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TRATTATO
DI
CRISTALLOGRAFIA
CARLO yiOLA
Prof. ord. di mineralogia nella R. Università di Parma
TRATTATO
DI
CRISTALLOGRAFIA
Con §gi iìtcisioni nel Uslo dagli originali deU'Aulore
ULRICO. HOEPLI
iRE-LlBRAlO DELLA REAL
MUDANO
1920
PRINTEU IN ITALV
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PROPRIETÀ LETTERARIA
Goium. M. J. Fontana
Lìbiaiy
Milano — Tipografìa Umberto Allegretti — Via Orti, 2.
/
PREFAZIONE
Il corso di cristallografia che presento ai lettori, è scritto per
gli studenti di scienze naturali, di fisica, chimica, farmacia,
ingegneria e pei' tutti coloro che desiderano un avviamento allo
studio della cristallografia, una introduzione alla mineralogia, un
indirizzo air insegnamento medio.
Il libro stesso è sórto dalle mie lezioni, dalle dispense raccolte
dagli studenti in parte corrette dal Doti. AI. Ferrari, e poi rive-
dute dal Prof. L. Cuccia. Le dispense stesse dovettero essere
rimaneggiate, coordinate sotto migliore forma e completate in
vista di una pubblicazione; al qual fitte ebbi presente vari trattati
italiani e stranieri, che hanno risposto e rispondono ancora molto
bene alV insegnamento. Fra i primi rilevo il Sella, lo Striiver,
il PanebiancOy il La Valle, il D'Achiardi, r Arti ni.
Un corso elementare di cristallografia, come è il presente
libro, non può abbracciare tutti i molteplici problemi di geometria,
fisica, chimica relativi ai cristalli ; ma può dare i principi per
uno studio completo e spianare la via a trattati speciali, fra i
quali ricordo il Pockels, il Voigt- Sella, il Liebisch, il Walleraìit,
il Friedel, il Fletcher, il Miers, il Lewis, il Fedorow, il Gold-
schmidt ecc., alVapice dei quali sta nondimeno il graìi libro della
natura, aperto sempì e ai ricercatori volo7iterosi.
Questo corso di cristallografia è diviso in capitoli, ciascuno
dei quali porta a compimento un determinato tema relativo a
proprietà dello stato cristallizzato, a metodi di indagini che ne
fissano i risultati numerici, dando così corpo al concetto che la
scienza cristallografica è unica, uni^o essendo il fine a cui essa
mira, sia Vargomento perseguito con i teoremi della geometria,
sia la soluzione piti facilmente raggiungibile con le esperienze
fisiche, chimiche o chimico-fisiche.
^4H'.i82
vili
Prefazione
Nella sistematica dei cristalli, ho designato le singole classi
con i nomi propri delle forme generali amiche con i minerali o
prodotti chimici tìpici che ivi cristallizzano, perche se le prime
sono equivalenze delle simmetrie determinate da condizioni fisiche
e chimiche» i secondi appariscono cristallizzare in classi che Vespe-
rieìiza non ha sempre determifiato esaurientemente.
Quest'opera dunque non è sorta di un blocco, né è tutta mia;
perciò mi incombe r obbligo e sento il piacere di riìigraziare tutti
coloro che concorsero ad attuarla : gli studenti, il Doti. M. Ferrari, .
il Prof. L. Cuccia, ed in partìcolare il Prof. M. Minio del regio
Liceo di Parma, che con pazienza ed abnegazione si assujise
IHngrato compito di correggere con me le bozze di stampa, lar-
gheggiando sempre nelle osservazioni con P intento di dare al libro
forma accessibile ai più.
Sarò lieto se questo lavoro troverà accoglienza; gratissimo
se mi verranno indicate le ifiesattezze sfuggiteci nella compilazione
e nella correzione.
L'egregio editore signor U. Hoepli è il collaboratore per
eccellenza di questa pubblicazione. A lui e ai suoi che hanno
curata V edizione vadano i miei sinceri ringraziamentì.
Pognana, agosto 19 tg.
C. VIOLA.
INDICE
CAPITOLO I.
NOZIONI PRELIMINARI DI FISICA.
Pag.
1. Stati fisici I
2. Stato gasDso 2
3. Stato liquido 3
4. Stato solido 4
5. Stato omogeneo, isotropo, amorfo, anisotropo, cristallino ^ 5
6. Cristalli pastosi e liquidi 6
7. Miscele, miscugli, fasi 7
8 Equilibrio di contatto in un sistèma eterogeneo. Legge delle
fasi di Gibb 8
CAPITOLO IL
PRINCIPI GENERALI DI CRISTALLOGRAFIA.
9. Figure di cristalli 11
10. Equilibrio di un cristallo in una fase amorfa. Legge di Curie 12
11. Costanza degli angoli 15
12. Indici millerianJ • . . . . 17
13. Legge di Hauy 20
14. Facce vicinali. Poliedria delle facce. Associazione .... 23
15. Forme cristalline 24
16. Esperienze sulla struttura dei cristalli 25
^17. Relazioni fra spigoli, facce e zone 28
Letteratura ai capitoli I e II 31
Indice
CAPITOl-O III.
GONIOMETRI E PROIEZIONI.
Pag.
i8. Angoli e goniometri di contatto 32
19. Goniometri a riflessione 34
20. Proiezione stereografica. Teoremi 38
21. Problemi di proiezione stereografica 43
22. Proiezione stereografica dei cristalli 46
CAPITOLO IV.
CALCOLI INTORNO AI CRISTALLI. .
23. Calcolo delle costanti fondamentali 49
24. Calcolo degli indici dagli angoli e viceversa ...... 55
Letteratura ai capitoli III e IV 64
CAPITOLO V.
SISTEMATICA E SIMMETRIA.
25. I possibili sistemi cristallini . • 65
I — Sistema triclino . 68
i^^ Classe pinacoidale 69
2* Classe pediale 70
II — Sistema monttclino 71
3 ' Classe prismatica 73
4^* Classe domatica 76
5^* Classe sfenoidale 78
IH — Sistema trimetrico 79
6* Classe bipiramidale rombica. 80
7'^ Classe bisfenoidale rombica 86
8'^ Classe piramidale rombica 88
Osservazioni ai sistemi triclino» monoclino e trimetrico . . 89
IV — Sistema trigonale . 90
9* Classe scalenoedrìcò-trigonale 93
IO* Classe romboedrica 99
II* Classe trapezoedrico-trigonale • loi
Indice xi
Pag.
12*^ Classe piramidale-ditrigonale * 104
13* Classe piramidale-trigonale . 107
Osservazioni ,al sistema trigonale 109
V — Sistema dimetrico 109
/ gruppo ad asse di si*ntneiria 4'rio
14* Classe bipiramidale-ditetragonale 113
15* Classe trapezoedrico- tetragonale 116
lordasse bipiramidale-tetragonale 118
17^ Classe piramidale-ditetragonale 119-
iS*^ Classe piramidale-tetragonale 121
// gruppo ad asse d*inversione 4-rio
19*^ Classe scalenoedrico-tetragonale . 122
20*^ Classe bisfenoidale- tetragonale 124
VI — Sistema esagonale 126
/ gruppo ad asse di simmetria ó-rio
21^ Classe bipiramidale-dlesagonale 130
22^ Classe trapezoedrico-esagonale 133
23*^ Classe bipiramidale-esagonale 135
24^ Classe piramldale-diesagonale 137
25^ Classe piramidale-esagonale 139
// gruppo ad asse di simmetria s-rio
26^ Classe bìpiramidale-dìtrigonale 140
27* Classe bipiramidale-trigonale . . ^ 142
VII — Sistema monometrico ........ 143
28^ Classe esacisottaedrica 146
29* Classe giroedrìca 150
30* Classe dlacisdodecaedrica o pentagonale .... 152
31* Classe esacistetraedrica 155
32** Classe tetraedrica 159
Osservazioni ai sistemi dimetrico, esagonale e monometrico 162
Letteratura 'al capitolo V . 163
CAPITOLO VL
ASSOCIAZIONI.
26. Generalità. Associazione parallela 164
27. Associazione complementare 165
28. Emitropie - geminazioni semplici 168
XII Indice
Pag.
29. Emitropie - geminazioni composte 178
30. Mimesia 182
31. Associazioni eterogenee 185
Letteratura al capitolo VI 189
capitolo vii.
proprietÀl meccaniche.
32. Elasticità . . . .' 190
33. Limite d'elasticità, plasticità, scorrimento 195
34. Emitropie artificiali. Figure di percussione e pressione . . 198
35. Sfaldabilità. Frattura 201
36. Durezza 203
37. Corrosione. Stato fisico delle facce 206
Letteratura al capitolo VII 209
CAPITOLO Vili.
PROPRIETÀ OTTICHE.
a) Nozioni generali
38. Propagazione dell'energia raggiante nell'etere e nei mezzi densi 2 io
39. Superfìce d'onda 210
40. Principio di Huygens. Legge di Descartes 212
41. Luce omogenea, composta, naturale, polarizzata .... 214
b) Cristalli uniassici
42. Fenomeni fondamentali nella calcite 217
43. Superfìce d'onda 219
44. Carattere ottico 220
45. Costruzione della superfìce d'onda 222
46. Polarizzatori. Prisma di Nicol 223
47. Apparecchi per l'osservazione 226
48. Dispersione 228
e) Cristalli biassici
49. Sguardo storico 229
50. Superfìce d'onda 229
51. Costruzione della superfìce d'onda 231
52. Costruzione dei piani di polarizzazione, delle normali, dei
raggi 233
Indice xiu
Pag.
53. Raggi e normali corrispondenti. Costruzione di Silvester . 235
54. Teorema di reciprocità. Regola di Potier 237
55. Rifrazione conica . 238
56. L'elissoide indicatore in rapporto con la simmetrìa dei cristalli 240
57. Dispersione 241
58. Riflessione sulla superfìce dei crìstalli. Teoremi di Mac Cullagh 244
d) Determinazione di costanti ottiche in luce trasmessa pa-
rallela
59. Indici di rifrazione 246
60. Interferenza luminosa 255
61. Comparatore o compensatore 260
62. Lamine a facce parallele 262
63. Determinazione dei caratteri ottici di una lamina .... 263
e) Determinazione di costanti ottiche in luce trasmessa
convergente
64. Cristalli uniassici 264
65. Carattere ottico dei cristalli uniassici 267
66. Cristalli bia.ssici 267
67. Carattere ottico dei cristalli biassici 269
68. Angolo degli assi ottici 270
69. Determinazione della dispersione 272
f ) Cristalli attivi trasparenti
70. Osservazioni nel quarzo. Potere rotatorio 275
71. Determinazione del potere rotatorio 277
72. Dispersione rotatoria 281
73. Fenomeni in luce trasmessa convergente nel quarzo . . . 283
74. Esempi di sostanze cristallizzate monometriche e uniassiche 285
75. Potere rotatorio di cristalli biassici 286
76. Appendice. Potere rotatorio di sostanze amorfe 287
g) Assorbimento ed emissione
77. Trasformazione deir energia raggiante. Colore per traspa-
renza 288
78. Relazione fra assorbimento ed emissione 290
79. Colore per riflessione ; lucentezza 290
80. Traccia 292
81. Asterismo, figure luminose 292
82. Policroismo 294
83. Luminiscenza 297
84. Assorbimento di energia raggiante 299
85. Determinazione di costanti ottiche in luce riflessa .... 300
Letteratura al capitolo Vili 302
XIV Indiu
CAPITOLO IX.
PROPRIETÀ MAGNETO-ELETTRO-TERMICHE.
86. Induzione magnetica 303
87. Polarizzazione elettrica 306
88. Ferromagnetismo ; 309
89. Conduttività elettrica 309
90. Conduttività termica 311
91. Dilatazione termica. Deformazione omogenea 313
92. Relazione fra dilatazione termica e angoli 317
93. Apparecchi per misurare le dilatazioni termiche .... 319
94. Piroelettricità. Piezoelettricità 320
Letteratura al capitolo IX 327
CAPITOLO X.
TRASFORMAZIONI.
95. Discontinuità 328
96. Definizioni. Polimorfìa 329
97. Proprietà chimiche delle modificazioni polimorfe .... 330
98. Sunto storico del polimorfismo 331
99. Modificazioni in generale, stabili e instabili 334
100. Modificazioni riversibili 336
loi. Modificazioni irriversibili 340
102 « Cristallizzazione da soluzioni ' . 341
103. Esempi di sostanze polimorfe 346
Letteratura al capitolo X ' 35i
CAPITOLO XI.
RELAZIONI CHIMICO-FISICHE DEI CRISTALLI.
104. Serie eutropiche 352
105. Serie morfotropiche ■ . . . . 354
106. Isomorfismo. Sunto storico 356
107. Assi topici 360
108. Isomorfismo. Definizione. Cristalli misti 362
Indice xv
Pag.
109. Mezzi sperimentali per stabilire V isomorfismo fra due o più
sostanze 364
no. Formazione di cristalli misti 364
111. Struttura dei cristalli isomorfi 370
112. Proprietà ottiche dei cristalli isomorfi 373
113. Densità dei cristalli misti 376
114. Serie isopolimorfe 380
115. Acqua dei cristalli 381
Letteratura al capitolo XI 389
• « •
• • • •
■ •• • •
CAPITOLO I
Nozioni preliminari di Fisica.
1. Stati fisici. — Uno stato della materia è detenninato dalle
proprietà fisiche, relazioni fra azioni esteme e loro effetti. Variando
le azioni, varia lo stato fisico, che a sua volta può essere la causa
di un secondo stato vincolato al primo e cosi via.
Gli stati fisici possono distinguersi in quelli che risultano in
modo continuo gH uni dagli altri, e in quelU che si formano in
modo discontinuo, continue essendo le variazioni delle quantità
«steme (95).
Se tutti gli stati in cui può trovarsi successivamente la ma-
teria, destano l'interesse del fisico e del naturalista, ma non in modo
eguale, 'sono all'opposto di gran lunga più interessanti per il cri-
stallografo queUi che si formano a salti o in modo discontinuo.
Cosi 'ad esempio riscaldandosi la cera indurita, a poco a poco
si fa molle, pastosa, indi scorrevole e liquida; durante siffatti mu-
tamenti continui e graduah la cera non subisce notevole variazione.
Ma se il ghiaccio passa in acqua o viceversa, vi si produce un cam-
biamento brusco; il calore che si dà o si toghe non abbassa né alza
la temperatura, finché tutto il ghiaccio non si sia trasformato in acqua
o viceversa, appunto perchè il calore serve pel cambiamento brusco
di stato; vi é alterazione profonda da ghiaccio ad acqua e viceversa:
le proprietà fisiche dell'uno sono assolutamente diverse da quelle
dell'altra. Lo stesso fenomeno si nota quando il nitrato ammonico
da solido si fa pastoso e poi Uquido, o il ioduro di argento da
soUdo passa allo stato plastico.
Ci occuperemo sovratutto degH stati della materia, che si otten-
gono in modo discontinuo per effetto di azioni esteme; e precisa-
mente dello stato gasoso, Uquido, soHdo, e specialmente amorio,
isotropo, anisotropo, cristallino.
1 — e. Viola.
« • - • •
> . » r • »
Capirlo primo
2. Stato casoso. — La materia nello stato gasoso ha la pro-
prietà di riempire qualsiasi spazio e con la stessa densità in tutta
la sua estensione; lo spazio ove un gas è racchiuso può variare
facilmente di forma senza sensibile consumo di lavoro; la tempe-
ratura e la pressione ne determinano la densità.
Data la proprietà di un. gas di espandersi, questo esercita sulle
pareti di un vaso, in cui è chiuso, una pressione che deve essere
vinta, se il volume del vaso diminuisce, sicché ogni diminuzione di
volume corrisponde a una spesa di lavoro, e ogni aumento a un
guadagno. Con la proprietà espansiva dei gas è congiunta la loro
proprietà diffusiva e la minima densità. Nelle condizioni ordinarie
di pressione e temperatura i cm' di aria pesa 0.001293 g, e i cm*
di idrogeno 0.0000 89889 g.
Importante per il carattere dei gas è che essi si mescolano
in tutte le proporzioni.
Le l^gi che definiscono completamente uno stato gasoso,
sono (96):
i<* Legge di Boyle-Gay-Lussac, espressa nell'equazione:
pv = RT ,
essendo />, v, T, i?, pressione, volume, temperatura assoluta e co-
stante. Quest'ultima si può determinare per ciascun gas.
Essendo Po la pressione di un'atmosfera, 1033.3 g P^ ^^ ^ ^o
il volume di un grammo di gas e To la temperatura assoluta a
oo C. ossia 2730, avremo
1033.3 I033-3 I 3785
273 273 d d
essendo d la densità del gas.
Per l'aria:
d = 0.001293 g e quindi Ra = 2929 g.cm. •
Per l'idrogeno:
d = 0.00008988 e quindi Rh = 421 12 g.cm.
Per l'ossigeno:
d = 0.0014292 e quindi Ro = 2641 g.cm.
Si ha: ancora
R = cp — Cv
essendo cp il calorico specifico a pressione costante, Cv il calorico
specifico a volume costante.
Nozioni preliminari di Fisica
20 lyegge di Dalton. In ima. miscèla di diversi gas ogni singolo
esercita sulle pareti di mi vaso, in cui sono chiusi, una pressione
tale come se esso occupasse da solo quello spazio.
30 lycgge di Avogadro. Tutti i gas alla stessa temperatura e
pressione hanno lo stesso numero di molecole nello stesso volume.
— Sia M il peso molecolare espresso in g, essendo quello dell*idro-
gene 2.016 g, l'equazione di stato- dei gas ha anche questa forma:
pvM = RTM.
Ora si ha
MR = M ~^ ^ Ro = 84803 g.cm.
poiché — è una costante in virtù della 3* leggf.
■
H prodotto Mv rappresenta il volume u occupato da M gram-
mi-molecole ossia da un Mol. Con ciò l'equazione di stato dei gas,
racchiudente la i* e la 3* legge, ha la forma
pu
-jT- == i?og.cm. ;
ove Ro = Mcp — Mcv = Cp — C» (difEerenza delle calorie mole-
colari).
Si hanno ancora le s^uenti relazioni:
pu
T
= 84803 X 980.6 = 8.31 X io' erg = 8.31 Joule
= 1 .99 Calorie..
42600
IfSL legge di Boyle-Gay-Lussac non è assoluta, come numerosis-
sime esperienze dimostrano. Fochi sono i gas che obbediscono
alla detta l^ge, i quali per l'appunto si chiamano gas perfetti.
Essi tanto più vi si accostano, quanto più si allontanano dal loro
punto critico, che segna U limite dello stato di vapore.
I40 stato di vapore è diverso dallo stato di gas in quanto quello
può condensarsi e passare allo stato liquido, questo non è conden-
sabile, finché la sua temperatura è più alta del punto critico.
Gas rarefatti e a diverse temperature spesse volte si dissociano,
e anche allora la legge di Avogadro vi è applicabile, benché le mo-
lecole siano eterogenee.
3. Stato uquido. — I liquidi hanno un volume proprio defi-
nito, che può variare ma di poco con le condizioni esteme. Cre-
Capitolo primo
scendo la pressione estema, il volume del liquido diminuisce in-
sensibilmente ; crescendo la temperatura, aumenta il volume di poco.
Secondo Amagat (1886), per dare un esempio, il coefficiente di
compressione dell'acqua varia da 0.000043 a 0.000042 per pres-
sioni di circa 3000 Atm.
Le particelle di un liquido si muovono bensì liberamente, ma
la resistenza al moto è molto più notevole che nei ,gas; ossia i li-
quidi hanno maggiore attrito intemo dei gas, il quale ne determina
la viscosità, proprietà comune a tutti i Hquidi in più o minor
grado. Vi sono liquidi abbastanza viscosi, che si dicono molli o
fluenti, perchè dotati di fluenza; vi sono liquidi plastici e quasi
duri, dove la fluenza si genera in seguito a forti azioni esteme e
continuative.
Mentre un gas non ha forma propria, ma anzi tende a espandersi
senza limitazione, •un liquido invece prende forma sferica, quando
ne sia soppressa l'influenza della gravità o di forze di massa.
L'esperienza insegna che per ingrandire la superfice di un h-
quido occorre un certo lavoro, proporzionale all'aumento di super-
flce; il coefficente di proporzionalità si chiama costante di capil-
larità, OL, sicché essendo s la superfìce di un Hquido Ubera, ne
viene che l'energia contenuta in s è appunto
E = CLS,
tensioyie superficiale, con la quale è possibile dare al liquido la
superfice s. Il massimo effetto sarà raggiunto per E minimo e dato
volume. Se il liquido è Ubero e tolto daUe influenze di azioni esteme,
esso si dispóne in forma sferica, per la quale appunto 5 — minima,
come se esso fosse involto in una membrana, la cui forza elastica di
valore a tende a contrarla. In breve, la condizione di equiUbrio
di un Uquido è
ii = oc 5 = minimo.
4. Stato scudo. — I soUdi %i differenza dei . Uquidi e gas
occupano uno spazio definito; la loro forma è pure definita in-
dipendentemente da forze esteme; le loro particeUe sono difficil-
mente mobiU le une per rispetto alle altre, e sempre però in virtù
di forze esteme relativamente grandi.
La resistenza aUa deformazione, o attrito intemo dei soUdi, è
grande, dei Uquidi è piccola, dei gas è quasi zero.
Il volume dei gas varia con la pressione e temperatura secondo
la legge di Boyle-Gay-Lussac ; varia di poco nei soUdi, pochissimo
nei Uquidi.
Nozioni preliminari di Fisica
I
Mentre il coefficente di dilatazione termica nei gas è — ,
nei solidi è appena una piccolissima frazione di questa quantità.
La densità dei solidi è molto più grande di quella dei gas e in
generale più grande che dei liquidi. Nondimeno vi sono corpi, che
allo statQ liquido pesano più che allo stato solido, p. e. l'acqua è
più pesante del ghiaccio, il bismuto liquido più del solido.
Benché ci sia una spiccata differenza fra stato solido e stato
liquido, nondimeno è difficile decidere in ogni singolo caso, quando
un dato corpo ha il carattere di chiamarsi solido e quando li-
quido, essendoci numerosi stati di passaggio. Lehmann vuole, solidi
siano quei corpi che oppongono resistenza al taglio, e liquidi quelli
unicamente, come Tacqua, in cui siffatta resistenza è assolutamente
nulla. Ma questo carattere non è pratico e non dà affidamento
sicuro.
La trementina, la cera, i balsami, il miele, la pece, Tozocherina
e in generale molti miscugli, in parte si avvicinano ai solidi e in
parte tengono dei liquidi; come i solidi assumono forma propria, e
come i liquidi e fluenti si plasmano e scorrono. Il piombo, l'arr
gento, l'oro, il platino, il rame, i metalli in genere, anche la ghisa sono
corpi plastici. Veramente l'esperienza insegna che tutti i corpi solidi,
ancora quelli che ci sembrano rigidi, il ghiaccio p. e., si plasmano
e fluiscono, purché rimangano sotto azione lunga e continua.
5. Stato omogeneo, isotropo, amorfo, anisotropo, cri^
STAUJNO. — Con le relazioni fra azione estema ed efletto si è
ottenuto di distinguere gU stati gasoso, liquido e solido. Le azioni
e gli effetti possono essere scalari (96), cioè individuati da un nu-
mero, e difettivi (96), cioè individuati da una direzione, senso e gran-
dezza. Scalare è p. e. la temperatura, la densità, il calore specifico,
ecQ. Quantità direttiva è p. e. la velocità della luce, una forza, una
rotazione, uno spostamento, una dilatazione lineare, ecc.
Quando le quantità scalari e direttive sono le stesse in tutti i
punti di uno spazio, la materia che lo riempie, si trova in uno stato
omogeneo.
Questa definizione presuppone una materia continua, cosa non
rispondente all'esperienza; ma non cessa di avere valore per la ma-
teria discreta, purché si sostituisca « i punti equidistanti in ogni
direzione » in luogo di tutti i pimti.
Se la quantità direttiva è la stessa per tutte le direzioni, lo
stato omogeneo a cui essa si riferisce è isotropo per quella quan-
tità; se non è la stessa, lo stato omogeneo h anisotropo. Se lo stato
omogeneo è isotropo per tutte le quantità fisiche, la materia è
Capitolo prifHO
amorfa: se è anisotropo per una a più • quantità fisiche, la materia allo
stato omogeneo è cristallizzata.
Esempi:
Se la velocità della luce è la stessa per tutte le direzioni, la
sostanza omogenea, a cui essa si riferisce, è isotropa per la luce,
come la blenda, il salgemma, il diamante, la silvina, la iiuorina,
lo spinello, ecc. ; se all'incontro la velocità della luce non è la stessa
per tutte le direzioni, la sostanza è anisotropa per la luce, come la
calcite, il quarzo, l'aragonite, il topazio, il berillo, Tanatasio, lo
zircone, l'ortoclasio, l'albite ecc.
Amorfi sono il vetro, l'ossidiana, il mercurio liquido, il solfo
fuso, ecc.
Una sostanza omogenea anisotropa è il cristallo; p. e. il sal-
gemma, la pirite, il diamante, il gesso, il rutilo, il corindone, la
marcasite, il quarzo, la tridimite, il pirosseno, la mica, il di-
Steno ecc. (32).
Amorfi possono essere i gas, i liquidi, i solidi; cristalli i
liquidi e i solidi, molli e fluenti.
Non \i può essere passaggio continuo fra stato amorfo e
stato cristallino ; la trasformazione è brusca, e la temperatura a cui
essa ha luogo, si chiama punto di trasformazione (95). Qualunque
passaggio da cristallino a cristallino, da amorfo a cristallino o vice-
versa è sempre discontinuo. Cosi p. e. il passaggio da acqua a
ghiaccio o viceversa è brusco; il suo punto di trasformazione è 0° C.
' alla pressione di 76 cm; il punto di trasformazione da solfo fuso
a solfo-a (trimetrico) è 95<>.6 C, da solfo-a a solfo- p (monoclino)
è 1050 C. •
6. Cristai,!,! pastosi e wquidi. — I^'esistenza di sostanze
omogenee anisòtrope non soUde è il risultato di studi sperimentali
compiutisi negli ultimi 40 anni. Si conoscevano cristalli plastici,
quasi pastosi, da lungo tempo; Lehman n (1877) richiamò l'attenzione
a questo r^uardo sul ioduro d'argento Ag } . Questa sostanza (33)
alla temperatura ordinaria cristallizza nel sistema ess^onale; a
1460 C. fonde (si trasforma) in una massa vischiosa omogenea con-
servandosi anisotropa e assumendo forme analoghe a quelle del
siistema monometrico (103); a 5500 q, fonde di nuovo in un liquido
amorfo.
Anche i cristaUi di nitrato ammonico, NH4 . NO,, a 32® C. sono
cosi molH che tirati in fili sottili si piegano come la cera e si conser-
vano taH fino a 830 C (103).
Questi ed altri fatti consimili prepararono poco a poco l'opi-
nione che i cristalU non devono essere assolutamente sohdi, come
Nozioni preliminari di Fisica
sì credeva; la plasticità, pastosità, fluenza e fluibilità non sono
incompatibili con lo stato omogeneo anisotropo.
Lehmann (1877) potè concludere che il benzoato di colesterile
preparato da Reinitzer, C^ H, CO, (Cf, H45), è in cristalli fluenti o
molli nell'intervallo di 143^-179° C. Analoghe proprietà si consta-
tarono nell'acetato di colesterile, C, H, O, (C,, H45), nel benzoato di
idrocarotina, nel propionato di colesterile C, H, O, . (C,, H45), e in
nu merosissimi oleati quali di Na, K, NH4, NH, . CHj, NH (CH,),,
N (CH,), che furono oggetto di studi accurati sovrattutto per parte
di Lehmann stesso.
Con le ricerche fisiche e chimiche su tali sostanze si dissipò il
dubbio, dapprima giustificato, che le dette sostanze pastose e U-
quide di Lehmann fossero miscele non omogenee o miscugli.
Un preparato di Vorlànder, il p-azossibenzoato di etile, ha
tutti i caratteri fisici del joduro d'argento nell'intervallo di ii3**,5-
1200,5 C.
NegU ultimi io anni il numero di cristaUi Uquidi andò cre-
scendo, sicché oggi si annoverano oltre 200 le sostanze organiche
che allo stato Uquido sono cristalli. Fra i primi studiati da Leh-
mann si notino i s^uenti:
Sostanze allo stato cristallino liquido nell'intervallo
p-azossiferietolo 1340-1650 C.
p-azossianisolo Ii6<>-i34°
p-azossianisolo di etilmetile 870-140°
Prodotto di condensazione di ben-
zaldéide e benzidina 2340-360°
Azino del p-ossietilbenzaldeide .... 1 720- 1 99<
\0
Queste sostanze allo stato liquido negH intervalli Indicati sono
omogenee, e per varie proprietà fisiche, anisotrope, vale adire hanno
i caratteri, con cui si definiscono i cristalli, e come taU devono
essere conosciute.
Vi sono sostanze, il caprinato, capronato, formiato, caprilato di
colesterile, ecc., le quali sono liquidi cristallini in due. intervalli di
temperatura ed amorfi in altri.
■
7. MISCEI^E, MISCUGLI, FASI. — Oltre i composti e gli elementi
chimici, anche le miscele e i miscugli possono avere i caratteri dei
cristalli, vale a dire essere omogenei ed anisotropi; ma in questo
caso si dà all'omogeneità un senso più lato; ossia i punti ove le
proprietà fisiche scalari e direttive sono le stesse, si trovano a di-
stanze eguaH rispettivamente per ogni direzione.
Nelle miscele i singoH componenti non sono separabiU gU uni
8 Capitolo primo
dagli altri senza spesa di energia termica, né si ricompongono senza
guadagno.
Nei miscugli i componenti sono sciolti gU uni dagli altri, ovvero
si scindono senza spesa né .guadagno di lavorò.
Per la cristallografia solo le miscele hanno notevole impor-
tanza, per la petrografìa anche i miscugli.
Le miscele sono fisiche o soluzioni. In quelle i singoH compo-
nenti non si diffondono gli uni negli altri. All'incontro in ogni solu-
zione si a\'verte il fenomeno della diffusione e l'esistenza della forza
osmotica, ciò che manca nelle miscele fisiche. Le miscele fisiche
allo stato cristallizzato si dicono anche cristalli misti (31), (108).
Se il carattere delle miscele fisiche, a differenza dei miscugli o
miscele meccaniche, é quello che in esse i componenti non possono
separarsi gli uni dagli altri senza spesa di lavoro, è evidente che i
componenti entrano nelle miscele fisiche con proprietà diverse
da quelle, che essi hanno allo stato libero, specialmente di volume;
onde alcuni componenti vi si contraggono, altri vi si dilatano, come
suppose Mallard, e dimostrò Gossner successivamente con varie
esperienze.
Miscugli sono le rocce, aggregati di minerali.
I singoh stati in cui le miscele, o i composti e gh elementi
possono trovarsi, si dicono fasi di un sistema eterogeneo, o, in
senso piìi lato, luoghi nel moto o nel riposo.
II fenomeno più importante che distingue le miscele dai mi-
scugH, è l'evaporazione. Con l'evaporazione di una miscela o di un
miscuglio, i vapori di tutti i componenti si riuniscono insieme dando
luogo a una tensione risultante, che s^ue la legge di Dalton (2).
La seguente legge é generale per tutte le miscele: /« tensione par-
ziale di ogni componente legato ad aitr\ è minore che la sua tensione
di vapore nello stato libero alla stessa temperatura. Se ciò non fosse,
il componente potrebbe scioghersi dalla miscela in cui si trova le-
gato, senza spesa di lavoro, che é contrario all'essenza di miscela,
ed é invece possibile solo nei miscugH.
8. Equii^ibrio di contatto in un sistema eterogeneo.
Legge dei*i*E fasi di Gibb. — Due fasi possono rimanere in equi-
librio stabile, quando le tensioni di vapore dei loro componenti
sono rispettivamente le stesse. Se ciò non fosse, il componente di
tensione maggiore passerebbe nella fase, ove lo stesso componente
ha tensione minore e l'equilibrio sarebbe rotto. Le stesse condizioni
valgono natiuralmente per l'equilibrio di piii fasi in contatto.
Queste condizioni di equilibrio di un sistema eterc^eneo per-
mettono di determinare le concentrazioni dei componenti nelle sin-
Nozioni prelimifiari di Fisica
gole fasi, e danno per cpns^uenza la chiave della legge di Gibb,
che cosi si riassume: tra il numero n di componenti in qualsiasi
fase si trovino, il numero N di fasi e il numero F di variabili
indipendenti esiste l'eguaglianza:
« -f 2 — iV = F.
L'equilibrio riguarda naturalmente solo la composizione delle
singole fasi, che rimane inalterata; le masse delle fasi possono va-
riare, senza che l'equiUbrio di contatto si alteri. Solamente è da no-
tarsi che variando le masse, varia necessariamente l'energia intema.
D'ordinario le variabiH indipendenti sono la temperatura t, la
pressione />, il volume v e le concentrazioni.
Esempio: Dati il componente H, O e la fase ghiaccio (stato cri-
stallino), su due sole variabili indipendenti si può fare ass^na-
mento, temperatura e pressione; il volume ne è la conseguenza.
Altrettanto dicasi se è data una sola fase, acqua o vapore. Dati il
componente H, O e due fasi acqua e ghiaccio, ovvero vapore e
acqua, o vapore e ghiaccio, in equilibrio di contatto, su ima sola
variabile si può fare assegnamento, temperatura o pressione. Dati
infine lo stesso componente HgO e tre fasi in- contatto, vapore, acqua
e ghiaccio, nessuna variabile rimane disponibile (100).
In questo esempio è da osservarsi che l'equilibrio persiste, pur
variando le masse del vapore, del ghiaccio o dell'acqua. Se aumenla
la massa dell'acqua a spese della massa del ghiaccio, una certa quan-
tità di calore deve essere somministrata al sistema e viceversa,
senza variazione alcuna nella pressione o nella temperatura se una
di esse è data.
l,*equilibrio stabile (99) e perciò riversibile può essere rappre-
sentato graficamente come nella fig. i.
Sull'asse delle ascisse a partire dall'origine O si portano le
pressioni p, su quello delle ordinate le temperature t. Per tal modo
ogni punto del piano rappresenta uno stato fisico corrispondente
a p, t, ossia è l'effige di imo stato.
A ciascuna delle tre fasi isolate, vapore, acqua e ghiaccio,
corrisponde nel piano un dominio di stabiHtà, ove p e t possono
variare liberamente. Questi domimi sono segnati nella fig. i con. 7
(vapore), H (acqua) e G (ghiaccio).
Due fasi in contatto si trovano in equiUbrio completo, ove una
sola variabile potè indipendente, e il valore dell'altra ne consone,
ossia ove p e t determinano una curva, che si chiama linea o curva
di trasformazione (99). Così nel sistema acqua- vapore vi è la curva
di trasformazione AB. Il sistema acqua-ghiaccio dà la curva AC;
infine il sistema ghiaccio- vapore dà la curva di trasformazione AD.
IO
Capitolo primo
mjS^
I/e tre fasi non possono coesistere che in un sol punto, il punto ^,
cioè per una sola pressióne p* e per una sola temperatura t\ È
stato determinato p* = 4.6 mm. e <' = -f- 00.0076 C. per il
punto A, punto triplo, ove concorrono tre curve di trasforma-
zione.
Nella, fig. I vi -è ancora la linea A a come prolungamento con-
. tinuo della curva AB; essa corri-
sponde aìì* equilibrio instc^ile (99),
nel quale si trova il sistema
acqua-vapore, quando l'acqua è
nel dominio del ghiaccio. Si può
infatti raffreddare l'acqua sotto
la curva di trasformazione AC
con le dovute cautele, senza che
l'acqua si agghiacci; in tale stato
instabile dell'acqua, questa ha la
tensione di vapore maggiore che
la t ensione di vapore del ghiaccio
alla stessa temperatura, come in-
fatti dimostrano le due curve AD
e A a. Che V acqua soprafusa sia in-
stabile si prova facilmente, scuo-
tendola l^germente o lasciandovi cadere un seme, un cristallino di
ghiaccio, per avere l'immediato brusco passaggio da acqua a ghiac-
cio e alzarsi la pressione a temperatura costante, o alzarsi questa
a pressione costante.
L'esempio qui considerato e rappresentato nella fig. i ci fi-
gura im equilibrio stabile, un equiUbrio' instabile e un sistema a
fasi riversibili. Il ghiaccio nel dominio G, l'acqua nel dominio //,
il vapore nel dominio V sono allo stato stabile. Anche il sistema
acqua- vapore si trova in equilibrio stabile limgo il percorso AB; le
sue fasi sono riversibili per una piccola variazione di t o ài p. Il si-
stema acqua sopraf usarghiaccio si trova invece in equiHbrio insta-
bile, e le sue fasi non sono riversibili (soilo irriversibili) (99), poiché
l'acqua soprafusa può bensì trasformarsi in ghiaccio, ma l'inversa
trasformazione diretta è impossibile.
Xi
mm
V
Flg. 1.
CAPITOLO II
Prìncipi generali di cristallografia.
9. Figure di cristalli. — L'esperienza insegna che i liquidi-
cristalli sono di figura sferica, quando siano raccolti in goccbUue,
come lo sono i liquidi in generale.
La fig. 2 rapptesenta le effigi di parecchie gocce di paraossife-
netolo in luce polarizzata convergente ; finché le gocce sono picco-
Fif. J. Flg. 3.-
le, appariscono di forma sferica quasi perfetta, — I<e goccioline più
grandi non sembrano perfettamente sferiche, talvolta esse sono
l'unione di più, ma sempre om<^enee e anìsotrope. Una massa
liquida omogenea antsotropa può dunque definirsi come un ^gre-
gato di cristallini liquidi sferiformi, che si adatta al vaso, in cui è
contenuta, e come tale si può chiamare liquido cristallino.
19
Capitolo secondo
IfC masse pastose, plastiche, molli o fluenti, omc^enee e aniso-
trope, quali gli oleati alcalini specialmente l'oleato ammonico, non
si confonnano in goccioline sferiche come i cristalli Uquidi, ma in
figure ovoidali, elissoidaH, fusiformi, ecc.
La fig. 3 rappresenta parecchi cristalli molli di oleato ammo-
nico, isolati o associati insieme.
Dalla legge di Curie ( 10) risulta che tutti i cristalli, sia solidi,
sia fluenti, sia Uquidi, dovrebbero prendere figura poUedrica in
contatto con fase amorfa e supposto l'equilibrio stabile; solo in
virtù della estrema mobilità dei Uquidi e della pressione proveniente
dalla tensione superficiale cristalli Uquidi si deformano e raggiun-
gono la figura sferica. Nei cristalU molU la deformazione completa
non è possibile stante l'attrito interno; e nei soUdi essa è nuUa.
Perciò i pristalU soUdi quando si trovano in equiUbrio stabile con
una fase amorfa, con cui sono in contatto, acquistano la figura di
un poliedro, che come vedremo è normale e soddisfa alla legge di
Hauy (13). Il poUedro o figura normale del cristaUo èsempUcecon
facce piane, spigoli e vertici.
Nella fig. 4 sono efi&giate quattro figure di cristalU soUdi.
Fìg. 4.
Nei poUedri sempUci e perciò anche nei cristalU si verifica la
r^ola di EtUero:
I
S '\-2 — V = F,
essendo S il numero degU spigoU, V queUo dei vertici e F queUo
delle facce. Cosi nella 2* effige deUa fig. 4 vi sono 36 spigoU
(S = 36), 24 vertici (V = 24) e 14 facce (F = 14), corrispondente-
mente aUa detta regola.
Due o più facce parallele a uno spigolo formano una zona.
Facce appartenenti a una zona hanno lo stesso sostegno; zone ap-
partenenti a una faccia hanno il sostegno di questa. Ogni retta
o spigolo paraUelo a una zona è presa per asse della zona.
IO. KQUIUBRIO di un CRISTAI^tO IN UNA FASE AMORFA.
Legge di Curie. — Il cristallo e la fase amorfa in contatto siano
Principi generali di cristallografia 13
nel loro contenuto invariabili; l'uno può crescere a spese dell'altra
o viceversa, secondo Tequilibrìo stabile dato dalla legge di Gibb. Per
semplicità poniamo costanti la temperatura T e la pressione p,
AfiBncl^è cresca la fase cristallo una parte di energia calorìfica
deve essere sottratta alla fase amorfa, p. e. Q\ una quantità q di
essa- serve ad accrescere l'energia superficiale E del cristallo, e final-
mente mia quantità Q' passa al serbatoio estemo avente la tem-
peratura r'. Brevemente, la quantità di calore Q' cade dalla tem-
peratura T alla temperatura T' ed una parte di essa
q = Q-Q'
si trasforma in energia superficiale E. Il massimo eifetto si ot-
tiene per q = massimo, ossia per
E = min., che è condizione di ^^
equilibrio.
Figuriarnoci che il cristallo P
sia contornato da n facce -^ L / . \ *
le cui aree siano rispettivamente . - / j*0"
(v. fig. 5). L^ / \\ \ /l,
Le distanze perpendicolari di \ /fé
queste facce da un punto inter- Js. / j
no O sieno rispettivamente ^sV 1 \y ^ ^ ^
Pv Pt' Pz Pn- ^ ^f
Ogni piramide che ha per
base sr e per apice O, essendo pr
l'altezza, ha per volume
I
— prSr\ e quindi il volume totale del cristallo è
I «
V ^—"LprSr.
3 ,
Essendo ai, aj, «3 cun le costanti capillari delle singole facce,
l'energia superficiale accumulata sulla superficie totale del cristallo è
n
E = ^OLr Sr,
I
che deve essere minima per un dato volume F, quando vi fosse equi-
Ubrio stabile. Le condizioni d'equilibrio sono dunque così poste:
S />f Ssf = o , Sar Ssf = o; i)
X I
•
14 Capitolo secondo
esprìmendo la prima somma un aumento di volume, e la seconda
un aumento di energia per aumenti ^St della superfice. Questi incre-
menti hsi, $52 $5» si possono ritenere indipendenti, ed allora le
i) si scindono nelle n s^uenti:
Pi'Pt' Pz •pn^a^ii^t'-OLz : an, . 2)
ossia: Gli accrescimenti perpendicolari alle facce di un cristallo
sono proporzionali direttamente alle loro costanti capillari. Questa è
la legge di Curie.
Da qui segue che facce di eguale costante capillare si trovano a
^uale. distanza dal centro O, origine d'accrescimento; e perciò il
centro O si trova in mezzo fra due facce parallele di ^uale co-
stante capillare.
Una figura del cristallo che soddisfa alla legge di Curie si
chiama figura normale (9) .
Stante questo modo di accrescimento di un cristallo in con-
tatto riversibile con una fase amorfa, si produce poco a poco una
selezione nella figura del cristallo nel senso che le facce poco a poco
divengono piane e predominano' quelle a costanti capillari minime.
L'esperienza insana che le costanti capillari sono inversamente
proporzionali alle densità delle facce, intendendo per densità su-
perficiale il numero di atomi, molecole o gruppi di essi contenuti
nell'unità di area; infatti se la costante capillare è l'energia ne-
cessaria per aufnentare dell'unità una superfice data, essa sarà
tanto maggiore quanto più deve diradarne la massa.
Siano di, d^, d^ dn le densità di dette facce, la relazione 2)
di Curie sarà anche: •
ovvero, essendo /j, /j, /, /» le aree specifiche, valori reciproci
delle densità, aree contenenti l'unità di massa :
Pi'- Pt' Pi' ' Pf* =fi'-ft'fz' '•/»• 4)
Questa conveniente forma della relazione di Curie messa in rap-
porto con uno speciale orientamento del cristallo ci apre la via
verso la legge di Hauy.
La relazione 2) può anche essere messa sotto questa forma
V = CE, 2a)
essendo V il volume del cristallo, e una costante ed E l'energia su-
perficiale totale. La 2«) dice semplicemente che nell'accrescimento
Principi generali di cristallografia
15
riversibile di un cristallo l'energia superficiale totale è sempre pro-
porzionale al volume; fonnola equivalente alla legge di Curie.
IK Costanza dbgu angou. — Nello studio dell'accrescimento
dei cristalli si è visto che il cristallo in equilibrio stabile con la fase
amorfa t<ende a raggiungere la figura normale determinata dalla mi-
nima energia superficiale, sovrapponendosi la sostanza sul cristallo
parallelamente alle facce. Altre facce possono sorgere, se i dati del
mezzo cambiano; e con le nuove conservandovisi il cristallo può
crescere, ma sempre per sovrapposizione di materia.
Fig. 6.
•
Nella fig. 6 sono rappresentati tre stadi di accrescimento del-
l'allume di rocca a, b, e, il primo e il secondo con le sole facce
o, 0, 0..., il terzo con varie facce in più.
Nella fig. 7 sono rappresentati due stadi di accrescimento a, b
del quarzo, il primo con le facce r, r, r.,. e p, p, />..., il secondo con
a.
Fig. 7.
le stesse facce y e /> accompagnate dalle facce prismatiche m,m, m...,
con sviluppo accentuato di alcune e a scapito di altre.
i6
Capitolo secondo
Come terzo esempio è rappresentato nella fig. 8 l'accresci-
mento della calcite in quattro stadi a, b, e, d. Nel primo di essi ap-
pariscono solo le facce e, e, e...; nel secondo le dette facce sono
accomps^ate dalle facce prismatiche m, m, t»... quasi rudimentali;
che nel terzo stadio spiccano sulle prime; finalmente nel quarto
stadio le facce prismatiche m, m, m... sono in prevalenza note-
vole sulle facce e, e, e...
d.
m
***^^UbiUi*«A«IM»a^
Fig. 8.
Ma qualunque sia il modo di aqcrescimento dei cristalli, se
facce dapprima si costituiscono, e poscia retrocedono a spese delle
vecchie, o spariscono, e nuove facce subentrano, qualcosa nondi-
meno rimane fìsso durante queste alterazioni: la costanza degli
angoli fra le facce rispettivamente individuate dal loro carattere
fisico (15). Cosi nei cristalli di allume effigiati nella fig. 6, a, ò, e, gH'
angoli tra le facce o, o, o... sono sempre gU stessi; altrettanto nei
cristalli di quarzo (fig. 7, a, 6), gU angoH tra le facce y, r, r.„ e
p, p, p.^ sono sempre gli stessi. In tutti gli stadi a, b, e, d di
accrescimento della calcite (fìg. 8) gU angoli tra le facce e, e, e...
sono sempre gli stessi, come a loro volta gli angoli tra le facce prisma-
tiche m, m, m... e gU angoli fra le « e le m.
Si conclude che è legge generale essere gU angoli diedri dei
cristalli costanti fisiche, legge che passa sotto il nome di costanza
degli angoli (98) e che può essere definita nel modo seguente:
Tutti i cristalli della stessa sostanza e aventi la stéssa struttura,
terminati da facce individuate rispettivamente dagli stessi caratteri
fisici, hanno gli stessi angoli diedri.
La legge della costanza degh angoU ha per base l'omogeneità
fisica dello stato anisotropo, perchè le facce di egual carattere si
spostano parallelamente a sé stesse.
Principi generali di cristallografia
17
Questa legge fondamentale si attribuisce generalmente a Rome
de Lisle o a Nicola Steno (1669), ma già il nostro Vannuccio Birin-
guccio da Siena (1540), studiando i cristalli di pirite ne aveva
osservato e notato la costanza degli angoli, «talché artefice al-
cuno, con qualsivoglia strumento non ne potrebbe tirare più giusti
né meglio ».
12, Indici Miixeriani. — I^ facce di un cristallo si sogliono
riferire a tre facce non parallele a uno stesso spigolo, aventi le
costanti capillaii più piccole, che si dicono fondamentali e che
chiameremo con a, ò, e. Dette facce si riconoscono facilmente nei
cristalli, poiché, secondo la legge di Curie, sono le più sviluppate.
Si sceglie una quarta faccia, che si chiama unitaria, la quale ha
pure la costante capillare più piccola e non fa zona con due delle
facce a, 6, e.
Fig. 9.
I tre spigoH x, y, z, determinati dalle facce a, 6, e, sono fonda-
mentah (fig. 9) o assi di riferimento,* o semplicemente assi del
cristallo, che si fanno passare per un punto O preso nell'interno. Per
avere il senso positivo di questi tre assi si suole seguire questa norma:
che il positivo x si porta nel positivo y con rotazione sinistrosa (in-
versa della lancetta di un orologio) nel piano xy\ senza passare pel
negativo y, per un'osservatore ritto in piedi sul piano xy (e) e volto
il corpo verso il positivo z.
La faccia unitaria, che diremo 0, taglia su x, y, z positivi i tre
parametri
OA = a, OB = b, OC = e.
3 — e. Viola.
x8 Capitolo sefondo
Per la definizione della faccia unitaria ci basta conoscere i
rapporti
a:h:c\
che si chiamano rapporti fondamentali o rapporto d^li assi. Gli
angoli piani
A A A
sono fondamentali. Per cons^uenza:
Le costanti fondamentati di un cristallo sono il rapporto degli assi
e gli angoli fondamentali.
Consideriamo mia qualsiasi faccia A' B' C (fig. 9), die deter-
mina su X, y; z i parametri
OA' =^ a' OB' = h\ OC = e'.
Bastano i rapporti.
a''.h'\c'
per fissare la posizione di una faccia.
I numeri nei rapporti
a h e
a e
si chiamano gU indici della faccia data A' B* C
Per la legge di Hauy, che si vedrà (13)» gh indici si riducono
sempre a numeri razionali, quando la figura del cristallo soddisfa
alla legge di Curie, ossia è figura normale. Posto ciò, i detti indici
possono essere ridotti a numeri interi e primi fra loro, A, k, /, e
si chiamano indici Milleriani:
a b e
a' h e* •^'
Si comprende che gU indici della faccia unitaria sono 1 , i , i ;
quelli delle tre facce fondamentali •a, 6, e sono rispettivamente
1,0, o, o, I, o, 0,0, I.
B quando i parametri di una faccia sono negativi, saranno ne-
gativi i suoi rispettivi indici. H segno negativo si pone sopra l'in-
dice, p. e. H,
Dati tre indici Milleriani di una faccia, se ne riconosce subito
la posizione, i rapporti dei parametri, positivi o negativi che siano.
I tre indici danno il simbolo di una faccia (h k l), col quale
* essa si denomina.
Analogamente come per le facce si procede per gU spigoU.
Principi generali di cristallografia
19
Si assume fino spigolo unitario, sul quale si limita un segmento
OO' ; le proiezioni oblique di 00' sono rispettivamente (fig. io) :
DM = a su ;ir,
ON =^b » y,
OP = e ti.
Per la definizione di questo spigolo bastano i rapporti:
a:b:c
Fig. IO.
Un qualsiasi spigolo del cristallo condotto per sia OS. Le
proiezioni oblique del segmento OS su x, y, z siano rispettivamente :
OAf' ==5' . ON' = 7)' , OP' = X:,
Per fissare la posizione di 05 bastano i rapporti
I numeri nei s^uenti rapporti:
si chiamano indici dello spigolo; ridotti a numeri interi e primi
fra loro, m, n, p, si chiamano indici Milleriani dello spigolo:
* C' t)' e
6)
20 Capitolo secondo
Si comprende che gli indici dello spigolo luntarìo 00* sono
I, I, I, che quéUi degh spigoli fondamentaU x, y, z sono rispettiva-
■
mente 1, 0,0, 0,1,0, 0,0,1.
GU indici positivi o negativi corrispondono a proiezioni posi-
tive o negative. H segno negativo si pone sopra Ìl rispettivo
indice, p. e. m-
Dati tre indici di uno spigolo, ^ ne riconosce subito la posizione,
i rapporti delle proiezioni, positivi o negativi che siano. I tre
indici di imo spigolo danno il suo simbolo \mnp'\, col quale si de-
nomina lo spigolo o la zona avente lo stesso sostegno.
13. Legge di Hauy. — Si è veduto che le facce di un cristallo
si sogliono riferire a tre facce fondamentali a, 6, e, che si tagliano in
Fig. II.
tre spigoU fondamentah x, y, z (fig. 11 e 12) ed hanno le costanti
capillari più piccole ed i loro più piccoli accrescimenti, che si di-
cono accrescimenti principali, secondo le ^, 7), J^ (fig. 12), rispetti-
vamente perpendicolari alle facce a, ò, e. Anche la faccia unitaria
a == ABC (fig. Il) è scelta in guisa che la sua costante capillare è la
più piccola e tagU i tre spigoU x, y z, sui quaU determina rispet-
tivamente i tre parametri finiti
OA = a, OB ^ 6, OC = e.
La relazione di Curie 4)
Pl'p2'Pz' 'Pn =fl''ft'fz'- •/»
Principi generali di cristàtografia
21
secondo la quale gli accrescimenti perpendicolari alle facce, sono
proporzionali alle aree specifiche, acquista un significato più pre-
ciso, che forma la base della legge di Hauy, quando la relazione
stessa sia riferita a facce aventi le costanti capillari più piccole.
I/'area specifica della faccia unitaria o sia
fo = ABC.
Consideriamo le tre aree
I sen a
BOC = — abc = /o',
I sen B
COA = — abc —r^ = /o",
2 O
I sen Y
AOB = — abc i = fo"\
2 e "^
Big, 12.
essendo gH angoli fondamentali (vedi fig. 9)
A ^ A A
a = y-ar . ^ = zx , y == xy
Una qualsiasi faccia ar abbia l'area specifica
fr = A'B:a
e l'accrescimento perpendicolare pr = 00' (fig. 12 e fig. 11).
21 '^Ca^UoJo secondo
I parametri della faccia cr siano
OA' = a' , OB' = 6' , OC = c'\
di guisa che i suoi indici sono:
a b e
Consideriamo anche qui le tre aree
1 sena
2 a ■'
I sen 6
CO A' ^ —a'b' e' -rrr^ = //',
2 6 '
I sen Y
A'OB' = — a' ò' e' — 7^ == //".
2 C ^
che possiamo scrivere anche cosi:
fr =^ C . hr ' Jo $
jr = C . kr . fo t
essendo C una costante.
Abbassiamo dall'origine O la perpendicolare 00' sulla faccia ar;
sia O* il suo piede, di guisa che pr = 00' (fìg. ii e 12), come si è detto
sopra.
Ora la somma dei tre triangoH J5'0'C', A'O'C e A'O'B' è
appunto l'area A'B'C, Chiamando con ^\ fs^r\ <f/'' gli angoli
che la faccia data fa rispettivamente con le facce fondamentali
a, b, e, avremo:
B'O'C == C .hr.fo' COS ifr\
CO' A' = C.kr .fo" COS 9/',
A'O'B' = C . lf,io"' COS 9f'".
e quindi
/, = C { Ar /o' COS <pr' + Ar/o" COS 9r" + /r/o'" COS 9/" } . 7)
Analoga espressione possiamo formare per l'accrescimento per-
pendicolare pr della faccia data; lo scomponiamo nei tre compo-
nenti, che cadono negU accrescimenti principaU ^, 7), ^ (fìg. 12)
perpendicolari a loro volta alle facce fondamentsdi a, b, e.
Tali componenti siano rispettivamente pr, Pr", pr". Ciò posto,
avremo:
pf = pr' COS 9/ + pf" COS 9r"+ />r'" COS 9r'" 8)
Principi generali di cristallografia 33
Introducendo le espressioni 7) e 8) nella relazione di Curie 4)
avremo :
p/ COS 9/ + p/' COS 9r" 4- />r'" C08 9/" =
= C [hr fo* COS (pr' ^ kf fo" COS 9/' + /r/o'" COS 9r'"] 9)
È da osservarsi che tanto pr\ pr", pr" quanto Ar, hr, U sono
fra loro indipendenti. La 9) si scinde perciò nelle:
P\'Pt'-P%' '• P'n = h^: A,: Aj: : A», \
Pi'-' Pt'' Pz'- -Pn" = Ai: A,: A,: : A«, [ io)
Pi Pi • Ps P» ='i*«-'s *» ;
Si osservi che le aree specifiche /r delle facce ar sono multipli
dell'area specifica unitaria /o, e che perciò le proiezioni //, ff\ ir"
sono multiple rispettivamente delle aree /©', fo\ fo"\ vale a dire
gli indici hr, hr. Ir sono interi e primi fra loro. Da qui emerge la Ugge
di Hauy sulla razionalità degli indici semplici, la quale si può enun-
ciare cosi:
Gli indici delle facce sono razionali. I componenti principali
degli accrescimenti perpendicolari alle facce di un cristallo sono prò*
porzionali direttamente ai loro rispettivi indici milleriani.
Una figura del cristallo soddisfacente alla l^ge di Hauy è una
figura normale. Essa corrisponde all'equilibrio stabile di contatto
fra cristallo e fase amorfa.
La legge di Curie e la legge di Hauy hanno lo stesso contenuto;
quella si riferisce a un orientamento qualsiasi del cristallo, questa a
im orientamento determinato dalle facce f ondamentaU e dalla faccia
unitaria, aventi le costanti capillari più piccole.
14. Facce vicinau - Foukpria dkt,t,k facce - Associa-
zione. — Ogni figura del cristallo che non soddisfa alle condizioni
determinate dalla legge di Curie o dalla* legge di Hauy, è anormale.
La più importante anormalità nella figura dei cristalli e alla quale
molte si possono ricondurre, è questa, che facce a indici grandi si so-
stituiscono a quelle aventi indici sempUci, queste ultime rimanendo
rudimentali durante l'accrescimento del cristallo o affatto escluse
dalle figure di esso.
Siffatte facce si chiamano vicinali, essendo esse vicine a
quelle aventi la costante capillare piccola. Una -diffatta anormalità
nell'accrescimento dei cristalH è importantissima, perchè dall'in-
siexpe delle facce vicinali, osservate in un solo cristallo o in più,
si deducono assai spesso e facilmente le posizioni delle facce a
. indici semplici, le quali ultime sono tanto rare, quanto all'incontro
sono frequenti le anormalità nell'accrescimento dei crìstaUi.
14 Capitolo secondo
Arcangelo Scacchi nell'indicare questo fenomeno con poliedria
delle facce ha voluto precisare in quale rapporto di posizione stieno
le facce vicinali intomo alle vere facce della figura normale.
Esempi: fluorite, calcite, halite, ecc.
Le cause determinanti una anormalità, ossia l'uscita di un cristallo
dalla legge di Curie o di Hauy, possono essere molteplici. Certo è che
im cristallo in contatto con fase amorfa quando si trovi in equiUbrio
instabile, non può seguire le dette leggi. La cristallizzazione dopo
un brusco raffreddamento, o in imo stato di soprafusione o di
soprasaturazione, ecc., (lOI) dà luogo molto probabilmente à cri-
stalli anormali.
Cristalli con accrescimento anormale sono instabili, essendo la
loro tensione superficiale superiore alla minima. Essi possono acco-
starsi alla loro figura normale o con un successivo accrescimento,
ovvero associandosi (26) insieme nella faccia o nella zona anormale ;
infatti col ricoprimento di essa, zona o faccia, questa si sopprime
in tutto o in parte, e la tensione superficiale totale diminuisce. In
conclusione l'equiHbrio stabile dei cristalli è la ragione della legge di
Curie o di Hauy. L'anormalità di essi è la ragione della loro asso-
ciazione, o viceversa.
15. Forme cristai,i,ine. — Il cristallo soUdo non è semplice-
mente un poliedro geometrico di data figura; esso è principal-
mente un corpo fisico, e come tale riveste l'abito suo proprio in
rapporto con la sua natura fisica, con la sostanza di cui è costi-
tuito e con la sua struttura, (16) come d'altronde risulta dal modo di
accrescimento in ambiente riversibile.
In tutti i cristalli si osserva bene il carattere specifico di ogni
faccia, talché è sorta la necessità di associare insieme faccia del
cristallo col suo carattere fisico (37), e riconoscere e individuare quella
da questo. Lo studio sulla Struttura dei cristalli ci insegna precisa-
mente che le facce non possono tutte essere le stesse; la densità
superficiale e la costante capillare, causa d^l diverso accrescimento,
non possono che confermare lo stesso risultato.
L'esperienza insegna a sua volta che talune facce sono liscie,
lucenti, speculari, altre torbide, appannate, opache, altre ancora ri-
■
gate, striate, tubercolate e via dicendo; e basta talvolta un fascio
di rs^gi luminosi paralleli riflessi da dette facce, perchè ne risalga
il rilievo (37, 81), ne splendano ipiù piccoli accidenti, ne rifulgano
le più recondite regolarità e bellezze. 4
Ma se è un dato acquisito dell'esperienza e della teoria che
ogni faccia ha il suo carattere* proprio, è altresì vero che due o
più facce del cristallo hanno lo stesso carattere fisico. '
Principi generali di cristallografia »s
L'insieme di ttUie le facce in un cristallo dotate dello stesso carat-
iere fisico sj chiama « forma cristallina » (37)- '
Si compTeiide che tutte le facce di una forma hanno la stessa
costante capillare epperò lo stesso sviluppo; esse devono pure avere
gU stessi ìndici salvo Tordine e il s^no. Si costruisce il simbolo di
una forma scrivendo i tre indici in parentesi { }. Cosi p. e. ima forma
avente le quattro facce (hkl), (Hkl), (AT/) e (O/) ha per simbolo {hkl.}
Due facce opposte deUo stesso carattere fisico costituiscono una
forma, il pinacoide. Ci sono cpstalli formati unicamente da pina-
coidi. Due facce e non più, non parallele, sono uno sfenoide o un doma.
Se tre, quattro, sei, otto, ecc., facce eguali sono parallele a uno
spigolo, la loro forma è un prisma, trigono, tetragono, esagono,
ottagono, ecc. Vi sono forme cristalline di 3, 6, 8, 12, 24 e persino
48 facce non parallele a uno spigolo.
Si estende per analogia il nome di forma anche a ima sola
faccia, il pedio, quando non esiste e non . ve ne può essere una se-
conda ad essa eguale.
Ci sono cristaUi limitati da tanti pedi quante sono le facce.
SifEatti cristalli sono asimmetrici.
Tutti gU altri cristalli godono di qualche grado di simmetria.
16. BSPKRIENZB SUI,I^ STRUTTURA DEI CRISTAIJ*!. — I^e quan-
tità fisiche direttive determinanti lo stato anisotropo della materia,
epperò lo stato cristallino, insegnano che la materia discreta deve
avere un determinato ordinamento, il quale si chiama struttura.
La struttura dei cristalU risale a Hauy; quel fisico e mineralo-
gista eminente intravide che fra la legge della razionalità d^H
indici sempHci, le proprietà fisiche e là struttura vi doveva essere un
nesso intimo. La struttura ideata da Hauy fu perfezionata da
Bravais, Mallard, Delafosse, ecc., in un senso, da Sohncke, Wiener,
Schoenfiies, Fedorow, Barlow, ecc., in un altro. Anzi Fedorow prima
e Schoenflies poi vennero aUa conclusione che solamente 230 strut-
ture diverse sono possibili nei cristalli (96). Ma di fronte a questi
studi teorici si richiedeva una conferma sperimentale.
Vari tentativi furono fatti per stabilire la posizione delle mole-
cole, d^li atomi, dei loro gruppi o dei loro centri di equihbrio. Il
microscopio con le radiazioni visibili si dimostrò insufficiente a tale
oggetto, perchè le molecole o gli atomi sono troppo piccoli per ri-
spetto alla grandezza d'onda, sia pure dell'estremo violetto; infatti
gU atomi' si valutano dell'ordine io~* cm., la minor lunghezza
d'onda visibile 10—^ cm. ; di guisa che quando gU atomi sono colpiti
da onde luminose subiscono continue perturbazioni, che impedi-
scono la produzione di vnxms^nì nette nel campo del microscopio.
96
Cantalo secondo
L'ultramicroscopio ha bensì svelato che i colloidi sono costi-
tuiti da molecole sospese nel solvente. Siffatte esperienze sono riu-
scite e riescono quando le particelle costituenti il mezzo siano rela-
tivamente distanti fra loro, e la loro grandezza non sia sotto
IO—'' cm. ; ma fino ad ora hanno avuto esito negativo nella ricerca
dei cristalli.
Ma dopo che H. Haga, C. H. Wind e B. Walter con esperienze
pros^uite dal 1899 al 1902 riuscirono a provare la natura ondula-
toria dei raggi Roentgen, e con la diffrazione e dispersione ne va-
Fig. 13. '
lutarono la lunghezza d'onda, dell'ordine io—* cm. (41), le ri-
cerche suUa struttura dei cristalli furono riprese. M. Laue nel
191 2 fece il primo tentativo nel senso di avere spettri d'interferenza
con raggi Roentgen attraverso o su lamine di cristalli; Friedrich e
Knipping ne confermarono la teo]:ia, facendo osservazioni su lamine
di Blenda (ZnS) ed estendendole a cristalli di diamante (C),
salgemma (Na CI), ecc. Appresso vengono i lavori importanti
sullo stesso soggetto di W. H. Bragg e W. L. Bragg (191 3).
Bisogna figurarsi che una lamina sottile di Blenda, p. e. ts^Uata
parallelamente a una faccia dell'esaedro, sia formata da reticolati
paralleli sovrapposti, ciasctmo dei quali può dare uno spettro di
Principi generali di cristallografia 97
• ^ ^ _^
diffrazione, quando sia attraversato o colpito da vibrazioni piccolis-
sime, come sono appunto quelle dei raggi X. Ondulazioni più
grandi prospettano naturalmente una lamina cristallina come un
mezzo continuo.
I r^gi Roentgen illuminando un primo reticolato della lamina
di Blenda, con la dispersione e interferenza generano uno spettro
punteggiato di chiari e scuri, poi un secondo, un terzo, un quarto
e via dicendo. Il risultato finale, fissabile sulla lastra fotografica,
dovrà essere una sovrapposizione di spettri punteggiati, consistente
essa medesima di chiari e oscuri in corrispondenza alla posizione
degli atomi, delle molecole o dei gruppi di essi.
La fig. 13 ne dà la riproduzione fotografica sopra ima lamina
dell'esaedro, come era stata preveduta dalla teoria.
Analoghi risultati* si ottennero dal berillo, salgemma, dalla fluo-
rina, pirite, dal diamante, ecc.
Fig. 14. •
Per mezzo del reticolato riprodotto in fotografia si riesce a
calcolare la distanza minima fra le molecole e gli atonu, che per la
blenda è dell'ordine 0.4 x io—* cm.
Lamine di sa^emma tagliate parallelamente a facce dell'ot-
taedro, illuminate da raggi Roentgen, hanno inoltre dimostrato che
lo spettro derivante dagli atomi [del sodio (Na) è difiEerente da
quello generato dagli atomi del cloro (CI), stante la diversa disper-
sione e riflessione selettiva d^li uni e degli altri.
In base a queste esperienze Lane concluse:
La struttura di un cristallo consiste di un numero finito di in-
trecciati identici, o sistemi punteggiati, ' compenetrantisi parallela-
mente, ciascuno dei quali è sede di atomi rispettivamente eguali (96).
28
Capitolo secondo
La teorìa si era in gran parte avvicinata a questi risultati
sperimentali.
Nella fig. 14 è riprodotto uno di questi intrecciati ideali nello
spazio, nei nodi del quale sono collocati i centri di ^equilibrio di
atomi eguali. Ogni atomo corrisponde a un reticolato identico; e
la compenetrazione parallela di tutti i reticolati, cosi ottenuti, dà
un'immagine di ciò che deve essere la struttura cristallina.
Mentre nei gas, nelle soluzioni, nei liquidi e n^li stati amorfi
l'individuo è la molecola, nei cristalli è l'atomo, poiché la distanza
fra atomi ^uali o no è la stessa. La molecola si dissocia dalla
compiline cristallina allora soltanto nei cristalli, quando questi si
dissolvono, ossia passano allo stato amorio.
Hauy ammetteva che ogni costituzione chimica corrispon-
desse a im solo modo di cristallizzare con caratteri fisici unici.
Queste antiche idee di Hauy, scosse dal fenomeno del polimor-
fismo (97) rivivono ora con le recenti ricerche di Lane e dei due'
Bragg, posto il principio che il carattere chimico di uno stato
cristallino da due fattori è determinato^ struttura cristallina e
molecola nello stato amorio.
«
17. Rei^azioni fra spigow, facce b zone. — Esaminiamo
che relazioni ci sono tra gh indici di ima facc;^ e queUi di uno
spigolo, nel caso che entrambi abbiano la stessa giacitura.
Fig. 15.
La faccia data sia A'B'C (fig. 15) con i parametri
OA' = a' , OB' = b' , Oa = e';
lo spigolo dato sia C'S' con le proiezioni obhque del segmento C^S'
OP' = 5', OQ' = Y)', OC = C
Principi generali di cristallografia 39
coi rispettivi s^ni indicati dalle frecce, ^' e r{ positivi, ^' ne-
gativo.
Dai due triangoli simili A *0B' e S*Q'B' si ha la seguente re-
lazione :
e quindi
a' ^ V
r
Aggiungendo a questa ^uaglianza l'ideatità ^ = — i si h!a
^' t{ c
che può essere scritto cosi:
a' a^ h' b ^ e' e ~^''
per le 5) e 6) risulta infine :
hm -\- hn -\- Ip = o 11)
essendo hhl gli indici della faccia, mnp dello spigolo con la stessa
giacitura.
Esempio. — La faccia data (123) contiene lo spigolo [274].
perchè
I x2 + 2X7-f3X4 = — 2-1-14 — 12 = 0.
Come il simbolo [mnp] definisce la posizione di uno spigolo,
cosi individua precisamente una zona, l'insieme di più facce paral-
lele al detto spigolo. ,
Sono date due facce (h^ ki l^) e (h^ k^ /|), si domanda il sim-
bolo [mnp] del loro spigolo comune.
Per risolvere questo semplicissimo problema avremo da applicare
la II) all'una e all'altra faccia:
Al w + ^1 w -h /i /> = o,
A, w + A, n + /, /> = o;
dalle quali si ricava: .
m:n:p = k^li — A^ /j: l^h^ — h^t'-^z^i — ^i^j ^2)
L'inverso problema è analogo: sono date due zone [tniWiPJ,
[w, «2 pa* si domanda la loro faccia comune (hkl). Scriveremo
medesimamente la relazione 11) applicata all'una e all'altra zona:
hmi + kn^ 4- ^Pi = o»
Awj -h An, -f- lp2 = o;
30
Capitolo secondo
dalle quali si ha:
h:k:l = n^pi — n^pi ip^mi — pi Wji m^fii — Wifi, 13)
Poiché le due relazioni 12) e 13) sono di uso corrente, si è
pensato di ricavarle da uno schema, che si ritiene a niente con f a^
cilità. I40 schema è
*ni
m,
vale a dire si scrivono due volte gli indici in fila Tuna sotto l'altra;
si sopprimono la prima e l'ultima colonna e con i quattro indici,
sopra e sotto, rimasti, si fanno le moltiplicazioni in croce e si
formano i binomi
che sono precisamente proporzionaH ai rispettivi indici A, k, l della
faccia comune alle due zone.
Esempio. — Le due facce date siano
(123) e (211).
Lo schema da esse derivante è
dal quale risultano i binomi:
2x1 — 1x3 , 3x2 — ixi , ixi — 2x2
ossia
2 — 3 » 6 — I , I — 4.
Gh indici cercati sono perciò nei rapporti
I : 5 : 3 »
e lo spigolo o zona comune alle due facce date ha per simbolo
[15 3].
Le relazioiii fra spigoli o zone e facce ci insegnano che se gli
indici di due facce sono razionali, lo devono essere anche quelli della
loro zona comune e viceversa (12)«
Principi generali di cristallografia 31
LETTERATURA AI CAPITOLI I E II.
A. Bravais, Études cristallographiques. Mémoire sur les systèmes formés
par des points etc. Paris, 1866.
C. E. FkdBrow, Symmetrie der regelmàssigen Sy steme der Fiyuren.
Leipzig» 1890.
W. Baki«ow, a theory oj the connection between the cristalform and the atom
composition of chemical componends. « Chem.-News », voi. 53, 1886, 3. 16. •
L. Wm^FP, Ueber die regelmàssigen Punktsysteme. « Z. f . K. », XIII, 503.
P. CtTSiB, Sur la formation des cristaux et sur les constantes capillaires de
leurs diverses faces. « BùU. soc. min. fran9. », 1885, 8. 145.
H. HiLTON, Mathematicdl crystcUlography. London, 1903.
G. PRiBDBif, Etudes sur la lai de Bravais. a Bull. soc. min. fran9. »,
1907. 31. 326.
G. Win,FF, Zur Theorie des Kristallhabitus. «Z. f. K. », 45. 433.
— Zur Froge der Geschwindigkeit des Wachstumes und der Auflòsung der
Krystallflàchen. « Z. f . K. », 1901, 34. 449.
O. LBHMAnn, Molekularphysih, 1889.
— FlOssige Kristalle. Leipzig, 1904.
Q. SBI«x#a, Primi elementi di cristallografia, Torino, 1867, 1877.
G. STRtivER, Lezioni di cristallografia. Roma, 1898.
R. Pansbianco, Trattato di Mineralogia, Padova, 1899.
Trattato di cristallografia morfologica'. Padova 1904. ,
E. Artini, I minerali. Milano, 1914.
W. L. Lewis, A rreatise on crystcUlography, Cambridge, 1899.
H. A. MiBRS, Manuel pratique de Mineralogie. Paris, 1906.
P. Wai,lerant, Les corps cristallisés mous ou liquides, a Bull. soc. min.
fran9. », 1905, XXVIII, 260.
— Recherches sur les ptopri^tés optiques de Voliate d'ammoniaque. « Bull.
soc. min. frang. », 1906, 29. 301.
— Nouvelles observations de M. Lehmann. « Bull. soc. min. fran9. »,
1908. 31. 62.
W. L. Bragg, Proc. Soc. Cambridge Phil.-Soc, 191 3, Bd. 17.
W. H. e W. L. Brago, Proc. Royal soc, 191 3, Bd. 88. 428.
H. G. I. HosB]:.EY and C. G. Darwin, Phil. Mag, 191 3. Bd. 26.
W. Friedrich, Interferenzerscheinungen bei Rdntgenstralen und die Raum-
gitter der Kry stalle, a Z. f. K.» 191 3, 52. 38.
M. DE Latte, Die Lichtbarmachung des Raumgitters der Kry stalle durch Rónt-
genstralen, « Fort. d. Min. Kry. etc. » Jena, 191 4. IV.
F. Sto VER, Sur la radiographie des cristaux. « Bull. soc. min. fran9. » 191 4»
37. 76.
C Vloi»A. Sulle leggi di Curie e di Hauy. « R. Acc. Lincei » 1918. II.
CAPITOLO III
Goniometri e proiezioni.
18. Angow e goniometri di contatto. — Per conoscere la
■
posizione delle facce di un cristallo si ricorre d'ordinario alla pò*
sizione delle loro perpendicolari, che si possono tirare da un ori*
gine qualsiasi (fig. x6). La perpendicolare a una faccia è po-
sitiva nel senso dall'interno del
cristallo all'esterno. L'angolo fra
due normali positive è l'angolo
di facce.
Nella fig. i6 l'angolo di facce
delle due facce a e ò è y» essendo
- fia la perpendicolare positiva di
a, ed ^3 la perpendicolare posi-
tiva di h.
L'angolo diedro di due facce
a e ò è l'angolo piano y' intemo,
che fanno fra loro due rette a, b,
tracciate nelle rispettive facce per-
pendicolari al loro comune spi-
golo. L'angolo y' è il supplemento di y:
y -I- y' = 1890.
La somma di tutti gli angoli di facce appartenenti a una zona è
3600. Così nella fig. 16 si ha
Y + Yi + Y« =' 3600.
Gli istnmienti che misurano gli angoH si dicono goniometri: il
primo che fu costruito da Carangeon con le indicazioni di Hauy,
è quello detto di applicazione o di contatto.
Fig. 16.
Goniometri e proiezioni 33
*
SifEatto istrumento consiste di un semicircolo di ottone o d'ar-
gento MTN (fig. 17), diviso in gradi, portante due alidade, di cui
l'una è scanalata da m ad jR ad eccezione de! rinforzo in K. Questa
alidada è ferma in 1? su im regolo che fa corpo col semicircolo.
L'vmione dell'alidada al regolo è ottenuta con due viti, che en-
trano nella scanalatura. L'altra alidada è pure scanalata, da ;^ a C,
ed è applicata sulla prima con la vite C. Rallentando le viti R e C
si possono accorciare a piacere le parti CG e GB delle due alidade
secondo il bisogno.
L'alidada AB non ha che un sol punto d'attacco, in C, centro
del cerchio; ha quindi un movimento attorno questo centro, mentre
Fig. 17.
che l'alidada GF rimane fi^sa nella direzione del diametro oo-iSo®.
La parte zs dell'alidada girevole è tagUata a sghembo, il cui orlo
passa esattamente per il centro C del cerchio, e si chiama linea di fede,
che segna l'angolo sul circolo graduato.
Supponiamo di voler misurare l'angolo diedro fra due facce.
Posto che quest'angolo è per definizione quello racchiuso da due
rette contenute rispettivamente nelle due facce e perpendicolari
allo spigolo comune, si disporrà l'istrumento in guisa che le por-
zioni CG e GB delle due aHdade siano in contatto con le rispettive
facce, e il loro comune piano sia perpendicolare allo spigolo. Indi
si leggerà sulla circonferenza del circolo i gradi e semigradi che indi-
cherà la linea di fede zs.
Il goniometro d'ajjplicazione non è più usato che per cristaUi
rei ativamente grandi, e le e ui facce non siano abbastanza lucide per
3 — C. Viola.
34 Capitolo terzo
riflettere la luce; ed in generale questo istrumento è indicato per
misure grossolane e rapide. La sua esattezza non è mai più di
Va grado.
19. Goniometri a riflessione. — Per misure di precisione si
ricorre al goniometro a riflessione, ideato da Wollaston (1809). indi
perfezionato da Mitscherlich, Malus, Babinet e altri.
Il principio del goniometro a riflessione è cosi semplice, che
il maneggione ri^ce relativamente facile. Rappresenti AOB (fig. 18)
N5'
Fig.. 18.
un cristallo con le facce OA e OB perpendicolari al piano del disegno,
e di cui OA e OB sono le rispettive tracce, come è la traccia
dello spigolo comune.
Una sorgente luminosa situata in 5 in\ia un fascio di raggi sulla
faccia OA, ove si riflette per essere raccolto dall'occhio dell'osser-
vatore posto in D. L'osservatore vede la sorgente luminosa S nella
direzione DOS', come proveniente dal punto S', che può essere una
marca, o l'immagine speculare di S prodotta da uno specchio au-
siliare (specchio di fede). Fissata in questo modo la visuale DS\
si fa girare il cristallo attorno al suo spigolo O, finché l'altra
faccia OB si metta in OB' parallela ad OA. I raggi provenienti da
S e riflessi da OB' avranno ancora la direzione di OD e concor-
reranno nella spia S'. L'angolo di quanto il cristallo avrà girato per
assumere la posizione indicata è BOB\ angolo fra le normali n
e n^, ossia l'angolo di facce.
Per avere l'angolo di facce col metodo della riflessione luminosa
occorre dunque die il cristallo sia fissato all'estremità di un asse
Gottiotnehi e proiezioni
35
portaate nel suo centro un limbo graduato e possa essere accomo-
dato in modo, che il suo spigolo sia parallelo all'asse di rotazione.
Nei primi goniometri a riflessione di Wollaston, Mitscherlich.
ecc.. Tasse di rotazione fu posto orizzontale e il limbo .verticale.
Poi Malus, Babinet, Fuess, ecc., disposero l'asse verticale e il limbo
orizzontale con vantaggio della stabilità e sicurezza:
Il goniometro di Wollaston nella sua massima semplicità consiste
di un albero orizzontale BB' (fig. 19), portato da tre viti calanti
(non rappresentate nella figura] e fissato al limbo graduato LL, le
cui divisioni si portano davanti al nonio NN (fig. 20). L'albero BB*
(fig. 19) è cavo, e lascia passare .
un asse metallico AA\ che può
anche girare indipendentemente
dall'albero. All'estremità A è
applicato un gomito girevole,
il quale a sua volta porta il
perno PP', che sUtta e ruota
nel cavo F\ il cristallo Cr è
attaccato con cera sull'estre-
mità P,
Con i due movimenti a
squadro di questo porta- cri-
stalli, lo spigolo del cristallo
può essere disposto di leggeri
parallelo con l'asse A A' del-
l'istrumento. È pure bene che
lo spigolo del cristallo cada nel
prolungamento dell'asse AA\ che si ottiene ritirando o immer-
gendo il perno PP* nel cavo F.
♦ Per portare le facce del cristallo in parallelo con Tasse A A'
del goniometro serve la spia 5', immagine della sorgente luminosa 5,
prodotta per riflessione dallo specchio di fede 9. Appena una faccia
del cristallo dà l'immagine s' di S in coincidenza con S', essa è
parallela allo specchio di fede <t, fig. 20, posto S molto lontano. Ri-
mane adunque di correggere lo specchio di fede a, affinchè sia
parallelo all'asse AA', ove il meccanico vi avesse lasciato qualche
errore.
La correzione che deve essere fatta sullo specchio di fede 9
prima di incominciare le misure, si ottiene facilmente attaccando
sul portacristalU PP' im vetrino v a facce parallele. Partiamo dal-
l'ipotesi che il vetrino v faccia con J'asse A A' Terrore e, e nel-
l'istante dell'osservazione sia parallelo allo specchio di fede a
(fig. 21), il che sar4 a\^ertito appena l'immagine 5' della sorgente
36 . Capitolo terzo
luminosa S prodotta dallo specchio di fede j coincida con l'imma-
gine s\ prodotta dal vetrino v, fig. 21.
Dopo una rotazione di 180° del limbo attorno all'asse AA\ il
vetrino v si troverà capovolto conservando pur tuttavia l'errore e, •
ma dalla parte opposta. Contemporaneamente l'immagine di S pro-
dotta dal vetrino v passerà da s\ a 5',, mentre quella prodotta dallo
specchio di fede a rimarrà in S' . La distanza angolare s\ s\ è il
doppio errore dell'istrumento, 2 e, che si tc^Herà, inclinando della
metà il vetrino v e dell'altra metà- lo specchio di fede j. Per la
correzione completa del goniometro bisognerà ripetere . l' opera-
zione.
Per raggiungere maggiore precisione, il segnale S dovrebbe
Fig. 20.
trovarsi molto lontano dal goniometro, in modo che il fascio lu-
minoso riflesso da una faccia del cristallo fosse a raggi paralleH o
quasi. Nei goniometri costruiti dopo Wollaston (1809) si raggiunse
questo intento, collocando il segnale nel fuoco di una lente bicon-
vessa. L'accessorio si clùama collimatore, ove il segnale è una fes-
sura biconcava illuminata da una lampada elettrica. I goniometri
sono muniti di un cannocchiale (flg. 22) che raccoghe i raggi uscenti
dal collimatore e riflessi dal cristallo.
Un importante accessorio di questi goniometri è il porta-cri-
stalli, fissato all'asse di rotazione, formato dall'apparécchio di cen-
tramento e da quello di aggiustamento. L'ultimo consiste di due
carelH cilindrici ortogonaU messi in moto da viti senza fine w^, w^.
L'apparecchio di centramento è provveduto di due slitte rettilinee
ortogonaU messe in moto da viti senza fine Vi, v,.
Goniometri e proiezioni
37
Per avere misure esatte è indispensabile che l'asse del collima-
tore e l'asse del cannocchiale siano in un piano perpendicolare
all'asse di rotazione del goniometro. Per la correzione dell'istru-
mento e per i suoi particolari si consaltino trattati speciaU.
N^li ultimi 20 anni sono entrati in uso goniometri a due assi
di rotazione, ortogonali, di Goldschmidt, Fedoroff, Czapski, ecc.
Codesta disposizione ha per iscopo di portare qualsiasi faccia del
cristallo in una posizione determinata, per mezzo di due rotazioni
-1-..
T
; 15'
.'!
A
Fig. 91.
ortogonali; sicché due angoli, polare e longitudinale la individuano.
Nei goniometri a un asse di rotazione la determinazione di una
faccia succede per zone, di guisa che cambiando zo^a si ricolloca il
cristallo e lo si aggiusta.
Da queste contingenze emerge che il goniometro a due assi
ha un vantaggio notevole su quello a un asse, perchè tutte le mi-
sure possono farsi senza spostare U cristallo; da qui le operazioni
rapide che possono essere compiute prima che il cristallo si alteri.
Nondimeno il goniometro a im asse si è mantenuto nell'uso, per-
chè col metodo da esso dato si conserva l'orientamento delle zone
e non si perde il vero carattere del cristallo.
38
Capitolo terzo
Per eliminare rinconveniente dei goniometri a due assi si sono
costruiti goniometri a tre assi di rotazione, mediante i quali è pos-
sibile applicare il metodo di misura dei goniometri a due assi, e
quello per zone, come nei goniometri a un asse.
Fig. 32.
Codesti goniometri sono divenuti stnunenti universali secondo
l'intendimento dell'autore (C. Klein), e come tali hanno perduto
l'originale pregio.
20. Proiezione stereografica - Teoremi. — Le proiezioni
più diffuse in cristallografìa sono la stereografica, prospettiva pa-
rallela, ortogonale ed obliqua.
Fig. 83.
La proiezione stereografica è ima proiezione centrale della
sfera su im piano o quadro, da un'origine, o centro di omologia
che trovasi sulla sfera alla massima distanza dal quadro.
Goniometri e proiezioni
39
Per semplicità il quadro tttc (fig. 23) passa per il centro della
sfera; si ha il centro di omologia A ovvero A^ conducendo il dia-
metro perpendicolare al quadro. Condotte le visuali AP, AQ, AR,
AS, ecc. ai punti P, Q. R, S ...., si ha nei punti P', Q\ R\ S'..., in-
contro di dette visuali col quadro, le proiezioni stereografiche dei
detti punti.
Il cerchio ee, incontro della sfera col quadro, coincide con la sua
proiezione, e si chiama cerchio fondamentale.
Nella fig. 24 il quadro tctt è il piano del disegno, dove è
tracciato il cerchio ee, come rappresentante della sfera, il cui
centro è O. he proiezioni P', Q\ R\ S' costruite nella fig. 23 sono
riprodotte nella fig. 24, oltre le proiezioni M', N'...
u.^
Fig. 24.
Fig. 25.
I pimti della semisfera superiore (da un verso del quadro) hanno
le loro proiezioni entro il circolo ee, quelh della semisfera inferiore (dal
verso opposto del quadro) hanno le loro proiezioni fuori del detto
circolo. Così tutti i punti del quadro sono immagini di tutti i
punti della sfera; il circolo ee divide il quadro in due dominii.
Nella fig. 25 la sfera è rappresentata dal cerchio dd col centro
in O come nella fig. 23, e il quadro dalla traccia tctc. Il punto A
è il centro di omologia P un qualsiasi punto situato sulla sfera. P^
incontro della AP col quadro gnu, è la sua proiezione. Gli angoH P e p'
sono eguali, e cosi sono eguali gh angoH a, ol\ essendo U la tangente
alla sfera nel punto P. Di più si ha PT= P'T, Da qui s^ue il
IO l^RKliiÀ. — La visuale a un punto della sfera sega il qua-
dro e il piano tangente nel detto punto sotto lo stesso angolo.
Sia ancora P (fig. 26) un punto della sfera e P' la sua proiezione
sul quadro toc; il piano tangente alla sfera in P taglia il quadro
in tt.
40
Capitolo terzo
Siano PT e PT' due rette giacenti nel piano tangente; l'an-
golo tra esse è S; si noti che fu presa la traccia tt perpendicolare
al piano PP'T e perciò perpendicolare a PT e PT. I due trian-
goli PTT' e p*TT' rettangoli sono ^uali essendo TT' comune e
PT = PT. Per qilesta r^ione è 8 = 8'. Da qui segue il
2<> Teorema. — Due linee sulla sfera si tagliano sotto lo stesso
angolo come le loro proiezioni stereografiche.
