliz- 
zazione, quando produce delle trasformazioni discontinue e riversibili nei 
cristalli stessi. I cristalli che la contengono si chiamano idrati, che di- 
vengono anidri con l'uscita totale dell'acqua. Per comprendere l'uf- 
ficio di quest'acqua, seguiamo il fenomeno verificantesi nel solfato ra- 
meico Cu SO., con l'uscita o l'entrata dell'acqua. Cu SO4 anidro cri- 
stallizza nel sistema trimetiico. 

Esposti i cristalli di Cu SO4 in ambiente umido, e.^si si conservano 
stabili ad una tensione non superiore a 4.4 mm. di mercurio. Ma ap- 
pena questo limite sia superato, il solfato rameico assorbe dell'acqua 
fino al punto che tutta la sostanza siasi trasfoimata nel monoidrato 
CUSO4.H2O, i cui cristalli non sono bene noti. Questo monoidrato 
limane stabile in ambiente umido fino a che la tensione di vapore 
si mantenga fra 4.4 mm. e 30 mm. di mercurio. Quandp la tensione 
supera quest'ultimo limite, il monoidrato si trasforma nel triidrato, 
cioè Cu SO4. 3H2 O, i cui cristalli sono monoclini, e la cui stabilità 
rimane nei limiti di tensione 30 mm. e 47 mm. Ma se la tensione an- 
cora cresce, il triidrato si trasforma nel pentaidrato, cioè Cu SO4. 
5 Hj O, assimilando due molecole d'acqua. I suoi cristalli sono del 
triclino. 

In conclusione l'acqua immessa nel solfato rameico anidro pro- 
duce tre modificazioni cristalline stabili in determinati intervalli di 
tensione e di temperatura. I/entrata dell'acqua avviene in modo 
discontinuo pur variando in modo continuo la tensione, e in modo 
discontinuo si producono le dette trasformazioni, e cioè: 

Cu S O4 trimetrico è stabile per tensione < 4-4 iJ^i- 

Cu SO4. ILjO è stabile per tensione 4.4 — 30 mm. 

Cu SO4. 3H2 O monoclino' è stabile per tensione 30 — 47 mm. 

Cu SO4. 5Hj O triclino è stabile per tensione ^ > 47 mm. 



/ 



384 Castolo undicesimo 



Se il processo si in verte, e Tin versione è sempre possibile, si 
invertono anche le trasformazioni. Se Torigine è il solfato rameico 
pentaidrato cioè Cu SO4. 3H2 O, in ambiente umido e la tensione 
da 47 mm si abbassa gradatam.ehte in modo continuo, si ripresen- 
tano successivamente le modificazioni Cu SO4.3H, O, Cu S04.Ha O 
e Cu SO4 a misura che la tensione passa rispettivamente i limiti di 
47 mm,.3o mm. e 4.4 mm. Quest'esperienza dimostra che l'acqua 
emessa dal solfato rameico idrato, e quella immessavi nel processo 
invertito producono nei cristaUi modificazioni discontinue e river- 
sibili, ed ha perciò il carattere dell'acqua di cristallizzazione; essa 
ha l'ufficio di generare nella stessa sostanza null'altro che modifi- 
cazioni polimorfe enantiotrope (99)» con variazione di energia ca- 
lorifica che entra od esce dal cristallo appena una modificazione 
si presenta. Anche nei singoli idrati e nel composto anidro, che da 
essi può risultare, esistono campi di stabilità per temperature e pres- 
sioni determinate, come nelle singole modificazioni polimorfe. Per 
questa ragione nella formazione di idrati e del composto anidro esi- 
stono luoghi di trasformazione. 

