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Full text of "Trentaquattro anni di cronistoria milanese (1825-1859) vol. 1, 1825-1838"

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JlTal.^^  2'^<J3 


\ 


OCT  1  2  1908 


f^arbarli  College  l^ibrars  . 

FROM   THE 

J.  HUNTINGTON  WOLCOTT  FUND 


Established  in  1891  by  Rogbr  Wolcott  (H.  U.  1S70),  in 

memory  of  bis  fatber,  for  "  tbe  purcbase  of  books  of 

permanent  value,  tbe  preference  to  be  given  to 

Works  of  History,  Politicai  Economy,  and 

Sociology,''  and  increased  in  1901  by 

a  bequest  in  bis  will. 


> 


ALESSANDRO  GIANETTI 


TRENTAQUATTRO  ANNI 


DI 


CRONISTORIA  MILANESE 

(1825-1859) 


VOLUME    PRIMO 
1825-1838 


MILANO 

Tipografia  Editrice  L.  F.  Cogliati 
Cono  P.  Romana,  17 

igoji 


^  ^  Harvard  Oùìhv  : ■  ^ ■  'br  ary 

Vvclcott    r.--     . 


PROPRIETÀ  LETTERARIA 


\ 


ALLA    MEMORIA 
DEL 

Marchese  FRANCESCO  CUSANI 

AUTORE 

DELLA  Storia  di  Milano. 


/ 


r^D^  f^  l'I^T'^^^r-^-^  -,- .^- 


Alessandro  Qirnetti 


-oc 


Trentaquattro  anni 

di 

Cronistoria  milanese 


'^^ — 

VOLUME   PRIMO 
(1825-1838) 


niLANO      .     . 

I        P     Cnnì  IATI 


Tip.  Edit.  L.  F.  COQLIATI  -  Milano,  Corso  P.  Romana,  17. 

Anzoletti  Luisa.  —  M.  Gaetana  Agnesi  e  il  suo  tempo, 
pag.  495 L.    4  50 

Arpesani  Ercole.  —  11  dottor  Paolo  Arpesani  e  te  sue 
vicende  potitiche  (1848).  pag.  62 „     i  — 

AvANCiNi  AvANCiNio.  —  Polvcrc  ed  ombra,  romanzo  sto- 
rico (1859),  pag.  530 , I»    4    - 

Barriera  Raffaello.  —  Immortali  e  dimenticati,  pa- 
gine vii-488 i»4  — 

Bellezza  Paolo.  —  Genio  e  follia  di  A.  Manzoni,  pa- 
gine 251 ,,    5  - 

Bonghi  Ruggero.  —  Le  Stresiane,  annotate  da  G.  Mo- 
rando, pag.  200 „4  — 

BoNOLA  Giulio.  —  Lettere  inedite  di  Rosmini  e  Man- 
zoni, pag.  608 „4  — 

Bonomelli  mons.  Geremia.  —  Tre  mesi  al  di  là  delle 
Alpi,  pag.  viii-464,  2.'  edizione »    3  50 

BouRELLY  magg.  cav.  Giuseppe.  —  La  Battaglia  di  Abba 
Garima,  pag.  xvi-693 »    5  — 

Capecelatro  card.  A.  —  U  amor  della  patria  e  gli  ita- 
liani, pag.  30 «  •-  50 

Gargano  Giulio.  —  Memorie  di  grandi  e  d'amici,  Biogra- 
fie e  commemorazioni  edite  ed  inedite,  pag.  592    .     „     4  — 

Del  Lungo  Isidoro.  —  Conferenze  fiorentine,  p.  200    ,,2  — 

Fabris  Cristoforo.  —  Memorie  Manzoniane,  p.  200.     „    2  — 

Fogazzaro  Antonio.  —  Discorsi,  pag.  246     .    •    .     .     „    3  50 

G1AC0SA  Giuseppe.  —  Novelle  e  Paesi  Valdostani,  illu- 
strato, pag.  viii-304 •     .     „     5  — 

GiovANNiNi  Magonio  Gemma.  —  Le  donne  di  Casa  Savoia, 
pag.  440  con  32  ritratti »    3  — 

A.  Luzio.  —  li  processo   Pellico-Maroncelli  secondo  gli 

alti  officiali  segreti,  con  illustrazioni  e  fac-similì      „     6  — • 

Panzacchi  Enrico.  —  Conferenze  e  Discorsi,  p.   300     ,.    3  — 

Prina  Benedetto.  —  Glorie  patrie,  p.  350  con  ritratti.     ..    2  50 

Stoppani  ab.  Antonio.  —  Il  bel  paese.  Conversaziom  suite 
betlezze  naturali^  ta  geologia  e  la  geografia  fisica  d'Italia 
51.*  ediz.,  pag.  600 „    2    — 