Fig. §7.
'Ovvero:
Le figure sulla sfera e le loro proiezioni stereografiche sono simili
nelle minime partii
Fig. 28.
Fig. 29.
Specialmente :
Un cerchio sulla sfera ha per proiezione un cerchio (fig. 27, p. e.
. d e d').
Goniometri e proiezioni
41
Nella £lg. 28 i cerchi d, d-^ passano per il centro di omologia A ;
le loro proiezioni sono rette d\ d\... perchè le rispettive visuali
giaciono in un piano.
I piani di cerchi massimi passano per il centro della sfera,
e perciò toccano il cerchio fondamentale ee nei punti estremi di un
diametro.
Nella fig. 29 ^^ è il cerchio fondamentale, d, d^ sono cerchi mas.
simi in proiezione, d^, d^ cerchi minori.
Poli di un cerchio minore o massimo sono i due punti sulla
sfera, che distano dello stesso arco da tutti i punti di esso, minore o
massimo; si ottengono innalzando il diametro perpendicolare al
piano contenente U cerchio dato. Le estremità del diametro sono
i poli cercati.
Fig. 30.
Fig. 31.
Nella fig. 30, Pi e Pj sono i poli dei cerchi d^^ d^...
Per contro il cerchio massimo ^^j è il cerchio polare dei punti
Pi e Pf
Siano ee (fig. 31) il cerchio fondamentale, AB e CD due cerchi
massimi con i rispettivi poli P e Q. Si conduce per P e Q vaa.
qualsiasi cerchio mino];e dd o massimo, che s^a i cerchi massimi
dati nei punti Af, iV, S, T.
Nei due triangoH sferici QEM e PEN si ha QM = QE =
= PN = PE = 900, perciò gli archi sul cerchio minore sottesi
agli stessi o corde sono ^uali
arco MSQ = arco NTP;
aggiungendovi il comune arco PQ, si ha
arco MSQP = arco NTPQ.
42
Capitolo terzo
Si ripete ancora che gli angoli sottesi agli stessi archi sono
eguali, ossia MP = NQ e ^ MEP = <^ NEQ, e per conseguenza
i triangoU rispettivi sono eguali A MEP = A NEQ e perciò
ME = NE; analogamente ET = ES e MT = NS. Da qui s^ue il
30 Teorema. — Ogni cerchio minore o massimo che passa per
i poli di due cerchi massimi, sega su questi archi eguali.
Siano ancora ee il cerchio fondamentale e AB, CD due cerchi
massimi (fìg. 32). Si traccia un cerchio minore dd tale che seghi i
due cerchi massimi ad angolo^ retto in M, N, S, T. Essendo perciò
isosceli i triangoU
MES, NET, SET, MEN.
fpt
Fig. 3a.
Fig. 33.
ne viene che gU archi
EM, EN, ES, ET
sono eguaH. Da qui segue il
40 Teorema. — Ogni cerchio, minore o massimo, che seghi ad
angolo retto due cerchi massimi, taglia su questi archi eguali. Ogni
altro cerchio massimo passante per E tagUa il cerchio minore dd
ad angolo retto; p. e. i cerchi GH, PQ, ecc.
Poiché i due cerchi massimi AB e CD (fig. 32) segano ad angolo
retto il cerchio minore dd, i loro punti d'incontro sono i poh del
cerchio minore; E nella fig. 32. È facile costruire im cerchio minore,
che seghi due cerchi, massimi ad angolo retto e passi per un punto M ;
Goniometri e proiezioni 43
infatti il suo centro si trova nell'intersezione del diametro EO e
della tangente in M al cerchio massimo.
Sia ancora ee (0g. 33) il cerchio fondamentale, t ddvai cerchio
massimo dato. Il polo del primo cerchio è il centro di omologia non
rappresentabile sul quadro, i poli del secondo siano P^ e P,*. Una
qualsiasi retta condotta per Pj o per P, è un cerchio contenente
il centro di omologia. N' P-^ è dunque un cerchio minore con-
tenente i poli di due cerchi massimi ee, dd, e s^a perciò su questi
archi eguali (3° teorema). Si ha cioè:
are CN = are CN\ are CN = are CN".
Volendo dimque conoscere la vera grandezza di un arco CN,
di cui è data la proiezione sul cerchio massimo CdB, lo si trasporta
sul cerchio fondamentale dai poh Pj o P,.
Si ha ancora:
^BM = ^ BM\
e perciò il cerchio minore condotto per M ed M' s^a i cerchi mas-
si mi ee e dd ad angolo retto, e allora
<^ BM" = <^ BM.
Da qui viene che se il cerchio massimo dd ruotasse attorno al
diametro CB, uno dei suoi punti, p. e. il punto M, percorrerebbe
il cerchio minore M' MM*\
I teoremi 3° e 4® facilitano la risoluzione di diversi problemi.
2U Probi«emi di proiezione stereografica. — IO £ dato un
cerchio massimo, trovare i suoi poli-
Fìg. 34.
Il cerchio massimo dato' sia CMB (fìg. 34).
Si tiri il diametro BC, e su di esso il diametro perpendicolare
44
Capitolo terzo
OM, il quale figura da cerchio massimo i cui poli sono B e C. Su
quest'ultinlo si deve portare l'angolo di 90° a partire da M per
avere i poli Pi e P,. Si trasporta M in M' dal polo B, e quindi si
porta l'angolo di 90° sul cerchio massimo ee a partire da M'. I
due punti così ottenuti P'^ e P\ si trasportano dal polo B in
Fig. 35.
Pi e P,, che perciò saranno i poli cercati del cerchio massimo dato
BMC. Dalla costruzione risulta che <^ Pj BP, = 900 e <^ Pj BM =
<^ MBP^ = 45°.
.„..••—•••••"
h
.' ì
•>4
Fig. 36.
2^ È dato un cerchio minore, trovare i suoi poli.
Il cerchio fondamentale è ee col centro O, e il cerchio
minore dato è d col centro (fig. 35). •
Si tira il diametro AOoB, e su di esso perpendicolare il dia-
Goniometri e proiezioni
45
metro MON. Essendo AB un cerchio massimo, M ed N sono i -suoi
poli. Trasportando da M l'arco CD in C D\ si ha qui la vera
grandezza di esso (are. D'C = are DC). Il pimto di mezzo del-
l'arco CD' è P\, ov\'ero P\; perciò Pi e Pj sono i. poli cercati.
Si noti che Pi M e P2M dividono per metà l'angolo compreso tra
CM e DM e la costruzione con ciò è facilitata.
30 È dato un polo P^ (fig. 36); costruire il, suo opposto P,
e i cerchi massimi passanti per P^.
Si tiri la PjO, che è la proiezione di un cerchio massimo; uno
dei suoi poli è B, essendo OB perpendicolare a OPi. Dal polo B
si trasporti Pj in P^ sul cerchio fondamentale ee; l'opposto di
FlK. 37.
Pi è Pj'. Si fa quindi l'inverso, dallo stesso polo B, si trasporta
P,' in Pj, che è il polo cercato. Tutti i cerchi che passano per P^
e P, sono massimi. Nella fig. 36 i vari cerchi massimi per Pi
sono di, dit d^, d^..,
40 Dato un polo, costruire i cerchi polari corrispondenti mi-
nori e massimo.
Il poto dato è Pi (fig. 37), ee il cerchio fondamentale col centro
in 0.
Si tiri PiO e la perpendicolare OB; B è uno dei due poli del
cerchio massimo PiO; quindi si determina il secondo polo P, op-
posto a Pj procedendo come nel 30 problema. Tutti i cerchi polari
di. Pi e P, minori e massimo segano il cerchio massimo P1P2 ad an-
golo retto, e così pure il cerchio massimo PiBP,. Si hanno i
centri dei cerchi minori e massimo richiesti con la costruzione
indicata nel 4° teorema.
46
Capitolo Urto
Nella fig . 37 i cerchi minori polari di P^ sono d^, d„ d^, d^, d^,
uno dei quali, d^, passa per il centro di omologia.
Il cerchio polare d^ è massimo.
Col sussidio del 4° teorema si risolve il s^uente problema :
50. Dati due poli qualsiasi P e Q (fig. 38), trovare un terzo
polo X tale, che gli archi XP e XQ siano dati.
Per semplicità i due poh dati P, Q, si trovino sul cerchio fon-
damentale ee\ gU angoli dati siano PM, QN.
Si tiri la tangente in M
al cerchio fondamentale; essa
incontra il raggio OP nel punto
Cj, che è il centro del cerchio
passante per M, cerchio minore
polare di P, i cui punti distano
da P dell'angolo dato PM =
= XP. Si tiri anche la tan-
gente in iV al cerchio fonda-
mentale ee, che incontra il rag-
gio OQ nel punto e,, centro del
cerchio passante per N. Tutti
i punti di questo cerchio minore
distano da Q dell'angolo dato
QN = XQ, ed è un polare di
Q, I due cerchi minori d^ e rf,
si incontrano nei punti cercati.
Ire soluzioni sono due Xj e
AT, se PQ < PM -f QN. La solusdone è unica se PQ = PM 4- QN.
Il problema non ammette soluzioni se PQ > PM + QN.
^
Fig. 38.
óX^
22. Proiezione stereografica dei cristai^u. — La posizione
di una faccia può essere data dalla sua normale, che si fa passare
pel centro della sfera fondamentale, ed essa è fissata dal suo polo,
incontro di essa con la sfera fondamentale. Si stabilisce univoca-
mente il problema, facendo passare per il centro della sfera la
normale dfeUa faccia, e definendo polo della faccia l'incontro della
normale positiva (18) con la sfera. Cosi ogni faccia ha il suo polo,
che ne determina luogo e posizione, ogni faccia avendo un solo
verso, il verso estemo del cristallo. Si comprende come da questa
maniera di individuare la posizione e il luogo di una faccia risulti
quella che si chiama la proiezione stereografica di un cristallo,
ed è la proiezione dei suoi poh.
Basta un esempio per comprendere la proiezione stereografica
dei cristalli.
Goniofnetri e proiezioni
Al
Il cristallo che si vuol rappresentare in proiezione stereografica
è un modello di anortite (Ca Al, Si^ Og), la cui effige è data in
prospettiva parallela nella fig. 39. I^e facce T l M T' V M\ costi-
tuenti una zona, siano perpendicolari al quadro, ove giace il cerchio
fondamentale. La faccia M sia a destra, M' a sinistra dell'osser-
vatore, r ed / siano davanti.
Per avere meglio sott'occhio questa zona, che diremo verticale
essendo verticalmente situata, è data nella fig. 40 la proiezione
orizzontale del cristallo, sicché le facce MIT, M'... appariscono
rette. Le loro perpendicolari essendo sul quadro, giacciono nel
piano del cerchio fondamentale, e i loro rispettivi polì in questo
cerchio (fig. 41).
Fig. 39.
Fig. 40.
Gli angoU MI = 58°, TI = 59° Vz, TM' = 62° l^ sono dati.
Nelle fig. 39 e 40 sono anche le facce z f z" f, e nella fig. 41
i rispettivi poli con gli angoli dati Mf = 29° 54 ^ ^^'^ =31®.
Gli angoli dati PI = 660 e Pt = 69° ^^ hanno servito per co-
struire il polo P applicando il 5° problema. Nello stesso modo fu
costruito il polo Y con gli aiigoU dati YT' = 430 14 e Y/' = 45° ^.
Con i poli P ed y è determinato il cerchio massimo YP,' che in-
contra il cerchio fondamentale in a e in a'.
Si osservi nella fig. 41 che le facce a, t, P, X, Ve le loro op-
poste a\ tf, X\ y sono in zona, come i loro poh in un cerchio mas-
simo. Con gh angoli dati P/ = 410 14 ^ ^^ = 5^° ¥2 sono stati
determinati i rispettivi poli X e t (^o teorema) .
Anche le facce M, e^ P, n e le loro opposte M', e\ P\ n' sono*
in zona, e i loro poh nel cerchio massimo MPM'; onde con gh an-
48
Castolo terzo
goli misurati Pn = 46° '/é e P« = 42° 34 ii^ ^ risultata la posi-
zione dei rispettivi poli w ed e.
Le facce M, p, X, o e le loro opposte M\ X\ p\ o' sono in zona,
e per conseguenza ne sono determinati i poli con i rispettivi angoli
Mp = 620 % e M'o = 650.
Come controllo si verificherà che i poli l, e, p, Y e i loro opposti
/', e\ p\ y sono in un cerchio massimo, prova sufficente che le ri-
spettive facce sono in zona.
a'
Affinchè la proiezione stereografica sia l'immagine possibilmente
fedele del cristallo, i poh delle facce più sviluppate vengono segnati
con punti grassi, quelle delle facce rudimentah con punti piccolissimi,
e i poh delle altre facce con punti gradatamente più o :|;neno marcati
secondo il maggiore o minore sviluppo delle rispettive facce. Anche
le zone più evidenti sono indicate con cerchi massimi più calcati
e cosi via. L'incontro di due o più zone segnerà la minore o mag-
giore probabiUtà di nuove facce. Così p. e. le facce corrispondenti
ai poh a e a^ che si assumono come fondamentah, sono rarissime
ma non escluse nei feldispati tricHni, a cui appartiene Tanortite. In
ogni modo le facce più probabih sono precisamente P, M, T, /, x, y,
indi ti, e, 0, p, ove si incontrano parecchie zone.
CAPITOLO IV
Calcoli intorno ai cristalli.
23. Calcou) dei^lk cx)STanti fondamentau. — Nella pro-
spettiva parallela (fig. 42) sono rappresentate le facce fondamen-
tali a = (100), b = (010), e = (001), con le loro opposte e gli
^•/5r*^
.-:
I
I
/-Y'/y
--/
(010^
(fOoU
Fig. 42.
spigoli fondamentali ;if = [100], y = [010], jt = [001]» che si as-
sumono come assi di riferimento del cristallo.
Gli angoli fondamentali sono
A A A
OL = yz, ^ = z^, Y = xy.
C. Viola.
50
Capitolo quarto
Nella proiezione stereografica (fig. 43) sono segnate le dette
facce con i loro poli:
(looi e (100),
(010) e (olo),
(001).
e i rispettivi angoli a, p, y. "^
Gli spigoli fondamentali sono individuati con i rispettivi
cerchi massimi, che rappresentano anche le zone fondamentali:
X = [010 . 001 /olo]
y = [100 . 001 . 100]
z = [100 . 010 . 100 . olo].
In luogo degli angoli piani a, ^,.y si sogliono dare gli angoli
diedri
A
A = bc = (010) : (oòi)
A
B = ca == (poi): (loo)
_ A
r = aò = (Xoo) : (010)
ovvero i loro supplementi, cioè
Al = (001): (oio)
essendo
A -Ir Al == 1800
Bj = (100) : (001)
»
B -h Bi = 1800
Fi = (010): (100)
r -f Ti - 1800
Il rapporto degli assi è a: b: e (12).
a) Calcolo degli angoli fondamentali. — Spesso gli angoli
diedri A, B, F sono direttamente dati dal goniometro.
Posto
A-hB-hF = 2S
(H
si calcola:
a
tag4
tag^
\/
— cos
s.
cos (5 —
-.4)
y cos(s —
-B)
. cos (S
-F)
\/
— cos
S.
cos (S —
-B)
\ cos (S-
-F)
. cos (S -
-A)
a/_
— cos
s.
cos (5 —
F)
y cos (S — A) . cos S) — B)
(15
Calcoli intorno ai cristalli 51
Esempio. — Nell'anortite del Vesuvio (fig. 39, 40 e 41) (22)
furono determinati col goniometro i seguenti angoli :
Al = (001): (010) = 850.50' , A = 94<>.io'
Bi = (100): (001) = 63.57 . B = n6. 03,
Fi = (010) : (100) = 87.06 , r = 92. 54
•
e quindi • 5=1/2 (A_+ B + T) = iSi^^S^ao"
log cos S = 9.944138»
S — A = 57**-23'-3o" log cos (S — A) = 9-73i503
S — B = 35 .30 .30 log cos (S — B) = 9.910641
S — r = 58 .39 .30 log cos (S — D = 9.716121
Da qui risulta:
log cos S . cos (S — .4) = 9.675641,
log cos (S — B) cos (S — V) = 9.626762,
log cos S . cos (S — B) = 9.854778,
log cos (S — D cos (S — A) = 9.447624,
log cos S . cos (5 — D = 9.660259,
log cos (S — A) cos (S — B) = 9.642144.
Facendo le debite operazioni si ha successivamente:
log tag» — = 0.048879, log tag — = 0.024439,
log tag«— = 0.407154, log t^-^ = 0.203577,
Y Y
log tag"-^ = 0.018115, log tag— ^ =0.009057.
Finalmente :
a
— = 46o.36'.4o", e a = 93®.i3'.2o".
B
— = 57 -57 -45 . » P = 115 -55 .30 ,
Y
— = 45 .35 50 . » Y = 91 II .40 •
52
Capitolo quarto
Questi risultati si controllano con le note relazioni :
sen a sen A
w=
M =
V =
sen p
sen ti
sen B
>
sen B
sen Y
~sen r
sen Y
senT
sen a sen A
log a/ =0.045 3 76, «;=i.iioi4
log «=9.954031, «=0.89956
log V =0.000593, r=i.ooi37
(16
che si impiegano comodamente per gli ulteriori calcoli.
b) Calcolo del r apporto degli assi. — Per il calcolo di
a: b: e
Fig- 44.
si può partire dai tre triangoli
AOB
BOC
COA
(fig- 44)
con gli angoli piani ivi indicati, x, y, z sono gli spigoli fondamen-
tali, A BC è la faccia unitaria, e i parametri fondamentali sono :
OA = a,
OB = 6,
OC = e.
Calcoli intorno ai cristalli
53
Da questi tre triangoli si ha:
a
T
senq))'
sen (pj"
6
e
sen 9i
sen <pi'"
sen(p2
///
esn (p 2
(17
In luogo d^li angoli 9 si possono più convenientemente so-
stituire gli angoli ip, rappresentati nella proiezione stereografica
della £lg. 45, ossia
4/," = (OH): (010),
({),' = (loi): (100),
4,1'" = (OH): (001).
1,' = (ho): (100),
<|(a"' = (loi) : (001),
({;»" = (ho): (010).
«Ci.
o^n
o*c
Con questa sostituzione e col riguardo delle (16, le (17 si
riducono alle seguenti:
a
T
sen 4^,' b sen òi"
1 MI = J
seni]/,
sen^i
u,
Abbreviando si può scrivere:
e
a
sen <];j'"
sen^a'
V.
(18
a-
b'
T'-W" • -r = -^'-" •
essendo
a'
sen ^I^g' ò' sen ^J/i
sen^j
// »
sen^]
//
/// »
e C
— =—7 V,
e' sen ij/g"
a' " sen^j^a'
(19
(20
54
Capitolo quarto
Per consuetudine si fa
& = I,
ed allora si ha
TT W . 6=1
a = -^«;
c =
6'
I
u
(21
Esempio. — Nell'anortite del Vesuvio (fig. 46), già conside-
rata, si conoscono i seguenti angoli, e quindi si calcola:
tj/3''=(i io): (010) = 580.4'
tj>j' =(iio): {ioo) = 29 .2
log senij;," =9.928735
logsen^j;3' =9.686026
Ti =(100): (010) =870.6'
log-^
= log
sen ^5'
sen ^J;,
fOù
Of
log
a
V
77=9.757291
9.757291
log tt; = 0.045376
•
= 9.802667
log 6
= 0.000000
Ioga
= 9.802667
a
= 0.6348
b
= I
Si conoscono nell'anortite del Vesuvio anche i s^uenti angoli:
logsen(];i"= 9.939091
log sen ij;/" = 9.623574
sen ^1"
ij/j" =(oii): (oio) = 6oo.2i'.33
<];i'" ={oii): (ooi) = 25 .28.27
A, ==(001): (010) = 850.50'
ò'
log e — = log
fff
0.305517
b = I
sen tj/i
log u = 9.954031
b
log — = 0.259548
log 6 = 0.000000
log e = 9.740452
e = 0.55008.
Calcoli intorno ai cristalli
55
Riassumendo, le costanti dell'anortite del Vesuvio sono:
a = 930.i3'.2o", A = 94°. io', a = 0.6348,
P = 115 -55 .30 ,
Y = 91 II 40 *
B = 116 .03 ,
r = 92 .54 »
6=1,
e = 0.35008.
24. CALCOI.O DEGÙ INDia DAGW ANGOI,! E VICEVERSA. —
Sono dati gli angoli, che determinano la posizione di una faccia;
si domanda i suoi indici h, k, l {fig. 47).
ptù
too
010
Gli angoli conosciuti a tal fine sono p. e. i s^uenti
(A A/) : (100),
(AA/) : (010),
(AA/):(ooi).
Con la risoluzione dei tre triangoli
(AA/) (010) (001),
(AA/) (001) (100),
(AA/) (100) (010),
si ottengono gli angoli seguenti:
(AAo): (010)
{ohi) : (001)
(hot): (100)
(AAo):(ioo) = (^l;/),
(okl): (010) = (f^^
(hol): (001) = (f^2
///
$6 Capitolo quarto
Indichiamo con a^, ò|, r^ i parametri della faccia data ; in luogo
delle i8) avremo le seguenti:
sen (^,') fcj sen (ij") Cj sen (^%'')
sen(^];,") "'^ "^ "" sen (^/") " ' ^ "" sen (^/) ^- <"
I coefficienti w, u, v sono propri del cristallo e si utilizzano
per il calcolo di tutte le facce. Essi sono dati dalle i6)
sen a sen A sen fì sen B
li; ^^ = n :^ L =5 — .
sen p sen B ' sen y sen F '
• __
seny sen T
sen a sen A * .
Posto questi coefficienti, si calcoleranno i rapporti:
V ^ sen (^3") ' 77 "" sen (4//") ' a7""sen (^|^,') '
ed allora si avrà :
k a b a' h' seno,' sen (Ò3')
A "" a, ■ 61 ~ ai' ' 61' " sen ^J;," ' sen \^^')
h 6_ e _ fc' e' _ sen i^/' sen (i^i")
T "■ òT ■ cT "" V * ^' ~ sen ^l^i'" * sen {^^")
o brevemente:
A a' sen (^J/j') A a sen ( 9,')
T "" "F • sen ((];,") ''''''"*' T "^ "6" ■ sen ((p,"-!
h __ ^' , sen (^1") ^ _ ^ ^^ (?i")
/ """7* • sen(v|;i"') " T^T ' sen (9/")
(23
«1 «i' ftj 61' Ci Ci'
Dalle 5), 18) e 22) si ottei^ono i rapporti degli indici:
(25
\.
(26
Calcoli intorno ai cristalli
57
Esempio. — Una faccia x dell'anortite del Vesuvio è stata in-
dividuata • dai s^uenti angoli (fìg. 48):
x: (100) = i250.37'.3o"
x: (010) = 73 .18 .40
x\ (001) = 64 .26..
too
9t0
Of0
roo
Fìg. 48.
Nei triangoli sferici
X (001) (010),
X (100) (coi),
X (010) (100),
si sono calcolati i seguenti angoli con le solite f ormole trigonometriche ;
(91") = 670.2'.2o" . (<p/") = i9<'.44'.2o"
(9/") = — 64 .32 .10 , (9/) == — 51 .23 IO
(93') = — 17 -43 . (9s") = — 73 .29 .40
Dalle tavole logaritmiche si ha:
log sen (93') = 9-483316
log sen (93") = 9.981724
log
Si sottrae dal valore
trovato a pag. 54
sen (9,')
sen (93")
= 9.501592
■^T
= 9.802667
^1
= 0.301075
h
5.0002
k
I.
58
Capitolo quarto
Inoltre:
logsen((pi") = 9.964133
log sen (9/") = 9-528575
Ic^
sen (9/0
sen (9/")
Si sottrae dal valore
= 0.435558
trovato a pag. 54 log — = 0.259548
log -7- = 9- 823990
/
k
T
= 0.6668: I
ossia
A: A = 4.0004: 2.0000 Q k: l = 2.0004: 3.0000.
Ciò corrisponde ai seguenti rapporti (con molta approssima-
zione) :
h:k\l = 4: 2: 3.
Stante gli angoli e la posizione della faccia x, il primo indice
della faccia x è negativo, e per conseguenza in definitiva si ha:
^=(423)
Non sempre sono dati gli angoli tra le facce (oii), (loi)e(iio)
e le facce fondamentali (100), (010), (001). stante l'incertezza delle
misure goniometriche o la rarità di tutte o di alcune di esse. In
questo caso si fa assegnamento su facce di posizione più sicura,
e da esse si calcolano le prime.
Esempio, — È data la faccia (021) dell'anortite; si doman-
dano gli angoli, che determinano la posizione della faccia (01 1), i
quali non si sono potuti misurare.
Gli angoli dati sono:
= (021) : (010)
= (021): (001)
— AlO
( 9i")
( ?r')
Al = (010): (001) = 85 .50 .
43". II. 30'
= 42 .38 .30
Calcoli intorno ai cristalli 59
Dalla 2^ delle 25) si ricava:
2 sen ^" sen (ij^i")
T ^ sen ^/" * senòjvT
ossia
sen (^J^i") sen ^j^"
2
///
sen ((J^i'") ~ sen (J^i'
Risolvendo questa relazione numericamente, si ha:
log 2 = 0.301030
log sen (vj/i") = 9.83533^
0.136366
log sen (^J;/") = 9.830852
sen di,"
^"^ sen T"- = 0-305514 : ^^i" + K' = 85^50'.
Col metodo delle approssimazioni si ottiene:
+1" = (Oli): (010) = 6oo.2i'.33" j ^,j
^jij'" = (01 1): (001) = 25 .28 .27
(010): (001) = 550.50'.
Questi angoli sono stati utilizzati per calcolare il rapporto b : e,
conforme alla 2* delle 18).
Lo stesso procedimento deve essere ora applicato alle due
facce (no) e (ilo) per determinare la posizione della faccia (100).
Siano dati gli angoli:
(ilo): (olo) = 620.26'.3o'
(no): (010) = 58 .04
(Ilo)*; (ilo) = 120 .30 .30
ossia (i.io): (ilo) = 59 .29 .30
.//
(•) La forinola per la determinazione di J^j" e tLi'", supposto
^1" 4- ^1'" = 4^' *^^^ ^ logantmica.
Posto infatti
sen d;|" t sen d;
\—jr, = ^ si ottiene tag J;/' = ^-—r
sen^J;/" ^^* I— /cos^j;
sen J|
^* /-f-cos-J*
che si calcolano con i logaritmi di Gauss.
6o Capitolo quarto
Per avere la posizione di (loo), bisogna calcolare gli angoli
(iIo):(ioo) , (loo): (oio) e (no): (no)
Or daUa i* delle 25) risulta
I sen ^^ sen (tj;,')
-I ~ sen^l^a" * sen (v|;,") '
essendo
+»' = (no)- (100)
ipj" = (no) : (010) = 580.4'; log sen ^^' = 9.928736
(+30 = — (iIo):(ioo)
((|;3")= (no) : (010) =620. 26'. 30"; log sen (^3") =9.947698
9.981038
ossia
sen d>8 sen d;,
log Trr^. = TiTTr = 9981038
^ sen (^PjO sen (^l^j") ^^ ^
B calcolando come dianzi (vedi nota a pag. 59), si ha:
^^ == (no): (100) = 290.02'. — '
(+»') = (ilo): (100) = 30 .27.30
essendo noto vj;,' + i^^) = 59 .29 .30 .
Questi angoli sono stati utilizzati per determinare Ìl rapporto
a:'ò dell'anortite conforme alla prima delle 18). pag. 54. ove
^j;,' = 290.02' e ip," = 580.4', dopo che siano stati calcolati gli an-
goli a e p.
Come controllo si ha:
(no): (100) = 290.02'
(no): (010) = 58 .04
Fi = (100): (010) = 87 .06
In ultimo applichiamo lo stesso procedimento al seguente
problema : è dato il simbolo generale di una faccia (A^/) ; si doman-
dano gU angoH che ne fissano la posizione.
Calcoli intomo ai cristalli
6i
Poiché per la soluzione di questo inverso problema si fa uso
delle relazioni 25) o 26), possiamo senz'altro considerare un caso
concreto, e anche ora esso riguardi l'anortite del Vesuvio. La faccia
data sia (423) (vedi fig. 49).
/ot>
010^
ofe
La prima delle relazioni 26) dà
sen tj/a' sen (tj/s')
sen tj;," * sen (tj»,")
La seconda
2
T
sen ij//' sen (^j/i")
senti;/" • senl^iT^
Gli angoli dati sono:
'^3' = (no): (100) = 290.02'
^3"= (no): (010) = 58 .04
i^x' = (01 1) : (010) = 60 .21 .33
•];/"= (01 1): (coi) = 25 .28 .27
Gli angoli da determinarsi sono:
log sen ^1^3' = 9.686027
log sen tj^s" = 9.928736
logsen<j>i" = 9939091
log sen tj/i'" = 9.633574.
(J'aO = U20) : (100) , „
1 -\ /- = 92°. 54' = (100) : (010) = r
(ys ) =(420): (010) * ^ -'T V / V /
(•V) = (023): (010)
(4^r') = (023): (COI)
= 850.50' =^ (010): (001) = A
62
Capitolo quarto
Risolvendo la prima delle suddette relazioni, si. ha succes-
sivamente :
log sen ^|;,' = 9.686027 log sen v];," = 9.928736
log 2 = 0.301030
log 2 sen ^J;," = 0.229766 log 2 sen tj»," = 0.229766
sen (d;,')
sen (q/s )
Posto
(+3') + (+3") = + = 920.54'
si ottiene, vedi nota a pag. 59:
sen (^|,,")
= /
e quindi
ed infine
^ sen th
log tag (t\f^') = 9.462242 tag (vl^a") = 0.627501,
(^l^g') = (420): (loo) = 160. io'
(+3") = (420) : (010) = 76 .44
r = (100): (010) = 92 .54
Passando alla risoluzione della seconda delle dette relazioni,
si ha successivamente:
log sen t^t/' = 9.939091 log senvl^i'" = 9633574
log 3 =0.477121
lc^2
0.416212
9.934604
0.301030
9.934604
, sen (iL/')
log rTTTTr = 0.481608
** sen (\\fi )
Facendo le sostituzioni:
(+1") + {^n = 6 = 85<>.5o'
sen (^n
sen (^n
= s ,
si ha
tag (^/')
s sen
I — s cos 0,
e tag(^r)
sen
s 4- cos
Calcoli inlofno ai cristalli 63
« ■ . 'II.
e quindi, con i dati numerici ora calcolati :
log tag (4^1") = 0.394015 , log tag (ij^i"') = 9.506954:
e dalle tavole trigonometriche risulta
(^j;/') = 680.01 '.io",
(i^r) = 17.48-50 ,
Al = (010): (001) = 850.50'. — .
Questi angoli sono sufficienti per individuare la posizione
della faccia (423), — infatti con la risoluzione dei triangoli sferic i
r
(loo) . (001) . (023),
(010) . (001) . (420),
(òoi) . (100) . (423).
si ottengono i seguenti angoli:
(423): (100) = 540.22'.30"*
(423): (010) = 73 .18.40 . •
(423) : (001) = (54 .26 .— .
Per ulteriori studi sul calcolo intorno agli angoli, alle zone e
agli indici nei cristalli si manda il lettore a trattati speciali, come
R. Panebianco, Th. Liebisch, C. Klein, ecc. Vedi inoltre la lettera-
tura seguente.
64 Castolo quarto
I.ETTERATURA AI CAPITOLI III E IV.
R. Panebianco, Trattato di cristallografia morfologica. Padova, 1904.
R. Pancbianco Calcolo cristallografico. Padova 1888
Q. La Vai,i,£, Corso di cristallografia teoretica. Messina. 1896.
Q. Sei,la, Sul cangiamento di assi in un sistema cristallino. Torino, 1837.
B. GosSNBR. Kristallherechnung und Kristalheichnung, 191 4.
E. SOMMERFELD, Geometrische Kristallographie. Leipzig, 1906.
C. Ki,EiN, Einleilung in die Kristallherechnung. Stuttgart, 1876.
W. H. Mii,i,BR. Treatise on Cristallography.
E. Bii,I,ows, Trasformazione degli assi cristallografici in funzione di in-
dici di spigoli. « Rivista di Min. di R. Panebianco », voi. XVIII, pag. 63.
H. DuFET, Sur le calcul cristallographique {nouvelle méthode). « Bull. soc.
fran9. minér. », 1903, XXVI, 190-302.
E. DE FedorofI', Ueber Krystallzeichnen. « Zeit. f . Krys. », 30. 6.
S. L- Penfield, Ueber die Anwendung der stereographischen Projection.
« Amer. Joum. of Sciences», 1901, (4). 11.
W. L. Lewis, A treatise on cristallography. Cambridge, 1899.
CAPITOLO V
SISTEMATICA E SIMMETRIA.
25. I PossiBiu SISTEMI CRisTAi^UNi. — Si è veduto che nelle
-figure normali dei cristalli, definiti dalla legge di Curie (10), l'accre-
scimento perpendicolare alle facce è proporzionale direttamente alla
-costante capillare e all'area specifica o inversamente alla densità
superficiale. D'altra parte le densità superficiali dipendono dalla
struttura, di guisa che la figura normale del cristallo si presenta come
l'inunagine estema della struttura. Quest'ultima è a sua volta uno
dei fattori importanti, che determinano il carattere chimico e le
proprietà fisiche del ^ristailo nel loro complesso.
Se uno studio razionale e proficuo vuol essere fatto in qualsi-
voglia ramo delle scienze naturali, la cristallografia e la mineralogia
non escluse, si rende indispensabile una classificazione degli oggetti.
Un razionale aggruppamento dei cristalli secondo una serie di
-caratteri che insieme li colleghùe li distingua da altri, si chiama siste-
• malica, i singoli gruppi si dicono sistemi.
Da quanto si è detto risulta evidente che il carattere direttivo
nella sistematica dei cristalli, dal punto di vista generale, è riposto
nella figura normale, determinata da facce fondamentaU e uni-
taria, dotate queste da più piccole costanti capillari, più grandi den-
sità, più piccole aree specifiche, a cui si riferisce la legge di Hauy,
e riconoscibili praticamente e in generale dal loro massimo sviluppo
o dalla loro massima frequenza.
Le facce fondamentali a, b, e determinano gU spigoh fondamentali
o assi X, y, z, che sono individuati relativamente dagU angoli fonda-
mentali a, p, y (12). L*a faccia unitaria determina su di essi i para-
metri fondamentali o rapporto degU assi
a : fc : e,
s — C. Viola.
66 Capitolo quinto
che indicheremo con
assegnando a b Tunità.
Facendo tutte le ipotesi possibili sulle cinque costanti fondamen-
tali a, p, Y, Nj : I : JV, = a : ò : e, otterremo i seguenti sette sistemi :
1° Sistema tr telino:
ocrj: P :J:Y4=90<>; a',b\ c = N^: i: N^',
2° Sistema monoclino:
oc = Y = 90° (34=90°; a:b: e = N^: 1: N^\
30 Sistemu trimetrico:
. a = P = Y == 90®* a'.b:c = Ni:i:Ni;
40 Sistema trigonale:
a = p = Y 4 9<^° » fl : fc : e = I : I : I ;
50 Sistema dimetrico:
a = p = Y ~ 90° ' a :fe : e = 1 : I : A^2 •
6° Sistema esagonale:
a = P = 90°, Y ~ 120°; a:b: e = 1: i: N^;
70 Sistema monometrico:
a = P = Y ~ ^9^° ' a:6:c=i:i:i.
È inteso che la scelta delle facce fondamentali e della faccia
unitaria deve essere tale, che tutte le facce di eguale accrescimenta
, e di eguale sviluppo possano ricevere gli stessi indici, salvo l'ordine
e il segno; di più, per la legge di Hauy (13), le facce fondamentali
devono essere quelle aventi le minime costanti capillari, ossia devona
avere il massimo sviluppo. Queste due esigenze non sono sempre
conciliabili fra di loro nei sistemi cristallini, salvo il primo, come si
vedrà studiando i singoli sistemi ; deriva da ciò che le stesse costanti
fondamentali, sopra riferite, devono valere per strutture cristalline
diverse.
Questo inconveniente nella nostra sistematica, adombrato già
nelle opere di Hauy, trascurato da Mohs, Naumann, ecc., peggiorato
da Schoenfìies, curato infruttuosamente da Fedorow, Goldschmidt
e altri, non può essere rimosso dalla sistematica, se questa vuol
essere semplice e comprensiva. Si aggiunga che nessun'altra siste-
matica semphce dei cristalli è per ora possibile.
Iv'accrescimento di una faccia è in relazione con i suoi indici
e con le costanti fondamentali; ^sicché in ogni sistema cristalliilo,
dati gU indici di una faccia, risultano da essa tutte le facce aventi
gli stessi indici, lo stesso accrescimento e lo stesso sviluppo. Si
distinguono in ogni sistema facce generali come (hkl) e facce speciaU
Sistetnatica e simmetria 67
come (no), (loi), (01 1)... I^'insieme delle facce degli stessi indici,
salvo r ardine e il segno, e dello stesso carattere fisico è la forma,
pag. 24. Se gli indici sono imitati, anche la forma dicesi unitaria.
Se mi cristallo è fornito di diverse forme, p. e. \hìd\, \\ h^ ^),
|/t(^ /,)... la combinazione avrà per simbolo
in ordine allo sviluppo delle singole forme.
Per la determinazione di una forma nessuna quantità fisica
devesi trascurare; la più importante proprietà da considerarsi per
il carattere delle facce (15) è quella del loro rilievo naturale o arti-
ficiale da ottenersi con la corrosione (37).
Non tutte le facce di eguale accrescimento secondo la legge di
Curie-Hauy sono dello stesso carattere fisico; come all'incontro questo
non può disgiungersi da quello.
Queste circostanze ci insegnano che ogni sistema cristallino deve
essere suddiviso in classi, secondo che il carattere fisico coincida con
tutte le facce di eguale accrescimento o solo con alcime di esse. La
teoria per di più insegna che nei sette sistemi cristallini si hanno 32
.classi differenti fra loro; ma l'esperiexv^a a sua volta ha constatato
che nelle sostanze- cristallizzate solo '30 classi sono rappresentate.
Se facce generali del simbolo {hkl) aventi eguale accrescimento
perpendicolare epperò rappresentabili con gli stessi indici, salvo
l'ordine e il segno, fossero tutte dello stesso carattere fisico, risulterebbe
ima forma da esse costituita avente il massimo numero di facce, che
al sistema può corrispondere. Una siffatta forma si chiama oloedrica,
ed oloedria (óXo;, intero, e^px, forma) la classe del sistema a cui
la forma appartiene. Se all'incontro tutte le dette facce non sono fra
loro eguali, quelle fra loro eguali costituiscono una forma, che in
generale si dice meriedrica, e tneriedria (ppoc, parte) la classe. In
particolare se le facce generali di eguale accrescimento sono per la
metà dello stesso carattere fisico, si dice che la forma è etniedrica, e
la classe a cui essa appartiene è una emiedria; se per la quarta parte
la forma è telar toedrica, e la classe è una tetartoedria, e così di seguito.
Queste antiche ma sempre giuste denominazioni delle classi
cristalUne si sono mantenute nella scienza, ma forse non è senza fon-
damento desiderare che vengan sostituite da una nomenclatura, che
dalla forma generale della classe prenda il nome, la quale è razionale
quanto la prima, ma più semplice e comprensiva. — Emimorfia av-
viene quando due estremità del cristallo sono di carattere fisico di-
verso, ed emimorfa, polare o bivalente è la direzione nella quale le
due estremità diverse si trovano.
68
Capitolo quinto
I. Sistema triclioo.
Carattere :
I^ìg- 50 e 51. a:j:P4:Y4:9o«; a: b: e == N^: 1: N,
L'accrescimento perpendicolare e lo sviluppo di una faccia qual-
100
010
oto
sivoglia (hkl) = A' B' C non possono ripetersi in altre facce aventi
gli stessi indici, che in una sola, la parallela ed opposta {JhJtl).
Così p: es. le due facce A' B' C = {hkl) e A' B' C ^ {hkl).
fig. 51, aventi gli stessi indici milleriani e la stessa area non possono
Fig. 51.
essere a eguale distanza dal centro O se lo sviluppo deve essere
eguale; infatti le due piramidi con basi A' B' C e A'~ti' C' e ver-
tice in O hanno lo stesso volume ma base differente e ciuindi diversa
1
Sistematica e simmetria
69
altezza, ossia diversa distanza dal centro, diverso accrescimento
perpendicolare o diverso sviluppo. E altrettanto dicasi per altre
facce aventi gli stessi indici h, k, l.
Una forma può dunque consistere al più di due facce, parallele
e opposte, che fanno un pinacoide (jrivaS, tavola, il^o;, forma).
Se le due facce non sono dello stesso carattere fisico, ciascuna è una
forma, il pedio (jri^cov). Da qui segue che nel sistema triclino due sole
classi sono possibili, la pinacoidale e la pediale
I* Classe pinacoidale.
Ogni forma di questa classe è un pinacoide. Il centro del cristallo
si chiama, •centro di simmetria o di inversione, col quale si in verte una
faccia, ima zona, uno spigolo. Si può anzi esprimere questo fatto
dicendo che il cristallo entra in posizione di ricoprimento con una
inversione. La forma unitaria è il pinacoide Im), ovvero jlii), ecc.
Esempi:
Sassolino B(OH)3, acido borico.
a: b: e = 1.7329: i : 0.9228;
a = 920.30', p = 1040.25'. Y == 89**.49'-
Fig. 52 con i pinacoidi:
Fig. 52.
Fig. 53.
alioo), clooit, »»(iio|, mi(iio|, r(ioi|, fj |ioi|, |iii|, Oi jnij,
Ojjlllj, O3III1).
Axinite HCa, B Alj (Si 04)4.
a: ò: e = 1.1475: 1 : 0.8626;
a = 97°-2', p = 980.53' 54. T = 1020.15'.
Pig- 53 con i pinacoidi:
cjooi), A/jiioj, r\iii\, 1\I12\, M(III), s(iii), X\20l\, d\ou\,
>'(loi), w {iil|, e (III).
E da osservarsi che i pinacoidi x, d, w, e non sono completi
nella fig. 53.
70
Capitolo quinto
Amie Na Al Si, O,.
a\h\c = 0.6335: 1:0.5577;
a = 94°-3', P = 1160.28' V«. Y = S80.8' V,.
Pig. 54 con i pinacoidi:
M|oioj, P|ooi}, /jno), r(ilò|, ;r{Ioil, y |2oi|, n |o2i), olili},
v(Iii|.
Anortite GaAliSi^O^.
a:b:c = 0,6348: i : 0.55008;
a = 93°i3'.2o", p = ii5°-55'-3o"» Y = 9i**.ii'-4o".
A
a
l
^
Fig. 54.
Fi«. 55.
Vedifig. 39,' 40-
Distene = Cianite Al, Si O5.
a: &: e = 0.8991 : i : 0.6997;
a = 900.23', p = 1000.18', Y = io6o.i'.
^S' 55 co'i i pinacoidi:
a{ioo|, 6 joioj, e (001), /jiioj, a |izo}, njoii}, r \oii\, à(ioi|.
2* Classe pediale,
Le figure dei cristalli di questa classe sono formate da pedi, ossia
da facce di carattere fisico diverso. Perciò questi cristalli si dicono
asimmetrici ed asimmetria la loro classe. La forma unitaria è il pedio
(ih), (Ih), (III)...
Sistematica e simfneMa
71
Esempi:
Bitartrato di stronzio (C4 H4 Oe)s Sr H, + 4 aq.
a: b: e = 1.2136: i: 0.9630;
a = 660.53', p = 1020.48', Y = 1050 40'.
Fig. 56 con i pedi:
a{ioo), a' (100), 6(010), 6' (010), / (loi), e (001), e' (ooi), «(122)
Nitrato-acetato di stronzio
CH, CO, (Sr NO,) + 3 aq.
a: b: e = 0.5200: i: 1.1697;
a = 960.39', p =^ 76°.43'. T = 91^.41 '•
Fig. 56. Fig. 57.
Fig. 57 con i pedi: a (100), a' (loo), e (001), e' (ool), b' (010),
r (oil), r'(oli), g (oli), w(ilo), w' (no).
11. Sistema mooodino.
Carattere: Una faccia (b fondamentale) è perpendicolare a 'una
zona (y), fig. 58 e 59.
a =Y = 90°, P4=9oo, a:b:c= Niii'.N^ «
OfO
Fig. 59.
7a Capitolo quinto
L'accrescimeuto jierpendicolare di una faccia generale e il suo
sviluppo {hkt) = A' B' C (fig. 59) si ripetono in quattro facce e
non più, aventi gli stessi indici: esse sono:
[hhl). {hkl). iW). {hki).
Altre facce aventi gli stessi indici, come p. e. {Akl), (hi!)--- hanno
accrescimento perpendicolare diverso o sviluppo diverso. Infatti la
faccia [hkl) = A' B' C e la faccia {,A' B' C') = (kkl) non hanno la
stessa area né lo stesso accrescimento perpendicolare a partire dal
centro, perchè le due piramidi A' B' C O. e A' B' C' O con l'apice
in O lianno lo stesso volume, base diversa epperò altezza di\-ersa.
Una forma generale nel sistema, monoclino può dunque consistere
di quattro facce al massimo, come quelle sopra enunciate; esse sono
parallele ad uno spigolo, cioè fanno zona. Se tutte le quattro facce
hanno carattere fisico eguale, costituiscono una torma, che prende
il nome di prisma (fig. 59). Se le facce dello stesso carattere fisico
si riducono alla metà, p. e. le facce {hkl) = A' B'C'e (Af/) = A' P C.
la forma che ne risulta è un doma (Jiu»!, tetto), come nella fig. 60.
(facce ombreggiate); o\-vero le facce {hkl) ^ A' B' C e (Hl\ =
= A' B' C e la torma che ne risulta è uno sjenoide (u^/,», cuneo)
come nella fig. &i (facce ombreggiate).
Nel sistema monoclino sqno dunque possibili tre classi : prisma-
lica, domai ica, sfenoidale.
Invero altre due combinazioni non sono da escludersi, p. e.
le due facce di carattere fisico eguale sono parallele, ovvero tutte
Sistematica e simmetria 73
le quattro facce sono diverse fra loro. La prima è pinacoidale e la
seconda pediale, entrambe di carattere monoclino.
3* Classe prismatica.
La forma generale (fìg. 59) è un prisma con le facce:
[hkl), (hkl), ihkl), (hkl).
Esse sono disposte in modo tale per rispetto al piano xz (010),
che preso questo come piano speculare, le une sono immagini delle
altre, come la mano sinistra è immagine della destra.
Si dice xz piano di simmetria del cristallo.
Inoltre se il cristallo gira di 180°, e non meno, attorno allo spi-
golo >, esso viene in posizione di ricoprimento, ossia la faccia {hhl) va
a ricoprire la faccia [hkl), ecc. Si dice y asse di simmetria binario.
E poiché le facce parallele e opposte sono eguali, ne viene che il
cristallo ha il centro d'inversione, ossia ogni faccia ha due versi uguali,
ogni zona o spigolo ha due sensi eguali. L'asse di simmetria stesso
è apolare o monovalente. La forma unitaria è il prisma jiiilo|liij.
Nella classe prismatica due specie di forme sono possibih:
prismi \hkl\, |iii|, jiioj, (oiij...
pinacoidi \hol\, joioj, |ioo), (ooij, |ioi|...
I prismi mettono in e-sddenza la simmetria in genere ; i pinacoidi
|Ao/| la zona fondamentale y [010], il pinacoide (010! il piano di sim-
metria.
Negli esempi che seguono sono soppressi gli angoli a = y = 90°.
SolfO'^ S.
a: b: e = 0.9958 : i : 0.9998 ;
P = 95"-46'.
Fig. 62 con il pinacoide a jiooj e i prismi m {iio(, n |2ioj, w jTii|,
^(oiiì.
Mentre il solfo-a (trimetrico) si trova in natura e si separa dal
solfo fuso a bassa temperatura (sotto 95°), il solfo- p cristalUzza a tem-
perature superiori a 95° C. e fonde a 105° (vedi fig. 575).
Realgar As S.
a: 6: e = 1.4403: 1 : 0.9729;
Fig. 63 con i prismi m jiio), / \2io\, r |oi2( e v (230), e i pina-
coidi c.jooij, b joioj.
■ Melanterite Fé SO4 -|- 7 aq.
a\ b: e — 1.1828: 1 : 1.5427;
p = iO4'0.i5'.30
//
74
Capitolo quinto
Fig. 64 con i prismi m |iio|, g |oii) e i pinacoidi e |ooi), s {103),
r (loij.
Solfato magnesiaco Mg SO4 + 7 aq.
a: b: e = 1.220: i : 1.582;
p = 1040.24'.
Fig. 6a.
Fig. 63.
Fig. 64.
Fig. 65 con i prismi m (no), ^ |oii| e i'pinacoidi e |ooi|, s (103),
r (loij.
Gesso Ca SO4 + 2 aq.
a: ò: (; = 0.6899: i: 0.4124;
P = 99°.i9'.5o"-
Fig. 65.
Fig. 66 con i prismi/ |iioj, / liii|, n |Iii} e il pinacoide b |oio|-
Sistematica e simmetria
75
È da osservarsi per il gesso che, secondo qualche autore, le sue
forme sono tutte pinacoidaU e la sua classe sarebbe pinacoidale ma
con carattere monoclino (non triclino). Occorrono non pertanto ul-
teriori indagini per dare vaUdità a questo fenomeno.
Epidoto m Ca, (Al OH) Al, (Si O4), + n Ca^ (Fé OH) Fé, (Si OJ,.
a\h\c = 1.5787: 1 : 1.8036;
P = ii50.23'.io".
Y" e
Al. Y
\
^ «
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Y
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V*^^^^^^.^
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\
Fig. 66.
Flg. 67.
Fig. 67 coni prismi m |iio|, n {iii| e i pinacoidi a|ioo), e {ooi|»
e {loij, r (Ioi|.
AugiU Ca Mg (Si O,). con (Mg Fé) (Al Fé), (Si O,),.
a: 6: e = 1.092: i: 0.589;
p = 1050.41'.
: m
.»w
•ni:
Fig. 68. Fig. 69.
Fig. 68 con i prismi m |iio), ^ |lii) e i pinacoidi a |ioo). ò|oio|.
76
Capitolo quinto
A nfibolo Ca (Mg Fe)^ (Si 03)3.
a: b: e = 0.551 : i : 0.294;
P = 1060.4'.
Fig. 69 con i prismi nt jiio), r joiij e i pinacoidi p jToi|, b joiol
Ortoclasio K Al SÌ3 Og.
a:b:c = 0.6585: i : 0.5554;
p = ii6o.3'.i4".
1
A
/ft
Fig. 70.
Fig. 71.
Fig. 70 con i prismi / jiio|, n \02i\, jTii| e i pinacoidi P (001 1,
;ir jloi}, >' jàoiì, A/ joio).
Borace Na^ B4 O- -f io aq.
a: b: e = 1.0995: i : 0.5632;
P = 1060.35' o P' = 73^*25'.
Fig, 71 con i prismi w {iioj, o (lii), ^ |52i j e i pinacoidi a jioo|,
6 |oio|, e jooi).
4* Classe domatica.
La forma generale (fig. 60) è un doma, p. e. (hkl) con (A>^/) ov-
vero {hkl) con (^^/), (no) con (ilo), ecc. Si osservi che in ogni doma
le sue due facce sono disposte come qggetto e immagine per rispetto
al piano xz (fig 59), che perciò è piano di simmetria del cristallo.
SistetncUica e simmetria
77
Questo solo elemento di simmetria distingue la classe domatica, nella
quale sono possibili uricamente le seguenti forme :
domi \hkl\, ino), (oii[...
pedi [hot), (201), (loi)...
pinacoide (010).
La direzione y [010], zona fondamentale, è monovalente essendo
perpendicolare al piano di simmetria; ogni altra direzione è polare
o bivalente.
Le prime di dette forme e l'ultima mettono in eA-idenza il piano
di simmetria, le seconde la zona fondamentale [010], a cui sono pa-
rallele. La forma unitaria è il doma {iiij, ovvero |iii), tnij, lill|-
• Xegli esempi seguenti sono soppressi gli angoli a = 7 = 90°.
Scolectte Ca Al^ Sig Ojo Hj -f 2 aq.
a:b:c = 0.9764: 1:0.3434;
P = 890.18'.
Fig. 72.
Fig. 73-
Fig. 72 con i domi m {iio\, m* Ilio), jnij, 0' t^iil» ^ |iiT|.
e' }iiij e il pinacoide b joioj.
Tetrationato potassico Kj Og S4.
a: ò: e = 0.9302: 1 : 1.2666;
P = 1040.16'.
Fig. 73 con i domi wjiio|, m^ |iioj, t' J135J, ,/> jiil|, jril|,
q joiil e i pedi e (001), a (100), a^ (100).
78
Capitolo quinto
5* Classe sfenoidale.
La forma generale è uno sfenoide (fig. 6f ), p. e. (hkl) con (hkl)
ovvero (hkl) con jW/|, (no) con (Ho), ecc. Si osservi che le due facce
di ogni sfenoide entrano in posizione di ricoprimento con rotazione
di 1800, e non meno, attorno all'asse y, che perciò è asse di sim-
metria binario, polare o bivalente. Questo solo elemento di simme.
tria distingue la classe sfenoidale, nella quale perciò sono possi-
bili unicamente le seguenti forme:
sfenoidi {hkl\, {hil\, {iio|, {oii}...
pinacoidi {hol\, (looj, jooi), {loij...
pedi (010) positivo, (do) negativo.
Le prime di dette forme mettono in evidenza l'asse di simmetria
binario, y, le seconde la zona [010], le ultime l'assenza del piano
di simn^etria. La forma unitaria è lo sfenoide (11 ij ovvero jili|...
Negli esempi seguenti sono soppressi gli angoli a = y = 9o°'
Tartrato ammonico (C4 H4 O,) (NH^)^.
a: 6: e = 1.1506: 1 : 1.4383.;
p = 92^.23'.
r^-
...>/?.
a*
jz:
Fig. 74.
Fig. 75.
Fig. 74 con gli sfenoidi jiii|, cd(IIi|, ^|oii). i pinacoidi
p jioi|, r jloi), a jioo|, e jooij e il pedio b (010).
Acido tartrìco C4 Hg O^.
a: b: e = 1.2747: i : 1.0266.;
P = iooo.17'.
Fig. 75 con gli sfenoidi p \iio\, />i jiloj, ^ [oiij, i pinacoidi
e |ooij, a jioo), r {loi), p lloij e il pedio 6 (oio).
Non si conoscono minerali, che cristallizzano in questa classe.
Sistematica e simmetria
79
111. Sistema trìmetrìco.
o sistema rombico {ortorombico).
Carattere : Tre zone e non più sono perpendicolari a facce e sono
perciò ortogonali tra loro; facce e zone che si assumono fondamentali;
perciò (fig. 76):
too
Flg. 76.
L'accrescimento perpendicolare di una faccia generale {hkl) e il
suo sviluppo = A' B' C (fig. 77) si ripetono in otto facce e non più
(aventi gli stessi indici) ; esse sono come nella fig. 77 :
A'B'C'(hkl), A'B~T(hJ^l), A^ E' a {hkl), A" W C {hkl)
A'B'iy(hkD, A'Wa{hll), A/B'U' (hkì), Ar'W'aiUI)
Se tutte le otto facce sono di carattere fisico eguale, esse costitui-
scono una bipiramide rombica o doppia piramide trimetrica (fig. 77).
Se le facce di carattere fisico eguale si riducono alla metà cioè
a quattro, esse formano una piramide rombica con le facce (hkl),
{hkl), (hkl), (hkl) ovvero (hk7), (hkl), (hkl), (hlT) come nella fig. 79;
avvero un bis/enoide rombico con le facce {hkl), {hk'), {hkl), (hhFj
come nella fig. 78.
Nel sistema trimetrico sono dunque possibili tre classi di cristalli :
bipiramidale rombica, btsfenoidale rombica e piramidale rombica.
Invero le combinazioni a quattro, a due o a una delle 8 facce
su citate non sono con ciò esaunte. Ma comunque si faccia la combina-
zione, si cade però sempre in una delle classi del triclino o del mono-
clino, ma con carattere trimetrico. Ci sono pochi esempi e poche espe-'
tienze per dimostrate che queste ultime combinazioni siano rappre-
sentate nei distaili.
0' Classe bipira
I,a l'orma generale è una bipir
lidale rombica,
mìcie rombica (fig.
{hkl). Khk'-). \hkl). («'),
[hkl,. {hkl). ijièl,, {hkì,.
le qu.ali hanno disposizioni tali per rispetto alle facce fondamentali
a (ys), b {^x) e e [xy] e agli assi x, y. :, che quelli sono piani di simmetria
e questi assi binari, i <]uali non sono equivalenti fra di loro. Con
Sistematica e simmetria
8i
ciò gli elementi di simmetria sono in numero di sette compreso il
centro d'inversione. Gli assi bin£ui sono apolari o monovalenti. >
Assegnando agli indici generali h, k, l valori speciali, si otten-
gono le possibili forme di questa classe, che sono appunto le seguenti :
bipiramidi rombiche \hhl\, ( 1 1 1 1 . . . (fig. 7 7) ;
prismi rombici \hko\ (fig. 80);
» » \hol\ (fig. 81);
» » {o^/| (fig. 82);
pinacoidi {001), |oio), |ooi) (fig. 80, 81, 82).
Le prime di queste forme mettono in rilievo il carattere ge-
nerale del trimetrico, le seconde le tre zone fondamentali i cui assi
sono X, y, z, le ultime le tre facce fondamentali a, 6, e. La forma imi-
taria è la bipiramide |iii|.
Negli esempi che seguono sono soppressi gh angoli a = p = y = 9^**
Solfo-oi S (fig. 574).
a:h'. e = 0.8430: 1 : 1.9030. '
Il solfo-a si trova in natiira ed è stabile alla pressione e alla tem-
peratura ordinaria. A 95° passa nel solfo- p, che, come si è detto, ap-
partiene al si.stema monoch'no.
Fig. 83.
Fig. 84.
Fig. 85.
Fig. 86.
Fig. 83, 84, 85 con le bipiramidi p jiii}, s (113), il prisma e jioi}
•e il pinacoide ^ |ooi).
Fig. 86 con le bipiramidi p \iii\, s {113), il prisma n |oii|, il
pifiacoide e |ooi).
Brookite Ti Oj.
a: 6: e = 0.9444: 1 : 0.8416.
6 — e. Viola.
82
Capitolo quinto
Fig. Sya con la bipiramide z {112}. il prisma m jiioj.
Fig. 87& con la bipiramide e {122}, il prisma m {no).
Orpimento As^ Sj (•).
a:b:c = 0.5962 : i : 0.6655
m
m
Fig. 87 a
Fig. 87*
Fig. 88a con la bipiramide p \\i\\, i prismi \\o\\, m \i\o\,
n {120) e i pinacoidi a |ioo), h {oio|.
m
m
Fig. 88 a.
Antimonite Sbj S^.
Fig. 88^.
Fig. 89.
a: 6:ic ='3.9926: i: 1.0179
(•) Nota. Nell'orpimento « = y = 90°, fi = 900.41', ma probabil-
mente é trimetrico come il suo analogo l'antimonite.
SisUmaHca e simmetria
83
Fig. 885 con le bipiramidi p \ii\\, r|i2i), il prisma m (no),
H pinacoide ò foio).
Aragonite Ca COj.
a: 6: <;: =s 0.6224: 1 : 0.7206
Fig. 89 con le bipiramidi /> {m); 5 |i2i), i prismi m (no), ^{oii),
il pinacoide b \oiq\.
La cristallizz£Lzione del Ca CO, in aragonite avviene in soluzioni
sature a óo® C.
V/iiUriU BaCO,.
a\h\ e = 0.6032 : 1 : 0.7302.
Fig. 90 con la bipiramide p \iii\, i prismi rombici m (no),
i {021 1 e il pinacoide b |oio|.
Fig. 90.
Fig. 9i<
Fig. 9a.
Le costanti della Witterite si avvicinano molto a quelle del-
l'aragonite.
CerussiU Pb COj.
a : 6 : e = 0.6100 : 1 : 0.7230.
Fig. 91 con la bipiramide p \iii\, i prismi rombici ^{110!,
i {021}, il pinacoide & (oio).
Anche la cerussite si avvicina alla aragonite come la Witterite
e come la stronzianite.
Stronzianite Sr CO3.
a:b: e = 0.6090 : i : 0.7239.
Fig. 92 con le bipiramidi /> (nij, o{ii2(, i prismi m {no), i {021)
e pinacoidi b (oio), c\ooi\.
t •
84
Capitolo quinto
Ioduro mer cufico Hgjj.
a\h\c = 0.649: i: ? ;
Forme |iio| e jooij.
Baritina BaS04.
a: 6: e = 0.8152: i: 1.3136.
Fig. 93 con i prismi rombici m fiioj, d |io2j, (011} e il pina-
coide e |ooi|.
CeUsiite ^804.
fl! 6: e = 0.7790: i: 1.2800.
Fig-. 93.
Fig. 94.
Fig. 94 con i prismi m {iioj, d |io2|, o |oii j e i pinacoidi b joio),
e (ooi).
Anglesite PbS04.
a: 6: e = 0.7852: i: 1.2894.
Fig. 95.
Fig. 96.
Fig. 95 con i prismi m {nò}, d (102}, o |oii| e i pinacoidi a {ioo|,
b {oio).
Baritina, celestite e anglesite hanno molta analogia fra di loro
tanto per riguardo alle loro costanti fondamentali quanto per le
loro forme normali; e si allontanano notevolmente dall'anidrite.
Sistematica e simmetria
85
Anidrite OslSO^.
a:b:c = 0.8933 • i • i.oooS.
Fig. 96 ccm le bipiramidi (iii)» n {121} e i pinacoidi a {ioo|,
b |oio}, e {ooi\.
Qui predominano i tre pinacoidi, nelle precedenti sostanze i
prismi.
Marcasiie Pe S|.
a:b: e *= 0.7662: i: 1.2342.
Fig. 97 con i prismi rombici m (no), e (oii), d foi3}. Vedi anche
fig- 384-
La marcasite è instabile nelle condizioni ordinarie. La pirite
rappresenta la struttura più stabile di PeS^.
Fig. 97.
Fig. 98.
Calcosina Cu«S.
a:b:c = 0.5822 : i : 0.9701.
Fig. 98 con la bipiramide ^ (113), il prisma « (021) e il pinacoide
e |ooi|.
/
m
l
Fig. 99.
Fig. xoo.
Fig. lox.
86
Capitolo quinto
Staurolite H^ (Fé Mg), (Al Fe)^ Siu 0„
ossia 6 (Mg Fé) O . 12 Al, O, . II Si Oj -f 2 aq. .
a:b:c — 0.473 • ^ • 0.683.
Fig. 99 con i prismi m (no), r {ioi{ e i pinacoidi b Joio), e {001}.
Topazio Al, Si O4 F,.
a\b\c = 0.8152: i: 1.3136.
Fig. 100 con la bipiramide o (iii) e i prismi rombici m {no),
/ {120J, n {021 1.
Acido citrico monotdrcUo 0,07 11, + aq.
a: b: e = 0.6740: i: 1.6621.
Fig. loi con la bipiramide o {in}, i prismi m(iio), « (ioi|,
n {Oli}.
7* Classe bisfenoidale rombica.
La forma generale è un bisfenoide rombico (fìg. 78, 102, 103)
avente le quattro facce
(hkl), (Ul), (hkl), (hkl)
Fig. 102.
Fig. 103.
ovvero
(hkl), {hkJ), (hki), [hM).
Nelle figure sopra richiamate sono tracciati gli assi x, y, 2.
Le facce di ogni bisfenoide hanno disposizione tale, che entrano
Sistematica e simmetria
87
in posizione di ricoprimento con rotazione di i8o<>, e non meno,
tanto per rispetto a x, quanto per rispetto a y o -?, sicché il cristallo
stesso ha tre assi binari di simmetria ortogonali fra di loro. 2k>ne
e facce non sono invertibili, ad eccezione dei tre assi binari, che
perciò sono apolari o monovalenti.
Assegnando agli indici h, k, l valori speciali, risultano le forme
possibili, che sono le seguenti:
bisfenoidi rombici \hkl\, \hJUìp {iii|, {ili|... fig. 102, 103.
prismi rombici \hko\, \hol], {okl\, {ioi|... fig. 80, 81, 82.
pinacoidi (ioo|, |oio}, |ooi), fig. 80, 81,* 82.
lyc forme bisfenoidali mettono in evidenza il carattere della sim-
metria, i prismi le tre zone fondamentali, i pinacoidi le tre facce
fondamentaU. La forma unitaria è il bisfenoide {m} ovvero {ili).
Negli esempi seguenti sono soppressi gli angoli a = p = y ~ ^^'
Bitartrato potassico C4 H4 0$ • KH. .
a:b: e = 0.71 16: i : 0.7292.
Fig. 104.
Fig. 105.
Fig. 104 con i bisfenoidi rombici o{iiij, o>{ili|, i prismi rom-
bici w Ilio), r jioi|, il pinacoide b [010 j.
Epsomite Mg SO4 -f 7 aq.
a: b: e = 0.9902 : i : 0.5709.
Fig. 105 con il bisfenoide /> jiii), il prisma m jiib|.
La goslarite Zn SO4 + 7 aq, il soljato di nichelio Ni SO4 -f 7 aq.,
il seleniato di ferro Fé Se O4 -f- 7 aq., il solfato ferroso Fé SO4 -f 7 aq.,
(non la melanterite), cristallizzano come l'epsomite, anche le loro co-
stanti sono molto vicine.
88 Capitolo quinto
Il solfO'OL cristallizza nella classe bipiramidale rombica, come si
è già veduto. Nondimeno ci sono cristalli di solfo, i quali simulano
forme bisfenoidali, come il cristallo effigiato nella fìg. io6, non raro,
con forme P{ili(, p [iii\ in apparenza bisfenoidi, prisma n jonj
il pinacoide e jooi}; anche le facce s possono simulare due sfenoidi
{113) e {113) anziché essere di una forma imica. Ma occorrono altre
esperienze per stabilire bene la simmetria, e da essa dedurre la strut-
tura del solfo -a.
8* 'Classe piramidale rombica.
La forma generale è una piramide rombica (fig. 79), con le facce
(hkl), {hkl), [hkl), (Ul). positiva
ovvero
. (W), (hkl), {hit), (hkl), negativa.
Le quattro facce di ogni piramide hanno disposizioni taU, che
possono entrare in posizione di ricoprimento tanto con rotazione di
1800, e non meno, attorno a z, quanto con riflessione in uno dei piani
fondamentali xz (010) e yz (100), sicché questi sono dtie piani di sim-
metria, quello è asse di simmetria binario, gli uni nell'altro giacenti
ed ortogonali fra loro. L'orientazione del cristallo si ottiene dispo-
nendo verticalmente, l'asse binario che é polare.
Assegnando ad h, k, l valori speciah, si ottengono le possibili
forme, che sono:
! piramidi rombiche \kkl\, {iiij..., positive;
piramidi rombiche \hkl\, jiii|..., negative;
!domi \hol\, (0^/1..., positivi;
domi jAo/|, \okl\..., negativi;
prismi rombici \hko\, |iio|...
pinacoidi (ioo|, joio|;
pedi (001) positivo, (coi) negativo.
La forma unitaria è la piramide rombica jiii) ovvero jilll.
Negli esempi che seguono sono soppressi gli angoli a= P =y = 90®. f
Struvite (NH4) Mg PO4 + 6 aq
a: 6: <; = 0.5664: 1 : 0.9121.
Fig. 107 con i domi q {oii(, s (041), r [ioi|, r^ (lolj, il pinacoide
b (oio( e il pedio negativo e (001).
Calamina H, Zn Si O5.
a:b: e =- 0.7834: i : 0.4778.
Sistefputtìca e simmetria
89
Fig. 108 con la piramide rombica negativa v |I2X), i doqii po-
sitivi i {301}, 5 |ioi}, e (oi.i), il doma negativo e {oil), il prisma rom-
bico m |iio)» il pinacoide h |oio), il pedio positivo e (coi).
f
Fig. 107.
Fig. Z08.
Osservazioni ai sistemi iridino, monoclino e trimetrico. — La
scelta delle tre facce fondamentali e della faccia unitaria nel sistema
triclino è in nostro arbitrio, e può essere fatta sempre in base alla co-
stante capillare più piccola, cioè al massimo sviluppo di esse. Nei si-
stemi monoclino e trimetrico la scelta non rimane perfettamente li-
bera; nel monoclino una delle tre facce fondamentali (010) è la faccia
normale a zona, le altre due sono in questa zona; nel trimetrico la
scelta è ancora più obbligata, vale a dire le tre facce fondamentali
sono quelle normali a zone, benché esse non siano sempre le meglio
sviluppate nel cristallo. Ma se si uscisse da questa regola sarebbe
impossibile ottenere che le facce di eguale accrescimento assu-
messero gli stessi indici. MoltepUci esempi se ne possono citare.
I^'anfìbolo (fig. 69), l'ortoclasio (fig. 70), il gesso (fig. 65), il realgar
(fig. 63), la melanterite (fig. 64), ecc. del monoclino hanno il prisma
|iio) più sviluppato che il pinacoide |ioo), anzi talvolta quest'ul-
timo manca affatto. Analogamente nel trimetrico p. e. il solfo-a
(fig. 83-86), ove predomina la bipiramide |iii|, la Brookite (fig. 87)
ove predominano )iio| e ^{112), i carbonati, i solfati anidri ad
eccezione dell'anidrite (fig. 96).
È bene sia ricordato che la struttura del cristallo è in rapporto
con le sue forme più sviluppate; essa all'opposto è in contraddizione
con le facce fonda;mentaU, quando queste non coincidano con le facce
a costante capillare più piccola.
90
Capitolo quinto
IV. Sistema tiifooale.
o sistema romboedrica.
Carattere :
a : 6 : e = I : I : I ;
a=(ì=Y + 9o<* (fig. log, no e in);
/Il
Fig. X09.
i*,
Fig. in.
ossia le tre facce fondamentali (100) = yz, (010) = zx, (001) = xy
hanno la stessa costante capillare, lo stesso accrescimento, lo stesso
Sistematica e simmetria 91
sviluppo e lo stesso carattere fisico; perciò anche gli spigoli foada-
meiitali x, y, z sono equìvaleati fia di loro. La retta A^ A^ facente
angoli eguali con x,y, i è peipendicolare alla faccia unitaria ABC, e
rappresenta uno spigolo del cristallo; il suo simbolo è fui} com& è
(111) quello della faccia unitaria. Per l'oiientazìone del cristallo si
suole disporre A^A^ verticalmente, onde la zona parallela ad A^A^
è zona verticale.
È facile vedere che l'accrescimento perpendicolare di una faccia
generate {hkl) (fig. ili) si ripete in la facce; talché solo in 12 facce
rappresentabili con gli stessi indici si può ripetere lo stesso carattere
fisico; esse sono:
(hkl). (khl). Iklk). ilhk). (Ikh). iklh),
(W/,, (W/;, im). [lUl. {M). {Ì2h).
B'ig. MI. Fig. 113. Fig. IM. Fig. iis-
e formano uno scalenoedro. Se lo stesso carattere fisico si ripete in
sei sole di esse, possono darsi tre combinazioni, cioè o come nella
fig. 112, nel qual caso le sei facce fanno un romboedro, o come nella
fig, 113, nel qual caso la forma è un trapezoedro, o infine come nella
fig. 114, nel qual caso le sei facce limitate ad una estremità del cri-
stallo fanno una piramide ditrigona. Inoltre è da considerarsi la pos-
sibilità che solo tre delle 12 facce possono avere carattere fisico eguale,
come nella fig. 115; in tale caso le tre facce limitate ad una estremità
del cristallo formano una piramide trigona. SÌ potrebbe pensare
che altre combinazioni e variazioni fra le 12 facce siano possibiU,
92
Capitolo quinto
ma come ciò rientra in un campo speculativo, che la natura non ha
riprodotto, possiamo affermare che nel sistema trigonale sono pos-
sibili unicamente le seguenti cinque classi:
scalenoedfica, romboedrica, trapezoedrica, piramidale ditrigonale
e piramidale trigonale.
Un elemento di sinmietria è comune a queste cinque classi; in-
fatti girando il cristallo di 1200, e non meno, nella :^na verticale,
esso viene in posizione di ricoprimeànto. A^A^ (fig. no, in, 112,
113, Ii4eii5) è perciò a^se di simmetria ternario (3-rio), che si
chiama asse principale del cristallo.
Per l'orientamento delle forme generali e speciali in questo si-
stema si suole classificare le zone, le facce e le forme in tre ordini.
Si chiama zona di 1^ ordine ogni zona contenuta in (ni) e in (100), o
(010), o (001). Per avere il suo simbolo basta applicare il solito schema.
fare i prodotti in croce, e ricavarne i binomi
0-0: o-i: i-o = 0:1:1.
Una zona di i^ ordine ha dunque per simbolo [oli], [loi] o [Ho].
Una faccia appartenente alla zona verticale ha per simbolo
(hkl) tale che A -|- A + / = o, poiché dalla l'i), pag. 29, risulta pre-
cisamente Axi+Axi+^Xi=o.
Una faccia [hkl) è di 1° ordine se contiene ima zona di i» ordine.
Applicando la relazione 11) si ha p. e.
Axo4-^xi+/xi=o
ossia k = l, vale a dire una faccia di 1° ordine ha due indici eguali.
Cosi (hhl), (hkk), {hkh) sono simboli di facce di lo ordine. Facce di
1° ordine appartenenti alla zona verticale hanno dunque per sim-
boli (ii2), (i5i), (5ii) e le opposte.
Se una faccia verticale è contenuta in ima delle zone fondamentali
[100], [010], [001], essa è di 2° ordine e il suo simbolo è (01 1), (loi)
o (Ho)... Infatti dallo schema
o
o
si ottiene
0-0: i-o: o-i = o: I : T.
SisUmalica e simmetria 93
Le facce verticali di z° ordine e la faccia tmitam (iii) detenni-
nano zcme di 2" ordine. I loro simboli sono [ii3], [i3i] e [3ii], che si
ottd^cKio con lo stesso procedimento.
Ogni faccia contenuta in una zona dì 2° ordine è di 2° ordine.
Il suo simbolo si ottiene applicando la regola 11). pag. 29, P. e.
h X. i + Ax t-\-l X ì ^ h + k~-2l
osda A -f A 4- / = 3 / ovvero 3 h, ovvero 3 A. I tre indici k, k, l di
una faccia di 2° ordine sommano tre volte uno qualunque di essi.
Nelle fig. log e 110 sono indicate le zone di i" e di 2° ordine; le
une sono rispettivamente perpendicolari alle altre e formano fra
loro 120°. Ogni faccia che non sia di i» o di 2" ordine, è di 30 ordine.
9» Class» scaUrtoedrica-trigonale.
La forma generale è uno scaieftoedfo (fig, in e 117) con le 12 facce
{hm. {kih). {ihk). {ikh), (khi). {hik).
m . \kih). {ihi], nkh). (iii,, (Mj
Fig. 116. Fig. m.
due a due parallele. Prescìndendo dalla simmetria per rispetto al-
l'asse ternario A^ A^, ogni scalenoedro viene in posizione di ricopri'
mento o con una rotazione di 180°, e non meno, attorno ad uno
dei tre assi A^ (fig. no e ri6), perpendicolari ad A^ A^ e facenti
fra loro 120°, ovvero con una riflessione in uno dei piani s, s, s,
giacenti in ,^1 ^4» e perpendicolari rispettivamente ^li assi /!,.
Questa classe di cristalli ha dunque olio elementi di sirnmeltta.
Ire piani, tre assi binari, un asse ternario e il centro di inversione.
La forma unitaria è il pinacoide {iiij ovvero il romboedro {luj.
Assediando al tre indici h, k, l valori speciali, si ottengono dallo
.scalenoedro forme speciali, che sono le seguenti unicamente possibili :
scalenoedri (forme di 3" ordine) jAA/| (fig. 117);
94
Capitolo quinto
isosceloedrì esagoni (forme di 20 ordine) \hkl\ (fìg. 118), essendo
A + A + / = 3*. 3*. 3^;
romboedri (forme di 1° ordine) \hhl\, Jiocj, lui), (noj...
diretti per A < / (fig. 119), {ooi|...
inversi per h >l (fig. 120), jiioj...
Fig. 118.
Fig. 1x9.
Fig. ISO.
prismi diesagoni (forme di 3° ordine) [hkl\, essendo h-^- k -\-l
(fig. 121);
prisma esagono di 2<» ordine jioi| (fig. 123);
prisma esagono di i® ordine (isi) (fig. 122);
pinacoide basale Jiii) (fig. 121, 122, 123).
= o
ifi
f/f
Fig. X2I.
Fig. 124.
110
ùTr
i
Fig. 123.
W
Negli esempi che seguono è soppresso il rapporto degli assi, che
è a: 6: e = i: i: I.
Arsenico As, metallico bianco.
a = P = Y = 850.38'. (ioo): (010) = 94°-56'.
Fig. 124 con il romboedro fondamentale r Jiooj, il pinacoide ba-^
sale e (III). \
SisiemaHca e simmetria
95
Selenio Se, metallico biacco, le cui costanti sono incerte.
Fig. 125 con il romboedro fondamentale r jioo), il prisma esa-
gono di IO ordine m fSii).
Tellurio Te.
a = p = Y = 860.39'; (100): (010) = 930.10'
I cristalli sono somiglianti a quelli del selenio.
Ematite Fé, O,.
a= P= Y = 85°.42', (100): (dio) = 940.0'.
Fig. 126 con r isosceloedro n (311} e i
romboedri diretti «(2ii}»'jiooi. ^/ /■..\/'
Wl
fn
m
Fiff. 124.
Fig. 145.
Cor indora Al, O3.
Fig. 127 con risosceloedro n l3ill, il romboedro diretto r |ioo(>
il prisma esagonale di 20 ordine a {ilo) e il pinacoide basale e \'i\\\.
Fig. 126.
a : .
r
•
•
1
•
•
i.....
vi '
/f ''^ ^
r-7
Fig. 137.
Come si vede, le costanti e le figure cristalline del corindone
sono molto analoghe a quelle dell'ematite.
Brucitt Mg (OH),.
a = P = Y = 8:i°.i2', (loo): (010) = 97°-37' Vt-
96
Capitolo quinto
Fig. 125 con il romboedro diretto r ( toc) e il pinacoide c\\\\\,
Fig. 129 con il romboedro diretto r {ioo|, il romboedro inverso
^[(31 1| e il pinacoide e jiii|.
Nitrato di sodio NaNO,.
a = p = Y = 1020.41' 14, (100): (010) = 73**.38' Vt-
Fig. 128.
Pig. xt9.
Fig. 130 con il romboedro diretto fondamentale r (loo).
Calcite CaCO,.
a = p = Y == 1010.55', (100): (dio) = 74''-55'-
Questo minerale presenta un grandissimo numero di forme e di
Fig. 130.
'4, .
Fig. 131.
figure ; nessun'altra sostanza può per questo riguardo stare in pa-
ragone colla calcite.
Fig. 131 con il romboedro fondamentale (diretto) r {100).
La calcite in figure cosi semplici assomiglia molto al nitrato
di sodio. È notevole che le due sostanze sono vicinissime fra di loro
per molte costanti fisiche.
Fig. 132 con il romboedro inverso / jiiij.
Pìg- 133 con il romboedro inverso g \iio\.
SisUfnaHca e sitn^netria
97
Fig. 134 con il prisma esagono di lo ordine m |i2i| e il rom-
boedro diretto r |ioo|.
Fig. 132.
Fig. 133.
Fig. 135 con il prisma esagono di 79 ordine a {1X0} e il romboedro
diretto r |iooJ.
m
f^
Fig. 134.
Fig. 135.
Fig. 137.
Fig. 136 con il prisma esagono di i» ordine w j 121) e il romboedro
inverso e {iioj.
Fig. 138.
Fig. 137 con lo scalenoedro s |2ol|
7. — e. Viola
Fig. 140.
98
Capitolo quinto
Fig. 138 con il prisma di 2» ordine a {ilo) e il romboedro di-
retto r jiool.
I^g- 139 con il romboedro diretto r {looj, l'inverso ^ {iio( e il
pinacoide e ( 1 1 1 ) .
Fig. 140 con lo scalenoedro s {504J e il romboedro diretto r {ioo|.
Fig. 141 con il prisma di i» ordine w ji2i| e il romboedro in-
verso e jiio].
Fig. 142 con il prisma di i« ordine m {i2i| e il romboedro di-
retto r jiool.
Fig. 143 con il prisma esagono di i» ordine #n |5i 1 1, il romboedro
inverso ^ jiioj e il pinacoide c\\i\\.
I carbonati che seguono, benché vicini alla calcite per le co-
stanti e le proprietà fisiche, si distinguono notevohnente da essa
per la straordinaria povertà di forme e di combinazioni.
Fig. 141.
Fig. 142.
Magnesite Mg CO, (anche Giobertite).
a = p = Y = 1030.21' 34; (100): (010) = 720.31'.
DiallogiU Mn CO,.
a = p = Y = 1020.50', (100): (010) = 73°.24'-
Siderite Fé CO,.
a = p = Y = 1030.4' %, (100): (010) =: 720.59'.
Smithsonite Zn CO,.
a = p= Y = 1030.28', (100): (010) = 720.19'.
Carbonaio di Cadmio Cd CO,.
a = p = Y *= 1020.30', (100) : (010) = 73°.58'.
La sferocobaltite Co CO, e la zaratite Ni CO, appartengono a
questo gruppo di carbonati, detto gruppo isomorfo. Mangano-
calcite, cobaltocalcite, zincocalciie, plumbocalcite sono miscele isomorfe
o cristalli misti appartenenti allo stesso gruppo.
Sistematica e simmetria
99
Cromato doppio di potassio e sodio K^ Na (Cr O^)^.
a = p = Y = 880.28', (100) : (010) = 910.29' %.
Fig. 144 con il romboedro diretto r |ioo), l'inverso y \22Tl e
il pinacoide t^ale b |iii).
AJtitaliie (glaserite) K, Na (SOJ,.
a = p = Y = ^7^-58', (100): (010) = 910.58'.
Fig. 145 con il romboedro diretto r (100) e l'inverso y |22l|.
Fig. 144.
Fig. 145.
IO* Classe romboedrica.
La forma generale è un romboedro (forma di 30 ordine) (fig. 112)
avente sei facce due a due parallele, che sono :
(hki), (Ihk), [klh)
(hJS)y (IM), (klh) romboedro destro;
ovvero
{khl), (hlk), [Ikh)
(khì), (hJjk), (Ikh) romboedro sinistro.
La fig. 112 dimostra che assi binari e piani di simmetria non'
possono esserci. Onde questa classe va distinta per dtce soli elementi
di simmetria, l'asse ternario A^A^ (fig. iii) e il centro d* inversione.
Il complesso di questi due elementi si chiama asse speculare senario,
o semplicemente inversione senaria.
Assegnando ad h, k, l valori speciali, si ricavano tutte le possibili
forme, che sono romboedri, prismi e il pinacoide basale, ossia:
romboedri di 30 ordine \hkl\, \khl\...
» di 20 ordine \hkl\, \khl\... h -\- k + l = ^h
B di IO ordine \hhl], (100), (iio|..
diretti e inversi.
lOO
Capitolo quinto
. h ^ k ^ l
o;
prismi esagoni di 30 ordine \hkl\, \khl\..
prisnia esagono di 2° ordine (ilo|;
prisma esagono di !<> ordine (211 1;
pinacoide basale {nij.
La forma unitaria è o il pinacoide (iii|, ovvero il romboedro
Negli esempi che seguono non vien ripetuto il rapporto degli
assi a: 6: (; = i: i: I.
Dolomite Mg Ca (CO,),.
a = p = Y = 1020.53', (100): (010) = 730.19' %.
Fig. 146 con il romboedro fondamentale diretto r |ioo|.
Fig. 146.
Fig. 147.
Ancherite Ca Fé (COs)^.
Le costanti dell' ancherite sono molto vicine a quelle della dolo-
mite. In natura sono più frequenti le miscele di questi due composti
che i composti stessi.
Dioptasio Cu Hj Si O4.
a = P = Y = iii°.42'. (100): (010) = 54'*-5'-
Fig. 147 con il romboedro di i® ordine inverso s {III^, il rom-
boedro di 30 ordine / l2lo| e il prisma esagono di 20 ordine a (ilo).
Fenacite Be, Si O4.
a = p = Y = 1080.1', (100): (010) = 630.28'.
Fig. 148 con i romboedri di 30 ordine x (121), s |2oi|, il rom-
boedro diretto r (ioo|, l'inverso d |iio), il prisma di 2° ordine a jlioj
e quello di 1^ ordine m |3ii|.
.*.
• -«•
Sistematica e simmetria
IO!
Ilmenite Fé Ti O3.
a = P = Y = 850.8', (100): (010) = 94°.29'.
Fig. 149 con il romboedro di io ordine diretto r jioo}, inverso
5 (III), di 20 ordine n I131I e il pinacoide e jiiil.
I cristalli di ilmenite sono molto simili a quelli di ematite e del
corindone con le suddette costanti. Ma la loro analogia si ferma solo
a questo carattere, non essendo la loro struttura cristallina la stessa,
stante la loro diversa simmetria.
Fig. 149.
II» Classe trapezoedrico'irigonale.
hsL forma generale è un trapezoedro (forma di 30 ordine) (fig. 113,
pag. 91), avente sei facce, che sono:
(hkl), (klh), iìhk)
[hìk) (Ikh), (khì) trapezoedro destro;
ovvero
(khl), [hlk), (Ikh)
(Jhi), (hJS), ij^h) trapezoedro sinistro.
Risulta dalla fig. 113 messa in confronto con la fig. ni che gli
elementi di simmetria sono: un asse di simmetria ternario e tre assi
di simmetria binari ad esso perpendicolari e facenti fra loro 1200,
La forma unitaria è o il pinacoide liii|, o il romboedro |iii|.
Assegnando ad h, k, l valori speciali si ricavano le possibiH forme
che sono le seguenti:
■% 9 » • - • •
• • •.'-te
e 't
• • • •
I02
■ •
Capitolo quinto
trapezoedri trigoni (forme di 30 ordine):
\hkl\ destri (fig. 150), \khl\ sinistri (fig. 151);
isosceloedri trigoni (forme di 2° ordine) :
\hkl\ destri (fig. 152), \h}d\ sinistri (fig. 153); h •\- h ■\- l
= 3*;
Fig. 153.
romboedri (forme di lo ordine) \hhl\ (fig.' 119, 120);
prismi di tri goni (forme di 30 ordine) :
\hhl\ destri (fig. 154), \khl\ sinistri (fig. 155);
prismi trigoni jiio) (fig. 156) e liio| (fig. 157) (forme di 20 ord.).;
tv
Jt^:
lì
ìli
Fig. 154.
f»
Fig. 155-
Otf
Fig. 156.
fio
w
Fig. 157.
prisma esagono (forma di i® ord.) {2ii| (fig. 123);
pinacoide basale (iii| (fig. 154, 155)...
Negli esempi seguenti è tralasciato il rapporto degli assi, che è
a: ò:c=i:i:i.
\
SisUtnaiica e siynmeiria
103
Cinnabvo HgS.
a = p = Y = 92^-30'. (iio): (010) = S70.23'.