Questi processi riescono più comprensibili con una rappresen- 
tazione grafica. A tal fine si portano le pressioni p sull'asse delle 
ascisse di un sistema ortogonale, e le temperature t sull'asse delle 
ordinate, di guisa che ogni punto del piano con determinati valori 
ói p e t diviene l'immigine di uno stato fisico. Unendo tutti i punti 
del piano ove la stessa trasformazione ha luogo, si ottiene una linea 
che è appunto la curva di trasformazione di due idrati, i quali possono 
coesistere insieme. Per il solfato rameico Cu S O4 i luoghi di trasfor- 
mazione sono tracciati schematicamente nella fig. 391, ed indicati 
con le curve OA , OB, OC, OED. Essi dividono il piano, ossia il campo 
intero di esistenza del solfato rameico sotto forma di anidro, di idrati 
e amorfo, in cinque regioni I, II, III^ IV, V. Nella I regione è stabile 
il composto anidro Cu S O4 ; nella II regione è stabile il mono- 
idrato CuS04.H,0, nella III regione il triidrato CuS04.3H,0; nella 
IV regione il pentaidrato CUSO4.5H2O, e finalmente nella V re- 
gione, cioè fra ^ e la curva OED è stabile la soluzione di solfato ra- 
meico, dalla quale gH idrati possono cristalhzzare. Si rileva ancora 
dalla fig. 591 che in qualunque punto della curva OA due modifica- 
zioni possono trovarsi in equihbrio di contatto cioè Cu SO4 e Cu SO4. 
H2 O ; nei punti della curva OB, possono coesistere simultaneamente 
gh idrati CuS04.HjO e CUSO4.3H2O; nei punti della curva OC 
possono coesistere in contatto gli idrati Cu SO4.3H, O e Cu SO4. ^ìlg O ; 
nei punti della curva OED possono trovarsi in equilibrio di contatto 
l'idrato Cu SO4.5H, O e la sua soluzione. Il principio e il carattere, 
l'equilibrio e le trasformazioni che hanno luogo nelle modificazioni 



Relaziotn chimico-fisiche dei cristalli 



385 



polimarte, si ripeto ao negli idrati e nel loro composto anidro, che 
l'esperienza determini. Mai nondimeno, benché la differenza tra 
acqua di costituzione e l'acqua di cristallizzazione sia cosi spiccata, 
benché la definizione tra Tuna e l'altra sia teoricamente cosi netta, 
la distinzione non sarà sempre semplice e facile, perché se l'acqua 
di cristallizzazione è fortemente legata al composto, e viceversa se 
l'acqua di costituzione può uscire a temperatura relativamente 
bassa, il risultato dell'esperienza potrà apparire incerto in taluni casi, 
e solo con speciali artifìci potrà essere chiarito. 




Ptg. 591. 



Moltissimi altri esempi possono essere citati in riguardo all'acqua 
di cristallizzazione. Cosi gli allumi con 12 molecole di' acqua R'". R^ 
(SO4),. 12H, O, il salamaro Mg SO|. yHj O e i vitrioli di ferro, zinco, 
nichelio e cobalto con 7 molecole di acqua, il cloruro di bario, l'acido 
ossalico C, H4 O,. 2H, O e il gesso Ca SO4. 2H, O con due molecole di 
acqua, quest'ultimo isomorfo col seleniato e cromato di calcio idrato. 
Il gesso ad esempio che cristallizza nel monoclino dalla densità 2.32, 
si trasforma a iiqo in gesso da presa con mezza molecola d'acqua, 
ossia 2Ca SO4. H^ O, dalla densità 2.75. D'ordinario però nella pra- 
tica per ottenere il gesso da presa si spinge il riscaldamento (la cot- 
tura) quasi fino a lyy^', il gesso perde allora tutta l'acqua e si trasforma 
in anidrite solubile, che è instabile, diversa dall'anidrite naturale 
trimetrica. Invertita l'operazione si ottiene successivamente il mono- 
idrato e il diidrato / che di nuovo cristallizza nel monoclino. Su questo 
carattere si basa la presa del gesso. 

I solfati e i seleni ati cerosi isomorfi idrati sono esempi bellissimi 
per la conoscenza dell'acqua di cristaUizzazione. Il seleniato ceroso 
Cèj (SO4), è stabile alla temperatura di 180^; esso prende ben tosto 

25 — e. Viola. 



yfiS Capitolo undicesimo 



4 molecole d'acqua trasformandosi, in ambiente umido, in Ce, (SO4),. 
4H, O se la temperatura discende a loooC; abbassandosi ancora la 
temperatura il tetraidrato ceroso diventa un pentaidrato Ce< (SO4),. 
5H,0, indi successivamente ettaidrato Ce, (SO4),. 7H,0, ogdoidrato 
Ce^ (SO4),. 8H, O, endecaidrato Ce, (804)5. iiH, O e infine dodeca- 
idrato Ce, (SOi),. i2H,0. .Invertendosi l'andamento continuo della 
temperatura fino a 1800 si presentano successivamente e in modo 
discontinuo tutti gli idrati cerosi compreso il solfato anidro. 