Visconti- Venosta  Giovanni.  —  Lo  scartafaccio  dell'amico 
Michele,  illustrato,  pag.  308 2  50 


In  preparazione  :  T>J  Ettore  Verga.  —  11  primo  esilio  di  Nicolò 
Tommaseo  (Lettere  inedite  di  Tommaseo  a  Cantù,  1834-1839) 


E  un  errore  il  credere  che  la  nostra  città,  dopo 
il  fallito  tentativo  del  1821,  sia  rimasta  inerte 
spettatrice  del  sistema  di  governo  che  in  ogni 
modo  r  opprimeva.  Se  una  parte  del  popolo  si 
divertiva  ai  teatri  ed  alle  feste,  si  sarebbe  ben 
guardato  dall*  inneggiare  all'oppressore,  e  dall' ap- 
provare le  misure  poliziesche  di  cui  faceva  sfog- 
gio. Vi  erano  ben  pensanti  che  affilavano  neU 
l'ombra  le  spade^  e  che  tenevano  accesa  ed  ali- 
mentavano la  fiamma,  che  un  dì  avrebbe  dato 
fuoco  a  quell'edificio  in  apparenza  così  ben  ar- 
chitettato e  poggiato  sovra  basi  così  solidi,  che  i 
nostri  padroni  ritenevano  senz'altro,   incrollabile. 

Se  vi  furono  degli  istanti  in  cui  parve  che  il 
popolo  scendesse  ad  atti  di  soverchio  servilismo, 
forse  nella  sua  coscienza,  trovava  un'attenuante 
nel  pensiero  che  tali  atti  avrebbero  procurato 
qualche  mitigazione  di  pena  ai   nostri   patriotti 


—  vin  — 
chiusi  nelle  segrete  dello  Spielberg,  o  qualche 
concessione  speciale  pel  bene  della  città,  giacché 
è  noto  che  il  ritomo  degli  austriaci  nel  1814,  era 
stato  preceduto  da  larghe  promesse.  Ma  allorché 
vide  che  anche  le  apparenti  dimostrazioni  d'  af- 
fetto, a  nulla  valevano,  che  le  delusioni  si  mol- 
tiplicavano, che  anche  le  più  lievi  speranze  sva- 
nivano, mutò  sistema.  Richiamò  al  suo  penskro 
i  giorni  fortunosi  della  rivoluzione  francese,  la 
quale  se  non  gli  aveva  insegnato  l'arte  di  gover- 
narsi, l'aveva  scosso  come  a  un  tocco  elettrico... 
Ed  in  vero  al  cadere  del  colosso  napoleonico,  i 
nostri  avi  si  ridestarono  come  da  un  sogno  di 
grandezza  e  di  potenza,  e  la  memoria  di  quel 
sogno  rimase  indelebile  nel  loro  cuore.  I  trattati 
avevano  ridotto  T Italia  ad  un'espressione  geogra- 
fica, sbocconcellandola  in  staterelli  e  dandola  in 
retaggio  a  principotti,  ma  un'Italia  politica  era 
entrata  nella  coscienza  degli  italiani  e  nessuna 
mano  straniera  avrebbe  potuto  cancellarla  (i). 

Ed  allorché  non  bastò  la  satira,  si  mantenne 
in  un  dignitoso  silenzio,  soffrendo  e  facendo  voti 
di  giorni  migliori.  Assistette  fremendo  ai  processi, 
ai  costituti,  alle  condanne  di  quell'infausto  1821  ; 
sperò  invano  dieci  anni  dopo;  s'illuse  ancora  che 

(i)  TuLLO  Massaràni  -  Studi  di  storia  e  di  politica. 


un  imperatore  austriaco  potesse  mantenere  quanto 
aveva  solennemente  giurato  nel  1838,  ed  abban- 
donata ogni  speranza,  trasse  ancora  per  dieci  anni 
una  vita  di  raccoglimento,  preparandosi  a  quella 
leggendaria  lotta  che  è  una  delle  pagine  più  bril- 
lanti della  sua  storia. 

Furono  lampi  di  luce,  furono  giorni  di  gioia, 
di  suprema  ebbrezza,  ma  sparirono  troppo  presto, 
e  settimane,  e  mesi^  ed  anni  e  lustri  dovevano 
seguire  que'  bagliori,  e  il  breve  contento  esser 
pagato  caramente,  sopportando  un  governo  raffi- 
nato nel  trovare  i  modi  più  crudeli  per  oppri- 
mere, una  polizia,  che  avrebbe  incriminato  per- 
fino l'aria  che  si  respirava,  pur  di  avere  motivo 
per  inquisire,  processare,  imprigionare,  condan- 
nare. 