Fìg. 158 con i romboedri inversi r^ {221), % I33X), prisma esagono
9H {SII) e pinacoide {iii).
Fig. 158.
Fi«. 159.
Fig. 160.
Quarzo Sì O,.
a = p = Y = 93^-56' Vt. (100) : (010) = 850.46'.
I^g- 159 con i romboedri diretto r|ioo|, inverso r^ |22i| e il
prisma esagono m |3ii).
m
m
\m
Fig. 161.
Fig. 162.
Fig. 160 con i due romboedri diretto f |ioo|, inverso f, (22l|.
Fig. 161 con i romboedri diretto f jiooj, inverso fj J22I) e il
prisma esagono m (2 1 1 1 .
Fig. 162 con i romboedri diretto r jioo|. inverso fj (221) meno
sviluppato del primo e il prisma esagono m {2ii).
I04
Capitolo quinto
Fig. 163 con i romboedri diretto r liooj, inverso r^ {221}. isosce-
loedro trigono s I412), trapezoedro destro .;r J4i2| e prisma esagono
m |2ii|.
H quarzo con trapezoedri destri si chiama destrorso.
Fig. X63.
Fig. 164.
Fig. 164 con i romboedri diretto r jioo), inverso r^ {221J, iso-
sceloedro trigono Si (421I, trapezoedro sinistro atj (421} e prisma esa-
gono m |2ii).
Il quarzo con trapezoedri sinistri si chiama sinistrorso. Destro
e sinistro non sono che immagini speculari l'imo dell'altro;. si dicono
cnantiomorfi.
12* Classe piramidale-ditrigonale.
I/a forma generale è una piramide ditrigona avente 6 facce (fig. 114,
pag. 91), limitanti l'una o l'altra estremità del cristallo. Le 6 facce sono;
{hkl), (khl), {klh), (hlk), (Ihk). (Ikh), positive,
ovvero * ""
(hkJ), (W), [Mh], {hU), [JU), (Jkh), negative.
Dalla fig. 114 risulta che gli elementi di sinmietria sono quattro,
Vasse di simmetria ternario A^A^ polare (fig. iii), e tre piani di sim^
metria giacenti in ^3 ^j e facenti fra loro l'angolo di 120®. Assegnando
agli mdici h, k, l valori si>eciali, si ottengono le possibili forme, che
sono le seguenti:
Piramidi ditrigone (forme di 3° ordine) \hkl\ positive (fig. 165
e 166). \hhl\ negative (fig. 165 e 166);
Sistematica e simmetria
105
Piramidi esagone (forme di 20 ordine) \hkl\ positive (fig. 169
e 170), \JiB\ negative: A 4- ^ ~|- / = 3 h.,.\
Piramidi trigone (forme di !<> ordine) \hhl\ positive (fig. 167
e 168), \hhì\ negative (fig. 167 e 168);
Prismi ditrigoni (forme di 30 ordine) \hkl\ e \hkl\: h -f /j-f-/=o
(fig. 166);
Prisma esagono (forma di 2® ordine) jiloj (fig. 170);
Prismi trigoni (forme di i» ordine) |2ii) e j2ii| (fig. 168);
Pedi basali (iii) positivo, (III) negativo.
«»-
V
Fig. 165.
1^.
^.-
I
Fig, i66.
'fi
Fig. 168.
Le forme unitarie sono i pedi (in), (III) ovvero le piramidi
trigone |iii| e \iU\.
Negli esempi che seguono non viene ripetuto il rapporto degli
assi a:b: e == 1: 1: 1,
Tormalina Al, H, ( 1/3 Al. . 14 ^Ig • ^/4 I^e . Na . Li) 330511,(8104)4.
a = p = Y = ii3°-58', (100): (010) = 460.52'.
io6
Capìtolo quinto
Fig. 171 con la piramide trigona (di 1° ordine) positiva diretta
r {ioo|, la piramide trigona (di i« ordine) positiva inversa ^ |tii|,
la piramide trigona (di 1° ordine) negativa diretta p jioo), la pira-
mide trigona (di !« ordine) negativa inversa 8 |IIo|, il prisma esa-
gono (di 2° ordine) a |iIo), il prisma trigono (di !<> ordine) m 12ii|.
Pirargiriie Agj Sb S, o argento rosso cupo.
a = P = 7 = 1040.1', (100): (010) = 710.22'.
Fig. 172 con la piramide ditrigona (di 30 ordine) positiva < {130),
la piramide ditrigona negativa a |234l, la piramide trigona (di i^ ord.)
negativa p jloo}, il prisma esagono (di 2° ordine) a jrioj.
^.-
<
A'
-1
PI
Fig. 171.
a
Fig. 172.
ProHstite Agg As S3 o argento rosso vivo.
a = p = Y = io3**-32', (100): (010) = 720.12'.
I cristalli di proustite sono molto analoghi a quelli della pirar-
girite, nondimeno in quelli si riscontra sempre eguali terminazioni,
che mancano spesso in questi ultimi. Si può tuttavia concludere
dalle loro proprietà fisiche che proustite e pirargirite hanno la stessa
struttura.
Sistefnatica e simmetria
107
13* Classe piramidale-trigOTiale,
La forma generale è una piramide trigona avente tre facce (fìg. 115,
173, 174) limitanti Tuna o Taltra estremità del cristallo. Le tre facce
sono:
(hkP), (klh), (lhk)\ (destre
ovvero / positive \
(khl), (hlk), (Ikh) ) ( sinistre
ovvero
(UJ), (Bh), Uhk) ì i destre
o infine > negative \
(W), (hU), (Ikh) ) • { sinistre.
Fig. 173.
Fig. 175.
Flg. 177.
Da queste forme risulta che i cristalli appartenenti a questa
classe baiano un solo elemento di simmetria, l'asse ternario A^A^
io8 Capitolo quinto
(fig. Ili, pag. 91), />o/artf. Le fonue unitarie sono i i^edi (m), (IH).
ovvero le piramidi trigone |lii|, jill|....
Dando ad h, k, l valori speciali si ottengono le possibili forme,
che sonò le seguenti:
Piramidi trigone (di 30 ordine):
\hk1\ destre \khì\ sinistre, positive;
\h^\ destre, \khl\ sinistre, negative;
Piramidi trigone (di 2» ordine) h ^ k -\- 1 = "^ h, 3^, 3/:
\hkì\ destre, \kh1\ sinistre, i)ositive; .
\h]it\ destre, \kXl\ sinistre, negative;
Piramidi trigo;ie (di i^ ordine):
\hhl\ positive, \hìtl\ negative; '
Prismi trigoni (di 30 ordine), A -f A + / = o:
\hkl\ destri, \hhl\ sinistri;
Prismi trigoni (di 20 ordine):
|iIo| destri. Ilio) sinistri;
Prismi trigoni (di i® ordine):
jii2| destri, |ii2| sinistri;
Pedi basali (m) positivo, (iii) negativo.
Nell'esempio seguente è soppresso il rapporto degli assi a:b: e =
= 1:1:1.
PerjodcUo di sodio Naj J2 Og + 6 aq.
a = p = Y = 94®-9', (100) : (010) = 850.34'.
Fig. 179. Fig. 180.
Fig. 179 col pedio basale negativo e (ili), la piramide trigona
(di 30 ordine) / I83IJ sinistra positiva, la i)iramide trigona (di lo ord.)
positiva cjiiil, la piramide trigona positiva fondamentale r|ioo).
Fig. 180 col pedio basale negativo e (III), la piramide trigona
(di 30 ordine) positiva destra t^ JI83I, la i^iramide trigona positiva
e (iil|, la piramide trigona positiva fondamentale y jioo).
Sistematica e simmetria 109
I^ due fìg. 179 e 180 sono immagini speculari Tuna dell'altra,
l'una destrorsa, Taltra sinistrorsa. Si dicono enantiomorfe. Questa
distinzione si fa anche alla stessa sostanza, secondo che cristallizzi
nel verso destrorso o nel verso sùystrorso. ,
Osservazione al sistema trigonale. — La scelta delle facce fonda-
mentali e della faccia unitaria in questo sistema è subordinata al
carattere della simmetria, ossia le tre facce fondamentali devono es-
sere inclinate verso Tasse ternario e la faccia unitaria ad esso perpen-
dicolare senza riguardo al loro sviluppo massimo o no, e quindi senza
riguardo alla struttura dei cristalli. Ciò contraddice alla legge di Hauy-
Curie, ma non vi si può porre rimedio. Vi sono cristalli del trigonale
nei quaH questa scelta delle facce fondamentali è perfettamente cor-
retta; per altri invece la scelta dovrebbe propriamente cadere nelle
facce di un prisma esagono di i» o di 2» ordine e del pinacoide ba-
sale, tale essendo l'accrescimento di essi che con la loro struttura
si collega. Fra siffatti cristalli potrebbero entrare il corindone (fig. 127),
la tormalina (fig. 171), l'argento rosso e altri. Le nimierosissime figure
del quarzo (fig. 161 -164) provano che anche il quarzo può entrare
in questa serie, benché ne manchi la base jiii|. Questo inconve-
niente è stato lamentato già nei precedenti sistemi, poiché a ciascuno
di essi si addicono diverse strutture non rappresentabiU con pro-
prio simboleggiamento. Si è creduto di girare le difficoltà assimi-
lando le classi del sistema trigonale in tutto o in parte con quello del
sistema esagonale. Ma così facendo si ottemie di appHcare gli stessi
indici a facce che non hanno ne lo stesso sviluppo né lo stesso ac-
crescimento perpendicolare, vale a dire si raggiunse un inconveniente
doppio.
V. Sistema dimetrico
o sistema tetragonale.
Carattere :
a = p = Y = 90°; a: b: e = 1:1 : N2;
perciò le costanti fondamentaU dei cristalU appartenenti a questo
sistema si riducono semplicemente ad a : e = i : Nj.
È facile rendersi ragione che l'accrescimento perpendicolare di
ima faccia generale (hkl) A' B' C (fig. 183) è lo stesso come quello
della faccia (khl) A^ B^ C avente la stessa area e gU stessi mdid;
ed esso perdo si ripete in i6 facce aventi gli stessi indici, come nella
fig. 183, che sono:
/<
[\
■^
\
/
\
»„
\
1
k
1.
"-^2^
Vi-
^
(hkì). {khi], Hi!), {m). (Aw). mi). (>M0. (VU).
{Akl). iai). lAkl), [ihl], (/i^7), {kU). (hkì), {khJ).
Fig, 183. Fig. 1B4.
11 massimo numero di facce, alle quali può competere lo stesso
carattere fisico è dunque 16, sopra indicate; esse, quando sono di
carattere fisico eguale, costituiscono una forma che prende il nome
di bipiramide diletragona, fig. 183.
Sis/etnafiea e sinimetria iii
Ma le facce di carattere fisico eguale si possono ridurre alla
metà o alla quarta parte. Le ifacce dello stesso carattere fisico in
numero di 8 possono essere disposte come nella fig. 184, cioè formare
un trapezoedro Utragono, o come nella fig. 185, e formare una bipira-
tnidt tetragona, o come nella fig, 186. e formare una piramide dite-
tragona, o infine come nella fig. 188 cioè formare uno scalenoedro
tetragono. Se le facce di carattere fisico si riducono a quattro, esse
formano o una piramide tetragona come nella fig. 187. ov\-ero un
bisjenoide tetragono come nella fig. 189 e fig. 227, 228, pag. 125.
Da qui segue che nel sistema dimetrico sono possibili sette classi,
le quali si sogliono distinguere in due gruppi, cioè:
i" gruppo: Classe bipiratnidale diteiragonaie, trapezoedrica te-
tragonale, bipzramidale tetragonale, piramidale diteiragonaie, pira~
tnidale tetragonale:
ì° gruppo: Classe scalenoedrico-tetragonale. bisjenoidale te-
tragonale.
Fit- ì«i- Fig. 1S6. Pig. iS;.
Le forme indicate nelle fig. 183, 184, 1S5, 1S6 e 187 entrano
in posuione di ricoprimento con una rotazione di 90", e non meno,
attorno alla retta A, ^j ; onde le cinque classi appartenenti al i"
gruppo hanno un asse i-rio di simmetria. Le forme indicate nelle
fig. 188 e 189 non sì portano, con una semplice rotazione di 90",
in posizione, di ricoprimento, ma con rotazione di 90°, e non meno,
attorno ad Aj_ unitamente' ad ima riflessione simultanea nel piano
ad esso normale; onde le due classi appartenenti al 2° gruppo
baimo un asse 4-i'to speculare. Le dette due operazioni simultanee,
rotazione e riflessione, si conoscono come una inversione ^-na, es>
sendo il centro una inversione 2-ria. L'asse 4-rio si chiama asse
principale del cristallo.
Fig. les. Fig. 189.
Pei la comprensione e la classificazione delle forme appartenenti
a questo sistema a sogliono distinguere le facce, zone e fonne in
ordini.
Ogni zona in (001) fig. 181, contenente ima delle facce (ili),
(m). (I")i (II') ^"ii 1" ordine. Esse haimo per simboli [no] e [no].
Facce contenenti una zona di i" ordine sono di i" ord. Cosi
(hhl). {k&!). ihhi). (ihl)
Zone di 2° ordine sono le zone fondamentali joo] e Toio].
Facce di 2" ordiuc sono contenute in zone di 2" ordine ed hanno
per sìmlwli (Ao/), (oW), (ìj/)
Zone che non siano né di i» né di 2" ordine si dicono di 3" or-
dine, l'acce contenute in zone di 3" ordine sono di 3" orduie. Forme
di i", 2" o 3° ord. sono costituite da facce rispettivamente di eguale
ordine.
È facile vedere che ogni zona ad indici semplici perpendico-
lare all'asse principale trae seco la faccia ad essa perpendicolare
avente parimenti indici semplici. Infatti la zona [Aio] è perpendi-
colare alla faccia lihó).
Sistematica e simmetria
113
I Gruppo
ad asse di simmetria 4-rio.
14* Classe bipiramidale ditetragonale.
La forma generale è una bipiramide ditetragona, fig. 183, con
le 16 facce
(hkl), (hkl), (W), [W), (khl). {khl), (khl), m).
(*^), (hkì), (hkJ), (hkJ), (khJ), [khl) (khl), (khì))
le quali vanno in posizione di ricoprimento oltre che come effetto
di una rotazione di 90^ e non meno, attorno all'asse A^A^ (che è apo-
lare) fig. 183, ancora con rotazione di i8o<>. enon meno, attorno ad
imo dei 4 assi A2, A^, A-^ e A^ che perciò sono assi di simmetria
2-ri, due a due equivalenti, perpendicolari ad A^, fig. 190, e orto-
gonali fra loro. Inoltre i cristalli di questa classe sono simmetrici
per rispetto a piani di simmetria perpendicolari rispettivamente
agli assi binari. Complessivamente gli elementi di simmetria sono
II, vale a dire: un asse ^-rio, due + due assi 2-ri di I e II ord.,
due + due piani di simmetria di II e I ord. rispettivamente ad
essi perpendicolari, un piano di simmetria perpendicolare all'asse
4-rio e il centro d'inversione.
<r s^N
- — r
<
<
i
f
/
"^X
^x
Vj'
\
Fig. 190.
Fig. 191.
Fig. 192.
Assegnando ad A, k, l valori spedaH, si ottengono le seguenti
forme possibili:
8. — e. Viola.
114
Capitolo quinio
bi piramidi di tetragone
» tetragone
» tetragone
prismi ditetragoni
prisma tetragono
» tetragono
forme di III ord.) \hkl\, fig. 193, 183,
» II » ) \hol\, » i«92,
» I-. » ) \hhl\,
» » III » ) \hko\,
» » II » ) jiool.
»
191,
196,
195»
194.
» » I » ) |iio),
pinacoide basale {coi), fig. 194, 195, 196.
La forma miitaria è la bipiramide tetragona di I ord. |iii|.
Fig. 193.
Esempi :
■-• -.j»v
M.o
Fig. 194.
001'
ì :
: 100:
Oi
Top
.... fiiC
iOO
Fig. 195
Stagno Sn.
a: e = 1 : 0,3857
I^ig- ^97 con il prisma tetragono di I ord. nt |iio|, il prisma te-
tragono di II ord. a Iioo|, la bipiramide tetragona di I ord. unitaria
s |iii| e la bipiramide tetragona di II ord. e jioi).
Ioduro vier carico Hgjj.
a: e == 1 : 2,008
con forme varie, fra le quali prevalgono |ioo|, {00 il, |iii|, {ii2|.
Zircone SiZrO^.
a: e = 1 : 0,6391.
Sistetnaiica e simmetria
"5
Fig. 198 con la bipiramide tetragona di I ord. s|iii| e il prisma
tetragono di I ord. m|iiol.
230
Fig. 196.
Fig. 197.
Fig. 199 con la bipiramide tetragona di I ord. 5(iii| e il prisma
tetragono di II ord. a{ioo|.
m
PI
Fig. 198.
Fig. 199.
Fig. 199 «.
Rutilo TiO,
a. e = 1 : 0,6441
Fig. 199 a con la bipiramide tetragona di I ord. z\iii\ e il
prisma tetragono di I ord. m|iio|.
Fig. 200 con la bipiramide tetragona di I ord. sjiii), la bipi-
ramide tetragona di II ord. ^(loij, il prisma tetragono di I ord.
mjiio) e il prisma tetragono di II ord. a(ioo)
ii6
Capitolo quinto
I cristalli di rutilo sono molto vicini a quelli dello zircone e della
cassi teri te.
Fig. 200.
Fìg. 201.
Fig. 202.
Cassiterite SnO».
a: e = 1: 0,6723.
Fig. 201 con la bipiramide tetragona di I ord. 5|iiil, la bipi-
ramide tetragona di II ord. <?{ioi), il prisma tetragono di I ord.
tM|iio| e il prisma tetragono di II ord. a{ioo| come nei cristalli di
rutilo.
Polianite MnO,
a: e = 1 : 0,6647.
Fig. 202 con la bipiramide tetragona di I ord. sjiii|, la bipi-
ramide tetragona di II ord. fjioi), il prisma ditetragono /|3ioj,
e il prisma tetragono di I ord. w|iio|.
Anatasio od ottaedrite TiO.^.
a: e = 1 : 1,7771.
Fig. 203 con la bipiramide tetragona di I ord. ojiii) e il pina-
coide basale c(ooi}.
15* Classe trapezoedrica tetragonale.
La forma generale è un trapezoedro tetragono con 8 facce, fig. 1 84 ,
204, 205, i cui simboli sono:
[hkl). (kil), [khl), {hkl)ì , ^ , «
SisUtmUica e siimnetria
117
o\'^'ero
{khi), (hki), (hki), (Hi)
(hkJ), (kff), (khì), (hS)
? trapezoedro sinistro fig. 205
4.
^:
•
hA,
Vi'
'^,
Fig. 306.
I due trapezoedri, destro e sinistro, sono immagini speculari
l'imo dell'altro ossia sono enantiomorfì. Da questa disposizione delle
facce eguaU risulta che i cristalli non possono essere simmetrici per
rispetto a piani. I loro elementi di simmetria sono un asse 4-rio
apolare A^, due -f due assi i-ri come nella fig. 206, A^', A^, A^, A^
situati come nella precedente classe.
Dando a A, k, l tutti i valori speciali, si ottengono le possibili
forme, che sono:
trapezoedri (forme di III ord.) destri \hkl\, sinistri \khl\ fig. 204 e 205,
i bipiramidi tetragone (di II ord.) |Ao/|, fig. 192,
\ bipiramidi tetragone (di I ord.) \hhl\, fig. 191,
prismi ditetragoni (di III ord.) \hko\, fig. 196,
(di II ord.) |ioo|, fig. 195.
(di I ord.) |iio|, fig. 194,
|ooi|, fig. 194, 195, 196.
La forma imitarla è la bipiramide tetragona di I ord. |iii|.
Esempi:
Solfato di nichelio NÌSO4 + ^^4- ' '''' ' '
a. e = 1 : 1,9119.
Fig. 207 con le bipiramidi tetra-
gone di I ord. o)|ii2l e ^'liiil e il
pinacoide basale c\ooi\.
Fig. 207.
prisma tetragono
prisma tetragono
pinacoide basale
Il8
Capitolo quinto
i6* Classe bipiramidale tetragonale.
La forma generale è una bipiramide tetragona di III ordine
fig. 185, 208, f omini di 8 facce, quattro ad ogni estremità, i cui sim-
boli sono per la bipiramide positiva
(hkl), (hkl). (hkl), (hk£). (hkJ), (hkì), (hkì). (hJS),
ovvero
(khl), (khl), (Jthl), (MI), (khl), (kO). (UT), (khì)
per la negativa. Oltre l'asse di simmetria ^-rio monovaleìite non vi
sono che il piano di simmetria ad esso perpendicolare e il centro di
inversione come nella fig. 185.
Assegnando bl h, k, l valori speciali si ottengono tutte le possibib'
forme, vale a dire le tre specie seguenti :
00 f N
\J
i!"i)T
X
1
Fig. 208.
Fig. ao9.
bipiramidi tetragone
; di III ordine
positive \hkl\ fig. 208,
» »
di III
»
negative \khl\,
» »
di II
»
\hol\, fig. 192,
» »
di I
»
{hhl\ » 191,
prismi tetragoni
di ìn-
»
positivi \hko\, fig. 209,
» »
di III
»
negativi \kho],
prisma tetragono
di II
»
jiool fig. 195.
» )j
di I
»
jiio|, ^ 194.
pinacoide basale jooi| fig. 194, 195, 196, 209.
Sistematica e simmetria
119
La forma unitaria è la bipiramide tetragona di I ord. t^ii)
Esempi :
Schellite QaWO^.
a:c = i: 1,5339.
Fig. 210 con le bipiramidi tetragone di
III ord. A{3i3|, 5|i3i|, la bipiramide tetragona
di II ordine ^jioij e la bipiramide di I ord.
o|iii|.
Anche la powelliie CaMo04 cristallizza in
questa classe; la sua costante a: e = i : 1,5457
è assai vicina a quella della Scheilite.
Diversi composti chimici analoghi quali
SrMoO^. SrW04, BaMo04, BaW04. aventi le
costanti rispettivamente
a: e = i: 1,5738, 1:1,5582, 1:1.6232 e 1:1,6046,
molto \'icine, cristalHzzano come la Schellite, dando anche cristalli
misti.
Fig. 210.
17* Classe piramidale ditetragonale.
La forma generale è una piramide ditetragona avente 8 facce
come nella fig. 186, i cui simboli sono:
\
:JMr
OOT
A
\
\5'
Fig. 211.
Fig. 2x2.
Khkl), {hkl), ihkl), (Ul), (khl), (khl), (khl), (W) positiva
{hkì), (hld), (hkl). {hJ^, (khJ). (khJ), (khl), (MI) negativa.
I20
Carolo quinto
Piramidi tetragone si ottengono dando ad A e A valori speciali.
Le forme piramidali e basali limitano Tima e l'altra estremità del
cristallo.
Oltre Vasse di simmetria ^-rio bivalente vi sono dite -\- due piani
di simmetria in esso giacenti, due a due equivalenti e ortogonali
fra loro, come dimostra la fig. i86, pag. in. I cristalli sono emi-
niorfi; l'asse 4-rio è polare.
Le forme possibili sono :
piramidi ditetragone
» »
» tetragone
prismi ditetragoni
prisma tetragono
forme di III ordine) positive jA*/|,fig. 212
»
»
di III » ) negative |AA7|,
di II » ) positive |Ao/|,fig. 214
di II » ) negative \hoì\,
di I » ) positive |AA/),fig. 213
di I » ) negative {hhJ\,
di III » ) \hko\ fig. 196,
di II » ) |ioo| p 195,
di" I » ) jiiol » 194,
pedi basali positivo (001), negativo (coi), fig. 212, 213, 214.
La forma unitaria è la piramide tetragona di I ord. |iii| posi- *
tiva o jilll negativa.
oot
001
Fig. 215.
Fig. ti3 Fig. 214.
Esempio.
Fluoruro d'argento AgF + aq.
a\ e — 1 : 1,1 366.
Fig. 215 con le piramidi tetragone di I ord. positive ojiii).
o,|ii2| e la piramide tetragona di I ord. negativa (o|iiX|.
SisUfPMtica e simmetria I2T
i8* Classe piramidale tetragonale.
La forma generale è una piramide tetragona di III ord. consi-
stente di quattro facce che limita l'una o l'altra estremità del cri-
stallo nella direzione dell'asse 4-rio. he quattro facce sono :
ovvero
o infine
(hkl), (khl), (khl), (Uì) destra positiva.
(hil), (W),. (hkl) (khl) siiùstra positiva.
(hkì), (kU), (JkhJ), (UJ) destra negativa
(hS), (khJ), (hkì), (khJ) sinistra negativa.
Forme destre e sinistre sono immagini speculari le une delle
altre, ossia enantiomorfe come nella fig. 187, pag. iii.
La presenza di queste piramidi tetragone dimostra che il cri-
stallo appartenente a questa classe ha tm solo elemento di simmetria,
l'asse 4'rio polare. La forma unitaria è la piramide tetragona di I ord.
(iii|, o lini.
Le forme possibili in questa classe sono di 3 specie :
piramidi 4:etrag. di III ord. \hkl\ destre, \khl\ sin. positive, fi-
gura 208 sotto
» » di III » {hkl\ » j^A/|sin.neg. fig. 208 sotto
» » di II » \hol\ positive(Ao7|negative, fig. 214
» » di I » \hhl\ positive |/j/iJj negative fig. 213
prismi tetrag. di III » \hko\ destri \hko\ iSinistri fig. 209.
prisma tetrag. di II » 1 100 1 fig. 195,
» » di I » |i io) fig. 194,
pedi basali (001) positivo, (coi) negativo, fig. 212, 213, 214.
Esempi.
Wulfenite Pb Mo O4.
a:c = i: i,5777-
Fig. 216 con il prisma tetragono di III ord. destro p\43o\, le
piramidi tetragone" di I ord. positiva o|iii|, negativa co | ITI);
Fig. 217 con il prisma tetragono di III ord. destro /?|43o|, le
122
Capitolo quinto
piramidi tetragone di I ord. positiva o)iii| superiore, (?|IIT| nega-
tiva inferiore, il pedio positivo (ooi), negativo (ool).
Fig. 218 con le piramidi tetragone di III ord. negative 0I31IÌ,
;r|432), la piramide tetragona di II ord. negativa eliolj e le piramidi
tetragone di I ord. positiva o|iii|, negativa coliiI|.
Fig. 216.
Fig. 217.
Fig. a 18.
Siolzite l'bWO^.
a\c = 1 : 1,5606.
I cristalli di stolzite sono vicinissimi ai cristalli di wulfenite,
nonché le loro costanti.
Si ha anzi una serie di molibdati e di tungstati che cristalliz-
zano nel dimetrico, le cui costanti sono \'icinissime, ma non è escluso
che alcuni cristallizzino nella classe bipiramidale tetragonale, altri
nella classe piramidale tetragonale. Tale serie è
MoOiCa, a\c = i : 1,5457, W04Ca, a: e = i : 1,5268,
Sr, ^ 1,5738. Sr, 1.5582
Ba, 1,6232, Ba, 1,6046
Pb, 1.5777. Pb 1.5606.
II Gruppo
ad asse d'inversione 4-rio.
19» Classe scalenoedrico-tetragonale.
La forma generale è uno scalenoedro tetragono costituito di 8
facce, i cui simboli sono:
[hkl), (khl), (hkl), (khl), (hkJ). (khJ), (hkl), (khJ) positivo.
Sistematica e simmetria
123
ov\'ero
[hU), {khl), (hkl), (khl), (hkì), (kkl). {hkl), (khl) negativo.
rappresentati, l'uno nella fig. 220, l'altro nella fig. 221.
Da queste forme generali risulta che oltre l'asse d'inversione
Fig. 219.
Fig. 220.
Fig. 221.
4-rìo A*_ fig. 219, vi sono due assi z-ri di simmetria, A^, A^, ortogo-
nali ed equivalenti fra loro e perpendicolari all'asse principale, con
due piani di simmetria S, S, ortogonali ed equivalenti fra loro, gia-
centi nell'asse principale ed inclinati su essi di 45°. L'asse d'inver-
sione è apolare (monovalente). La forma unitaria è il bisfenoide
(di I ord.) jnij ovvero |ilil.
Le forme possibili che si ottengono dando agU indici h, k, l valori
speciali sono le seguenti:
Fig. 222.
Fig. 223.
Scalenoedri tetragoni positivi \hkl\, fig. 220,
» » negativi \h]kl\, » 221,
bisfenoidi tetragoni (I ord.) positivi \hhl\. » 222,
» » negativi \hhl\, » 223,
124
Capitolo quinto
\hol\, fig. 192,
\hko\ » 196,
|ioo|, »
jiioj. »
195»
194.
bipiramidi tetragone ( II ord.)
prismi ditetragoni (III ord.)
prisma tetragono ( II ord.)
prisma tetragono ( I ord.)
pinacoide basale {ooi|, fig. 194.
La forma unitaria è il bisfenoide tetragono di I ord. |iiij, ov-
vero jilij.
Bsempi.
Calcopirite FeCuSj.
a: e = 1 : 0,9856.
Fig. 224 con i bisfenoidi tetragoni o|iii| destro, Ci)|ili| sinistro
Vedi anche la fig. 408 con la bipiramide tetragona di II ord. ^{o2il.
Fig. 224.
Fig. 225.
Fosfato acido potassico KH2PO4.
a: e = 1 : 0,9391.
Fig. 225 con la bipiramide tetragona di II ord. p\ioi\ e il prisma
tetragono di II ord. a|ioo|.
20* Classe bisjenoidale'tetr agonale.
I<a forma generale è un bisfenoide tetragono limitato da 4 facce
che sono:
(hkl), [hkl), (Ut), (khl) destro,
[khl), [Hi), (hJkì), [hkl) smistro,
{hU), (hkl), (khl), [khl] sinistro,
[khJ), (khl), [hkl), {hkl) destro,
positivi
negativi
Sistematica e simmetria
125
da cui risulta essere il cristallo fornito di un solo elemento di sim-
metria cioè \asse d'inversione ^-rio apolare.
I/e forme possibili in
tetragoni, prismi tetragoni
bisfenoidi tetragoni (III
» » (III
» » ( II
» » ( I
(III
( n
('I
pinacoide basale |ooi) fìg.
La forma unitaria è
JiTi|.
prismi tetragoni
prisma tetragono
questa classe sono di tre specie, bisfenoidi
e il pinacoide basale, cioè:
ord.) \hkl\ e \khl\ positivi fig. 227,
» ) \kJU\ e \hil\ negativi,
ord.) \hol\ destri \ohl\ sinistri fig. 228,
» ) \hhl\ destri \hhl\ sinistri fig. 226,
» ) \hko\ destri \kho\ sinistri fig. 209,
» ) lioo| fig. 195
» ) (noi » 194
194. 195» 196
il bisfenoide tetragono di I ord. |iii| o
Fis:. 228.
Non si conoscono sostanze che cristallizzano in questa classe.
Nella fig. 229 è effigiata una combinazione di tre bisfenoidi
tetragoni di III ord. 5I121I, di II ord. ^|ioi|, di I ord. o|iii|.
126
Capitolo quinto
VI. Sistema esafooale.
Carattere.
a = (3 = S = 900, Y = 1 20», a:b:d:c = 1:1:1: N.
Fig. 230.
L'angolo S deriva dai primi due. Il parametro d è conseguenza
di a e ò, come è rappresentato nelle fig. 230, 231. Il carattere di questo
sistema può essere tradotto nel seguente modo: le tre facce fonda-
mentali parallele a z, determinanti x, y, t facenti fra di loro 120® sono
di densità superficiale eguale, e per ciò dotate di eguale accrescimento
perpendicolare e di eguale sviluppo. I tre spigoli x, y, t perpendi-
colari a z sono perciò equivalenti fra loro, siccliè per individuare
una faccia si presenta la convenienza e necessità di riferirla a quattro
assi o spigoli fondamentali x, y, t, z. La faccia imitarla, ABC nella
fig. 230, parallela a /, sega su x,y, z tre parametri nel rapporto a : 5 :<? ;
altrettanto fa la faccia unitaria A D C, parallela ad y, s\iT, y, z ecc.
Vi sono 12 facce analoghe di eguale accrescimento e sviluppo che
hanno gh stessi parametri fondamentali, e sono tutte f accie uni-
tarie. Per la definizione degli indici (12) si procede nel modo se-
guente. I parametri di una faccia data A* J5' D* C\ fig. 230, siano
a': h'\d'\ c\ e quelH fondamentaU in valore assoluto a: a: a: e dati
dalla forma unitaria. Gli indici stessi h, k, f. / sono determinati
dai rapporti seguenti:
h\ k:t:l = —7
a
a
V
a
SistemaHca e simmetria
127
#
Uno dei primi tre indici ha segno contrarìo a quello degli altri
due, come apparisce nella fig. 230.
Fig. 231. Fig. 232.
Utilizzando la relazione 11), pag. 29.
mh -{• nk -\- pi = o, 11)
ove m, n, p sono tre numeri da determinarsi, e A, A, x. gli indici della
faccia, ricaviamo una relazione semplicissima lineare fra h, k, t.
Infatti la faccia unitaria parallela ad y ha per indici h: k: t = i : o : 1
e perciò la 11) dà
m = p;
la faccia parallela a / ha per indici h: k: t = i : I : o epperò
m = n,
ossia m — n = p, e la, 11) si riduce semplicemente a
h ~\- k -r t == o.
Per la comprensione delle forme si sogliono distinguere le forme,
zone e spigoli in ordini.
Le facce unitarie
(noi), (loii), (ohi), (tioi), (ioti), (om),
e le loro opposte si chiamano di I ordine, come sono di I ord. gli spigoli
o zone X, y, t, z ad esse rispettivamente paralleli, due a due. Facce
parallele rispettivamente ai detti spigoU sono di I ord. e i loro sim-
boli sono in generale (hhol), (hohl), (ohJtl) ecc. Spigoli o zone perpendi-
colari rispettivamente agli spigoli o zone di I ord. e a ^ sono di II
iiS Capitolo quinto
ord.. come è rappresentato nella fig. 232. Facce contenute rispettiva-
mente in zone di II sono dì II ord., e i loro simboli sono (AA.2JI./),
{h.2h.hl). {ìhkhl) ecc. Le facce di II ord. (iiai). (mi), (sui) si
dicono anche facce unitarie, poiché detenninano direttamente i pa-
rametri fondamentali a: a; a; e. Spigoli o zone né di I né di II ord.
sono di III ord. Forme contenenti zone di I, II, o III ord. sono di
ordine rispettivamente analogo.
Una faccia generale qualsiasi [hktl) richiama complessivamente
24 facce aventi gli stessi indici (salvo l'ordine e il segno), lo stesso
accrescimento e lo stesso s%'iluppo. ItO stesso carattere fisico nou
può presentarsi perciò in più di 24 facce; esse sono:
{hktl). {htkl). [ìhhl). {hktl). [hlhl). [tkhì),
(Wl). (Alio, ii^l). (W'O, 'A'^lì- ('MO.
e te loro opposte, come dà la fig. 233.
Una forma di 24 facce è la bipiratiiide diesagona \hktl\.
Fig. 53J. Pig. «M-
Lo stesso carattere fisico può limitarsi a 12 facce soltanto in
4 modi : o come nella fig. 234 formando un trapezoedro esagono, o
come nella fig, 235 formando una bipiramide esagona, ovvero come
nella tig. 236 formando una piramide diesagona o infine come nella
fig. 238 formando una bipiramide ditrigona.
Uno stesso carattere fisico limitato a sole delle 24 facce so-
pradette, trae seco o una piramide esagona come nella fig. 237 o
Sisifrnaiica e itmmeiria 139
ima bipiratnide trigona come nella fig. 339. È facile dimostrare che
altre combinazioni non sono possibili uè si verìficimo in natura,
onde risulta che solamente 7 clpasi sono ammissìbili nel sistema esa-
gonale, vale a dire
i" Gruppo: Classe bipiramidaie diesagonale. trapezoedrUo-
esagoiiaU. bipiramidale esagonale, piramidale diesagonale, piramidale
esagonale:
Flf. «35. Fig. 136. Fij. jjj.
j" Gruppo: bipiramidale dilrigonale , bipiramidale trigonale.
I,e forme indicate nelle fig. 233. 234, 235. 23O e 23; entrano
in posi/,ione di ricoprimento con una rota/ione di Oo", e non meno,
attorno all'asse A^ A^. onde questo è asse di simmetria d-tio per le
cinciue classi dì cristalli appartenenti al i" gruppo; le forme indicate
nelle fig. 231* e i^<) dimostrano invece che Tasse A^A^ è di simmetria
yrio. i.'asse ó-rio o 3-rio si chiama asse principale del cristallo.
Due facce {hklo) e {k'k'ì'o) appartenenti alla zona j sono perpen-
dicolari fra di loro, se due dei loro primi tre indici soddisfano alla
relazione
h h' h h-
facilmente dimostrabile. Da ciò si conclude che ogni faccia della
zona 3 trae seco una zona ad essa normale, aventi entrambe indici
semplici.
9 - C. Viola.
Negli esempi seguenti le costanti for.damer.tali saranno espresse
semplice niente dal rapix>rto a: e =--- i:N intendendo che rU angoli
fondamentali sono senz'altro dati.
Classe hi pitamidak-dif sagonale.
I,a forma generale è una biptr.
{hkìl). (kìht), lìhkl). \kl.li). (htki). itkhl),
{Uil). [iiil], (/«/), il*./), ihii'-ì. {iiii)
e le loro opposte. !,:.' bipiramidi diesa-
gone dimostrano che oltre l'osse di
simiiieiri'i i>-rio apnìnTc vi sono ancora
i seguenti elementi dì simmetria:
3 -I- 3 assi Inmiri A^ A^'... perpendi-
colari ad .-1, .Ift, 3 a 3 equivalenti e
facenti 30" fra di loro, apolari,
3 -.- 3 piani di simmetria s ed s' con-
tenuti in ; e rispettivamente negli
assi binari, 3 a 3 ec|uivalenti.
Sùtetnatica e simmetria 131
1 piano di simmetrin a contenente tutti gli assi binati,
il centro di inversione.
(jiieati- 15 elementi di simmetria sono rappresentati schemati-
camente nella fig. no.
Assegnando agli indici h. fi, 1, l valori speciali si ottengono le
seguenti forme possibili :
Ibipiramidi di esagone
.1 esagoiie
esagone
Ì prismi diesa^oni
prisma esagono
I' esagono
;forme di JII ord.) \hktl\ i
di II . ) \lih.2h.H
di I > ) \hhol\
di III <■ ) [hktoì
di II » ) liiaot
di I » ) (iloo!
1
i
i
- Fig. 247 t
„ 248 <
n due bipiramidi esagone di I e II ord.,
ti due bipirami<^ esagone dello stesso ord..
132
Capitolo quinto
Pig. 249 con lina bipiramide esagona di I ord. e una di II ord.,
» 250 con una bipiramide esagona e un prisma esagono dello
stesso ordine,
Fig. 247.
Fig. 248.
Fìg. 249.
Fig. 251 con'due bipiramidi esagoiie di ordine diverso,
» 252 con una bipiramide e un prisma esagoni di ord. diverso.
La forma unitaria è la bipiramide esagona di I ord. jiloij.
Fìg. 250.
Fig. 251.
Fig. 252.
Esempi.
Berillio Be.
a: e = 1 : 1,5802.
Sistematica e simmetria
133
I^& 253 con la bipiramide esagona di I ord. /?|ioii|, i prismi
esagoni di I ord. w|ioIo| e di II ord. a|ii5oj e il pinacoide basale
c{oooij. •
Magnesio Mg.
a: e = 1 : 1,6242.
Fig. 254 con la bipiramide di I ord. p{ioli}, il prisma esagono
di I ord. wt|ioioj e il pinacoide basale c|oooi).
Zinco Zn,
a:c =^ i\ 2,035.
I cristalli di zinco sono di solito piccolissimi ma decisamente
analoghi a quelli di berillio e di magnesio.
Fig. 254.
m
m
m
Fig. 253.
Fig. 255.
Berillo .41^Be3(vSi,03)e.
a. e — 1 : 0,4989.
Fig- '^lib con le bipiramidi esagone di II ord. ojii22|, 5jii2i|,
la bipiramide esagona di I ord. pjioiij, il prisma esagono di I ord.
>n|i6xo| e il pinacoide basale cjoooi).
22* Classe trapezoedrico-esagonale.
ha forma generale è un trapezoedro esagono (forma di III ordine)
destro o sinistro con le 12 facce seguenti, fig. 234, pag. 128:
(hktl), ihikl), (ihkl), (hkil), [hik), (ihkl),
(khiJ), [kitt), (ihkì), ikhtl), {kthl), (MI) destro
134
Capitolo quinto
ovvero
(Ató), {klhl), (ikhl), (khil), {Uh!), (ilhl),
{UH), {hiH). {ihS), {khii), (kiW). {iiXl) sinistro.
Destro e sinistro con gli stessi indici sono immagini speculari
l'uno dell'altro, ossia enantiomorfi.
Queste forme generali dimostrano che i cristalli appartenenti
a questa classe hanno i seguenti 7 elementi di simmetria:
I asse di simmetria ò-rio .apolare A^ fig. 236,
3 + 3 assi di simmetria z-ri apolari A^.^ A^\..
Fig. 256.
Fig. 257.
lye forme possibili sono:
trapezoedri esagoni (III ord.) \hktl\ destri fig. 257,
» » (III ord.) \khil\ sinistri » 258,
bipiramidi esagone di II ord. \hh.2hl\, fig. 242,
» esagone di I ord. \hhol\, » 243,
prismi diesagoni (III ord.) \hkto\, » 244,
prisma esagono di II ord. (ii2o(, » 243,
» » di I ord. (ilooj, » 24O
pinacoide basale (0001 (, fig. 244, 243. 246.
La forma unitaria è la bipiramide esagona di I ord. jiioij.
Esempi.
Tartrato baritico antimonile con nitrato potassico [C^Yi^O^,^,
(vSbO£)BaKX03.
a. e — \: 3,029.
Sistematica e simmetria
135
Fig. 259 con la bipiramide esagona di I ord. plioiij, il prisma
esagono di I ord. w(ioXot, e il pinacoide basale
^{0001).
Tarirato plumbico antimonile con nitrato po-
tassico (C^HjOg), (SbOaìPb.KNO,.
a:c =r i\ 3,5927.
I cristalli di questo composto sono analoghi a
quelli del c(Mnposto precedente. Anche le loro co-
stanti fisiche si avvicinano molto fra di loro.
%
23* Classe bipiramidale-esagonale .
La figura generale è una bipiramide esagona (forma di III ord.)
con le seguenti 12 facce, fig. 235:
[hhti), (kthl), [thkl), {hk'l). [Mi), (ihk'),
{hkiJ], (kiM), (iUh, (hkiì), {kthl), (MI) positiva
o
(kktl); [htkl), [ikhl), (Jkhii), (hik'), (ikhl),
{iiiì), [ihkh, [iW], (khtì), (htkJ). [tkhì) negativa
le quali dimostrano che gli elementi di simmetria si riducono ai
seguenti :
Fig 260.
Fig. 261.
Fig. 262.
136
Capitolo quinto
un asse di simmetria 6-rio apolare,
un piano di simmetria ad esso perpendicolare,
il centro d'inversione.
Dando ad A, k, i, l valori speciali, si ottengono le seguenti forme
possibili :
bipiramidi esagone di III prd. \hktl\ positive, fig. 235,
» \khtl\ negative, » 262,
» \hh.2h.l\ fig. 261,
» \hhol\ » 260,
«
» \hkio\, analogo a fig. 262
» jii2o| analogo a fig. 261
» [ilocj analogo a fig. 260
pinacoide basale |oooi|, fig. 245, 246, 247.
La forma miitaria è la bipiramide esagona di I ord. {iloi|.
^^ Esempi.
Apatite [PO^JaFCas (fluoapatite).
a: e = 1 : 0,7346.
» »
di III
» «
di II
1» »
di I
prismi esagoni
di III
prisma esagono
di II
» >f
di I
{\
v>^
<^
m
: "^
X
in
w
L ^'-
,..^'
'".. '' )
Fig. 263.
Polisferite
Clorapatite
Piromorfite
Svabite
Kampilite
M imetesite
Edi j ano
Enolichite
V anodini te
Fig. 263 con la bipiramide esagona
di III ord. M|2i3i|, la bipiramide esa-
gona di Il-ord. 5(ii5i), di I ord. x\iloi\,
il prisma esagono di I ord. mjilool e il
pinacoide basale cjoooij.
I seguenti composti hamio le costanti
e le forme dell'apatite:
[PO,]3Cl[PbCaL
[PO.ioClCaj, 1:0.7313
rPO^laClPbfi, 1:0.7362
[AsOJj (F, OH. CI) Ca«, 1:0,7143
[(AsPjO^laClPb., 1:0,725
[AsO.LClPbg. 1:0,7276
[AsO.laCl (Pb, Ca, Ba)^, 1:0.7063
[(AsV)0,]aClPb,, 1:0,7490
[VOiìgClPbs, 1:0,7122.
SisietPuUica e simmetria
137
24* Classe piramidale diesagonale.
La forma generale è mia piramide diesagona (form^a di IH ord.)
(hktl) avente le seguenti 12 facce, fig. 136:
(hktl), (khtl), ikthl), (htkl), (ihkl), (ikhl),
(hkil), [JUil). (hM), (hikl), [iUl), (iihl) positiva
ovvero
[hktl), (khtl), (kihì), (hikl). (ihkì), (Ikhì),
(hkil), (khiJ), {kihì), (hikJ), (ihja), (iW) negativa.
Da queste forme generali si rileva che il cristallo appartenente
a questa classe ha i seguenti 7 elementi di simmetria:
un asse di simmetria ò-rio polare A^, fig. 264
3 -f- 3 piani di simmetria s, s'.
Fig. 264.
Le forme possibili sono:
piramidi diesagone di III ord. \hktl\ povsitive,
» » di III » \hktl\ negative,
fig. 241,
242
243
» {hh.2h.l\ positive,
•) \hh.2h.l\ negative,
» {hoh!\ positive,
» \hohJ] negative,
» \hkto\, fig. 244
« |ii53|, fig. 245
n |lOlo|, fig. 24O
pedi basali {0001 ) positivo, (0001) negativo, fig. 244, 245, 246.
'
esagone
di
II
»
»
di
II
»
>)
di
I
»
»
di
I
( prismi
diesagoni
di
III
1 prisma esagono
di
II
»
»
di
I
138
Capitolo quinto
La forma unitaria è la piramide esagona di I ord. (noi | positiva
luci) negativa.
Esempi.
Zincite ZnO.
a: e = 1 : 1,6077.
, Fig. 2()3 con la piramide esagona
di I ord. po.dtiva /5(ioii!, il pedio
basale negativo fj(oool).
Witrtzite ZnvS.
a: e --- i: 1.6334-
Fig. 265. Fig. 266 con la piramide esagona
di I ord. positiva ojiioi!, le piramidi
esagone di I ord. negative a|iofI|, x\2o^^\, il prisma esagono di
1 ord. wjilool, il pedio positivo e (0001) e negativo f,(oooI).
m
W
m
•Fig. 266.
Fig. 167.
lodile Agj. .
a. e ~ 1 : 0.8196.
Fig. 267 con la piramide esagona positiva di I ord. «14041),
la piramide esagor.a negativa di I ord. 7:||045t, il prisma esagono di
I ord. a|ii53l, il pedio positivo f(oooi).
Sistetnatica e simfnetria 139
25* Classe piramidale esagonale.
La forma generale è una piramide esagona di III ord. avente
le b facce, fig. 237: .
(hkil), (kihl), [thkl], (hkil), ikihl), [ihk') positiva destra.
o
{khti), (htkl), (tkhl), [ihil). [hìkl), [ikhi) positiva sinistra,
[hkU), (kihì), [thkl), [hhl), ikihJ). (ihkJ) negativa destra,
o
»
»
»
(khtl), (hikJ), (ikhì), iWÌ), (hiJH), {ikhJ) negativa sinistra.
Fomie destre e sinistre sono immagini speculari luna dell'altra
ossia enantiomorfe.
Queste forme generali dimo.strano che Vasse di simmetria 0-rio
è polare e che non vi sono alti*i elementi di sin^metria.
Le forme jx>ssibili sono (vedi le figure nella 2 \^ classe) :
piramidi esagone di III ord. \Jìkii\ posit. dest., \khtf\ posit. sin.
di III » \hktl\ negat. dest., \khtJ\ neg. sin.
di II » \hh.2h.l\ posit., \hh.2h.l\ negat.
di I » \hhol\ posit., j//^o/| neg.
prismi e<5agoni di IH » \hkto\ destri, \khto\ sinistri
prisma esagono di li » J1120J,
» » di I ') jioio),
pedi basah (0001) positivo, (oool) negativo.
La forma unitaria è la piramide esagona di I ord. (ioxi| posi-
tiva o jioii) negativa.
Esempi.
N efelina Nag Alj, Si 9 O34 .
a: e --- I : o,<S3()o.
Fig. 268 con la bipiramide esagona di I ord. positiva p\ioli\,
il prisma esagono di li ord. alTi3o|, il prisma esagono di I ord.
m\\olo\ e i pedi basali r{oooi) positivo, ^^(oool) negativo.
antimonile Sr(C, H, O,), (Sb O),,
a:c= .: 0,844^.
Fig. 269 con le piramidi estrone dì I ord. pcsitiva ^fiont,
negativa x\zoii\. il prisma esagono di I ord. >H{ioIot.
II r.RUFPo
ad asse di simmetria 3-rio.
20' Classe bipiramidale ditngonaU.
\,A forma generale è una bìpiratnide ditrigona, forma di III ord.
(hktl) avente le seguenti 12 facce, fig. 238 e 271, 272:
{hhìl), (hìkt), [kìhl). [khll). [ìhkl), {ìkkì)
(MiT). {hìkl). (kthì). (khìl). (ìhhJ). \lkhl) positiva
o\vero
(hkU). ihiil). {iihl], (ihtl). (iUì). {,W)
(hiiì). (Mil). {HM). {iiiJ), {HB). {iW) negativa.
Da c|ueste forme generali segue che oltre all'asse di simmeltia
3-rio A^, fig. 270, vi sono ancora i seguenti 7 elementi di simmetrìa:
3 piani di simmetria s contenuti in detto asse e facenti izo"
fra di loto;
SistetnaHca e sifnmetria
141
3 assi di simmetria 2-ri A 2... perpendicolari al detto asse e
contenuti rispettivamente nei piani di simmetria;
I piano di simmetria a perpendicolare ad A 2.
Fig. 270.
Fig. 271.
Le forme possibili sono:
bipiramidi ditrigone di III ord. \hkt!\, \khtl\ fig. 271, 272 positive
» esagone di II
» trigone di I
prismi ditrigoni di III
prisma esagono di II
prismi trigoni di I
\hh.2h.i\ fig. 262
\hohl\ e \hohl\
\hkto\ positivi e negativi
I1120I fig. 245
liIoo|, |liool
[e negative
piiiacoide basale joooij.
La forma unitaria è la bipiramide trigona di I ord. |iloi| o
jlioi).
Fig. 272.
142
Capitolo quinto
P^sempi.
Ortojosjato hiargcntìco Ag, H. PO,.
a\ e — 1 : 0.7297.
Fig. 273 con le bìpiramidi trìgone di I ord. s|2o2TJ, s,|502i}.
y(ioIi| e i prismi trigoni di I ord. wjToIo| e jx(loio|.
m
&
•■-4
m
Fig. 273.
Fig. 374.
Benitoite BaTilvSiO,),.
a: e -- 1 : 0,7384.
Fig. 274 con le bipiramidi trìgone di .1 ord. p\\oli\, 7clloii|,
^|oil2J, la bipirainide esagona di II ord. ;r|224ij, i prismi trigoni
di I ord. mjioloj, (jLJloioj, di II ord. a|ii2ol e il pinacoide basale
c{oooil.
27* Classe bi (piramidale trigonale.
I^a forma generale è mia bipiramide trigonale \hkil] di III ord.
fig. 239, le cui ò facce sono:
(hktl). (kthl), [thkl)
[hkiì), (kt/iJ): [thkl];
con gli st-essi indici si ottengono altre 3 bipiramidi trigonali, posi-
tive, negative, destre e sinistre, dalle quali risulta che i cristalli
appartenenti a questa classe sono simmetrici tanto per rispetto al-
l'asse yrio quanto per rispetto al piano di simmetria ad esso perpen-
dicolare, epperò l'asse stesso è apolare.
Ststemaiica e simmetria
143
Le forme possibili sono:
bipiramidi trigone di III ord. \hktl\, \kktl\,..
» >» di II ') \hh.2h.l\ e \hh.2h.l\
» » di I
prismi trigoni di III
» \hohl\. \hohl\
» \hkio\, \khto\
di II n J1123), (Il2o|
di I » jioiot, |loio|
piracoide basale |oooi|.
La forma unitaria è la bipiramide trigona di I ord. |Ioii) o
|ioii|.
Non si conoscono sostanze che cristallizzano in questa classe.
VII. Sistema mooometrico.
o sistema cubico.
Carattere :
a = 3 = Y = 90», a: b: e = i : 1 :, 1 ; fig. 275, 276 ;
Fig. 375.
ossia tre facce ortogonali hanno lo stesso accresciménto perpendi-
colare. Da qui segue che facce coil gli stessi indici h, k, l, in qualsiasi
ordine e segno hanno lo stesso accrescimento e lo stesso sviluppo;
esse sono in numero di 48, cioè:
(hkl), {klh). (Ihk), {khl), (hlk), ilkh).
(hkl). [klh). (Ihk), (khl), (hìk), (Uh),
(hkl). (Uh). (Ihk), (khl). (hlk), (Ikh).
(hhl). (hJh), (Ihk). (hhl), (hlk), (Ikh),
e le loro opposte.
tere fisico eguale
Una forma costituita da (jueste 48 facce di carat-
i cliiama un esacisotlaedro fig. 277. Se solo 24 tacce
ifo/^ /
ì
X"
K^
't
r-
^"
irX;f \
2
^
/ho
3 dello stesso carattere tisico come nella fig. 178, la forma
lome' di giroedro; ovvero come nella fig, 279 di diacisdo-
decaedro; o infine <~onie nella fig. 280 di esacisielraedro. Se solo 12
delle 48 sono eguali fra di loro come nella fig. 281, la formasi cliiama
tetraedro pentagonale. Escludendo altre ipotesi, che farebbero rica-
dere in una delle simmetrie considerate nei [.recedenti sistemi, nel
monometrico sono possibili unicamente cinque classi, vale a direi
classe eKadiOttaedrica, giroedrica, diacisdodecaedrUa o pentagonale,
esacistetraedrica e lelraedricu.
Alcuni elementi di simmetria sono comuni a queste cinque classi
e precisamente 4 assi 3-ri A^, A^', A,", A^'" fig. 28* disposti secondo
le di^onali di un cubo. È chiaro del pari che i quattro assi o diago-
nali del cubo vengono ui posizione di ricoprimento con rotazione di
Sistematita e simmetria
i8o° o di 90° attcmio gU spìgoli del cubo, sicché questi in numeio
di 3 direzioni sono assi di simmetria 2-ri o 4-ri.
Le 6 facce del cubo sono dunque di carattere^fisico eguale, nelle
4L
suddette 5 classi, e costituiscono perciò una forma che in cristallo-
grafia prende il nome di esaedro (fig. 282, 283). Anche le 12 facce
(OTI), (OH), (loi), noi), (no). (110).
(OH). (Olii, (loi). Coi), (Ilo), (no).
146 Capitolo quinto
sono sempre in tutte le 5 classi di carattere fisico ^uale e costitui-
scono perciò ima forma cristallina che si chiama rombododecaedro
fig. 285. Una facda (AA/) ed ima zona [mn^] sono perpendicolari
fra di loro, se i loro indici sono rispettivamente proporzionedi h\h\l =
= m:n:p. Da qui segue che ogni zona nel cristallo richiama una
faccia normale aventi entrambe indici semplici.
28* Classe esacisottaedfica.
od anche classe ettaedrica.
La forma genercde è un esacisottaedro [hkl\ con le 48 facce già
indicate e rappresentate nella fig. 277. Stante la loro disposizione i
seguenti 23 elementi di simmetrìa ne rìsultano:
4 assi di simmetria 3-rt apolari paralleli rispettivamente agli
spigoli del rombododecaedro,
3 assi di simmetria ^-ri paralleli rispettivamente agli spi-
goH dell'esaedro,
6 assi di simmetria 2-ri paralleli rispettivamente agli spi-
goli dell'ottaedro,
3 piani di simmetria perpendicolari rispettivamente agli assi
4-n,
6 piani di simmetria perpendicolari rispettivamente agli assi
2-n,
il centro d'inversione.
Le tre forme determinanti i detti elementi di simmetria sono
effigiate nelle fig. 283, 284. 285 e hanno per simboli rispettivamente
jiooj, jiii), |iioj; l'esaedro con 3 coppie di facce, 12 spigoH e 8
vertici, l'ottaedro con 8 facce, 12 spìgoli e 6 vertici, il dodecaedro
con 6 coppie di facce, 12 coppie di spigoli e 6 + 8 vertici.
Gli elementi qui enimciati, salvo i vertici, sono rappresentati
nella proiezione stereografica della fig. 276, pag. 144.
' Le forme possibili sono le seguenti sette :
esaedro \^oo\ fig. 283 con 6 facce
ottaedro |iii| » 284 » 8 »'
rombododecaedro
|iio|
»
285
»
12
tetracisesaedn
\hko\
B
286
B
24
triacisottaedri
\hhl\h>l
B
287
»
24
icositetraedn
\hhl\h<l
»
288
»
24
esacisottaedri
\hkl\
»
277
S
48
Sistematica e simmetria
147
La fonna unitaria è l'ottaedro |iii).
Fig. a86.
Fig. 287.
Fig. 188.
^Esempi.
Fosforo bianco P.
Silicio Si in ottaedri neri di splendore metallico.
Ferro Fé in piccolissimi cristalli ottaedrici.
Rame Cu.
Fig. 289 con l'esaedro a|ioo) e il rombododecaedro f|iio|.
» 290 con il rombododecaedro f|iio| e il tetradsesaedro
Fig. 291 con il rombododecaedro f|iio| e l'esaedro a(ioo|.
Fig. 2§9.
Fig. 290.
Fig. 391.
Piombo Pb. I cristalli sono ottaedri ed esaedri.
Argento Ag.
Fig. 292 con l'icositetraedro tj3ii|.
Altrettanto semplici sono i cristalli dell'oro e del platino.
148
Capitolo quinto
Galena PbS.
I^ig- 293 con l'esaedro a(ioo), l'ottaedro ojiii). l'icositetraedro
l|2Il|.
Fig. 294 con l'ottaedro o\iii\, il triacisottaedro ^{221).
Fig. 392.
Fig. 293.
Fig. 294.
Argentile AgjS.
Fig- 295 con l'icositetraedro tj2ii| e l'ottaedro ojiiij.
Triossido di arsenico ASgOg e Senarmontile SbjOj, cristaUi di
regola ottaedrìjci (iiil.
Salgemma NaCl.
Fig. 296 con l'esaedro a(ioo| e il tetracisesaedro /(210).
Cherargirite AgCl.
Fig. 297 con l'ottaedro 0(111 1 e il rombododecaedro f(iio|.
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Y' :! 1 7 it
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a.
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IL::! — SA/
>—--*..••«•
Fig. 295.
Fig. 296.
Fig. 297.
Fluorite CaFg.
Fig. 298 con l'esaedro a|ioo) e l'esacisottaedro ^(421 1.
Sistematica e simnietria
149
Fig. 299 con Tottaedro o(iiil e il tetradsesaedro ^(3 io).
» 300 con l'ottaedro ojiiij e Tesadsottaedro ^{421}.
Magnetite FcjO^.
Fig. 301 con il rombododecaedro f |iioJ e l'ioositetraedro tl3ii|.
» 302 con il rombododecaedro f(iioj, l'ioositetraedro ÌJ311J
e l'esadsottaedro 0|53i|.
Spinello MgFe,04. ♦
l'^g- 303 con l'ottaedro o|iii| e l'icositetraedro 1(311).
Fig. 298.
Fig. 299.
Fig. 300.
Granato Si, O^ R^"' R3"; R"' = Al, Fé, Cr...; R" = Ca, Mg,
Pe, Mn...
Fig. 304 con il rombododecaedro fji IO) e l'icositetraedro t( 211).
» 305 con il rombododecaedro fji io) e l'esadsottaedro CJ321).
» 306 con il rombododecaedro rjiio), l'icositetraedro tj2iij,
e l'esadsottaedro ^{321).
Fig. 301.
Fig. 302.
FJg. 303.
lAuciU (SiO,),Al(K, Na) sopra 550" C.
Fig. 292 con l'ìcositetraedro i\2ii\ comune nella leucite che
peicìò si chiama leucitoedro.
Analcime (SiO,}i Al.NaHjO sopra 260'' C.
I cristalli di analdme sono quasi escluàvameute limitati al-
l'icositetraedro J2ii| come i cristalli di leucite; talvolta presentano
anche le facce dell'esaedro a|ioo|.
29» Classe giroedrica.
La forma generale è un giroedro \h/il\ con 24 facce, rappresen-
tato nelle fig. 278, 307, 308, vale a dire:
(ftW), {klk). (Ikb). {Uh), {/iM), {hJh). 1
{Ul). {htk). {Jkh). [hi!], iilk). [Jh/t], I
(Ihk). {hhT). (klh). {hli). (/MI. {kKi). ì ^^*-^°
akì). (Uh), [Uè). {W}. {m}. (iìaì. ]
lì giroedro sinistro ha pure 24 facce i cui simboli sono inversi
di quelli appartenenti al giroedro destro, sicché destro e sinistro,
aventi gh stessi indici, in ordine e segno indicati, sono immani spe~
culari l'uno dell'altro, ossia sono enanliomor/i. Da ciò deriva che ì
cristalli di questa classe hanno la simmetria determinata unicamente
da assi, e precisamente i suoi elementi dì simmetria sono:
4 assi 3-ri, 3 assi 4-fi e 6 assi 2-*Ì a^-enti le posizioni indicate
nella classe esacisottaedrica.
Sistefnaiica e simmetria
151
I^ forme possibili soho:
esaedro fioo), fig. 283
lini.
284
ottaedro
rombododecaedro |iio), » 285
tetracisesaedri \hko\, » 286
trìacisottaedri
icositetraedri
giroedri
giroedri
\hhl\ h>l fig. 287
\hhl\ h<l » 288
\hkl\ destri, fig. 307 e fig. 309 g\9&(>\
\khl\ sinistri, fig. 308.
Fisr- 307. Fig. 308. Fig. 309.
Esempi.
Cuprite CUjO.
Fig. 310 con ricositetraedro t(2ii); comuni sono anche l'esaedro
|ioo|, l'ottaedro |iii|, spesso anche il rombododecaedro isolato
jiioj. Raro è il giroedro ^19861 della fig. 309.
Fig. 310.
Fig. 311.
152
Capitolo quinto
Salammoniaco NH4 . CI.
Comune è l'icositetraedro 1(211}, fìg. 310, ma le facce sono spesso
diversamente sviluppate o come nella %. 311 con prevalenza di
*(2ii), (I2I), (112), (II2), (i2i), ovvero come nella fig. 312 con preva-
lenza di (211), (121), (2I1), (151), (211), (X21), (2I1), (Hi) e le loro
opposte, nel primo caso simulando un cristallo del sistema trigonale,
nell'altro un cristallo del dimetrico.
Silvina KQ.
I cristalli di silvina assomigliano a quelli del salammoniaco,
ma sono molto più semplici, e possono essere scambiati con quelli
del salgemma.
30* Classe diaci sdodecaedrica o pentagonale.
!,& forma generale è un diacisdodecaedro \hkl\ aventeUe seguenti
24 facce
[hki), (kih), (ihk), (hki), (kjh), mi i
(khlh {MkY (Tkh), (hkl), (»A), (Uk). \ positivo,
e le loro opposte, fig. 279 e 313. Il diacisdodecaedro {hlk\ è negativo,
fig. 314; essi si distinguono l'uno dall'altro per il carattere deUe
facce.
Fig. 313.
Fig. 314.
Da queste forme generali risultano gli elementi di simmetria,
che sono:
4 assi di simmetria 3-ri, 3 assi di simmetria 2-rt paralleli ri-
spettivamente agU spigoU dell'esaedro e 3 piani di simmetria ad essi
rispettivamente perpendicolari col centro d'inversione, *
Sistematica e simmetria 153
Le forme possibili sono le seguenti sette:
esaedro jioo|, fig.' 283
ottaedro {mt' ' ^^4
tombododecaedro |iiot. ° 285
pentagondodecaedri \hko\, 1 315, e 316, positivi e n^ativi
triadsottaedri \hhl\ h>l fig. 287
icositetraedri jA«) h<l - 288
diacdsdodecaedri \hhl\ fig. 288 e 314, positivi e negativi.
Ioduro di slagno SaJ^.
PiriU FeS,.
Fig, 315, pentagondodecaedro destro iiioj, fig. 316. (i;
K anche fig. 555 e 556.
Fig. 318 con l'ottaedro o|iii| e il pentagondodecaedro i|2io)
» 319 con l'ottaedro o\iii\ e il pentagondodecaedro djizo)
» 320 con l'ottaedro o(iiil e il pentagondodecaedro d|zio)
■ 321 con il pentagondodecaedro i|2io| e l'esaedro a|ioo|.
154
Capitolo quinto
Fig. 322 con il diacisdodecaedro «^(321} e l'ottaedro oliii)
» 323 con l'esaedro a|ioo| e il diacisdodecaedro <^{32i].
^l
d
-^1
•
1
\
CL
l
.-A
é
\
'■
\
*'
■ tt
Fig. 321.
Fig. 322.
Fig. 323.
Fig. 324, col .pentagondodecaedro p\2io\, l'esaedro a| 100), il dia-
cisdodecaedro (2|32i) e l'ottaedro ojiiij.
» 325, come il precedente.
Fig. 3*4.
Cohaliina CoAsS.
Fig. 325.
Sntaltina CoAsj.
Questi due composti cristallizzano in cristalli assai simili alla
pirite.
Allume di rocca Al K (804)2 + i2aq.
Cristalli semplici con |iii), (no), {100}.
Similmente cristallizzano i seguenti allumi:
Allimie di alluminio-Cesio Al Cs (804)2 -f i2aq
» di » -Tallio Al Ta (804)3 + i2aq
» di ferro-potassio Fé K (804)5 -j- I2aq
» di cromo-potassio CrK (804)2 -h i2aq
mentre si scostano da essi 1 cristalli di alluminio-ammonio AI.NH4
(804)» + i2q.
Sittemaiiea e simmefria
' Classe e soci sletrae lirica.
La forma generale è u
326, 327, che sono:
isletraedro \hhl\ di 24 facce, fig. 280,
{hkl). (Uh), (Ikk). (khl). (hlh). [Ikh). (hir\,{]th), (Ikk). (W). {hlh). {Uh)
(ikì). im). IJkl). {ihTi. IMi). (Tkh). (hiì). {hlh). {ihh). (AH). {hU). {Ikh)
Fig. 3»9.
Fig. 330.
e foimano un esadstetraedro positivo fig. 326; analogamente si ha
un e&acistetraedro negativo fig. 327. Da queste forme si ricavano
gli elementi dì simmetrìa del crìstallo. che sono:
4 assi di simmetria yri polari, 3 a^n di simmetria 2-ri e 6 piani
di simmetria contenuti rispettivamente in due assi 3-ri e in un asse
IS6
Capìtolo quinto
Le fonoe possibili sono:
esaedro (loo) fig. 283
tetraedri liii( positivo, jiii] negativo fig. 334, 335 e 336
lombododecaedxo {iio| fig. 285
tetzadsesaedii \hko\ ■ 286
dodecaediideltoidi \hkl\ positivi, \hhl\ negativi fig. 328, 329, 330, k >l
triadstetraedri [hhH positivi, l£U| negativi fig. 331,332, 333, A</
esadstetraedri [AA/| poetivi, \ikl\ negativi fig. 326, 327.
I cristalli di diamanti sono in generale pìccoli, spesso semplici
tetraedri; non di rado d sono i due tetraedri positive
egualmente sviluppati, fig. 337 ofiii) e ullii) con due 1
Sistematica e simmetria
traedrì; l'efBge della fig. 338 dà i due esadstetraedri i-t\hk'-\ e l\hhl\
con facce e
Fig. 339 con il tetraedro positivo o>|iii| e negativo o|liij,
l'nno con facce striate, l'aitro con facce liscie.
Fig. 340, con il tetraedro positivo wlinj, il negativo d|Tiij,
e l'eaaedto ajioo).
158
Capitolo quinto
Fig. 341 con il rombododecaedro d\'i\o\ e il tiiacistetraedro
#n|3ii).
Fig. 342 con il rombododecaedro ^|iio|, l'esaedro a{ioo|, il
tnadstetraedro m{3ii| e il tetraedro positivo ojiii}.
Fig. 343.
Fig. 344.
Tetraedrite (As Sb)^ S7 (Cu,, Fé, Zn)^.
^ig- 343 con il tetraedro positivo ojiiij e negativo (i>(Iii|.
» 344 col triacistetraedro positivo m|2ti|,
» 345 col tetraedro positivo ojiiij e il tnadstetraedro po-
sitivo n|2ii|.
^E' 346 col tetraedro positivo 0(11 1| e rombododecaedro d
)» 347 col tetraedro positivo o{ 1 1 1 j, il rombododecaedro d
ed esaedro a|ioo|.
iio|.
iioj.
Fig. 345.
Fig. 346.
Fig. 347.
Fig. 348 con il triacistetraedro positivo n|ii2), il dodecaedro
deltoide positivo f|33i| e il rombododecaedro ^|iio).
» 349 con il tetraedro positivo ojiiij, il triacistetraedro
positivo n|ii2), il triacistetraedro negativo ni|il2| e il rombodo-
decaedro ^{iio}.
Sisietttalica e simmetria
BoraciU Mg,Cl,B„Ox,.
^S- 35*^ '^'^ *^ rombododecaedro d|iiol, 1
triadstetraedro positivo m[2ii| e il tetraedro ne
32» Classe tetraedrica.
La lorma generale è un pentagondodecaed
fig. 281, 351, 352 avente le la facce seguenti
(AAO, (A/A). (Ihk), (Aio, {^f>). (Mft).
(Ai7), (*JS), [m), [hkl). (ilA), (Ui).
i6o
Capitolo quinto
[khl), [hlk), (Ihh), {kht), (Jak\ (Uh),
{khl), {hU), [Ikh), ikhJ), {hlJt), {ìkh).
sinistrò-positiyo.
Con gli stessi indici ma in altro ordine si formano altri due
pentagondodecaedri tetraedrici negativi destro e sinistro.
]> forme destre non sono che immagini delle sinistre e perciò
enantiomorfe, e tale è la struttura del cristallo.
Da queste forme generali risultano i seguenti elementi di sim-
metria: 4 assi 3-ri e 3 (issi 2-ri; le forme possibili sono;
esaedro jioo} fig. 283
tetraedri positivo |iiij fig. 324, negativo jiiij fig. 335 e 336
rombododecaedro jiio'l fig. 285
pentagondodecaedri \kho\ sinistri fig. 351, destri fig. 352
"dodecaedri deltoidi \hhl\, positivi \hkl\ negatila fig. 329, 330, h>l
triacistetraedri positivi \hhl\, negativi \hhl\ fig. 332, 333, h'<,l
pentagondodecaedri tetraedrici positivi destri \hkl\ fig. 351
» positivi sinistri \khl\ fig. 352
» negativi destri \hh\
» negativi sinistri \k7il\
»
»
»
Esempi.
Nitrato baritico Ba (N0g)2.
^E- 353 con l'esaedro afioo), il tetraedro positivo ojiiij, il
negativo ojiTil e il pentagondodecaedro tetraedrico positivo si-
nistro X(42i).
Fig. 353.
Nitrato di stronzio Sr (NO,)!.
Fig. 354.
Fig. 354 con il tetraedro positivo o{iii|, il negativo <i>|iii},
l'esaedro afioo}, il rombododecaedro d\iio\.
Sistematica e simmetria
i6i
Nitrato piombico Pb (NO^),.
Anche il nitrato piombico cristallizza come il nitrato baritico.
Clorato di sodio Na(C103).
^^g- 355 con l'esaedro a|ioo), il pentagondodecaedro destro
yij2io|, il tetraedro negativo ci>|ili|, il rombododecaedro ^{iio),
^ig- 35^ con l'esaedro a|ioo|, il pentagondodecaedro sinistro
l\i2o], il tetraedro negativo (ofiH)» e il rombododecaedro d\iio\;
-destro e sinistro per rispetto al tetraedro.
11 cristallo efl&giato nella fig. 355 è diverso da quello della fig. 356.
-solo perchè l'uno è destro, l'altro è sinistro, tale essendo la differenza
nelle proprietà ottiche e nella struttura.
Fig. 355-
Bromato di sodio Na (Br O3) .
Questa sostanza cristallizza come la precedente e forse anche
-come il jodato di sodio ; le loro proprietà fisiche sono pure vicinissime.
Ullmannite Ni Sg Ni Sbj.
Fig. 357 con il tetraedro positivo o|iTij, il tetraedro negativo
-o>(iIi|» i^ rombododecaedro rf|iio|, il triacistetraedro n|22ij e il
<iodecaedro deltoide p\i'z\\.
ji — e. Viola.
Fig. 357.
102 ^ Capitolo quinto
Osservazioni ai sistemi dimeirico, esagonale e monometrico e alla
simmetria in genere. — Dato il carattere di questi sistemi, la scelta
delle facce fondamentali e unitarie è limitatissima: anzi nel sistema
monometrico le dette facce sono fissate dall'esaedro |ioo| e dall'ot-
taedro 1 1 1 1 1 o dal tetraedro 1 1 1 1 1 . Altra scelta è esclusa qualunque sia
l'accrescimento. Orbene in. -ciascuno di questi sistemi come nel tri-
gonale la struttura non è ovunque individuata dalle dette facce
unitaria e fondamentali. Alcuni esempi chiariranno la discrepanza
fra struttura e facce fondamentali. Si può supporre che lo zircone
fig. 198, 199, il rutilo fig. 200, la cassiterite fig. 201. la polianite fi-
gura 202 ecc. abbiano la stessa struttura determinata da jioo). |ooi{
e (II i|, e diversa da quella dell'anatasio fig. 203 con la bipiramide
|iii|, della Scheilite fig. 210 determinata dalla bipiramide {ioi| ecc.
N^ sistema esagonale ora predominano jilooj e joooij, come nel
berillo fig. 255, nell'apatite fig. 263, ora invece predomina (ilo il
come nel tartrato di stronzio antimonile fig. 269, nella benitoite
fig. 274 ecc. Nel monometrico tre forme possono essere la base della
struttura, l'esaedro ( ioo| , l'ottaedro [mio tetraedro 1 1 11 j e il romlx)-
dodecaedro |iio|, come nella galena fig. 293, rei salgemma fig. i<)(^.
nella pirite fig. 323, nella fluorina fig. 300, nello spinello fig. 303.
nell'allume, nella cuprite fig. 310, nel diamante fig. 338, nella blenda
fig- 339f 400. nella tetraedrite fig. 343 ecc.
Le 32 classi sono le possibili simmetrie dei cristalli, compresa
la assimmetria, ossia esse sono le simmetrie ammissibili negli stati
fisici omogenei anisotropi. Durante la cristallizzazione la struttura
e la simmetria si esplicano nella figura esterna del cristallo, nel ca-
rattere fisico delle facce. I^na simmetria è rappresentata da elementi
di simmetria. Questi possono essere assi di simmetria 2-ri, 3-ri. 4-ri
o 6-rio, assi di inversione 2 -rio (centro), 4-rio o 6-rio (centro e asse
3-rio) e piani di simmetria. Le 32 classi sono 7 oloedrie o simmetrie
complete e 25 meriedrie o simmetrie complementari, cioè capaci di
completare un'altra simmetria del sistema. A loro voltale simmetrie
complementari possono essere omeomorfe, ove i cristalli di una sostanza
possono portarsi in posizione di ricoprimento con una rotazione, ov-
vero enantiomorfc dove i cristalli sono destri e sinistri, come imma-
gine e oggetto, tale essendo la struttura della sostanza di cui sono
costituiti, e di conseguenza non sono sovrapix>nibili identicamente,
fuorché nelle rispettive direzioni. Sostanze a struttura e simmetria
enantiomorfa hanno il carattere del dimorfismo {%), dimorfa essendo
una sostanza, la quale può assumere due diverse strutture.
s^?^
Sisiefttatica e sininteiria
163
V"
LETTERATURA AL CAPITOLO V.
Q. Sei,i,a» Primi elementi di cristallografia, 1867, 2» ed. Paravia e C,
1877.
G. Struver, Lezioni di cristallografia. Roma, Alberto Cruciaui, 1898.
R. Pankbianco, Trattato di cristallografia. Padova, 1904.
Q. La Vai^i^e, Corso di cristallografia teorica. Messina, 1896.
E. Artini, I minerali. Manuale Hoepli, 1914. ' »
A. e G. D'AcHiARDi, Guida al corso di Mineralogia. Pisa. 1900-1915.
F. Sansoni, Cristallografia ecc. Manuale Hoepli, 1892.
E. Mai^lard, Traile de cristallographie etc. Paris, 1879.
K. STORY-MASKKI.YNE, Cristallography. Oxford, 1895.
H. A. MiERS. Manuel pratique de Mineralogie. Paris, 1906.
W. L. Lewis, A treatise on cristallography. Cambridge, 1899.
CAPITOLO \"I
Associazioni.
26 Generalità. Associazione PABAi.r,Ei.A. — Si osserva co-
stantemente che i cristalli si trovano più spesso associati fra di loro
di cjuello che isolati e dì aspetto conforme alla legge di Curie. Infatti
coii l'unione di due o più ctiatalli secondo facce o 7.one comuni la
tensione superficiale risultante è in generale minore della somma
deUe tensioni supertìdah dei singoli cristalli isolati, onde l'assoda-
zione di cristalli deve essere un fenomeno frequente nella oristaUìz-
za/,icme. Se poi durante l'accrescimento dei cristalli aviiene che
una faccia o una 7,ona sono pili s\-iluppate di quanto prescrii-e la
legge di Curie per l'equiUbrio stabile, l'unione dei cristalli secondo
quella faccia o quella zona sarà più frequente che secondo altre facce
o zone meno sviluppate.
Fig. jsa. Fig. 359.
Con l'unione o associazione di cristaUi si viene dunque a dimi-
nuire la tensione superficiale, cioè ad avriciaatsi all'equihbrio sta-
bile, che durante la cristallizzazione va eventualmente e causal-
mente allontanandosi. L'associazione di due o più cristalli si eSettua
Associazioni
secondo leggi semplicissime, com.e è semplice la legge del loro accre-
scimento. L'associai ione più semplice e naturale è la parallela, ove
gli elementi di un cristallo sono rispettivamente paralleli a quelli
dell'altro, o degli altri, che si trovano con esso congiunti. La asso-
ciazione parallela è comunissìma e si ripete in tutte le sostanze qua-
lunque sia la loro struttura, simmetria o sistema. Citiamo a tale
proposito alcuni esempi.
La fig. 358 dà un gruppo di due cristalli di allume di rocca (Al K
(SOf), + i2aq), ove la faccia (ooij di uno di essi è coperta dalla
faccia (ool) dell'altro con parallelismo perfetto deglj spìgoli rispet-
tivi. Nella fig. 359 è effigiato un gruppo dì cristalli romboedrici ad
elementi rispettivamente paralleli di antimonio ottenuto artificial-
mente per fusione.
;. 360.
Fig. 361.
Bellissima è l'associazione parallela di cristalli di galena (PbS)
rappresentata nella fig. 360 ; È probabile che in quest'ultimo gruppo
una faccia dell'ottaedro o due di esso ottemiero madore sviluppo
delle altre, A questo proposito si presti attenzione ai cristalli dì rame,
argento e oro nativo, che si trovano in natura sotto fornia di ramili-
one parallela. Nel, gruppo di tre cristalli di calcite
e parallela effigiata nella fig. 361, due dì essi hanno il
romboedro inverso e} noi, '1 terzo, dimezzo, ho lo scalenoedro s\zoì\
fig- 'S?. P^K- 97' i*!^ è facile che i tre cristalli abbiano avuto nel
loro inìzio una forma t
27 AssoOAZioxE coM?i.E.MENTABE. — Sì è detto (26) clie l'as-
sociazione parallela può esplicarsi tra cristaUi della stessa sostanza.
i66
Capitolo sesto
qualunque sia la struttura o la simmetria, a cui appartengono. I
cristalli appartenenti a una delle 25 simmetrie complementari in
associazione parallela possono avere i loro elementi di simmetria
rispettivamente paralleli ma non identicamente sovrapponibili, come
due direzioni parallele quando si sovrappongono possono avere sensi
inversi. Codeste associazioni si dicono complementari, perchè mercè loro
le simmetrie risultanti sono complete per rispetto al sistema rispet-
tivo. E dacché si è fatta differenza fra simmetrie complementari di
I e di II specie, fra cristalli omeomorfì ed enantiomorfì, ne discende
la stessa differenza fra associazioni complementari di I specie e di
// specie, quelle avendo luogo fra cristalli omeomorfì, queste fra
enantiomorfì.
Alcuni esempi chiariranno il problema. Due cristalli sempli-
cissimi di Calamina (Ho Zn^ SiO.) sono effigiati nella fìg. 362 a. che
cristallizzano, come è no-
to, nella classe 8* pira-
midale rombica (fìg. 108),
con asse 2 -rio polare ed
estremità diverse -f- e — .
1 due cristalli della fi-
gura 362 a sono rovesciati
attorno l'asse A A ; nella
fig. 362 b essi sono com-
penetrati in un grupp)o
avente un piano di sim-
metria perpendicolare all'asse 2-rio, piano che
ad essi e alla loro struttura manca effettiva-
mente. Nella fig. 3Ò3 è effigiato un gruppo di
due cristalli di diamante compenetrati ed as-
sociati in posizione parallela e rovesciati. È noto
che il diamante cristallizza nella classe 31* esa-
cistetraedrica, fig. 337 e 338, con quattro assi
3-ri aventi estremità + e — . Col rovesciamento
dei due cristalli l'uno per rispetto all'altro, l'associazione comple-
mentare di I specie acquista come gruppo d'insieme 3 piani di sim-
metria ecc. che mancano ad ogni singolo cristallo.
Nel gruppo effigiato nella fig. 364 sono rappresentati due cri-
stalli di calcopirite (Fé Cu Sg) in associazione complementare di
I specie. Iva calcopirite cristallizza nella classe 19* scalenoedrico-
tetragonale fig. 222 e 223; i due cristalli della fig. 364 sono rovesciati
l'uno per rispetto all'altro attorno all'asse d'inversione 4-rio. Due
direzioni nel cristallo hanno estremità diverse -|- e — ; l'associazione
acquista l'asse 4-rio di si^nmetria. Ma nello stesso tempo due cri-
Fìg. 362*.
Fig. 362 fl.
Asieciazioni 167
staiti di calcopirite possono essete destri e smistri, benché l'espe-
rienza non l'abbia dimostrato, ed in tal caso essi potrebbero unirsi
in associazione complementare di II specie come i cristalli enantio-
Vn ultimo esempio di associazione complementare di I specie è
dato dalla iìg. ■^t)},. rappresentante un gruppo di due cristalli di pirite
U't Si) compenetrati. I-a loro comune figtira >^ un piritoedro, penta-
gondodecaedro ]2io| e |i20j, fig, 31^ e 31(1, propri della classe 30»
(liacisdodecaedrica, I cristalli di pirite sono o positivi ovvero negati\-i
secondo la striatura delle loro facce pentagone. o parallela o perpen-
tlicolare al comune spigolo dell'esaedro. I, "associ a/.ione complementare
di I specie av\iene fra cristalli o di eguale senso o di senso opposto .
I cristalli che possono formare associazioni complementari di
II specie appartengono alle li simmetrie enanlìomorfe 634 sim-
metrìe omeomorje (4" classe domatica, 8» classe piramidale rombica,
ni' classe scalenoedrico- tetragonale e 20* classe bLsfeuoidale tetra-
gonale) poiché tanto le 1 1 enantiomorfe quanto le 4 omeomorfe pos-
sono rappresentare la stessa sostanza ma di carattere destrorso o sini-
strorso. Esempi tipici a questo riguardo sono in mineralogia il
(|uaT£0, il cinabro, l'epsomite.
Abbiamo già veduto cristalH dì quarzo destro e sinistro selle
fìg. 163 e 164, pag. 104; essi si riconoscono dalle facce trapezoidali
Flg. 36S.
Flg. 369.
destre e sinistre, enaniiomorfe. Nelle fig, 3OO e 367
essi sono riprodotti iti figure più seniplid vale a
dire col prisma escoriale di I ordine wliia), col
romboedro fondamentale diretto ^jioo|. col rom-
boedro inverso cizzll, e col trapezoedro destro
j4iaj e rispettivamente sinistro l^iaj. La fig. 368
làppresenta la compenetrazione dei due cristalli
destro e sinistro con i due trapezoedri, sicché a
prima vista l'associazione potrebbe sembrare un cristallo unico della
classe scalenoedrico-trigonale con facce dello scalenoedro; ma una se-
zione trasversale, come è data nella fig. 369,
presenta il cristallo stesso come costituito
di due sostanze etiantiomorfe destra e si-
Altro esempio di associazione comple-
mentare di II specie ci offre un gruppo
di due cristalli di epsomite (Mg SO, -ì- 7aq)
effigiato nella fig, 370, gruppo che risulta
formato dall'unione di due cristalli anak^hi
enantiomorfi cioè costituiti da sostanze non
identiche l'una cioè destrorsa, l'altra sini-
Fig. 370. stroraa.
28. Emitropie. Geminazioni semi'LICI, Due cristalli possono
unirsi o associarsi oltre die in posizioae parallela e complementare
anche in posizione emìtropica o di geminazione; essi allora hanno
Associazioni 169
comune o ima faccia, compresi i rispettivi spigoli in essa contenuti,
o una zona comprese le facce ad essa appartenenti. Raggiunto il
ricoprimento completo o di una faccia o di una zona, la tensione
superficiale risultante dei due cristalli in collegamento è minore
della tensione superficiale dei due cristalli allo stato libero. Si rico-
struisce la posizione reciproca di due cristalli o individui in emitropia
o geminazione, capovolgendo l'uno per rispetto all^altro attorno a
un asse, che prende il nome di asse di geminazione o asse di emitropia:
il piano ad esso perpendicolare è il piano di geminazione o di emitropia.
Si comprende che il geminato costituito di due individui entra in
posizione di ricoprimento con una rotazione di i8o<> attorno all'asse
di geminazione, epperò quest'ultimo è asse di simmetria del gemi-
nato, non della sostanza. Piano o zona di associazione è la faccia o
rispettivamente la zona di ricoprimento dei due indixddui del gemi-
nato. Frequentemente il piano di geminazione è anche piano o faccia
di associazione; l'asse di geminazione è spesso asse della zona di as-
sociazione. Si comprende che l'asse di geminazione non è mai l'asse
di simmetria del cristallo 2-rio, 4-rio o 6-rio, perchè, data che fosse
questa possibiUtà, il geminato non sarebbe che ima associazione pa-
rallela o complementare; nemmeno è possibile che il piano di gemi-
nazione cada nel piano di simmetria.
È conveniente definire una legge di geminazione dalla posizione
dell'asse o del piano di geminazione; e vi sono perciò tante leggi
quanti possono essere gh assi. Ma però il carattere di una gemina-
zione può entrare convenientemente nelle cinque leggi seguenti,
fig. 371 ••
n CD
^-i
/?^Lm^ ^'^Mf^ ^'^yj^ *'^yf*
Fig. 371.