30 L'acqua eftiessa dai cristalli immessa in essi è di associazione 
(o disciolta), quando produce nei cristalli stessi variazioni continue e ri- 
versibili. Per la prima volta è stata rinvenuta l'azione di quest'acqua 
da Tammanntiel platicianuro di magnesio. Una soluzione satura di 
questo sale a 0° C lascia depositare cristalli, la cui composizione si 
approssima alla formola Pt (CN4) Mg.yH, O, come infatti dapprima 
si supponeva. Le analisi sulle quantità di acqua erano sempre di- 
scordi perchè non hanno mai dato esattamente 7 molecole di acqua. 
Attribuendo le differenze ad errori d'osservazione, si credette di 
poter scrivere la formola suddetta. I bei cristalli fosforescenti, rosso 
caxminio per trasparenza e verde metaUico per liflessione sono del 
dimetrico (a:c= 1:0.6103) ^ ii^n contengono esattamente 7 ma 
6.9 molecole di acqua, sicché per questo solo fatto il platicianuro 
di magnesio non è un semplice idrato, né l'acqua in esso contenuta 
é semplicemente acqua di cristallizzazione. Infatti alzando la tem- 
peratura, da o^ a 45° gradatamente il platicianuio di magnesio perde 
in modo continuo dell'acqua fino a 6.1 H,0, "e la riacquista total- 
mente nel processo inverso. Ix> stesso lisultato si ottiene, facendo 
cristallizzare il platicianuro di magnesio da soluzioni satuie à diverse 
temperature da o^ a 45». Le propiietà fisiche del platicianuio di ma- 
gnesio variano in modo continuo da o» a 45° col contenuto d'acqua 
da 6.1 a 6.9 Hg O. Anche la tensione di vapoie vaiia in modo continuo 
come la tensione di vapore della soluzione satura. 

Riscaldando il platicianuro di magnesio sopra 45», esso si ri- 
duce a un pentaidrato Pt (CN^)^ Mg.5Hj O. A Co® esso subisce una 
seconda trasformazione, perdendo una molecola di acqua, Pt (CN4) 
Mg.4H2 0; a 100° esso non è che un diidrato, Pt (CN^Mg.aH, O; 
finalmente a 2100 esso perde tutta l'acqua, trasfoimandosi nel com- 
posto anidro Pt (CNjj Mg. 

Prescindendo dalle ultime quatti o trasformazioni, ove l'acqua 
emessa è di cristallizzazione, nell'intervallo da o» a 43° C, il composto 
contiene acqua di associazione, la cui quantità oscillartte fra 6.1 
e 6.9 H, C) dipende dalla temperatura e dal grado di associazione, 
ed è perciò in relazione con la tensione di vapore del mezzo, nel quale 
il distailo é tenuto, o dal quale esso si forma. 



Helazioui chimico-fisiche dei cristalli 587 

Il platicianuro di magnesio ci offre nello stesso tempo un esempio 
nel quale Tacqua ha funzione complessa, infatti fra o^ e 43^ l'acqua 
è in parte di cristallizzazione e in parte di associazione. 

Prima di Tammann, A. Joannis osservò un analogo fenomeno 
nel sodammonio e nel potassammonio, ove però non Vacqua ma l'am- 
moniaca in parte è di associazione. Alla temperatura di o<* il sodam- 
monio può contenere quantità variabili di ammoniaca, cioè una mo- 
lecola di sodammonio può associarsi da 0.93 fino a 1.33 molecole di 
ammoniaca secondo la tensione di vapore ammoniacale del mezzo, 
poiché il solido ha la stessa tensione di vapore. L'ammoniaca nel 
sodammonio e nel potassammonio, secondo Joannis ha due funzioni 
che possiamo chiamare di composizione e di associazione. 

Tammann osservò e constatò l'acqua di associazione avente 
la stessa funzione come quella osservata nel platicianuro di magnesio, 
nella Heulandite, cabasite, desmina e varie altre zeoliti come lau- 
montite, Phillipsite, natrolite, scolezite, Thomsonite ecc. Zambonini 
sperimentò vari silicati, e vi constatò l'acqua di associazione imita- 
mente ad acqua d'altra funzione. Per esempio il malacone, che ha la 
composiùone dello zircone Si Zr O^, si trova fra questi composti. Col- 
locando il malacone in ambiente, la cui ten.«ione di vapore può variare, 
esso assume variabile quantità d'acqua, e subisce in conseguenza 
variazioni continue e riversibili entro certi limiti secondo la tempe- 
ratura e la tensione da cui dipende, e la quantità di minerale idra- 
tato. 

Secondo Tammann i composti cen acqua di associazione sono 
soluzioni solide, in cui l'acqua è discìolta ; con ciò egli ammette che 
vi sia una forza osmotica e la diffusione. Ma la forza osmotica non 
è stata dimostrata; i fenomeni che con la forza osmotica sono Con- 
nessi sono perfettamente, spiegabili con la tensione superficiale fra 
acqua e solido. Di più la diffusione derivante da soluzione parlando 
di cristalli misti si è esclusa sempre come non adattabile alla strut- 
tura cristallina. La diffusione dell'acqua d'associazione è all'incontro 
in relazione con il fenomeno di capillarità. 