Ma  le  nostre  grida  di  dolore  furono  intese  : 
Personaggi  di  grave  senno  politico  ci  commise- 
rarono, parlarono  alto  dei  nostri  casi  pietosi  e  ci 
fecero  intravedere  la  liberazione  dallo  straniero: 
un'  era  nuova  di  libertà.  Ai  dibattiti  diplomatici 
subentrarono  le  armi,  corsero  rivi  di  sangue,  ma 
la  gramaglia  fu  strappata  per  sempre  al  vesillo 
tricolore  ed  esso  sventolò  ancora  segnacolo  di 
vittoria  sulla  nostra  città,  evocando  le  ore  entu- 
sistiche  della  partenza  degli  eserciti  austriaci  dopo 
le  cinque  giornate  del  1848. 


—  X  — 

Circa  il  periodo  che  svolgeremo  in  questo 
primo  volume,  sebbene  per  un  seiennio  esso 
non  presenti  un  grande  interesse  storico,  ser- 
virà tuttavia  a  dimostrare  come  di  fronte  alle 
ripetute  misure  respressive  della  polizia,  il  senti- 
mento dell'indipendenza  sia  sempre  stato  vivo 
nel  cuore  dei  nostri  avi. 

Il  Cusani,  del  quale  abbiamo  inteso,  in  certo 
modo,  di  continuare  la  storia,  quantunque  V  ot- 
tavo ed  ultimo  volume  sia  stato  stampato  nel 
1884  ed  anche  questo  messo  insieme  per  cura  dei 
suoi  amici,  ci  lascia  col  racconto  nel  1825,  mentre 
r  imperatore  austriaco  Francesco  I  compie  il  suo 
giro  per  la  Lombardia.  Noi  completeremo  l'anno 
e  continueremo,  mantenendo  le  promesse  fatte 
dalla  spettabile  Ditta  editrice. 

Ci  si  vorrà  tuttavia  usare  indulgenza  se  quanto 
offriremo  non  sarà  che  una  semplice  cronistoria, 
come  l'abbiamo  intitolata,  sembrandoci  star  troppo 
a  disagio  il  pomposo  nome  di  storia  a  scarse 
racimolature  annuali.  Ci  lusinghiamo  però  che 
questi  appunti;  oltre  riempire  la  lacuna  cui  ab- 
biamo accennato,  serviranno  a  conoscere  un  po' 
di  vita  milanese,  a  farci  meglio  apprezzare  le  sof- 
ferenze dei  nostri  babbi,  *  a  ricordare  agli  svo- 
gliati dell'oggi,  le  miserie  e  le  fatiche  della  vi- 
gilia, affinchè  valutino  il  pregio  di  quella  libertà 


—   XI  — 


recente  e  di  quella  più  recente  indipendenza  che 
non  tengono  abbastanza  in  conto  »  (i). 

Valgano  i  nostri  sforzi  ad  allettare  qualcuno 
migliore  di  noi,  perchè  questo  lavoro  possa  ele- 
varsi alla  dignità  di  storia;  saremmo  paghi  di 
aver  concorso  in  qualche  modo  al  lustro  della 
nostra  città,  che  nel  diadema  italico  brilla  di  par- 
colare  splendore. 

Milano,  l'aprile  del  190J. 

Alessanro  Gianetti. 


(i)  Massarant,  libro  citato. 


INDICE 


1825 

CAPITOLO  I 

Fonti  da  cui  si  trasse  questa  cronistoria.  —  Periodici  poli- 
tici e  letterari.  —  Censura.  —  Ricordi  dello  Spielberg. 

—  Mettemich.  —  Le  Società  Segrete.  —  Italiani  al 
servizio  dell'Austria.  —  Reggimento  della  città  di  Mi- 
lano. —  Vita  Milanese.  —  I  funerali  del  generale 
Bubna.  —  Scopi  del  viajg^gio  imperiale.  —  Onorificenze 
e  feste.  —  I  Pellegrini  bianchi.  —  Misure  repressive.  — 
Porto  d'armi.  —  Ristabilimento  della  congregazione  dei 
PP.  Barnabiti.  —  I  feudi.  —  Il  poeta  Leopardi.     Pag.  i 

i8a6 

CAPITOLO  II 

Caduta  di  Missolungi.  —  Le  cartelle  del  debito  pubblico. 