1
I* legge: L'asse di geminazione è normale ad una faccia del
crìstaUo:
2* legge : L'asse di geminazione è uno spigolo ;
3* legge: L'asse di geminazione giace in una faccia ed è per-
p>endicolare ad uno spigolo;
4* legge: L'asse di geminazione è la bisettrice di due spigoli;
5* legge: L'asSe di geminazione è la bisettrice di due facce.
Esempi.
1» legge. L'asse di geminazione è perpendicolare a una faccia.
I70
Capitolo sesto
Questa legge è molto frequente nei cristalli dal triclino al monometrico.
Nel triclino si possono citare l'interessante gruppo dei feldispati,
dove spicca l'albite (NaAlSigOg); la legge albitica è definita dall'asse
di emitropia perpendicolare ad A/ (o io), fig. 372. Spesso questa legge
importante per la diagnosi dei feldispati triclini è ripetuta due e più
Aolt?. Due volt? è rappresentata nella fig. 373.
Pig. 37».
^ìr- 373.
Vari esempi offre il sistema monoclino. L'ortoclasio (KAlSiaOg)
fig. 70, pag. 76, in geminazione di Manebach è effigiato nella fig. 374; lo
sviluppo di esso è secondo P|ooi| ed A/|oio|, l'asse di geminazione è
perpendicolare a P|ooi | ; piano di emitropia e di associazione è P(ooi ).
La geminazione di Manebach può essere descritta ancora con la zona
P.M comune, e ad asse di emitropia in questa zona, giusta la 2* legge.
Anche la geminazione di Karlsbad dell'ortoclasio (fig. 375) entra
in questa legge essendo l'asse di emitropia perpendicolare a (100), ma
entra anche nella 2» legge essendo l'asse nella zona rA/(oio) /(no)].
La faccia (100) nel monoclino è frequente piano di geminazione
là dove essa è sviluppata, così nell'anfibolofig. 69, pag. 75, nel piros-
seno fig. 68, pag. 75, e 376. nel gesso fig. bh, pag. 75 e fig. 377; ma
Fig. 375-
Fig. 376.
Fig. 377-
Fig. 378.
Assoàationi
la stessa geminazione può essere descritta con l'asse di geminazione
parallelo alla Kona [no] o bisettrice di due facce (5^ legge).
Anche nella geminazione della titanite, con a j 1 00 1 , p|oo 1 1 ,
»)|iio|, ojiii|. del monte Ciabergia secondo Boeris rappresentata
nella fig. 378, l'asse è perpendicolare a '100),
Interessante per ogni aspetto è Ìl gruppo dell'aragonite (Ca CO,)
lìg. 8t), pa^. Si, della Witterite (BaCO,) fig, yo, pag. 83, della stron-
7-Ìanite iSrCO,) fig. m, pag, Sj, e della cerussite (Pb COj) ii%. gì,
pag, 83, gruppo isomorfo per spiccate proprietà fisiche e chimiche.
1,'asse di geminarioiie frequente è perpendicolare a una delle facce
del prisma rombico injiio); l'angolo (no): (ito) nell'ar^onite è
(ii," 48', negU altri carbonati citati Ìx>co diverso, I,a fig, 379 rap-
presenta un trigem'nato di aragonjte secondo cjuesta legge, es-
sendo il piano di eniìtropia ora (110) ed ora (ilo), 11 gruppo di tre
cristalli cosi uniti assomiglia a un prisma esagono, Xella fig, 380 è
effigiata una doppia combinazione del trigemino dato dalla fig, 379.
172
Capitolo sesto
Un quadrigemino è rappresentato nella fig. 381 ripetendosi il piano
(no) di emitropia tre volte. Complesso è pure il trigemino della
fig. 382 avente per piano di geminazione ima delle facce (no). L'ara-
gonite come gli altri carbonati isomorfi offre numerose combinazioni
della stessa emitropia.
La geminazione più comune nel crisoberillo (Be Alj O^) è secondo
l'asse perpendicolare a (031) ; la fig. 383 rap-
presenta uno di tali geminati di Sondrio,
secondo Brugnatelli, avente le forme a|iool,
6|oio|, 5|i20|, ijoiij, olmi, n(i2i|. Nella
marcasite (FeS,) fig. 97, pag. 85 le forme
più comuni sono >w|iio), ^|oi3) e/j|oii|, ma
altrove non mancano come nella fig. 384 le
.forme òfoio|, cjooij, ^|ioi|, a|ioo}, /|oii|,
?'|oi3j, sjiii|. Il piano di emitropia è spesso
contenuto nel prisma rombico i»|iio|, di
guisa che risulta un dentello formato da s
ed s da b e ò; e data la ripetizione della
steasa emitropia, il dentello si succede a dentello, e il gruppo di più
gemini acquista la figura di un pettine, onde la marcasite è cono-
sciuta anche come pirite pettinata, fig. 405.
La staurolite [2 Hj O, 6 (Fé Mg) O, 12 Al^ O3, 1 1 Si OJ ha gemina-
zioni così caratteristiche, clie da esse la specie minerale può essere ri-
conosciuta. Un cristallo di essa è rappresentato nella fig. 99, pag. 85,
con le forme m\iio\, 6|oio), c(ooij eyjioi}. I^e forme che possono dar
luogo ad emitropie sono (032! e (232); nella fig. 385 è effigiata la
prima emitropia, una croce greca quasi perfetta, nella fig. 386 la
seconda; l'angolo fra le zone [no] dei due cristalH è^di circa 60°.
1
^
[V
i^
•
; —
■•'*-.
1
Fi«. 385.
Fig. 386.
Diversi esempi di questa i'^ legge si hatmo nel sistema trigonale.
Associazioni
173
come nella calcite, nel quarzo, nella cabasite, nell'ematite e via
dicendo. Frequentissime sono le emitropie della calcite a piano di ge-
minazione |iii|, jiio|, raramente |ii2J. La prima ad asse di gemina-
zione parallelo all'asse 3-rio si ripete qualunque sia la forma dei cristalli
romboedrica, scalenoedrica, prismatica ecc. Le fig. 387 e 388 danno
due geminati ad asse parallelo all'asse 3-rio, quella presentando due
cristalli sviluppati secondo il romboedro f{ioo), questa secondo lo
Fig. 387.
Fig. 388.
scalenoedro s|2ol) fig. 137, pag. 97. Comune è la emitropia ad asse
perpendicolare alla (no) come nella fig. 389; anzi questa stessa legge
si ripete spesso su tuttef le tre facce del romboedro |iio|, e spiega la
striatura caratteristica della facce jioo|; vedi fig. 406. Nella fig. 390
è effigiato un geminato, i cui componenti sono cristalli di calcite aventi
per fonne mfii3|, «|i2i| e c|iiij. L'asse di geminazione è perpen-
dicolare a una faccia del romboedro diretto ottuso e|i2i}.
m
<
0^
-^
m
:.A
m \--^
.^^
Fig, 389.
Fig. 390.
174
Capitolo sesto
Fra le numerosissime geminazioni del quarzo conosciute va
rilevata quella ad asse perpendicolare al pinacoide basale |iii),
geminazione d'altronde comunissima nel sistema trigonale; è evi-
w J*
/« m
Fig. 391 «•
Fig. 3920.
m. m
Fìk. 391*.
Fig. 392*.
dente che questa legge coincide con la 2» legge in ciucsto caso, poiché
la zona ^m"! diviene comune ai due cristalli. Nel quarzo special-
mente i due cristalli del gruppo si comjìenetrano e fauno apparire
un cristallo imico come è effigiato in prospettiva nella fig. y}i a
e in sezione trasversale nella fig. yu b. Il geminato assomiglia allora
ad un cristallo della claSvSe trapezoidale esagonale con le facce tra-
pezoidali X e A'; confronta con la fig. 36O o 3()7. Un tale ge-
minato è affatto differente da una associazione complementare di
I specie. Xon è difficile riconoscere in una sezione trasversale, fig. ^mb,
la presenza di due cristalli compenetranti si servendosi p. e. di (lualche
mezzo corrosivo (37).
Ancora è interessante rilevare nel trigonale la cabasite ;Ca
Na.2) AI2 Sij 0^2 + 6a(i], che è sempre in geminazione ad asse perpen-
dicolare a (ili) o parallelo a [iti], ove i due individui egualmente
sviluppati sono compenetrati, costituiti entrambi delle forme r|ioo},
ijiill, e}iio|. Un bel esempio di questa emitropia è effigiato nella
fig- 393-
I minerali, relativamente pochi, che cristallizzano nel sistema
dimetiico, vanno rilevati per la loro caratteristica fftm inazione.
siccliò da essa sono anche riconoscibili ; tali sono la cassiterite (ìmi O,)
fig. 20I, il rutilo (Ti OJ fig, 200. lo zircone (SiZrO,) fig. iqS e lyy.
N'ella fig. 3q2 a è rappresentato un comune cristallo di cassiterite
176
Capitolo sesto
con le forme m|iio) ed5|iii) e con una sezione parallela a una delle
facce della bipiramide tetragona |ioi}, la quale diviene piano di
emitropia. Con il cajx) volgimento della metà del cristallo intomo
all'asse normale a questa sezione risulta il geminato della fig. 392 h,
detto semplicemente geminato a visiera. La stessa geminazione si
ripete nel rutilo come è rappresentata nella fig. 396 con le forme
/|3io) ed 5|iii|, la comunissima geminazione genicolata, mediante la
quale i due cristalli di rutilo fanno un angolo vicino a 120°. Si incontra
la stessa legge nello zircone come nella fig. 394, dove i due cristalli
sono incrociati.
Iva geminazione più comune nei cristalli del sistema monome-
_,^^ J^_^
Fig. 398.
Fig. 399.
trico è ad asse perpendicolare a una delle facce dell'ottaedro o del
tetraedro |iii|. Così cristallizza spesso lo spinello; l'ottaedro è ef-
figiato nella fig. 395 a con una sezione (In) che lo divide per metà ;
capovolte queste due metà Tuna rispetto all'altra danno il geminato
della fig. 395 h. I^a stessa geminazione si presenta nella fiuorina,
fig. 397, dove i cristalli sono esaedri
a|ioo| e compenetrati, mentre nello
spinello essi sono giustaposti.
2* legge. L'asse di geminaziotie
è uno spigolo, ossia l'asse di zona.
Secondo questa legge una zona è
comune ai due cristalli formanti il
geminato; il piano di emitropia è
normale ad essa. La 2* legge non
è meno frequente della i* legge.
Hanno particolare importanza i feldispati triclini per riguardo a
questa legge, mercè la quale i feldispati triclini possono essere rico-
nosciuti. Nella fig. 398 sono effigiati due cristalli di albite (Na Al SÌ3 Og)
in geminazione periclina; l'asse di emitropia AA è l'asse della zona
[oio], con piano di associazione coincidente con (001) ovvero a questa
Fig. 400.
Associazioni
177
inclinato di un angolo caratteristico per ciascun feldispato dall' albite
all'anortite.
Nei sistemi monoclino, trimetrico, trigonale, dimetrico e mono-
metrico moltissime sostanze che geminano nella i* legge, geminano
anche nella 2* poiché l'asse di geminazione o è uno spigolo, o può
essere sostituito da un asse ad esso perpendicolare ; così p. e. la ge-
minazione di Manebach dei feldispati può essere descritta o con
Tasse perpendicolare a (001) ovvero con l'asse parallelo afiool; la
geminazione di Karlsbad, fìg. 374 è ad asse perpendicolare a (100)
ovvero ad asse parellelo a [coi]; altrettanto dicasi delle comuni
geminazioni dell' aragonite, della witterite, della stronzianite e della
cerussite fig. 379-382 che possono essere definite ad asse o perpendi-
colare a una delle facce Ino) o parallelo ad uno degli spigoli | [i io] | .
Così pure la geminazione della marcasite citata e descritta nella
Nel trigonale l'asse di geminazione essendo [in] come spigolo
o come perpendicolare a (in) può essere sostituito da un asse pa-
rallello a uno degli spigpU |[i Io]|, fig. 387 e 388 della calcite, e così via.
In generale quando un asse di geminazione è perpendicolare ad
un asse di simmetria di grado pari, esso può essere sostituito da un
altro asse di geminazione ortogonale con i due, capace di servire per la
descrizione della stessa geminazione, secondo un principio di Eulero
sugli asst di rotazione, che basta sia sempHcemente invocato.
Fig. 401 a.
Fig. 401 b.
Fig. 401 e.
*
. 3* legge. L'asse di geminazione giace in una faccia ed è normale
ad uno spigolo. Con un capovolgimento di uno dei due cristalH at-
torno siffatto asse, esso entra nella posizione dell'altro formante il
geminato, ed i due cristalli hanno la detta faccia comune e così pure
lo spigolo perpendicolare all'asse. Senza ripetere alcuni dei precedenti
esempi, che potrebbero essere definiti con la 3» legge, possiamo ri-
levare in ispecial modo la geminazione della mica rappresentata
12 — C. Viola.
Capitolo sesto
nella fig. 390 ad asse AA. giacente in c(ooi), e perpendicolare ad
4' legge. L'asse di geminazione i la bisellrice di due spigoli, e
perciò giacente nel loro comune piano. Con questa legge si può de-
scrivere una geminazione constatata da Brògger nella gibbsite
Al (OH),. La fig. 400 reca appunto l'effige di un tale geminato, ove l'asse
di geminazione è in c(ooi)'e divide per metà l'angolo fra gli spigoli
[010] e fi io], di guisa cUe questi due spigoli si coprono reciprocamente.
.S" legge- L'asse di geminasione è la bisettrice di due /aea'.edè
quindi perpendicolare al loro comune spigolo.
La geminazione conosciuta col nome di Baveno può entrare in
questa legge, spesso osservata non solo nell'ortoclasio ma ancora nei
feldispati triclini. 1,'asse di geminazione i> la bbettrice delle facce
,U(oio) e P(ooi), I due cristalli di ortoclasio cora.ponenti questo ge-
minato hanno la posizione indicata nella fìg. 401 a. ove la faccia P
dell'uno coinci<lf con la faccia M dell'altro e x'iceversa. Di solito i
due cristalli del geminato sono compsnetrati parzialmente com; nella
fig, 401 b. o coni plet aniente comenelta fig. 401 e. o anche giustapostì.
Alcuni autori descrivono questa geminazione applicando la prima
legge cioè ad asse perpendicolare a una delle facce del prisma m)02iI
fig. 70, pag, 76, ma questo modo di vedere non corrisponde ai fel-
dispati triclini, ovs le facce [021; non fauno angoli eguali con
(010) e (001).
29- EmÌTroi'hì GKMiN.iZTONi COMI-OSTE. — La fig, 373 ci pre-
senta una geminazione compatta, poiché consiste di tre cristalli se-
condo la emitropia albitica. Abbiamo anche riferito geminazioni
composte nella aragonitc fig. 379, 380, 3S
la ste.Ma geminazione si ripete nella ce
' ' e nelle varie specie
382: più spesso ancora
Geminazioni composte
;rali, tanto che esse co-
Associazioni . 179
stittiiscono un carattere specifico di queste. Si può affermare che la
geminazione alhitica dei feldispati, è un fenomeno comunissimo, non
meno che la geminazione periclina fig. 398. Vi sono feldispati triclini
(albite, ohgoclasio e andesina) costituiti di lamelle sottilissira.e as-
sociate secondo la legge albitica, combinata con la legge di Karlsbad;
tale è p. e. quello effigiato nella fig. 40; in sezione perpendicolare
a '001]. Poligeminaiioni o ingeminazioni secondo le due leggi albitica
e periclina sono riprodotte nella sezione fig. 403 ; le lamelle sono in-
crociate. Per questo riguardo è ancora più interessante il microclino
(KAlSij Oj) l'I quale è costituito di lamelle ii'crociate secondo il peri-
clino e l'albitico e tar.to sottili che appena il microscopio a forte in-
grandimento in luce polarizzata (62) (63) le può discernere. La
fig, 404 dà una sezione di microclino perpendicolare a [100], Lamelle
sottilissime di questo carattere si sono scoperte anche nell'ortoclasio,
tanto che è parso a taluni di non riconoscere alcuna differenza tra
ortocla.sio e microclino, come non vi è alcuna differenza fisica e chi-
Fig. 404- FiB, 40S-
La marcasite (Fé S;) 6 di solito geminata ad asse perpendico-
lare a una delle facce »:|iio|, fig. 384. Si è anzi osservato che stante
la ripetizione di questa legge, si ottiene un ingeminato a dentelli,
come nella fig. 405, da giustificare per la marcasite il nome di pirite,
pettinata.
Esponendo la emitropia della calcite secondo il piano di gerni-
nazioue coincidente con una delle facce del romboedro jiiol, fig, 389,
si è osservato che l'emitropia può essere composta ripetendosi più volte
su tutto il romboedro inverso, e causando la striatura caratteristica
sulle facce del romboedro lioo|. Si veda la figura schematica nella
fig. 406,
Il rutilo del dimetrìco è spesso oggetto di geminazione composta.
i8o
Capitolo sesto
ad asse perpendicolare a una delle facce della bipiramlde di II specie
joiil, come nella fig. 394, ove l'angolo fra gli assi principali di sim-
Fig. 406.
Fig. 407.
metria è di circa 1200; con la ripetizione di questa emitropia si ot-
tiene il geminato composto della fig. 407, assomigliante a un ginocchio
onde genicolata la geminazione siffatta del rutilo.
Fig. 408.
Fig. 409.
La fig. 408 dà la comune emitropia della calcopirite avente
come forme la bipiramide tetragona di II ord. z\o2i\, e come piano
di geminazione una delle facce dei due bisfenoidi o|iiiJ e (i)|ili|
fig. 224. Nella fig. 409 è effigiata una emitropia secondo la stessa
legge composta di 5 cristalli, aventi la stessa forma ^|o2i}.
Abbiamo già detto che la geminazione di Manebach è comuais*
sima nel feldispato ortoclasio, il cui sviluppo in tal caso è secondo
la zona [100] cioè 3/ (010) e P(ooi). fig. 374. Due geminati di tal
Associaziotii
i8i
fatta possono a loro volta associarsi secondo la legge di Bareno
fig. 401, e formare un quadrigeminato della fig. 410, il quale si
trova diffusissimo nel granito di Baveno.
Fig. 410.
Fig. 411.
La geminazione del crisoberillo fig. 383, può essere ripetuta
6 volte e generare una caratteristica stella esagonale di questo mi-
nerale, come è effigiata nella fig. 411.
Nelle emitropie semplici e in quelle composte gli assi di gemi-
nazione e i piani di geminazione si presentano come elementi di sim-
metria del geminato. Tali simmetrie sono apparenti e si distinguono
dalle simmetrie proprie del cristallo, in quanto queste ultime esi-
stono in tutti i punti della sostanza, quelle sono limitate solo nei
punti di contatto dei singoli indixidui. Ma quando il cristallo riesce
composto di numerosissimi e minutissimi individui associati da co-
stituire una ingeminazione omogenea secondo una o più leggi di
emitropia, esso assume uno stato con -simmetria diversa da quella,
che è propria a ciascun individuo isolato; esso assume una pseudo
simmetria o simmetria impropria. Quest'ultima è un fenomeno legato
aUa simmetria propria del cristallo, poiché le costanti fondamentah
sono bensì caratteristiche di una simmetria o di un sistema, ma si
avvicinano al carattere di un'altra simmetria o di un altro sistema.
Così la pseudosinmietria esagonale dell'aragonite, fig. 379-382 si
trova in relazione con l'angolo (no): (ilo) vicine a (x>^. I^a pseudo-
simmetria del microclino fig. 404, è in rapporto con l'angolo (010):
(001) vicino a 90°. Ne si constata la pseudosimmetria, ossia la in-
geniinazione, che nei casi limiti ora ricordati. In conclusione una
sostanza può essere dotata a varie temperature e pressioni di due
simmetrie, propria e impropria; un tale fenomeno prende il nome
di mi me sia.
i83 Capitolo sesto
30. MiMESiA. — Una sostanza anisolropa ed omogenea avente
la proprietà di apparire al cospetto di due simmetrie diverse, a varia-
bile pressione e temperatura, si chiama mimetica. Il fenomeno stesso
è mia mimesìa. Il microclino fig. ^04 è mimetico, sia che esso si pre-
sentì nella simmetria del triclino. sia che esso per effetto della«iiige-
minaziooe ammetta caratteri del monoclino. Esso è in tutto identico
. all'ortoclasio, ed infatti a temperatura elevata perde la struttura
ingeminata e diviene monochno.
Il pennino, specie di clorite, è ima sostanr.a mimetica, apparte-
nendo al sistema trimetrico con angoli simulanti il sistema trigonale
(romboedrico). Infatti il pennino è costituito omogeneamente di,
lamine trimetriche in posi/Jone di emitropia, couie è rappresentato
nelle fig. 41 za, b. Nella fig, 41J a è un trigemino con faccia comune
e(ooi), e con le fornii Hjioij, ^ji32|. Nella fig, 412 6 è una ingemi-
na/.ione secondo la stessa legge.
Anche la leucite [KAlSi^O,) è mimetica essendo costituita
di lamelle sottilissime appartenenti al^trimetrico, ma formanti nel
loro insieme un cristallo dalle forme monometriche, fra le quali la
:- l'icositetracdro (leucitoedro) |ii2(, fig, 4130, I,a ri-
gatura di tutte le 14 facce dimostra la ingeniinazioue del cristallo.
secondo diverse le^gi; la lupe polarizKata. parallela attraverso nua
Ass»£ÌaiioHÌ 183
sezione ne dimostra la costituzione, conte nella fig. 413 fi. È notevole
che a 560" C la rigatura e le anomalie ottiche spariscono, la sostan/.a
si fj in tutto omogenea, il cristallo di leucite diviene monometrico;
a temperatura sotto 5600 C, la sostanza si scinde di nuovo, la inge-
minaiione si ripresenta, il cristallo ritoma trimetrico, senza mutare
naturahnente il suo contorno. Da qui risulta che la mimesia dà Tm-
dizio di due modificazioni ri"crsibili (60) Jiossibili nella leucite, che
a s^o" possono trovarsi in contatto.
La perowskits (Ca Ti O,) cristallizza nel sistema trimetrico
come l'aragonite (CaCOa), ma senza un esame approfondito è dif-
ficile determinare che la simmetria della perowskite appartenga ef-
fettivamente al trimetrico, stante la sua figura tstema che ha tutto Ìl
carattere del monometrico, come si rileva dalla fig. 414 «. Ma le facce
striate corrispondenti a \ ioo| e le sezioni sottili osservate in luce pola-
rizzala dimostrano che im cristallo di perowskite 6 una ingemin anione
di lamelle sottilissime. Non è dimostrato che la perowskite sia dimorfa,
ma il fenomeno accompagnato dagH stessi caratteri è probabilmente
analogo a quello che si osserva nella leucite e nella boracdte.
Altro esempio consimile offre la boracite (Mg, Cli B,, Oao). la
cui figura è data nella fig. 350 come appartenente alla classe 31»
esacistetraedrica con le forme i^liiot, otioo|, Hj2ii| e »jiii|. Nella
fig. 415 a è pure effigiato un cristallo di boracite con le forme jiool,
(noi. jiiil e jin|. he tacce striate, le sezioni vedute in luce pola-
rizzata dimostrano all'incontro che la boracite ò una ingeminazione
prodotta da lamelle appartenenti al sistema monoclino associate
secondo jiio), fig. 415 b. La boracite, come la leucite è un cristallo
mimetico con due simmetrie, una propria monoclina, una impropria
mouometrica. A ifiii" la boracite diviene monometrica, a tempe-
rature sotto ìbà" essa ritorna monoclina. Dunque la 1 '
questa sostanza è dovuta alta vicinanza della sostanza al i
trico, e sta in rela'Àone col dimorfismo.
Sostanze mimetiche si incontrano di frct[uente nelle zeoliti.
La fig. 4H) è un effige mimetica della Philhpsite.
L'analcìme (Ca Alj (SiO,), + aaq) ha aspetto mouometrico come
la leucite, con l'icositetraedro |2ii), ma così le sue facce striate
come !e sue anomalie ottiche Sono sufficienti per dimostrare clje il
sistema a cui l'analcune appartiene, è trimetrico o raonoclino. I.'anal-
cìnie ha dunque alla stessa tem-
paratura e pressione dufr sim-
metrie diverse, ed è quindi mi-
metica; ed infatti a 350" è il
limite fra l'analciine mouome-
trìca e l'analcìme trimetrica.
Il solfato ramoso CujS del
monometrico (103) con densità
5,65 e la calcosina CujS del trimetrico. fig. gS. con densità ^.S quasi
eguale alla prima, si trovano nello stesso rapporto come le due modifi-
cazioui della leucite. Infatti ad alta temperatura esiste il sotturo ra-
moso monometrico, a bassa esiste la calcosina del trimetrico, scom
posta in lamelle sottilissime in relazione emitropa. donde la stessa
densità. La dimostrazione del passaggio da una all'altra forma di Cn,S
vien fatta al microscopio in luce polarizzata riflessa (85). L» \-alen-
tinite (SbiOj) presenta analogo fenomeno (103).
Dati questi esempi, non sì può negare che la niimesia accompagna
sempre il polìmorfomo, quando le due modificazioni riversibih (100).
nelle quaU la ntedesima sostanza può cristallizzare, presentano co-
stantì rispettivamente vicine fra di loro. La pseudo simmetria, o
iummetria impropria, caratterizza allora l'edificio o il reticolato |16),
in mezzo al quale si fissa la simmetria propria. Il passaggio da una
simmetrìa all'altra a temperatura determinata è dunque necessa-
riamente istantaneo perchè si compie in tutti i punti. do\-echè le
trasformazioni in sostanze non mimetiche sì compiono in un tempo
più o meno lungo e possono dar luogo anche a stati metastabih (99).
Associazioni
185
31. Associazioni eterogenee. — Associazioni eterogenee re-
golari fra moltissime sostanze colpiscono l'attenzione dell'osserva-
tore. Cristalli di diverse specie si associano assai spesso con facce o
zone comuni. Come nelle associazioni omogenee, così anche nelle
associazioni eterogenee, ossia fra cristalli di diverse specie, la ten-
sione superficiale è minore della somma delle tensioni superficiali
doioite a cristalli isolati. Questo risultato è tanto più evidente, quanto
più sviluppate sono le facce e rispettivamente le zone che con l'as-
sociazione vengono a coprirsi, e quanto è più grande la costante
capillare delle zone e delle facce, rispetti ve. Numerosissimi *esempi
confermano questa coincidenza.
La fig. 417 rappresenta una associazione fra arsenico e arse-
nolite (AS2 Og), e precisamente la base (iii) dell'arsenico è ricoperta
da facce dell'ottaedro dell'arsenoUte; anche le facce del romboedro
jioo| dell'arsenico sono ricoperte dalle facce ottaedriche dell'arseno-
lite, verificandosi contemporanean^ente il parallelismo degli spigoli.
Fig. 417.
Fig. 4x8.
La magnetite (Fej O4) si associa regolarmente con l'ematite,
la miersite (CuJ.4AgJ) con la iodirite (AgJ), la piromorfite
(Pba)Pb4(P04)3 con la galena PbS, la magnetite (Fca O4) con il
rutilo (Ti O,), la blenda (ZnS) con la calcopirite (Fé Cu Sj), la te-
traedritecon la calcopirite. La fig. 418 rappresenta quest'ultima as-
sociazione con le f accie ojiiil del tetraedro e con le facce /? j 1 11 ) del
bisfenoide dimetrico.
La fig. 419 rappresenta un'associazione regolare di cerus-
site (PbCOj) fig. 91, e di galena (PbS) fig. 293, ove la faccia (ori)
della cerussite copre una delle facce |ioo| della galena, e la zona [100]
dell'una è parallela alla zona [cu] dell'altra. Nella fig. 420 è rappre-
sentato mi esaedro di pirite (FeSj) fig. 318-325 con le striature ca-
ratteristiche in associazione con cristalli di marcasite (Fé Sj) tìg. 97,
dalle forme .l/(iioJ, '[oiil e r|oi4|. Sopra ogni faccia dell'esaedro
)ioo| vi è un geminato di maicasite ad asse perpendicolare a |iio|
fig. 384, e orientato in guisa che la faccia di associaiione jiio) di
(juesta è parallela ad una faccia dell'esaedro ed alle striature rbpettìve.
All'incontro la base del gruppo fig. 421 è il pinacoide c|ooit
della marcasite ; sopra di essa sono adagiati esaedri di pirite eoa dia-
gonale parallela alla zona [010] ecc.
È notevole, benché non solita, l'associazione del rutilo (TiO,)
con l'ematite (Fe,0,) secondo una legge die caratterizza i cristalli
di CawTadi (San Gottardo). Questi cristalli sono s\-iluppati secondo
il pinacoide basale e |iii| e sovrapposti l'imo sull'altro secondo la
base con leggera inclinazione da dare ad ogni gruppo l'aspetto di
rosette, Ì,e form? che inoltre si osservano su taU cristalli, sono il
romboedro diretto r jiool, Ì romijoodri inversi s (iiil e e jioil con
l'isoscelocdro n I3I1J fig. 42^. I cristalli di rutilo rosso-bruni sono
appoggiati sulla faccia [iii) dell'ematite con la loro faccia (100), e
le zone dell'una |[iio]l quasi iwrtettaniente parallele
la zona ^ooe] dell'altro.
Associazioni
187
Moltissimi altri esempi di associazioni eterogenee sono noti fra
i minerali, come la calcite con.l'aragonite, la dolomite con la clorite,
lo zircone con la xenotima, il rutilo con l'anatasio, l'andalusite con
la sillimanite ecc.
Nella fig. 423 è effigiata un'associazione regolare di clorite con
dolomite assai comune, ove le direzioni principali della dolomite
j[ilo]| sono parallele rispettivamente alle direzioni fondamentali
della clorite, sicché (ni) dell'una è ricoperta da (001) dell'altra. —
Più caratteristica e direi più elegante ancora è l'associazione regolare
fra lo zircone (vSiZr04), fig. 198, e la xenotima (YPO4) appartenenti
Fig. 424
Fig. 425-
entrambi al sistema dimetrico. Le fig. 424 e 425 danno due esempi
bellissimi di questa associazione. E con ciò è ben lungi la fine dell'enu-
merazione di questi casi. Che dire per esempio della costante associa-
zione fra bronzite e bastite ? La trifilina cristallizza associata con
la graftonite, l'aragonite col gesso, la staurolite costantemente con
la cianite, specialmente negli scisti cristallini del San Gottardo, il
pirosseno con la biotite e l'anfibolo, l'aragonite con il quarzo, l'albite
con l'ortoclasio e moltissimi altri. — L'albite e l'ortoclasio si alter-
nano in associazione regolare, e così di frequente che l'unione stessa
ha preso il nome di pertite. Se poi l'associazione è costituita di miim-
tissimi elementi di albi te e ortoclasio da formare un insieme omo-
geneo analizzabile con il microscopio, essa ha quasi l'aspetto di una
specie minerale, in cui K ed Na variano entro limiti larghi, e come
micropertite venne anche conosciuta.
AUe associazioni eterogenee regolari si accostano le associazioni
di sostanze isomorje, vale a dire sostanze chimicamente e fisicamente
molto vicine fra di loro. Con l'associazione regolare di sostanze isomorfe
si ottiene come risultante omogeneo ima sostanza isomorfa che per
le sue proprietà tiene delle une e delle altre, e dove i vari componenti
si trovano in proporzioni variabili. Innimieri esempi possono quivi
citarsi che si conoscono come cristalU misti: così le miscele di albite
con l'anortite dando luogo ai vari feldispati triclmi, oligoclasio, an-
i88 Capitolo sesto
desite, labradorite, bitowiiite, ecc. ; le miscele in tutte le proporzioni
di clorato e di manganato potassico, del pari di perclorato e di per-
manganato potassico, ovvero di solfato di magnesio e di zinco ecc.
Ma è da notarsi che mi 'associazione eterogenea fra cristalli
di spiccata diversità chimica e fisica può considerarsi come una mi-
scela meccanica, ove i singoli componenti non subiscono alcmia alte-
razione reciproca per effetto della loro unione. — I^e associazioni
eterogenee di cristalli isomorfi sono da considerarsi come miscele
fisiche omogenee, ove i componenti subiscono reciproche deformazioni,
in forza delle quali le loro proprietà fisiche si conguagliano. Codeste
associazioni eterogenee sono dunque notevolmente diverse dalle
prime, e si conoscono perciò come cristalli misti isomorfi. Per ripristi-
nare i componenti dalla loro associazione nei cristalli misti si richiede
del lavoro termico, come vi abbisogna del lavoro per scindere un
soluto dal solvente in una soluzione, nondimeno cristalH misti non
sono identici a soluzioni.
Associazioni 189
LETTERATURA Al, CAPITOLO VI.
W. L. Lewis, A ireatise on crystallography. Cambridge, 1899.
O. MiiGGE, Die regelmàssigen Verwachsungen von Mineralien etc. Stutt-
gart, 1903.
Henry A. Miers, Manuel pratique de Mineralogie. Paris, 1906.
F. WALI.ERANT, Cvistollographie . Paris, 1909.
Vedi le numerose pubblicazioni speciali di Brògger, Haidinger,
Lacroix, Rose, Arzruni, Striiver, Artini, Panebianco, Brugnatelli. Negri,
MilloseAàch, Boeris, Billows, Wright, Tschermak, G. Rose, V. Goldsch-
midt, Baumhauer, Viola, L- Penfidd, A. Bianchi, ecc.
CAPITOLO VII
Proprietà meccaniche.
32. Elasticità. — Un corpo (isotropo o cristallo) sotto l'Éfzione
di forze esteme si deforma (in volume e in 'figura); la deformazione
è in generale tanto maggiore quanto più grandi sono le forze indut-
trici. Le forze interne al corpo che tengono equilibrio alle forze esteme
in ciascun istante durante la deformazione del corpo, si dicono forze
elastiche, quando siano capaci di riportare il corpo al suo stato ini-
ziale al ceSvSare delle azioni esteme. Il fenomeno pertanto che un corpo
riprende la sua forma e il suo volume iniziali, dopo essere stato defor-
mato e dopo cessate le forze deformatrici, si chiama fenomeno di
elasticità. I corpi stessi godenti di tale proprietà si dicono elastici.
■••• •*• •• • «••
7 A
Fig. 426.
Suppoftgasi che il fenomeno consista nell'allimgamsnto di mia
sbarra, la cui lunghezza è considerevole per rispetto alla sua sezione
trasversale. Sia P la forza esterna di tensione applicata alla detta
sbarra, la cui lunghezza sia /, fig. 426, e la sezione trasversale a. L'al-
lungamento che essa subisce per effetto della forza P sia X. Dato che
al cessare della forza esterna P cessi completamente la deformazione,
l'esperienza insegna che fra le quantità suddette esiste la seguente
relazione :
/ a ^
X = e — P, ovvero P -= E-^-X (27
a l
Proprietà meccaniche 191
essendo e il coefficente d'elasticità, ed E = — il modulo d'elasticità
alla tensione.
Per la determinazione razionale di z si ricorre, cosi per i corpi
amorfi come per i cristalli, al fenomeno della flessione elastica. A tal
fine si estrae dal corpo in esame una sbarra rettangolare nella dire-
zione, secondo la quale si vuol determinare il modulo e, la si appoggia
orizzontalmente ai due estremi, e la si carica nel mezzo con un peso
isolato P. L'inflessione che essa per tal modo subisce è determinata
dalla freccia 7), fig. 427. Sia / la distanza fra gli appoggi, 6 la larghezza
della sbarra, d la sua altezza, ne \4ene la seguente relazione:
Fig. 427.
donde si ricava il valore del coefficente d'elasticità:
^-■n-Tr\-r\ (28
La flessione è in generale accompagnata da torsione nei cristalli,
tranne nel caso in cui la sbarra sia tagUata parallelamente o normal-
mente a un piano di sinmietria del cristallo.
I fenomeni elastici, dilatazione, pressione e torsione, sono natu-
ralmente centrici; il vettore che dà il valore della forza elastica è
un bivettore. Da qui segue che le proprietà elastiche distinguono
gruppi di cristalli con centro.
Le 32 classi cristalline con l'aggiunta del centro di simmetria
si riducono a 1 1 gruppi, dove due gruppi del monometrico sono iden-
tici per le loro simmetrie, e cosi dicasi di due gruppi dell'esagonale.
Pato questo, i gruppi cristallini, che possono essere distinti per le
loro proprietà elastiche, sono nove.
Per distinguere questi 9 gruppi si costruisce la super fice di dilata-
zione elastica per ciascun gruppo, vale a dire si determina la dilata-
zione elastica per ogni direzione, e si porta su di essa a partire da un
centro il coefficente di dilatazione (di elasticità). Il luogo degH estremi
igi Capitolo settimo
così ottenuti' É !a supprfice di dilatadoue. I-a teoria dimostra che ogni
gruppo elastico ha un certo numero di costanti, le dilatazioni prin-
cipali, in base alle quali la superfice di dilatazione si può costruire.
I 9 gruppi di cristalli sono i seguenti:
1" gruppo. — A questo gruppo appartengono i cristalU del
monometrico, che, come vedremo, sono isotropi per la luce. Le co-
stanti che determinano la superfice di dilatazione sono tte. Gli ele-
menti di simmetria ejastici sono 9 piani e 13 assi, quelli precisa-
mente che determinano la simmetria della classe esacisottaedrica.
Carattere di questa superfice è che i piani diametrali perpendicolari
rispettivamente agli assi 3-ri la tagliano secondo cerchi, come è indi-
cato con linee punteggiate nella fìg. 41S, la quale rappresenta la su*
perfice di dilatazione della fluorite (Ca F,),
A questo gruppo seguono 5 gruppi elastici dotati di un asse di
isotropia ottica. Essi sono:
2" gruppo. ~ Appartengono a questo gruppo i cristalli del
sistema esagonale. Le costanti che determinano la superfice di dila-
tazione elastica, sono tre; la quale è una superfice di rotazione, sicché
le sezioni perpendicolari all'asse principale sono cerchi. Di questo
gruppo sono conosciute le costanti elastiche del Berillo.
3° gruppo. — Vi appartengono i cristalli del trigonale, classi
scalenoedrica, trapezoedrica e piramidale ditrigonale, i cui rappre-
sentanti fra i minerali sono rispettivamente la calcite, il quarzo e la
tormalina. Qui^-i le costanti della superfice di dilatazione elastica sono
quattro; il piano diametrale perpeni^coUre all'asse 3-rio la sega in
un cerchio. Gli elementi dì simmetria di questa superfice sono un
asse 3-rio, 3 piani in esso contenuti, e 3 assi 2-ri a questi rispettiva-
mente perpendicolari ; sono precisamente quegli elementi che indivi-
duano la classe scalenoedrico- trigonale. La superfice di dilatazione
Proprietà meccaniche 193
ha 6 costanti. I^a fig. 429 rappresenta la superfice di dilalazic»ie della
calcite.
4" gruppo. — Quivi appartengono le nlteriori.due classi del
sistema trigonale, cioè romboedrica e piramidale. La superfice di di-
latazione elastica ha 6 costanti, un asse 3-rio ed è segata da mi
piano perpendicolare all'asse in un cerchio. — Sono state determinate
le costanti della dolomite.
I seguenti due gruppi includono le 7 classi del sistema dimetrico,
3° gruppo. — Vi appartengono i cristalli delle cla.'ìsi tiipitamidale
ditetragonale, trapezoedrica, piramidale ditetragonale e scalcnoedrica.
La superfice di dilatazione elastica ha un asse 4-rio, quattro piani
di simmetria in esso contenuti due a due ortogonali, quattro assi
2-ri ad essi rispettivamente perpendicolari e il piano di simmetria
peqier.dicolare all'asse 4-rio. Essa è determinata da (1 costanti e non
possiede sezioni circolari.
60 gruppo. — Vi appartengono i cristalli delle clas,<ii bipirami-
dale tetragonale, piramidale tetragonale e bisfenoidale tetragonale.
La superfice di dilatazione elastica ii determinata da 7 costanti, ha
un asse 4-rio ed il piano di simmetria ad esso normale: .sono gli ele-
menti spettanti alla classe bipiramidale tetragonale.
I cristalli non aventi assi di isotropia ottica, ma dotati di due
assi ottici, appartengono ai seguenti tre gruppi elastici:
7° gruppo. — I cristalli di questo gruppo sono del sistema tri-
metrico. La superfice di dilatazione elastica ha tre assi di sinunetrìa
2-ri e tre piani di simmetria ad essi rispettivamente normali ; sono pre-
cisamente gli elementi che distinguono la classe bipiramidale rom-
bica. — Le costanti che la individuano sono
13 - C. Viola.
194 Capitolo settittto
Gg. 430. dà la superlìce di 'dilata;tìone elastica della barìtma (BaSOj).
le cui costanti sono pienauieiite note.
8" gruppo. ■ — La superfice di dilatazione elastica gode di un
piano dì simmetria e di un asse 2-rio ad esso normale, elementi di
Flg. 430.
simmetria che distinguono la classe prismatica del sistema monoclino.
— Per la dt termi nazione di questa superfice vi abbisognano 13 co-
stanti.
go gruppo. — Vi appartengono i cristalli delle classi pìnacoidale
e pediale del sistema triclino. La superfice di dilatazione è irregola-
rissima ; è determinata da 2 1 costanti ed ha solo il centro di simmetrìa.
Da questo riassunto brevissimo sulle proprietà elastiche dei
cristalli emergono come possibili tre assi di simmetria cioè i-rio,
3-rio e 4-rio, I,'asse 6-rio non è contemplato nelle proprietà ela-stiche,
poiché la superficie di dilatazione elastica relativa ai cristalh appar-
tenenti al sistema esagonale è una superfice di rivoluzione. La legge-
di Hauy (13). ossia la legge degh indici razionali semplici, rende pos-
sibili nei cristalli quattro assi di simmetria a-rio. j-rio, 4-rio e G-rio.
E per mettere in luce ancora più intensa la diiferenza. che passa fra
le proprietà elastiche e la legge di Hauy, osserviamo che le leggi
elastiche si riferiscono a un mezzo omogeneo anisotropo senza li-
miti capace di deformarsi e di riprendere la ^ua forma iniziale, la
legge di Hauy SÌ basa sull'equihbno stabile di contatto fra cristallo
e mezzo amorfo, che lo hmita. La legge di Hauy non dimostra perciò
le proprietà elastiche, e viceversa queste non servono a sostegno
dì quella. È da notarsi ancora che tutti i crìstaUì senza eccezione
Proprietà meccaniche 195
sono anisotropi per rispetto ai fenomeni elastici, sicché è giustifi-
cata la definizione : e Ws/a/// ess^rf i corpi omogenei, solidi, liquidi
fluenti anisotropi per le quantità elastiche (S).
33. IMMITE d'elasticità, PI.ASTICITÀ. SCORRIMENTO. — I^a teoria
dell'elasticità, di cui si è appena fatto cenno (32), è applicabile a corpi
ideali (amorfi o cristalli), dove l'elasticità è perfetta o quasi* per-
fetta, vale a dire a corpi tali (come p. e. la mica, il quarzo ecc.)
che riprendono esattamente la loro forma primitiva, appena le forze
esteme deformatrici, vengono a cessare. Ma in realtà in tutti i
corpi, amorfi o cristalli, le deformazioni non dispaiono mai al ces-
sare delle forze esteme, o limitatamente solo allorquando le forze
esterne deformatrici sono relativamente piccole ed hanno breve
durata; in realtà vi rimane sempre una dejormazione residuale o
permanente in dipendenza dello sforzo estemo, della durata del ci-
mento, e delle proprietà elastiche del corpo ; vale a dire s' oltrepassa
in generale il limite d* elasticità.
Questa nozione ha naturahnente un valore pratico, perchè il
limite di elasticità non è determhiabile, e non esiste nenmieno. Non
vi è ristante ove apparisce il primo indizio di deformazione perma-
nente, come non vi è l'istante ove un corpo in.comincia ad essere li-
(juido, né un istante ove incomincia ad essere solido ; solamente amorfo
e cristallino hanno un limite preciso e determinabile.
Ad ogni modo praticamente si assegna un Hmite di elasticità,
quando incomincia a mancare la proporzionalità fra dilatazione e
sforzo estemo. Sia dunque P^ il limite di elasticità inteso in questo
ser.so, riferito all'unità di area (i cm*). Se lo sforzo estemo aumenta
oltre il limite P^ la deformazione permane, e finalmente ad un limite
Pj il corpo si disgrega.
Un cristallo si dice assolutamente fragile per P^ = P^, quando
cioè la rottura del cristallo avWene al limite d'elasticità.
Per ogni altro valore positivo di N — P2 — Pi il cristallo è
plastico, poiché ha la proprietà di permanere deformato.
Il nimiero A^ = P2 — A ^ ^^ indice inteso a valutare la pro-
prietà plastica di un corpo, che nei cristalli varia con la direzione.
N è il modulo della plasticità, il rapporto ,^
Pt i\ ^a
è il grado della plasticità.
L'esperienza insegna che tutti i cristalli sono plastici in minore
o maggiore grado, cioè tutti i cristalli subiscono qualche deforma-
196 Capitolo settimo
zione pennanente sia pure piccolissima, persino quelli che pratica-
mente sembrano rigidi, fragili ed elastici quali il quarzo, l'asbesto,
la mica, la calcite ecc.
Vi sono all'incontro cristalli che si inflettono facihnente e ri-
mangono piegati, posto che le forze esterne siano continuative per
quanto deboli. Così si comportano l'amianto, la clorite, il gesso, il
talco» la grafite, l'orpimento, l'antimonite, il ghiaccio ecc.
L'antimonite e il gesso si trovano inflessi già naturalmente
per le pressioni laterali e longitudinali esercitate dal terreno racchiu-
dente ; e si può dimostrare cjuesto fenomeno esercitandovi le pressioni
artificiahnente. Cristalli di gesso si piegano con la semplice com-
pressione delle dita. Inflettendo e comprimendo un cristallo di an-
timonite nella direzione dell'asse [100], vi si formano delle striature
sulle facce (100) e (oio) parallele al pinacoide (001). Si osserva inoltre
che l'inflessione è dovuta allo scivolamento di lamine sottilissime,
nelle quali il cristallo si divide, scivolando nel piano (001) lungo
l'asse [010]. La fig. 431 dà l'effige di un cristallo di antimonite
ripiegato come si presenta naturalmente.
Fig. 431.
È dimostrato che i cristalli nel luogo di inflessione residuale
conservano il carattere di stato cristallino, omogeneo ed anisotropo.
non everso da quello intatto ; donde segue che la deformazione per-
manente consiste in un semplice scorrimento delle particelle cri-
, stalline parallelamente a determinati piani, i quali appunto si chia-
mano di scivolamento, scorrimento o traslazione.
Con una esperienza semplicissima sul salgemma si può dimo-
strare l'esistenza di piani di scivolamento come causa di deforma-
zione. Si chiude un esaedro (o cubo) di salgenmia fra due ganasce
di ghisa, l'una concava, l'altra convessa, fig. 432, sottoposte a una
forza di compressione P. L'esaedro (figura punteggiata) si deforma
nella forma a tratteggio, pronunziando N-isi dei piani di scivolamento
paralleli alle fàcce del rombododecaedro, mentre come è noto i piani
di sfaldatura sono i>aralleli rispettivamente alle facce dell'esaedro (35).
Piani di scorrimento si determinano in una sostanza cristalliz-
zata in seguito a conveniente cimento estemo. Un cristallo dotato
di ima sola posizione di scorrimento può metterla in ex-idenza facii-
i
Proprietà meccaniche 197
mente quando sìa foggiato a sfera e sìa schiacciato fra due piani
paralleli compressori: esso si di\ide infatti in lamelle sottili, fig, 434,
inclinate, e in virtù dello scivolamento di esse, vi sì deteniiina la
deformazione della sfera.
C^-
Per dimostrare la plasticità del ghiaccio si tagli un prisma di
ghiaccio, che viene indi appoggiato su due estremi e caricato con un
peso P nel mezzo, ^. 433 a: dopo un certo tempo il prisma di ghiaccio
si inflette, si piega, si prolunga come nella fig, 433 b; l'inflessione del
ghiaccio È talvolta così profonda che i due
estremi d'appoggio si devono scostare. La
spiegazione che sì può dare di tiuesto fenomeno
è rappresentata schematicamente nella figu-
ra 433 t; l'inflessione che il ghiaccio subisce
è dovuta a piani di scorrimento paralleli.
Questa spiegazione può giustificare il movi-
mento dei ghiacciai, benché ciuìvi non ha „.
minor valore un secondo fattore, cioè il rigelo
dovuto alla pressione.
Anche i cristalli molU fluiscono, perchè le loro particelle s
secondo determinati piani senza perdere il loro orientamento.
198 Capitolo setthno
La prima sostanza cristallina conosciuta, estremamente pla-
stica e molle come la cera, è il joduro di argento AgJ alla tempera-
tura sopra 1460, che cristallizza nel sistema monometrico. Si osserN-i
che sotto 1460 esso cristallizza nel sistema esagonale (jodite fig. 167).
Il joduro d'argento monometrico può essere deformato facilmente
con leggera compressione fra le dita, senza che perciò perda del suo
carattere cristallino. Analoghe proprietà ha il nitrato d'ammonio
fra 320 e 83». e tutti gli oleati alcalini (6), (9). Si può anzi sostenere
che la fluidità di certi cristalli, detti cristalli liquidi, è dovuta a piani
di scorrimento. Solo una indagine più profonda sulla struttura potrà
giustificare questa teoria.
I piani di scorrimento sono in generale paralleli a facce aventi
indici piccoli, ossia facce a piccolo accrescimento perpendicolare,
come ad esempio nell'antimonite, nel salgemma, nel ghiaccio ecc.
La plasticità, benché dovuta sempre alla stessa causa, si mani-
festa sotto vari aspetti. Ci sono p. e. cristaUi molto flessibili come il
talco, la clorite, il gesso, l'orpimento, il nitrato di ammonio ecc. ;
altri sono malleabili e duttili come l'oro, l'argento, il rame, il platino,
il ferro ecc. secondo che siano estensibili in lamin.e sottili o distendi-
biH in fili sottili. Le foglie di oro ordinarie hanno uno spessore di
o.oooi mm. circa. Faraday è arrivato ad ottenere, per vìa indiretta,
foglie d'oro di spessore 0,000.001 mm. Si fabbricano fiU (Ji platino
dello spessore di 0,000.05 ^^^- ^ ^^ ^^ quarzo dello speSvSore di 0,000.3
millimetri.
34. Enotropie artificiau, figure di percussione e pres-
sione. — Lo scorrimento, lo scivolamento e la traslazione sono fe-
nomeni assai diffusi nei cristalli e diffusamente studiati. Abbiamo
veduto che le deformazioni e persino la fluibiUtà sono spiegabili
con lo scorrimento delle particelle costituenti il cristallo secondo
determinati piani; anzi si può aggiungere che le deformazioni e la
fluibilità dei cristalU non deve avere altro principio, se il cristallo
debba conservare dopo la deformazione la stessa natura e sinmietria
come l'esperienza insegna; ossia lo stato cristallino non cambia di
stato con la deformazione. Il fenomeno dello scorrimento è venuto
anche in aiuto per spiegare le emitropie semplici e composte, e per
riprodurle artificialmente. Classiche per questo riguardo sono le^
esperienze sulla calcite.
Si prenda a tal fine un romboedro di calcite e se ne smussino
due vertici opposti con piani paralleli, come è indicato nella fig. 435 a
con linee punteggiate; se su di essi si fanno agire normalmente due
pressioni P eguali ed opposte, formanti una coppia, fig. 433 b,
in seguito a continuato cimento, il romboedro si divide in lamelle
Proprietà meccaniche
199
sottili associate secondo (iio| (fig. 133 e 139); è questa appunto
la emitropia naturale veduta nella fig. 389 e la ingeminazione ri-
prodotta nella fig. 406.
Fig. 435 «.
Fig. 435 b.
Si ottiene un analogo risultato più semplicemente appoggiando
su un piano orizzontale un romboedro di calcite con uno dei suoi
spigoli (lo spigolo ad angolo ottuso), ed applicando perpendicolar-
mente una lama di coltello sullo spigolo apposto. Dato un colpo secco
alla lama così appoggiata, fig. 436, le particelle di calcite scivolano
lungo uno dei piani liio|, e dopo avvenuto lo scorrimento, una parte
Fig. 436.
Fig. 437.
di calcite si viene a trovare in posizione di emitropia con la parte
del cristallo rimasta sul posto. Si può anche seguire il fenomeno
dopo avere tracciato su una faccia laterale un cerchio, ed osservando
la figura che prende il cerchio in seguito alla deformazione. Nella
fig- 437 ^ segnato il cerchio e la sua deformazione, che è un'elisse.
Deformazioni analoghe si ottengono sul nitrato di sodio (Na
NO3) suU'antimonite (Sbg S3), sul bismuto (B%) ecc.
Si osservano non di rado piani di scorrimento ed emitropie ad
essi dovute nell'ematite, nel corindone, nel pirosseno ecc.
Le cosidette figure di percussione sono un fenomeno dovuto
200
Capitolo settimo
a piani di scorrimento. Esse si ottengono applicando su una faccia
del cristallo in esame una pmita resistente (un po' ottusa), ed eser-
citandovi una percussione con im colpo secco di maggiore o minore
intensità secondo la resistenza del cristallo sulla faccia in esame.
In seguito a questa percussione la superfice del cristallo si dix-ide
secondo una figura radiale, i cui raggi si trovano su piani di scorri-
mento. Sulla faccia dell'esaedro del salgemma si genera una stella
a 4 raggi paralleli rispettivamente alle facce del rombododecaedro,
fig. 438 a e fig. 432. Su una faccia dell'ottaedro del salgemma la
figura radiale di percussione è a 3 raggi, fig. 438 6, che sono rispet-
tivamente paralleli ai piani del rombododecaedro. Le facce basali
|ooi| della mica generano figure di percussioni di 6 raggi, fig. 439,
Fig. 438 a.
V
/
r
1
1
^
/
'v
Fig. 439.
Fig. 438 b.
due dei quali nel piano di sinmietria (010)'. le altre quattro rispetti-
vamente nelle facce del prisma (iio|.
I cristalli dotati di sfaldatura sono per questo riguardo inte-
ressanti, se le figure di percussione vengono provocate su facce in-
clinate verso i piani di sfaldatura o diversamente inclinate (35).
poiché le figure di percussione in tale caso sono acentriche. La cal-
cite e la sostanza di nuovo megho studiata per questo riguardo.
Sulle facce del romboedro lioo| fig. 131, le figure di percussione con-
sistono di due raggi paralleU agH spigoli del romboedro |ioo) e di
una serie di divisioni parallele alle facce del romboedro inverso [iioj
fig. 133- ^^e dette figure di percussione sono rappresentate nella
Proprietà meccaniche 201
fig. 440 a. Sul pinacoide basale della calcite cjiii| fig. 139, le figure
di percussioile consistona di tre raggi paralleli rispettivamente alle
facce del prisma esagonale di 2° ordine |ilo| con divisioni secondarie
parallele rispettivamente alle facce |iio| con piani di scorrimento.
Vedi la fig. 440 b.
Molta analogia con le figure di percussione hanno le cosidette
figure di pressione, che si ottengono con pressione continuativa senza
scosse, esercitata da una punta ottusa appoggiata normalmente
Fig. 440 a.
Fig. 441.
Fig. 440 b.
alla faccia in esame. Le direzioni radiaU di cjueste figure non coinci-
dono sempre con le direzioni radiali delle figure di percussione ; non-
dimeno i piani, secondo i quaU le dette figure si conformano sono
paralleli rispettivamente a piani di scorrimento. Nella fig. 441 sono
tracciati i raggi delle figure di pressione che si ottengono sulle facce
cJooi| della mica; essi fanno circa 30° con i rispettivi raggi della
figura di percussione; confronta con la fig. 439.
35. Sfai^dabiutà. Frattura. — Nella deformazione di un
cristallo (33) conviene avere riguardo a due limiti delle forze esteme
ili vista delle proprietà meccaniche. Il primo hmite è P^, limite di
elasticità, ove incominciano a manifestarsi le proprietà plastiche,
la flessibilità, la malleabilità, la duttilità, lo scorrimento, la fluenza,
la fluibilità; il secondo P, ^ i^ limite di plasticità ove incomincia la
rottura, la disgregazione. La rottura si manifesta in" quei luoghi,
ove la massa ha la più piccola resistenza, e si possono dare due casi :
o la più piccola resistenza è minima per tutte le forze esterne comunciue
202 Capitolo settimo
applicate, ov'A'ero essa è la più piccola in rapporto con la momentanea
cimentatone esterna. Nel prinxo caso la rottura avviene secondo
determinati piani invariabili e si chiama sfaldatura o frattura la-
mellare; nel secondo caso essa si manifesta secondo eventuali super-
fice, che possono essere piane o non piane e si chiama frattura.
La frattura e la sfaldatura, specialmente (quest'ultima, sono ter-
mini caratteristici dei cristalli. I/a sfaldatura ha posizioni di massima
densità, perpendicolarmente alle ciuali l'accrescimento è minimo
(legge di Curie (IO)), ossia posizioni dagli indici semplici (legge di
Hauy (13)). Sfaldature eguali sono date dalla stessa fonna, come
sfaldature diverse appartengono a forme diverse.
Nel sistema triclino si hanno sfaldature diverse. Così la sfaldatura
jooi| fig. 5.| nell'albite e molto più perfetta della sfaldatura |oio}.
Analogamente nel disteno: molto perfetta è .la sfaldatura (looj
*^g- 55. nieno perfetta |oio|.
Nel sistema monoclino vi possono essere sfaldature due a due
eguali, poiché due sfaldature eguali appartengono a un prisma. Una
sfaldatura è o (hol) parallela o /oio) normale all'unica zona [oio]
che trae una faccia (oio) normale. La sfaldatura (ooi) della mica
è la più perfetta che si conosca nei minerali. Il gesso ha tre specie di
sfaldature; perfettissima è la sfaldatura (oio) fig. 66, meno perfette
sono le eguali sfaldature secondo il prisma jliil e così pure secondo
il pinacoide (ioo(. Notevoli sono le sfaldature dell'ortoclasio fra loro
ortogonali, fig. 70, che hanno insieme analogia con quelle deU'al-
bite fra loro quasi ortogonaU; molto perfetta è la sfaldatura |ooi|,
meno |oio|. Le due sfaldature prismatiche |iio| distinguono a colpo
d'occhio il pirosseno (fig. 68) dall'anfibolo (fig. 69), non tanto perchè
m quello la sfaldatura è meno perfetta che in questo, quanto per
l'angolo fra due sfaldature che sta intomo a 93» nel pirosseno e a
1200 nell'anfibolo.
Nel sistema trimetrico vi sono parecchie sostanze, le quali col
carattere della sfaldabilità possono essere indi\'iduate. Così la Broo-
kite, i carbonati, la marcasite, la calcosina, la stauroUte ecc. o non
hanno sfaldature affatto o appena tracce. All'incontro i solfati anidri
di terre alcaline (R S O4) sono distinti per le loro sfaldature perfette.
TaH sono la baritite, l'anglesite, la celestite, che sfaldano perfetta-
mente secondo il pinacoide (001 1, e un po' meno esattamente se-
condo il prisma jiio|, fig. 93, 94, 95.
Nell'anidrite (Ca S O4) fig. 96, spiccano tre sfaldature di carat-
tere diverso secondo i pinacoidi lioo|, joiol e |ooi|.
Molto perfetta è la sfaldatura basale jooi|, fig. 100, del topazio.
L'orpimento (Aso S,) fig. SH a, e l'antimonite (Sb^ S3) fig. S8 h si asso-
migliano ptr la loro sfaldabiUtà perfetta secondo il pinacoide (oioj.
Proprietà meccaniche 203
Nel sistema irigottaìe le sfaldature eguali sono in numero mag-
giore che nei precedenti sistemi. Una sola sfaldatura non può essere
che secondo il pinacoide basale {iii|. Indi sfaldature eguali sono
in numero di tre o secondo il romboedro per lo più |ioo| o secondo
il prisma di I ordine |i5i). Così il nitrato di so<lio, fìg. 130, la calcite,
la siderite, la magnesite, la dolomite, la smithsonite ecc. sfaldano
jjerfettamente secondo jiooj. Anche il dioptavSio (CuH., SÌO4),
fig. 147, sfalda perfettamente secondo il romboedro (ioo.| Sfaldatura
molto imper fetta ha il quarzo sec ondo 1 100 1; ma si è notato un'altra
sfaldatura nel quarzo pure imperfetta secondo il romboedro inverso
J22i|. Il cinnabro (HgS) invece sfalda assai bene secondo il prisma
di I ord. |i2i|. fig. 158.
I biossidi del sistema àimetrico zircone, thorite, rutilo, cassi-
terite, polianite, anatasio ecc. sfaldano in generale imperfettamente;
nemmeno i tungstati, i molibdati ecc. hanno sfaldature perfette
l)en distinte.
Xel sistema esagonale il berillo (AI4O5 (SiOjjg) fig. 255 ha sfal-
datura imperfetta secondo la base {0001 ). Tracce di sfaldatura hanno
i fosfati e gli arseniati.
Moltissime sostanze del mcniometrico sfaldano perfettamente
secondo l'esaedro lioo|, così la galena (Pb S), il salgenmia (Na CI),
la silvina (K CI), ha fluorite (CaF), la cuprite (CujO), il diamante
(C) ecc. sfaldano secondo l'ottaedro liii|; la blenda (Zn S) seconda
il rombododecaedro (no) ecc.
Minerali o cristalli non dotati di sfaldatura si rompono secondo
superfice ói frattura, che può essere piana, o quasi piana, concoide ecc. ;
la frattura può essere liscia, scheggiata; fibrosa, terrosa, saccaroide ecc.
36- Durezza. — La classica definizione della durezza, alla ciuale
ancora si tiene è: durezza essere la resistenza, che una superfice liscia di
UH cristallo {minerale) oppone all'intaccamento di una punta. Ma è evi-
dènte che la durezza cosi definita dipende dallo stato fisico della
■
superfice in esame, dalla forma della punta e dallo sforzo. Su questa
definizione si basa la scala di Mohs, che in mineralogia rende buonis-
simi servigi, sopratutto per la diagnosi rapida dei minerali o per
una prima classificazione di essi.
hsL scala delle durezze di Mohs è costituita di minerali che in
natura sono molto diffusi e si trovano spesse* allo stato assai puro.
Essi sono i seguenti :
IO talco H< Mg3 (Sij 03)4 :
20 gesso Ca S O^ - 2 a(i ;
30 calcite Ca C O3 ;
204
Capitolo settimo
40 fluorite Ca V^ ;
50 apatite (Ca PO^ÌgF;
6» ortoclasio K Al Si, O, ;
70 quarzo Si O^ ;
80 topazio AI2 Sìa Fj ;
yo corindone Al^ O3;
10° diamante C.
Un minerale fun cristallo) che rimane in uno di questi intervalli
sarà solcato dal più duro che è il susseguente, e solcherà il più tenero
che è il precedente nella scala. Così p. e. l'anfibolo è solcato dall'orto-
clasio e solca a sua volta l'apatite, onde la sua durezza è nell'inter-
vallo fra 5 e 6. La blenda all'incontro non solca la fluorite ne è
striata da questa, onde la sua durezza 04.
Si possono facilmente classificare i cristalli in questi io gradi
di durezza, ma sarebbe un errore credere che questi gradi siano ter-
mùii di una serie ad intervalli costanti; quello che manca in questo
metodo relativo alla valutazione della durezza è l'unità.
Fig. 442.
Per la conoscenza più precisa della durezza si è costriiito un
istrumento, che prende il nome di sclerometro; il più classico è quello
di Seebeck, e i più importanti risultati sperimentaU sono quelli di
Exner. Lo sclerometro, consiste di due parti, di cui una è la piat-
taforma ove appoggia, scorre e può girare il cristallo di un angolo
dato; l'altra parte consiste di una punta destinata a scalfire il cri-
stallo caricata di un peso P, fig. 442.
Questo istrmnento ha servito per determinare la durezza dei
Proprietà meccaniche
205
singoli minerali costituenti la scala di Mohs, eti esprimerla in grammi.
I risultati ottenuti sono i seguenti:
2 gesso durezza
3 calcite »
4 fluorite
5 apatite
6 adularia
7 quarzo
8 topazio
IO diamante
0,04
o,2ò
0,75
1.23
• 25,—
40.—
152.—
1000, —
Le esperienze sulla durezza eseguite con lo sclerometro hanno
dimostrato essere la diurezza differente sulle diverse facce di un
cristallo e nelle diverse direzioni, persino nei diversi sensi di una di-
rezione. Quest'ultimo fenomeno si è manifestato su quelle facce le
quali fanno un certo angolo, diverso da 90°. per rispetto alle posizioni
(2M)
Fìg. 443.
Fig. 444
Fig. 445.
di sfaldatura, appunto per la diversa resistenza, che può opporre
questa e talvolta possono opporre i piani di scorrimento alla solca-
tura prodotta da una punta spinta in uno o nell'altro senso di una
direzione. Per avere tutto il fenomeno della durezza su una faccia
del cristallo, si determina la durezza per tutti^ le direzioni, la ciuale
come vettore-durezza viene portata sulla dire/ione in esame a par-
tire da mi'origine; indi per punti si costruisce la Hnea che si chiama
curva delle durezze.
Le fig. 443, 444 e 443 rappresentano le varie curve delle durezze
sulle rispettive facce (100), (iii) e (211) della calcite. Ogni vettore
di (lueste curve è la durezza in direzione, senso e grandezza. Atteso
le tre sfaldature perfette della calcite secondo |ioo|, le curve della
durezza sono sempre acentrate.
2o6 Capitolo s$tHmo
Lo sclerometro non può dare la durezza di un corpo (cristallo)
su una faccia in \-alore assoluto, poiché la durezza dipende dalla forma
della punta in.cidente e dalla sua durezza ; di più la scalfittura su una
faccia del cristallo vi è quando può essere rivelata con maggiore o
minore ingrandimento del microscopio. Hertz e Auerbach proposero
di definire la durezza come la resistenza alla pressione' di un corpo
nel contatto fra una superfice piana e ima superfice sferica di esso
con dato diametro, quando nel contatto si manifesta uno schiaccia-
mento. Ma e comprensibile che se questa definizione vale per la du-
rezza dei cristalli, un cristallo, ad esempio, non è più duro di un altro
perchè resiste di più alla pressione fino allo schiacciamento, ma sib-
bene perchè resiste anche allo scorrimento. In conclusione vari fat-
tori entrano in funzione della durezza dei cristalli. Un cristallo mal-
leabile è diflPerentemente duro di un cristallo duttile, o di uu cristallo
pieghevole. Un cristallo molle può resistere di più alla rottura clie
nm cristallo fragile.
37. Corrosione. Staio fisico dei*le facce. — Col titolo di cor-
rosione si intende in generale la distruzione delle facce di un cristallo
per via meccanica, chhnica o cKimica-fisica (soluzioni) (79). Que-
st'azione è necessariamente irriversibile, per quanto lenta possa
essere (8). Onde la corrosione non segue le leggi dell'accrescimento
dei cristalU (|0), e le nuove faccette che per virtù della corrosione,
vi si fonnano, non entrano nella legge di Hauy (13). La corrosione
sulle facce di un cristallo procede per punti, e si inoltra nella sostanza
del cristallo formando cavità, e perciò lasciando indietro rialzi, li-
mitati da un contorno a faccette di corrosione piane o curve. Ca\'ità
e rialzi formano insieme le figure di corrosione, le quali imprimono
alle facce del cristallo il loro carattere o stato fisico (|S). Ive facce ap-
partenenti a una forma cristallina (IS) hanno lo stesso carattere
fisico, e perciò sono coperte dalle stesse figure di corrosione, in rap-
porto con una determinata azione esterna. Da qui segue che le figure
di corrosione individuano le forme cristalline, la simmetria del cri-
•stallo e talvolta anche la sua struttura (|S).
I mezzi per ottenere sulle facce dei cristalli figure caratteri-
stiche e bene individuate sono molteplici; ora l'azione del solvente
o del reattivo deve essere momentanea, energica e rapida, ora lenta,
leggera, continuativa e prolungata. Solo l'esperienza deve e può
determinarne le modaUtà.
Esempi.
I^a fig. 446 rappresenta una faccia esaedrica jiooj del salgenuna
(Na CI), la fig. 447 una analoga della silvina (KCl). Le figure di
corrosione di entrambi sono tremie formate da faccette piramidali :
Proprietà meccq^iiche
207
nel salgemma le faccette corrispondono a facce di qualche tetraci-
sesaedro; nella silvina le faccette appartengono a facce di un gi-
roedro. Nel salgemma le figure di corrosione determinano due piani
di simmetria perpendicolari alla faccia esaedrica in esame, nella
silvina mancano siffatti piani di simmetria.
B,
^
w Ha
Kl
Ei
Fig. 446.
Fig. 447.
Analogamente le figure di corrosione vengono a profitto per la
determinazione della simn^etria della calcite e della dolomite. Trat-
tate entrambi con acido cloridrico diluito, esse si corrodono; figure
di corrosione emergono facilmente su tutte le facce di questi due
Fig. 448.
Fig. 449-
minerali. Sono specialmente interessanti quelle che si formano sulle
facce del romboedro fondamentale (ioo|. Nella fig. ^a^ sono effi-
giate le figure di corrosione della calcite, nella fig. 4^9 quelle della
dolomite; in quella le dette figure sono monósimmetriche, sicché
il piano di simmetria della calcite e perpendicolare alla faccia in
•esame e di\4de per metà le figure di corrosione. Nella dolomite manca
siffatto piano.
2o8
Cafniolo setUtno
Si ottengono figure di corrosione sull'apatite trattando questa
con acido cloridrico diluito. Sulla base joooi| dèi cristallo fig. 450
appariscono figure di corrosione esagonali limitate da faccette che
Fìg. 450.
corrispondono a piramidi esagonali di III ordine fig. 263, onde la
classe in cui cristallizza l'apatite è bipiramidale esagonale. 1/ angolo e,
fig. 450, varia con la concentrazione dell'acido cloridrico.
Importanti sono le figure di corrosione sulle facce dei romboedri
diretto |ioo| e inverso jI22| del quarzo. Con soluzione diluita di
Fig. 451.
Fig. 452.
acido fluoridrico, le dette facce si coprono di una striatura finissima
da conferire alle suddette facce un aspetto sericeo. In mezzo a siffatta
striatura si formano degli incavi più o meno profondi corrispondenti
a facce trapezoedriche. La differenza tra quarzo destro e quarzo
sinistro si rileva dalle fig. 451 e 452. È exàdente che con la corrosione
si distinguerà facilmente un cristallo di quarzo geminato, come è
rappresentato nelle fig. 368 e 391.
Proprietà tneccaniche 209
I^ETTERATURA AL CAPITOLO VII.
W. VoiGT-A. SBixa, Fisica cristallografica. Milano, 1904.
W. VoiGT, Lekrbuch der Kristallphysik. Leipzig, 1910.
O. Lbhmann, Molekularphysik, Leipzig, 1889.
— Flussige Kristalle. Leipzig, 1904.
— Ueher die Teilbarkeit der Kdrper. Natur, 1889.
F. Wali^RANT, Cristallographie. Paris, 1909.
Vedi inoltre le pubblicazioni di Tammann, Mtigge, Auerbach,
Beusande, Hofer, Lnzi, Smyth, Reusch, Beckenkamp, Lord Kelvin,
Somigliana, Gonnard, Gaubert, Frìedel, Osmondet et Gartaud.
14 — C Viola.
CAPITOLO VUI
Proprietà ottiche.
a) Nozioni generali.
38. Propagazione dei,i,' energia raggiante neix'etere e
NEI mezzi densi. — L'energia luminosa si propaga nei mezzi omo-
genei in tutte le direzioni con velocità finita, indipendentemente
dalla distanza, almeno fin dove l'osservatore può sperimentare. In
generale la velocità varia con la direzione; nei mezzi isotropi e nei
cristalli monometrici essa è la stessa per tutte le direzioni; nel
cm
vuoto essa è 3 x io^° — ;- per tutte le radiazioni, che pratica-
sse
ment^^ quella dell'aria. D'ordinario la velocità si esprime in cm al
secondo; ma la dicitura e le singole espressioni si rendono più sem-
plici, assumendo la velocità raggiante nel vuoto come unità, e dando
perciò al tempo l'unità di — io— 1° secondi. Si comprende allora che
rindice di rifrazione t» è il reciproco della velocità ^ in un mezzo
denso, cioè n =- - .
L'energia raggiante è individuata dalla lunghezza d'onda X,
ovvero dalla durata di una vibrazione, che diremo T, e che è natu-
ralmente la stessa per tutti i mezzi, etereo e densi. Essendo q la velo-
cità raggiante, X la lunghezza d'onda, T la durata di una oscillazione,
corrispondente a X, si ha ^T == X ; ovvero chiamando con N il nimiero
di vibrazioni nell'unità di tempo si ha anche q = XN.
39. SuPERFiCE d'onda. — Il luogo geometrico di tutti i punti,
dove in un istante t arriva l'energia raggiante a partire da un centro,
si chiama superfice d'onda o superfice radiante. Nei mezzi isotropi e
Proprietà ottiche 211
nei cristalli tnonometrici essa è una sfera, negli altri cristattL una
superftce centrata a doppia falda, sicché l'energia arriva nello stesso
istante in ogni direzione in generale in due punti. Le superfice d'onda
si estendono e si amplificano in ogni istante successivo ; esse sono
naturalmente concentriche, simili fra loro e di dimensioni propor-
zionali al tempo nei mezzi omogenei. Per superfice d'onda propria-
mente detta si intende quella relativa all' unità di tempo; nel vuoto
(nell'etere) essa è perciò una sfera di raggio i cm, in un mezzo iso-
tropo denso e nei cristalli monometrici una sfera di raggio — cm,
• n
essendo n l'indice assoluto di rifrazione del detto mezzo per rispetto
al vuoto. Si comprende perciò che moltipHcando la velocità lumi-
nosa q — — per l'indice di rifrazione n si ottenga l'unità.
Posto d il cammino percorso dalla luce nel tempo t con la velo-
cita q, risulta qt = d= — , e dn = /; il prodotto dn si chiama cammino
n
luminoso. Il cammino luminovSo nello stesso tempo è naturalmente
10 stesso in' tutti i mezzi, ed è minimo. L'energia raggiante che in-
contra un elemento della superficie
d'onda, si propaga in linea retta lungo
il raggio vettore di quell'elemento, co-
me si può provare per la luce, dispo-
nendo di una sorgenfe luminosa L,
fig. 453, di uno schermo ab, munito
di un forellino e. I raggi vettori della
superfice d'onda sono dunque raggi
(raggi luminosi), che giustificano essere
la superfice d'onda una superfice ra-
diante. Vn elemento qualsiasi di essa contenuto nel pianò tan-
gente si propaga parallelamente a sé stesso nella direzione del
raggio; p. es. nell'istante t va da 5 ad S', fig. 454, rappresen-
tando così il come S' le superfice d'onda al principio e alla fine del
tempo /.Il segmento s ~ OS nell'unità di tempo dà la velocità radiante.
11 piano tangente alla superfice d'onda si sposta parallelamente a
sé stesso e nel tempo / va da QS a Q'S\ sicché il segmento QO = q
della peipendicolare al piano d'onda, nell'unità di tempo, è la velo-
cità normale, la quale é naturalmente minore di 5, velocità radiante.
Se il centro luminoso é all'infinito, la superfice d'onda ha di-
mensioni infinite; ogni suo elemento é piano, che si chiama piano
d'onda o onda piana. Praticamente si ottiene un'onda piana, collo-
cando la sorgente luminosa nel fuoco reale dì una lente. In fisica e
212
Capitolo ottavo
in cristallografia la quantità che direttamente si misura è perciò //,
la velocità noimale (giammai s),
perchè l'osservatore misura sempre
lo spostamento peipendicolare delle
onde piane; anche gli istrunienti
ottici sono generalmente aggiustati
per luce parallela. Si calcola e
si costruisce la superficie d'onda con
i valori di ^ in tutte le direzioni,
perchè come la fig. 454 dimostra,
la superfice d'onda è l'inviluppo
dei piani d'onda considerati come
tangenti d'onda.
«
40. PRINaPIO DI HUYGEKS.
JvEGGE DI Descartes. ' — Si può
costruire la superfice d'onda per un
tempo / in due modi : o portando
su tutti i raggi uscenti da un cen-
tro lummoso la 1 ispettiva velocità s
moltiplicata pel tempo /, o^'^'ero
utilizzando ilna superfice d'onda
Fig. 454. nota pel tempo i^, e litenendo cia-
scun punto di essa come centro
luminoso; le superfice d'onda parziali pel tempo l-t^ dei detti centri
inviluppano la superfice d'onda pel tempo /, menti e nei punti non
appartenenti a detta superfice gli effetti delle onde pai ziaU si eUdono.
Questo principio di Huygens è applicabile ancora qualunque sia la
superfice da cui si parte; se p. es. quest'ultima è la supeifice di se-
parazione di due mezzi, il detto principio serve per deteiminare le
leggi della riflessione e della rifrazione. Consideiiamo a tal fine il
caso generale. I/onda piana OH', fig. 453, si piopaghi parallelamente
a sé stessa nella direzione 70, peipendicolare ad essa, e incontri la
superfice di separazione di due mezzi 1 e li, la superfice rifiettetìte ,
che immaginiamo sia piana e rappresentata nella detta figura dalla
traccia GG. Il piano perpendicolare così alla superfice riflettente come
'al piano d'onda è il piano incidente, piano del disegno nella fig. 455,
ove è contenuta la normale IO. In un istante successivo unitario
l'onda piana rappresentata da OW passi irr una parallela rappresen-
tata da D\\\. Le curv'e Si e Sj rappresentino le superfice d'onda per
i due mezzi rispettivi I e II, aventi il comune centro O. Il punto D
figura la traccia dell'intersezione dell'onda piana rappresentata da
DWi col piano riflettente, come il punto O figura quella dell'oirda
Proprietà ottiche
213
rappresentata da OW. Dalla iutersezioae, la cui traccia è D, siano
condotti i piani tangenti alle superfice d'onda figurate in Si e 2j
(potendo essere a una o a due falde), che le toccano in punti
rappresentati in .S\ e Sj nel primo e rispettivamente nel secondo
niexzo. Posto il principio di Huygens, i piani tangenti così costruiti
■X
j
/
JV.
Fig. 455.
inviluppano le superfice d'onda per l'unità di tempo a partire da
tutti i punti della superfice di separazione GG situati nell'intervallo
OD. Per conseguenza i detti piani tangenti sono le onde piane riflesse
e rifrattc, dove l'energia luminosa arriva nell'unità di tempo a partire
dall'onda piana OW incidente. OS^ e ON.y sono le rispettive normali
delle onde piane; e come segmenti rappresentano le velocità delle
dette onde, riflesse e rifratte; OvS, ed OS^ sono i rispettivi raggi lu-
minosi. Chiamando con i l'angolo d'incidenza, angolo fra IO e A^'q^Vq
(la normale a GG), con y l'angolo (o gli angoli) di riflessione, angolo
fra OA\ e A'^o-'^o. con p l'angolo (o gli angoli) di rifrazione, angolo
fra OA\ e A'^oA'q, si ricavano le seguenti tre leggi, avendo riguardo
ai triangoh rettangoU ODAp ODS^, ODN:
a
7 a
sen
t
<]
sen
r
^i
sen
Y
<ii
^i,
sen
n
?/.>
n.
30)
essendo q, </,, ij^ le velocità normaU nelle direzioni IO, 0A\, ON^;
n, »j, tu gli indici di rifrazione nelle rispettive direzioni;
3» le normali 01, OX, OX^, OXi, XqXì, sono in un piano.
214
Capitolo ottavo
9
Se i due Inezzi I e II sono isotropi, fig. 456 e quindi sfere le
rispettive superfice d'onda di raggi q-^ e q^, rappresentate nella fig. 456
Fig. 456.
dai cerchi Si e ^2, si ricavano le tre leggi di Descartes col sussidio
dei triangoli OSJ), OS^D e OSD:
a
?i = ^. » = f;
>&
sen t
sen p
n.
= — = costante;
n.
^^ le normali OS, OS^, OS^, A^qNq sono in un piano, piano inci-
dente, o piano di riflessione.
41. Luce omogenea, composta, naturai^e, poi^arizzata. —
I/energia raggiante è individuata dalla lunghezza d'onda X, o dalla
durata d'oscillazione T o ancora dal numero di oscillazioni A^ nel-
l'unità di tempo. X varia col mezzo come la velocità di propagazione
dell'energia. T ed N sono naturalmente indipendenti dalla natura
del mezzo, in cui le vibrazioni si compiono. >Secondo il valore di queste
costanti si distingue:
1° raggi elettrici (Hertz); X ò maggiore di 3 mm., A' = io**,
r= IO— "secondi;
20 raggi i cui effetti sono ignoti ; X varia da 3 mm. a 0.06 mm..
A^ = ioli — 5 X io", T = 10-11
IO— 1^ secondi;
3<^ raggi invisibili, oscuri o infrarossi; X = 0.06 mm. — 0.00076
Proprietà ottiche 215
mm., iV = 5 X io'* — 4 X IO— 1*; T = — io—" — — 10—^* secondi;
5 4
4° raggi visibili o luminosi; X = 0.00076 mm. — 0.0004 mm.,
I i
iV = 4 X IO** — 7.5 X io'*, r = — IO—'* IO— ** secx>ndi;
4 7-5
50 raggi ultravioletti, oscuri o invisibili; X = 0.0004 mm. —
I
o.oooi mm., iV = 7.5 x io**...., T = 10— '*.... secondi.
7-5
Per i raggi Rontgen o raggi X si ritiene \ — 0.000,000,01 mm. ossia
IO— 'cm. Queste diverse forme di energia raggiante non sono netta-
mente separabili.
I fenomeni luminosi sono dovuti a variazioni periodiche che su-
bisce una quantità vettoriale, la quale è parallela al piano d'onda per
onde piane e mezzi isotropi, come dimostrano le esperienze di Arago
e Fresnel. Per ogni luct omogenea questo vettore compie vibrazioni
armoniche, sinussoidali, la cui durata T determina il colore della
luce omogenea. La lunghezza d'onda X, ossia la distanza minima fra
due onde piane nella medesima fase è il prodotto di T per la velo-
cità normale q, ossia
\=^qT ^ \^ ~ 31)
Xei mezzi densi la velocità della luce è funzione di T, il che spiega
la dispersione della ln^e composta (non omogenea).
Per avere l'intensità della luce, si fa il quadrato dei vettori e se
ne ricava la media.
Essendo i fenomeni luminosi analoghi ai fenomeni elettro-
magnetici, le onde luminose sono onde elettromagnetiche, ove si
propagano due specie di vibrazioni, le forze magnetiche e le forze
elettriche, che nei mezzi isotropi e nei cristalli monometrici sono
trasversali alla propagazione e ortogonali fra loro. Con queste forze
si s\'iluppano campi indotti, che nei mezzi isotropi e nei cristalli
monometrici sono rispettivamente nelle medesime direzioni.
II vettore luminoso può cambiare di direzione così rapidamente
che l'occhio non è in grado di percepire; siffatta luce si dice naturale.
Con la riflessione, con la rifrazione o con l'assorbimento in certi
cristaUi, la luce naturale subisce modificazioni taH, che i punti estremi
del vettore luminoso si mantengono su una linea. La luce così modi-
ficata è polarizzata, ed ò rettilinea se la linea è una retta, elittica o
circolare se è un'elisse o un cercliio.
La luce naturale si trasforma in luce polarizzata rettilinea quando
è riflessa da una superfice di separazione fra due mezzi trasparenti
isotropi sotto un certo angolo di incidenza, che si chiama angolo di
2i6 Capitolo ottavo
t^^i
polarizzazione o angolo di Brewsier. Il piano di riflessione prende il
nome di piano di polarizzazione.
Secondo la teoria elettromagnetica della luce la induzione elet-
trica è perpendicolare, e l'induzione magnetica è parallela al piano
di polarizzazione. E poiché da alcune considerazioni risulta che il
vettore elettrico determina l'azione fisiologica della luce, si conclude
che il vettore luminoso è perpendicolare al piano di polarizzazione,
equivalente alla direzione di vibrazione fresneliana.
Nei cristalli il vettore luminoso è sempre perpendicolare al piano
di polarizzazione, come attestano i cristalli policroici, fig. 457, (82).
Nello studio ottico dei cri-
stalli si fa costante uso di luce
^ omogenea {monocromatica). Vi
J sono tre mezzi per produrre sif-
5^ fatta luce, intendendo che luce
^ omogenea è quella, la cui lun-
lumin^jo. ghezza d'onda varia entro li-
^IrZaic^. miti ristretti. Essi sono:
i« Mezzo spettrale. Si
decompongono i raggi di una
^ sorgente luminosa qualsiasi,
con l'uno dei metodi conosciuti
(prisma, reticolato), e si ottiene
uno spettro, dal quale si isola,
^^^' *^'' mediante una fessura, in uno
schenno opaco, la luce desiderata. In ciualche caso il problema
può essere semplificato, prendendo come sorgente luminosa dei va-
pori o dei gas allo stato incandescente. Cosi p. es. evaporando sulla
lampada Biuisen del cloruro di sodio, si ottiene luce gialla affatto
omogenea. .Vltri metalli damio pure spettri discontinui, ove basta
sopprimere alcune lince luminose per avere luce monocromatica.
2° Mezzo di assorbimento. Alcune sostanze non sono traspa-
renti che per mi gruppo determinato di raggi visibili quasi omogenei,
in guisa tale che lo spettro dei raggi attraversanti queste sostanze,
ha la forma di una banda quasi retta. Il rubino (Al, O3) lascia passare
la parte ròksa dello spettro di lunghezza d'onda quasi unica.
3." Mezzo delle riflessioni successive. Si fa riflettere la luce di
una sorgente luminosa successivamente dalle superfice di una stessa
sostanza. In certi casi si ottiene con (questo mezzo luce abbastanza
omogenea.
C
o
».*
M
Vettore z
^ • — (0 -
O
C
J
Proprieià ottiche
217
6) Cristalli uniassici.
42. Fenomeni fondamentali nella calcite. La birifraugenza
'nella calcite fu osservata da Erasmo Bartolino (1669) e spiegata da
Ch. Huygens (1090).
Il fenomeno fondamentale consiste nella suddivisione di un fascio
di raggi paralleli di luce omogenea naturale in due fasci di quasi
eguale intensità nell 'attraversare un cristallo di calcite.
Di questi due fasci uno, V ordinario 0, segue le leggi ordinarie
della rifrazione, l'altro, lo straordinario E, non segue le dette leggi,
perchè non giace in generale nel piano d'incidenza, e subisce una de-
Fig. -JSS.
Fig. '<59-
viazione anche quiuido l'angolo d'incidenza è zero. In un solo caso
il raggio incidente non subisce sdoppiamento, (|uando l'emergente
cade nell'asse prhicipale della calcite, clie si chiama asse ottico o
asse di isotropia. I due raggi nei quali si sdoppia il raggio incidente,
sono di luce polarizzata rettilinea, come si rileva da una semplicis-
sima esperienza di Iluygens.
2x8 Capitolo ottavo
Osservando attraverso una lamina di calcite, fig. 458, un og-
getto A , si vedono due immagini di esso, O (ordinaria situata nella
perpendicolare OA) ed E (straordinaria deviata dalla perpendicolare).