Che l'acqua di associazione non altera la struttura del cristalllo 
e non porta che piccolissime e continue variazioni nelle proprietà 
fisiche, salvo l'assorbimento luminoso, la, dispersione e la rifrazione 
intema, si dimostra non solo eliminando tutta l'acqua e lasciando gli 
spazi vuoti o pieni d'aria, ma ancora sostituendo l'acqua con l'am- 
moniaca, il benzolo, il jodio, il bromo, il mercurio ecc. in quantità 
variabili. 

40 Vacqua di assorbimento o acqua igroscopica ha molta analogia 
con l'acqua di associazione; essa varia in modo continuo nell'uscita 
e nell'entrata e vi porta variazioni continue nelle proprietà fisiche, 



388 Capitolo undicesimo 



le quali sono di carattere additivo. Tra acqua igroscopica e acqua 
d'associazione vi è la stessa differenza come fra un miscuglio mecca- 
nico e una miscela fìsica omogenea. L'acqua di assorbimento si lega 
al composto portando con sé le proprietà sue, all'incontro l'acqua 
di associazione entra a far parte del cristallo con proprietà fisiche 
modificate e le condivide con quelle del cristallo in modo additivo, 
come si è visto nei cristalli misti, pag. 379. L'acqua di assorbimento 
nel cristallo ha la tensione esistente nel mezzo estemo; la quantità 
di essa non dipende dalla tensione solamente ma dalle pareti con 
cui può venire in contatto, perciò dal grado di disgregazione mec- 
canica del soUdo, se è allo stato frammentario, o in polvere ecc. 



Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 589 



• LETTERATURA AL CAPITOLO XI. 



J. H. van't Hoff, Vorlesungen Uber iheore fische physikalische Chemie, 

1901-1903. 
G. Bruni, Ueber feste Lòsungen, 1901. 

H. W. Bakhuis Roozbboom» Die heterogenen Gleichgewichte, ecc., 1901-1913. 
G. Bruni, Lezioni di chimica-fisica. Padova, 1908. 

— Ricerche teoretiche e sperimentali sulle soluzioni solide. « Memorie 

Acc. Lincei », 191 2, IX, 40. 

A. Campetti, Compendio di chimica fisica. Milano, 1910. 

B. Marc. Vorlesungen ùber die chemische Gleichgewichtslehre, 1911. 
H. C. Jones e M. Giua, Trattato di chimica-fisica. Milano, 191 3. 
W. Nernst e A. Corvisy, Traité de Chimie generale. Paris, 191 1. 
O. Lehmann, FlUssige Kristalle. Leipzig, 1908. 

— Die neue Welt der flUssigen Kristalle. Leipzig. 1911. 
G. Bruni, Feste Ldsungen und Isomorphismus, 1908. 
Fred. Wai<i«erant, Cristallographie. Paris, 1911. 

O. D. Chwawon-Davaux, Traité de Physique, tome III : « Equilibre des 

substances en contact». Paris, 1911. 
P. GroTh, EinUitung in die chem. Krystall. Leipzig, 1904. 

C. V101.A, Sui cristalli misti (Mg Zn) SO4 -f yH^O. Rendiccnti R. Acca- 

demia dei Lincei. 1916, II, 285. 

— Sulle leggi di G\bb, Curie e Hauy relative ai cristalli. Rendiconti R. 
Accademia dei Lincei, 1916, II, 401. 

— Sui cristalli misti, Rtndiconti R. Accademia dei Lincei. 

Vedi inoltre i lavori classici di Mitscherlich, le numerose pubblicazioni 
di Mallard, Wyrouboff, Dufet, Tutton, Lavenir, Le Chatellier, Schenk, 
Gossner, Bruni, Garelli, Retgers, Hulett, Tammann, e per l'acqua dei 
cristalli i lavori di Tammann, Friedel, Gonnard, Gaubert. Grand Jean, De- 
pret, Zambonini, ecc., e per la storia A. Arzruni e C. Hlawatsch. 



^^ 









ogrftphia^. • • 






Sflp 20,^24 









;^r 






-;<^^^ 




ori stali ' 



^janu^JÈ^ 






V52 






» rV^ '.'» 



W^'i-'^'^' 



i ' i li .. 












xm&f é-H 



'<'-'--■'' 



'■«■1 

^ V 






<H . 






















54^i<S'2 






^- - 









: i-tv-;' •ai\JEfe>'v,i^'^j^3^'^^'-«n'3:^^ 






UNIVERSITY OF CALIFORNIA UBlXlW^6%J^ ^- ^ ^>^ 




I