—  Edilizia.  —  Lo  stato  pontificio  ed  i  ducati.  —  Ma- 
lattia e  guarigione  dell'imperatore.  —  Nascita  di  un  ar- 
ciduca. —  Il  Corfus  Domini,  —  Istruzione.  —  Un  ri- 
cordo di  giovinezza.  —  Stampa.  —  Spettacoli.  —  An- 
cora Metternich.  —  Il  Viceré.  —  La  polizia.  —  Tullio 
Dandolo  ed  altri.  —  Lo  spirito  pubblico.  — Necrologio. 

fo.g'   31 

1827 

CAPITOLO  III 

Movimento  politico  e  sua  influenza  nel  Regno  Lombardo- 
Veneto.  —  Ancora  le  società  segrete.  —  Roma  e  le  Ro- 
magne.  —  L'oratore  sacro  Barbieri.  —  Il  segreto  po- 
stale e  la  stampa.  —  Feste  e  beneficenze.  —  Edilizia. 


fc-o^p^ 


—  XIV 


Il  Viceré.  —  Feste  religiose.  —  La  stampa.  —  Arti  e 
Industrie i^ag  52 

i8a8 
CAPITOLO   IV 

Le  Romagna  e  il  Napoletano.  —  Misure  coercitive.  —  Lo 
Stendhal  a  Milano.  —  Feste  religiose.  —  Il  conte  Ba- 
thiany  e  la  Samoyloff.  —  Divertimenti.  —  Un  altro  fi- 
glio del  viceré.  —  Edilizia  e  pompieri.  —  Stampa.  — 
Accademie.   —  Necrologio Pag.    yi 

1829 

CAPITOLO  V 

Armamenti  austriaci  e  repressioni.  —  I  titoli  nobiliari.  — 
Giornali  esteri.  —  Il  Piemonte.  —  Restrizione  dei 
permessi  di  porto  d'armi.  —  Il  contrabbando.  —  Roma 
e  le  legazioni.  —  Il  generale  Sebastiani.  —  Uno  sguar- 
do al  resto  d*Italia.  —  Vita  milanese.  —  Il  lotto.  — 
Papa  Leone  XII  e  il  nuovo  Pontefice  Pio  Vili.  —  Vi- 
site ufl&ciali  e  spettacoli,  Giuditta  Pasta.  —  Stampa.  — 
Edilizia.  —  Necrologio Pag.   88 

1830 

CAPITOLO   VI 

I  detenuti  dello  Spielberg.  —  Francia  e  Italia.  —  Giudizi 
di  Chateaubriand.  —  Ciro  Menotti,  il  duca  di  Modena 
e  il  generale  La  Fayette.  —  Misure  repressive  e  gior- 
nali esteri.  —  Gli  stampati  della  tipografia  elvetica.  — 
Milano  e  la  Lombardia.  —  Viceré  e  governatore.  —  Ri- 
forme. —  Religione  e  beneficenza.  —  Il  quarto  cente- 
nario del  toson  d'oro.  —  Lettere,  industrie  ed  arti.  • — 
Necrologio Pag.    113 

183 1 

CAPITOLO  VII 

Aspirazioni  patriottiche.  —  Giuseppe  Mazzini.  —  Mette r- 
nich  ed  il  progettato  moto  insurrezionale.  —  Sommosse 


—  XV   — 

di  Roma  e  delle  Romagne.  —  Fatto  d'arme  di  Otricoli. 

—  Il  ducato  di  Parma.  —  Morte  del  duca  di  Reichstadt. 

—  La  Lombardia  e  lo  storico  Gualtiero.  —  Errori  del- 
l'Austria ed  apprezzamenti.  —  Misure  coercitive.  — 
Milano.  —  Teatri.  —  Cholèra.  —  Edilizia.  —  Stampa. 

—  Il  grande  globo  terrestre  a  Brera.  —  Necrologio.  — 
Fenomeni  metereologici Fag.  136 


183J 

CAPITOLO  Vili 

Avvento  al  trono  di  Carlo  Alberto.  —  Pensionati  ed  emi- 
grati. —  La  Giovane  Italia  a  Milano.  —  Radtzky  nelle 
Legazioni.  —  Tranquillità  apparente  e  4'attentato  di 
Baden  contro  il  futuro  imperatore  Ferdinando.  —  An- 
cora il  timore  del  cholèra  e  la  cometa  di  Biela.  —  Spet- 
tacoli e  feste.  —  Edilizia.  —  La  galleria  De-Cristoforis. 