Girando la lamina di calcite nel suo piano, l'immagine O rimane fissa,
mentre E gira attorno ad 0; le due immagini O ed E si trovano nel
piano principale mm della calcite. Si chiama appunto piano o sezione
principale quel piano, che passa per l'asse ottico o asse principale di
simmetria del cristallo.
Osservando attraverso due lamine di calcite sovrapposte, fi-
gura 459, un oggetto A, ci appariscono quattro immagmi m generale
Oo, Eo, 0$, E$, di cui due O©, Eo hanno il posto, come se l'oggetto A
fosse visto attraverso la sola lamina inferiore, mentre le due immagini
O4» E$ sono deviate per rispetto alle prime nel piano principale della
lamina inferiore. Le intensità di queste quattro immagini sono in
relazione con l'angolo a, che fanno fra loro le due sezioni principali
della calcite mm ed nn. Approssimativamente le intensità delle quattro
immagini sono:
I
Oo = Ee = - / cos* a ,
32)
I
Oe = Eq = — / sen^ a
2
essendo / l'intensità luminosa dell'oggetto A, e supposto nullo l'as-
sorbimento luminoso per parte della calcite. Questo fenomeno si
spiega facilmente, come già spiegò Malus, poiché la luce dell'imma-
gine O è polarizzata nel piano principale m>n, e quella dell'inmiagine E
perpendicolarmente ad esso. I vettori appartenenti ai raggi liuninosi
delle immagini Oo ed Oe, nei quali si scompongono i raggi prove-
nienti da O, devono essere proporzionaH rispettivamente a cosa
e sen a, e perciò le intensità rispettive proporzionah a cos? a e sen* a.
Analogamente per le immagini Eo ed E e.
Per a = ovvero * = iz, ossia se i piani principali mm ed nn
sono paralleU, risulta
I
Oo = Ee ^ — / , Oe = Eo = 0:
2
per a = ± — , ossia se i piani principali sono fra loro perpendicolari,
risulta
0^ = Eo-= -^- / Oo = Ee = o.
2
Ciò si può provare girando nel suo piano una lamina per rispetto
all'altra.
Proprietà ottiche 219
43- Sx/PERFICE d'onda. — Huygens riuscì a spiegare il fenomeno
della birifrangenza nella calcite col principio, che ricorda il suo nome
e con l'ipotesi che la superfice d'onda consista di due falde, di cui
runa è una sfera, l'altra un elissoide di rivoluzione. La falda sferica
corrisponde al raggio ordinario, quella elissoidale al raggio straor-
r^
dinario, fig. 460. Le due falde sono concentriche e si toccano in due
punti dell'asse di rivoluzione o asse ottico A A della calcite. (Le due
falde non si toccano nei cristalli uniassici otticamente attivi come
il quarzo). L 'elissoide di rivoluzione è individuato da due parametri,
raggio equatoriale e e raggio polare 0, raggio della sfera. Essi raggi o
velocità principali luminose sono anche determinati dagli indici
principali di rifrazione co (per il ragglb ordinario) ed s (per il raggio
straordinario), essendo (38)
I I
= - , e = -
co s
/ cristalli uniassici come la calcite appartengono ai sistemi tri-
gonale, dimetrico ed esagonale, aventi un asse principale di simmetria,
^-rio, 4-rio e 6-rio, nel quale cade l'asse ottico di isotropia.
I cristalli del monometrico con quattro assi ^-ri hanno infiniti
assi di isotropia, vale a dire essi sono isotropi per la luce, come i corpi
amorfi. Ci sono nondimeno cristalli del monometrico, che si distin-
guano dai corpi amorfi, perchè sono otticamente attivi come il clo-
rato di sodio, il bromato di scxiio ecc. (74).
220
Capitolo ottavo
44. Carattere ottico. — Già Biot (1812) osservò essere i cri-
stalli uniassici di due specie, tali come la calcite, ove l'elissoide fa-
cente parte della superfice d'onda è depresso ai poli, e tali come lo
zircone, ove l'elissoide è rialzato. I primi, essendo « > ovvero
e < w, si dicono negativi, fig. 461 a secondo Fresnel; i secondi si
dicono positivi fig. 461 6, essendo e < 0, ovvero s > co. Si tengono
divisi i cristalli negativi dai positivi non solo perchè in quelli le diffe-
renze
qo — qe
Si
Se
sono negative e in questi positive, ma jjncora per riguardo alla po-
sizione della normale all'onda in rapporto col raggio straordinario.
Sia cp l'angolo che la normale all'onda fa con l'asse ottico, y l'an-
golo che il raggio fa col medesimo asse, si trova facilmente:
tg? = 77 ^^^'^
33)
: < , cristalli positivi,
•per t) -^ e si ha cp -.^ v • .l n- ^- •
^ ' • T ,.> T cristalli negativi.
ossia nei cristalli positi\'i il raggio luminoso straordinario è compreso
fra l'iisse ottico e la normale all'onda, nei cristalli negativi esso cade
di fuori. ,
Coiisidercuulo il fenomeno della rifrazione, risulta evidente die
Proprietà ottiche
221
il raggio straordinario nei cristalli negativi è più lK>ntanato dalla
normale della superfice riflettente che il raggio ordinario, ed è più
Fig. 462 a.
Fig. 462 b.
a\'vicinato nei cristalli positivi; attesa questa circostanza quelli si
dissero cfistalH ripulsivi, fig. 462 a, questi attrattivi, fig/ 462 b.
Dai due angoli (p e tj; si calcola l'angolo t, fra il raggio luminoso
e la normale all'onda. Essendo t == 9 — ij;, risulta
tag 9 — tag ^ (0* — ^) tag 9
tag T =
1 -h tag 9. tag «^
l'angolo T è massimo per
o .
tag 9m = ±: -7- e tag t^m =
0* + ^2 tag* 9,
3-0
e tag ùm = ±:
11 suo valore maSvSiino è precisamente tw dato da
tag Tm =-
Zoe
35)
Si può calcolare l'angolo t tacendo misure dirette, ponendo p. es.
sotto alla lamina del cristallo una scala, fig. 463, e osservando per-
pendicolarmente la detta scala attraverso la lamina. Si noterà, fi-
gura 463, uno spostamento (jx = 2,6 nella figura) dell'immagine
222
Capitolo ottavo
straordinarìa pfer rispetto all'ordinaria. Dato lo spessore d della la-
mina, si ha
tagT = --
36)
La seguente tabella dà il valore massimo ti» per luce Na nei
vari cristalli uniassici.
Sostanze
e
e
(pm
^m
16'
9.5
6.2
1-3
0.4
O.T
0.9
Osserv.
Hg, CI3 +
NaNOa
Calcite —
Zircone -f
Tormalina —
Berillo —
Apatite —
0.510
0.6308
0.6029
0.521
0.6110
0.6321
0.6075
0.385
0.7492
0.6728
0.508
0.6175
0.6347
0.6091
1.96
1-6585
1.92
1.6366
1.5821
1.6461
2.60
1-335
1.4864
1.97
1.6193
15756
1.6417
52^.59^ 37°-!^
40.5 49.55
41.52 48.8 •
45.44 44.16
44.42 45.18
44-53 47-7
44-55V» 45-4^2
Des a.
Coniu
Rudb.
Sénarm
Miller
Sdir.
Heuss.
45. Costruzione dei.i.a superfice d'onda. — Fresnel dimostrò
che si possono determinare le velocità radiali e le velocità normali
col sussidio di due elissoidi di rivoluzione, Velissoide di Fresnel e
Velissoide indicatore. Quello si costruisce assumendo come raggio
polare la velocità e, e come raggio equatoriale la velodtà o. Con ciò
l'equazione dell'elissoide di Fresnel è
X* 4- y^ ^
0*
37)
essendo z nell'asse ottico.
Data una direzione 5, fig. 464 a, secondo la quale si propagano
due raggi luminosi, si determinano le velocità radiali^ segando Velis-
soide di Fresnel con un piano diametrale perpendicolare alla detta
direzione S; i semiassi delVelisse di intersezione (e\ o nella fig. 464 a)
sono le velocità radiali dei due raggi aventi la stessa direzione 5, uno
dei quali è l'ordinario.
Uno di questi semiassi cade nel piano prindpale del cristallo,
l'altro è ad esso perpendicolare; e poiché il raggio ordinario è pola-
rizzato nel piano prindpale, lo straordinario perpendicolarmente a
questo, segue la regola: // semiasse delVelisse di interseziofte, deter-
minante la velocità radiale, è la normale del corrispondente piano di
polarizzazione.
Proprietà ottiche
223
L'elissoide indicatore, fig. 464 h, si costruisce con il raggio po-
lare e = — e il raggio equatoriale ca = — ; la sua equazione è dunque
o\xtxo
(Ar2 + >^) o> + 2* ^ = I
;r2 + r« ^
.-' - + -IT = '
(0- s*
38)
39)
Data una direzione normale Q, fig. 464 h, secondo la quale si
propagano le onde luminose, si determinano le velocità normali ta-
gliando l'elissoide indicatore con un piano diametrale parallelo alle
onde e perciò normale a Q; i semiassi dell'elisse di intersezione (e', ca
nella fig. 464 b) sono gli indici di rifrazione, ossia i valori reciproci
delle velocità nonnali di due raggi appartenenti a onde parallele. B per
le ragioni dette, segue la regola:
Il semiasse dell'elisse di intersezione nclV elissoide indicatore de-
terminante la velocità normale è la normale del rispettivo piano di po-
larizzazione.
46. P01.ARIZZATORI. Prisma di Nicol. — I polarizzatori desti-
nati a generare luce polarizzata rettilinea, si fondano sul principio
della birifrangenza di cristalli uniassici specialmente della calcite.
Per ottenere due fasci di raggi luminosi polarizzati da un fascio
224
Capitolo ottavo
di luce naturale, si può far uso di un prisma P, fig. 465, perchè i
due fasci S ed Sj, in cui la luce naturale si scompone, avendo ìndici
di rifrazione diversi, sono diversamente deviati, sicché raccolti a
una certa distanza dal prisma, si possono avere distinti. Ma se da
una parte si ottiene col prisma una sensibile deviazione, dall'altra
Fig. 465-
Fig. 466.
la luce bianca subisce una discreta dispersione; per luce bianca il
metodo del prisma è dunque da scartarsi.
Ove non si richieda che i due fasci di raggi polarizzati siano
molto separati l'uno dall'altro, si presta benissimo una lamina di
calcite L, fig. 466, taghata secondo la sfaldatura. Iva distanza dei
due fasci polaiizzati dipende naturalmente dallo spessore della la-
mina e dall'angolo d'incidenza; con questo metodo la dispersione è
soppressa. Con uno scheimo si può togUere dal campo l'uno o l'altro
dei due fasci polarizzati S,, .Sj.
Per ottenere fasci di luce divergenti polarizzati senza notevole
dispersione, si è inmiaginato di impiegare due prismi accoppiati in
H
.1
m
P,
/
A-'-
I
A
Fig. 467 a.
Fig. 467 *.
guisa che la dispersione dell'uno sia tolta dall'altro. Così fecero Sénar-
mont, Rochon, WoUaston ecc. Sénarmont si servì di due prismi di
calcite Pj e /\, fig. 467 a, tagUati e incollati in guisa che l'asse ottico
Proprietà ottiche
225
dell'uno sia perpendicolare a quello dell'altro e parallelo al raggio
incidente /. Attesa questa disposizione il raggio ordinario attra-
versa i due prismi senza deviazione, lo straordinario E devia, e può
essere soppresso da uno schermo.
Rochon e WoUaston si servirono pure di due prismi rettango-
lari. Il primo prisma P^, fig. 467 6, nell'apparecchio di Rochon ha
l'asse ottico A A come nel prisma P^ di Sénarmont, fig. 467 a; nel-
l'apparecchio di Wollaston il primo prisma P,, fig. 467 e, è disposto
U
Fig. 467 e.
come il secondo prisma Pj di Sénarmont. Il secondo prisma o prisma
di emersione di questi due apparecchi, fig. 467 ò e fig. 467 e ha l'asse
ottico parallelo allo spigolo del prisma. In ambedue il fascio luminoso
straordinario E è sempre deviato e soppresso, l'ordinario O vien
sempre raccolto.
Nicol ha immaginato e ottenuto di sopprimere il raggio ordinario
e di raccogliere il raggio straordinario. L'apparecchio siffatto è co-
nosciuto col nome di prisma di Nicol o semplicemente Nicol. La sop-
pressione del raggio ordinario è stata raggiunta elegantemente con
la riflessione totale. Per avere un prisma di Nicol, si taglia un rom-
boedro di sfaldatura della calcite, e dopo levigate le due metà, le si
incollano nella loro posizione originale col balsamo del Canada, il
cui indice di rifrazione per luce Na è 1,54 circa, quello del raggio
ordinario della calcite essendo 1.658.
Il massimo rendimento si ottiene levando da un romboedro di
sfaldatura di calcite, fig. 468 a, un prisma tre volte più lungo che
largo. Le basi di questo prisiùa famio con lo spigolo più lungo 700.51'.
Il taglio del prisma vien fatto con un piano perpendicolare alla se-
zione principale abcd ed inclinato di 22°, fig. 468 6, con lo spigolo
più lungo ab.
Tutti i raggi luminosi che fanno con lo spigolo del prisma un
angolo che varia da o^ a I4°y2 circa, saranno, se ordinari O, total-
mente riflessi dal balsamo del Canada, e quindi assorbiti dall'in vo-
15, — e. Viola.
226
Capitolo ottavo
lucro nero del prisma, fig. 468 b. I raggi straordinari E emergeranno
dal prisma senza de\'ia7Ìone, polarizzati nel piano perpendicolare
al piano principale ahcd.
Foucault sostituì al balsamo semplicemente uno strato di aria,
ed ottenne con ciò un prisma più corto. Jamin dispose ima sottile
lamina di calcite in un recipientino contenente del solfuro di car-
bonio (lo stesso ufficio fa il joduro di metilene), e per tal modo ot-
temie la soppressione del raggio straordinario con la riflessione totale
sulla calcite in contatto col solfuro di carbonio. Altre modiflcazioni
furono introdotte nel Nicol da Thomson, Zenker, Feussner, Ber-
trand ecc. con lo scopo di rendere il Nicol meno costoso ora che lo
spato d'Islanda si fa sempre piìi raro.
47. Apparecchi per 1,'osservazione. — GH apparecchi più
importanti per le ricerche ottiche dei" cristalli sono V apparecchio
polarizzatore e il microscopio polarizzatore. Entrambi portano due
prismi di Nicol, f ra i quaU viene inserito il cristallo in esame o una
lamina di esso girevole su un piattello. Il Nicol anteriore che riceve
la luce naturale si chiama propriamente il polarizzatore, poiché genera
luce polarizzata; il Nicol posteriore riceve la luce attraversante il
preparato in esame, l'analizza, e si chiama per ciò V analizzatore. Le
lenti sotto e sopra il preparato hanno lo scopo di concentrare più o
meno i raggi luminosi.
Se i due Nicol sono incrociati, ossia se i loro piani di polarizza-
zione sono fra loro ortogonali l'apparecchio prende il nome di orto-
scopio. Non sempre si lavora con Nicol incrociati; talvolta anzi a
Nicol paralleli, pag. 256, cioè aventi i piani di polarizzazione coin-
cidenti, né sempre si adottano nelle ricerche due Nicol ; talvolta anzi
è indicato uno solo, polarizzatore o analizzatore che sia (82).
Proprietà ottiche
227
I/' apparecchio polarizzatore comune non gode di forte i^igran-
dimento; con esso si esaminano lamine doppie e di dimensioni re-
f
Ot.
1 t
s ... >
m
::■•«;•:
•:::.;;-
«
Fig. 470.
lativamente grandi. Il microscopio polarizzatore all'incontro, come
il nome lo dice, è fornito di forte ingrandimento per l'esame di cri-
stalli minutLssimi, come sono quelli contenuti nelle rocce. Al fine di
isolare di sopra e di sotto i singoli cristalli costituenti una roccia,
questa vien ridotta in lamina sottilissima e perciò trasparente (0.02
millimetri). Per l'isolamento laterale dei detti cristalli vi è un acces-
sorio speciale annesso al microscopio, consistente in un diafratnma-
iride collocato in uno dei piani, ove si formano le immagini del pre-
parato. Talvolta è richiesta nelle ricerche luce convergente, altre
volte luce parallela. Gli apparecchi polarizzatori devono servire
per l'uno e l'altro metodo di indagini. Nelle fig. 469 e 470 è rappre-
sentato un comune apparecchio polarizzatore con Nicol polarizza-
tore P e Nicol analizzatore A , il piattello girevole y5y5 ove è collo-
cato il preparato Cr. Le varie lenti, anteriori al preparato, cioè dalla
22S
Capitolo ottavo
parte» della luce incidente, sono associate insieme per fornire luce
fortemente convergente; esse formano il condensatore. Le varie lenti
posteriori al preparato costituiscono l'obbiettivo e servono per rac-
cogliere i raggi provenienti dal condensatore e attraversanti il pre-
parato in esame. Nel condensatore vi è l'iride / per isolare l'oggetto Cr.
Se l'obbiettivo è molto abbassato, come nella fig. 469, la prima lente
di esso può raccogliere tutti i raggi uscenti dal condensatore. In questo
caso l'apparecchio funziona da conosoopio, che permette l'esame con
luce convergente. Se all'incontro l'obbiettivo è molto rialzato, come
nella fig. 470, la prima lente di esso non raccoglie che raggi \dcinis-
simi all'asse dell'apparecchio zz. In quest'ultimo caso le indagini
sono limitate a luce parallela (o quasi); l'apparecchio funziona da
cannocchiale.
Se in luogo del comune apparecchio polarizzatore, vi è un mi-
croscopio polarizzatore, si ottiene luce convergente o parallela se-
condo che vi sia introdotto o no il condensatore e secondo che l'ob-
biettivo è a forte ingrandimento o no.
Questi sono gU apparecchi i più indispensabili per l'esame ot-
tico dei cristalU. Altri apparecchi si vedranno in seguito. È ancora
da osservarsi che si ottengono Nicol esattamente incrociati facendo
uso del biquarzo di Soleil o del biquarzo di Bertrand (71).
«
48. Dispersione. — La velocità della luce e così l'indice di ri-
frazione è funzione della durata d'oscillazione del vettore, o del
numero di vibrazioni nell'unità di tempo o infine della limghezza
d'onda (misurata nel vuoto). In generale l'indice di rifrazione cresce
inversamente con la lunghezza d'onda X, per lo più con X*, ma l'indice
del raggio ordinario non cresce nello stesso modo come quello del
raggio straordinario ; infatti anche la differenza di essi cresce in gene-
rale inversamente con X*.
Come esempio nella tabella seguente è data la dispersione della
calcite per le linee A-H dì Fraunhofer:
Il
Linee
dello
spettro
Lunghezza
d'onda X
in pi
(i>
e
(i) e
A
0.760
1.650
1. 48261
0.16739
Ivi
0.671
1.65368
1-4^433
0.16935
D
0.589
1.65837
1.48645
0.17192
TI
0.335
1.662Ó7
1.48842
0.17425
F
0.480
1.66785
1.49080
0.17705
H
0-397
1.68319
1-49774
0.185.^5
1
Proprietà ottiche 229
Da questo quadro risulta che la superfice d'onda non ha le stesse
proporzioni per i diversi valori di X; può anzi accadere che per un
valore molto alto di X la differenza co — £ sia molto piccola. Per la Ve-
suviana accade il contrario : per un valore molto piccolo di X la dif-
ferenza 6) - e è vicina allo zero. La differenza co — s (positiva nei cri-
stalli negativi e negativa nei positivi) si chiama potere hirifrangente
o bivi f tangenza.
e) Cristalli hiassici.
49. Sguardo storico. — Nello studio ottico dei cristalli si. sono
presentati cristalli a un asse ottico ^ cioè aventi una sola direzione,
secondo la quale non vi ha doppia rifrazione, e cristalli aventi due
direzioni, secondo le quali non vi ha doppia rifrazione, ossia cristalli
a due assi ottici (binormali) o cristalli Massici; i primi appartengono
ai sistemi trigonale, dimetrico ed esagonale, i secondi ai sistemi tri-
metrico, monoclino e triclino. Biot e Brewster furono i primi ad os-
servare questo fenomeno. Th. Young credette che i cristalU biassici
avessero la superfice d'onda costituita di una falda sferica e di una
falda elissoidale a tre assi, generalizzando le condizioni dei cristalli
uniassici. Ma P'^resnel con misure precise sul topazio dimostrò errata
l'ipotesi di Young. Essendo complicata la superfice d'onda di questi
cristalli, Fresnel ebbe la felice idea di costruirla col sussidio di un
elissoide a tre assi, generalizzando la costruzione della superficie
d'onda nei cristalli uniassici. In questo modo Fresnel ottenne tutte
le leggi della propagazione della luce nei cristalli biassici, leggi con-
fermate dippoi con l'esperienza sui cristalli trimetrici, monoclini e
triclini.
50. Superfice d'onda. — Questa superfice è a due falde, sicché
la propagazione della luce in ogni direzione ha in generale due velocità,
e in ogni direzione si propagano contemporaneamente due specie di
onde polarizzate. La superfice è di 4** ordine e di 4» classe. Le due falde
si incontrano in 4 punti, due a due diametrali, che sono punti doppi.
Si ha facilmente un'idea di questa superfice, facendo tre intersezioni
principali di essa secondo tre piani di simmetria. I^a fig. 471 rappre-
senta appunto la superfice d'onda in prospettiva parallela per una
data luce monocromatica riferita a tre assi x, y, z, sui quali essa
determina le velocità luminose a, b, e, che si chitunano velocità prin-
cipali: e, b nella direzione x; a, e nella direzione y; b, a nella dire-
zione z. Essendo yz, zx, xy piani di simmetria, sono x, y, z assi di
simmetria della superfice. Le tre sezioni sui piani di simmetria sono
230
Capitolo ottavo
ripetute nelle fig. 472 a, 472 6, 472 e, ognuna delle quali consta di
un'elisse e di un cerchio. Nel piano yz il cerchio è intemo, nel piano xy
è estemo, e nel piano ^^ il cerchio interseca l'elisse essendo a < 6 <c.
I piani tangenti alla superfice d'onda sono piani d'onda; -per ogni di-
Fig. 471.
I--
?-jc e
Fig. 472 e.
lezione di propagazione normale ve ne sono due in generale e quindi due
velocità e due indici di rifrazione ; solo per due direzioni particolari A-^^
/l 2. fig- 47-2 6, il piano d'onda è unico ; "esse sono gli assi ottici, e fanno fra
loro Vangalo 2 V o il supplemento 2 Fj — 180 — 2 V: l'uno dei due an-
goli è naturalmente acuto, l'altro è ottuso. I<e due direzioni principali
X e :: dividono per metà gli angoli 2 Tj e rispettivamente 2 T e si chia-
mano perciò le bisettrici, bisettrice acuta e bisettrice ottusa. Date le
velocità principali a < b < e si calcola l'angolo V nel modo seguente:
ta, V = y?
a^
A^)
Proprietà ottiche 231
Nei punti doppi B^ e B^, fig. 472 6, e i loro opposti vi è rispettiva-
mente un unico jraggio per infinite onde tangenti. Le due direzioni
OBj e OB2 si chiamano assi radiali o bir adiali; l'angolo che essi fanno
fra loro è 2 £2 ovvero il supplemento 2 £ì, = 180 — 2 £ì, l'uno acuto,
l'altro ottuso, e può essere calcolato con le velocità principali a <
h <i e nel modo seguente :
tagn^-^A/V^^ V^ — f 41)
I
1
a2
^
I
1
e
Segue che tagQ = — ta^ V.
In via di approssimazione e nel caso che a, b, e siano poco di-
verse fra loro, si può ritenere la seguente regola:
V"^
Il piano xz si chiama piano degli assi ottici ; a è la velocità minore,
e la massima, b la media.
SI. Costruzione deliba superfice d'onda. — La superfice
d'onda si costruisce con Velissoide di Fresnel o con Velissoide indica-
tore. Il primo, a tre assi, ha per semiassi le velocità principaU a <
b < e e precisamente a nella direzione x, b nella direzione y, ^ e nella
direzione z, fig. 473 a. L'elissoide indicatore ha le stesse direzioni
principali x, y, z, ma come semiassi gli indici principaU di rifrazione,
I r . 1^
ossia of = — nella direzione x, 3 = — — nella direzione y, v = ~
a ^ * e
nella direzione z, fig. 473 6, essendo a > ^ > y.
Per la costruzione della superfice d'onda vale la regola:
Le velocità radiali di due raggi aventi la stessa direzione S, fi-
gura 473 «, si ottengono, secando Velissoide di Fresnel con un piano
diametrale perpendicolare ad S; le velocità radiali sono i semiassi
Si e Sj delVelisse come intersezione del detto piano con Velissoide; e i
rispettivi piani di polarizzazione sono normali ai detti semiassi.
Analogamente, per determinare le velocità normali aventi la stessa
direzione Q, fig. 473 b, si sega Velissoide indicatore con un piano dia-
metrale perpendicolare a Q (piano d'onda), le velocità normali sono i
semiassi q^ t q^ delVelisse, cotne intersezione del detto piano con Velissoide;
e i rispettivi piani di polarizzazione sono normali ai detti semiassi.
Due soli piani diametrali intersecano l'elissoide a tre assi (fre-
232
Capitolo ottavo
sneliano e rispettivamente indicatore) secondo un cerchio, essi con-
tengono y e passano per un raggio nel piano xz di grandezza b, se
si tratta dell'elissoide fresneliano, fig. 474 a, e di grandezza p, se
si tratta dell'elissoide indicatore, fig. 474 h. Un siffatto piano 6 e 6
- <.
Z
Fig. 473 .«.
Fig. 473 b.
e rispettivamente ^ e ^ nelle dette fig. 474 taglia dunque l'uno e ri-
spettivamente l'altro elissoide secondo un cerchio. La normale a
uno di detti piani è dunque tale, che la velocità lumliiosa (radiale o
normale) secondo essa è unica, data dal raggio del cercliio, il cui
Fig. 474 «•
Fig. 474 b.
piano è ad essa perpendicolare. La -direzione peipendicolare così in-
tesa Si o S'j, fig. 473 «, nell'elissoide fresneliano è l'asse radiale. I^'aii.
Proprietà ottiche ' 233
golo 2Q ovvero il suo supplemento 2Q1 = 180 — 2 Ci, che S^ e S,
fanno fra loro, è dato da
t^ga = -'\J^—^ 41)
Per l'eUssoide indicatore, la direzione perpendicolare al piano
che lo sega secondo un cerchio, è tale che la velocità normale è unica
data dal valore reciproco del raggio del cerchio p. La detta direzione
Aj o Ai, fig. 474 è, è dunque im asse ottico (binormale). Gli assi ot-
tici Al e A2 fanno fra loro l'angolo 2F o il supplementare 2V1 =
180 — 2V, dato dalla relazione
VtF — a^ a ^
^---- ; e tagr = — tagfì
40)
Con la sostituzione di a, B, v i^i luogo di — e rispettivamente -- e —
^ * a oc
la formola 40) si trasforma in
tag I- = ÌYf^ ^" '"^
e la 42) approssimata per piccole differenze fra a, p, y nella seguente:
a-p e ^-y sono le biri/rangenze A^ e A» principali del cristallo (48) (60).
Anche i cristalli biassici si sogliono distinguere in positivi e
negativi. Il carattere ottico dei cristalU biassici ritrae da una analogia
con i cristalli uniassici. Se la bisettrice acuta contiene a nell'elissoide
indicatore (o rispettivameRte a nel fresneliano), essendo a > y» ^^
cristallo si dice positivo, se contiene y (ovvero e), il cristallo è negativo.
Si noti che i raggi contenuti nei piani di simmetria yz, zx, xy
si comportano come i raggi dei cristalli uniassici,* ossia sono ordinari
e straordinari nel senso dato a pag. 217. Nei cristalli biassici positi'S'i
i raggi situati nell'angolo ottuso 2 \\ hanno indice di rifrazione mi-
nore che i raggi straordinari, e questi sono perciò più attratti di
quelli verso la normale di un piano riflettente. L'inverso avviene nei
cristalh negativi.
52- Costruzione dei piani di poi^arizzazione, delle nor-
mali, DEI raggi. — Siano A^^ A^ì poh degU assi ottici in proiezione
stereografica, fig. 475, e Q il polo di una qualsiasi normale d'onda,
che con A^ fa l'angolo <pi e con A^ l'angolo 9^. I^e velocità normaU
234
Capitolo ottavo
secondo Q delle due onde parallele sono determinate dalle espres-
sioni seguenti :
«?.' =
a 2
«2 -f- c2 a^ — <;2
+
COS(Cf2-^(p,) >
a= -L- c» a* — e*
+
COS ((p2 -f <p,) .
La loro differenza è
q^ — q^ — (a* — (?') sen (pi sen (fj»
ossia
(?i ■— ^2) (^1 + ^i) = (« — ^)- (« -f e) sen <-i sen «j 43)
Posto ^1 — ^a e a — e molto piccoli, come di regola avviene, si ottiene
la formola approssimata:
qi — ^2 = (« — 0) sen cp, sen cpj 43 bis)
Ossia, la birifrangenza q^ — q^ secondo una normale data Q comime
a due onde è proporzionale al prodotto della birifrangenza massima
Z
Fig. 476.
FJg. 475.
a — Y P^^ ^ ^^^^ degli angoli qji e (fj, che la normale data fa con gli
assi ottici; onde la birifrangenza è naturalmente nulla, quando la
normale cade in uno degli assi ottici.
I piani di polarizzazione delle due onde aventi la comune nor-
male sono fra loro perpendicolari, e dividono per metà l'angolo e
il suo supplemento che fanno fra loro i piani comuni a Q e rispetti-
vamente ad .4i e A^. Il piano di polarizzazione H^ fìg. 475, corrisponde
all'onda avente la velocità q^ e divide per metà l'angolo contenente z.
Siano in secondo luogo B^ e B^, fig. 476, i poh degU assi radiali,
S il polo di mi qualsiasi raggio, in cui due raggi luminosi coincidono ;
esso fa con B^ e /ij i rispettivi angoli òj e ij. I^e velocità radiali
Proprietà ottiche
235
Si e s, nella comune direzione S sono determinate dalle espressioni
seguenti :
ì?- = t(-Ì+-^) +t(-Ì— X")'°'<'^^~"^^^•
La loro differenza è
ovvero
(i-i) (i + i) = (t-t) (t + t) ^^ +^ -«^ +'•
Una sua forma approssimata è la seguente:
per la determinazione della birifrangensa radiale.
I piani di polarizzazione dei due raggi, aventi unica direzione S
sonb fra loro perpendicolari; essi dividono per metà gli angoli, che
i piani passanti per S e rispettivamente per gli assi radiali B^ e B^
fanno fra loro. Il piano Hi, fig. 476, corrisponde alla velocità Sj e
divide per metà l'angolo contenente s.
53. Raggi e normau corrispondp;nti. Costruzione di Sii,-
\acsTER. — Siano A^ e A^, fig. 477, i poU degli assi ottici (52), Q quello
.y^^ ^*5fr-^
^
r^
X ^ *f'^
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X
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1 *
\
\
\
/
/
V
/
\
\
1
X /
\
/
\ 9
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/
\ /
V
/
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\
/
\ /
1
/
\ /
\
/
\ /
\
/
V t
N
/
f
^^ t
\
/
N. /
\
y
Fig. 477.
della normale comune a due onde parallele, di cui si domandano i
rispettivi raggi luminosi. Iva normale O fa gli angoli (ji e cfj con i ri-
236
Castolo ottavo
spettivi assi ottici. H^ e ff, che dividono per metà gli angoli fra QA^
e QA^, sono i piani di polarizzazione delle onde aventi la stessa nor-
. male Q. Il raggio s^ deve trovarsi nel piano di polarizzazione Hj,
5j nel piano Hj. Di più si determinano s^ e s, nel modo seguente. Si
/
Fi«. 478.
taglia l'elissoide indicatore con un piano diametrale perpendicolare
a Q (ossia parallelo alle onde piane), e si ottiene un'elisse avente OP^
e OP^, 'fig. 478, per semiassi, i quali a loro volta sono i reciproci delle
velocità normali ^^ e ^,, ossia
OP. = —
OP^ = —
Indi si tracciano in P^ e in P, i rispettivi piani tangenti aU'elis-
soide indicatore; i raggi Sj e Sj saranno rispettivamente paralleli ai
detti piani e contenuti nei piani QP, e QPj. Le corrispondenti velo-
cità radiali Sj e s^ sono i reciproci delle perpendicolari PiQi e P^Q^
calate da Pj e rispettivamente da Pj sui raggi 5^ e Sj, ossia
P^Qi = —
PtQ2= —'
Se in luogo di Q fosse data una direzione comune S per due raggi,
e se ne chiedessero le velocità radiali e le normali alle onde rispettive,
si potrebbe adottare una costruzione analoga. In luogo di Ai e A^
si costruirebbero i poh degU assi radiali B^ e Bj, fig. 477, e in luogo
dell' elissoide indicatore si farebbe uso dell'elissoide di Fresnel; nel
rimanente la costruzione precedente si ripete in modo identico.
Elegante a questo proposito è la costruzione di Sylvester.
Siano Aj, A^ in proiezione stereografica gli assi ottici, fig. 479;
Proprietà ottiche 237
Bx,B^\q biradiali del cristallo. Data la normale g unica di due onde,
si domandano i raggi Si ed Sj corrispondenti ad esse. H^ e H^ siano i
piani passanti per Q, che dividono per metà l'angolo A^Q A^ e il
supplementare. Da quanto si è sopra detto, devono trovarsi su questi
due piani i raggi rispettivi Si e Sj. I piani H^ e H^ dividono per metà
anche l'angolo B^S^B^ e rispettivamente l'angolo B^S-fi^, Da qui
Fig. 479.
risulta la seguente costruzione. Si tira il piano ByD^ perpendicolare
ad //i, e il piano B^D^ perpendicolare ad H^. Indi si faccia QD, =
B-^Dy e così pure CjDg = D^y^; allora il piano BjCiBj determina in-
Hi il raggio Sj, e il piano B^C^B^ il raggio Si in H^.
La stessa costruzione vale anche per il problema reciproco : Dato
il raggio S, trovare le onde piane corrispondenti e le loro normali
rispettive 0^ e Q^, In questo caso si invertono B^ e B^, con A^ e A.^.
54. Teorema di RECiPRoaTl. Regola di Potter. — Una rela-
zione importante fra raggi e normali si ritrova espressa nella regola
di Potier. Siano costruiti i due elissoidi a tre assi, l'elissoide di Fresnel,
fig- 473 * ^ l'elissoide indicatore, fig. 473 ò, il primo con i semiassi
a < b <
e, e il secondo conisemiassi al — j > P (-7-) > Y — I » ^'^^^^^
lo stesso centro. Con una deformazione omogenea si può passare
dall'elissoide indicatore all'elissoide Fresneliano, purché quello si
contragga nella direzione x proporzionalmente ad a^, nella dire-
zione y della quantità 6* e nella direzione 2 di e*. Se un raggio vettore
23S Capitolo ottavo
dell'elissoide indicatore con le coordinate ^, y), ?^ passa, dopo la defor-
mazione omogenea, nel vettore avente le coordinate x, y, z dell'elis-
soide di Fresnel, si avrà /
Di guisa che, essendo x, y, z corrispondenti di ^, 7], J^, se ;r, y, z
sono le coordinate del vettore luminoso, saranno ^, 7), t^ le coordinate
del vettore nel piano d'onda corrispondente del detto vettore lumi-
noso. Siano x^, y/j, Zi e x^, y,, z^ le coordinate rispettive di due vettori
luminosi dati nell'elissoide di Fresnel, e ^3, tq,, !^i, ^j, tjj, ^Ij le coor-
dinate dei rispettivi vettori nei piani d'onda, avremo analogamente
I
e moltiplicandole due a due, si ottiene
Xi ^2 = SI -^2'
yi 7)2 = TQjyi. 45)
-2^1 Sa = Si ^2»
che sono le relazioni di Potier, esprimibiU ancora con l'equazione
seguente :
^1 12 + yi vji + ^1 ^2 = Ei ^2 + 7)1 >2 -f X,i z^ 46)
SS- Rifrazione conica. — Il piano tangente alla superfice
d'onda e normale a un asse ottico, p. es. all'asse ottico O^i, fig. 480,
non ha come punti di tangenza solamente /Ij e D, ma infiniti punti
situati su mi cerchio, sicché per una stessa onda e per una stessa velo-
cità nonnaie ^ = 6 vi sono infiniti raggi luminosi, quelli doè che uni-
scono il centro O con i detti punti del cercliio di tangenza. 1 détti
raggi sono sul manto di un cono, il cono radiale. I piani di polarizza-
zione di questi raggi concorrono tutti nell'asse ottico OA^, come è rap-
presentato schematicamente nella fig. 480. In modo analogo l'asse ra-
Proprietà ottiche
239
diale OBi, fig. 481, come unico raggio luminoso, ha infiniti piani,
d'onda, il cui ^nto di tangenza è Bj, e quindi infinite nomiali, che
formano il manto di un cono, il cono normale; per tutti questi piani
Fig. 480.
Fig. 481.
d'onda vi è ima sola velocità radiale s^ ed infinite velocità nonnaU.
Il piede delle normali sui piani d'onda si trova su un cerchio, e i
piani di polarizzazione di queste onde concorrono tutti nell'asse
radiale OBj, fig. 481.
Si può rendere visibile il cono radiale preparando una lamina a
facce parallele, LL, fig. 482, perpendicolare a un asse ottico, e fa-
cendo cadere su di essa normalmente un sottile fascio di raggi lumi-
nosi /. Ciò posto il piano d'onda dei raggi rifratti nella lamina è
' C
S
-
I
unico ed è parallelo alla lamina stessa, come quello emergente da
essa. Al detto piano d'onda corrispondono infiniti fasci di raggi di-
vergenti R nella lamina a partire dal piede P, formanti un cono lumi-
noso, dovuto alla r il razione conica interna. La fig. 482 fa vedere la
scomposizione del fascio luminoso incidente / in un cono luminoso
240 CapUolo oliavo
interno RR, e un cilindro luminoso ca\-o emergente dalla lamina CC,
che si proietta su uno schenno a guisa di anello A circolare luminoso,
it cui spessore è quello del fascio incidente, e il cui raggio dipende
dallo spessore della lamina.
Analogamente si può rendere \'isibile il cotto normale. Con una
lente il, fig. 483, si fa convergere nel fuoco di essa e su ima lamina
a facce parallele, tagliata normalmente all'asse ottico, im fascio di
raggi paralleli incidenti /. Con un diaframma-iride DD si limita e
si sposta il fascio convergente finché con la rifrazione nella lamina
un unico raggio, che perciò dovrà avere la dìre-
Fig. AH-
zione dell'asse radiale lì. Dalla lamina emergerà un cono di raggi E,
rifrazione cornea esterna, la cui ampiezza non dipende dalla grossezza
della lamina. Se questo fenomeno non fosse dovuto alla rifrazione
conica esterna, il cono esterno E. potrebbe essere portato nell'in-
terno con l'apice nel fuoco della lente; e ciò a^-viene infatti nella
rifrazione ordinaria. Ma la separazione dei due apici />, e p^. l'uno
dovuto al fascio conico incidente, l'altro dovuto al fascio conico
emergente, non è possibile che nella rifrazione conica estema.
56. I.'EUSSOIDE INDICATORE IN RAPPORTO CON LA SmMKTBlA
DEI CRISTALLI. — L'elissoide indicatore per ogni luce omogenea, ossia
per ogni lunghezza d'onda >. è in generale a tre assi, ed ha perdo
tre assi e tre piani dì simmetria ad essi rispettivamente perpendicolari.
In particolare nei cristalli monometrici l'elissoide indicatore è una
sfera, sfera essendo la superfice d'onda; nei cristalU dim.etrici, tri-
gonali ed esagonali l'elissoide indicatore è un elissoide di rivoluzione.
Nei primi tutte le direzioni sono assi di isotropia ottica; negU altri
cioè dimetrici, trigonah ed esagonali vi è un solo asse di isotropia,
il quale coincide con l'osse ottico o osse principale del cristallo.
Quando l'elissoide indicatore è a tre assi, come nei cristalli dei si-
Proprietà ottiche 241
stemi trimetrico, monoclìno e triclino, la sua posizione è individuata
nei cristalli, allorquando i loro elementi di simmetria lo possono in-
dividuare. Così nei cristalli trimetrici, le tre direzioni fondamentali,
che sono o assi di simmetria o normali a piani di simmetria ed orto-
gonali fra loro, coincidono rispettivamente con le tre direzioni prin-
cipali dell'elissoide indicatore. Nei cristalli monoclini una sola dire-
zione fondamentale funziona o da asse di simmetria o da normale
al piano di simmetria; essa coincide perciò con una delle tre dire-
zioni principali dell'elissoide indicatore, x, y o z. I^e altre due
direzioni principali ottiche non sono individuate da elementi di sim-
metria. Finalmente nei cristalli triclini, mancandovi assi e piani di
simmetria, le tre direzioni principali dell'elissoide indicatore non sono
individuate da direzioni fondamentali nel cristallo.
Riassimiendo cinque sono le posizioni che assi di isotropia o
assi principali ottici haimo per rispetto alle direzioni fondamentali
del cristallo. Esse sono:
1° Nei cristalli del sistema monometri co tutte le direzioni sono
assi di isotropia come negU stati isotropi.
2° Nei distaili dei sistemi dimetrico, trigonale ed esagonale yd
è un solo asse di isotropia coincidente con l'asse piindpale del cri-
stallo.
30 Nei cristalli deUsistema trimetrico le tre direzioni principali
dell'elissoide indicatore o assi di simmetria ottica coincidono con
le tre direzioni fondamentali del cristallo (assi o normali a piani di
simmetria).
40 Nei cristalli del sistema monoclìno una direzione principale
dell'elissoide indicatore x, y, o z coincide con una direzione fonda-
mentale del cristallo (asse o normale a piano di simmetria). Le altre
due direzioni principali sono ad essa perpendicolari non vincolate.
50 Nei cristalli del sistctna triclino le tre direzioni principadi
dell'elissoide indicatore sono non vincolate da direzioni fondamentali
del cristallo.'
*
57. Dispersione. — Le colanti ottiche nei cristalli, cioè velo-
cità principali a < h < e o rifrazioni prindpaH a > ^ > y sono
dipendenti dal colore della luce, vale a dire dalla lunghezza d'onda
(>. nel vuoto). Questa dipendenza fra costanti e lunghezza d'onda,
insieme con i fenomeni da essa derivanti si chiama in generale disper-
sione. Nei sistemi monometrico, dimetrico, trigonale, ed esagonale
la dispersione si limita agU indici di rifrazione; nei cristalli del si-
stema trimetrico, monoclino e triclino la dispersione non è ristretta
agli indici di rifrazione ma si estende di più all'orientazione degU assi
ottici od anche degli assi principali dell'elissoide indicatore (56).
■
16 — e. Viola.
242
Capitolo ottavo
Come esempi di dispersione iii cristalli trimetrici siano qui rife-
riti gli indici di rifrazione per l'aragonite (Ca C O3) e per il solfo.
Aragonite di Billin.
X
■
in
a
P
y
-
Osservatore
[i[X
+
671
1.5284
1.6776
1.6821
190.42^
A. Offret
5S9
1-5307
1.6820
1.6866
19.47
id.
538
15327
1.6859
1.6906
19.52
id.
480
1-5357
1.6918
1 .6966
19.54
id.
•
Solfo- a.
X
2V
in
a
?>
T
Osservatore
[i|X
687
1.93651
2.02098
2.22145
650.58'.40"
A. Schrauf
589
1.95047
2.03832
2.24052
67.47
id.
527
1.96425
2.05443
2.25875
67.12 id.
397
2.01704
2.11721
2.32967
68.57
id.
Da questi due esempi si rileva che le variazioni di a, p, y per
i colori dal rosso al verde e rispettivamente al ^^oletto sono tali,
che l'angolo degli assi ottici 2V rimane quasi costante. Ma in altri
cristalli l'angolo degli assi ottici varia sensibilmente dal rosso al
violetto. Così nel sale di Seignette l'angolo degli assi ottici per il
rosso è di 76°, per il violetto di 56° ; e così pure nell'acetato di piombo.
Nel nitrato potassico l'angolo degli assi ottici per il rosso è minore
che per il violetto; il contrario è nella cerussite {Pb C O,) e nella ti-
tanite. Nella Brookite (Ti Oj) l'angolo degli assi ottici varia moltis-
simo col colore della luce, infatti l'angolo 2 E (2V misurato nell'aria)
ha i seguenti valori:
luce lÀ, X = 670,82 {jL(i , 2 E = 580 nel piano (001)
» Na, 589 » 38O-10' » (001)
» TI, 535 » 21.40 1 (010)
Si deduce da ([uesti dati che per X = 550 |i|i circa la Brookite è uni-
assica.
Proprietà ottiche
243
La dispersione nei cristalli del sistema triynetrico è tri simmetrica,
poiché essa si effettua in tre piani di simmettia o tre assi di sim-
metria ad essi aspetti vamen te perpendicolari. E poiché essa corri-
.sponde alla vaiiazione degli assi ottici in più o minor grado, si chiama
dispersione degli assi ottici, fig. 484, 485.
Nei distaili del sistema monoclino oltre la variazione negli indici
Fig. 484.
-di rifrazione a, ^, y e eventualmente nell'angolo degli assi ottici,
interviene ancora la dispersione di due direzioni principali ottiche
giacenti in un piano fondamentale del cristallo (di simmetria o
perpendicolare ad asse di simmetria). I^a dispersione nel sistema
monoclino si chiama perciò monosimmetrica, effettuandosi essa in
Fig. 486.
Fig. 487.
Fig. 4S8.
un unico piano di simmetria comune a tutte le onde dell'energia
raggiante.
La dispersione monosimmetrica acquista nondimeno due div'ersì
« singolari aspetti secondo che il piano di simmetiia è il piano degli
244 Capitolo ottavo
assi ottici o no. Se il piano di simmetria è il piano degli assi ottici,
la dispersione è inclinata, rappresentata in proiezione stereografica
nella fig. 486. Ivi le bisettrici acuta e ottusa z e x sono disperse pei
singoli colori dello spettro; y è comune come nel gesso. Se il piano
degli assi ottici è perpendicolare al piano di simmetria, la disper-
sione è orizzontale o girata. Essa è orizzontale, fig. 487, come nella
adulai ia, quando la bisettrice comune a tutti i colori è l'ottusa, ed
è girata come nel borace quando la bisettrice comune a tutti i colori
è V acuta, fig. 488. Le altre due direzioni principali ottiche e il piano
degli assi ottici sono dispersi.
Può naturalmente avvenire che il piano degli assi ottici sia pa-
rallelo al piano di simmetria per una parte dei colori dello spettro,
e sia perpendicolare per im'altra parte dello spettro; la dispersione
è complessa: Così p. es. il sanidino (K Al Si, Og) ha la dispersione
inclinata per luce \'ioletta, orizzontale per luce rossa. Il gesso e la
glauberite hanno condizioni di dispersione ottica contrarie a quelle
del sanidino.
Fig. 489.
Nei cristalli del sistema triclìno la dispersione è asimmetrica poiché
sono disperse tutte e tre le direzioni principali ottiche per i vari co-
lori dello spettro, come nella fig. 489; Xp, y^, z^ sono le direzioni
principaU per il rosso, Xy, \y, r„ per il violetto. Assi ottici e piano
degli assi ottici sono pure dispersi.
58. RIFI.ESSIONE. SUI^I^A SUPERFICE DEI CRISTAI.I.'l. TEORENH DI
Mac Cullagh. — Si considera la riflessione di im raggio incidente /,
fig. 490, in un mezzo isotropo, su una superfice piana riflettente
tct: di un. cristallo. Il raggio riflesso sia R determinato dall'angolo
di riflessione i eguale all'angolo di incidenza e dal piano di riflessione.
Q sia una delle normaU Q^ e Q^ delle onde rifratte nel cristallo, avente
per angolo di rifrazione r {r^ e r^ relativi a g^ e gj)- ^^ '"^ggio incidente
sia polarizzato in un piano che con il piano di incidenza fa l'angolo
Pro/>rieià ottiche
245
azimutale e ; il corrispondente angolo azimutale del raggio riflesso R
sia p; gli azimut delle onde rifratte siano S^ e Sr (S nella fig. 490).
l^e intensità di questi raggi siano
E del raggio incidente
P del raggio riflesso
Aj, Aj delle onde rifratte.
Girando il piano di polarizzazione intomo al raggio, ossia va-
riando l'angolo azimutale g del raggio incidente /, una sola varia-
zione può avere luogo nelle onde rifratte, cioè quella che riguarda la
loro intensità Ai e Aj, fissi essendo i loro angoli azimutali Si e Sg.
I,e intensità Ai e Aj variano da zero a un massimo. Sia gj l'angolo
azimutale del raggio incidente quando Aj = o e Ai = massimo ; e così
sia £( l'angolo azimutale quando Ai = o e A, = massimo.
Ad £i corrisponde l'angolo azimutale pi e a e, l'angolo pt del
raggio riflesso. Gli angoli Sj e ej, così p, e p^ si dicono azimut unirà-
diali secondo Mac Cullagli.
Dalla teoria elettromagnetica della luce si ottiene facilmente
tag s. = cos (i — r. ) tag 8. ±
sen* r.
sen {i -i- f'f^ ) sen ò^
^ sen= r
tagp^ - —cos (i -f r^ ) tag ò, ± ^^^^ ^^ _
// = I, 2 ;
Dalla quale relazione risulta
— :, - tag T,
\ ) sen ò\
tagT,
47)
sen {/ -f r^ ) tag £^ —sen (« — r^ ) tag p^
sen 2 / tag S. : A = 1,2; 48)
246 Capitolo ottavo
(juivi Ti e T2 esprimono le inclinazioni fra raggio e nonnaie cxjrri-
spondenti.
Dati gli azimnt uniradiali £^ e.p^ (e, e, p, pj) si liesce facilmente
a calcolare l'azimut p per un qualsiasi azimut s del raggio incidente-
dato.
La teoria sulla luce dà appunto il segiiente risultato :
B tag £ -i- D
^-^gP^- ^tage + C ^^>
ove A , B, C, D sono costanti e dipendenti da i, r^, fj» Ci, Sj, pi, pj.
Il teorema che da queste relazioni risulta, cosi si esprime: Se
l'onda incidente è polarizzata in un azimut unir adiale, le normali ai
rispettivi piani di polarizzazione del raggio incidente, riflesso e rifraito-
sono in un piano; l'intensità del raggio rifratto è la risultante delle in-
tensità dei raggi incidente e riflesso^ ammesso nullo V assorbimento dei
due mezzi isotropo e anisotropo. Se l'angolo di incidenza i è piccolis-
simo, ossia l'incidenza è quasi ortogonale, vi ha tuttavia deviazione del
piano di polarizzazione.
Se l'azimut e è o^ ovvero 90^ e il piano d'incidenza cade in uno dei
piani di polarizzazione delle onde ri /ratte nel cristallo, anche l'azimut p
del raggio riflesso è zero, sicché è sempre possibile determinare i piani
di polarizzazione delle onde ri fratte per mezzo della riflessione.
d) Determinazione di costanti ottiche in luce trasmessa parallela.
59. Indici di rifrazione. — I^a determinazione degli indici di
rifrazione così nei corpi isotropi come nei cristalli può essere fatta
con vari metodi. Siano n^ ed Wj gli indici di rifrazione di due mezzi
isotropi I e II in contatto, fig. 491, e sia i l'angolo di incidenza nel
I mezzo e r l'angolo di rifrazione nel II si ha la relazione di De-
scartes (,40)
sen i qy «.,
sen r q^ «,
30)
essendo qi la \elocità della luce nel I mezzo e q^ nel II. Il limite del-
l'angolo i é ì = 90° ; quello di r è F dato da
sen r = " essendo w, < n^. 50)
7 si chiama limite della riflessione totale, poiché per angoli r maggiori
di r fig. 492, non vi sarà lifrazione dal II mezzo al I mez-so; ossia
luce proveniente dal II mezzo sarà in parte riflessa e in parte rifratta
Proprietà ottiche
247
per r < Yy mentre sarà totalmente riflessa per tutti gli angoli di in-
cidenza maggiori di r , fig. 492. Avendo l'angolo limite r fra due mezzi,
si calcolerà con l'ultima relazione l'uno o l'altro indice di rifrazione,
lino di essi essendo noto.
Fig. 491.
Fig. 492.
Per la determinazione dell'angolo limite r , \'i possono essere
due diversi modi di osservazione. In primo luogo si iarà incidere nel
mezzo meno denso (aria o vuoto) luce diffusa o convergente prove-
niente dal mezzo più denso, come mostra la fig. 493, ove a sinistra
sono rappresentati raggi incidenti /, /..., a destra due campi di raggi
riflessi totalmente fuori del limite y = f , e parzialmente nel campo
in temo dar = oar = ye quindi meno intensi. Il secondo metodo
Fig. 493.
di osservazione consiste nell'impiegare illuminazione tangenziale.
Facendo incidere raggi tangenziali convergenti /, 7..., fig. 494, dal
mezzo meno denso I al mezzo più denso II, come nella fig. 494; è
evidente che in tal caso il limite della riflessione totale spiccherà
nettamente fra un campo illuminato per y da o a ?, e un campo total-
mente oscuro per r da r a 90°.
Questo che si è detto per i corpi isotropi e per i cristalU mono-
248 Capitolo ottavo
metrici ha luogo per qualsiasi mezzo anisotropo in contatto con uu
mezzo isotropo. Immaginiamo di avere a nostra disposizione un
mezzo isotropo più denso e più rifrangente del cristallo in esame, a
cui sia assegnata la figura di una mezza sfera, affinchè i raggi pro-
venienti dal suo centro proseguano all'esterno senza subire rifrazione.
Sulla faccia piana e levigata di questa mezza sfera sia adagiato con
la sua faccia piana e perfettamente liscia un cristallo; il contatto
perfetto fra sfera e cristallo è ottenibile con un Uquido denso (ioduro
di metilene). La luce proveniente dal mezzo isotropo (sfera), fig. 405,
e incidente sulla superfice del cristallo subirà la riflessione totale.
r
Flg. 495.
Il limite ne potrà essere riconosciuto con un cannocchiale accomodato
per l'infinito; intatti si osserverà nel campo del cannocchiale una
parte molto illuminata intema, e una parte meno illuminata estema
divise nettamente da una linea-limite, se si adotta l'illuminazione
diffusa; si osserverà all'incontro una parte chiara mtema e una parte
affatto oscura estema divise nettamente, se si adotta illuminazione
tangenziale. Queste osserv'azioni possono essere fatte per tutti gU
azimut da o® a 360°, poiché la semisfera può girare a piacere hitomo
all'asse NAT portando con sé il cristallo. Determinati dunque i limiti
della riflessione totale per tutti gU azimut da o® a 3.60°, e tracciati
questi limiti sopra un fogUo di carta a partire da un centro, si ot-
terrà una cur\'a, luogo di tutti quei limiti: è la curva limite della
riflessione totale, costituita in generale di dite falde, avente due
massimi e due minimi nel mezzo giro (da 0° a i8o<>). Nei luoglii
ove il piano d'onda per la riflessione totale determina gli indici di
rifrazione a (massimo) e y (minimo), la curva limite avrà ivi certa-
mente un massimo e un minimo. Gli azimut fissano queste direzioni
^ e r, fig. 496.
Proprietà ottiche
249
Posto i limiti della riflessione totale in queste due direzioni A e
r, cioè ^a e fy. ^ l'indice di rifrazione della sfera di vetro, si hanno
gli indici principali di lif razione a e y:
OL == N sen r^
y = N sen r^.
ì
51)
Nella curva-limite vi è ancora un massimo e un minimo, die
sono individuati nella fig. 496 nelle direzioni B e A, senza precisare
quale di essi sia massimo e quale minimo. È certo che in B o in A
cade l'indice medio di rifrazione p; sia questo nella direzione B. Per
distinguere B da A, si introduce un nuovo dato di osservazione.
Fig. 496
Mentre nella direzione B il piano di polarizzazione nel cristallo ha
una posizione fissa stabiUta dal piano principale ottico del cristallo;
nella direzione A il raggio tangenziale ha per piano di polarizzazione
il pÌ£Uio riflettente, poiché il raggio e la nonnale corrispondente si
trovano nel piano di incidenza, fig. 477, pag. 235. L'osservazione deve
essere condotta nel modo seguente. Davanti al cristallo è collocato il
Nicol polarizzatore P, fig. 497, avente il piano di polarizzazione pa-
rallelo al piano riflettente da dove entrano i raggi incidenti / tan-
genziali. I raggi emergenti devono attraversare il Nicol analizzatore A ,
avente il piano di polarizzazione nel piano incidente. Posto ciò, nella
direzione A, sia massimo o minimo, i raggi saranno totalmente estinti;
ciò non potrà mai avere luogo se l'osservazione vien fatta nella dire-
zione B ove cade l'indice medio p, tsanne U caso speciale onde il piano
riflettente sia il piano degli assi ottici. Esaurita la distinzione fra B
e A, e detto r^ l'angolo limite della riflessione totale nella direzione B,
si ha come precedentemente l'indice di rifrazione ^ :
^ = A' sen i^ 52)
250
Capitolo ottavo
L'angolo degli assi ottici 2 V è dato dalle forinole 40 bis e 42 hi$^
pag. 233.
Con questi dati si può costruire l'elissoide indicatore per la
luce impiegata nelle osservazioni; si può altresì conoscere la posi-
\
zione dell'elissoide per rispetto al piano riflettente e «ill'orientazione
di qualche spigolo in esso giacente. Per questa determinazione si
procede nel modo seguente:
Fig. 49«-
Date le direzioni A, B, A, F in proiezione stereografica, fig. 49S;
essendo .V la normale alla faccia del cristallo in esame, x, y, 2 le
Proprietà otlUhe 251
direzioni principali dcU'elissoide indicatore, e (f,, cp^, <p3 i rispettivi
angoli che le determinano, avremo le relazioni seguenti :
cos {BT)
tag* ©1 = — cos [AB) . cos (rA)
cos (FA)
\ tag 9» — iDr\ ^rxa ( 4 n\ 53)
e di più
cos (BF) . cos (AB)
^ cos (AB)
tag <f3 = cos {lA) . cos (BI)
sen 81 = cos (fa cotg 93
sen 82 = cos cp3 cotg (fj «^\
sen §8 = cos 93 cotg <pi
La costruzione della fig. 498 è con ciò completa. Sul cercliio mas-
simo BxzB \i sono i poli degli assi ottici A^e A^. Un controllo può
essere eseguito nella seguente maniera. Si conducono da A i cerchi
massimi A ^1 e A -^2 che racchiudono l'angolo 2 co; e si verificherà
quindi se quest'angolo è di\iso per metà dal piano di incidenza A N*.
È da osserv^arsi che la direzione A è anche press'a poco una delle
direzioni principaU (direzioni di estinzione (60)) per raggi paralleli
ad N', e ciò nel caso che la lamina è tagliata parallelamente al piano
degli assi ottici, caso in cui A e B non siano altrimenti distinguibili.
Un secondo metodo molto esatto per la determinazione degli
indici di rifrazione dei corpi isotropi od anisotropi si basa sulla mi-
nima deviazione per mezzo di un prisma.
Il metodo della riflessione totale ha l'inconveniente che non è
appUcabile a cristalli, il cui indice di rifrazione è maggiore di quello
del Hquido disponibile, il quale deve provvedere al contatto perfetto
fra cristallo e sfera isotropa. Il metodo della minima de\T.azione al-
l'incontro non è subordinato ad alcuna restrizione, ed è perciò ge-
nerale; esso dà risultati sicuri e di grande precisione. Il prisma da
levarsi dal distailo in esame deva essere a facce piane e perfetta-
mente levigate.
Nel prisma si distingue l'angolo deviatore A, la bisettrice MM,
fig. 499, e la base perpendicolare allo spigolo. Generalmente la mi-
nima deviazione D fra luce incidente e luce emergente / ed £, nei
corpi isotropi si ottiene disponendo che il piano incidente e il piano
emergente siano perpendicolari allo spigolo, ed è noto che essa è
raggiunta quando il raggio rifratto Q è perpendicolare alla bisettrice
252
Capitolo ottavo
MM, per mcxlo che 1 angolo di inddeiiza i è eguale all'angolo emer-
gente i, Si ha facihnente per Q giacente nella base, fig. 499:
,1
- (A
2
r = - A,
2
D)
55)
iJI
Fig. 499.
sicché l'indice di rifrazione n fra il prisma e il mezzo estemo è dato da
n
sen— (A + D)
sen — A
2
56)
Si fa uso di questa disposizione per determinare gU indici di
ritrazione principali nei cristalU, ma è indispensabile che il prisma
sia levato dal cristallo in guisa che il raggio Q cada in una delle dire-
zioni principaH ottiche del cristallo (per luce monocromatica data) ,
ovvero che la base del prisma sia una delle sezioni principali del cri-
stallo; in quest'ultimo caso la deviazione minima è limitata ai raggi
ordinari (51). Per ottenere i tre indici principaU di rifrazione occor-
rono almeno 2 prismi del cristallo bene orientati.
Ma si può prescindere da una orientazione perfetta dei prismi,
adottando il metodo generale della deviazione minima. Si dimostra
facilmente che la minima deviazione è raggiungibile tanto nel piano
perpendicolare allo spigolo del prisma, clie è la sua base, quanto in
un piano contenente la bisettrice MM, e tacente col primo un angolo
azimutale o, fig,' 500 ; ma ciò solamente se la direzione Q perpendi-
colare ad M del raggio rifratto interno nel cristallo abbia 4 posizioni
Proprietà ottiche
253
determinate come nella riflessione totale, A, B, A, F. Con una pra-
tica, che qui si tralascia di indicare, si va allora in cerca dell'azimut o,
che condente la minima de\iazione. Seguendo questo metodo si
determina non solo gli indici di rifrazione principali, ma ancora
l'orientazione dell'elissoide indicatore stesso.
// metodo di Chaulnes usato nei corpi isotropi dà risultati ap-
prossimati\i e talvolta sufficenti nei cristalli. 'Espo consiste nel misu-
rare l'alzata dell'obbiettivo del microscopio' per vedere con precisione
un oggetto quando sopra di esso sia fatta passare una lamina a facce
^
Fìg. 500.
parallele trasparente di una sostanza in esame. Sia O, fig. 501, l'og-
getto veduto distintamente col microscopio in cui vengono raccolti i
raggi / uscenti da O. Intercalata la lamina di grossezza D, per vedere
distintamente il medesimo oggetto, bisognerà alzare l'obbiettivo di
, d = 00\ poiché i raggi incidenti / cambiano di direzione nei raggi
emergenti E, come provenienti da 0\ Ora si ha la proporzione
O'N :0N = Ugr-.tsLgi.
Per piccolissimi angoli f ed i si scriverà
D — d: D ■-- sen r : sen i
ossia
D
'' -' -D--d ''^
254
Capitolo ottavo
Se la lamina è di un cristallo, si adotterà luce incidente pola-
rizzata, in guisa che il piano di polarizzazione coincida con l'uno o
con l'altro dei due piani di polarizzazione della direzione ON, otte-
nendo per tal modo i due indici di rifrazione delle onde parallele
alla lamina.
Un metodo elegante per la misura dell'indice di rifrazione di
una sostanza (isotropa^ o anisotropa) pratico e sufficentemente ap-
prossimato è quello conosciuto col titolo dei galleggianti usato per
varie quantità fisiche, come il peso specifico, la costante dielettrica,
la permeabilità magnetica, l'indice di ritrazione ecc. Per ciò clie ri-
guarda l'indice di rifrazione si trae partito dal fatto che di due corpi
trasparenti in contatto o l'uno immerso nell'altro, la luce è total-
mente riflessa in quello, che ha indice di rifrazione maggiore; il
contorno di essi sparisce se l'indice di entrambi è lo stesso. Quindi
Fig. 501.
disponendo di liquidi di diversa riErangenza, e posto il cristallo in
esame in contatto con essi, l'osservazione indicherà quale è il liquido
di minore rifrangenza e quale è quello di rifrangenza maggiore; e
così per tentativi si riuscirà a restringere i limiti entro i quaU l'indice,
o gU indici del cristallo in esame saranno contenuti. Sarà in ogni
singolo caso necessario far uso di luce polarizzata e disporre che il
piano di polarizzazione coincida con quello del cristallo in relazione
con le onde liuninose che si considerano. Il metodo dei galleggianti è
stato fruttifero sopratutto in quei casi, ove è impossibile far prepa-
rati esatti dei cristalli, o questi si tro\'ino in minuti frammenti. Esso
è stato fruttifero nello studio delle rocde, che come si sa sono aggre-
gati di minerali. In questi aggregati i singoU minerali si trovano in
intimo contatto, dove si può produrre la riflessione totale della luce
incidente se due di essi hamio indice di ritrazione diverso, ^ano i
due cristalli di indici «, < Wj» ^g- 5^2, (i, 2, 3) in contatto nella su-
per fice ab. Luce leggermente obliqua su ab sarà totalmente riflessa,
e in coUvSeguenza una striscia illuminata segnerà il contorno ab. Se
l'oculare O si trova in posizione tale che il punto di mezzo e, fig. 502,
Proprietà ottiche
255
2, sia distinto, la striscia luminosa ca4i'à parte di qua parte di là del
contomo ab. Abbassando l'obbiettivo verrà ^^isibile nettamente il
punto inferiore b, fig. 502, 7, e la striscia lucente si porterà dalla
parte del cristallo meno rifrangente; se all'incontro verrà alzato
l'obbiettivo in modo che il punto a sia nettamente visibile, fig. 502, j.
/
y
la striscia illuminata cadrà dalla parte del cristallo più rifrangente.
Con questo metodo la diagnosi di un minerale delle rocce sarà relativa-
mente facile, poiché esso può trovarsi in contatto con vari cristalU co-
nosciuti e in varie posizioni. Si sa p. es. che la diagnosi dei feldispati
triclini e monoclini è grandemente facilitata col metodo dei galleg-
gianti, poiché i feldispati si trovano spesso in contatto fra di loro,
col quarzo o con feldispati noti.
. 60. Interferenza i^uminosa. — È data una lamina cristalUna
a facce parallele, attraversata perpendicolarmente da luce omogenea
polarizzata, proveniente da un Nicol polarizzatore, il cui vettore
luminoso (41), pag. 215, ha la direzione P, fig. 503. I^a luce emergente
fix
",
/
/
/
"/A
/
/
/
^LdC
K Hi
Fig. 503.
256 Capitolo ottavo
dalla lamina attraversa il Nicol analizzatore, il cui vettore luminoso
ha la direzione A. Siano //, e Hj le direzioni dei vettori limiinosi,
ortogonali fra loro di onde parallele alla lamina.
Posto che le due onde con velocità diverse q^ e q^ secondo che
i loro vettori siano H^ e H^, hanno eguale origine, provengono dallo
stesso polarizzatore, esse pos^ggono le condizioni necessarie e suf-
ficienti per interferire. Con la interferenza delle due onde, la intensità I^
della luce incidente non rimarrà la stessa nell'analizzatore ; essa sarà
divenuta / diversa di /q, che facilmente si calcola, ed ha l'espressione
/ = /o I cos" (a — P) — sen 2 a sen 2 p. sen* tc ^ («2 — wj | ,
5«)
ammesso nullo ogni assorbimento attraverso la lamina. Quivi rap-
presentano : d lo spessore della lamina, \ la lunghezza d'onda della luce
omogenea (misurata nel vuoto), n^ e n^ gli indici di rifrazione della
luce attraversante la lamina normalmente, polarizzata rispettiva-
mente secondo //, ed avente la velocità q^, o secondo Hi ed avente
la velocità q^.
Consideriamo i seguenti due casi :
1° a — ^ = 90", ossia Nicol incrociati
/^ = — Iq sen^ 2 ^ sen*
2*^ a — Ji = oo, ossia Nicol paralleli.
d
TCy («2--«i)
59)
//--/oji
sen- 2 a sen-
- Y (♦»« — «1)
60)
L'argomento
d 27: i d d \ .
si dùama il ritardo delle due onde per lo spessore d della lamina.
Questo ritardo è funzione di d, della durata d'oscillazione T e delle
velocità ^1, ^2-
A Nicol incrociati, nel giro completo da 0° a 360° della lamina
nel suo piano, essa passa per quattro posizioni ove l'intensità luminosa
/ è nulla, ossia ove avviene estinzione completa della luce; le quattro
posizioni sono per a = 0, —, 71, — "- ossia quando Hi o H^ coincidono
con A o P, e si dicono direzioni di estinzione. Le direzioni di estin-
zione di una lamina sono perpendicolari ai piani di polarizzazione
di onde parallele alla lamina stessa.
Per a = 45°, 135*^, 225° o 315°, ossia quando H^ e Hj dimezzano
Proprietà ottiche 257
rangole di 90» fra i due Nicol, l'intensità I ^ della luce è massima.
Questa posizione di 45° è spesse volte preferita in diverse analisi
ottiche (61) (62).
Si è convenuto di chiamare positiva quella direzione di estin-
zione alla quale corrisponde Tonda avente come indice di rifrazione
massimo n,: la direzione ad essa perpendicolare è allora negativa,
essendo dunque »,<«,.
Fatta astrazione dall'angolo a, l'intensità I ^ della luce nell'ana-
lizzatore dipende dal ritardo
d
A = TT -r- (n^ — «1) 61 bis)
Bssa si annulla/ fra Nicol incrociati, per ritardi multipli di 71, ossia
per
d
— (n, — «1) = h (h = numero intero).
A
Da qui risulta un criterio semplicissimo per distinguere i corpi
isotropi dai corpi anisotropi.
Una lamina isotropa fra Nicol incrociati (ortoscopio) (47) estingue
sempre la luce in qualsivoglia posizione. Una lamina anisotropa
(cristallo non monometrico) la estingue in generale solo in 4 posi-
zioni (a distanza di 90°) nel giro completo. Fanno eccezione natural-
mente lamine tagliate perpendicolarmente all'asse di isotropia.
Avviene ancora che ima lamina anisotropa fra Nicol incrociati
estingue la luce in tutte le posizioni come una lamina isotropa, ma
solamente per luce omogenea ove sia soddisfatta la condizione
d
-T- (Wj — «1) = h (h intero).
A
Si riconoscerà in questo caso la presenza di una lamina anisotropa
impiegando altra luce omogenea o luce bianca, ovvero inclinando
di qualche poco la lamina stessa, poiché in quest'ultimo caso cambia
il valore dì d.
A Nicol paralleli. L'intensità /// nell'analizzatore è data da
/yy == /p { I — sen- 2 a. sen^
Iti y («2 — «1) il = /o — ^4- 62)
vale dire l'intensità /// è complementare di 74. nell'intensità /q. Nel
giro completo, da oo a 360°, della lamina nel suo piano, essa passa per
quattro posizioni, ove l'intensità limiinosa /// è massima ; le quattro
posizioni sono per a == o, — , ti e — ossia quando Hj e H^ coincidono
17 — e. Viola.
2sS
Capi/o/o ottavo
con A o P, he direzioni di massima intensità di una lamina sono per-
pendicolari ai piani di polarizzazione di onde parallele alla lamina
stessa.
Per a = 45**, 135°, 225», 315°, ossia quando Hj e H, dimezzano
l'angolo di 90» fra un Nicol e la sua normale, l'intensità /// della luce
è minima. Questa posizione di 45^^ non è sempre preferita nell'analisi
ottica dei cristalli.
Il fattore importante che oltre a (^ e X porta alla estinzione o
alla massima intensità della luce omogenea è la differenza «, — n„
che si chiama birifrangenzA della lamina. La massima birifrangenza
si ritrova in lamine parallele al piano degli assi ottici : essa è a — Y (5 1 ) •
Impiegando luce bianca in luogo di luce omogenea, per avere
la intensità della luce composta nell'analizzatore sarà necessario cal-
colare le intensità parziali di tutte le luci omogenee di cui si compone
la luce bianca ossia da X = 0.0004 a X = 0.0008 circa, e di trame la
risultante ossia la somma algebrica. Dalla risultante di tutte queste
intensità si avrà il colore che deve presentare la luce bianca nell'ana-
lizzatore; esso è precisamente il colore di polari zzazi otte o colore di
interferenza, funzione della grossezza e della birifrangenza media
Wj — «1 (birifrangenza per il giallo). Paragonando questo valore con
il colore di Newton, prodotto da un sottile strato di aria (o di vuoto),
essendo la luce bianca perpendicolare allo strato, si ottiene la seguente
regola :
// colore di polarizzazione di una lamina cristallina anisotropa di
spessore d, fig. 504, inserita fra Nicol incrociati, coincide quasi esat-
i
fh
%
n
1
Fi«. 504.
Fig. 505-
i
tamente con il colore di interferenza di uno strato d'aria (o vuoto), per
luce bianca incidente perpendicolare, il cui spessore è /, fig. 505, dato da
2I — d («I — ni)
63)
Si chiama 2/ il passo ottico; «2 — *h ^ ^^ birifrangenza media
o della luce gialla. Nella tabella seguente sono dati i colori di inter-
ferenza per i diversi passi ottici tanto fra Nicol incrociati quanto
fra Nicol paralleli. / colori si alzano quando aumenta il passo. Se la
luce composta impiegata è a spettro continuo, la luce uscente dal-
Proprietà ottiche
259
Tabella dei colori di polarizzazione.
2ÌzZd(H^ — n{^
.
in
Nicol incrociati
Nicol paralleli
1 |i|& ss xo-^mm.
1
1
I ordine
1
nero
bianco
40
grigio-ferro
bianco
97
grigio-lavanda
giallognolo
.158
grigio-celeste
bruno-chiaro
218
grigio
bruno-giallo
^34
verdognolo
bruno ,
259
quasi bianco
roseo
267
giallognolo
rosso-carminio
275
giallo-paglia chiaro
bruno-rosso-cupo
281
giallo-paglia
viola scuro
30G
giallo chiaro
indaco
, 332
giallo vivo
azzurro
430
giallo-bruno
azzurro-grigio
; 505
aranciato-rosso
celeste-verdognolo
; .53t>
rosso-caldo
verde chiaro
551
rosso-cupo
verde-giallognolo
II ordine
565
rosso-porpora
verde-chiaro
575
\'ioletto
giallo-verde
589
indaco
giallo-aureo
Ò64
celeste
aranciato
728
celeste- verdognolo
arandato-bruno
747
verde
carminio-chiaro
826
verde-chiaro
rosso-porpora
843
verde-giallo
violetto-porpora
866
giallo-verde
\'ioletto X
! 910
giallo puro
indaco
948
aranciato
azzurro-scuro
998
aranciato-rosso
azzurro-verde
1 101
1
violetto-iosso cupo
III ordine
verde
I128 .
celeste violaceo-chiaro
verde-giallo
1151
indaco
giallo sporco
1258
azzurro-verdognolo
carnicino
1338
verde-mare
rosso bruno
ecc.
ecc.
26o Capitolo ottavo
l'analizzatore non potrà dare spettro continuo a Xicol incrociati,
poiché tutti i raggi saranno estinti, per i quali è soddisfatta la con-
dizione
d («j — f*,)
^ ^ _ A = I, 2, 3, 4... 64)
Con i pochi mezzi fin qui esposti e facendo uso di luce parallela,
si è in grado di distinguere le sostanze se sono isotrope (monometriclie
o amorfe), se sono anisotrope e spesso ancora in quali sistemi cri-
stallizzano. Se risulta che la sostanza in esame è cristallizzata. Tana-
lisi nell'ortoscopio dirà se il cristallo è del sistema manometrico od
è birifrangente. In quest'ultimo caso basterà che una sola sezione, e
non più di una, del cristallo sia isotropa per concludere che il cristallo
è del dimetrico, tiigonale od esagonale. Il contomo di questa sezione
basterà nel più dei casi per distinguere il sistema dimetiico dai si-
stemi trigonale ed esagonale. Se tutte le sezioni sono birifrangenti,
la sostanza in esame è del trimetrico, monoclino o trìclino. Anche le
sezioni perpendicolari a uno degli assi ottici dimostrano una leggera
birifrangenza esplorata con mezzi sensibili (62). L'angolo di estin-
zione sarà in moltissimi casi sufficente per distinguere questi tre sistemi .
Se infatti l'estinzione è parallela alle direzioni fondamentali del
cristallo, estinzione fetta, il cristallo è del trimetrico; se l'estinzione è
retta per rispetto a un solo piano fondamentale del cristallo, questo
è del monoclino. Se l'estinzione è obliqua sempre, per tutte le sezioni,
il cristallo è del triclino.
61. Comparatore o compensatore. — Dato il colore di pola-
rizzazione di una lamina e dato il suo spessore, il confronto con la
tabella di Newton ci darà il passo ottico, e quindi la birifrangenza
per il giallo. IvO spessore (iella lamina può essere misurato col micro-
metro, od indirettamente da un altro minerale in contatto e cono-
sciuto. Il colore di polarizzazione può essere rilevato molto facil-
mente col comparatore.
Il comparatore è un apparecchio, nel quale è possibile variare
il passo a piacere e ottenere tutti i colori di Newton. Il comparatore
più semplice consiste di una bietta di quarzo tagliata parallelamente
all'asse. Le direzioni piincipali, o di estinzione sono note nella bietta
di quarzo ; nella direzione dell'asse è il piano di polarizzazione del raggio
ordinario, normalmente ad esso è il vettore, ed è positivo -f H\ (60).
La direzione negativa — H\ è ad esso perpendicolare. Inunaginiamo
che im tale comparatore sia portato su mia lamina in esame e il
tutto sia inserito nell'ortoscopio. Le direzioni principali della lamina
— f/j e -h H, siano incrociate con le direzioni principali — H\ ^
-f H\^ del quarzo, fig. 506. Facendo scorrere il comparatore sulla
Proprietà ottiche
261
lamina, il colore di interferenza si abbassa; avverrà un istante in
cui il colore di interferenza sarà nullo, e avremo allora che il colore
Fig. 506.
di polarizzazione del comparatore sarà identico al colore di polariz-
zazione della lamina, e sarà perciò determinato.
Fig. 507.
Più perfezionato e più sensibile è il compensatore di Babiuet.
Questo consiste di due biette di quarzo, fig. 507, di eguale angolo a.
c:
.^iv-
J
/
Fig. 508.
attaccate insieme, formanti una lamina a facce parallele. Entrambe
le biette sono levate dal quarzo parallelamente all'asse ottico: mentre
202 Capìtolo ottavo
in una di esse l'asse ottico è parallelo allo spigolo, nell'altra è nor-
male, A A e A' A* nella fig. 507. Chiamando con /| ed ^2 ^^ spessoie
delle biette nella peipendicolaie ad esse, e con e e co gli indici di ri-
frazione del raggio straordinario e risp. ordinario, si comprende che il
ritardo ottico per quella peipendicolare considerata è precisamente
{It — h) (e~o>)
Può essere zero per L — /, = o e può assumere qualsiasi valore e
quindi qualsiasi colore di interferenza sia spostando il compensa-
tore, sia facendo scorrere una delle biette sull'altra con una vite
micrometrica.
Soprapposto un siffatto compensatore su una lamina come dianzi,
si otterrà l'aimuUamento completo della luce quando il colore di
interferenza della lamina sarà eguale a quello del compensatore,
che si potrà leggere sulla vite micrometrica.
62. Lamine a facce parai«i<ei«E. — Ogni lamina di cristallo
ha in generale due direzioni principali ortogonaU secondo le quali
avviene l'estinzione fra Nicol incrociati per luce perpendicolare alla
lamina; essa ha inoltre due direzioni, a 45® con le prime, secondo le
quali la luce- ha la massima intensità. Fra Nicol paralleli il fenomeno
è capovolto. Una delle due direzioni di estinzione è positiva che cor-
risponde ad indice di lifrazione maggiore; l'altra è perciò negativa.
Positivo e negativo vsi chiamano i caratteri ottici di una lamina. Una-
lamina che non ha caratteri ottici, e perciò non è birifrangente, è
naturalmente isotropa.
Quando si tratta di birifrangenza piccolissima, l'occhio non è
in grado di riconoscere le variazioni di intensità della luce nell'orto-
scopio nelle varie direzioni di una lamina. In tal caso si fa uso di
lamine-campione, che generalmente sono di gesso o di mica, minerali
facilmente sfaldabili incolori e trasparenti. È cosa facile ottenere
una lamina di gesso o di mica che nell'oitoscopio presenti la tinta
sensibile; questa tinta è tale che per una variazione piccolissima nel
passo ottico (60), la tinta subisce una variazione sensibilissima. A
Nicol incrociati la tinta sensibile è il violetto di II ordine conispon-
dente a ti («j — «1) = 575 [/.(/.. d^e si ottiene se il giallo (luce omogenea
e più intensa dello spettro) ò completamente estinto. Per una pic-
colissima vaiiazione in d (n^ — Wj) p. es. da 575 a 565 o 589 il violetto
si abbassa al rosso poipora o rispettivi: mente si alza all'indaco. Si
adopera una tal lamina sovrapponendola alla lamina in esame nel-
l'oitoscopio, facendo girare quest'ultima e lasciando ferma la prima.
Si ha la regola seguente:
Ogni piccola variazione nella tinta sensibile prodotta da una lamina
Proprietà ottiche 263
in esame indicherà che questa è biri frangente. Bravais ha migliorato
questa analisi ottica con una bilamina che porta il suo nome. Questa
consiste di due lamine di gesso a tinta sensibile eguali, incollate e
accostate insieme in un piano, in guisa che i loro caratteri ottici
siano incrociati. Nell'ortoscopio una bilamina in posizione di 45°
presenta la stessa tinta sensibile nelle due metà; ma una lamina
birifrangente sovrapposta fa variare la tinta sensibile hi una metà
verso il rosso porpora nell'altra verso l'indaco. Le più piccole biri-
frangerne sono determinabili con la bilamina di Bravais, ancora quelle
prodotte dalla compressione di una lastrina di vetro con la forza delle
dita. La bilamina di Calderon consiste di due lamine di calcite in-
collate insieme secondo una faccia di sfaldatura e tagliate secondo
un piano principale, fìg. 308 ò, indi spianate e levigate in guisa da
dare l'aspetto di un geminato.
Se una bilamina è introdotta hi un ortoscopio in guisa che le
sue direzioni principali dimezzino l'angolo fra le direzioni di pola-
rizzazione dei Nicol, essa dimostrerà dovunque la tinta di eguale
intensità. Se vi si sovrappone ima lamina birifrangente, la tinta
sensìbile delle due metà della bilamina muterà in rosso poq)ora e
rispettivamente in indaco. Ma se le direzioni principali della lamina
coincideranno con quelle dei Nicol, la tinta sensibile rimarrà immu-
tata. Se i Nicol non fossero perfettamente incrociati, la bilamina
potrà correggerne la posizione reciproca. Con la bilamina di Bravais
si possono determinare coìi precisione le direzioni di estinzione.
63. Determinazione dei caratteri orna di una i,amina. —
Per questa determinazione si fa uso di mia lamina-campione o di
una bilamina di Bravais. Se si tratta di una lamina a forte birifran-
genza, la lamina- campione o la bilamina di Bravais devono dare una
tinta molto bassa, p. es. il grigio ferro o il grigio lavanda {d (n^ — »,)
— 40 — 97) affinchè con la sovrapposizione di questa sulla lamina
in esame, la variazione del colore di polarizzazione sia piccolo, e si
eviti con ciò il passaggio dal I ordine al II ordine dei colori di Newton.
La lamina- canipione viene sovrapposta sulla lamina m esame fra
Nicol incrociati in guisa che le direzioni principaU o di estinzione
dell'una coincidono con le direzioni di estinzione dell'altra. Se le
direzioni sono incrociate, vale a dire se la direzione positiva della
lamina- campione coinciderà con la direzione negativa della lamina
in esame vi sarà diminuzione del ritardo ottico e quindi abbassa-
mento del colore di polarizzazione, fig. 508 bis. Se all'opposto le due
lamine saramio sovrapposte parallele, vi sarà aumento del ritardo
ottico ed alzamento del colore di ùiterferenza. Questa esplorazione
sarà più sicura, perchè le variazioni di colore .sono più sensibili, con una
204
Cannolo ottavo
bilamina di Brdvais. Naturalmeute questa prova con la lamina-cam-
pione o con la bilamina dovrà farsi possibilmente in posizione di 45*^
con i Nicol, posizione di illuminazione massima.
-^h; \
r^i^
-H ^-H.
Fig. 508 bis.
e) Determinazione di costanti ottiche in luce trasmessa cofivergente.
64- Cristai^u uniassici. — Quando l'analisi ottica di un cri-
stallo o di una lamina a facce parallele non dà risultati esaurienti in
luce parallela (omogenea o composta), si ricorre a luce convergente,
che ha per fine di esplorare il cristallo in numerose direzioni, dove
che la luce parallela lo esamina in una sola. L'apparecchio polariz-
zatore può essere modificato semplicemente per l'osservazione in
luce convergente come è rappresentato nella fig. 469.
Sia data una lamina birifrangente Cr, fig. 469, LL, fig. 509,
inserita nel conoscopio (47) ove può girare col piattello pp. La sua
grossezza sia d. Se la normale all'onda Imninosa nella lamina fa l'an-
ca
golo ^ con la noi male alla lamina A A, lo spessore è d' =
fig. 509. Gli indici di rifrazione per onde parallele siano n^ e n^. Es-
sendo X la lunghezza d'onda considerata, l'intensità luminosa /
della luce omogenea nell'analizzatore dipenderà dal ritardo
Essa è nulla, fra Nicol incrociati, per litaidi multipli di r ossia per
d
Xcos<p
(Wj — Wi) = h (h intero)
Proprietà ottiche
265
Adottando luce bianca, il colore di polarizzazione nell'analizzatore
dipenderà dal passo ottico,, ossia da
(n, — n^ ;
cos
9
intendendo per Wj — nj la birifrangenza media dei colori dello spettro
nella direzione d'. Per ogni normale di onde vi sarà un colore di
polarizzazione suo proprio. .Le linee, luoghi di punti di eguale co-
lore, si dicono isocYomaiiche. Le linee comprendenti punti ove il
ritardo della luce omogenea è lo stesso, si dicono linee di eguale ri-
tardo. Le linee comprendenti punti di eguale intensità luminosa si
chiamano isogire. Le isogire principali sono luoghi di intensità nulla.
È evidente che una o più sezioni di un cristallo non sono sufficenti
in generale per decidere se esso sia uniassico o biassico, qualora l'ana-
lisi ottica sia limitata a luce polarizzata parallela omogenea o com-
posta. Disponendo di luce convergente il problema si risolve di un
tratto. Sia dato un cristallo birifrangente uniassico e una sezione di
esso perpendicolare all'asse di isotropia. La lamina data sia LL
Fig. 509.
rappresentata in sezione nella fig. 509, avente lo spessore d. Sia d' una
direzione qualsiasi facente l'angolo ^ con l'asse ottico AA; d' è lo
spessore peipendicolare alle onde luminose di onda X, i cui indici di
rifrazione siano w, e n^. Poiché per lo spessore d' il ritardo ottico è
A =71
cos
(«2 — ^l)
ed è lo stesso per lo stesso valore di (p, ne viene che le Unee di eguale
ritardo sono centri concentrici, il cui centro è il punto, ove esce l'asse
ottico A A, ossia il centro dell'apparecchio polarizzatore.
I cerchi ove è soddisfatta la relazione
(«, — «1) = h, o, 1, 2, 3.
A cos 9
sono oscuri i e in ali a loro volta sono alternati da cerchi di intensità
Capitolo ottavo
I, fig. 510 d. Le isogiie sono i raggi di questi cerchi: le isogire
principali, ove l'intensità è leio, cadono nelle direzioni di polariz-
zazione dei Xicol per Nicol incrociati. Per Nicol paralleli il fenomeno
è invertito; vale a dire le intensità massime cadono nel piano di po-
larizzazione dei Nicol e nel suo nonnaie, sono minime nelle direzioni
di 45°.
Se la lamina del cristallo è obliqua per rispetto all'asse ottico,
il fenomeno si presenterà come è schematicamente rappresentato
Hg. s.Qfl. Fig, sio4.
nella tìg. 310 h, ove le curve di eguale ritardo sono prossim^meute
cerchi concentrici, il cui centro è ancora il punto ove esce l'asse ot-
tico, e le cui isogire principali, ossia di intensità nulla, sono diametri
paralleli alle direzioni principali dei Nicol. Il fenomeno cambia molto
se la hiniina è niolto obliqua verso l'asse ottico; e più ancora se essa
è a ([uest'ultimo parallela. In quest'ultimo caso le cuive di egual
ritaido sono curve iperboliche incrociate, fig. 511. Le isc^re sono
eli.ssiformi intersecanti le prime ad angolo retto se l'asise ottico fa 45°
con i piani principali dei Nicol. Le isogire principali sono diametri
se l'as,se ottico è parallelo a uno dei piani principaU dei Nicol.
Adottando luce bianca, le cur\'e di egual ritaido passano in cur\-e
isocromatiche succedeiitisi nell'ordine dei colori di Newton a iaco-
miiiciiirt* dal pnntu ove esce l'asse ottico, ove il ritardo ò nullo.
Proprietà ottiche
65- Cabattebe ottico dei cristaijj uniassici. — Disponendo
di una lamina a facce parallele peipendicolari all'asse ottico, adope-
rando luce omc^enea o luce bianca sarà facile detenninare il carat'
tere ottico del cristallo uniassico per mezzo del conoscopio, fig. 469.
Ottenuta la figura luminosa come nella fig. jog o nella fig. 512, 2
con curve isocromatiche o curve di egual ritardo e isogire radiali,
due delle quali in croce .sono nere parallele ai piani principali dei
Nicol, e due più intense a 45", si sovrappone sulla lamina in posizione
di 45° una lamina' campione a tinta sensibile, come nella fig. 31Z
in 1 e 3. Se il cristallo è positivo ( + ), fig, 512, 3, vi sarà aumento del
passo ottico o del ritardo nella direzione positiva [+) della lamina
campione, e quindi restringimento delle curve di egual ritardo o delle
curve isocromatiche; nella direzione negativa della lamina-campione
vi sarà diminuzione del passo ottico, abbassamento del colore dì
polarizzazione epperò allargamento delle cun-e isocromatiche, e il
fenomeno si presenterà come nella fig. già, 3. Se il cristallo è nega-
tivo { — ), adoperando la stessa lamina-campione il fenomeno sarà
invertito, come nella fig. 512, 1. Anche se la lamina del cristallo uni-
assico è leggermente inclinata verso l'asse ottico, in modo che nel
campo visivo del conoscopio riesca l'uscita dell'asse ottico come nella
fig. 510, sarà applicabile lo stesso metodo. Ma però nel caso che la
lamina è obliqua all'asse ottico, si presenti o no l'uscita dell'asse òt-
tico nel campo \'isivo del conoscopio, si • adotterà con preferenza
l'analisi con luce parallela, purché con luce convergente sia nota la
posizione dell'asse ottico; verrà in tal caso in applicazione la lamina
campione come in (63).
66' Cristai.1,1 BiASSici. — I cristalli biassici si riconoscono fa-
cilmente in luce convergente omogenea o composta dalla forma
delle curve di eguale ritaido e dalle isogire. In generale le curve iso-
cromatiche sono simili a lemniscate, e le isogire ad iperboli. Ma l'ana-
lisi di un cristallo biassico è più perfetta quando la lamina del cri-
stallo in esame è perpendicolare alla bisettrice acuta o quasi, poiché
in tal caso compariscono nel campo del conoscc^io o del microacopio
le tracce degli assi ottici (68), le cur\-e ìsocrcmiatiche sono simme-
triche e così ancora le isogire. Anche lamine perpendicolari o quasi
alla bisettrice ottusa possono essere utilizzate a questo scopo, purché
l'angolo ottuso degli assi ottici non sia molto grande.
Talvolta possono entrare le tracce dei due assi ottici nel campo
del microscopio, interponendo un liquido denso fra la lamina del
cristallo e la prima lente piano-convessa dell'obbiettivo {.obbiettivo
ad immersione).
Pie. S'ja. ''K S"3* F'B. S"3'-
Kelle figure 513 a. b, e è dimostrato il fenomeno ottico in un co-
noscopio o microscopio polarizzatore quando la lamina del cristallo
a due assi ottici è tagliata perpendicolarmente a una delle due bi-
settrici acuta od ottusa del cristallo. Il piano degli assi ottici è natu-
ralmente parallelo alla retta che congiunge le due uscite degli assi
ottici; se esso è parallelo a una direzione principale dei Nicol il fe-
nomeno ottico è rappresentato dalla fig. 313 a con isogire principali
formanti una croce parallela rbpettivaniente alle direzioni princi-
pali dei Kicol; se il piano degli assi ottici è a 45" con i Nicol il feno-
meno è rappresentato dalla fig. 513 e con le isc^re principali iper-
boliche aventi per assintoti le direzioni di polarizzazione dei Nicol.
Girando la lamina per rispetto ai Nìcol la figura in luce convergente
va gradatamente da quella della fig. 513 a a quelle delle fig. 51 i b.c.
le isogire principali passando sempre per l'uscita degli assi ottici
con gli assintoti sempre paralleli alle direzioni di polarizsazione dei
Nìcol. Se in luogo della lamina girano i due Nicol contemporanea-
mente, le bogìre princ^>aU girano intomo all'uscita degh assi ottici,
che rimangono fermi. Il segmento A, A,, fig. 513 b, e. che è compreso
fy0ric/à oiiickt 369
fra le uscite degli assi ottici, si chiama apertura degli assi ottici, la
quale può essere utilizzata per la deteimìn azione dell'angolo degli
assi ottici in un polarizzatore tarato {(8).
67- Carattere ottico dei cristalli biassici. — Si è definito
essere un cristallo biassìco (SI) otticamente positivo quando la bi-
settiìce acuta è positiva, ossia la direzione che divide per metà l'an-
golo acuto degli assi ottici nell'elissoide indicatore contiene l'indice
di rifrazione massimo a > y: il «istallo biassieo è negativo se la
bisettrice acuta è y (posto y < a|. '
Per la determinazione del carattere ottico nei cristalli biassici
non è necessario ricorrere a luce convergente, purché sia noto il
piano degli assi ottici, e la direzione della bisettrice acuta. Infatti la
bisettrice acuta è a ( + | o y (— ), la direzione perpendicolare ad essa
è ^. Se (luindi questa risulta in una lamina maggiore di y. il cristallo .
è negativo, viceversa se risulta minore il cristallo è positivo. Adot-
tando luce convergente ecco come si procede, I,a lamina sia per-
pendicolaie alla bisettrice acuta ; la figura che ne risulta nel conoscopio
è quella rappresentata nella fig. 513 a se il piano degli assi Ottici è
parallelo a una direzione dì polarizzazione dei Nicol. Si sovrapponga
una lamina campione in posizione di 45° (62). Con ciò le linee iso-
cromatiche saraimo mutate, perchè il ritardo ottico sarà modificato
in tutte le direzioni. In due quadranti, i" e j". coOie nella fig. 514
le curve isocrconatiche saranno allargate, nei quadranti intermedi
1° e 4» le curve isocromatiche saranno più ristrette se il cristallo è
positivo e la lamina- campione ha le direzioni principali positiva e
negativa ccane nella fig. 514, vale a dire, nei quadranti ove capita
la direzione positiva della lamina- campione le curve isocromatiche
270 Capitolo ottavo
saranno più ristrette, viceversa nei quadranti ove capita la direzione
negativa della lamina-campione, le curve isocromatiche saranno
più allargate, precisamente come nei cristalli uniassici, fig. 512, 3 (65).
Il fenomeno^ si inverte naturalmente se il cristallo è negativo.
68- Angoi^o degù assi ottici. — La determinazione dell'angolo
degli assi ottici presuppone im apparecchio, mediante il quale sia
possibile avere la diretta visione dei due assi ottici insieme, ovvero
portare successivomente l'uno e l'altro in una direzione determinata.
i-ig. 515.
La misura si riduce alla massima semplicità se la lamina del cristallo
è tagliata perpendicolarmente al piano degli assi ottici.
La determinazione può essere fatta in tre modi :
jo La lamina del cristallo tagliata perpendicolarmente al
piano degli assi ottici è inserita in un conoscopio, nel cui campo appa-
risce l'uscita degli assi ottici ove è misurabile V apertura (66) fig- 513 b.c.
Sia C una serie di lenti dell'apparecchio polarizzatore, detetminanti
il condensatore, fig. 515 e fig. 469, il cui piano focale sia F; O le lenti
dell'obbiettivo ed oculare, il cui piano focale sia F\ I raggi provenienti
da un qualsiasi pmito P^ del piano focale attraversano paralleli la
lamina cristallina Cr, raggiungono il sistema di lenti O e concorrono
emergenti nel punto P\ del piano focale F'. Se i raggi di luce attra-
Proprietà ottiche 271
versanti la lamina Cv ^ono paralleli a un asse ottico, l'uscita di questo
apparirà in P\. Il segmento o' P\ tra l'asse dell'apparecchio e l'uscita
dell'asse ottico sarà proporzionale al seno dell'angolo fra l'asse ottico
e l'asse A A dell'apparecchio, supposto quest'angolo H' misurato
nel mezzo in cui si trova la lamina e il cui indice di rifrazione è n.
Avremo senz'altro
li
sen W = — . & P\
n
essendo k una costante dell'apparecchio.
Essendo poi p l'indice medio del cristallo si avrà inoltre
k
sen V =-g-. 0' P\
Sia il secondo asse ottico tale che i raggi provenienti da P, del
piano focale F attraversino la lamina parallelamente ad esso e con-
correnti in P'j. Detto 0' P\ il segmento compreso fra l'uscita del se-
condo asse ottico e l'asse A A dell'apparecchio si avrà analogamente
k k
sen H" = — . 0' P\ e sen F" = -5-. 0' P\;
onde l'angolo degli assi ottici 2 V sarà
2 F = V -h l
,'"
essendone P\ P\ l'apertura. Si misura k con cristaUi noti.
2° Dati a, p, Y "^dici principali di rifrazione, si ha (50)
^ y - ìyp^ = Vf^ ""^' ''""'
272 Capitolo ottavo
La seconda espressione di tag V è approssimata ma suiiìcente in
molti casi.
3<> Questo metodo consiste nella misura diretta. I/apparecchio
a ciò destinato ha due assi di rotazione. Può essere utilizzato a questo
proposito un goniometro a due assi, mediante i quali una direzione
del cristallo può essere portata in una direzione che è l'asse del mi-
croscopio. La luce proveniente dal collimatore deve essere polariz-
zata, e il Nicol collegato col micrascopio è incrociato col primo. Sup-
poniamo che A^^ A^ siano i poli degli assi ottici, fig. 316; con una
rotazione intorno all'asse verticale VV del goniometro, l'asse ottico A^
viene portato in a,. I/angolo X,^ a ciò necessario sarà letto nel rispet-
tivo cerchio orizzontale. Indi con una rotazione di 91 attorno all'asse
orizzontale HH il polo a^ verrà in C. Altrettanto si farà con il polo A^ del
secondo asse ottico, e si avranno i due angoli «p, tf Allora sarà noto
anche l'angolo co = 180 — (<p, -f 92) e così pure l'angolo degli assi
ottici 2 F' = /ij .4,, os.sia
cos 2 V* = cos 9i cos cpj + sen cpj sen 9, cos 6). 65)
Se la lamina è tagUata perpendicolarmente al piano degli assi
ottici, basteranno le rotazioni 9^ e 92 intorno ad un solo asse, e quindi
si presterà a tal fine il goniometro a un asse. L'angolo 2 V* è misu-
rato naturalmente nel mezzo in cui trovasi la lamina, \'uoto, aria o
liquido denso, il cui indice di rifrazione è n. E allora l'angolo vero
degli assi ottici 2 F, dato 2 V , sarà
sen iV — sen 2 V. -r— 66)
essendo p l'indice medio del cristallo. Se il mezzo in cui trovasi il
cristallo ha l'indice p, sarà senz'altro 2 7 = 2 F'. Se il mezzo in
cui trovasi il cristallo ha l'indice p, si potrà prescindere da una la-
mina a facce parallele, bastando in tal caso un frammentino qual-
siasi di esso.
69. Determix-\zi()NE dei.i.a dispersione. — La dispersione
nei cristalli biassici può essete trisimmetrica, monosimmetrica o
asinmietiica (56) (57) secondo che il cristallo è del sistema trimetrico,
monoclino o tricliuo. La dispersione trisimmetrica è conosciuta
anche semplicemente come dispersione degU assi ottici, perchè in-
fatti solo le grandezze di a, p, y dello spettro variano, non le direzioni
principali ottiche. Le tre dispersióni sono riconoscibiU n^l cono-
scopio, fig. 469, ove la lamina del cristallo a facce parallele sia ta-
gliata normalmente alla bisettrice acuta od ottusa, purché le tracce
Proprietà ottiche J73
(uscite) degli assi ottici siano nel campo visivo dell'apparecchio pola-
rizzatore, il che si ottiene o semplicemente con il condensatore e con
l'obbiettivo ordinario, o con l'obbiettivo ad immersione. Le fig. 517,
518, 519, 520, 521. 522 e 523 rappresentano appunto il fenomeno
in luce convergente composta, ora col piano degli assi ottici parai-
lelo ad una direzione principale dei Nìcol ora col piano a 450. La
dispersione totale si efEettua nella dispersione dei colori di interferenza.
La fig. 517 rappresenta la dispersione trisimmetrica di un cristallo
trimetrico ; ciò si scorge nelle tracce degli assi ottici oi'e i colori sono
dispersi tanto nel piano degli assi ottici quanto nel piano ad esso
normale. Esempi : l'aragonite, la baritina, la cerussite, la celestina ecc.
Fig. S'7- Fig. S'B.
La dispersione monosimmetrica è rappresentata nelle figure
51S-521. Infatti questa dispersione si presenta sotto due aspetti
fondamentali. Essendo una sola direzione ottica comune per tutti i
colori dello spettro, essa può essere o p, doè la normale al piano d^li
assi ottici, ovvero una bisettrice, e qui si suole fare distinzione e crai
ragione se la bisettrice è ottusa o acuta. La fig. 518 rappresenta il
primo caso, cioè quando è comune p; la dispersione prende il nome
dì inclinala cxane è tìpica nel gesso. La di^)ersione è ristretta nel
piano degli assi ottici, e la simmetrìa dei colori è per rispetto a questo
piano, il quale è o piano di simmetria del cristallo o normale all'asse
di simmetrìa.
La dispersione orizzonlaie è rappresentata nella fig. 519. 11 piano
degli assi ottici è disperso per i diversi colorì dello spettro; la sim-
metria dei colori di polarizzazione è per rispetto al piano normale
del piano degli assi ottici. La bisettrice ottusa è comune e quindi è
asse di simmetria ottica. L'osservazione deve essere fatta tenendo
la lamina con le direzioni principali parallelamente alle direzioni
principali dei Nicol. Esempio: Adularla.
Capitalo ottavo
Le fig. 520 e 321 rappresentano la disperstone girala, essendo
e per tutti ì colori dello spettro la bbettrice acuta, ed essendo
la lamina stessa tagliata perpendicolarmetite a questa. Kella fig. 520
è rappresentata questa dispersione quando le direzioni principali
della lamina sono parallele a quelle dei Nicol. Nella fig, 521 questa
dispersione è rappresentata quando la lamina è a 450. In ambidue le
Fig- SI».
rappresentazioni apparisce chiara la dispersione dei colori simmetri-
camente per rispetto al centro delle figure. Esempio: Borace.
Le fig. 522 e 523 rappresentano la dispersione asimmetrica come
è in tutti i cristalli triclini. In \idnanza delle tracce degli assi ottici
la dispersione dei colori di polarizzazione è assolutamente asimme-
Flg. s»o. Fig. S'i-
trica tanto per rispetto al centro quanto per rispetto alle dire-
zi<MiÌ principali. Esempio; Oligoclasio.
In tutti i casi in cui hanno luogo queste quattro caratteristiche
dispersioni, è bene far notare il valore approssimativo e complessivo
dell'angolo degli assi ottici almeno per i due colori estremi dello spettro
il rosso (p) e il violetto (»). Se l'angolo degli assi ottici per il rosso è
maggiore che per il \-iole,tto si indicherà semplicemente p > it; nel
caso opposto p < II. B sarà in ogni singolo caso facile riconoscere
Proprietà ottiche
dalla dispersione dei colori di polarizzazione se ha luogo p ^ f - In-
fatti se i colori di polarizzazione intorno alle tracce degli assi ottici
prospettanti il verde sono più \-icitii al centro, è segno evidente che il
. rosso vi & estinto, ed allora p < t; se all'oppósto il verde è più lon-
tano dal centro che il giallo, segno è che p > u.
Si noti che la dispersione può essere cosi piccola che l'occhio non
sia in grado di percepirla. A causa di questo, si porta sulla lamina in
esame, o una bilamina di Bravais, fig. 308 a, o una bilamiua di Cal-
Fig. S12
deron, fig. 508 b, o in generale una lamina di geminato, fig. 402, con
la linea ai simmetria parallela o perpendicolare al piano degli assi
ottici della lamina in esame, e si noterà la variazione dei coioti di
polarizzazione intorno alle tracce degli assi ottici.
/) Crislalli aitivi trasparenti.
,70. Osservazioni nej. quarzo. Potere rotatorio. — Arago
osservò che una lamina di quarzo a facce parallele tagliata perpen-
dicolarmente all'asse ottico, intercalata in un ortoscopio, attravei-
. sata da luce bianca parallela all'asse, non sì oscura come altri cri-
stalli uniassici, ma presenta una tinta, che cambia successivamente
col girare di uno dei Nicol per rispetto all'altro. Una siffatta lamina
lascia passare la luce omogenea, mentre lamine di altri cristalli uiti-
assìci, perpendicolari all'asse, come la calcite, si oscurano comple-
tamente; inoltre detta luce diminuisce d'intensità quando uno dei
Nìcol giri per ricetto all'altro, finché sì annulla quando uno Ui essi
abbia girato di un certo angolo p ovvero 1 80 + p. I.a luce proveniente
da un Nicol ed emergente inaila lamina di quarzo è polarizzata linear-
mente, ma non più nello stesso piano del polarizzatore, bensì in un
276 Capitolo ottavo
piano, che con quello fa l'angolo p ox-vero 180 -f p. Coipi che pre-
sentano tale fenomeno come il quarzo hanno il potete rotatorio o sono
otticamente attivi, o attivi semplicemente.
Arago dimostrò che l'angolo di cui ruota il piano di polarizza-
zione dipende dalla lunghezza d'onda X, ossia varia con il colore della
luce omogenea; e perciò quando la lamina è attraversata da luce
bianca, i diversi colori si indeboliscono diversamente, ed insieme
generano una tinta compresa nei colori di interferenza di Newton.
Biot dimostrò che l'angolo di rotazione del piano di polarizza-
zione è proporzionale allo spessore della lamina; onde si definisce:
•// potere rotatorio è l'angolo di quanto ruota il piano di polarizzazione
per lo spessore di i mm della lamina. Egli dimostrò ancora che il
potere rotatorio p cresce rapidamente con la lunghezza d'onda >.,
anzi credette di stabilire la legge, che prende il suo nome
k
P = ^ 67)
essendo k una costante. Biot osservò ancora che alcuni cristalli di
quarzo girano a destra (cioè nel senso dell'indice di un orologio) il
piano di polarizzazione e sono perciò destrogiri, altri a sinistra e sono
levogiri, avendo gli uni e gli altri lo stesso potere rotatorio per la
stessa lunghezza d'onda. Herschel poi osservò una coincidenza di
alcune forme cristallografiche con il senso di attività. Nel quarzo
destrogiro le facce trapezoedriche ;)r|4i2) e s{4i5| fig. 163, sono a
destra di chi guarda una faccia del romboedro fondamentale; nel
quarzo levogiro le dette facce jt^ 1421 ) e s^ {^ 3 1 1 fig. 1 64, sono a sinistra.
Le due figure del quarzo destrogiro e levogiro sono, non solo per le forme
trapezoedridie, ma per tutta la loro simmetria e struttura, come
oggetto e immagine speculare, come mano destra e mano sinistra,
ossia sono enantiomorfe.
Biot osservò inoltre' che l'attività ottica non è limitata ai cri-
stalU, come il quarzo, ma si presenta anche in sostanze amorfe, solide,
liquide e soluzioni (p. es. nell'oUo di trementina): Mentre il potere
rotatorio del quarzo è massimo nella direzione dell'asse ottico, è nullo
nelle direzioni normali (direzioni equatoriaU); nei corpi amorfi è lo
stesso in tutte le direzioni. In certi Uquidi organici osservati da Biot
il potere rotatorio è molto minore che nel quarzo, sicché per essere
notato richiede spessori considerevoli, centimetri o anche deci-
metri.
♦Marbach (1854) osservò l'attività ottica in certi cristalli mano-
metrici, Na CI O3, Na Br O3, Na UO, (C, H3 O,), Na, Sb S^ -f 9 aq. ;
in tali cristalli il potere rotatorio è lo stesso per tutte le direzioni
come nelle sostanze amorfe.
Proprietà ottiche
277
• 71. Determinazione dei* potere rotatorio. — Gli appa-
recchi usati per questa determinazione si dicono polarimetri. La
determinazione dal punto di vista teorico è semplicissima, si tratta
in fine di misurare l'angolo di quanto si deve ruotare uno dei
Kicol per rispetto all'altro nell'ortoscopio per ottenere l'oscurità
impiegando luce omogenea. Ma praticamente essa è resa difficile
stante due fonti di erfore, in primo luogo perchè l'occhio non è
senz'altro in grado di stimare l'oscurità completa, ed in secondo
luogo perchè per la lettura di piccolissimi angoli si richiedono
cerchi graduati grandi, per la costruzione dei quali il polarimetro
sarebbe molto costoso. Soleil ha cercato di evitare le due fonti di
errore con due 'accessori che portano il suo nome. Il primo di essi è
il biquarzo. Esso consiste di due lamine di quarzo A e B, fig. 524,
_^1 B
Fig. 524.
destrogira l'uria, levogira l'altra, di eguale spessore, tagliate perpen-
dicolarmente all'asse ottico, accostate insieme. Per la costruzione
di questa lamina si può adoperare un quarzo geminato come nella
fig- 36^ e 369 consistente di due quarzi destrogiro e levogiro associati
insieme con l'asse ottico comune.
Se i due Nicol sono perfettamente incrociati nell'ortoscopio,
il biquarzo intercalato fra essi presenta, nelle due metà, la stessa
tinta, che è il colore sensibile, se lo spessore delle due lamine è di
3,75 mm. ; ma se uno dei Nicol è portato di un piccolissimo angolo
fuori della sua posizione di 90° (Nicol incrociati) per rispetto all'altro,
il colore sensibile si volgerà \erso il violetto in una delle due lamine
(p. es. nel quarzo levogiro) e verso il rosso porpora nell'altra, sicché
per una piccolissima deviazione dalla posizione incrociata dei Nicol,
l'occhio avvertirà subito un sensibilissimo distacco nelle duef tinte.
Ragione questa per cui è adoperato il biquarzo di Soleil per correg-
gere la posizione dei Nicol in un ortoscopio. Ancora più sensibile è
il biquarzo di Bertrand consistente di quattro quadranti di quarzo
destrogiro A e levogiro B alternati, fig. 523.
378 Capitolo ottavo
Il secondo accessorio è U comparatore Soleil consistente di due
biette di quarto Bj e B,, fig. 526, tagliate peipendicolannente all'asse
ottico del quarzo o destrogiro o levogiro. Due biette cosi sovrapposte
girano il piano di polatizzazione di un angolo proporzionale al loro
spessore complessivo ; e poiché col comando di una vite micrometrica V
lo spessore si può variare a piacere, cosi si può variare a piacere l'an-
Fi(. JJS. Flg. sa*.
golo di rotazione. Ma più che il ctnnparatore di Soleil sarebbe effi-
cace e pratico un comparatore a biette di quarzo destrogiro e tevc^ro.
poiché con un piccolo movimento delta vite micrometrica, si a\Tebbe
rotazione nulla, destri^ira o Iev<^a a piacere. Ecco ora schemati-
camente il polarimetro di Soleil, fig. 527,
-E^;t=#=#
^s^sr^
P è il polarizzatore incrociato per rispetto all'analizzatore A, Q^ è
il biquarzo di Soleil o di Bertrand a tinta sensibile, Cr è la lamina o il
preparato in esame, Q è un quarzo destr<^ro, C il comparatore levogiro.
Soppressa la sostanza in esame Cr, la tinta sensibile del biquarzo' Q,
apparirà e il limite dei due quarzi sarà invisibile se lo spessore del
quarzo Q sarà eguale a quello del comparatore C, e quindi la rite
micrometrica di C segnerà lo zero. Con l'intercalazione della sostanza
Cr attiva, il piano, di polarizzazione dei raggi emergenti sarà girato,
e il biquarzo Q, entrerà in funzione con due tinte diverse di sopra e
di sotto della tinta sensibile. Questa reazione liuninosa del biqu&rzo
potrà scomparire aumentando o diminuendo lo spessore del compa-
ratore. Se la sostanza Cr è destrogira, la vite micrometrica del com-
paratore accennerà un aimtento, e viceversa una diminuzione. La
vile micrometrica stessa bene tarata indicherà di quanto la sostanza
Proprietà ottiche
279
Cy destrogira o levogira è attiva. Se il comparatore è a due biette di
quarzo destrogiro e levogiro la lamina di quarzo Q può essere sop-
pressa, perchè il comparatore stesso può divenire destrogiro o levo-
giro, girando opportunamente la vite micrometrica.
La lamina di Calder on (vedi anche fig. 508 ò) consiste di due la-
mine di calcite CI, fìg. 328, tagHate secondo i piani di sfaldatura. Queste
due lamine sono incollate insieme, con le direzioni principaU facenti un
piccolissimo angolo. Il polarizzatore a penombra consiste della detta
bilamina, che funziona appunto da indice ; essa si trova intercalata
fra la sostanza in esame Cr (ruotabile sul piattello pp) e il Nicol
analizzatore, fig. 328.
Fig. 528.
Ma più che la lamina di Calderon è sensibile una lamina di un
geminato, p. es. di Albite, fig. 402, la quale in una posizione inter-
media fra i Nicol incrociati apparisce come unica. Appena il piano
di polarizzazione gira di un piccolissimo angolo, la lamina di Albite
fa risaltare la linea di divisione dei gemini con una sensibilità gran-
dissima. Bssa deve essere inserita nel crocifilo dell'oculare.
Una lamina di Savart consiste di due lamine di un cristallo
uniassico (generalmente di quarzo) tagliato a 43^^ con l'asse ottico
e sovrapposte in guisa che le loro direzioni principali si incrociano.
La fig. 329 rappresenta un comune cristallo di quarzo da cui si sono
ricavate due lamine a facce parallele facenti con Tasse A A l'angolo
di 430. Nella fig. 330 le due lamine sono sovrapposte con direzioni
principali incrociate. Se luce incidente polarizzata rettilinea attra-
versa la lamina di Savart indi l'analizzatore, ed è raccolta nel can-
nocchiale aggiustato per l'infinito, genera una serie di linee di eguale
28o
Capitolo ottavo
ritardo se la luce' è omogenea, e linee isocromatiche se la luce è
bianca, ma questo fenomeno è solo allora possibile, -se le direzioni
K
- -r
-H,
-<
«o^nE
Fig. 529-
Fig. 530.
^\
principali della lamina di Savart sono a 45° con le direzioni incro-
ciate dei Nicol. Se all'incontro anche l'analizzatore fa l'angolo di
450 con il polarizzatore, le linee di eguale ritardo spariscono com-
.X_J
Fig. 531-
pletamente. Questa è la posizione dello zero. Appena l'analizzatore
si allontana da questa posizione le linee di eguale ritardo riappari-
scono e acquistano la massima nitidezza. Su questo principio si basa
il polarimetro di Savart e così ancora quello di Wild, fig. 531, ove A
Proprietà ottiche 281
e P sono l'analizzatore e il polarizzatore, Cr la lamina in esame, H^^
H\ la lamina di Sàvart. Posto a zero il polariscopio, ed inserita la
lamina in esame, le linee di eguale ritardo o isocromatiche appariscono
se la lamina Cr è otticamente attiva; ma esse spariscono di nuovo,
girando il Nicol analizzatore, e precisamente di quanto il piano di
polarizzazione è stato girato per parte della sostanza attiva.
72. Dispersione rotatoria. — Misure della massima precisione
eseguite specialmente da Soret e Sarasin hanno fatto conoscere il
potere rotatorio del quarzo per le varie e principaU linee di Fraun-
hofer dall'ultrarosso all'ultravioletto, ove le lunghezze d'onda sono
"ben note. Si chiama appunto dispersiotie rotatoria, il potere rotatorio
variabile col variare della lunghezza d'onda. Dalle dette' misure è
risultato che la legge di Biot
h
67)
V
non è esattamente osservata; o meglio che essa è abbastanza bene
osservata dai raggi \àsibili, e con sensibili differenze per luce ultra-
rossa e per luce ultravioletta. In sostanza l'espressione che dà il po-
tere rotatorio p in funzione della lunghezza d'onda X, è la seguente:
k
h^
k.
*,
4-
4-
x^
X*
X»
\*
essendo k, k^, k^, k^ costanti. La tabella della pagina seguente dà le
esperienze di Sarasin e il prodotto p X^, per il quarzo.
282
Capitolo ottavo
Linee
di
Lunghezza d'onda
Potere rotatorio
del quarzo
Prodotto
1
Fraunhofer
in \k (nel vuoto)
f .
2.900
00.58
4.88 1
2.140
1.60
7-33
1.770
2.28
7-M
I-450
3-43
7.20
1.080
6.18
7.21
A
0.7594
12.668
7-31
B
0.6867
13-746
740
C
0.6563
17-314
7.44
D,
0.5896
21.686
7.55
D,
0.5890
21.727
7-54 1
E
0.5270
27.543
7.66
F
0.4861
32.773
7-54
G
0.4308
42.604
7-92
H
0.3968
51-193
8.04
^
03934
52.155
».09
^
0.3821
55-625
8.10
M
0.3727
58.894
8.12
N
0.3581
64.459
8.25
O
0.3441
70.587
8.40
P
0.3361
74.571
8.43
Q
0.3281
78.579
8.49
R
.0.3180
84.972
8.58
Cd.e
0.2144
235972
10.86
Stante questa dispersione inversamente proporzionale a X*,
una lamina tagliata perpendicolarmente all'asse ottico dimostrerà
nell'ortoscopio, data luce bianca incidente, successivamente varie tinte
di interferenza nell'ordine dei colori di Newton secondo che la lamina
è destrorsa o sinistrorsa, girando a destra o a sinistra l'analizzatore.
Sia una lamina di quarzo dello spessore di 3.75 mm. Il potere rota-
torio dà per questa grossezza i seguenti angoli di rotazione per le
linee di Fraunhofer :
A
47^.5 e
180 -f
47-5 =
= 2270.5
B
590
2390
C
64.9
244-9
D
81.4
261.4
E
103.3
283.3
F
122.9
302.9
G
160.3
340.8
H
192.
12.0
Proprietà ottiche
283
come è rappresentato nella fig. 532. Per Nicol incrociati saranno in-
deboliti tutti i raggi da G ad // e in parte, estinti, onde nella tinta di
interferenza predomineranno i raggi da ^4 ad F, e la tinta composta
sarà perciò in vicinanza dell'aranciato. Quindi girando l'analizzatore
a destra, essendo destrorsa la lamina, esso si avvicinerà alla linea A,
i cui raggi saranno estinti, e la tinta di interferenza apparirà gialla,
poi eccessivamente verde, indaco, celeste, violetto e poi di nuovo
Fi«. 532.
rossa, aranciata ecc. a misura che Tanalizzatore compie mezza cir-
conferenza. Se la lamina è levogira la successione delle tinte sarà nello
stesso ordine se l'analizzatore girerà a sinistra. Con questo criterio
sarà sempre possibile in ogni singolo caso rendersi conto se l'attività
ottica di una sostanza è destrorsa o sinistrorsa.
73. Fenomeni in i.uce trasmessa convergente nei, quarzo. —
Il potere rotatorio varia con la direzione ; è massimo nell'asse ottico,
minimo nelle direzioni ad esso perpendicolari. Particolarmente nel
quarzo il potere rotatorio diminuisce rapidamente col crescere del-
l'angolo coir asse ottico da 0° a 90®, tanto che a 15° è quasi nullo.
Per direzioni fuori di quest'angolo il potere rotatorio è inapprezzabile.
Cosi se la lamina è perpendicolare all'asse ottico, introdotta nel co-
noscopio a luce convergente, i cerchi concentriti di eguale ritardo
se la luce è omogenea, o i cerchi isocromatici se la luce incidente è
bianca, non incominciano nel centro della figura ma col cerchio cor-
rispondente a 1 50. Nel campo circolare di 1 50 la tinta è unica ed eguale
a quella che si genera in luce parallela omogenea o bianca, fig. 533.
Anche le isogire fanno capo al cerchio corrispondente a 15®.
Un fenomeno interessante si ottiene in luce convellente, quando
una lamina di quarzo destriero o levogiro sia sovrapposta ad una
lamina di quarzo rispettivamente levogiro o destrogiro di eguale
spessore. Se la luce è parallela il campo è oscuro nell'ortoscopio. ma
se è convergente l'oscurità è limitata nel centro; da questo partono
Pie- SJ3- Fig. 5,'«. Fig. 5J5-
due doppie spirali, fig. 534 e 535, destror&e o sinistrorse. La spirale
è destrorsa, fig. 535, se il quarzo vicino al polarizzatore è destrorso;
essa è sinistrorsa se N-iceversa il qnar/.o vicino al polarizzatore è sini-
strorso, fig. 534,
Queste spirali di Airy si possono ottenere artificiabnente. Airy
infatti ottenne analogo fenomeno sovrapponendo una lamina dì
mica a y^ d'onda (per il giallo) sul polarizzatore: con che la luce
polarizzata rettilinea si trasforma in luce polarizzata circolare, lina
lamina di quarzo inserita fra t Nicol presenta allora in luce conver-
gente una spirale analoga a quelle di Airy. Se il quarzo è destroiso
la spirale è sinbtrorsa, fig. 536, viceversa è destrorsa, fig. 537, se il
quarzo è sinistro. Naturalmente la lamina ^'4 d'onda è a 45" con
i Nicol. Il fenomeno si inverte se ta lamina V4 d'onda si trovi inserita
fra quarzo e Nicol analizzatore.
Airy spiegò questi fenomeni nel rnodo seguente. Nelle direzioni
Fropfietà ottiche 285
vicinissime all'asse ottico del quarzo, «i trasmettono in ogni istante
due onde polarizzate elittiche opposte. L'asse maggiore dell'elisse
dell'onda più veloce si trova nella sezione principale, quello dell'elisse
dell'altra onda più lenta si trova perpendicolare ad essa. Il rapporto
dei semiassi delle due elissi è lo stesso. Se aumenta l'inclinazione
della normale all'onda verso l'asse di isotropia, le due elissi si allun-
gano fino al limite di rette, e la luce apparisce allora polarizzata ret-
tilinea. Il cammino ottico di due onde ^ venti la stessa posizione è
lo stesso come quello relativo ai cristalli uniassici ordinari, aumen-
tato di una quantità, che è indipendente dalla direzione e circa pro-
porzionale al quadrato della lunghezza d'onda. Reusch e Sohncke
haimo dimostrato che si possono ottenere i fenomeni del quarzo in
luce convergente sostituendo il quarzo da una pila di fogliettine di
mica girate ciascuna rispetto alla precedente di 120°.
74. Esempi di sostanze cristatjjzzate monometriche e
TJNIASSICHE. — Marbach scoperse nel 1854 cristalli del sistema mo-
nometrico otticamente attivi, e constatò che l'attività ottica di
queste sostanze è la stessa per tutte le direzioni, dove che il quarzo
ha il potere rotatorio massimo nell'asse ottico, e nullo nelle dire-
zioni ad esso normali. Le seguenti sostanze sono attive:
Sistema monometrico.
32* Classe tetraedrica.
Clorato sodico NaClOg p = 30.16 (Na)
Bromato sòdico NaBrOg 2.17 »
Acetato doppio di Uranio
esodio (NaUO,) (CjHaO,)^ 10.48 »
Solfoantimoniato sodico Na, Sb S, -f 9 aq 2.67 (D)
Sistema trigonale.
11* Classe trapezoedrica.
Quarzo Si Oj p == i5°-746 (rosso)
Cinnabro Hg S 325. »
Iposolfito potassico KgS^Og 8.38 (Na)
» piombico Pb S, O, -f 4 aq 5.53 »
» stronzico Sr S^ O^ -f 4 aq 3.39 »
286 Capitolo ottavo
»
»
Iposolfito calcico CaSjO, -}- 4aq 2.1 (verde)
Racemato di Rubidio Rb, C^H^Oe 10.2 (Na)
» di Cesio Ce, C4H4 0e » 14. 19 *
Benzile Cj^HjoOj 24.8
Canfora di lauro C,oHigO 0.65
Canfora malica C,, H,o O 2.07 »
13* Classe piramidaU'trigonale .
Periodato sodico NaJ04 + 3 aq p = 23^.3 (Na)
Sistema dimetrico.
15» Classe trapezoedrica.
Carbonato di guanidina (C Ng H4),,H, COj p = i4<*.58 (Na)
Solfato di stricnina Q^ H24N, O4 (SO4), -}-i3aq 13.25 »
Solfato di etilendiamina C^ H4 (NO,), H, SO4 15.5 »
Diacetilfenolftaleiua C,„ Hj, O4 (C, H, O), 19.7 »
Melato acido di zinco 3.02 »
Sistema esagonale.
25'* Classe piramtdale-e sagonale.
Solfato potassico- litinico K Li SO4 p = 3^.44 (Na)
22* Classe trapezoedrica.
Acetato antimonico-cinconico p = 9**. 79 (Na)
I cristalli di queste classi hanno carattere enantiomorfo, vale
a dire i cristalli destrogiri non sono che immagini speculari dei cri-
stalli levogiri per simmetria, struttura. Ma non tutti i cristalli a ca-
rattere enantiomorfo sono anche otticamente attivi, forse anche
perchè il potere rotatorio loro è così piccolo che praticamente non
è misurabile per quanto sensibiU siano i polarizzatori
75. Potere rotatorio di cristalli biassici. — Già Mac Cul-
lagh (1837) suppose che vi fossero cristalli biassici otticamente at-
Proprietà ottiche 287
tivi. Ma Pockliiigton (1901) lo dimostrò sperimentalmente, e cioè
nei cristalli di zucchero di canna e nel racemato doppio di K e Na
(Sale di Seignette) C^ H4 O^. Na K -f 4 aq. Egli osservò il potére
rotatorio nella direzione degli assi ottici, p = — \^.i per il sale di
Seignette; p = -f 20.2 in un asse, p — — 60.4 nell'altro per lo
zucdiero. di canna. Dufet (1904) osservò e misurò il potere rotatorio
in tutta una serie di cristalli biassici, quali nel sale di Seignette am-
moniacale, €40^ H4. Na NH4 -f 4 aq, nel solfato di magnesio Mg
SO4 -f 7 aq (epsomite); fig. 105, pag. 87. nel fosfato monasodico
Na Hj PO4 -f 2 aq ecc. Eccone i risultati :
Sistema trimetrico.
8* Classe hisfenoidale.
Epsomite Mg SO4 -f 7aq p = -f 20.6
Fosfato sodico Na Hj PO4 -|- 2 aq +4-45
rf-metile-a-glucosite — 4.4
Sale di Seignette amm. Na NH4. C4 H4 Og -j- 4 aq -f 1.55
È da osservarsi qui che il rf-metile-a-glucosite è levogiro allo
stato cristallino, è destrogiro in soluzione. Il sale di Seignette ammo-
niacale è destrogiro nello stato cristallino, levogiro in soluzione.
Sistema monocuno.
5* Classe sfenoidale.
Addo uvico o racemico (C4H4OJ) H^ p = -f 110.4
Ramnina C^H, (CH») O5 pi = + 120.9 p* = + 5°-4
76- Appendice. Potere rotatorio di sostanze amorfe. —
Sostanze allo stato di soluzione e amorfe in genere anmxettono potere
rotatorio. L'attività di alcune di esse si conserva anche allo stato
gasoso. Secondo Pasteur le sostanze attive amorfe cristallizzano col
carattere enantiomorfo, e solamente sostanze di tale carattere possono
essere attive. La massima parte delle sostanze attive allo stato amorfo
non sono attive allo stato cristallino. Fra le ultime sono lo zucchero
di canna, il sale di Seignette, il racemato di rubidio, il racemato di
cesio, il soh'àto di stricnina, il racemato antimonico di cinconina,
il melato zincico, la canfora matica.
288 Capitolo ottavo
Nemmeno, le sostanze attive allo stato cristallino conservano
tutte l'attività ottica allo stato di soluzione o allo stato liquido;
esempi il quarzo, il cinnabro, il solfato di magnesio ecc. L'esperienza
non ne ha rilevato traccia.
Le Bel e van't Hoflf spiegarono l'attività ottica con la presenza
di un atomo di carbonio asimmetrico nella molecola: nondimeno vi
sono sostanze aventi questa struttura senza ratti\'ità ottica. Pa-
terno fu veramente il precursore di queste scoperte.
Come il carbonio anche l'azoto, lo zolfo e gli elementi tetra-
valenti e pentavalenti dei gruppi IV, V e VI nel sistema di Mende-
lejeff generano strutture molecolari asimmetriche nello spazio otti-
camente attive.
Mentre riesce conveniente di assumere come potere rotatorio
nei cristalli l'angolo di rotazione del piano di polarizzazione per uno
spessore del cristallo di i mm. , è inveoe opportuno di riferire il potere
rotatorio per le soluzioni a una colonna di i dm. Sia p l'angolo di
rotazione per lo spessore di i dm., d la densità della soluzione, <j il rap-
porto fra il soluto e la soluzione, il potere rotatorio è
essendo
{p] = -^ 69)
P" = 7^ fp] 7o)
il potere rotatorio molecolare, detto M il peso molecolare.
Nei Hquidi il potere rotatorio specifico è
M
[p] = -J p. 71)
p essendo ancora l'angolo di rotazione del piano di polìarizzazione
per una coloima di liquido alta i dm.
^) Assorbimento ed emissione.
77- Trasformazione deIvL'energia raggiante. Colore per
TRASPARENZA. — Quando un flusso di energia raggiante cade sulla
superfice di un corpo (cristallo o no), una parte di esso è riflessa,
un'altra penetra nel corpo; quest'ultima è in parte assorbita trasfor-
mandosi in altra energia, e in parte è trasmessa. La prima sia r, la
seconda a, la terza /. Supposto i l'intensità dell'energia totale inci-
dente, l'osservazione suddetta si esprime nell'eguaglianza
I ~ y -^ a -^ t. 72)
Proprietà ottiche 289
r, a, t sono funzioni della sostanza, dello stato e del periodo T o
lunghezza 7,; a e i dipendono naturalmente ancora dallo strato at-
traversato dal flusso raggiante.
Due casi tipici estremi si distinguono :
IO a piccolissimo ) ji corpo è tr as par etite o diafano per irag^
t grande ) considerati.
20 a grande \
l il corpo è opaco per i detti raggi.
t piccolissimo )
Fra gli estremi diafano e opaco vi sono graduazioni, che pratica-
mente si esprimono con i termini: traslucido, pelltundo secondo la
grossezza del corpo osservato.
Nel secondo estremo si ha y = i — a, che ha luogo in particolare
nei metalli e in molti solfuri metallici ed in generale in tutti i corpi
fortemente assorbenti e di spessore considerevole. Si chiama a potere
assorbente della superfice del corpo. A rigore però l'assorbimento
non si produce sulla superfice ma incomincia in uno strato vicinis-
simo; infatti tutti i corpi in istrati sottilissimi sono trasparenti, an-.
Cora queUi che sembrano opachi. Le foglie sottilissime d'oro sono
trasparenti per il verde, quelle di rame per il verde-azzurro, quelle
di argento per i raggi ultravioletti, quelle di litio per i brimo-rosso-
cupo ecc.
L'assorbimento che i corpi esercitano su ciascuna delle radia-
zioni componenti la luce bianca, produce il fenomeno della colora-
zione dei corpi per trasparenza. Vari cristalli come il quarzo, la cal-
cite, il salgemma, la silvina ecc. sono trasparenti per tutti i colori;
essi non sono colorati e si dicono acroici. I cristalli del monometrico
sono in trasparenza in tutte le direzioni dello stesso colore, come
i corpi amorfi. I cristalli otticamente anisotropi, cioè i cristalli non
monometrici sono in trasparenza di colorazione diversa non solo
secondo la direzione in generale onde sono osservati, ma ancora
secondo il piano di polarizzazione; perciò i cristalli colorati si distin-
guono in monocroici e policroici; i primi come la fluorite, il gra-
dato, lo spinello, gli allumi ecc., i secondi come la tormalina, la
cordierite, la biotite, l'anfibolo, il berillo, il diasporo ecc. La co-
lorazione per trasparenza risulta naturalmente dalle radiazioni tra-
smesse, ed è dipendente dallo spessore del corpo, p. es. l'allume di
cromo in soluzione va dal verde al rosso secondo lo spessore e la
concentrazione.
Ma anche per un altro verso si distinguono i cristalli colorati
per trasparenza; gli uni sono idiocroniatici se la colorazione loro è
19 — e. Viola. é
29© Capitolo ottavo
propria della sostanza come i sali di cromo, di rame, di nichelio ecc. ;
gli altri sono allocromatici poiché il loro colore dipende da sostanze
in essi incluse, sospese, disciolte o diluite, p. es. l'ametista è violacea,
lo za£5ro è celeste, lo smeraldo è verde, il topazio è giallo, celeste e
anche rosso.
78. Rbi^azione fra assorbimento bd emissione. — Il rap-
porto fra il potere emissivo e quello assorbente dell'energia raggiante
è lo stesso per tutti i corpi alla stessa temperatura e per la stessa
lunghezza d'onda X. Da questa legge di Kirchhoff emerge che solo i
corpi assorbenti possono emettere energia luminosa per alzamento
di temperatura. Inoltre segue che nei cristalh policroici quella energia
luminosa emessa predominerà, il cui vettore corrisponderà a quella
che in luce trasmessa è maggiormente assorbita, onde segue che
luce emessa dai cristalli è in generale polarizzata parzialmente. Per es.
una lamina di tormalina tagliata parallelamente all'asse ottico, ri-
scaldata al rosso, rimane policroica; infatti una spirale di platino
incandescente osservata attraverso la lamina di tormalina e il Nicol
analizzatore apparisce diversamente intensa, più intensa se polari^
zato nel piano, in cui essa appariva più oscura a luce riflessa, e
meno se polarizzata nel piano normale ad esso.
79- Cou>RE PER RiPi^ESSiONB; I,UCENXEZZA. — La luce riflessa
dipende, nella sua intensità, dalla lunghezza d'onda, dalla superfìce
riflettente, dalle superfice più profonde, ed è sempre polarizzata (58).
Per la qual cosa luce bianca incidente dà luce riflessa molto diversa
per intensità e colorazione. Dalla relazióne a = i — r — t, pag. 288, ri-
sulta che il potere riflettente t è tanto maggiore quanto minore è quello
assorbente a. Se la quantità assorbita è grandissima già nei primi
strati della superfice riflettente, l'assorbimento è metallico. Ed è spe-
rimentalmente noto che i corpi dotati di assorbimento metallico,
pirite, calcopirite, antimonite, magnetite, ematite ecc. per una lun-
ghezza d'onda, ^no dotati anche di riflessione metallica per la
stessa onda, ossia riflettono la massima parte dell'energia incidente.
I cristalli dotati di colorazione superficiale, che perciò riflettono in
diverso grado i raggi della luce bianca, come l'oro, l'argento, il rame,-
il dnnabro, la pirite, l'antimonite, l'ematite, l'azzurrite, la mala-
chite ecc., in lamine sottili riflettono luce complementare di quella
che essi trasmettono.
Fra i diversi cristalh che si distinguono per il loro colore super-
ficiale, si sogUono fare due importanti distinzioni. I cristalli mono-
metrici riflettono in tutte le facce in egual grado e con lo stesso colore
e si dicono monocroici; i cristalU non monometrici ossia otticamente
Proprietà ottiche 291
anisotropi sono in generale policroici, vale a dire riflettono con diverso
colore la luce bianca sulle singole facce e nelle diverse direzioni. Nei
cristalli policroici l'assorbimento varia su una stessa faccia col variare
•del piano di incidenza, ha un xkiassinio e un minimo nei due piani
principali ottici della superfice riflettente. Questa nozione agevola
lo studio ottico dei cristalli opachi o fortemente assorbenti, poiché
il metodo per luce trasmessa non è in essi applicabile.
Anche nei cristalli come già nei corpi amorfi è bene fare distin-
zione fra riflessione regolare (speculare) e riflessione diffusa (diffusione)^
la prima avendo luogo su superfice terse, la seconda su superfice
appannate. Nel primo caso la quantità riflessa dipende dall'angolo di
incidenza, ed in ogni caso è funzione della lunghezza d'onda. Con la
corrosione meccanica, chimica o chimico-fisica (37) si ottengono
superfice a riflessione diffusa. Ma è bene notare che la differenza fra
riflessione regolare e diffusa è più quantitativa che quaUtativa, poiché
le figure di corrosione (37) che generano la scabrosità di una faccia
possono impedire la diffusione regolare secondo la lunghezza d'cmda
•dell'energia raggiante. Una lamina metallica p. es. appannata é
diffusiva per le onde luminose e speculare per le onde elettriche.
I cristalli perfettamente diafani riflettono la stessa luce, che
essi trasmettono; perciò essi, ridotti in polvere sono bianchi, come è
l>ianca la luce, che li illumina.
I cristalli a colorazione superficiale si distinguono in idiocro-
malici cioè di colore proprio alla sostanza di cui sono costituiti, e in
allocrotnatici cioè di colore dovuto ad inclusioni. Il salgemma (Na CI)
è spesse volte colorato in rosso stante le inclusioni di ematite in
finissima polvere, in celeste a causa di inclusioni idrocarburiche; il
quarzo è colorato in verde per inclusioni di clorite ; la blenda in giallo
•0 bruno per inclusioni di Fé S. Per inclusioni o diluizioni l'ametista
è violacea, lo zaffiro azzurro, il rubino rosso, il salgemma bleu, vio-
laceo, verde.
II colore apparente della luce riflessa è talvolta indipendente
•dal colore delle inclusioni, se la grandezza di queste è paragonabile
alla lunghezza d'onda della luce incidente; un cristallo così dotato
ha tutto il carattere dei meszi torbidi. Questi ultimi in trasparenza
sono limpidi, ma per riflessione sono torbidi, ossia emettono luce
diffusa ed appariscono di un colore bianchiccio, tendente al verde
celeste pallido, piìi propriamente glauco. Onde questo fenomeno nei
cristalli ha preso il nome generico di glaucheggiamento, che si osserva
in moltissime adularle del Gottardo, in vari feldispati tridini, di cui è
costituita la pietra limare, gemma pregevolissima dell' Lsola di Ceylon.
Anche l'opale glaucheggia più che non opalizzi; talune zeoUti glau-
cheggiano e non opalizzano. Il labradori zzare di taluni feldispati basici
292 Capitolo oliavo
non è diverso dal fenomeno dei mezzi molto torbidi, e così pure il
gatteggiamento a mezzi diversamente torbidi; nomi codesti esprimenti
modalità varie di uno stesso fenomeno.
h' iridescenza all'incontro si presenta in tutti i cristalli senza
inclusioni, ma specialmente in quelli facili alla sfaldatura, frattura,
accrescimento lamellare ecc. ove i vuoti o lamelle sottili d'aria ge-
nerano i colori di Newton somiglianti a quelli dell'iride.
Con la riflessione e propriamente anche con l'assorbimento è
connesso il fenomeno della lucentezza cristallina. Si suole distinguere
nei cristalli le seguenti lucentezze :
IO lucentezza metallica come quella che avviene sulle superfice
terse dei metalli; esempi: pirite, galena, marcasite, antimonite, te-
traedrite, boumbnite ecc. Certi cristalli molto assorbenti come il
diallaggio, la mica, l'augite, l'omoblenda, l'ipersteno ecc. hanno
lucentezza quasi metallica)
20 lucentezza adamantina, come si osserva sul diamante, sulla
blenda, sulla cerussite, sull'anglesite ecc., cristalli a forte rifran-
gensui;
30 lucentezza vitrea, quella comune al vetro. Bsempi : il quarzo,
la baritina, la calcite ecc.
I*a lucentezza può inoltre dipendere dalle inclusioni aderenti
alla superfice del cristallo, o dalla struttura di accrescimento.
La lucentezza sericea dipende dalla diffrazione della luce ed è
propria della struttura fibrosa, così nel gesso, nella malacliite, nel-
l'amianto, nel quarzo ecc.
La lucentezza grassa dipende dalla diffrazione in due direzioni
ed è propria della struttura reticolata, come nel quarzo, nel solfo ecc.
I^a lucentezza madreperlacea dipende dalla iridescenza ed è do-
vuta a struttura lamellare, come è costruita appunto la madreperla.
Così si osserva spesso nel talco, nella mosco\'ite (specialmente se
compressa) nel gesso ecc.
80. Traccia. — La riflessione diffusa si ottiene tanto sopra su-
perfice appannate quanto sul cristallo ridotto in frantumi. La pol-
vere del cristallo presenta infinite facce, dove la luce in parte è as-
sorbita e in parte riflessa generando nell'insieme la vera colorazione
della sostanza indipendentemente dalle inclusioni. Da questo feno-
meno nasce una pratica di diagnosi. Per ottenere la polvere del cri-
stallo in esame, lo si fa strisciare sopra una superfice dura rugosa,
come la porcellana ricotta non verniciata. Su tale superfice si fenna
la polvere del cristallo in striscia, traccia o rasura.
81. Asterismo, figure wminose. — Con la riflessione e la
Proprietà ottiche 293
rifrazione nei cristalli è in rapporto il fenomeno dell'asterismo ossia
delle figure luminose stellari. La causa di questo fenom^io sono le
inclusioni di maggiore riirangeuza del cristallo stesso includente,
inclusioni regolati o regutatmente orientate, sui cui spigoli la luce
si divide e interferisce e genera appunto l'asterismo. Di regola lo si
osserva con uu cannocchiale aggiustato per l'infinito. Nella fig. 538
è rappresentato un cristallo di mica con inclusioni aghiformi dì rutilo
perpendicolari alle facce laterali della mica. L'asterismo che da queste
inclusioni di rutilo deriva è figurato nella fig. 539,
Ma le figure lujainose traggono orbine non solo da inclusioni,
bensì in generale da striature finissime sulla superfice del cristallo,
ossia da figure di corrosione naturali o artificiali. Esempi: T^e figute
di corrosione simmetriche della calcite sulla faccia (100) rappre-
sentate nella fig. 448 generano figure luminose come quelle rappre-
sentate nella fig. 540. Le figure di corrosione asimmetriche della
dolomite sulla faccia (ioa) rappresentate nella fig. 449 generano le
figure luminose asimmetriche della fig, 541. Si ottengono facilmente
figure di corrosione sulle faccie jioo| e |inl dell'allume. Con tali
fiigure si ottengono le figure luminose interessanti rappresentate nella
fig. 542 per la faccia [coi) e nella fig. 543 per la faccia (ni).
294 Capitolo ottavo
Da questi esempi emerge che le figure di corrosione si possono
studiare con due metodi, o col microscopio osservando è misurando
gli angoli, ricavando da ogni singola figura di corrosione le partico-
larità che possono interessare la simmetria e la- struttura, ovA'ero
Fig. 542. Fig. 543.
producendo le figure luminose con luce parallela. E da qui emerge
ancora che il carattere fi.sico di una faccia ( 1 5) può essere individuato
dalle figure di corrosione (37) e dalle figure luminose.
82. PoucROiSMO. — Dato che l'assorbimento dei raggi lumi-*
nosi varia con la lunghezza d'onda, i cristalli hanno per trasparenza
una determinata colorazione in cui si trasforma la luce bianca illumi-
nante. I cristalli acroici sono attraversati da luce bianca nella stessa
proporzione in cui i singoli raggi si trovano nella luce bianca. 1/ assor-
bimento della luce nei corpi amorfi si compie in tutte le direzioni in
modo eguale ; cosi si comportano i cristalli del sistema monometrico.
Ma i cristalli degli altri 6 sistemi hanno la proprietà di assor-
bire la luce diversamente nelle varie direzioni e in modo diverso in
una direzione secondo il piano di polarizzazione. Siffatti cristalli
appariscono di più colori in trasparènza e in luce riflessa e si dicono
policYoici, Si può osservare anche ad occhio nudo le varie colorazioni di
tormalina, guardando la luce bianca attraverso due lamine accostate
di eguale spessore tagliate l'una parallelamente all'asse ottico, l'altra
perpendicolarmente. Lo studio del policroismo per essere completo
dovrebbe incominciare con lo studio dello spettro della luce emergente
ed anche della luce incidente. D'ordinario si lascia all'occhio di valutare
il pohcroismo nell' apparecchio polarizzatore sopprimendo uno dei
Nicol. I/esame sul pohcroismo dei cristalH può estendersi tanto alla
luce riflessa quanto alla luce trasmessa. Per cristalli opachi lo studio
deve limitarsi a luce riflessa. Con (juesto mezzo si può dimostrare
che la calcopirite è policroica mentre la pirite è monocroica.
Proprietà ottiche
295
Per lo studio del fenomeno del policroìsmo si prestano i mine-
rali eminentemente policroici quali il berillo, la tormalina, la cordie*
rite, il diasporo, la biotite, il pennino, Tomoblenda ecc. Vi si presta
un apparecchio speciale, detto dicroscopio da Haidinger, il quale con-
siste semplicemente di un romboedro di calcite tagliata secondo le
sfaldature a guisa di parallelopipedo che viene introdotto in un tubo
metallico. Ad una estremità di esso vi è una apertura quadrata, al-
l'altra ima lente con im forellino che fa da diaframma. Vista l'apertura
quadrata attraverso il prisma di calcite, essa si sdoppia. Portata la
lamina in esame Cr, fìg. 544, nello sdoppiamento delle immagini i^ e
«2, runa presenterà la tinta per un piano di polarizzazione l'altra per
il piano di polarizzazione ad esso perpendicolare. B poiché le due
inmiagini i, e i^ sono accostate, ne verrà che la differenza delle due
tinte sarà molto marcata, e l'occhio ne valuterà il dicroismo.
Fig. 544.
Lo studio del policroismo ha intanto condotto a questo risul-
tato, che il colore per trasparenza dipende dall'orientazione del vet-
tore limiinoso, che risulta normale al piano di polarizzazione.
I cristalli policroici si distinguono in imiassici o dicroici e in
biassici o iricroici.
Nei cristalli dicroici vi sono due direzioni principali Tuna pa-
rallela all'asse ottico, l'altra perpendicolare ad esso; le colorazioni prin-
cipali in questi cristalli sono pure due, secondo che il vettore è per-
pendicolare o parallelo all'asse, come nel berillo, nella tormalina ecc.
I cristalli biassici sono tricroici, hanno cioè tre direzioni princi-
pali di colorazione nelle tre direzioni principali ottiche ove cadono
anche i tre vettori principali, con i quali si possono comporre le co-
lorazioni in tutte le direzioni. Il diasporo HAIO} e la cordierite
Mgg AI4 SÌ5 0,g si prestano molto bene per lo studio del policroismo.
Si consideri il diasporo colorato e si tolga da esso tre lamine a facce
parallele, perpendicolari rispettivamente a x, y, z. La lamina (coi)
perpendicolare a 2^ ha due colorazioni, viola e giallo, secondo che il
piano di polarizzazione sia perpendicolare sl x o a, y. La lamina (010)
perpendicolare a y ha, pure due colorazioni, viola e azzurro, secondo
296
Capitolo ottavo
che il piano di polarizzazione è perpendicolare a ;tr o a z. Infine la
lamina (100) perpendicolare a ;ir ha due colorazioni, giaXlo e azzurro,
secondo che il piano di polarizzazione è normale a ^^ o a z. Le due
lamine (coi) e (010) hanno dunque im colore comune cioè il viola;
esse hanno comune il vettore x. Così è determinato che nella dire-
zione X vibra il vettore viola. Analogamente le due lamine (010) e
(100) hanno comune l'azzurro ed il vettore z, ed è perciò determinato
che nella* direzione z vibra il vettore azzurro. Finalmente le due
lamine (001) e (100) hanno comune il giallo ed il vettore y, onde il
vettore giallo vibra nella direzione y, fig. 545.
fìr. 545.
La conseguenza che si trae da queste osservazioni è che il vettore
luminoso nei cristalli policroici è perpendicolare al piano di polariz-
zazione (41), pag. 216, fig. 457.
La tormalina, fig. 171, pag. 106, colorata è fortemente dicroica.
Raggi perpendicolari all'asse ottico sono quasi totalmente assorbiti,
quelli precisamente che sono polarizzati nel piano principale, cioè i
raggi ordinari, e quasi nulla i raggi polarizzati nel piano perpendi-
colare al piano principale, cioè i raggi straordinari, di modo che una
lamina di tormalina a facce parallele tagliata parallelamente all'asse
ottico dà luce polarizzata, luce non dispersa. Due di siffatte lamine
sovrapposte formano un apparecchio elementare polarizzatore che
può sostituire in molti casi l'ortoscopio (47)» pag. 226, a due Nicol;
esso fu infatti adoperato in addietro sotto il nome di pinzette di torma-
lina, ove le lamine possono facilmente ruotare nel loro piano; e può
ancora servire per le prime indagini dei cristalli. Nella fig. 546 le due
lamine di tormalina sovrapposte sono in posizione parallela e lasciano
passare la luce; nella fig. 547 le stesse lamine sono incrociate (47) e
danno oscurità se ira esse è un corpo amorfo, aria, vetro, ossidiana
ecc. ; danno un campo luminoso in generale, se in mezzo vi è una
sostanza anisotropa (62).
Proprietà oUiche 297
Anche le tonnalìne acroiche o in apparenza acroiche sono leg-
germente dicroiche.
83- LUMINISCENZA. — I,'energia luminosa può trasfonnarsi in
altra energia luminosa. Avviene in tal caso emissione di luce, che
prende il ncnne di lummùcema o dispersione interna senza aumento
di temperatura. La trasformazione si compie da una lunghezza d'onda
X (periodo T) in lunghezza d'onda \' (periodo T'). La luminiscenza
prende diversi aspetti e ha diverse azioni: è fotoluminiscenza o fosfo-
rescenza e fluorescenza, termoluminiscenza, trìboluminiscenza, cri-
stalloluminiscenza, è chimica, elettrica ecc. ecc.
La luminiscenza è sempre accompagnata da assorbimento. Questa
le^e fondamentale è conseguenza della conservazione dell'energia,
poiché non si può avere endssione di energia senza sparizione di
un'altra. Con questo principio si spiega perchè la luminiscenza è
limitata alla superfice del corpo e a poca profondità superficiale.
Infatti i raggi incideiiti induttori, cioè capaci di trasfoimarsi in lu-
miniscenti o indotti, sono assorbiti nei primi strati superficiali del
corpo; quelli die lo attraversano non hanno più la stessa capacità,
e la luminiscenza ces.'ia.
Si fa differenza tra fluorescenia e fosforescenza, la prima essendo
emissione di luce finché il corpo, è illuminato, la seconda ha luogo
nell'oscuro, andie quando l'illuminazione è cessata.
Per osservare e riconoscere la luminiscenza in un cristallo, questo
vien posto in mia camera oscura, munita di un'apertura per l'osser-
vazione e di una seconda a squadra con la prima, fig. 548, per l'illu-
In generale per l'illuminazione sì usa luce bianca, violetta ul-
travioletta, elettrica ecc.
Se il cristallo è luminiscente, esso emette luce in tutte le direzioni,
ossia la diffonde. Veramente andie i mezzi torbidi (79) diffondono
luce analc^a ma sempre polarizzata nel piano contenente i raggi in-
cidenti e diffusi, mentre la luminiscenza nei cristalli birìfrangenti è
sempre polarizzata in posizione costante e indipendente dal piano
300
Capìtolo
oliavo
Assorbimento integrale di sorgenti radianti secondo Melloni.
Sostanze
Lampada
di Locateli!
Spirale
di platino
incandescente
Rame a
! 4000
Rame a
xoo»
Salgemma
Fluorite
Calcite
92%
39
92%
69
28
1
92% ' 92"ó
42 ' 33 .
6
Quarzo
28
28 6 ; 1
Ametista
21
9
2 '0
Tormalina verde
18
16
3
Allume
9
2 •
Ghiaccio
6
0,5
;
Vetro
1
39
24
6
Oltre NaQ, gU aloidi K CI, Ag Q, Na I, Na Br, KI. K Br
ecc. ed anche ZnS sono diatermani. Airincontro gli allumi e il ghiaccio
sono opachi o quasi per il calore.
85. DETERMINAZIONI DI COSTANTI OTTICHE IN I,UCE RIFI^ESSA. —
Per esaminare sostanze anisotrope opache o fortemente assorbenti,
gli apparecchi polarizzatori non vi si prestano senza qualche modi-
ficazione. Dapprima è necessario sia applicata la lamina di Savart,
pag. 279, per aumentarne la sensibilità (71) ; in secondo luogo è indi-
spensabile che l'apparecchio sia munito di illuminazione laterale e di
uno specchio per inviare luce incidente nell'obbiettivo e sul prepa-
rato in esame. Un sifEatto apparecchio è rappresentato schematica-
mente nella fìg. 549, con C il cannocchiale aggiustato per l'infioito,
N il Nicol analizzatore, S la lamina: di Savart, PP lo specchio, l'ob-
biettivo, M la sostanza in esame avente superfice tersa. X raggi lu-
minosi lateraU si riflettono nello specchio PP, attraversano l'obbiet-
tivo O, illuminano il preparato Af, si polarizzano, sono adsorbiti,
ritornano per l'obbiettivo, attraversano la laStra PP indi la lamina
di Savart, il Nicol analizzatore N, e Analmente in \Tlrtù del can-
nocchiale C si incontrano nell'occhio dell'osservatore.
Si dispone dapprima lo specchio PP perpendicolare all'asse del-
l'apparecchio. Indi girando il detto specchio si invia dei raggi lumi-
nosi omogenei sulla lastra metallica M che si colloca orizzontale in
luogo del cristallo in esame. Le linee di Savart appariscono; ma spa-
riscono appena lo specchio PP ritoma ad essere perpendicolare all'asse
dell'istnmiento. Quando si collochi una superfice del cristallo nel
posto di M, le frange di Savart riappariscono; si gira il preparato
Proprietà ottiche
301
da qo a 360° e le frange di Savart 4 volte nel giro completo spariranno
e 4 volte acquisteranno la massima intensità. Con siJffatto mezzo
si distingueranno le sostanze anisotrope dalle sostanze isotrope» e
^::i^
\
N
P«K- 549.
wmf9^
si determinerà sopra qualunque faccia del cristallo le direzioni prin-
cipali ottiche, ossia le direzioni di polarizzazione. Col prisma a squa-
dra P2 s^ controlla il funzionamento dell'apparecchio.
302 Capitolo ottavo
I<KTTERATURA AI. CAPITOLO Vin.
E. P0CKE13, LBhrìmch dar KristaUoptik. Leipzig, 1906.
R. Panbbiancó, Trattalo di Mineralogia, voi. II e HI. Padova, 1899.
A. Battsu:«i e P. Cardani. Trattato di fisica speritnetùale, voi. II. Milano,
1913.
L. DuPARce Fr. Pearcb, Traité de iechn. minér. et pétrogr., i.ère partie:
« Lea méthodes optiques ». Leipzig, 1907.
L. PifBTCHBR, The opticàt indicatrix and the transmission of tight in
crystals. London, 1892.
P. Drud£, Précis d'optiqite. Paris, 191 2.
I. B. Biox, Traité de physique, 1816. Paris.
A. Ròm, Elementi di fisica, voi. III. Firenze, 1906.
0. D. ChwoIcSON, Traité de physique, tome II, 4. Paris, 1909.
A. PoTiER. Joum. de phys, 1891. 2. io.
1. L. SoRBT e E. Sarasin. 1875-1882.
H. C. POCKI^INGTON, 190I.
G. B. AiRY, Canibrigde Phil, Trans., 1831.
I. KòNiGSBBRGBR, Ueber einen Apparai zur Erkennung und Messung op-
tischer Anisotropie undurchsichtiger Substanzen und dessen Verwendung,
' Centralblatt ftir Miner. etc. 1908, p. 565, 597; 1909, p. 245, 746.
Sulla dispersione vedi i lavori speciali di L. Brugnatelli (1898), P.
Neumann (1835). V. v. Lang (1877), H. Dufet (1888), G. Quincke (1879),
C. Viola (1899), ecc.
Sulla riflessione parziale e totale vedi i classici lavori di Presnel, Brew-
ster, Cauchy, P. Neumann, Green, Mac Cullagh, De Senarmont, Lamé,
G. Kirchhoff, Potier, Ìndi Kaemmerer (1904), Schwitring (1908). C. Vi<^
(1899, 1902), A. Comu (1901).
Sulla luminiscenza vedi i lavori di A. Pochettino (1904) con la biblio-
grafìa ivi riportata.
CAPITOLO IX
Proprietà magneto-elettro-termiche.
86. Induzione magnetica. — Un magnete genera nello spazio
un campo magnetico, in ciascun punto del quale è data la forza
in direzione, senso e grandezza. Per lo studio delle proprietà ma-
gnetiche di un cristaUo, è bene disporre di un campo magnetico
omogeneo, ove la forza è sempre eguale e della stessa direzione;
come si ottiene fadlmeute con due poli magnetici N e S nel modo
indicato nella fig. 550 a) e ò), i quali terminano con facce piane ed estese ;
a.)
*)
Fi». 550.
la forza magnetica è allora perpendicolare alle facce piane. In se-
condo luogo è bene dare al cristallo la forma sferica, afl&nchè l'in-
duzione non sia influenzata dalla forma; infatti una sfera isotropa
introdotta in un campo magnetico omogeneo si trova in qualsiasi
posizione in equilibrio, e così ancora una sfera di cristallo mono-
metrico.
Un corpo o un cristallo può portare in un campo magnetico
due sorte di modificazioni secondo che esso sia paramagnetico o
diamagnetico', nel primo caso condensa le linee di forza come nella
fig- 550 <*. nel secondo le dirada come nella fig. 550 h. Posto P Tin-
304 Capitolo nono
tensità del campo magnetico nel vuoto (od aria) ed M quella indotta
nel corpo estraneo, per permeabilità magnetica è inteso il rapporto
M
e si ha X > i per i corpi paramagnetici,
X < I per i corpi diamagnetici ;
cosicché i corpi paramagnetici sono più permeabili alla forza magne-
tica dei diamagnetici. Il ferro è paramagnetico, il cui coefficiente X
è molto grande, e si distingue fra i paramagnetici per essere ferro-
magnetico. Analogamente si comportano il nichelio e il cobalto. I
cristalli sono paramagnetici o diamagnetici secondo che siano più.
o meno permeabih dell'aria alla forza magnetica.
La quantità M — P = (X — i) P è il magnetismo che rimane
o esce dal corpo in im campo magnetico, ed è proporzionale alla
suscettività magnetica o alla quantità di magnetizzazio^ie, cioè al va-
lore di quanto l'intensità del campo aumenta o diminuisce con Tin-
troduzione del corpo para- o dia-magnetico nel campo magnetico.
Il coefficiente di suscettività o la costante di magnetizzazione è il rapporto
't^ — ^
4 7C •
e precisamente la suscettività è positiva, (x > 0, nei paramagnetici,
negativa, [jl < 0, nei diamagnetici.
Si può dunque affermare che i diamagneti sono più o meno tra-
sparenti per la quantità magnetizzante, i paramagneti più o meno
assorbenti per la detta quantità.
Un paramagnete in forma di piolo sottile si dispone nel campo
magnetico omogeneo nel senso della forza, un diamagnete nor-
malmente ad essa.
La suscettività magnetica [jl è la stessa per tutte le direzioni in
un corpo isotropo o iii un cristallo monometrico. Un cristallo dotato
di asse di simmetria principale {dimetrico, trigonale ed esagonale)
ha due posizioni di equilibrio in un campo magnetico omogeneo:
sia il suo asse parallelo sia perpendicolare al campo. L'asse prin-
cipale si chiama asse di isotropia ìnagnetica. Una sfera di siffatti
cristalU sospesa nella direzione dell'asse rimane in equilibrio indiffe-
rente in un campo omogeneo in qualsiasi posizione. Nella direzione
dell'asse la costante di magnetizzazione sia [ìq; normalmente sia la
costante principale [/.j. Sono positivi i cristalli con \Iq > [Xi, negativi
quelli con [i^ < [Ai- In ogni altra direzione la suscettività magnetica [jl
è data dal vettore di un elissoide di rivoluzione avente per semi-
assi \Iq e (Xi, fig. 551.
Proprietà magnetO'elettrO'Urmiche
305
In conclusione i cristalli del sistema dimetrico, trigonale ed
esagonale, liberi nel loro moto, ed in forma sferica, si dispongono in
un campo omogeneo con il loro asse di isotropia nella direzione della
forza tanto se sono paramagnetici e positivi, come la siderite, quanto
se sono diamagnetici e negativi, come il bismuto, l'antimonio, l'ar-
senico, il ghiaccio, lo zircone ecc. Bssi si dispongono col loro asse
normalmente al campo se sono paramagnetici e negativi come la
tormalina, il berillo, il diottasio ecc.,
ovvero se sono diamagnetici e positivi
come la calcite, la dolomite, U nitrato
sodico, la mimetisite, la wulfenite, ecc.
I cristalli appartenenti ai sistèmi
trimetrico, monoclino e triclino hanno
tre direzioni principali e ortogonali
fra loro Mj, "Af,, Afg secondo le quali
essi possono rimanere in equilibrio in
wi cam.po magnetico omogeneo. Se-
condo x^ueste tre direzioni le costanti
di magnetizzazione principali siano
risi)ettivamente \Li» [a,, \>^ diseguali,
anzi si designerà fJii > flj > (A,. Le
suscettività magnetiche principali nel
campo P ^no precisamente
Fig. 551.
h = [Al P, /, = [Ajj P, /,= [!, P.
In ogni altra direzione la suscettività magnetica è
/ = (X. P,
essendo \l il vettore di un elis-
soide, i cui semiassi sono \Lx,
\h> \h* ^- 552.
I cristalli a tre costanti
principali di magnetizzazione,
ossia a tre assi, hanno due dire-
zioni -4| e i4j nel piano M^ M,,
perpendicolarmente alle quali il
vettore di magnetizzazione è
sempre lo stesso. Esse sono gh
assi magnetici che fanno con Af^
lo stesso angolo acuto V, come
con iVfj l'angolo ottuso 90- V;
perciò Mi ed M3 sono le bisettrici magnetiche; l'una è acuta che divide
20 — e. Viola.
Fig. 552.
3o6 Capitolo nono
per metà l'angolo acuto iV, l'altra è l'ottusa. Per consuetudine si
suole dire positivi quei cristalli, la cui bisettrice acuta (ii è > del-
l'ottusa (ji,. I cristalli sono negativi nel caso opposto. L'angolo V è
calcolabile con Ja formola seguente (vedi forinola 41):
tagK= V^^^ ^^ 75)
L'equilibrio in un campo omogeneo è sempre raggiunto, purché
Mi, A/s o M3 cadano nella direzione della forza; ma l'equilibrio sta-
bile richiede che Mj o M, cada nella direzione del campo. Inoltre
un disco di cristallo tagliato perpendicolarmente ad uno degU assi
magnetici e sospeso nel centro in un campo magnetico omogeneo
rimane in equilibrio indifferente. Nondimeno Ai e A^ non sono assi
di isotropia magnetica.
I cristalli del trimetrico, monodino e tridino si comportano
tra loro nel campo magnetico in modo affatto diverso. Nei cristalli
del trimetrico le costanti principali di magnetizzazione (jl^, {a,, [i«
cadono rispettivamente nelle zone ortogonaH fondamentali del cri-
stallo. Nei cristalli del monoclino una sola delle direzioni principali
nìagnetiche coincide con la zona fondamentale del cristallo Mi, M^
o M3. Nei cristalli del tridino nessuna delle direzioni prindpali ma-
gnetiche cade necessariamente in una zona fondamentale. Questo
fenòìneno è conosrìuto col nome di dispersione magnetica direttiva.
Di più [Li, [JLs, (Xt variano in generale col variare del campo; dò
equivale alla dispersione scalare,
87. PouuuzzAZiONE DIEI.ETTRICA. — La polarizzazione dielet-
trica segue le stesse leggi della influenza magnetica.
Lo studio delle proprietà didettriche nd cristalli si può fare
convenientemente in un campo elettrico omogeneo» che con appros-
simazione si ottiene nello spazio fra due armature metalliche estese
di un condensatore, ove la forza elettrica è normale alle armature
ed è la stessa in tutti i punti. È noto che la capadtà elettrica di un.
siffatto condensatore è proporzionale alla costante didettricadd mezzo
interposto fra le armature. Una sfera ùiclusa nel campo di un tale
condensatore, fig. 553, assume lo stato di equilibrio nelle condizioni
seguenti :
1° in qualsiasi posizione se la sfera è amorfa, ovvero se è
cristallizzata nel sistema inononietrico;
2° in una qualsiasi posizione se il cospo è dei sistemi dimetrico ,
Proprietà fnagneto-eleitro-termÌQhe
307
F»g. 553
trigonale od esagonale e Ig, sfera è sospesa in modo nel campo elettrico
che il suo asse cada nel filo di sospensione ed è perpendicolare alle
linee di forza. L'asse è asse di isotropia dielettrica:
30 in tre posizioni ortogonali se il corpo è del trimetri co, mono-
elino e Iridino .
I cristalli a un asse di isotropia hanno la costante dielettrica
nella direzione dell'asse Eq maggiore o minore di
quella Si nel piano perpendicolare all'asse (dire-
zione equatoriale)'. La costante dielettrica in ogni
altra direzione è data dal vettore di un elissoide
di rivoluzione avente per semiassi e© e ei come
nella fig. 551. Se Sq > e^il cristallo è positivo, nel
caso contrario, per Sq < z^, il cristallo è negativo.
L 'equilibrio stabile di un cristallo uniassico
in forma di sfera in un campo dielettrico omo-
geneo è raggiimto, quando l'asse di isotropia è
nella direzione del campo. Viceversa il cristallo
negativo assume lo stato di equilibrio stabile con
l'asse perpendicolare al campo.
Nei cristalli a tre direzioni principali dielettriche ortogonali, con
tre costanti dielettriche principali Si, Sj, 83, queste sono diseguali ossia
Si > £2 > S3. Ogni costante dielettrica in una direzione qualsiasi è il
vettore in quella direzione dell'elissoide avente per semiassi e^, et, Sa,
come nella fig. 552. Un disco circolare levato da un cristallo del tri-
metrico, monoelmo e triclino, sospeso nel centro ad un filo sottile
verticale può assumere una posizione di equilibrio indifferente, se
il disco è tagliato dal distailo in un modo determinato. Due sono le
posizioni del disco nel cristallo che soddisfano a queste condizioni.
Le perpendicolari ad esse si dicono ^tssi dielettrici del cristallo. Essi
si trovano nel piano e^, z^, e il loro angolo e dimezzato da z^, e,, che
si dicono bisettrici acuta e ottusa. I due assi dielettrici non sono assi
di isotropia. Nei cristalU trimetrici le costanti principaU dielettriche
61» Sa, 63 si riferiscono a tre direzioni fondamentaU del cristallo. Nei
cristalU monoclini una sola delle costanti dielettriche principali
Si, S2,' 63 si riferisce a una determinata direzione fondamentale del
cristallo. Nei cristalli del triclino nessuna delle 3 costanti principaU
dielettriche si può riferire a qualsiasi direzione fondamentale del
cristallo.
Per questo riguardo le proprietà dielettriche vSono analoghe a
queUc'' magnetiche e ottiche; sempre esse determinano tre grandi
gruppi di cristalU: monometrici, a un asse, a due assi; variab^U
questi ultimi in tre modi per rispetto alle direzioni fondamentaU,
con che si distinguono sempre i cristalU trimetrici, dai monoclini e
dai triclini.
3o8
Capitolo nono
Per la determinazione delle costanti dielettriche si può far uso
convenientemente di un condensatore ad armature piane, ove ha
luogo un campo elettrico omogeneo.
Siano -^ e B le armature, fig. 554, di un
siffatto condensatore situate alla distanza à.
Sia C la sua capacità e V la differenza di po-
tenziale. Giiamando con K una costante, t la
costante dielettrica del mezzo interposto fra le
due armature, potremo scrivere
C^K
a
76)
Indi si inserisca la lamina di un cristallo in
esame A A aa ài spessore £^ e di costante dielet-
trica ex da determinarsi; con ciò la capacità
del condensatore sarà diminuita, posto ti < e.
il che sarà a^^'ertito dall'aumento del poten-
ziale. Per riportare lo stesso condensatore allb
stesso potenziale e quindi alla stessa capacità si
do\Tà allontanare le due armature una rispetto
all'altra. Sia x la grandezza di questo allonta-
namento, a^Temo la relazione
K.
cL — di ^ X
K i'- :
ossia
s s
d a — u^ -r X
dalla quale si ha semplicemente
X — di
z
d — di -\- X
C"!
u.,
rf,
78)
79)
che determi^ia z^ in funzione di x e: ài di.
Un metodo praticissimo per determinare la costante dielettrica
di un cristallo in una data direzione è quello dei galleggianti. Si inse-
risce fra le armature di un condensatore un liquido che abbia la stessa
costante dielettrica del cristallo, sicché tuffato il cristallo nel liquido
o levatone, la capacità del condensatore non cambia. Sarà poi pro-
blema sempHce ed esatto determinare la costante dielettrica del
liquido. Adottando il metodo dei galleggianti si evita l'incomodo d*
preparare il cristallo in lamine a facce parallele, di aii debbasi nu-
Proprietà magnetO'eleHro-terfniche 309
surare lo spessore d^\ con ciò si eliminano le misure di rf ed ;ir, e il
cristallo può essere assunto in qualsiasi dimensione e forma.
■
88. Ferromagnetismo.- — Oltre i due gmppi di cristalli para-
magnetici e diamagnetici capaci di modificare un campo magnetico
vi sono sostanze cristallizzate che hanno la proprietà di generare un
campo magnetico nel loro intomo. Tale è in primo luogo la magne-
tite Fcg O4, fig. 301-302. Essa attrae il ferro e ha tutte le proprietà
di un magnete, vale a dire è polare. Anche la pirrotina Fé S ha le
proprietà della magnetite ma in minor grado ; cosi pure certe varietà
di platino ricche di ferro sono magneto-polari. I più piccoU frantumi
di un cristallo di magnetite sono piccoli magneti. Non è vero che la
magnetite abbia due soli poli Nord e Sud; probabilmente la più
forte magnetizzazione è concentrata nelle direzioni degU assi ternari.
89. Conduttività ei^ETTrica. — Sia dato un cristallo di con-
duttività metaUica, quale la magnetite, la pirite (Fé Sj) ecc. In un
punto di esso O come centro sia collocata una sorgente elettrica co-
stante, da cui sgorghi un flusso elettrico in tutte le direzioni. Ive su-
perfice equipoten ziaU che ne risultano nel cristallo sono sjfere se il
cristallo è del monometrico come nei corpi conduttori amorfi; esse sono
elissoidi di rivoluzione simili se il cristallo è del dimetrico, trigonale
o esagonale, sono elissoidi a tre assi concentrici e fra loro siiniH se
il cristallo è del trimetrico, mon odino o triclino. I semiassi degU
elissoidi equipotenziali hanno valori proporzionali rispettivamente
a V^, V^» V^, essendo Cj > e, > e, i coefficienti principali di con-
duttività. Se l'elissoide equipotexiziale è di rivoluzione, le condutti-
vità principah sono due Co e c^; c^ nell'asse principale di simmetria,
Ci nel piano ad esso perpendicolare. L'asse è per conseguenza di
isotropia elettrica.
Per conoscere la conduttività normale e la conduttività radiale,
si intraprendono due esperimenti. In un caso si prepara una lamina
dèi cristallo a facce parallele e di dimensioni taU che la sua grossezza
sia trascurabile per rispetto alle altre due ; il flusso elettrico che attra-
versa questa lastrina genera in essa superfice equipoten ziaH che sono
piani paralleli alle facce estreme. La conduttività elettrica normale alla
lamina è il quadrato del valore reciproco del vettore dell'ehssoide
avente come semiassi y — , \/ — , y — Nel secondo esperimento
0\ C2 C3
si assume un filo di cristallo, tanto lungo che le altre due sue dimensioni
siano trascurabili per rispetto alla lunghezza. La conduttività radiale
cioè nella direzione di questo filo è il quadrato del vettore dell'elis-
soide avente per semiassi rispettivamente i valori Ve,, \Cj. Vcj-
Questi pTÌncipi sulla conduttiWtà elettrica ricompaiono, coaie ve-
dremo, nella condiitti\'ità termica. I reciproci delle cbndutti\ità soao
le resistenze, co, = — . cuj = — ,0)3= — .
È dimostrato in alcuni cristalli del moncmettico che essi sono
isotri^i per la coiiduttix'ità elettrica. Kella magnetite p. e. la resi-
stenza lungo lo spigolo dell'esaedro è o.5]62 Ohm, lungo la diagonale
0.5169 Ohm a 40" C.
Dei cristalli appartenenti al sistema trigonale sì conosccno le
resistenze del bbmuto, dell'ematite ecc.
J.a resistenza bj, piirallela all'asse di isotropia e quella <i), per-
pendicolare ad esso per il bismuto sono nel rapporto
Uo- w, = 1,6; I.
Per l'ematite si ha oio = 83, a Ohm, <ij[ = 43,0 Ohm a o^C.
I cristalli conduttori specialmente i metalh sono anche termo-
elettrici. I metalli si possono ordinare in una serie tale, che ciascuno
rispetto al precedente sia sempre positivo elettrico, ossia che la cor-
rente fluisca sempre nel punto riscaldato dal i" al 20, dal 2" al 3"
e così vìa. Perciò quanto più lontani si trovino i metalli nella serie
e tanto maggiore è il loro potenziale. Cosi il bismuto e l'antimonio
generalo una forte corrente, che nel punto riscaldato va dal bismuto
all'antimonio, sicché il bismuto è negativo, e l'antimonio positivo,
r solfuri e specialmente alcuni solfuri sono singolarmente termoelet-
trici. È da citarsi a questo riguardo la pirite FeS,, Due cristaUi di
pirite posti a contatto e nel luogo dì contatto riscaldati, generano
una corrente termoelettrica. Ma i due cristalli devono essere difle-
renti come fanno vedere le due fig, 555 e 550. I^a forma più abituale
della pirite è il dodecaedro pentagonale, fig. 315 e 316 |il pìrìtoedro)
|^io| e |i,io]. Ma queste forme non sono sempre fra loro paragona.bìlì
Proprietà ntagneto-eleUro-terìHÌche
311
a causa della loro strìatura. La fig. 555 fa vedere la striatura sulle
f accie del piritoedro perpendicolare alle rispettive zone dell'esaedro,
la fig. 556 la fa vedére parallela rispettivamente agli spigoli dell'e-
saedro : i piritoedri della fig. 556 sono per lo più termoelettrici posi-
tivi, mentre quelli della fig, 555 sono negativi. Due di tali cristalli
per struttura difEerenti in contatto generano con l'aumento della
temperatura nel contatto una differenza di potenziale maggiore che
quella che si genera fra bismuto e antimonio a parità di condizioni.
90. CoNDumviTÀ TERMICA. — Per comprendere elementar-
mente le proprietà termiche di un cristallo si immagini questo tro-
varsi a temperatura eguale in tutti i suoi punti; poscia in un punto 0,
come centro, vi sia immessa una sorgente calorifica costante, che
irradi in tutte le direzioni. Ciò posto, in ogni punto si determinerà
ima temperatura stazionaria. Le isoterme, superfice di eguale tem-
peratura, sono sfere nei corpi axaorfi e cristalli monometrici; sono
ehssoidi di rivoluzione nei cristaUi a un asse di simmetrìa principale,
ossia dimettici, trigonali ed esagonaU con un asse di isotropia ter-
mica coincidente con l'asse di simmetrìa. I^ isoterme sono elissoidi
a tre assi, concentrici e simiU fra loro, fig. 557, nei cristalli trimetrici.
Fig. 557.
monoclini e triclini ; i loro semiassi sono proporzionali rispettivamente a
V^i. V^a» V^»» essendo c^, e,, e, i ire coefficienti di conduttività termica
principali.
Per conoscere le leggi che reggono la condutti^'ità termica in
un cristallo si possono fare le segjxenti due esperienze. Si può in primo
luogo misurare la conduttività perpendicolarmente a una lamina,
e in secondo luogo nel senso di un bastoncino sottile. La conduttività
normale è il quadrato del valore reciproco del vettore di un elissoide
avente per semiassi \ —> \ — ' V * ^^ conduttività radiale è il
d..
quadrato del vettore di un elissoide avente per semiassi V^'i. ^^2- ^'^2-
312
Capitolo nono
Nella fig. 558 sono rappresentati i due elissoidi reciproci di con-
duttività, aventi il centro comune O e comuni gli assi. Uno di essi ha
per semiassi V^. V^, V^ l'altro y ~. y — , y Ì-. Nella dire-
ni ^2 C3
zione OS la conduttività è proporzionale a OS^. Nella direzione nor-
male ON la conduttività è t^tt .
Siano x^ yi z^ le coordinate del punto S, e ^j yj^ ^1 le coordinate
del punto N\ i due punti si dicono corrispondenti. Le relazioni fra
le coordinate x^ y^ z^ e ^j 7)1 X^x sono le seguenti:
^1 = r- ^1 '
^2
^1 = 7-/^1 •
*'8
80)
E altri due punti corrispondenti x^, y^, ^t, ^j, r^, Z,t danno le stesse
relazioni sicché
^t — "T" ^i »
^2 = T- >'t
Kt^T^z-
81)
e perciò
li ^2 4- Yji yt + ?^i ^2 == ?t ^1 -f- 'ni n + ^8 ^1
82)
(vedi pag. 238), che è la relazione di reciprocità di Potier.
Senarmont per determinare le isoterme nei cristalli, coperse
queste di un sottile strato di cera, e con un
ferretto riscaldato nel centro, osservò le curve
isoterme che si formavano fondendosi la cera
intomo al centro di propagazione del calore.
Rontgen più semplicemente coperse le facce
del cristallo appannandole con l'alito della
bocca; indi un cilindretto di 3 mm. di dia-
metro di rame appuntito e riscaldato fu appli-
cato sulla faccia appaimata; il calore espan-
dendosi asciugava il sottile alito secondo curve
isoterme ; poscia per fissare dette curve. Rontgen
vi sparse un * sottile strato di licopodio, che
naturalmente si attaccava sulla parete appan-
nata. Così fu esperimentato sul quarzo. Le
curve isoterme, fig. 559 a, sulla faccia (11 a) sono
elissi, suUa faccia (iii) fig. 559 ò) sono cerchi,
poiché le isoterme sono per il quarzo elissoidi di rivoluzione.
Come 'si e detto per la conduttività elettrica, vale anche per la
Proprietà magneto-eleUro-Urmùlu
conduttività termica il principio che da essa risultano individuati
S gruppi di cristalli:
IO i cristalli del monometrico, isotropi;
2" i cristalli del dimetrìco, trigonale ed esa-
gonale con un asse di isotropia ;
3" i crbtalli del trimelrico, monoclino e
triclino con tre direzioni e tre coe£Scienti princi-
pali di conduttività, i quali cadono rispettiva-
mente nelle tre direzioni fondamentali del cristallo,
se è trimetrico;
4° i cristalli del monoclino con una sola
di esse in una direzione fondamentale del cri-
stallo;
S" i cristalli del triclino in cui nessuna di
esse cade nelle zone fondamentali del cristallo.
Cristalli di rame e = 55
■ di salgemma e — 0.6
1 di calcite e, = 0.576
I di quarzo e, = 1.57Ó
■, =. 0.47G
i = P-957
91. Dewtazione termica. Depobuazione omogenea. — S
dimostra facilmente che in ogni cristallo esistono tre direzioni orto-
gonali X, y, z, fig. 560, alle quali corrispondono tre coe^ctenti di di-
314 Capitolo nono
lutazione lineare principali ai. «j, «3, tali, che a dilatazione avvenuta,
rimangono nella loro posizione originale, senza variazione di angoli.
«1, «a, «8 si riferiscono a temperatura unitaria (i^C). Ogni altra dire-
zione in generale, a dilatazione avvenuta, subisce un leggero spo-
stamento p. es. da r a p, di guisa che una sfera di raggio i, fig. 560,
immaginata nel cristallo, a dilatazione avvenuta, diviene in generale
un elissoide, i cui semiassi in ;r, y, ^ sono rispettivamente
A^ = I -h ai ^
A^= I +oi^t} 83)
A^= 1 -{- (x^t
essendo t Taumento di temperatura.
Posto p = I + p ^;
per luia direzione data originaria r avente le coordinate x, y, z, le
coordinate di p sono
^ = ^(i-faiO, fi ='y (^ + OL^t), ?; = ^(i -fa,/). 84)
D'altra parte detto <p, t|i, 6 gU angoli che r fa rispettivamente
con le direzioni x, y, z si ha facilmente
P = ai cos* cp + a, cos* ^p + 03 cos* 6. 85)
La dilatazione cubica è
Y = ai + a» -f a, 86)
ovvero ancora
Y = Pi + P2 + P3 • 87)
essendo p^, ^j, ps i coefl&cienti di dilatazione secondo tre direzioni
ortogonali qualsiasi.
Sia Fq il volume iniziale e F il volume finale a dilatazione avve-
nuta in seguito ad uniforme alzamento della temperatura di /«;
si intende per y il coefficiente che soddisfa alla relazione
Y = Fo (I + yO-
Consideriamo i tre spigoli fondamentali del cristallo x, y, z, fig. 561
(confronta con fig. 11); la faccia unitaria determina su x,y,z \ para-
metri fondamentali OA = a, OB = 6, OC — e.
Una faccia qualsiasi A' B' C taglia sui medesimi spigoli i seg-
menti parametrici
0/1' = a', OB'=-b\ OC = c\
Proprietà tnagneio-eleUro-termicke
315
i cui indici sono h, k, l essendo
a b e
h: k: l = —- : — r : — .
a' b' C
Posto ai, Oa* ocg i coefficienti di dilatazione nelle rispettive direzioni
Xy y, z, in luogo di a, b, e, scriveremo
a (i -f ai 0» 6 (i + a2 0» e (1 -{- ai^ /),
Fig. 561.
I
essendo t Taumento uniforme della temperatura; e analogamente in
luogo di a', b\ e' si scriverà
«' (I + ai 0. &' (I + ot ^, e' (i + as <);
e allora gli indici della data faccia^ ' J5' C divengono dopo l'aumento
della temperatura /
h'ik'it' =
^ (I + «1 b(l +OLt i) C(l +QCg^) __
a' (I + ai * ft' (I 4- «a ' C (i + a, ^) ^ ' ^
ossia:
G/i indici delle facce di un cristallo non si modificano con la
dilatazione termica uniforme.
I4SL dilatazione termica' uniforme non è che un caso speciale
della deformazione omogenea, la quale si ottiene esercitando sulla
super fice del cristallo una pressione eguale in tutti i pimti.
3i6 Capitolo nono
Per rispetto alla dilatazione termica unifomie e in generale
alla deformazione omogenea i cristalH si distinguono in cinque gruppi:
1° Cristalli del monometrico che sono isotropi come i corpi
amorfi. La sfera in essi tracciata rìm.ane sfera dopo la deformazione.
2<> Cristalli del dimetrico, trigonale ed esagonale, con un asse
di isotropia termica, che cade nell'asse principale di simmetria del
cristallo. Vi si distinguono due indici principali di dDatazióne oco
nella direzione dell'asse, «i in ogni direzione ad esso normale.
30 Cristalli a tre assi di dilatazione principali ai > «j > Os-
Una sfera dopo la dilatazione di\dene un elissoide a tre assi. Questi
assi coincidono con le tre zone fondamentali del cristallo, qaando
è trimetrico.
40 Cristalli a tre assi come sopra, in cui uno solo degU assi
dell 'elissoide coincide con una zona fbndamentale del cristallo, se
è monoclino.
5» Ovvero nessuno dei tre assi coincide con una zona fonda-
mentale del cristallo se è triclino.
Esempi.
Cristalli del sistema monometrico.
a
X IO»
a X IO»
Diamante C
60 Salgemma
NaG
3^5^
Blenda ZnS
619 Sil\dnaKa
Fluorite CaF,
3597
1796
Pirite Fé S,
842 Boracite
0323
Cristalli del sistema
trigonale.
ih
all'asse di isotropia
OL^ X IO»
1
all'asse di isotropia
ai X IO»
Quarzo Si Oj
781
I419
Calcite Ca C O3
2621
540
Tormalina
905
379
Bismuto Bi
I62I
1208
Antimonio Sb
1692
882
Cimiabro Hg S
2147
179I
Zaffiro Al, O,
0619
543
Ematite Fé, O,
829
836
Dolomite Mg Ca
CO,
2060
415
Proprietà tnagneto-elettro-termicke 317
Cristalli del sistema
dimetrico.
ao X IO»
Rutilò Ti Oa
919
Zircone Zr Si 0^
443
Anatasio Ti 0,
819
Cassiterite Sn 0,
392
Vesuviana
— 740
Xi X IO»
♦ 714
233
464
321
839
Cristalli del sistema esagonale.
ao X io« ^ ai X IO»
lodite AgJ —397 +65
Berillo — 106 +137
Emerge da questi dati che se i cristalli, nella massima parte,
aumentano di volume con la temperatura, ve ne sono di quelli che
si contraggono, come accade per la jodite, la quale per ogni grado
di temperatura perde 0.00000267 del suo volume.
Cristalli del sistema trimetrico.
ai X 10^
Aragonite Ca CO3 3460
Crisoberillo 0602
Topazio Alj Si Fj O^ 592
Solfo SJ 2144
I cristalU del IV gruppo, come si è detto, hanno una sola dire-
zione principale termica, che coincide con una sola zona fondamen-
tale del cristallo che è appunto la zona [010].
Cristalli del sistema monoclino.
oLi X IO», aa X IO», a» X IO»
Ortoclasio ' 1905 — 0203 —01 51 aj A [100] = 71» 14
Gesso 4163 2933 0157 og A [100] = 470 V4
I cristalli dal punto di vista termico sono positivi o negativi.
Per esempio il quarzo è negativo perchè ao < ai come la vesuviana.
All'incontro la calcite, la dolomite, lo zircone, il rutilo ecc. sono
positivi perchè a© > ai- Con analogo criterio, come per il carattere
ottico, si giudica del carattere termico dei cristaUi a 3 assi principali,
di dilatazione, e cosi pure della dispersioìie termica.
92. Relazione fra dilatazione termica e angoli. — Tutti i
cristaUi, tranne quelli del monometrico, subiscono variazioni di
a^ X IO»
CL3 X IO»
1710
1016
0601
0516
414
484
8604
7138
3i8
Capitolo nono
angoli fra le facce in seguito ad aumento o diminuzione di tempe-
ratura. Per semplicità di calcolo sia riferito il cristallo à tre dire-
zioni Xt y, z, fig. 562, che coincidano con le tre direzioni principali
termiche del cristallo A^» A^, A^ ove si computano le dilatazioni ai,
Fig. 562.
«2* ««• Sia ABC una faccia del cristallo, la cui normale N fa con x,
y, zi rispettivi angoli 9, v|^, ; siano A<p, Av|^. A6 i rispettivi aumenti
in seguito all'aumento t della temperatura. Con una facile operazione
e trasformazione si ottengono le seguenti espressioni:
A<p == cotg 9 jcos* 4^ M2 — ^1) + cos* 6 (^a — A^\
Avj^ = cotg 4» |cos* 6 (^3 — Aij -\- cos*(p (^1 — ^^,)|
AÓ = cotg 6 jcos» 9 (^1 — A^ 4- cos» (]) (^2 — ^tì\
essendo ^1=1+ (x.^4, ^4, = i -f- oc, /, ^j :ì= i -f a, ^
89)
Siano ora date due facce del cristallo con i rispettivi angoli
<Pi» ^1» 01 ^ 92. 4**' ^2 • ^^ guisa che l'angolo -^ fra essi sia dato da
cos 5( = cos 9i cos 92 4- cos 4*1 cos ^^ + cos Oj cos 6,.
Posto V l'aumento di 5( in seguito all'aumento t della temperatura,
avremo facilmente
V sen )^ = i4i |2 cos 91 cos 9,
+ i4 j ( 2 cos (j^i cos i|>2
-f i4 j j 2 cos 01 cos 02
(cos* 9i -f cos* 9j) cos yy
(cos* vj^i 4- cos* 412) cos )r I
(cos* 01 -f cos* 0j) cosyj
Proprietà magne to^elettro- termiche 319
Per i cristalli del trigonale, dimetrico ed esagonale, con un asse di
isotropia, ove A^ = A^, at'remo
V sen -^ = (Ax — A^ [2 cos 9^ cos cpj — {cos* 9^ -fcos* 92) cos )^|. 89)
Per i cristalli del monometrico vi è ancora A^ — A^^ quindi
V = o;
come era da prevedersi.
Le facce fondamentali della calcite, facce di sfaldatura, fanno
angoli eguali con A-^\ per esse è 9^ == 9, = <p, onde
V sen X = 2 cos^ 9 {A^ — A^ (i — cos^) 90)
ossia * ^
V = 2cos«9(^i — ^2)tag— X- 91)
Fra due facce di sfaldatura è x = 75** circa e quindi tag — x = 0.767.
Da qui risulta
V = — 0.00243 ossia V = 503" = — 8'. 23".
Questo è precisamente l'angolo misurato da Mitscherlich. Da esso
risulta ,
A^ — A^ — 0.0000342.
93. Apparecchi per misurare i.e dii^atazioni terahche. —
I metodi per queste misure sono quelli di Fizeau e di Fedorow. L'ap-
parecchio di Fizeau è relativamente semplice. Una lente L piano-
convessa, fig. 563, riposa su tre \\\x calanti e passanti per una piastra
cilindrica metallica robusta M, Con le \iti calanti si può portare la
superfice piana della lente in parallelo cori la faccia piana e levigata
della piastra metallica. Fra le due facce parallele, del cristallo Cf
e della lente LL vi è uno strato d'aria. I raggi luminosi 7 prove-
nienti da una sorgente monocromatica posta all'infuori e a distanza,
incidenti quasi normalmente al cristallo, attraversano la lente nel-
l'incidenza e nella riflessione R. I raggi riflessi sulla faccia del cri-
stallo e quelli sulla faccia piana della lente, avendo un ritardo gli
uni per rispetto agli altri, interferiscono e generano delle frange di
Newton oscure e chiare. Col riscaldamento lo strato di aria diminuisce
o aumenta di spessore secondo che si dilatano più le \iti calanti o
più il cristallo. Nel primo caso le frange di interferenza si sposte-
rarmo verso lo spessore maggiore, e nel caso inverso si sposteranno
nel senso opposto. Pei ogni passaggio dì frangia lo spessore aumenta
o diminuisce di 14 X (X lunghezza d'onda). Sia A^ il coefficiente di
dilatazione delle viti, A quello del cristallo, A'g il numero di frange
attraversanti ima mira fissa, / lo spessore del cristallo, i, l'altezza
delle riti, avremo la relazione
Con lo stesso metodo si può determinare la costante A^. Infatti
posto in luogo del cristallo un cubetto dello stesso metallo di cui scmo
costruite le \'iti, s
-V y = Co - ') --ffl ■ 93)
Fedorow è partito da un princìpio affatto diverso non meno
esatto e non meno elegante. Egli copre la faccia del cristallo di un
sottile strato di un metallo prezioso, sui quale sia indso un retico-
lato di diffrazione. Con la dìlataiione del cristallo, avviene lo spo-
stamento dello spettro di diffrazione, e si ha con ciò un elcanento
per calcolare la dilatazione rispettiva secondo due direzioni piìncì'
pali sulla faccia del cristallo in esame.
94. PmoELETTRiaTÀ. FiEzoELETTRlClTÀ. — I,a polarità elet-
trica che sì manifesta in un cristallo, abbassandosi o alzandosi uni-
formemente la temperatura, è detta da Brewster piroeUttriciià.
Proprietà magneto-eteltro-termiche
Essa fu notata da commerdanti olandesi (1707) al principio del
18' secolo su cristaUi di tormalina piovenìenti dall'isola di Ceylon.
Aepinus fin dal 1756 ne riconobbe la natura, e Canton (1759}, Berg-
mann, Hauy. Becquerel, Hanke), Kundt, Gaugain (1859-63), Thomson
(1860), Curie (i88r), Rieclte (1886) ne fiaaarono le leggi. La tonnalina
cristallizza nel sistema ti^onale, classe pìramldale-ditrigonale,
%. 171, pag. 106, avente un asse di simmetria polare come carat-
tere fondamentale per il fenomeno che ci riarda. Nella fig. 564 è •
riprodotta l'effige della fig. 171 con le forme |iooj, jiooj, jLilt,
Jioil, jiia), jlll), dalle quali risalta il carat-
tere polare del cristallo, cioè le due termina- 1
zioni diverse. Lo sviluppo maggiore assume la
zona verticale [in].
Col riscaldamento una estremità della tor-
malina si carica di elettricità positiva, l'altra
di negativa; col rafirreddamento la polarità si
' inverte. Aepinus, avendo notato questo feno-
meno, chiamò estremità analoga quella che ai
copre di elettricità positiva col riscaldamento,
e antiloga l'altra. La regione neutra separa le
due. La polarità elettrica risiede nella sostanza,
non solo nell'intero cristallo, ossia ogni più
piccolo frammento di esso è polare come Ìl
tutto, nella stessa guisa come è magnete com-
pleto una piccolissima parte di esso,
Hauy (1791) rilevò il l^ame intimo tra ^~
il fenomeno della piroelettricità e la simme- ^"- s*«-
tria emimorfa dei cristaUi di tormalina, e
affermò essere condizione necessaria dell'eccitamento piroeletttico
di un cristallo l'esistenza di un asse di sinunetria polare. Le osserva-
zioni di Hankel scossero un poco l'afEennazione di Hauy, poiché la
piroelettricità polare ha sede anche in cristalli non aventi siffatta
simmetria.
Il procedimento di Kund, pratico ed elementare è adatto per
Io studio del fenomeno piroelettrico. Esso consìste nello spolverizzare
il cristallo di minio e solfo, mentre è in via di raffreddarsi o anche
dì riscaldarsi. Portato il cristallo a temperatura elevata in una stufa
bene custodita, levato quindi dalla stufa e perciò in via di ratfred-
damento, lo si spolverizza con una miscela dì mìnio e solfo fatta pas-
sare attraverso una mussolina tesa. Dato iì contatto fra la miscela
e la mussolina, ìl minio si carica di elettricità positiva e sì deposita
sulla regione negativa del cristallo che perciò è analoga; il solfo si
carica di elettricità negativa e si deposita sulla regione positiva del
31 — e. VlOL*.
322 , Capitolo nono
cristallo che perciò è aniiloga. La regione neutra rimane nuda^, vedi
fig. 564.
Gaugain (1856) sperimentò sui cristalli di tormalina e pervenne
ai seguenti risultati:
IO Allacciando più cristalli di tormalina in batteria ossia
in modo che un filo di rame comunichi con tutti i poU analoghi e un
secondo comunichi con tutti i poli antiloghi, la quantità elettrica
che se ne ottiene è la somma delle elettricità, che si ricavano dai sin-
goli cristalli. Il potenziale rimane lo stesso.
20 Allacciando i poli analoghi successivamente con gli anti-
loghi il potenziale è la somma dei potenziali, che danno i singoli
cristalli, ma la quantità elettrica è la stessa.
3<> La quantità elettrica di un cristallo è proporzionale alla
sua sezione trasversale, ed indipendente dalla sua lunghezza.
40 La quantità elettrica è . indipendente dal tempo necessario
per raggiungere una data variazione di temperatura.
50 La quantità elettrica dipende dalla variazione di tempera-*
tura, aumento o diminuzione.
Le nuove esperienze di Riecke (1886) dimostrano che il fenomeno
della piroelettricità si spiega con la teoria di W. Thomson (Lord
Kelvin).
Kelvin suppone che le particelle elementari della tormalina
abbiano una polarizzazione permanente nella direzione dell'asse
ternario, come un magnete, e che siano cariche ciascuna di elet-
tricità positiva e negativa. Ma a differenza dei comuni dielettrici,
le molecole della tormalina e di tutti i cristalli emimorfi (25)* sono
orientate in una direzione. Si può dunque riconoscere nella tormalina
un corpo elettrico permanente, avente siffatta proprietà in virtù della
sua struttura, dove che all'incontro il magnete l'acquista in seguito
a speciale trattamento. Nell'interno del cristallo emimorfo, le due
elettricità si elidono ; .esse rimangono isolate nella superficie, dando
l'apparenza come se l'elettricità fosse limitata nelle regioni estreme
da dove l'elettricità si espande nel campo elettrico. Per spiegarsi
che il potenziale, ossia la differenza di potenziale, si affenna durante
il riscaldamento o raffreddamento del cristallo, è necessario rilevare
che il potenziale è funzione della temperatura, e che anche la con-
duttività estema varia con la temperatura. Questa e quella possono
elidersi completamente; da qui la necessità di alzare o di abbassare
la temperatura per far predominare la differenza di potenziale suUa
conduttività superficiale. Riecke infatti dimostrò che la tormalina
può rimanere polare a temperatura costante ; egli sospese* un ago
di tormalina ad un filo di seta sotto una campana, ove si poteva
ottenere il vuoto ed eliminare il pohiscolo dell'atmosfera, vale a
dire eliminare le cause della condutti\ità.
Proprietà magneto-eUttro-lertmche 313
Un cristallo di tonnalina alzato di 1° C. sopra la sua temperatura
ordinaria, accumula 1,22 unità elettriche assolute pei (^ni età* di area
trasversale, essendo unità elettrica (e g s) quella che esercita sopra
ima sua eguale alla distanza dì i cm la forza dì una dine nel \'uoto.
Come si è detto al pari delia tormalina si comportano nella va-
e di temperatura tutti i cristalli emimorti (25), quali il solfato
di litio (LijSOJ, lo zucchero di canna (Cj, H„ Oi,) ecc. del sbtema
monoclino, la calamina [(Zn O H), Sì O,}, la Bertrandite [H, Be^
Si, O,], la prehnite [H, Ca» Alj (Si Ojjj], l'acido picrico [C, I^ (NO,),
O] ecc. del sistema trimetrico, la pentaeritrite [Cj^ H|, Oj) del si-
stema dimetrico, il solfato litio-potassico [K Ij SO,] ecc. del sistema
esagonale.
Jjù fig. 565 rappresenta un cristallo di saccarose [Ci, H„ O,,]
{zucchero di canna), con i due poli positivo e negativo, l'uno coperto
di minici l'altro di solfo, l'uno analogo l'altro antilogo. Con lo stesso
processo di Kund è messa in evidenza la polarità piroelettrica posi-
tiva e negatì\-a in un cristallo di emimorfite (calamina), di cui la
fig' 5^^ ^ ci» un'effige. Confronta con la fig. 108 e fig, 362.
Un cristallo di acido picrico' è effigiato nella fig. ^(-j con la patina
Capilolo
di minio nell'estremità superiore, e con il solfo nella inferiore, quella
perciò analoga e questa antiloga.
Slentre i cristalli ora considerati divengono polari quando siano
portati a una temperatura più alta o più bassa, ancora nel limitato
caso che la temperatura sia uniforme, vi sono all'opposto cristalli
che divengono piroelettrici benché non siano emimorfi: ma siffatti
cristalli per divenire elettro-polari devono subire una variazione
di temperatura non uniforme, mentre i cristalli precedenti divengono
polari benché la variazione della temperatura aia uniforme. A sif-
fatti cristalli appartengono p. e. il quarto, la sfalerite. il clorato
sodico, la boracite, il diamante, lo smeraldo, la vesuviana, il topazio,
la diopside, il gesso.
I<e elettricità positiva e negativa nel quarzo sono distribuite
come nella fig. 568. Conformemente alla loro simm.etria sì polariz-
zano la boracite come p. e. nella ^. 569, il clorato sodico come p. e.
nella fig. 570; confronta con le fig. 355 e 356,
I cristalli qui citati non emimorfi, ma privi di centro, clie rice-
vono la polarità elettrica in virtù di una variazione non uniforme della
temperatura, non possono bene paragonarsi ai cristalli piroelettrici
emimorfi, poiché questo fenomeno in essi può spiegarsi con le ten-
sioni che in essi si sviluppano appunto in seguito a riscaldamento
non uniforme, e con la conseguente dilatazione o contrazione irre-
golare. Onde bene osservò il Voigt che qui trattasi di piroelettricità
falsa o di pira -pitiodittricUà.
J. e P. Curie osservarono (1880) che col variare non uniforme-
mente la pressione su un cristallo dielettrico, questo si carica di
elettricità. Quando il cristallo riprende la sua forma iniziale la pola-
rità elettrica si inverte. Per mezzo della compressione nella dire-
Proprietà inagneto-eUttro-tenniche
325
zione dell'asse principale di simmetria il polo antilogo della torma-
lina si copre di elettricità positiva, l'analogo di negativa; Tantilogo
è precisamente l'estremità del cristallo, che si copre di elettricità
positiva durante il rafiEreddamento. Siffatto fenomeno fu detto da
Curie piezoelettriciid.
Per constatare in un cristallo la piezoelettricità si può valersi
del metodo di Kund come per la piroelettricità. Ecco il metodo dei
Curie per misurare la quantità elettrica.
S S\ fig. 571, è un elettrometro sensibile a quadranti di Thomson-
Mascart. Cr il cristallo in esame tagliato a forma di p^allelopipedo,
due delle facce parallele sono coperte di stagnola ^ e B. C è un con-
densatore, la cui capacità è nota C. D è una pila Danieli.
Poniamo ristrumento a vuoto, vale a dire, i quadranti S S
in comunicazione con un polo della pila, l'altro polo è a terra; di
fini A
•ft%t«
Fig, 571.
più essi sono in contatto con la stagnola B del cristallo ; la stagnola A
è a terra; inoltre l'armatura del' condensatore è in contatto coiiB,
l'altra è a terra. Stando cosi le cose, l'elettrometro avrà una devia-
zione corrispondente al potenziale di D. Ma appena si comprime il
cristallo Cr con il peso P, da regolarsi a piacere, la deviazione dell'ago
diminuirà fino a divenire nulla. Ciò a\'venendo l'armatura B e quella
C del condensatore e il quadrante 5 sono allo stesso potenziale della
pila Danieli. Posto m la quantità di elettricità accumulata in S, B e
C si avrà
w = (C + e) D
essendo appunto D il potenziale della pila Danieli e e la capacità
elettrica del complesso B, S e filo conduttore. Si ripete l'osser-
vazione togliendo il condensatore C. Per portare l'ago dell*elèttro-
m,etro di nuovo a zero, occorrerà esercitare la pressione P' sul cri-
stallo; allora detto w' la quantità di elettricità accumulata, si avrà
w' = cD.
326 Capitolo ftofio
La differenza P — P' è la pressione necessaria per caricare la sta-
gnola B della quantità elettrica
m — ni' = C D
e per avere il potenziale D.
La quantità elettrica accumulata sulla base di un cristallo di
tormalina è proporzionale alla differenza di pressione wt == ;r P.
Variando p. e. la pressione di una dine sul cm* si ottiene x = 5,4 x io-*
unità elettrostatiche (C G 5). Tra la compressione o dilatazione, il
riscaldamento, la polarità elettrica esistono relazioni di reciprocità.
Se ad esempio con la compressione si sviluppa nel cristallo polarità
elettrica, un cristallo in un campo elettrico si comprime o si dilata
secondo la sua posizione per rispetto al campo elettrico, e così via.
Conviene consultare trattati speciali; vedi la letteratura al Capi-
tolo IX, pag. 527.
Proprietà magneto-elettro termiche 327
LETTERATURA AL CAPITOLO IX.
\V. VoiGT e A. Seli^a, Fisica cristallografica. Manuale Hoepli. Milano, 1904.
W. VoiGT, Lehrbuch der Kristallphysik, 1910,
W. Thomson, Brit. assoc. Rep., 1890.
O. D. ChwoI/SON, Traiti de physique, tome III e IV, 1909-1910.
Curie, « Journ. de phys. ». 1895, 3, 4; « Compt. R. », 116, 136, 1893.
Curie e Chjèneveau, «Journ. de phys.», 4, 2, 1903; «Ann. de chini.
et phys. », 1906, 8, 7.
Langevan, a Ann. de chini, et phys. », 8, 5, 1905; «C. R. », 139» 1904»
Vedi inoltre le numerose pubblicazioni sulla conduttività elettrica,
termica, dilatazione omogenea, piro- e piezoelettricità, specialmente di
De Sénarmont, Duhaniel, Stockes, Rontgen, lannetaz, Tyndall, W. Lon-
giiinine, Dulong, Fizeau, Benoit, Scheel, Tutton, Ayres, Pulfrich, Pfaff,
Fédorow, Kund, Blasius. Biirker, Brugnatelli, Curie, Friedel, Riecke,
Kocb, ecc.
CAPITOLO X
Trasformazioni.
9S. Discontinuità. — Posto il concetto che lo stato di un corpo
è in generale dato dalle sue proprietà in funzione della temperatura.
deUa pressione e di altre variabili indipendenti, la variazione di stato
può essere continua o discontinua. Un cambiamento di stato a cui
può andare soggetta una sostanza, entra specialmente nell'ambito
della cristallografìa, se il cambiamento avviene in modo discon*
tinuo (I). Gli stati co$i ottenuti si dicono modificazioni, e il passaggio
discontinuo si dice trasformazione (5). Per la cristallografia sono im-
portanti le trasformazioni tendenti alla formazione di stati aniso-
tropi (stati cristallini) omogenei (5) da stati amorfi, soUdi, Uquidi,
vapori, stati cristallini stessi.
A p. k
Fig. 572.
Esempi. Il passaggio da acqua a ghiaccio o viceversa è una tra-
sformazione ossia un cambiamento brusco di stato; cosi pUre è una
trasformazione il passaggio da solfo monoclino a solfo trìmetrico o
viceversa. Gli stati continui o discontinui sono rappresentabili gra-
ficamente nel piano o nello spazio secondo il numero delle variabili
Trasformazioni 329
indipendenti disponibili ; ed una sifEatta rappresentazione grafica tUii-
mina e talvolta semplifica il problema. Se lo stato è determinato da
due variabili, si assume nel piano un sistema di coordinate ortogonali,
su una delle quali si portano le temperature (/), sull'altra le pressioni
(p). Allora ogni punto nel piano, per t e p dati, fig. 572, è l'effige di
vmo stato. I punti My, M^, 5, sono rappresentanti di stati per
^ P\> U Pt* h Pz ^ avviene una trasformazione, questa sarà
rappresentata da una linea SS, nei punti della quale, come p. e.
il punto vS, con i^ e />,, due modificazioni sono- possibili.. Iva linea di
trasformazione SS divide allora il piano in due regioni, in una delle
quali ha luogo una certa modificazione, come M^, e nell'altra una
seconda, come M^ nella fig. 572. Se una modificazione si trovi nella
regione dell'altra essa è instabile o metastabile e può essere ricondotta
facilmente nella prima regione. .
96. Definizioni. Poi^rMORFiA. — Ix) stato di gi\s è individuato
dalle sue molecole, e massime se il gas è diluito, è determinato dalle
leggi Boyle-Gay-Ivussac-Avogadro (2). Anche le sostanze disciolte
in solventi molto diluiti sono individuate come i gas e seguono le
stesse leggi. I gas e le soluzioni sono dunque determinate da quantità
scalari. Per la conoscenza completa di un cristallo è all'incontro
necessaria la sua struttura; e le quantità che lo determinano àono
direttive oltre che scalari (5). Le strutture dei cristalli sono state og-
getto di nimierosi studi teorici, in base ai quali è risultato definiti-
vamente che 230 strutture differenti (16) sono possibiU nello stato
anisotropo. Ma questi studi sono stati fruttuosi solo in seguito ad
esperienze dirette sulla struttura di parecchie sostanze con i raggi
Rontgen, come il diamante, la pirite, la blenda, il salgenmia ecc.
Le esperienze condotte da Bragg e da Lane (16) hanno permesso a
Lane di concludere nel modo seguente: la struttura di un cristallo
consiste di un numero finito di reticolati identici, o sistemi punteggiati,
compenetrantisi parallelamente, ciascuno dei quali è sede di atomi ri-
spettivamente eguali (16), vedi fig. 14, pag. 27 (Groth).
Con ciò possiamo figurarci che il passaggio brusco da amorfo
a cristallino a\'venga per ravvicinamento delle molecole dello stato
amorfo in modo tale che con la nuova associazione e l'ordinamento
secondo una struttyira determinata sparisca l'individualità molecolare,
e le vere imita indi\iduali si trasferiscano negli atomi chimici. Più
precisamente le molecole intese nel senso dei gas, delle soluzioni, degli
stati amorfi in genere, dei colloidi ecc. non ci sono nei cristalU. In
un cristallo esistono p. e. gli atomi di potassio (K), di solfo (S), di
ossigeno (O), ma non esistono propriamente le molecole nella forma
Kj S O^, o K4 Sg Og ovvero Kg S4 Ojg ecc. Di più in un cristallo si
330 Capitolo decimo
conserva ima proprietà latente, quella di dar luogo alla formazione
di molecole, appena vi sia aggiunta l'energia indispensabile per dis-
solverlo, fonderlo, evaporarlo ed in generale per trasformarlo in uno
stato amorfo qualsiasi. Nella trasformazione inversa la stessa quan-
tità di energia viene liberata.
Da queste contingenze emerge che la natura cliimico-fisica di
mia sostanza da due fattori fondamentali è individuata, struttura
ossia aggruppamento imiforme degli atomi omogenei ed eterogenei
neiredificio .cristallino, e proprietà molecolare nello stato amorfo.
Nel passaggio brusco da amorfo a cristallino un fenomeno importan-
tissimo può effettuarsi, cioè che le stesse molecole individuanti lo
stato amorfo della sostanza, generino due o più stati fisici individuati
dalla struttura cristallina. Ossia uniche molecole per grandezza, forma
e contenuto individuanti lo stato amorfo di un corpo possono dar luogo
a due più stati fisici individuati dalla struttura. Questo è il fenomeno
della polimorfia (polimorfismo).
Gli isomeri diversi fra loro per le loro molecole e proprietà fisiche
nello stato amorto, sono anche diversi nello stato cristallizzato. Ma
non è escluso che un isomero non abbia modificazioni polimorfe, come
è p. e. il caso degli alogeno- e nitro-derivati del benzolo.
97. Proprietà chimiche delle modificazioni polimorfe. —
Poca o quasi nessuna differenza chimica vemie constatata nelle varie
modificazioni polimorfe di una sostanza; ciò sta in rapporto con 'la
definizione stessa. Le differenze che talvolta vi si sono osservate,
derivano dalla maggiore o minore stabilità dei singoli stati, come si
trae dalla conoscenza di alcuni casi particolari. Il carbonio puro cri-
stallizza nella forma del diamante, fig. 326 e 327, e in quella della
grafite (trigonale), della prima delle quali modificazioni si conosce la
struttura per merito delle esperienze del Bragg, dell'altra la si sup-
pone per considerazioni teoriche. Una differenza chimica notevole
non esiste fr^ queste due modificazioni. È noto nondimeno che la
prima si ossida facilmente nell'ossigeno puro dando CO,, la seconda
si ossida appena in un miscuglio di KCIO^ e HNOj dando acido grafi-
tico. Ma questa maggiore o minore facilità di ossidarsi può stare in
relazione con la minore o maggiore stabilità allo stato cristallino. La
grafite è stabile, il diimiante è instabile.
Le due modificazioni palesi dell'anidride silicica. Si O,, il quarzo
più stabile alla temperatura e pressione ordinaria, la tridimite meno
stabile, si distinguono chimicamente solo in quanto quello è più fa-
cilmente attaccabile di questo dall'acido fluoridrico, dagli alcali e dai
carbonati alcalini.
Il silicato alluminico della formola Al, Si O5 cristallizza nella
Trasforma ziof li 33 1
forma meno stabile deirandalusite (trimetrico) e in quella più sta-
bile del disteno, fig. 55; quella è più facile a disgregarsi di questa.
Anzi per questa ragione si è creduto (Groth) di vedere nell'andalusite
un ortosilicato Si O4 . Al (AIO) e nel disteno un metasilicato Si O3.
[Al O], più stabile come tutti i metasilicati [Mg Si O3] in confronto
degli ortosilicati [Mgj Si O4I. Ma è più giusto forse ritenere queste
due modificazioni come polimorfe, anziché isomere, essendo compren-
sibile che la forma meno stabile sia anche più facilmente disgregabile,
e che entrambi si differenziano non per le molecole uniche nello stato
amorfo, ma per le loro diverse strutture. Le due modificazioni del
fosforo, rosso (più stabile) romboedrico, giallo (meno stabile) mono-
metrico plastico, sono dal punto di vista chimico così diverse, che
è impossibile non ascrivere questa diversità a una polimerizzazione
della sostanza, come si può dire del loro vapore, almeno sotto 100° C.
La stessa osservazione non si può fare circa le tre modificazioni
dell'arsenico, As monometrico, As monoclino, As trigonale.
Calcite, fig. 1 31-143, e aragonite, fig. 89, sono due modificazioni
dimorfe del carbonato calcico, che nello stato amorfo ha il valore
di Ca CO3. Meigen dimostrò che riscaldando l'aragonite, finamente
polverizzata, con una soluzione diluita di nitrato cobaltico si produce
immediatamente un precipitato violetto. Iva stessa reazione non si
ottiene che dopo pareccliie ore, quando in luogo di aragonite si tratti
nello stesso modo la calcite finamente polverizzata. Wyrouboff in-
terpretò questo fenomeno ammettendo le particelle cristalline della
calcite più resistenti, di quelle dell'aragonite, che si dissociano e rea-
giscono immediatamente nella soluzione di nitrato cobaltico. Ma
questo fenomeno e la spiegazione di esso data da W\Touboff non di-
mostrano invero una qualsiasi diversità chimica delle due modifi-
cazioni cristalline, provano all'incontro che l'aragonite è più insta-
bile della calcite. Infatti la trasformazione ha luogo nel senso ara-
gonite '-♦' -calcite.
Fra le tre modificazioni dell'anidride titanica, che nello stato
amorfo ha il valore di Ti Oj, cioè rutilo, fig. 200, anatasio, fig. 203,
e Broockite, fig. 87 a, h, non vi è diversità notevole, onde devonsi
ritenere modificazioni polimorfe.
Si potrebbe così continuare, ma questi esempi sono sufficienti
per affermare che bisogna far distinzione tra polimorfia ed isomeria,
quella basata unicamente sulla struttura nello stato cristallizzato, questa
sulla diversità delle molecole nello stato amorfo.
98. Sunto storico dki< poumorpismo. — Già più di un secolo
fa, appena si applicarono i metodi cristallografici nella ricerca dei
composti chimici per fìssanìe le costanti fisiche, era generale il con-
332 Capitolo decimo
\iiiciinento, che uno stesso corpo chimico apparisse sotto lo stesso
aspetto cristallino, e clie corpi di diversa natura chimica dimostras-
sero diverso modo di cristallizzare. Ma Tidea concepita sotto il do-
minio di poche osservazioni venne presto scossa da numerose scoperte
e annientata dalla autorità di chimici eminenti. Questa legge detta di
Hauy ebbe la più palese conferma dalle diuturne osservazioni fatte
sui minerali, i quali apparivano sempre con le stesse costanti, benché
generati in condizioni diversissime, per la qual cosa si veime a con-
fermare la legge generale della costanza degli angoli nei cristalli (11).
La prima obbiezione a questa legge sorse dal fatto che Tarago-
nite cristallizza in modo diverso dalla calcite. Le analisi di Klaproth
(1788) assodarono che Varagonite è Ca COj come la calcite; ma la
controversia non scosse Hauy, benché altri thimid, come Théuard.
Vauquelin ecc. confermassero i risultati di Klaproth. Invero Stre-
me ver (181 3) rinvenne dello stronzio nell'aragonite ; fatto questo
che messo in rapporto con la stronzianite (1794), fig. 92, avente le
forme cristalline dell'aragonite, fìg. 89, sollevò il sospetto che la mi-
nima quantità di stronzio nel carbonato calcico fosse capace a ricon-
durre questo nella forma della stronzianite, e che diversamente il car-
bonato di calcio è sempre calcite. Al tempo di Hauy, questa interpre-
tazione del fenomeno poteva essere arbitraria e pacifica, ma oggi
si conoscono varie sostanze con modificazioni stabili e instabiU;
le instabili sono istantanee e persistono solo con certe impurità. Ti-
pico a questo riguarào è l'esempio del clorato sodico (Na CI O3) che
generalmente cristallizza nel monometrico, classe tetraedrica, fig. 355
e 356, otticamente attiva, piro-piezoelettrica, fig. 570. Esso cristal-
lizza inoltre nel monoclino, instabile ed è così istantaneo, che le sue
costanti fìsiche non possono essere determinate. Ma questa seconda
cristallizzazione del clorato sodico può divenire persistente, quando
in essa come semplice impurità, sia introdotto del clorato potassico
le cui proprietà fisiche e cristallografiche sono di una analogìa sor-
prendente con quelle del clorato sodico nella forma instabile.
Ritornando al carbonato calcico altre analisi intraprese da
J. W. Dòbereiner (181 4), Meissener (181 5) ecc. misero fuori dubbio
esservi aragoniti senza tracce di stronzio. Intanto Hauy e Berzelius
(1808) osservarono che l'aragonite riscaldata fino al rosso cupo (45o<>)
si disgrega. Haidinger (1827) spiegò questo fenomeno con l'ipotesi
che l'aragonite cosi trattata divenisse calcite; Mitscherlich osservò
(1831) lo stesso fenomeno nelle lave del Vesuvio, vale a dire dei cri-
stalli di calcite nelle forme dell'aragonite {pseudofnorfosi'j. Rose
{1832) fece la stessa osservazione, anzi notò di più Torientamento
della calcite per rispetto a quello dell'aragonite, da aii essa ha origine.
Intanto Mitscherlich (1821) ottenne prodotti purissimi cristallizzati
Tras/ortnazioni 333
in due modi diversi pur avendo la stessa composizione centesimale,
e allora non era più il caso di discussione su questo fondamentale
principio. Il primo prodotto ottenuto, in due modifìcazioni del tri-
metrico fu il fosfato sodico Hj Na PO4 -f- aq. ; appresso fu la volta
del solfo che naturalmente è trimetrico (fig. 86), ma che Mitscherlich
(1823) ottenne nella modificazione Qionoclina/ fig. 62. Dippoi
Mitscherlich fece conoscere (1833) il joduro mercurico (Hg Jj)
in due modificazioni, rosso del di metrico e giallo del trimetrico.
Altre numerose esperienze si aggiunsero a queste, onde Mitscherlich
sostituì alla legge di Hauy la seguente : « Una sostanza costituita
« dagli stessi elementi e nelle stesse proporzioni può assumere due di-
verse « foime cristalline ». Il fenomeno definito in questa proposizione
prese il nome di dimorfismo. Più tardi il termine di polimorfismo si
riferi a più modificazioni di una medesima sostanza. Berzelius chiamò
allotropici gli elementi chimici che, in causa della diversa quantità
di energia in essi contenuta, assumono diverse proprietà chimiche,
come p. e. il fosforo rosso e il fosforo bianco ecc.
Con Frankenheim le esperienze si allargarono. Egli fu il primo
a dimostrare che il cambiamento di stato di un corpo è in relazione
con la temperatura e la pressione. Molti fatti indi veimero alla luce
per opera di Lehmann, MaUard, WyroubofE ecc. Ancor più la tra-
sformazione cristallina e il cambiamento di stato d'aggregazione ven-
nero fra loro assimilati con i fenomeni di contrazione o di dilatazione
consimio o cessione di calore loro comuni. Da questo paragone prese
forza il supposto che la temperatura di trasfoimazione fosse sempre
fissa per data pressione, benché varie eccezioni si verificassero. Ma
all'incontro vari fatti eliminarono i dubbi, così p. e. le osservazioni
di Gemez sulle due modificazioni del solfo trimetrico e solfo mono-
elino. Gernez dimostrò che il solfo trimetrico può mantenersi bensì
tale anche a temperatura superiore a quella di trasformazione in solfo
monoclino, ed ancora che toccandolo con solfo monoclino immedia-
tamente la trasformazione ha luogo cedendo calore, e concluse perciò
che il solfo trimetrico sopra 950,6 C si trova in uno stato particolare
che chiamò soprariscaldato cristallino, instabile, atto a infrangersi
al più. piccolo urto. Altrettanto il fenomeno inverso : si può raffred-
dare il solfo monoclino sotto a 950,6 C senza che si trasformi in solfo
trimetrico; ma la trasformazione ha luogo immediatamente con con-
sumo di calore nel contatto di quello con questo; perciò il solfo
monocHno sotto a 950,6 si trova in uno stato particolare, instabile
che Gernez chiamò soprafusione cristallina. Analogo fenomeno si ha
nella trasformazione di acqua in ghiaccio. Lehmaim potè generaliz-
zare questi fatti e concludere che la trasfoimazione avviene effettiva--
mente a temperatura fissa, per pressione data, purché ci sia il con-
334 Capitolo decimo
tatto fra le due modificazioni, e la temperatura vari lentamente vin-
cendo gradatamente l'attrito interno.
Tammaim dimostrò che la pressione è un fattore importante,
che da sé sola esercita una influenza notevole sulla velocità di tra-
sformazione ; egli operò con diverse pressioni e con diverse tempera-
ture, e dimostrò che la velocità di trasformazione ha un massimo,
come in certi casi ha anche un minimo, e che per conseguenza due
modificazioni possono coesistere entro l'intervallo di due tempera-
ture diverse.
Per quanto riguarda la teoria del polimorfismo, oltre Hauy e
Pasteur, diversi naturalisti come Geuther, Mallard, Lehm.ann, Groth,
Doelter ecc. intesero nel fenomeno una isomeria e polimeria chimica,
con l'ipotesi che la polimerizzazione avvenisse nella cristallizzazione,
ammettendo perciò le molecole come individuaUtà del cristallo e
diverse da quelle della sostanza nello stato amorfo. Il compilatore
Groth, ultimo superstite di una teoria non dimostrabile, reclama ora
un bricciolo di priorità dei fatti dimostrati da Lane, secondo i quali
la sola possibilità è questa che l'individualità di una sostanza cristal-
lizzata è deferita agli atomi (96) (97) (16).
I^e varie supposizioni emesse in vari tempi circa le relazioni fra
molecole allo stato isotropo e struttura, sinunetria o sistema nello
stato anisotropo, non hanno finora avuto alcun esito. D'altronde le
stesse molecole generano varie strutture con varie simmetrie appar-
tenenti a diversi sistemi cristallini, non solo tenendo conto del poli-
morfismo dimostrato nei corpi dotati di pseudosimmetrie e mimesie (30),
vecchia teoria di Mallard. ma a tutti i corpi come suppose Wyrouboff .
Non è quindi il momento di ricerca sul perchè di tale fenomeno,
bastando per ora fermarsi sul come il fenomeno avviene e di quali
elementi esso è funzione. Ricordiamo che Mark espresse l'idea essere
possibile in ogni sostanza (sostanza precisata nello stato amorfo),
tutte le 32 simmetrie, escluso naturalmente ogni caso in cui pressione
e temperatura sono incompatibiU con l'esistenza del corpo allo stato
cristaUizzato, ed avremo uno smisurato cam^x) di ricerche con nu-
merose lacune da colmarsi.
99. Modificazioni in generale, stabili k instabili. — Venne
fatto di oSvServare (95) che una rappresentazione grafica del fenomeno
di trasformazione integra la situazione data dalle esperienze e getta
un cblpo d'occhio sulle varie circostanze che accompagnano le modi-
ficazioni, e le eleva a un intero organico. Se la pressione p eia, tempe-
ratura t determinano uno stato, la rappresentazione dei fenomeni
si effettua sul piano con un sistema di coordinate ortogonali : la pres-
sione p sulle ascisse, la temperatura / sulle ordinate indi\iduano un
punto che è l'effige di uno stato (96), fig- 373-
Trasformazioni
135
I punti di trasformazione sono sopra una curva, che si chiama
linea o luogo di trasformazione. Questa (per acqua e ghiaccio nella
fig- 573) divide il piano in due regioni I e II, nell'uno dei quali I è
lo stato ghiaccio sempre stabile, nell'altro II è lo stato acqua. Appena
i valori àìt^p sono tali che il punto trovasi suUa linea di trasforma-
zione, due stati contemporaneamente sono possibili, acqua e ghiaccio.
Due modificazioni siffatte stabili, ciascuna nella propria regione,
sono reciprocamente riversibili, che è il carattere di stabilità per ogni
specie di equilibrio, ovvero enantiotrope secondo Lehmami, poiché
basta attraversare in qua o in là il luogo di trasformazione, variando
opportunamente pressione e temperatura, perchè uno passi nell'altro
stato o viceversa. Le modificazioni riversibili si possono indicare
9t
., -^0.0076*
L (Jehycufèyjìo^
^6f»m.
pre<3ion»
h-Zt*
iioò
PÌK 573.
con due frecce ^—^ p. e. acqua -<.ii*^ ghiaccio. Ma è nota anche l'ec-
cezione, vale a dire si può abbassare la temperatura dell'acqua sotto
il suo punto di trasformazione senza che essa si agghiacci, sempre
che l'abbassamento avvenga con lentezza e senza scosse; questo fe-
nomeno farebbe supporre un'eccezione alla regola, ma è noto all'in-
contro che l'acqua in un tale stato si trova in equilibrio instabile ;
infatti basta lasciare cadere nella detta acqua un cristallino di glùaccio,
seme cristallino, perchè tutta l'acqua si agghiacci immediatamente,
alzandosi la temperatura per cessione di calore; come, ad esempio
si può capovolgere un pendolo nel suo punto di equiUbrio instabile,
che alla prima scossa ritoma a oscillare in basso. Lo stato dell'acqua
instabile si chiama anche acqua sopra/ usa. Si noti che mentre è pos-
sibile condurre l'acqua instabile in ghiaccio (e il passaggio è imme-
diato), la trasformazione inversa è impossibile. Siffatti stati sono re-
ciprocamente irriversibili (o monotropi secondo Lehmann). Il do-
minio dell'acqua allo stato instabile è punteggiato nella fig. 573;
essa invade la regione di stabilità del ghiaccio, e può vaiiare secondo
le circostanze.
33^ Capitolo decimo
Anche il solfo trimetrico (a-solfo) si trasfoima nel solfo mono-
clino (^-solfo) a temperatura fissa 95<',6 C e pressione ordinaria. Le
due modificazioni haiuio domini propri di stabilità separati da una
linea, luogo di trasfoimazione, e perciò sono riversibili
Ma anche per il solfo, si può ripetere lo stesso esperimento come per
l'acqua ; si può invero riscaldare il solfo trimetrico oltre 95^,6 evitando
la trasformazione in p-solfo, purché Toperazione sia lenta e in quiete
perfetta. L'a-solfo così soprariscaldaio è in uno stato instabile, ossia nel
. dominio di ^-salfo, perchè appena toccato con un cristallo di p-solfo,
immediatamente passa in quest'ultimo.
Si può del pari raffreddare il solfo monoclino sotto 95°, 6 evi-
tando il passaggio in a-solfo (trimetrico) ; ma il solfo così soprafuso
si tro'va in istato instabile, perchè passa in a-solfo col contatto di
questo, o con brusche scosse. Non è mai possibile che il solfo di modi-
ficazione stabile si iHverta direttamente in una modificazione instila
bile avente con esso comune dominio. Ossia generalizzando: staio stabile
^ e stato instabile di comune dominio sono irriversibili.
Le eccezioni messe in evidenza per l'acqua e il solfo hanno sol-
levato il sospetto se ogni trasformazione fra due modificazioni ri-
versibili si compia semprie nello stesso luogo come graficamente è
indicato nella fig. 573, e se questo luogo è determinabile. Si comprende
che l'attrito interno si opponga al movimento molecolare, che perciò
ritarda l'inizio della trasformazione e ne rallenta il compimento.
Lehmann osserva però che mantenendo l'intimo contatto fra le due
modificazioni rivei sibili, si ottiene sempre esattamente la curva di
trasformazione, ma couxiene per l'esattezza fare variare lentamente
temperatura e pressione.
Oli stati instabili incontrati nelle modificazioni acqua-ghiaccio
e a-solfo, p -solfo sono variazioni continue di stati stabiU ; ma \*i sono
nelle cristallizzazioni stati instabili, dei quali non si conoscono o
non esistono domini di stabilità, come sono alcune modificazioni
istantanee del solfo. Se una distinzione fosse richiesta si potrebbero
chiamare i primi metastabili che hanno sempre luogo per soprarìscal-
d amento o per soprafusione ciistaUina, i secondi instabili assolala''
mente o semplicemente instabih.
100. Modificazioni riversibii,!. — Se nell'effettuarsi una tra-
sformazione si mette in libertà una certa quantità di calore Q, l'eguale
viene assorbita o consumata, quando la trasformazione si in verte.
Q è l'energia libera dello stato, o ccUore di trasformazione. La teoria
meccanica del calore e l'esperienza dimostrano che la temperatura
Trés/ormazicm 537
(o punto) di trasfomiazione varia con la pressione. Posto T e p tem-
peratura e pressione di una trasformazione fra due modificazioni
river^bili, i cui volumi specifici siano m' e u, la variazione della tem-
peratura A T e quella della pressione A P stanno nel rapporto
ATT
•
secondo uno sviluppo di Clausius-Clape3n:on.
La differenza u' — uè sempre piccolissima come A T.
Alzandosi la temperatura, Q è positivo come calore assorbito;
ed allora il rapporto AT: Ap è positivo se la trasformazione si compie
con aumento di volume u' > u, è negativo nel caso opposto.
Ritornando alla coppia ghiaccio-acqua, 'il passaggio da quello
AT
a questa avviene con contrazione di volume, m' < u; il rapporto -r— -
LA P
è dunque negativo, ossia alzandosi la pressione, la temperatura di
trasformazione si abbassa, il glùaccio si disgela con la pressione. Pel
caso della coppia ghiaccio e acqua, la f ormola precedente assume
l'espressione
Pi — p2 = 2,3 (log ti — log r,) -7^ 93)
14 — ti
essendo u' il volume del ghiaccio, u dell'acqua. Ti e T^ i punti di
congelamento rispettivamente per le pressioni pie p^; u' e u essendo
in litri. Pi e p^ in atmosfere, risulta Q in atmosfere-litri. Questa for-
mola dà la variazione del punto di congelamento di — o<>.oo77 C
per ogni atmosfera di aumento.
Thomson trovò per abbassamento di 8.1 atm o<'.059
16.8 » 00.129
Nella fig. 574 sono delimitate le regioni di stabilità dell'acqua
del vapore acqueo e delle modificazioni ghiaccio I, II e III.
ha. curva di trasformazione fra le modificazioni acqua e ghiaccio I
da i4 a D si abbassa aumentando la pressione da 4.6 mm. a 2200 atm.
secondo i dati delle misure dirette. Nel punto A la trasformazione
avviene alla temperatura di -f- 00.0076, nel punto D a — 220. Oltre-
passato quest'ultimo punto si verifica la trasformazione dal ghiaccio
I al ghiaccio III e dall'acqua al ghiaccio secondo il luogo DE, il
quale si eleva aumentando la pressione. Talché se il ghiaccio I è
capace di frantumare la roccia, perchè il volume aumen ta e perchè la
roccia stessa resiste a pressioni inferiori di 2200 atm., invece se una
roccia resistesse a pressioni elevate, la rottura sarebbe impossibile col
* 22 — C. Viola.
33»
Castolo decimo
ghiaccio nella modificazione III, che si liquefa. Esiste nel ghiaccio
una modificazione II per elevate pressioni e bassissime temperature.
Consideriamo in secondo luogo un corpo che possiede due modi-
ficazioni stabili ben note, quale è p. es. il solfo. Le due modificazioni
sono a-solfo trimetrico già veduto nelle fig. 83, 84, 85, 86 e p-solfo
monoclino veduto nella fig. 62, quest'ultimo ottenuto da Mitscherlich..
■*-*.0f^ !—
Fi% 574.
Le costanti del primo sono: a = ^ = y ^ ^^' ^'^'- ^ = 0.8131 : i :
11.9034; quelle del secondo: p = 840 14', a = y = 9^**; a: b:c =
= 0.9957- i: 0.9998.
Ps. del primo 2,037, del secondo 1.958.
La fig. 575 dà la rappresentazione sul piano di 4 modificazioni
del solfo, a-solfo, p-solfo, solfo fuso e solfo vapore per tutti i possi-
bili valori di te p. Ciascuna di queste modificazioni ha la propria
regione di stabilità ;' esse sono perciò fra di loro riversibili. Nella I
regione delimitata dalle linee AG, GH e Hb è stabile l'a-solfo; nella
II regione è stabile il ^-solfo, racchiusa nel triangolo GDH, Nella
III regione è stabile il solfo fuso, delimitata dalle linee FDHb. In-
fine fuori di AGDF è la regione IV della stabilità del solfo vapore.
Si comprende allora che lungo la curva di trasformazione GH vi è
requilibrio di contatto stabile fra a-solfo e ^-solfo ; lungo la curva DH
l'equilibrio di contatto fra p-solfo e solfo fuso e cosi via. Nei punti
G, D, H (punti tripli) tre modificazioni possono trovare equilibrio
stabile di contatto conformemente la legge di Gibb (8), e cioè in G
a-solfo, p-solfo e vapore, in D p-solfo, solfo fuso e vapore, in H a-solfo,
P-solfo, solfo fuso.
Importanti sono per il solfo gli stati metastabili. Riscaldando
Ta-solfo oltre la regione I, esso può mantenersi tale con le stesse prò-
Trasformazioni
339
prietà fisiche nella regione GBH, ma allo stato metastabile, perchè
il contatto del ^-solfo lo trasfotma quasi immediatamente. Anche il
solfo fuso può mantenersi tale, abbassandosi la temperatura, più
di quanto comporta la curva di trasformazione DH senza trasfor-
marsi, e quindi può bruscamente trasformarlsi in a-solfo instabile
appena oltrepassata la temperatura data dalla curva GH, ma il
solfo fuso in tale stato, metastabile, è subito invertito nel ^-solfo
alla più piccola scossa o col contatto con il ^-solfo. Con le precauzioni
Fig- 575-
necessarie, conservando le modificazioni del solfo nella loro meta-
stabilità, si può determinare la tensione del loro vapore e quindi
tracciare le^curve DB, SE, OC. Così è noto che Ta-solfo a pressione
ordinaria fonde (instabilmente) a iio^, il ^-solfo fonde stabilmente
a 1200. Si osserva nella figura che le due curve di trasformazione DH
e OH convergono; ed ora è noto che si tagliano in /f a 1540 C e 1440
kg. di pressione; questo punto fu determinato sperimentalmente da
Tammann, quando teoricamente fu previsto. Per temperature di
1540 e superiori Ta-solfo fonde stabilmente, e l'esistenza del p-solfo
è esclusa, fuorché allo stato instabile, e precisamente nella regione
gHd.
340 Capitolo decimo
Dall'esempio dell'acqua e del solfo i seguenti caratteri sono ri-
sultati, riguardanti gli stati stabili e metastabili:
lo il passaggio da metastabile a stabile di modificazione di-
versa avviene a temperatura non fissa. Il passaggio inverso è impos-
sibile;
20 la tensione del vapore della modificazione metastabile è
superiore a quella della modificazione stabile;
30 il passaggio di una modificazione metastabile a una modi-
ficazione avente maggiore energia intema si fa a ima temperatura
più bassa che il passaggio da modificazione stabile. L'a-sol&> metasta-
bile fonde a temperatura più bassa che il ^-solfo;
40 il passaggio di una modificazione metastabile a ima modi-
ficsLzione avente minor energia interna si fa a una temperatura più
elevata che il passaggio da modificazione stabile. Il solfo fuso va
in a-solfo a temperatura più alta che il ^-solfo.
Questi caratteri sono generali e. riguardano tutti gli stati irri-
versibili ;
50 due stati metastabili possono essere riversibili, Esempic^
solfo fuso metatastabile in a-solfo metastabile, e viceversa; onde
due stati metastabili possono conservarsi in contatto.
101. Modificazioni irriversibiu. Nello studio delle modifi-
cazioni in genere e delle stabili in ispece si incontrano delle modifi-
cazioni metastabili (99)* (100)» le quali provengono in modo continuo
dalle stabili per soprafusione o per soprariscaldamento cristallino.
Le modificazioni metastabili si trovano in equilibrio instabile, e
sono conosciute in tutti i loro particolari potendo essere studiate
nel dominio della loro stabilità. Vi .sono nondimeno in natura modi-
ficazioni assolutamente instabili a tutte le temperature e pressioni»
nel campo a cui le esperienze accedono. Tanto le une quanto le altre
hanno caratteri comuni, che le differenziano dalle stabili. Il carattere
fondamentale è il seguente:
Le modificazioni instabili possono trasformarsi direttamente in
modificazioni stabili. La trasformazione inversa è impossibile. Le mo-
dificazioni irreversibili sono dunque instabili, le quali si possono rap-
presentare con una sola freccia— > nel senso dall'instabile allo stabile.
Si è nondimeno osservato che le modificazioni metastabili sono
fra di loro riversibili; p. e. a-sol£o soprariscaldato in solfo fuso, sopra-
fuso, e viceversa.
Avendo riguardo a tutte le possibili gradazioni di instabilità,
due estremi en^ergono fra le modificazioni instabili: quelle instabili
in modo assoluto che dopo un istante si trasformano, e quelle, bensì
instabili, che in causa dell'attrito intemo possono nullaineno propi-
Trasformazioni. 341
ziarsi una certa sosta persino in contatto con modificazioni stabili
sen^Ea scomporsi.
Le modificazioni Y)-solfo, S-solfo e i-soMo sono assolutamente
instabili, che si ottengono dal solfo fortemente soprafuso; la loro
esistenza è istantanea, tanto che si sottraggono all'osservazione. Il
clorato sodico è un altro esempio. Esso generalmente è conosciuto
nella modificazione monometrica (classe tetraedrica), fig. 355 e 356,
perchè stabile. Fuso e fatto raffreddare per soprafusione cristallizza
nel monoclino di una instabilità completa: tanto che senza un ar-
tificio cioè l'aggiunta di una piccolissima quantità di K G O, Me-
diante la ^uale il clorato sodico monoclino può conservarsi, esso
sarebbe sfuggito alle osservazioni (99)*
' Le modificazioni instabili dell'acido propionico e dell'acido ace-
tico monoclorato possono lungamente conservarsi. Ma comunque
siano le modificazioni instabili o metastabili labilissime o persistenti,
esse passano nelle stabili a temperatura non fissa, perchè il riscalda-
mento non ha per iscopo che di diminuire l'attrito intemo; inoltre
la trasformazione si effettua senza variazione di temperatura o di
pressione. P. e. anatasio — > brookite — > rutilo.
Posto il carattere fondamentale della irriversibilità nelle modi-
ficazioni instabili, segue:
1^ La tensione del vapore della modificazione instabile è sempre
maggiore di quella della modificazione stàbile. Infatti portate le due
modificazioni in contatto col loro vapore, il vapore non saturo andrà
a condensarsi nel luogo saturo, cioè dove si trova la modificazione
stabile. L'inverso è impossibile.
2^ La modificazione instabile è più solubile della stabile. Poste
entrambe in im solvente, la stabile dovrà aumentare a spese della
instabile, e perciò questa essere più solubile.
^^Dale due modificazioni Vuna stabile V altra instabile, per trasfor-
marsi in una terza modificazione di maggiore energia interna, la insta-
bile effettuerà la trasformazione a una temperatura piU bassa della sta-
bile. Poste entrambe alla stessa tensione, la temperatura della modi-
ficazione instabile sarà inferiore di quella della stabile per la regola i .
40 Posto due modificazioni Vuna stabile, Valtra instabile, per
trasformarsi in una terza modijicazione di minore energia intema, la
instabile effettuerà la trasformazione a una temperatura più elevata della
stabile. Esempio: solfo fuso metastabile cristallizza in a-solfo a una
temperatura più elevata che il p-solfo. Esempio per 3) : «-solfo sopra-
riscaldato fonde a più bassa temperatura che il ^-solfo.
102. Cristaixizzazione da soluzioni. — Non solo gli elementi,
i composti chimici, le soluzioni, le miscele fisiche omogenee sono da
34^ Capitolo decimo
annoverarsi fra gli stati anisotropia ma anche i miscugli o miscele
meccaniche possono avere i caratteri delle sostanze cristallizzate.
Questi ultimi a guisa dei conglomerati hanno i loro componenti, che
fanno fasi a sé, e neirequilibrio di contatto seguono la legge delle
fasi di Gibb (8)» e nell'accrescimento la legge di Curie (10)> come ap-
pimto si è detto delle associazioni e geminazioni emitrope (28) (29^*
Nell'associazione o nella dissociazione dei componenti in un mi-
scuglio non vi ha scambio di ehergia termica, e i componenti per
conseguenza trasmettono al miscuglio proprietà additive. Le regole
relative alla trasformazione sono appUcabili anche ai miscugU. I^e
miscele fisiche costituiscono, fasi uniche e. possono trasf&rmarsi in
altre modificazioni stabili o instabili secondo Tinfluenza che vi por-
tano i singoU componenti, come si vedrà nell'isomorfismo.
Le soluzioni possono generare cristalli misti, soluzioni solide o
conglomerati a seconda della maggiore o minore analogia che passa
fra i singoli componenti.'
I componenti delle miscele fisiche e delle soluzioni non possono
separarsi né di nuovo riunirsi senza scambio di energia termica, e
le soluzioni in particolare sono caratterizzate da forza osmotica e dal
fenomeno della diffusione che con esso è legato.
Dato che per scomporre una soluzione nei suoi componenti A^
B, C, o per l'operazione inversa sia necessario uno scam.bio di
energia dall'esterno all'interno o viceversa, segue che i detti compo-
nenti entrano nello stato legato con proprietà fisiche diverse da quelle
che essi hanno nello stato libero. Ed in primo luogo la loro tensione
del vapore allo stato legato è minore che allo stato libero a pari tempe^
r atura: se ciò non fosse, si riuscirebbe a separarli e poi di nuovo ri-
comporli creando energia dal nulla. Segue in secondo luogo che
per trasformare uno dei suoi componenti in una -modificazione avente
energia interna maggiore o mitiore, sarà richiesta una temperatura
superiore o inferiore in confronto di quella necessaria f>er trasformarsi ,
se il componente si trova allo stato libero.
I. Siano p. e. ^ e B due componenti formanti una soluzione
liquida, i quaU possono trovar visi in vari rapporti da o a loo in peso
o in grammi-molecole. Per sempHdtà si può rappresentare il fenomeno
su un piano con coordinate ortogonaU, fig. 576, portando sulle ascisse
il per cento di ^ a partire da M^ e quello di B a partire da Af,, sulle
ordinate la temperatura. Nel punto M' la quantità di ^ e quella di B
sono dati nella scala. Il punto di cristallizzazione di A Ubero è Mi t^,
e quello di B libero è M, t^. A misura che si aggiunga ad A una quan-
tità di B, la temperatura di cristallizzazione di A legato si abbassa ;
nel punto M' essa è M' /', e si otterrà una curva t^t' d\ che rappre-
senta la curva di cristallizzazione o curva di solubilità di A tn'B per
Trasformazioni
343
tutti i rapporti A : B. Altrettanto si ottiene ima curva di cristàUiz-
zaziane o curva di solubilità di B in A, t^i'* 'd" del componente le-
gato B. I/e due curve di cristallizzazione si incontrano in e, corri-
spondente al punto E, ove il rapporto fra i componenti ^ e B è M^ E :
M, £. Nella regione del piano ove A predomina su questo rapporto,
cristallizza ^4 e la soluzione si arricchisce di B; nella regione all'in-
contro ove B predomina cristallizza B e la soluzione si arricchisce
di A, L'equilibrio stabile sarà raggitmto alla temperatiu-a e, ove la
ffiò4
* ■ ^ =^ ' -^ »A»È
* » JT ■ 1 ; I I I I I r * T^' r*' * ' » ' i "^'^
Fij. 576.
cristallizzazione sarà contemporanea di i4 e B nello stesso rapporto
MiE: M^E; « è il punto eutetico.
2. Se A e B godono di modificazioni stabili le cui temperature
limiti di stabilità sono più basse dell'eutetico, la cristallizzazione
non sarà turbata. Le modificazioni di A e B si manifesteranno dopo
che A e B saranno completamente separati. Nella fig. 577 è rappre-
sentato im tale caso, supposto che A sia dotato delle modificaadoni
Al e A^y e B delle modificazioni B^ e B^, ove la temperatura limite
Ti della modificazione A, e così quella T^' della modificazione B,
-sono più basse di e.
y. Se all'opposto A e B hanno modificazioni le cui temperature
limiti di trasformazione oltrepassano Teutetico, questo sarà neces-
sariamente modificato.
344
Gitolo decimo
Siano Al, A^, A^, fig. 578, tre modificazioni del componente A,
Bj, B^, B, tre modificazioni del componente B, le cui temperature
di trasformazione sono rispettivamente Tj, T,, e T^, T,'. Si osservi
che T, e T^' sono più alte di e. La curva di cristallizzazione della
modificazione i4, sia t^a, quella di B, t^ b. L'incontro della prima
curva con l'orizzontale condotta per T, è il punto a; in esso inco-
mincia a cristallizzare la modificazione stabile Af] e la rispettiva
. curva di cristallizzazione è p^ e. a e, ove si incontra con quella che
si riferisce alla cristallizzazione della modificazione B,. L'eutetico e si
^^J^
ffj.*=c
I I I 1 =»:
I ' I 1:
3M0^
Fig. 577.
trova modificato per rispetto a quello che darebbero le due modi-
ficazioni ^, e B3 rispettivamente di ^ e B; ossia il pimto eutetico e
si riferisce a una soluzione nella quale fanno parte le mpdificazioni A^
e B, dei due componenti, come se A^ e B, non esistessero. Come
esempio può essere riferito il nitrato di ammouio (NH^) NO,, sciolto
nell'acqua, che presenta quattro modificazioni stabili:
a
r
(NH4) NO3 monoclino
{NH4) NO3 trhnetrico
(NH^) NO3 dimetrico
(NH4) NO3 monometrico
= A,
Solo la modificazione trimetrica, esistente alla temperatura
Tras/ormdsioni
345
ordinaria e analoga a quella del nitrato di potassio, è bene conosciuta
perchè può ottenersi in cristalli grandi. Le altre modificazioni si
ottengono in un portaoggetti sotto il microscopio, pa^rtendo da una
temperatura elevata e lasciando successivamente raffreddare. È
notevole che durante questa operazione due volte comparisce la
stessa modificazione, dimetrica A^ nella fig. 579, la quale perciò è
stabile fra due intervalli di temperatura probabilmente sotto — 16«>
Fig. 578.
Fig. 579. "3
e fra 82» — 1250. L'eutetico e, che in questo caso si dirà crioidtico, si
trova a — 20»; cosicché abbassandosi la temperatura cristallizzano
successivamente A^, A 2» A^, A4, A^ arricchendosi la soluzione di
acqua; a — 20° -il rapporto fra nitrato di ammonio e acqua è 17: 83,
e l'acqua cristallizza col nitrato di ammonio in questa stessa propor-
zione, vale a dire con la presenza del 17 % del sale la temperatura
si abbassa da o<> a — 20 ^ per potere cristallizzare tutta la massa in
un conglomerato.
4. Se in secondo luogo uno dei componenti ^ e B o entrambi,
costituenti una soluzione, hanno una o più modificazioni instabili
per tutte le temperature l'eutetico stabile sarà accompagnato da
346
Capitolo decimo
eutetìci instabili. Siano A ^ B due componenti, fig. 580, le cui tempe-
rature di cristallizzazione, se isolati, sono rispettivamente M^t^ e
Mj /}. E sia ^ il componente, che gode di una modificazione instabile
i4i, la cui temperatura di cristallizzazione è più bassa di Af^^; sia
essa M| Z^'. La cristallizzazione di A stabile in soluzione con B pro-
cederà seconda la curva ^ ^, e quella di B stabile secondo' la curva
T.'f=
4~J— +
I. ' I ' I ' r I 1 I I I I ^= KSi%
Fi«. 580.
/j «, essendo e l'eutetico di -4 e B. Ma nello stesso tempo può presen-
tarsi nella cristallizzazione l'instabile A^ che si forma a una tempe-
ratura più bassa di A stabile. La curva di cristallizzazione àx A^ sia
il e\ che incontra la curva di cristallizzazione i^e di B nel pimto e'
che sarà Teutetico instabile. E tanti eutetici instabili potranno pre-
sentar visi nella soluzione di ^ e B quante sono le modificazioni in-
stabili di ^ e quante quelle di B.
103. EsBMPi DI SOSTANZE POi,iMORP£. — Negli esempi che se-
guono, le modificazioni riversibili (o enantiotrope) sono segnate con
^-^ per indicare che i loro stati possono essere invertiti e coesistere
in equilibrio di contatto; le irriversibili (o monotrope) sono segnate
con una sola treccia — > per indicare che solo una modificazione, può
passare neUe altre, ed il riverso è escluso.
C. — Diamante modificazione monometrica esadstetraedrìca
Trasformazioni 347
^* 337 e 33S "♦" Grafite modificazione trigonale a = 85 0.6. Il
diamante è trasparente, dielettrico con costante 16,47, durezza io,
densità 3.529. La grafite è opaca, bruna, conduttrice elettrica e ter-
mica, durezza < i, densità 2.3.
S. — Solfo-a trimetrico bipiramidale, fig. 83 e 86 ,«z=*- Solfo- p
monoclino prismatico, fig. 62.
Il solfo-a (in natura) ha durezza 1-2, densità 2.07, fonde aUo
stato metastabile a iio<>. Il solfo- ^ (Mitscherlich) fonde a 1200, e
si trasforma ne} primo a 96^, densità 1.96.
Solfo-y monoclino prismatico (Bruhns), solfo-S monoclino
(Muthmann), solfo-e trigonale (Engel-Friedel), solfo-!^, forse trigo-
nale (Magnus) o solfo nero metallico sono irriversibili con i primi due,
e si formano dal solfo fuso (soprafuso) con raffreddamento rapido.
Se. — Selenio-a monoclino prismatico ^n** selenio- ^ mono-
clino .^zz*' selenio-y trigonale.
H selenio-a ha la densità 4,5 e corrisponde forse al solfo- ^. Il
selenio-^ ha densità > 4.5 e corrisponde al sdlfo-y, infine il selenio-y
o selenio metallico grigio corrisponde al solfo-2^ metallico.
As. — Arsenico trigonale metallico bruno (naturale) -♦— arse-
nico metallico nero •<— arsenolamprite monoclino •<— arsenico giallo
monoclino.
I^e modificazioni dell'arsenico sono tutte irriversibili. I^a più
stabile è l'arsenico bruno naturale trigonale speculare con densità
4.72; l'arsenico nero ha densità 5.73, Tarsenolamprite 5.4
Sb. — Antimonio trigonale grigio •<— antimonio nero mono-
metrico '^~ antimonio giallo monometrico.
he modificazioni dell'antimonio sono irriversibili. I^'antimonio
trigonale metallico grigio corrisponde all'analoga modificazione del-
l'arsenico, con densità 6.71, l'antimonio esplosivo ha densità 5.78.
Raffreddando rapidamente i vapori di antimonio metallico, cristal-
lizza l'antimonio nero, che forse è identico all'antimonio esplosivo.
Con raffreddamento rapido sotto — 900 si ottiene l'antimonio giallo
simile al giallo arsenico, oltremodo instàbile.
Sn. — Stagno grigio (forse monometrico) "^zi^ stagno tetra-
gonale .^rr*- stagno trimet^co.
Le tre modificazioni deUo stagno hanno limiti di stabilità. Il
primo, poco noto, è stabile fino a 2o<', il secondo tetragonale con den-
sità 7.29 è stabile fra 200-1720, il terzo trimetrico con densità 6.5 è
stabile fra 1720-2320. Sopra 232® lo stagno è amorfo liquido.
'HgJ^, — Modificazione gialla trimetrica .^^^ modificazione
rossa dimetrica. Ira prima con la densità 5:92, la seconda 6.297;
quella è stabile sopra 1260, questa sotto.
ASs Og. — Claudetite modificazione monometrica ^ — arseno-
lite modificazione monoclina.
34^ Capitolo decimo
Non è ben chiaro &e le due modificazioni siano riversibili. La
prima stabile ha densità 4.15, la seconda, monoclina prismatica, den-
sità 3,7, ha costanti vicine a quelle di cristalli trìmetrid. Si forma a
temperatura elevata per sublimazione.
La modificazione amorfa ha la densità 3.71.
Sb^O,. — Senarmontite modificazione monometrica -<~ Va-
lentinite modificazione trimetrica.
Anche qui, come nella precedente sostanza, non è ben chiaro
se le due modificazioni siano riversibili. La prima stabile ha la den-
sità 5.3, la seconda trimetrica con costanti pari a quelle dell'armeno-
lite ha densità 3.6 e si forma a elevata temperatura.
Non è escluso che la Valentinite sia monoclina come Tarsenolite,
e che perciò la sua apparente simmetria sia dovuta a mìm^ìs^ (30).
Si O,. — Quarzo modificazione trigonale ^ir^ tridlmite mo-
dificazione trimetrica .4.=-^ cristoballite modificazione dimetrìca.
Pare che queste tre modificazioni abbiano limiti di stabilità,
onde possono essere riversibili.
Il primo con densità 2.651 è otticaniente attivo, il secondo ha
densità 2.326, il terzo 2.340.
Ti Oj. — Rutilo I modificazione dimetiica <— Brookite mo-
dificazione trimetrica -«— anatasio II modificazione dimetrica.
Queste tre modificazioni si trovano allo stato metastabile, ma
possono conservarsi stante la loro rigidità (attrito interno) come av-
viene in molti minerali. Il rutilo ha densità 4.25 e durezza 6-7, la
Brookite densità 4.06 e durezza 5-6, Tanatasio densità 3.84 e durezza
5-6. Ci sono autori (Groth) che ammettono una polimerizzazione nel
rutilo supponendo che la sua molecola sia Ti« O4, ed ottenendo cosi
una analogia con lo zircone ZrSi O4. Ma questo modo divedere non
consegue dall'esperienza, ed in secondo luogo Si non ha analogìa
con Ti.
Cu^ S. — Calcosina modificazione trimetrica .^jt** solfuro
ramoso modificazione monometrica, la prima con densità 5.7 — ^,S,
la seconda 5.65.
ZnS. — Blenda modificazione mQnometrica-esadstetraedrica
fig. 339-342 -^— Wurtzite modificazione esagonale-piramidale fig. 266,
entrambi con densità e durezza quasi eguali, ma la blenda è assolu-
tamente dielettrica, la Wurtzite conduttrice.
HgS. — I Metacinnabarite modificazione monometrica-esaciste-
traedrica — ► cinnabro (cinnabarite) modificazione trìgonale-tra-
pezoidale, a = 9^^.y>\ la piima con densità 7.81 la seconda 8.09.
Il cinnabro si foima anche per sublimazione, ed è quindi stabile a
temperatura alta .
F'eSj. — Pirite (gialla) modificazione monometrica-pentago-
Trasformazioni 349
naie fig. 318-325, 365 -*— marcasite (bianca, pirite pettinata) mo-
dificazione trimetrica, fig. 97, 384, la prima con densità 5.00-7-5.18,
la seconda 4.85 — ^4.88. Groth vuole vedere in queste due modifica-
zioni una isomeria invece di dimorfia.
CaCOj. — Calcite modificazione trigonale-scalenoedrica,*
fig. 131- 143 -*— aragonite modificazione trimetrica, fig. 89, la prima
con densità 2.713, durezza 3, la seconda 2.95, e risp. 3-4. I^'aragonite
si trasforma facilmente in calcite con riscaldamento, ma il riverso
non è possibile.
Ag J. — Jodirite (jodite) modificazione esagonale-piramidale,
-fig. 267 ,^j=:> modificazione monometrica (pastosa) plastica (({). Le
densità sono rispettivamente 5.67 e 5.77. Il punto di trasformazione
sembra essere 1460.
(NH4) NOs- — a modificazione trimetrica I ^zr*'
— P modificazione trimetrica II .^zz*
— y. modificazione trigonale .^i^^
— S modificazione monometrica.
Le densità e gli intervalli di temperatura di esistenza di queste
quattro modificazioni sono:
a rf= 1.6560 00-320
P 1.6021 32-83 (crist. pastosi) (6)
Y .... .. 1.6093 83-124
è ? • 124-168
L'ultima si forma dalla sostanza «in fusione e passa successiva-
mente nelle altre per raffreddamento. Viceversa la prima cristallizza
da una soluzione satura a temperatura ordinaria, e si trasforma poi
successivamente nelle altre modificazioni per alzamento di tempe-
ratura.
Na CI O3. — Modificazione monometrica-tetraedrica -♦— mo-
dificazione trigonale-romboedrica — *- modificazione trimetrica o mo-
noclina. La prima è otticamente attiva, fig. 355, 570.
Mg SO4 -f 7 aq. — Epsomite modificazione trimetrica-bisfe-
noidale ^— modificazione monodina prismatica.
La prima otticamente attiva con densità i .677 si forma in solu-
zione satura, la seconda con densità 1.691 cristallizza solo in soluzione
soprasatura. ,
Questa seconda modificazione labilissima è conservabile se col
magnesio vi sia del ferro (cristalli misti).
As O4. Na H, -|- aq. — Modificazione trimetrica con densità
2.670 < — modificazione monoclina.
350
Capitolo decimo
Al« Si O5. — Disteno modificazione triclìna < — andalusite
I modificazione trimetrica •<— II modificazione tximetrica. I^a prima
con densità 3.5-3.7 è la più stabile ; le altre due hanno circa la densità
3.3, ma si distinguono per altre proprietà fisiche specialmente ottiche.
Groth suppone che il disteno sia un isomero delle altre due mo-
dificazioni, basandosi sul fatto che esso si comporta per rispetto alle
azioni chimiche in modo affatto diverso dalla Sillimanite e andalusite.
Ma finché le tre modificazioni danno soluzioni o fusioni eguali, Tiso-
meria è fuor di luogo.
KAlSifOe- — Ivcucite modificazione trimetrica .^zz*- modi-
ficaaoone monometrica, fig. 413. Il punto limite di queste due modifi-
cazioni è 5600, sopra del quale è stabile la modificazione m.oao-
metrica.
C4 H« Of TI,. — Modificazione trigonale con densità 4.84 .^=^
modificazione monoclina con densità 4.74.
Benzoato di colesterile. Ci istalli solidi sotto 1450 <=^ cristalli
fluenti (molli) nell'intervallo 1450-1780.
Azossifenetolo. Modificazione solida ^zz^ modificazione* li-
quida nell'intervallo 1 370-1 680.
Azossianisolo N, Oj {C, HJa (CH,), modificazione solida <cr^
modificazione liquida nell'intervallo ii6<>-i340.
Trasformazioni 351
I^ETTERATURA AI, CAPITOI^O X.
Frbd. Wai^i^bRANT, CrisicUlographie. Paris» 1909.
O. LehMann, MolektUarphysik, 1889.
A. Abzruni, Physik. Chernie der KrisUUle, 1893.
P. Groth, Einleitung in die chem. KrystalL, 1904.
A. FocK, Einleitung in die chem, Kry siali, 1888.
H. W. Bakhuis Roqzbboom, Die keierogenen Gleichgewichte, ecc., 1904.
J. W. RiCTGBRS, Ueher die LHmorphie des Nairiumschlorats, ecc. «Zeit. f.
phys. Chemie >, 1889, 4, 1890, 6, 1894, 15.
E. MitSCHebuch: I classici lavori di Mitscherlich sono raccolti in una
edizione posteriore. Berlino, 1896.
G. Tammann, Kristallisiren und SchmeUen. I«ipsia, 1903.
V. B.OXHMUND, Ueber den Umwandlungspunkt einer f esten Lósung. e 2Seitsclir.
f. physik. Chem. », 1897, 24, 705.
O. Lbhmann, FlUssige Kristalle. Leipzig, 1904.
— Stoffe mit drei ftOssigen- Zusiànden. Zeit. f. phys. Chemie», Z906, 56, 750.
D. VoitLANDER, Substanzen mit mehreren festen und mehreren ftUssigen
Phasen.
W. ScHWAKZ, Beitràge zur Kenniniss der umkehrbaren Unwandlungen
polymorpher Kcrper, 1892.
K. SCHAUM, Die Arten der Isomerie, 1897.
G. Bruni, Sulla differenza fra polimorfismo e isomeria chimica. « Rendi-
conti Acc. Lincei », 1902, I, 386.
G. BRiTia e A. Cai,i,BGari, « Rendiconti Acc. d. Lincei », 1904, I, 481.
C. Vigila, Sul punto di trasfot mozione fra modificazioni riversibili. Ren-
diconti R. Accademia dei Lincei, 1918, II, 107.
Vedi inoltre i molteplici lavori sul polimorfismo di H. Dufet, G.
Wyxouboff, B. Gossner, D. Gemez, MaUard, Le ChateUier, Wallerant, Bd-
lati e Lussana, Gaubert, Marais.
CAPITOLO XI
chimico-fisiche dei cristalli.
104. Serie eutrofiche. — Si possono ordinare gli elementi chi-
mici in serie secondo la loro affinità come sono i gruppi nel sistema
periodico Mendeléjew-Brauner, e si ottiene una analogia fisica e cri-
stallina di essi, che si mantiene ove si mantenga la differenza fra i
pesi atomici, come p. e. :
«
Ab
Sb
Bi
Peso
atomico
-»
Sistema
cristallino,
Mod.
meullica
Sfalda-
tura
Densità
Punto di
fusione alla
pressione
ordinaria
EboIIi.
zione
sablima-
xione
Calorico
specifico
j
DnrexxaI
75.0
120.2
208.0
S a
§ 850.38'
a 860.58'
•5 87<>.34'
-■2
5-727
5.71
9.76
4400 c
268.3 »
450°
I3000
I7000
0.083
0.050
0.030
3H
2 Vi 1
Peso
atomico
Sistema
cristallino
Densità
Durexza
Punto
di fusione
Punto
di ebolli-
zione
Calorico
specifico '
1
Li
7.0
i^
0.534
1
0.6
1860C
800O
1
0.94
K
39.097
c4 *
§8
1*-
0.860
0.5
62.5
757°
0.17
Rb
85.448
1-53
0.3
38.5
6960
0.08 '
1
Cs
132.823
1.87
0.2
•
26.5
6700
0.05 1
Nelle seguenti tabelle, secondo il sistema di Mendelejew, sono
disposti gli elementi in serie entropiche (disposti in colonne e in
gruppi).
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli
355
Tabei*i.a a
Gruppo I
Li 7.0
K 39.15
Rb 85.45
Cb 133.81
II
Be 9.X
Ca 40.09
Sr 87.63
Ba 137.37
— 170.?
Raa25
III
B XI
Se 44.1
Y 89.0
La 139.0
Yb 172
— 226.?
. IV
C 12
Ti 48.1
Zr 90.6
Ce 140.25
- 176.?
Th 232.7
N 14.01
V 51.06
Nb 93.05
VI
O 26.0
G 52.0
Mo 96.0
terre rare
W 184.0
U 238.5
VII
F 19
Mn 54.93
VIII
Fé Ni
55.85 58.68
Os Ir Pt
190.9 193. 1 194.8
Tabeixa B
•
Gruppo I
II
III
IV
V
VI
VII
Na 23.00
Mg 24.32
Al 27.1
Si 28.3
P 31.04
S 32.07
CI 35.46
Cu 63.57
Zn 65,37
Ga 69.0
Gè 72.5
As 74.96
Se 79.2
Br 7992
Ag 107.88
Cd 112.4
In 114.8
Sn. 119.0
Sb 120.2
Te 127.6
J 126.92
Au 197. 2
1
Hg 200.0
TI 204.0
Pb 207.1
Bi 208.0
—
—
Anche le proprietà fisiche dei composti di queste serie variano
secondo un determinato ordine quando il resto dei loro pesi moleco-
lari rimane lo stesso o quasi. Esse o aumentano regolarmente col
peso molecolare, o diminuiscono, di guisa che le serie entropiche com-
prendono tutte le proprietà fisiche e cristallografiche indistintamente ;
e basta perciò determinare una serie entropica per una o due pro-
prietà fisiche, che essa vale, almeno in generale, per tutte le proprietà
fisiche e ctistallografiche. Veramente serie entropiche per i composti
sono note in limiti abbastanza ristretti ; ma è avvenire della cristal-
lografia di spingere questo studio con la massima alacrità.
GH elementi di ima serie entropica che possono essere sostituiti
nei composti, senza che questi cessino di far parte di ima serie entro-
pica si dicono vicarianti. Cosi sono vicarianti Li, K, Rb, Cs, special-
mente i tre ultimi in tutti i composti. Talvolta gli elementi sono vica-
rianti in composti complessi, e non lo sono in composti semplicissimi,
o viceversa.
Importante è la serie entropica seguente riferita a cloruri mo-
nometrici :
23 — C. Viola.
354
Capitolo undicesimo
-* — ■ — —
Composti
RbQ
CsCi
Peso
molecolare
M
74.6
120,9
168.5
Densità
d
1.990
2.806
3.99
Volume
molecolare
V^M-.d
37-04
43.08
42.23
Solubilità
in
100 p. di aq
32.66*
93 -o
179.7
Indice
di rifrazione
per luce Na
persionc
Dispersio
1.4897
1.4936
I.6418
O.OIII
0.013
0.146
Non meno importante è la serie dei carbonati trimetrici:
Composti (minerali)
■
2 8
2i5
.2tS
u
1
1
1
E
•»■
43
Peso
molecolare
Af
Densità
d
Ì8^
33-93
39.46
4570
Solu-
bilità
in
100.000
aq
Fu- Calore ,
sibilìtà ' specifìco
Aragonite Ca CO3
Stronzianite Sr COg
Witterite Ba CO3
100. 1
147.6
197-4
2.95
3.74
4.32
O.I
1.0
0.25
2260
795
0.2000
0.1445
0.1078
La cerussite Pb CO3 non entra in questa serie per varie proprietà
fisiche.
Talvolta gli elementi di una serie eutropica vicariano con ele-
menti di altra serie p. e. Mn con CI in taluni composti, Mg con Fé.
Ti con Si e Zr ecc.
105. Serie morfotropiche. — Con la sostituzione di elementi
vicarianti, i composti, rimanendo nella stessa serie eutropica, non
variano sensibilmente nelle loro proprietà fisiche e cristallografiche.
Con la sostituzione di altri elementi o gruppi di essi le variazioni
possono essere più notevoli, e possono essere graduali se le sostitu-
zioni sono graduali.
Ogni variazione nella struttura cristallina, negli angoli e parametri
fondamentali in dipendenza con la variazione molecolare è una morfo-
tropia.
Ogni variaziofve chimica corre parallela all'azione morfotropica;
ovvero ogni variazione chimica corrisponde a una deformazione morfo-
tropica.
Sostituendo il gruppo NH4 agli atomi K, Rb, Cs nei perclorati,
il sistema cristallino e la simmetria non cambiano. Una variazione
piccolissima si nota nei parametri, e naturalmente nel peso mole-
colare :
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli
355
Composti
Rb CI O4
CsQO^
NH, a O^
Sistema trimetrico
a i b : e
Peso
molecolare
M
0.7817: 1 : 1.2792
0.7967: 1 : 1.2879
0.8173: i: 1.2976
0.7932: 1 : 1.2808
Volume
molecolare
d , y^M.d
Densità
138.74
185.09
232.45
117.672
2.524
3.014
3.327
1.952
55.0
61.4
69.87
60.28
Interessante è la sostituzione di Na con Ca e di N con C come
nel seguente gruppo:
Calcite CaCOa
Salnitro Na NO.,
Sistema
cristallino
trigonale
trigonale
Angolo
fondamentale
3( = 74°.55'
730.27
P«so .Densità! Volume
molecol. i I molecolare
M
M.d
100.00
85.01
2,712
2.271
36.87
37.43
Oltremodo interessanti sono le sostituzioni nei composti orga-
nici in relazione con le variazioni fisiche e cristallografiche derivanti.
Sopratutto importante è il benzolo, i prodotti allogenici di sostitu-
zione del benzolo, fenolo e dei nitroderivati studiati ultimamente da
Repossi e da Ai tini. Valga qui questa semplice serie:
Composti
Benzolo C^ Hg
Benzolo biclorato C, H4 Gj
Benzolo tetraclorato C^ H, Cl^
Dinitrofenolo C, H3 OH (NO,)j
Dinitrobromof enolo C« Hj Br OH (NOj)s
Sistema
cristallino
tAnetrico
monoclino
monoclino
trimetrico
monoclino
NO : ZIO
83''.3o'
810.20
830.40
740.00
73*^.30
Con la sostituzione di K a Ca ed N a C si ottiene il seguente
risultato :
Composti
Aragonite Ca CO3
Sahiitro KNO,
Sistema
cristallino
trimetrico
trimetrico
Rapporti fondamentali ! Peso mo-
a : ò : e
0.6224: 1 : 0.7205
o, 591 : 1 : 0.701
lecolare
Densità
100.
lOI.II
2.93
2. II
Serie morfotropiche si ottengono con lo scambio dell'ossigeno
e del solfo in varie combinazioni minerali, p. e. :
356
Capitolo undicesimo
Composti
1
Rapporti fondamentali Angolo fonda-
ax b '. e mentale ^
.1
Sfaldatura i
Sb,0,
Sb,S,
BÌ.O3
As,S,
1.1741 : I : i.oioo
0.9926: 1 : 1.0179
0.8165: 1 : 1.0640
0.968 : 1 : 0.985
1.2120: i: 1.0335
0.9240: 1 : 1.0524
90 <>
900
900
87.3
90<»
|0I0|
id.
id.
id.
id.
id.
Una sostituzione opportuna e ordinata può dimostrare il suc-
cessivo passaggio da una struttura ad altra struttura ciistallina, da
una simmetria ad altra simmetria, e persino da un sistema cristal-
lino ad altro sistema con piccola variazione di angoli, come si osserva
in certe serie isomorfe (107)- Siffatto studio sistematico, più esteso
di quanto non è stato fatto fino ad ora, potrà im giorno risolvere il
problema più difficile, che mai la cristallografia abbia compreso nel
suo campo di indagini, cioè le relazioni fra costituzione chimica e
struttura o strutture se i composti sono polimorfi.
106. Isomorfismo. Sunto storico. — Prima ancora che si
addivenisse alla costruzione di serie entropiche, si conoscevano
certe affinità e proprietà, mediante le quali si potevano avvicinare
due o più gruppi cristallizzati, che si dissero isomorfi.
Mitscherlich (18 19) studiando i fosfati e gli arseniati alcalini
(K, NH4), credette di constatare che questi composti, chimicamente
analoghi, avessero le stesse forme cristalline. Ottenendo dippoi ana-
loghi risultati da carbdhati e solfati fu condotto a pronimciare una
nuova proprietà fra i corpi, che chiamò isomorfismo: un egtial nu-
mero di atomi gruppi di atomi, se riuniti nella stessa maniera, gene-
rano e guai forma cristallina, la quale non dipende dalla natura degli
atomi gruppi di atomi, ma dal loro numero e dal modo del loro legame,
Mitscherlich ordinò le esperienze di Beudant (181 8) sui solfati di
Fé, Zn, Cu, e concluse che la analogia chimica ed egi^agliama cristallo-
grafica vanno di pari passo con la proprietà nei corpi isomorfi di me-
scolarsi in tutti i rapporti. Circa l'importanza per la chimica dell'iso-
morfismo risulta dalle stesse parole di Mitscherlich: «poiché i sali
«neutri dell'acido selenico sono isomorfi con i sali neutri dell'acido
«solforico, si può determinare la costituzione dell'acido selenico e
« dei suoi saU secondo la legge dell'isomorfismo ».
Mitscherlich fu l'esponente di nimierosissime esperienze intra-
prese da lui, Hauy, Beudant, Rome de Lisle, Bernardi, J. N. Puchs
e altri. Ma la definizione data da MitscherUch dell'isomorfismo sol-
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 357
levò obbiezioni e discussioni per parte* di numerosi cristallografi e
chimici, fra i quali è da notarsi principalmente Dumas, Mallard, Wy-
rouboff, Klein, Hiordal, Kuster, e fino ai nostri giorni Paterno, Leu-
mann, Tschermak, Bécke, Groth. Retgers, Gossner ecc. Le obbie-
zioni mossero da due ragioni principalissime : in primo luogo perchè
non appariva distinto il nesso fra i caratteri dell'isomorfismo intrav-
veduti da Mitscherlich, ed in secondo luogo perchè il sostantivo
analogia, esteso indi alle forme cristalline, poiché di assoluta egua-
glianza negU angoU e nelle costanti non si poteva nemmeno pensare,
ingenerava una indeterminatezza, su cui ogni naturalista poteva
esercitare il suo modo di vedere.
Invero diverse sostanze si mescolano in rapporti continui come
le coppie PbS — AgjS, Na AlSijOj — CaAl^SijOg ecc. senza ohe vi
sia alcunché di analogia chimica; onde parecchi autori, fra cui prin-
cipalmente lo Tschermak, interpretarono l'analogia elasticamente,
supponendo che Ca potesse vicariare con Na, Al con Si. Circa le forme
cristalline delle sostanze isomorfe, che dovrebbero essere assoluta-
mente identiche, secondo Mitscherlich, da cui il nome di isomorfismo,
risultò che, tranne ner monometrico, le forme dei corpi isomorfi
sono vicinissime fra di loro, come già WoUaston (1808) dimostrò nei
cristalli presi per base da Mitscherlich nella definizione dell'isomor-
fismo. Di più certe sostanze non isomorfe cristallizzano in forme
assolutamente vicine come calcite con salnitro sodico e argento rosso,
o aragonite con salnitro potassico; dove che forme molto meno
vicine fra di loro si trovano in sostanze assolutamente analoghe,
perciò di carattere isomorfo, come nelle singole specie dei pirosseni.
Il carattere della miscihilità istituito da Mitscherlich per le so-
stanze isomorfe, non è meno incerto degli altri due, poiché rare volte
le sostanze si mescolano fra di loro in tutti i rapporti senza limiti,
mentre moltissime sono quelle che si mescolano in quantità picco-
lissime. Da siffatte discussioni è risultato in ultima analisi che i tre
caratteri utilizzati da Mitscherlich per definire l'isomorfismo:
1° analogia chimica;
2^ analogia cristallografica;
30 miscibilità continua,
sono incerti ed elastici, onde ulteriori esperienze si richiedevano per
stabilire con più fondamento una proprietà fra sostanze allo stato
cristallizzato, che certamente fu ravvisata da Mitscherlich.
Un secondo periodo neUa storia dell'isomorfismo sembrava ini-
ziarsi con i lavori impoitanti di Dufet e Retgers, Lavenir, WyroubofI,
relativi alle proprietà fisiche dei cristalli misti; con che due più
composti sono tra loro isomorfi, se le loro miscele variano con continuità.
358 Capitolo undicesimo
e U loro proprietà fisiche in funzione continua delle loro concentrazioni
Il torto di Retgers e in parte anche di Dufet fu di avere dato unica-
mente peso alle proprietà meccaniche e ottiche, trascurando quasi
ogni chimica e cristallografica analogia. Con misure accurate essi
poterono stabilire che le proprietà fisiche, specialmente le densità
e le proprietà ottiche, sono funzioni lineari o additive delle concentra-
zioni. In base a questa additività si venne al concetto che le miscele
di isomorfi sono miscugli meccanici, dove i componenti isomorfi,
che vi prendono parte, entrano nel legame con proprietà fisiche non
diverse da quelle che essi hanno allo stato libero, ossia senza contra-
zione o dilatazione. Non cosi furono le vedute di Mallard e Wyrouboff .
guidati anch'essi, come Retgers, dà risultati sperimentali. Intanto
Pock^ dimostrò che le proprietà ottiche dei cristalli misti non giu-
stificano qualsiasi ipotesi sulla natura dei cristalli misti, siano essi
miscele fisiche, siano essi miscugli meccanici, come Michel-Le\'y
voleva per i singoli feldispati.
Gossùer con misure accuratissime sulle densità, non meno di
quelle di Retgers, relativamente ai cristalli misti, tralasciando il
preconcetto della additività, ritornò sui passi di Mallard. D'altra
parte la miscibilità continua come fondamentale carattere per defi-
nire e riconoscere l'isoniorfismo, secondo Retgers, perdette il suo
vero valore con le esperienze di Retgers stesso, il quale constatò
per primo lacune nella miscibilità continua; anzi risultò in seguito
essere più frequenti i casi di lacune nella miscibilità continua, di
quello che miscibilità continua senza limiti; e l'elasticità di questo
criterio per la definizione dell'isomorfismo non ebbe confine. Retgers
ricorse per ciò di nuovo all'analogia chimica, includendo U carattere
cristallografico nelle proprietà fisiche, e ritornando per conseguenza
all'isomorfismo di Mitscherlich, che con il vocabolo analogia tutta
e niente definiva.
Nemst fu dello stesso parere di Retgers, ma pensò che conve-
nisse fermarsi non sulla definizione dell'isomorfismo, ma sul grado
di analogia, maggiore o minore secondo il maggiore o minore grado
della miscibilità, trascurando momentaneamente le anomalie quali
p. e. nelle coppie NH^ CI — Fé Cl^ e Cj H« — J. Per la prima^ volta
Nemst accentua la struttura cristallina come carattere fondamentale
dei corpi isomorfi, che possono mescolarsi in rapporti cospicui aventi
intimità fisica e chimica.
Con la restrizione, dovuta ad altri oltreché a Groth, essere corpi
isomorfi solo queUi che generano cristalli misti in tutti i rapporti
senza intervalli dei componenti, si \'iene ad escludere gruppi impor-
tantissimi fra sostanze, che hanno una ricca parentela fisica e chi-
mica. Con l'allargamento dovuto a Retgers e recentemente a Gossner.
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 359
essere corpi isomorfi tutti i corpi aventi miscibilità continua inter-
rotta da lacune o no, si includono sostanze in gruppi isomorfi, le
quali sono ben lontane da qualsiasi analogia, di cui Wallerant osservò
giustamente essere ima di esse non altro che impurità dell'altra o
viceversa.
Un terzo periodo nella storia dell'isomorfismo incomincia a ma-
nifestarsi con la scuola di van t'Hoff, quando questi, riprendendo
l'idea di Lecoq de Boisbaudran, osservò essere i cristalli misti so-
luzioni solide di due o più isomorfi, la formazione delle quali segue
la legge di Gibb, come tra fasi riversibili in equilibrio di contatto.
Dall'idea basata suU'additività di Retgers che i cristalli misti fossero
miscugU meccanici, all'idea di soluzioni solide di Boisbaudran, non
sembrava possibile uno stato intermedio, omogeneo, che pure si
trova latente nelle opere di Mallard prima e di Wyrouboff poi. Nei
miscugli meccanici accade che i componenti possono essere divisi
gli uni dagli altri senza scambio di energia termica. Ma la quantità
di calore intemo o totale nei cristalli misti non è additiva delle
quantità calorifiche corrispondenti dei loro componenti; ciò fu di-
mostrato da Sommerfeid, il quale per conseguenza suppose di avere
risoluto il problema in favore delle soluzioni solide. Ma ci sono le
miscele fisiche omogenee, senza essere soluzioni, nelle quali i singoli
componenti non possono essere disgiunti dagli altri senza consumo o
guadagno di energia calorifica, precisamente come nelle soluzioni ; ad
esse sono applicabili i risultati di Sommerfeid senza restrizione. La dif '
erenza fra miscele fisiche omogenee è soluzioni è questa : che ivi man-
cano la diffusione e la forza osmotica, qui esse non possono mancare.
Se i. cristalli misti sono miscele fisiche omogenee, come immaginava
Mallard, a cui anche Gossner si associa, essi si accordano con la
struttura cristallina, venuta alla luce con le esperienze di Lane e
dei Bragg (16), ove né diffusione né forza osmotica sono compatibili.
Con ciò nulla si oppone che soluzioni solide non esistano, specialmente,
nei solidi amorfi, e nei cristalli," quando le impurità, le diluizioni,
le sostanze coloranti ecc. si trovino in quantità tenuissime. Si é os-
servato a proposito deV fenomeno della diffusione nei cristalli, che i
feldispati zonati, cioè cristalli ricoperti successivamente di accresci-
menti paralleli di costituzione feldispatica diversa, si sono mantenuti
tali nelle rocce dopo migliaia d'anni dalla loro cristallizzazione nelle
rocce massicce, senza che il fenomeno della diffusione abbia fatto
uh passo per conguagUare la pasta feldispatica in un'unica compo-
sizione, tale essendo il risultato dell'esperienza.
IvC esperienze di Tammann, Roozeboom, Bodlànder, Sommerfeid,
Le Chatelier, Bruni, Gossner e altri con la guida della chimica fisica,
prescindendo da qualsiasi ipotesi sulla natura dei cristalli misti iso-
morfi, iniziano il quarto periodo nella storia dell'isomorfismo.
36o
Capitolo undicesimo
107, Assi topici. — Nella costruzione così delle serie eutropiche
come di quelle moriotropiche e di sostanze isomorfe vien fatto di
paragonare fra di loro le strutture dei cristalli. Finché le strutture
siano determinabili con la diffrazione della luce-Rontgen ( 1 6) attraverso
o sopra le lamine dei cristalli, il paragone delle strutture cristalline è
ovvio ; ma quando la tecnica di questo nuovo ramo sperimentale non
raggiunge il desiderato effetto, è forza, come unico rimedio, ricorrere
ad indizi. Quivi entra in vigore il volume molecolare 7 e gli assi to-
pici, )^, v(;, (ù, immaginati come termine di paragone da Poletik (1858),
Becke (1893), Muthmann (1894). I^ struttura cristallina risulta
da atomi, o gruppi atomici ordinati in tre serie nello spazio, come è
idealmente rappresentato nella fig. 14 (16). Le minime distanze fra
atomi a', h\ e' nelle direzioni rispettive x, y, z determinano un parai-
lelopipedo, fig. 581. Posto a, p, y S^ì angoli fondamentali yz, *zx e xy
Fig. 581.
e A, B, r gli angoli diedri delle facce fondamentali, il volume di
tale parallelopipedo elementare è
V = a' y e' sen ^ sen y sen A,
che moltiplicato per la densità d del cristallo dà il peso p. D'altra
parte posto M il peso molecolare, lo stesso volume, non contenendo
più di una molecola, si ottiene dividendo M per d
M
ma in unifà diversa di v, poiché l'unità di misura di M è la 16» parte
dell'atomo dell'ossigeno. V dunque é proporzionale a v, sicché si
scriverà, introducendo un coefficente,
F = X a' fe' e' sen p sen y sen i4.
J^elaxùmi chimico-fisiche dei cristalli 361
■
Di più a\ b\ e' possono essere paragonati ai parametri fondamentali
a, ò, e del cristallo determinati dalla faccia unitaria, scelta convenien-
temente secondo la legge di Cwie e Hauy. Potremo dunque fare
a' = Ca, y = Cb, a' = Ce.
Per conseguenza
7 = X C* abc sen ^ sen y sen A
ossia
3/"
CkV
=v.
V ^ abc sen |5 sen y ^/^^ A
Se si trattasse di avere i valori assoluti di a' b' c\ la costante (/le
dovrebbe essere determinata, almeno approssimativamente, con i
▼ari metodi che danno la distanza assoluta fra gli atomi, gruppi di
atomi o molecole. Ma nel caso che ci riguarda trattandosi di uno studio
comparativo, è indifferente .quale sia Tunitè adottata ; si può perciò
trascurare x, e si ha allora
\
3 /
e*
jo-
uà
4- = \~ "^ 94)
essendo y^, v};, cx> proporzionali rispettivamente ad a' b' e' e a, b, e e
7* = [7:sen ^ sen Y seni4] 95)
•
Le quantità /, ^, co cosi determinate si chiamano assi o parametri
topici, che sono indipendenti dalla costante di proporzionalità C
fra a, b, e. La loro unità è la -stessa con cui si misurano i volumi mole-
colari e quindi anche i pesi moleccdari.
La simmetria, .le facce fondamentali, le sfaldature, il volume
molecolare, gh assi topici e gli angoli fondamentali sono gli elementi
da cui concludere sulla struttura di un cristallo.
Tolgo dall' Artini le costanti di alcimi derivati del benzolo che
possono essere paragonati fra di loro, e dei quali si può affermare che
hanno la stessa struttura.
3^2
Capitolo ^ undicesimo
Composti
Sistema triclino
assi topici
^
td
CeHjNOjaaa
Ce Hj NOj a CI Br
CeH,NOjClBra
C. H, NO, Br Br CI
C, H2 NO2 Br CI Br
Ce Hj NO2 Br Br Br
7.S437»
7-5809,
7-5634»
7-6941.
7-5734.
7-7316.
6.3126,
6.3796,
6.4565,
6.5837.
6.3461,
6.5834.
2.7002
2.8404
2.8119
2.8250
2.8651
2.8527
V
volume
molecol.
125.29
130-63
130.44
13275
131-59
138.37
Punto
di fusione
72°.5 C
82.04
88.0
97.02
92.0
112. o
e la serie parallela seguente:
Composti
Cfl Hj NO, CI Br CI
C.H,NO,JJJ
CeH,NO,JClJ
C«H,NO,J JBr
Sistema mono
assi topici
4-7799,
4-7754.
4.6156,
4-7239,
5.1805,
5-7699,
5-6723,
5.7719,
ino
V
volume
(0
molecol.
5-2665
130.44
5-5664
133-35
5-5293
144.75
5.3970
147.10
Punto
di fusione
88.0
167.0
IIO.O
146.5
108. Isomorfismo. Definizione. Cristai^u misti. — Due o più
sostanze nello stato cristallizzato sono isomorfe, se hanno la stessa strut-
tura, le stesse dimensioni e gli stessi angoli fondamentali, che la indi-
viduano.
Se le strutture di due corpi sono le stesse, e per di più sono le
stesse anche le dimensioni a' 6' e' o ^, ^{;, o (assi topici) e gli angoli
fondamentali a, P, y» * ^^^ corpi non differiranno fra di loro né dal
punto di vista chimico né nelle loro proprietà fisiche; ed inoltre du-
rante il loro accrescimento potrà l'uno di essi sostituire l'altro, poiché
la struttura dell'uno non sarà che la continuazione dell'altro. I,a
«
condizione così posta di due corpi per essere isomorfi, comprende
dunque i caratteri di analogia chimica, fisica, cristallografica e di
mescersi in rapporti continui.
Iva sola condizione di eguale struttura non sarebbe sufficente
per la definizione dell'isomorfismo; vi si richiede necessariamente
anche la densità intema, poiché le strutture cristalline sono in nu-
mero limitato, cioè 230, mentre i composti sono quasi illimitati.
Si tratta di esaminare in quale maniera due corpi eterogenei dalla
stessa struttura possono avere le stesse dimensioni e gli stessi angoli
•fondamentali. Isolatamente, allo stato libero, le loro dimensioni e
gli angoli fondamentali non possono essere e non sono generalmente
eguali. Consideriamo l'accrescimento di due corpi che possono cri-
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 363
stallizzare contemporaneamente in eguali condizioni di ambiente;
siano Fj e V^i loro volumi, E^ ed E^ le loro tensioni superficiali mi-
nime; per l'equilibrio stabile si ha precisamente per la legge di
Curie (IO), la relazione 2 a):
7i : V^.— Eli Ej, 2 a)
ossia se le energie superficiali sono eguali, lo sono anche i loro volumi.
Ma energia superficiale in eguale condizioni d'ambiente equivale a
densità superficiale, e perciò posto eguale accrescimento di volume,
risulta eguale densità superficiale ossia eguali dimensioni fondamentali.
Da queste considerazioni teoriche, posizioni e condizioni del pro-
blema si conclude:
lo o due corpi possono crescere e unirsi insieme in rapporti
continui compreso il rapporto di volumi eguali, e allora essi hanno
la stessa struttura, le stesse dimensioni e gli stessi angoli. Essi si
chiamano isomorfi e le loro intime unioni cristalli misti;
20 ovvero essi non possono unirsi nel rapporto di eguali vo-
lumi, e allora non sono isomorfi e non hanno la stessa struttura.
/ cristalli misti sono dunque miscele fisiche omogenee isomorfe
di cristalli o componenti, i quaU all'atto della loro imione subiscono
una deformazione omogenea (91), deformazione isomorfa, nel senso
che l'uno di essi si contrae, l'altro si dilata fino a volumi elementari
eguali di entrambi. ^
I cristalli misti non^sono miscele meccaniche, ossia conglome-
rati, non sono soluzioni solide, poiché mancano in essi la diffusione e
la tensione osmotica. I cristalli misti hanno con 1^ soluzioni solide
questo di comune : che negli imi e nelle altre i componenti cambiano
di proprietà fisiche nel passaggio dallo stato libero allo stato di le-
game e viceversa, di guisa che per la loro scissione vi abbisogna sempre
uno scambio di energia termica, nello stesso modo come in qualsiasi
trasformazione (|) (95) (100).
Da queste contingenze emergono le regole seguenti:
jo Due corpi isomorfi generano cristalli misti in rapporti con-
tinui con o sema lacune e i loro volumi eguali contengono egual numero
di atomi alla stessa pressióne e temperatura.
2^ Due corpi isomorfi generano cristalli misti in rapporti con-
tinui compreso quello di volumi eguali, o rapporto dei loro pesi mole-
colari (rapporto medio).
Posta la condizione di miscibilità in rapporti continui con o
senza salti {con o sema lacune), non vi è e non vi può essere confusione
tra cristalli misti e composti doppi che si formano in rapporto dei
pesi molecolari, rapporto stechiometrico, come p. e. Ca CO3 con Mg CO,
che danno il sale doppio Ca Mg (COgìj, la dolomite, e altri simili.
364 Capitolo undicesimo
109- Mezzi sperimentali per stabii^ire i<' isomorfismo fra
DUE o PIÙ SOSTANZE. — I* mezzi tendenti a stabilire se due o più
sostanze sono isomorfe si traducono in ultima analisi a risolvere il
problema se due o più sostanze hanno la stessa struttura con gli ele-
menti, che la individuano.
Ora si è osservato che se la ricerca diretta con la diffrazione dei
raggi Rdntgen (16) attraverso lamine sottili del cristallo non conduce
a un risultato soddisfacente, è necessario battere la via indiretta, o
direi quasi fare di necessità virtù. La via indiretta si collega con la
definizione stessa dell'isomorfismo, e può risolversi nelle seguenti
pratiche :
IO formazione dei cristalli misti in rapporti continui (con o
senza salti)^ e nel rapporto dei pesi molecolari (rapporto medio);
20 simmetria, sistema e possibilmente struttura dei corpi
isomorfi, derivante dall'accrescimento, dalla sfaldatura, dai pesi e
volumi molecolari e dagli assi topici;
3<> determinazione delle proprietà fisiche in rapporto con la
costituzione chimica. Calore intemo e totale.
Nei capitoli che seguono si esamineranno queste singole posi-
zioni.
1 10. Formazione di cristai^u misti. — Un cristallo misto (l(tó)
costituemdo ima fase unica (7) può rimanere in equilibrio stabile di
contatto con la fase amorfa liquida o gasosa, da cui trae origine, se-
condo la legge di Gibb (8), senza che i suoi componenti si separino.
Da ciò deriva il modo di ottenere cristaUi misti in diversi rapporti
continui fra i componenti, variando in modo continuo il rapporto
di essi nella fase amorfa, ove si trovano disciolti o fra di loro o in un
solvente.
Per avere sottocchio l'andamento del fenomeno è conveniente
servii si, anche in questo caso, di una rappresentazione grafica.
A tal fine si suole portare sulle ascisse di un sistema ortogonale, a
partile da im 'origine, la quantità percentuale (in peso o in molecole)
di imo dei componenti P^ contenuto nella fase amorfa, in guisa che
a partire da una seconda origine, sia espressa sullo stesso asse, ma
in senso opposto, la quantità percentuale del secondo componente P,,
fig. 382-584, la loro somma essendo 100. Altrettanto si opera sull'asse
delle ordinate, ove si trasportano le quantità percentuali a partire
da due origini diverse (alla distanza di 100) dei due componenti
Pi e Pj come si trovano nel cristallo misto.
Ripetendo le esperienze per diverse concentrazioni da o a 100,
tanto nella fase amorfa quanto nel cristallo misto, si ottengono al-
trettanti punti nel piano, per i quali passerà una linea continua con
Reiazioni chimico-fisiche dei cristalli
365
o senza salti, che rappresenterà la solubilità del cristallo misto nella
fase amorfa contenente i due componenti P^ e P^.
Se la solubilità del cristallo misto genera in ogni istante solu-
zioni di eguale concentrazione, la curva della solubilità è una retta,
la diagonale rappresentata a tratti nelle fìg. 582, 383, 584. Se la
solubilità genera una fase amorfa in concentrazioni diverse, la curva
deUa solubilità sarà diversa dalla diagonale e sarà priva o non di salti.
Nelle fig. 382 e 383 la ciurva della solubilità è priva di salti, n^Ua
^S* 5^4 ^ss^ ^^ lacune.
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Fig. 58^<
Fig. 583.
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Fig. 584.
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Nfi cristalli misti derivati da solventi (amorfi) due tipi fondamen-
tali sono da distinguersiy secondo che la miscibilità cristallina continua
entro limiti è priva no di lacune.
Nel primo tipo vi sono due casi da distinguersi:
a) come nella coppia KH, As O4 — KH, PO4, la solubilità del
cristallo misto è tale che uno dei componenti P^ è sempr^ in sovrab-
bondanza nel cristallo misto per rispetto alla soluzione amorfa,
fig. 382. Una tale soluzipne cristallizzando si arricchisce sempre di
P, in qualunque rapporto si trovino in soluzione P^^ P^\
b) la sovrabbondanza suddetta passa dall'uno all'altro com-
ponente, fig. 583, sicché per un certo rapporto determinato o per
più la solubilità del cristallo misto dà origine a soluzione nello stesso
rapporto. Un esempio si ritrova nella coppia KMnO^ — KCIO4, ove
Mn e CI sono gli elementi vicarianti.
n secondo tipo fondamentale comprende tutti quei casi, ove i
rapporti Pj : P, nel cristallo misto sono interrotti da lacune, come è
indicato nella fig. 384. I^a lacuna va dal punto .^^ al punto A^,
Una estesa lacuna si verifii^ nella coppia KCl — NH4CI e forse
•in altre coppie morfotropiche ove K si scambia con NH.. Si nota
366
Capitolo undicesimo
una breve lacuna nella coppia Hg Jj — HgBr,, che dà cristalli misti
in rapporti continui compi eso il rapporto (volumetrico) i: i, condi-
zione richiesta nella definizione dell'isomorfismo. Ci sono autori,
come il Groth, propensi a ritenere essere le lacune riempite da cri-
stalli misti i cui componenti sono modificazioni instabili; ma l'espe-
rienza non Ila sostenuto in tutti i casi questa ipotesi.
Un mezzo proficuo per la foimazione di cristalli misti è quello
di ottenerli dallo stato di fusione di due o più componenti, ove un
qualsiasi di essi può figurare da solvente degli altri nella loro fase
amoria. Qui si intende naturalmente per fusione la trasformazione
dallo stato cristallino allo stato amorfo (che d'orcfìnario è liquido).
Il metodo della fusione dà notevole varietà di casi, che per la
cristallografia non meno che per la chimica-fisica hanno sommo in-
teresse. Consideriamo il caso generale, che diremo il primo caso.
A_
100-
f.-*
x^
4SL^
Fig. 585.
Rappresentiamo anche qui il fenomeno in un piano con coordinate
ortogonali, sulle ascisse delle quali sono misurate le parti percentuali
di due componenti a partire da due origini diverse, la cui distanza
è ICQ ; e sulle ordinate la temperatura di fusione / del cristallo misto,
e la temperatura di consolidamento t della fase amorfa.
Siano Pi e P^, fig. 585, i due componenti, le cui temperature di
fusione siano rispettivamente /j e./j. Il punto A sull'asse delle ascisse
rappresenti il primo componente Pj, che perciò contiene joo patti
di esso e o di Pj,* e cosi B rappresenti il secondo componente che
perciò ha 100 pai ti di P, e o di P^. Un punto sulle ascisse q" rappre-
senta im cristallo misto contenente B q'' patti di P^ e A q*' parti
di Pj. Sopra ciascun putito delle ascisse sia elevata l'ordinata sulla*
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 367
.^ — _ — . I ■ — — — - — * .
quale è presa la temperatura /"di fusione del cristallo misto, e la
temperatura t" di consolidamento della fase amorta avente lo stesso
rapporto P, : Pg del punto q'\ Ripetendo le esperienze per moltis-
simi rapporti P^'. P^, si otterranno punti nel piano che rappresente-
ranno le fusioni e i consolidamenti rispettivi. La curva che unisce i
primi è quella di fusione F fig. 585, la curva che unisce i secondi è
quella di solidificazione S. Entrambe sono continue con o senza di-
scontinuità isolate.
La tempei atura di fusione o è eguale a quella di solidificazione
ovvero è diversa, ed in quest'ultimo caso è naturalmente minore. Le
due curve dividono il piano in tre regioni, I, II, III nella fig. 585. Nella
regione I vi è fusione completa di P^ e P,, che si trovano disciolti
Tuno nell'altro ; nella regione III non possono sussistere in equilibrio
stabile che cristalli misti. Xella regione II vi è equilibrio di contatto
fra cristalli misti e soluzione o fusione. Per esempio posto la tempe-
ratura r, vi sarà equilibrio tra fusione nel rapporto dei componenti
Pj: P, dato dal pimto />', e cristalli misti nel rapporto P^: P, dato
dal punto q\
Dal diagramma della fig. 585 risulta che il modo di raffredda-
mento è un fattore importante nella- formazione di cristaUi misti
ottenibili dalla fusione; infatti essi dipenderanno non solo dal rap-
porto di Pj : P2 esistente nella soluzione amorfa, ma ancora dal pro-
cesso della cristaUizzazione vale a dire se riversibile o irriversibile
ossia dalla rapidità del raffreddamento.
Se il laffreddamento dello stato di fusione è lento, il processo
è' riversibile. I^a temperatura sia p. e. all'inizio /', fig. 585 e la concen-
trazione corrisponda al punto w' con rapporto dato dal punto /?'; vi
si separeranno immediatamente cristalU misti corrispondenti al punto
n' con il rapporto dato dal punto q\ -Ma ciò avvenendo, la fa.se
amorfa si modificherà a spese della cristallizzazione; la temperatura
abbassandosi gradatamente da t' a y, /'" Z^, vi si separeranno
\'ia via cristalli misti aventi le concentrazioni dei punti q\ q",
^'" Pi, e il risultato sarà un conglomerato di cristalli misti aventi
le suddette concentrazioni.
Se all'incontro il raffreddamento dello stato di fusione vien
fatto rapidamente, il processo di\'iene irriversibile, lo stato deUa fase
amorfa si mette in soprafusione e l'equiUbrio è metastabile (95) (99).
Poniamo p. e. che la temperatura passi bruscamente da / a /",
fig- 5^5. essendo il rapporto P^: Pj dato dal punto ^"'; vi si forme-
ranno rapidamente cristalli misti dal rapporto P^ : P^ corrispondente
al punto n" (q") i quali si manterranno in equihbrio con uno stato
di fusione avente per rapporto P^: Pj dato dal punto w" (/>"),
Il primo caso di continuità senza lacime comprende quattro tipi
368
Capitolo undicesimo
diversi, l'uno dei quali è rappresentato nel caso generale della fig. s^s ;
gli altri tre contemgono un massimo, wn minimo o un punto indiffe-
rente, ove punto di fusione e punto di solidificazione sono uniti
come idealmente è rappresentato nelle fig. 386, 587, 588.
AjUprchè la fase di fusione ha la concentrazione del punto mas-
simo M fig. 586, del punto minimo M, fig. 587 o del punto indiffe-
rente /, fig. 588, la temperatura, raggiimto questi punti singolari,
determinerà la completa cristallizzazione di cristalli misti aventi
la stessa composizione dello stato amorfo. La coppia Hg Br^-Hg J2
comporta im minimo nella fusione e nella consolidazione come indica
la fig. 587. Il bromuro fonde a 236<*, il joduro a 255°. il punto di fu-
sione minimo è a 2i6<> ed accade quando il cristallo misto contiene
Fig. 586.
Fig. 587.
Fig. 588.
Hg Br, e Hg J, nel rapporto molecolare di 1:1. Dato questo rap-
porto e la temperatura del punto M (2160) , i cristalli misti formatisi
avranno sempre la stessa concentrazione nel rapporto molecolare
di I : I ; togliendo energia termica, la cristallizzazione continuerà
senza alterazione, purché la temperatura rimanga costante.
Il secondo caso da considerarsi riguarda tipi con lacune o discon-
tinuità isolate. I tipi sono numerosi sempUci o composti. È bene trat-
tarli con esempi concreti.
È data la coppia KNO3— TI NOs.
K NOg fonde a /^ = 3390, TI NO, a /, = 2060. I^a discontinuità
fisica nella solidificazione avviene nel punto E, fig. 589, a 132^ per
32 % di KNO3 e 68 % di TI NO, ; infatti la curva di solidificazione S
ha in £ un punto doppio. La curva di fusione ha in F e G ima discon-
tinuità chimica, lacuna, in corrispondenza con E. Nel punto F le
concentrazioni sono 50 % di K NO3 e 50 % di TI NO5 ; nel punto G
le concentrazioni sono 20 %, di K NO, e 80 % di TI NO,, la tempera-
tura è di 1320.
Relazioni chimic<hfisicke dei crislaili
369
Portata la fase amorfa alla temperatura di 1320 nel punto E,
due serie di cristalli misti vi si separano, quelli doè aventi 50 % di
K NO, e quelli con 20 % di K NO,; con ciò il punto £ ha la funzione
di un punto eutetico (102)-
è data m secondo luogo la coppia Ag NO, — Na NO,. Il primo dei
componenti fonde a /j = 2060, il secondo a /, = 308°. La disconti-
nuità di carattere fisico nella solidificazione si manifesta alla tempe-
ratura di 2 1 70 per una miscela di SS^ cii ca di Ag NO, e 1 2 % di Na NO,,
punto E, fig. 390. Il salto o la lacuna nella curva di fusione avviene
pure alla stessa temperatura di 217°; la lacuna si estende da Fa G,
cioè rispettivamente per 76 % di Ag NO, e 24 % di Na NO, e per
66 % di Ag NO, e 34 % di Na NO,.
t,'»e
^
Jo»*
^NO,
l .»i tl^l li| n I ti ■■ il
[j, 40 M U it it U il ù- ♦•JJImNO,
Fig. 589.
Fig. 590.
Posto la concentrazione nella fase amorfa quella data dal punto E,
e la temperatura di 2170, la cristallizzazione è immediata con sepa-
razione di due serie di cristalli misti quelli cioè con 76 % di Ag NO,
(punto F) e quelli con 66 % di Ag NO, (punto G), mescolati insieme
come in un conglomerato. Il punto E è perciò un punto doppio e
funziona da eutetico (102).
Molti altri tipi entrano nel caso qui considerato, e molte sono le
combinazioni fra i singoli tipi.
Ove i componenti siano tre o più, il fenomeno diviene più com-
plicato, e con esso è più complicata la rappiesentazione grafica ; che
deve essere fatta nello spazio. Per questi casi conviene consultare
trattati speciali di chimica-fisica.
Serie continue di cristalli misti senza lacune si incontrano nelle
seguenti coppie di metalli:
24 — e. Viola.
370 Capitolo undicesimo
Cu-Mn; Cu-Ni; Cu-Pd; Cu-Pt; Ag-Pd; Au-Pd; Au-Pt; Cr.
Mn, Fé, Co, Ni fra di loro e Fe-Pt.
Cristalli misti con una lacuna formano moltissimi metalli fra
di loro, come: Al con Zn, Mg, Ag, Cu; Mn con Sb, Sn, Si, Al, Ag;
Ni con Bi, Sb, Pb, Sn, Si, TI, Al, Zn, Au, Ag ecc.
ili. Struttxjra dei cristai^w isomorfi. — La correlazione fra
carattere chimico e proprietà fìsiche' ha condotto alla costruzione
di serie entropiche e morfotropiche. In ogni serie entropica le sostanze
sono ordinate secondo un resto costante nei pesi atomici o rispetti-
vamente molecolari, un aumento o una diminuzione regolare nei
singoH dati numerici esprimenti le proprietà fìsiche e cristallografiche.
Ma la struttura cristallina non y\ è eqtrata per nulla. All'incontro
però se due o più sostanze di una serie entropica possono cristalliz>
zare insieme e insieme unirsi in rapporti variabili e continui entro
limiti finiti o no, compreso il rapporto dei loro pesi molecolari, la.
struttura di essi è la stessa, epperò le dette sostanze della serie en-
tropica costituiscono una serie isomorja,
I cristalli misti in siffatte condizioni danno dunque un sicuro
criterio del loro isomorfìsmo (15)-
Un secondo mezzo, come si è detto, per concludere che due so-
stanze sono isomorfe ed hanno perciò la stessa struttura con le co-
stanti che la individuano è quello di paragonare fra di loro gli spettri
di diffrazione prodotti con i raggi Rontgen (|6) (107) (109).
Si ricorre ad altre indagini quando i precedenti mezzi non diano
suffìcente affidamento, o perchè le esperienze falliscono, o perchè
la tecnica non può raggiungere il desiderato effetto.
Stabilita la simmetria di due sastanze cristallizzate con le pro-
prietà fisiche e specialmente con la corrosione delle facce (37), dedottone
indi il sistema a istallino, e detei minatane la sfaldatura e le facce
fondamentali, si ricorre al volume molecolare e agli assi topici (107).
Se questi dati si scostano di poco fra di loro nelle varie sostanze in
esame, esse avranno la stessa struttura, e con ogni probabilità sa-
ranno miscibili in rapporti continui, come appunto richiede la defi-
nizione deirisomorfismo.
A proposito delle facce fondamentali, da cui risultano gU angoli
e i parametri fondamentali, è da notarsi che le facce fondamentali
rappresentano il luogo delle minime costanti capillari e quindi del
massimo sviluppo (|3). Non sempre però si ha riguardo a questa
condizione nella scelta delle facce fondamentali a causa degli ele-
menti di simmetria o di zone perpendicolari a facce, che agevolano
la simboleggiatura delle foime e la rendono possibile.
Per i cristalli del sistema triclino le facce fondainentah devono
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 371
essere quelle di maggior sviluppo e quindi di minime costanti capil-
lari. Posto M, dy V rispettivamente il peso molecolare, la densità e
il volume molecolare, V — M: d; posto inoltre a: b: e i parametri
fondamentali, a, ^, y gli angoli fra x, y, z o A, B, T gh angoli fra le
facce fondamentali, ed essendo
V
yi = Qc)
sen p sen y sen A
si hanno i rispettivi assi topici (pag. 361) :
94)
Non così semplice va la bisogna per cristalli degli altri sistemi
cristallini. Per dare un esempio le facce fondamentali nel sistema
monometrico sono sempre assunte quelle dell'esaedro |ioo). Ma se
non vi è dubbio che certi cristalli sono sviluppati secondo l'esaedro
come la silvina, il salgemma, la fluorite ecc., ve ne sono di quelli,
il cui sviluppo è secondo l'ottaedro, come l'allume ecc. ovvero se-
condo il rombododecaedro come la cuprite, i granati ecc. Se l'esaedro
è la forma fondamentale, gli assi topici devono essere calcolati come
segue:
X = ^ = w = \f^ 96)
Se invece la forma fondamentale è l'ottaedro, gli assi topici
saranno
x = it == (ù = ^v^r 97)
essendo
V
V^ = 7- -= 4.243 V . 98)
sen^ òqo sen 700,31,44 ^ ^-^ ^ '
Se infine la forma fondamentale è il rombododecaedro, gli assi to-
pici saranno:
y = tj; = 0) = y/ Ki 99)
essendo
V
V^ = = 2.271 V . 100)
sen^ 70.31.40 sen Oo
Analoghe considerazioni si possono fare per gli altri cinque sistemi
cristalUni.
372 Capitolo undicesimo
Prendiamo come esempio Taragonite, i cui parametri fonda-
mentaH sono nei rapporti
a:b: e = 0.622444 : i : 0.720560.
Ora volendo determinare gli assi topici in base a questi rapporti»
si otterrebbero dei risultati errati. Infatti le facce di maggior svi-
luppo sono, nell'aragonite, non {looj e {oio| ma {iio|, in base alle
quali la struttura deve uniformarsi. Posto ciò i parametri trasformati
devono essere
Oi'.bi'. Ci = 1.17: 1.17:0.72
essendo appunto
ai == &j = yo^f^ e c^ = e .
Con ciò gli assi topici per Taragonite devono essere calcolati in
questo modo:
essendo
V V
71 = ; = 7 ; = I.II45 V
sen [i sen y sen A sen ò3.<>4ò
e quindi
^ = tp = 1.2189 yj V e co = 0.7501 \J V
poiché l'angolo
(no): (ilo) = 630.48'.
Si ha per Taragonite Af = 100, i = 2.95, K = 33.9 e quindi
)^ = i|a = 4.9663, (0 = 2.4276.
Da queste considerazioni emerge che due cristalli vengono pa-
ragonati fra di loro non solamente per i loro volumi molecolari, per
i loro assi topici, sfaldature ecc. ma ancora per lo sviluppo delle facce
e delle forme, poco monta se appartengano a imo o a più sistemi.
Nella tabella che segue ci sono i volumi molecolari e gli assi
topici di solfati e seleniati alcalini appartenenti al sistema trimetrico.
Ma gli angoli (no): (no) sono vicini a quello dell'esagonale sicché
gli assi topici devono essere calcolati in base a questo orientamento.
KjSO^ 7 = 640.92' 5^ = 4.464 ^ = 4.491 Ci) = 4.997
RbaSO^i 73°-36 4.634 4.664 5.237
CsjSO^ 840.64 4.846 4.885 5.519
Relazioni chimico'fisiche dei cristalli
373
K.Se04
Rb,Se04
Cs,Se04
V ^ 7i<^.7i' yi^ = 4.636 f^ = 4.662 (1) «= 5.1 18
79^.95 4785 4826 5.346
910.16 ^ 4.987 5.035 5.697
Date queste dimensioni, si può concludere, indipendentemente
dalla loro proprietà di dare cristalli misti, che la loro struttura è la
stessa e perciò che essi foimano una serie isomorfa.
Serie isomorfa è anche la seguente, e gli elementi S, Cr, Se sono
vicarianti :
K.SO4
K.ao4
K,Se04
V = 64.92 -^ = 4.464 t^ = 4.491 Ci) = 4.997
70.39 4.600 4.647 5.088
71.71 4.636 4.662 5.1 18
Altrettanto dicasi dei solfati idrati di neodimio, praseo^}imio
e sammario, come dimostrano le costanti seguenti di Duf et :
Parametri
fondamentali
a: ò: e
SIK. aMKlIm
angolo
fonda-
mentale fi
Indici principali
di rifrazione
per luce Na
Angolo
degli assi
ottici
2y
l/d,(SO,),+ 8aq
Prt (SO4), -f- 8 aq
Sin,(S04)3+8aq
0.9946 : X : 0.8810
0.9902 : 1 : 0.8828
I.OOXU3 : 1 : 0.88x9
8»>.X7'
88.24
88.16
1.5621, 1.5505, 1,54x3
1.5607, 1.5494, 1.5309
1.5629, X.5519, X.5427
83«.57'
85.27
85.26
In ultimo, sia considerata una serie di cristalli misti isomorfi
trimetrici, nei quali Mg e Zn sono vicarianti :
(Mg Zn) SO4 + 7 aq
Densità
Peso
Volume
Angolo
Angolo
composizione atomica
molecol.
molecol.
••
Mg%
Zno/o
d
M
V^Mid
no : fio
(010) : (ili)
100
1.6760
246.40
147.02
89.024.6'
Ó3.040.6'
78.88
21.12
1-7359
255-06
146.94
16.3
43-5
74-44
25-56
1.7472
256.88
147.02
15-6
44.1
62.70
37-30
I.7816
261.70
146.90
10.8
45.8
57-59
42.41
1.7977
263.78
146.74
lO.O
46.5
42.80
57.20
I.8415
269.86
146.54
3.5
48-5 .
35-64
64.36
1.8604
272.78 146.62
0.6
49.5
18.11
81.89
1.9094
279.98
146.64
880.54.6
52.0
100
1.9600
287.40
146.64
880.47.5
55-5
112, Proprietà ottiche dei cristai^u isomorfi. — Tutte le
proprietà fisiche possono essere utilizzate nello studio e nelle ricerche
374 Capitolo undicesimo
dei cristalli isomorfi, poiché esse variano in modo costante nel pas-
saggio da una ad altra sostanza successiva di una serie entropica
od isomorfa, avendo la serie appunto origine da questo carattere.
Ma nessuna quantità fisica è tanto sensibile e cosi efficace nella dia-
gnosi delle sostanze allo stato cristallizzato, come lo sono le proprietà
ottiche. Gli indici di rifrazione, la birifrangenza, l'angolo degli assi
ottici, le estinzioni ecc. sono costanti che possono essere determinate
con facilità e precisione; esse divengono perciò dati indispensabili
nello studio delle serie isomorfe. I solfati ogdoidrati di neodimio,
praseodimio e sammario esposti in una tabella del paragrafo (111)
ci dimostrano appunto la loro analogia tanto dal punto di \'Tsta cri-
stallografico quanto dal punto di vista ottico.
Le stesse proprietà ottiche divengono specialmente proficue
quando le indagini sono rivolte ai cristaUi misti. Le numerose espe-
rienze a questo riguardo sono dovute a Dufet, Mallard, Wyrouboff,
Lavenir, Retgers, G. Woulff, Wallerant ecc. Dufet anzi suppose che
i dati sperimentali possono essere sintetizzati in una foimola empi-
rica, die si ricava dalla nota legge di Gladstone.
Date due sostanze isomorfe, con i loro indici »' e n", le densità
d' e d'\ ì pesi molecolari M' e M" mescolate nel rapporto di p': p'\
dalla legge di Gladstone si ricava
(n' — i) («" — i) n — I
essendo n l'indice di rifrazione e dia, densità del cristallo misto. Posto
indi secondo Dufet
d' d" d
si ottiene la forinola lineare:
p' n' -\- p'' n''
P' -^P'
= n , loi)
che Dufet ha verificato con le misure^ come è figurato nell'esempio
seguente di cristalh misti (Mg Ni) SO» -|- yaq.
Relazioni chimica-fisiche dei cristalli
375
Composizione
in
•/odiMgS04 4-7aq
Indice di rifrazione 3 per luce Na
misurato
calcolato
diff.
lOO
1.4554
71-65
1.4645
0.4641
— 0.0004
59.3
1-4675
0.4681
-h 0.0006
46.1
1.4720
1.4725
-h 0.0005
28.05
1.4790
1.4788
— 0.0002
20.9
1.4830
I.4815
— 0.0015
1-4893
Comunque siano queste approssimazioni, sì può in ogni modo
presumere che l'indice n risultante sia funzione lineare di «' e n";
ma sta il fatto pertanto che la formola di Dufet è in contraddizione
con la legge generale della propagazione della luce nei cristalli. Con
la stessa formola si calcola anche l'angolo degli assi ottici, come
Dufet fece per i cristalli misti (Mg Zn) SO4 -f 7 aq.
1
Composizione
in
% di MgSO«+7aq
Angolo degli assi ottici
misurato
calcolato
diff.
100
è>.8
75.5
42.75
4095
29.8
Q
780.18'
760.55 Vi
76.36
74°. 15
740.9
730.16
700.57
76.58
76.37
74.16
78.8 Va
73.17 Va
4-2%'
-f- 1
Mallard suppose che la intensità luminosa nel cristallo misto
sia la somma delle intensità luminose dei suoi componenti. Siano a
tal fine a, b, e le velocità pi incipali« della luce nel cristallo misto.
«1, 2)„ Ci e rispettivamente a,, 6,, e, le velocità principali dei compo-
nenti, che entrano nel cristallo misto nel rapporto pii pi in numero
di molecole (totale />i4- p^), il concetto di Mallard può essere rappre-
sentato dalle espressioni seguenti:
a« = Pi ai« -h />4 «2* »
b' = Pi fci* + Pt t«* .
c^ = Pi ^1* -f p2 0^ .
Da qui risultano gli indici principali di rifrazione:
376 Capitolo undicesimo
I
Pi
P'.
a*
ai*
+
a."
I
Pi
+
^i
p*
^'
P.'
102)
Ma prescindendo da qualsiasi ipotesi sulla struttura dei cristalli
misti, si può seguire da vicino l'andamento del fenomeno ottico,
ponendo per base le relazioni lineari seguenti :
a = Xi Oi 4- Xj «2 »
Y = xi Yi + ^1 Y« '
lasciando Xi e x^ indeterminati e calcolandoli in base alle esperienze.
Cosi fece in modo generale La venir. Più praticamente si può intro-
durre in luogo degli indici, le birifrangenze principali (60); infatti
se hanno luogo le relazioni di La venir, si verificheranno pure le rela-
zioni seguenti, che si ottengono sottraendo la seconda daUa prima,
la terza dalla seconda e la terza dalla prima:
a — p = Xi (Oti — ^i) -f Xa («1— (ì,), 1
P— Y = 3ti (^— Yi) -h xj (^— r»),) 104)
a—Y = ^i bi— Yi) + ^t («s— Y«) -3
Per lo studio dei cristalli misti e dei loro componenti queste
relazioni possono rendere ottimi servigi, poiché le birifrangenze
sono determinabili con precisione di gran lunga maggiore che gli
indici di rifrazione. Date le birifrangenze si calcola poi con suffi-
cente approssimazione l'angolo degli assi ottici con la nota formola (51)
.\^
tag F = \l- 5 . 42 bis)
113. Densità dei CRiSTAi,ti misti. — Si può, come prima ap-
prossimazione, ritenere che la densità d di un cristallo misto vari
in modo continuo e lineare con le quantità percentuali v e loo-w
dei componenti che nel cristallo misto prendono parte. Cosi Retgers
ammise che la detta densità e le densità rispettivamente die d^ dei
due componenti stiano nella relazione additiva (106) seguente:
^ = ^ (<^2 — ^) -f ^1 105)
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli
377
Varie misure fatte da Retgers sulla densità dei cristalli misti hamio
messo in eviden:&a la giustezza dell'ipotesi di Retgers, donde si volle
concludere che i cristalli misti sono mescolanze meccaniche. Per es.
il solfato di ammonio e il solfato di potassio formanti cristalli misti
seguono abbastanza da vicino la detta equazione come provancTIe
seguenti tabelle dovute a Retgers. Anche i due componenti allume
di potassio e allume di tallio si avvicinano alla detta regola. Non
meno interessanti sono i cristalli misti di Mg SO4 -f 7 aq e Fé SO4 +
-f 7 aq, benché essi appartengano al sistema trimetrico e monochno
secondo che vi abbondi il primo o il secondo sale.
Solfato
\ DI AMMONIO K POTASSIO
Al.f.UMB DI POTASSIO B DI '
TALLIO
Cristalli misti
Densità
Cristalli misti
Densità
con
(NH4)tSO,%
con
allume di K%
calcolata
misurata
Diff.
calcolata
misurata
Diff.
5.45
2.594
2.574
— 0.020
9.62
2.248
2.246
— 0.002
8.33
2.560
2-578
-h 0.018
19.32
2.182
2.190
-h 0.008
15.03
2.477 ■
2.474
— 0.003
30.15
2.106
2. HO
-f- 0.004
18.45
2.440
2.451
-h O.OII
30.98
2.105
2.109
-f 0.004
20.55
2.417
2.432
-h 0.015
33.70
2.090
2.070
— 0.020
26.47
2.353
2.342
— O.OII
47.13
2.012
2.015
-f 0.003
29.30
2.322
2.323
4- O.OOI
53.86
1-975
1.985
-f O.OIO
42.67
2.195
2.187
— 0.008
56.16
1.962
1.966
4- 0.004
65.35
2.005
2.004
— O.OOI
68.43
1.898
1.898
0.000
83.37
1.878
1.883
-f- 0.005
72.42
1.878
1.877
O.OOI
75.18
1.864
1.864
0.000
84.54
1.820
I.821
-h O.OOI
Cristalli ' misti di Mg SO4 H- 7 aq « Fé SO4 -h 7 aq.
Con % di
MgS04 + 7aq
Densità
calcolata
misurata
diff.
5.72
1.882
1.884
-f- 0.002
13.99
.. 1.870
1.867
— 0.003
16.16
' I.861
1.860
O.OOI
21.08
1.850
1.847
— 0.003
21.94
1.847
1.842
— 0.005
31.16
1.828
1.827
O.OOI
33.45
1.823
I.821
— 0.002
41.02
1.807
1.807
0.000
43.21
1.802
1.799
— 0.003
54.07
1.780
I.781
-\- O.OOI
81.22
I.711
I.711
0.000
88.16
1.698
1.697
O.OOI
94.16
1.687
1.687
0.000
378
Capitolo undicesimo
Ma vi sono cristalli misti che si allontanano notevolmente dalla
regola di Retgers in modo che per spiegare queste anomalie non basta
rifugiarsi dietro agli errori d'osservazione. Le serie che notevolmente
vi si scostano sono p. e. le seguenti:
«
Cristalli misti di Si F^ Co + 6 aq ^ Si Fg Cu -|- 6 aq.
Con % di
Si F» Zo -+- 6 aq
78.6
67.7
30.1
9.6
Densità
misurata
2.IOI
2. 115
2.139
2.214
calcolata
difif.
2. 114
+ 0,013
2.129
-f o.oio
2.180
-f 0.041
2.208
— 0.006
Cristalli misti di Si F<, Zn -f 6 aq e Si F^ Co + 6 aq.
Con % di
Si Fé Zn -»- 6 aq
Densità
misurata
calcolata .■
diff.
78.1
51.6
6.9
2.143
2.155
2.218
1
2.164
2.177
2.216
«
-f 0.021
+ 0.022
-|- 0.002
Non conviene dunque dare alcima importanza al principio di
additività dimostrato da Retgers per alcuni cristalli misti e non sod-
disfacente per altri. D'altra parte i componenti entrano nei cristalli
misti con proprietà fisiche diverse da quelle che essi hanno allo stato
libero ; per questa ragione nemmeno le loro densità non possono en-
trare nel calcolo delle densità risultanti. Consideriamo il cristallo
misto nei componenti che entrano nel rapporto M^ : M, essendo M^
ed M2 i loro rispettivi pesi molecolari. Essendo d^e d^le^ loro densità
e F, e Fo i loro volumi molecolari ed avendosi
t^i =
M,
^2 =
M2
si dovrà fare in questo caso
F = F/ = F/ ossia M^\ d^' = M^: d^'
essendo F, Fj', F^' i volumi molecolari eguaU dei due componenti
allo stato legato, con che l'uno o l'altro subisce una contrazione o
una dilatazione nel momento d'associazione nel cristallo misto, e
quindi una diversa densità di' e (ij'-
Relazioni chifHico-fisiche dei cristalli 379
Iv'ipotesi più semplice ehe si possa fare è
V = ^' + ^« = ^ "^ "^ ^ M^ + M, ^ 105)
2 2 2 d
essendo d la densità del cristallo misto. Si ha perciò
106)
Posto Fj > Kj, la dilatazione del 1° componente è data dalla diffe-
renza
Vo—V.
V V —
e la rispettiva contrazióne del 20 componente pure
2
Consideriamo ora im rapporto qualsiasi dei due componenti
in quantità volumetriche v^\ v^, tacendo Vi -|- t's = 100. È naturale
allora che la dilatazione del 1^ componente sia proporzionale a v^
e la contrazione del 20 a Vi, ossia rispettivamente
e « .
100 100
Con ciò avremo i nuovi volumi molecolari come segue
V.' = F, -f -^-^-? ^ e r,' = V. ^-^-^ i^ .
^ * 100 ' * 100
Queste due quantità sono eguali
V, F, + z^t ^«
F/ = F ' = ' ' * ' .
" ICQ
Le densità d^' e d^' dei due componenti allo stato legato sono per con-
seguenza
100 M, 100 Mj
d/ = — : — e <t' = » 107)
* Vi ^^1 -+- t'» »^j ^ l'i »^i + «^1 ^^2
con le quali dovremo entrare nella espressione di Retgers. Avremo
dunque definitivamente la densità del cristallo misto
38o
Capitolo undicesimo
d =
Vi Vi + t;, K, "■ piVid^-i- pt F, d^
io8)
essendo v^ e u, le parti percentuali volumetriche, e />i e />, quelle pon-
derali di due componenti, che fanno parte del cristallo misto.
Con queste formole si possono rifare i calcoli dati da Retgers.
114. Serie isopoi^imorpe, — Le modificazioni polimorfe di
una data sostanza si ripetono in generale in sostanze che con essa
fanno serie entropica, isomorfa o morfotropica. Questa legge sperimen-
tale è in fondo conseguenza del significato di eutropia. Un esempio
bellissimo ci ofErono gli elementi fosforo, arsenico, anthnonio e bism.uto
come nel seguente quadro.
Modificazione
a-P
% - As
V
ot-Sb
1
a-Bi
Peso atomico
31.04
74.96
iao.2
208.0
Sistema cristall.
monometrico
monometrico
monometrìco
?
Colore
trasparente
giallo
trasparente
giallo
trasparente
giallo
?
Densità
x.83
?
?
?
Nome
fosforo giallo
arsenico giallo
antimonio giallo
?
Modificazione
p.P
p-As
P-Sb
P-Bi
Sistema cristall.
monoclino
monoclino
monoclino
?
Colore
rosso-bruno
bruno
nero
?
Densità
2.34
4.71
5.3
?
Nome
fosforo rosso
arsenico grigio
•MM
?
Modificazione
Y-P
Y-As
Y-Sb
Y-Bi
Sistema cristall.
?
romboedrico
romboedrico
romboedrico
Colore
?
grigio metallico
grigio-bianco
metallico
roseo argentino
Densità
4.8 ?
5.727
6.7X
9.76
Nome
?
arsenico
metallico
antimonio
metallico
bismuto melali.
Le serie eutropiche e in parte isomorfe sono disposte in linee
orizzontali, le polimorfe in colonne. Il quadro non è completo poiché
mancano le due prime modificazioni del bismuto, e l'ultima del fo-
sforo. Ma data la perfetta analogia di queste serie, l'esperienza col-
merà le lacune, e presumibilmente nel senso sopra indicato. Un
quadro cosi determinato rappresenta una serie eutropolimorfa e in
ispece isopolimorfa.
Le esperienze cosi ordinate indicano la possibilità di modifica-
zioni che altrimenti.andrebbero perdute, e segnano la via per rintrac-
ciarle. Così riesce evidente che il fosfato e l'arseniato sodico monoi-
Relazioni chimicorfisiche dei cristalli
381
drato devono avere tre modificazioni, di cui due si conoscono. In-
fatti dette sostanze sono isomorfe nella modificazione bipiiamidale
trìmetrica, come si rileva dalle seguenti costanti:
Sostanze
Peso
molecpl.
M
Densità
d
Classe
cristallina
Parametri
fondamentali
M
d
PO4 . Na Hs . Hj
AsO^.NaH^.HsO
138.07
181.69
a.055
a.670
?
?
bipiramidale
trimetrica
id.
0.8170 : I : 0.4998
0.8165 : I : 0.4983
67.1 i
68.0 )
«
PO4. NaHj. HjO
AsO^.NaHt.HsO
138.07
181.69
piramidale
trimetrica
sconosciuta
0.9336 : I : 0.9624
: I-
PO4. NaHg. HjO
A8O4. NaHo. H2O
138.07
181.69
?
?
sconosciuta
monodino
1.1087 : I : 1.5888
Manca la modificazione emimorfa nel secondo dei due composti,
e la modificazione monoclina nel primo; ma con ogni probabilità
esìstono entrambe, d^to che le due sostanze sono isomorfe nella mo-
dificazione bipiramidale.
Numerose serie isopolimorfe ed eutropolimorfe si incontrano
fra i minerali, specialmente fra i solfuri, arseniuri e antimoniuri,
come nel quadro seguente:
Modificazione
Minerali
i — — -
Composizione
Minerali
Modificazione
.
Pirite
FeS,
Marcasite
,
Nt
FeAsS
Arsenopirite
1
Pirite
• CQ
arsenicale
.«
M
§
nìchelifera
NiAsS
*
4J
Si
s
/
§
Cobaltite
(Co Fé) AsS
s
(Ni Fé) (As S Sb),
Wolfachite
Fé As.,
Lòllingite
Smaltite
(Co Ni Fé) As,
US. Acqua dei cristaij:j. — Vi sono cristalli che sotto l'azione
del riscaldamento o in tensioni e temperature determinate emettono
dell'acqua; vi sono del pari cristalli che assimilano dell'acqua in
ambienti capaci di cederla. È interessante, per la struttura dei
cristalli, conoscere la fimzione di quest'acqua, la quale può essere
emessa dai cristalli o esservi inmiessa. La funzione di quest'acqua
382 Capitolo undicesimo
può essere molteplice: basti notare per esempio che essa può essere
eliminata dall'edifìcio cristallino facilmente o difficilmente, può essere
espulsa o esser\d introdotta in tutto o in parte, in modo continuo o
discontinuo, in modo riversibile o irriversibile, e può portare nella
sostanza cristallina o delle modifìcazioni, ovvero solo delle variazioni
continue.
I/'e$perienza distingue tali funzioni nel seguente modo:
1^ Acqua di costituzione in quanto durante la sua emissione
o immissione, porta nei cristalli delle modifìcazioni discontinue e ■
irriversibili.
2<> Acqua di cristallizzazione poiché essa produce trasforma-
zioni discontinue e riversibili.
30 Acqua di associazione (o acqua disciolta), che si unisce a
una sostanza cristallina o si di\'ide da essa in modo continuo e per
lo più riversibile.
4<> Acqua igroscopica o assorbita o meccanicamente aggiunta
in quanto le variazioni da essa predotte nei cristalli sono di valore
additivo.
L'esperienza stessa dimostra che queste ^juattro diverse e fon-
damentali funzioni possono essere accoppiate insieme. Ma se è facile
o non assolutamente difficile riconoscere la funzione dell'acqua
nei cristalli quando essa è isolata ed unica, è all'incontro compito
molto arduo dell'esperienza scindere e riconoscere le varie funzioni
dell'acqua quando esse siano simultanee. Talvolta si riesce a isolarle
sotto il dominio di vari intervalli di temperatura, altre volte ciò è
impossibile, e conviene allora ricorrere a speciali artifìci.
Basterà qui che esaminiamo i quattro modi di trovarsi del-
l'acqua nei cristalli, rimandando, per notizie più esatte, il lettore
a opere speciali.
i» 'U acqua emessa dai cristalli è di costituzione, quando con
V eliminazione di essa, la sostanza cristallizzata passa da una modi-
ficazione ad un*altra in modo discontinuo e irriversibile. Le due mo-
difìcazioni possono essere stabili o instabili. La brucite cristallizza
nel sistema trigonale, classe scalenoedrica, fìg. 128 e 129, con eminente
sfaldatura basale. La sua molecola nello stato amorfo è Mg (OH),.
Riscaldata perde bruscamente una molecola d'acqua e si trasforma
in MgO, che allo stato cristalUzzato nel sistema monometrico è co-
nosciuta col nome di periclasio. Queste due modifìcazioni non sono
riversibili, dato pure che l'ossido di magnesio in contatto con l'acqua
passi in idrossido; poiché brucite e periclasio nel loro contatto non
si trasformano scambievolmente. Per la loto cristallizzazione occorre
seguire una via indiretta. Analoghi rapporti si rivelano fra il corin-
done AljOj del trigonale, il diaspoio AIO . OH del trimetrico bipira-
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 383
znidale, l'idrargillite Al (OHjj del monoclino. Allo stato cristalliz-
zato essi non sono trasformabili reciprocamente con l'uscita o rispet-
tivamente con l'entrata dell'acqua. Il diasporo riscaldato dà una
molecola di acqua e si trasfoima in Al^ O3; e la Gibbsite Al (OH),
riscaldata dà 3 molecole di acqua con la formazione di Al^ O3.
Il fosfato monocalcico Ca (HPOj), riscaldato emette bruscamente
due molecole di acqua trasfotmandosi in metafosfato calcico, il
quale cristallizza con due molecole di acqua. Ma la trasformazione
inversa diretta non è possibile.
Da questi pochi esempi si può concludere che l'acqua di costi-
tuzione fa parte integrale della struttura cristallina; con l'uscita
di essa la struttura cambia radicaUnente, e* non è possibile ripristi-
narla con lo stesso processo invertito.
2° L'acqua emessa dai cristalli immessa in essi è di cristalliz-
zazione, quando produce delle trasformazioni discontinue e riversibili nei
cristalli stessi. I cristalli che la contengono si chiamano idrati, che di-
vengono anidri con l'uscita totale dell'acqua. Per comprendere l'uf-
ficio di quest'acqua, seguiamo il fenomeno verificantesi nel solfato ra-
meico Cu SO., con l'uscita o l'entrata dell'acqua. Cu SO4 anidro cri-
stallizza nel sistema trimetiico.
Esposti i cristalli di Cu SO4 in ambiente umido, e.^si si conservano
stabili ad una tensione non superiore a 4.4 mm. di mercurio. Ma ap-
pena questo limite sia superato, il solfato rameico assorbe dell'acqua
fino al punto che tutta la sostanza siasi trasfoimata nel monoidrato
CUSO4.H2O, i cui cristalli non sono bene noti. Questo monoidrato
limane stabile in ambiente umido fino a che la tensione di vapore
si mantenga fra 4.4 mm. e 30 mm. di mercurio. Quandp la tensione
supera quest'ultimo limite, il monoidrato si trasforma nel triidrato,
cioè Cu SO4. 3H2 O, i cui cristalli sono monoclini, e la cui stabilità
rimane nei limiti di tensione 30 mm. e 47 mm. Ma se la tensione an-
cora cresce, il triidrato si trasforma nel pentaidrato, cioè Cu SO4.
5 Hj O, assimilando due molecole d'acqua. I suoi cristalli sono del
triclino.
In conclusione l'acqua immessa nel solfato rameico anidro pro-
duce tre modificazioni cristalline stabili in determinati intervalli di
tensione e di temperatura. I/entrata dell'acqua avviene in modo
discontinuo pur variando in modo continuo la tensione, e in modo
discontinuo si producono le dette trasformazioni, e cioè:
Cu S O4 trimetrico è stabile per tensione < 4-4 iJ^i-
Cu SO4. ILjO è stabile per tensione 4.4 — 30 mm.
Cu SO4. 3H2 O monoclino' è stabile per tensione 30 — 47 mm.
Cu SO4. 5Hj O triclino è stabile per tensione ^ > 47 mm.
/
384 Castolo undicesimo
Se il processo si in verte, e Tin versione è sempre possibile, si
invertono anche le trasformazioni. Se Torigine è il solfato rameico
pentaidrato cioè Cu SO4. 3H2 O, in ambiente umido e la tensione
da 47 mm si abbassa gradatam.ehte in modo continuo, si ripresen-
tano successivamente le modificazioni Cu SO4.3H, O, Cu S04.Ha O
e Cu SO4 a misura che la tensione passa rispettivamente i limiti di
47 mm,.3o mm. e 4.4 mm. Quest'esperienza dimostra che l'acqua
emessa dal solfato rameico idrato, e quella immessavi nel processo
invertito producono nei cristaUi modificazioni discontinue e river-
sibili, ed ha perciò il carattere dell'acqua di cristallizzazione; essa
ha l'ufficio di generare nella stessa sostanza null'altro che modifi-
cazioni polimorfe enantiotrope (99)» con variazione di energia ca-
lorifica che entra od esce dal cristallo appena una modificazione
si presenta. Anche nei singoli idrati e nel composto anidro, che da
essi può risultare, esistono campi di stabilità per temperature e pres-
sioni determinate, come nelle singole modificazioni polimorfe. Per
questa ragione nella formazione di idrati e del composto anidro esi-
stono luoghi di trasformazione.
Questi processi riescono più comprensibili con una rappresen-
tazione grafica. A tal fine si portano le pressioni p sull'asse delle
ascisse di un sistema ortogonale, e le temperature t sull'asse delle
ordinate, di guisa che ogni punto del piano con determinati valori
ói p e t diviene l'immigine di uno stato fisico. Unendo tutti i punti
del piano ove la stessa trasformazione ha luogo, si ottiene una linea
che è appunto la curva di trasformazione di due idrati, i quali possono
coesistere insieme. Per il solfato rameico Cu S O4 i luoghi di trasfor-
mazione sono tracciati schematicamente nella fig. 391, ed indicati
con le curve OA , OB, OC, OED. Essi dividono il piano, ossia il campo
intero di esistenza del solfato rameico sotto forma di anidro, di idrati
e amorfo, in cinque regioni I, II, III^ IV, V. Nella I regione è stabile
il composto anidro Cu S O4 ; nella II regione è stabile il mono-
idrato CuS04.H,0, nella III regione il triidrato CuS04.3H,0; nella
IV regione il pentaidrato CUSO4.5H2O, e finalmente nella V re-
gione, cioè fra ^ e la curva OED è stabile la soluzione di solfato ra-
meico, dalla quale gH idrati possono cristalhzzare. Si rileva ancora
dalla fig. 591 che in qualunque punto della curva OA due modifica-
zioni possono trovarsi in equihbrio di contatto cioè Cu SO4 e Cu SO4.
H2 O ; nei punti della curva OB, possono coesistere simultaneamente
gh idrati CuS04.HjO e CUSO4.3H2O; nei punti della curva OC
possono coesistere in contatto gli idrati Cu SO4.3H, O e Cu SO4. ^ìlg O ;
nei punti della curva OED possono trovarsi in equilibrio di contatto
l'idrato Cu SO4.5H, O e la sua soluzione. Il principio e il carattere,
l'equilibrio e le trasformazioni che hanno luogo nelle modificazioni
Relaziotn chimico-fisiche dei cristalli
385
polimarte, si ripeto ao negli idrati e nel loro composto anidro, che
l'esperienza determini. Mai nondimeno, benché la differenza tra
acqua di costituzione e l'acqua di cristallizzazione sia cosi spiccata,
benché la definizione tra Tuna e l'altra sia teoricamente cosi netta,
la distinzione non sarà sempre semplice e facile, perché se l'acqua
di cristallizzazione è fortemente legata al composto, e viceversa se
l'acqua di costituzione può uscire a temperatura relativamente
bassa, il risultato dell'esperienza potrà apparire incerto in taluni casi,
e solo con speciali artifìci potrà essere chiarito.
Ptg. 591.
Moltissimi altri esempi possono essere citati in riguardo all'acqua
di cristallizzazione. Cosi gli allumi con 12 molecole di' acqua R'". R^
(SO4),. 12H, O, il salamaro Mg SO|. yHj O e i vitrioli di ferro, zinco,
nichelio e cobalto con 7 molecole di acqua, il cloruro di bario, l'acido
ossalico C, H4 O,. 2H, O e il gesso Ca SO4. 2H, O con due molecole di
acqua, quest'ultimo isomorfo col seleniato e cromato di calcio idrato.
Il gesso ad esempio che cristallizza nel monoclino dalla densità 2.32,
si trasforma a iiqo in gesso da presa con mezza molecola d'acqua,
ossia 2Ca SO4. H^ O, dalla densità 2.75. D'ordinario però nella pra-
tica per ottenere il gesso da presa si spinge il riscaldamento (la cot-
tura) quasi fino a lyy^', il gesso perde allora tutta l'acqua e si trasforma
in anidrite solubile, che è instabile, diversa dall'anidrite naturale
trimetrica. Invertita l'operazione si ottiene successivamente il mono-
idrato e il diidrato / che di nuovo cristallizza nel monoclino. Su questo
carattere si basa la presa del gesso.
I solfati e i seleni ati cerosi isomorfi idrati sono esempi bellissimi
per la conoscenza dell'acqua di cristaUizzazione. Il seleniato ceroso
Cèj (SO4), è stabile alla temperatura di 180^; esso prende ben tosto
25 — e. Viola.
yfiS Capitolo undicesimo
4 molecole d'acqua trasformandosi, in ambiente umido, in Ce, (SO4),.
4H, O se la temperatura discende a loooC; abbassandosi ancora la
temperatura il tetraidrato ceroso diventa un pentaidrato Ce< (SO4),.
5H,0, indi successivamente ettaidrato Ce, (SO4),. 7H,0, ogdoidrato
Ce^ (SO4),. 8H, O, endecaidrato Ce, (804)5. iiH, O e infine dodeca-
idrato Ce, (SOi),. i2H,0. .Invertendosi l'andamento continuo della
temperatura fino a 1800 si presentano successivamente e in modo
discontinuo tutti gli idrati cerosi compreso il solfato anidro.
30 L'acqua eftiessa dai cristalli immessa in essi è di associazione
(o disciolta), quando produce nei cristalli stessi variazioni continue e ri-
versibili. Per la prima volta è stata rinvenuta l'azione di quest'acqua
da Tammanntiel platicianuro di magnesio. Una soluzione satura di
questo sale a 0° C lascia depositare cristalli, la cui composizione si
approssima alla formola Pt (CN4) Mg.yH, O, come infatti dapprima
si supponeva. Le analisi sulle quantità di acqua erano sempre di-
scordi perchè non hanno mai dato esattamente 7 molecole di acqua.
Attribuendo le differenze ad errori d'osservazione, si credette di
poter scrivere la formola suddetta. I bei cristalli fosforescenti, rosso
caxminio per trasparenza e verde metaUico per liflessione sono del
dimetrico (a:c= 1:0.6103) ^ ii^n contengono esattamente 7 ma
6.9 molecole di acqua, sicché per questo solo fatto il platicianuro
di magnesio non è un semplice idrato, né l'acqua in esso contenuta
é semplicemente acqua di cristallizzazione. Infatti alzando la tem-
peratura, da o^ a 45° gradatamente il platicianuio di magnesio perde
in modo continuo dell'acqua fino a 6.1 H,0, "e la riacquista total-
mente nel processo inverso. Ix> stesso lisultato si ottiene, facendo
cristallizzare il platicianuro di magnesio da soluzioni satuie à diverse
temperature da o^ a 45». Le propiietà fisiche del platicianuio di ma-
gnesio variano in modo continuo da o» a 45° col contenuto d'acqua
da 6.1 a 6.9 Hg O. Anche la tensione di vapoie vaiia in modo continuo
come la tensione di vapore della soluzione satura.
Riscaldando il platicianuro di magnesio sopra 45», esso si ri-
duce a un pentaidrato Pt (CN^)^ Mg.5Hj O. A Co® esso subisce una
seconda trasformazione, perdendo una molecola di acqua, Pt (CN4)
Mg.4H2 0; a 100° esso non è che un diidrato, Pt (CN^Mg.aH, O;
finalmente a 2100 esso perde tutta l'acqua, trasfoimandosi nel com-
posto anidro Pt (CNjj Mg.
Prescindendo dalle ultime quatti o trasformazioni, ove l'acqua
emessa è di cristallizzazione, nell'intervallo da o» a 43° C, il composto
contiene acqua di associazione, la cui quantità oscillartte fra 6.1
e 6.9 H, C) dipende dalla temperatura e dal grado di associazione,
ed è perciò in relazione con la tensione di vapore del mezzo, nel quale
il distailo é tenuto, o dal quale esso si forma.
Helazioui chimico-fisiche dei cristalli 587
Il platicianuro di magnesio ci offre nello stesso tempo un esempio
nel quale Tacqua ha funzione complessa, infatti fra o^ e 43^ l'acqua
è in parte di cristallizzazione e in parte di associazione.
Prima di Tammann, A. Joannis osservò un analogo fenomeno
nel sodammonio e nel potassammonio, ove però non Vacqua ma l'am-
moniaca in parte è di associazione. Alla temperatura di o<* il sodam-
monio può contenere quantità variabili di ammoniaca, cioè una mo-
lecola di sodammonio può associarsi da 0.93 fino a 1.33 molecole di
ammoniaca secondo la tensione di vapore ammoniacale del mezzo,
poiché il solido ha la stessa tensione di vapore. L'ammoniaca nel
sodammonio e nel potassammonio, secondo Joannis ha due funzioni
che possiamo chiamare di composizione e di associazione.
Tammann osservò e constatò l'acqua di associazione avente
la stessa funzione come quella osservata nel platicianuro di magnesio,
nella Heulandite, cabasite, desmina e varie altre zeoliti come lau-
montite, Phillipsite, natrolite, scolezite, Thomsonite ecc. Zambonini
sperimentò vari silicati, e vi constatò l'acqua di associazione imita-
mente ad acqua d'altra funzione. Per esempio il malacone, che ha la
composiùone dello zircone Si Zr O^, si trova fra questi composti. Col-
locando il malacone in ambiente, la cui ten.«ione di vapore può variare,
esso assume variabile quantità d'acqua, e subisce in conseguenza
variazioni continue e riversibili entro certi limiti secondo la tempe-
ratura e la tensione da cui dipende, e la quantità di minerale idra-
tato.
Secondo Tammann i composti cen acqua di associazione sono
soluzioni solide, in cui l'acqua è discìolta ; con ciò egli ammette che
vi sia una forza osmotica e la diffusione. Ma la forza osmotica non
è stata dimostrata; i fenomeni che con la forza osmotica sono Con-
nessi sono perfettamente, spiegabili con la tensione superficiale fra
acqua e solido. Di più la diffusione derivante da soluzione parlando
di cristalli misti si è esclusa sempre come non adattabile alla strut-
tura cristallina. La diffusione dell'acqua d'associazione è all'incontro
in relazione con il fenomeno di capillarità.
Che l'acqua di associazione non altera la struttura del cristalllo
e non porta che piccolissime e continue variazioni nelle proprietà
fisiche, salvo l'assorbimento luminoso, la, dispersione e la rifrazione
intema, si dimostra non solo eliminando tutta l'acqua e lasciando gli
spazi vuoti o pieni d'aria, ma ancora sostituendo l'acqua con l'am-
moniaca, il benzolo, il jodio, il bromo, il mercurio ecc. in quantità
variabili.
40 Vacqua di assorbimento o acqua igroscopica ha molta analogia
con l'acqua di associazione; essa varia in modo continuo nell'uscita
e nell'entrata e vi porta variazioni continue nelle proprietà fisiche,
388 Capitolo undicesimo
le quali sono di carattere additivo. Tra acqua igroscopica e acqua
d'associazione vi è la stessa differenza come fra un miscuglio mecca-
nico e una miscela fìsica omogenea. L'acqua di assorbimento si lega
al composto portando con sé le proprietà sue, all'incontro l'acqua
di associazione entra a far parte del cristallo con proprietà fisiche
modificate e le condivide con quelle del cristallo in modo additivo,
come si è visto nei cristalli misti, pag. 379. L'acqua di assorbimento
nel cristallo ha la tensione esistente nel mezzo estemo; la quantità
di essa non dipende dalla tensione solamente ma dalle pareti con
cui può venire in contatto, perciò dal grado di disgregazione mec-
canica del soUdo, se è allo stato frammentario, o in polvere ecc.
Relazioni chimico-fisiche dei cristalli 589
• LETTERATURA AL CAPITOLO XI.
J. H. van't Hoff, Vorlesungen Uber iheore fische physikalische Chemie,
1901-1903.
G. Bruni, Ueber feste Lòsungen, 1901.
H. W. Bakhuis Roozbboom» Die heterogenen Gleichgewichte, ecc., 1901-1913.
G. Bruni, Lezioni di chimica-fisica. Padova, 1908.
— Ricerche teoretiche e sperimentali sulle soluzioni solide. « Memorie
Acc. Lincei », 191 2, IX, 40.
A. Campetti, Compendio di chimica fisica. Milano, 1910.
B. Marc. Vorlesungen ùber die chemische Gleichgewichtslehre, 1911.
H. C. Jones e M. Giua, Trattato di chimica-fisica. Milano, 191 3.
W. Nernst e A. Corvisy, Traité de Chimie generale. Paris, 191 1.
O. Lehmann, FlUssige Kristalle. Leipzig, 1908.
— Die neue Welt der flUssigen Kristalle. Leipzig. 1911.
G. Bruni, Feste Ldsungen und Isomorphismus, 1908.
Fred. Wai<i«erant, Cristallographie. Paris, 1911.
O. D. Chwawon-Davaux, Traité de Physique, tome III : « Equilibre des
substances en contact». Paris, 1911.
P. GroTh, EinUitung in die chem. Krystall. Leipzig, 1904.
C. V101.A, Sui cristalli misti (Mg Zn) SO4 -f yH^O. Rendiccnti R. Acca-
demia dei Lincei. 1916, II, 285.
— Sulle leggi di G\bb, Curie e Hauy relative ai cristalli. Rendiconti R.
Accademia dei Lincei, 1916, II, 401.
— Sui cristalli misti, Rtndiconti R. Accademia dei Lincei.
Vedi inoltre i lavori classici di Mitscherlich, le numerose pubblicazioni
di Mallard, Wyrouboff, Dufet, Tutton, Lavenir, Le Chatellier, Schenk,
Gossner, Bruni, Garelli, Retgers, Hulett, Tammann, e per l'acqua dei
cristalli i lavori di Tammann, Friedel, Gonnard, Gaubert. Grand Jean, De-
pret, Zambonini, ecc., e per la storia A. Arzruni e C. Hlawatsch.
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UNIVERSITY OF CALIFORNIA UBlXlW^6%J^ ^- ^ ^>^
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