—  Stampa.  —  Beneficenza.  —  Necrologio.      Pag.  159 

1833 

CAPITOLO  IX 

La  Giovane  Italia,  —  Inquisizioni  ed  arresti.  —  Sicurezza 
pubblica.  —  Giudizio  statario.  —  Dimostrazioni  abor- 
tite. —  Misure  repressive.  —  Cesare  Cantù.  —  Ancora 
il  principe  ereditario.  —  Feste  civili  e  religiose.  —  Il 
ballo  pubblico  nella  Galleria  De-Cristoforis.  —  Isti- 
tuzione del  Collegio  delle  dame  inglesi.  —  Istruzione. 

—  Arti  e  lettere.  —  Il  pittore  Victor.  —  Necrologio. 
,       Pag.    i^Z 

1834 

CAPITOLO  X 

Le  persecuzioni  continuano.  —  Estradizioni.  —  Idee  del 
conte  di  Spaur.  —  Torbidi  nella  Polonia  e  negli  Stati 
tedeschi.  —  Feste  e  carnevale.  —  I  pompieri  all'opera. 
Piene  di  fiumi.  —  Edilizia  e  monumenti.  —  Istruzione. 

—  Stampa.  —  Beneficenza.  —  Necrologio.    .    Pag.  207 


1835 

CAPITOLO  XI 

Conseguenze  della  spedizione  mazziniana.  —  Demoralizza- 
zione nelPesercito.  —  I  cospiratori  della  Giovine  Italia. 

—  Alessandro  Dumas.  Le  armi  a  vento  (  !).  —  Con- 
danne. —  Feste.  —  Morte  dell'imperatore.  —  Condo- 
glianze ufl5ciose  ed  ufl&ciali.  —  Esequie.  —  Il  nuovo 
imperatore.  —  Spettacoli.  —,  Timori  di  cholèra.  — 
Istruzione.  —Edilizia.  —  Arti.  —  Monumenti.— Stampa. 

—  Necrologio Pag,  247 

1836 

CAPITOLO  XII 

Echi  della  morte  del  sovrano.  —  Restrizioni  poliziesche 
alla  grazia  imperiale.  —  Società  segrete,  inquisizioni 
ed  arresti.  — ^,  Vita  milanese.  —  Leggi  e  regolamenti.  — 
Meteore.  —  Cholèra.  —  Visite  principesche.  —  Il  pri- 
mo asilo  infantile.  —  Istruzione.  —  Lettere,  arti,  edi- 
lizia, monumenti  ed  industrie.  —  Necrologio.    Pag.  295 

1837 

CAPITOLO  XIII 

I  ricordi  di  Rivoli  ed  Arcole.  —  Nicolò  Vettolini.  —  I  Co- 
mitati di  Bastia  e  di  Genova.  —  Virtuosi  da  teatro  e 
fuggiaschi.  —  Gli  emigrati  lombardi  e  l'amnistia  im- 
periale. —  Gino  Capponi  e  il  conte  Paolo  degli  Emilii. 

—  Le  memorie  di  Andryane.  —  Vita  milanese.  —  La 
crisi  delle  sete.  —  Feste  e  beneficenza.  —  Istruzione. 

—  Stampa.  —  Balzac  a  Milano.  —  Arti  ed  industrie.  — 
Edilizia.  —  Necrologio Pag.  343 

1838 
CAPITOLO  XIV 

Fervei  ofus.  —  Dolenti  note.  —  I  prodromi  dei  festeggia- 
menti. —  Poesie  d'occasione.  —  Gli  imperiali  nella 
Lombardia  ed  a  Milano.  —  Feste  e  ricevimenti  ufl5ciali. 

—  Il  trasporto  della  Corona  ferrea.  —  L'amnistia  im- 
periale. —  Le  guardie  nobili.  —  Esercitazioni  pompie- 
ristiche.  —  Il  corso  notturno.  —  Echi  delle  feste.  — 
Riflessioni.  —  Vita  cittadina.  —  Beneficenza.  —  Istru- 
zione. —  Stampa.  —  Necrologio Pag.  392 


1826.' 

CAPITOLO  I 


Fonti  da  cui  si  trasseco  questa  cronistoria.  -  Periodici  politici 
e  letterari.  —  Censura.  —  Ricordi  dello  Spielberg.  — 
Mettemich.  —  Le  società  segrete.  —  Italiani  al  servizio 
dell'Austria.  —  Reggimento  della  città  di  Milano.  -^ 
Vita  milanese.  —  I  funerali  del  generale  Bubna.  — 
Scopi  del  viaggio  imperiale.  —  Onorificenze  e  feste.  — 
I  Pellegrini  bianchi.  —  Misure  repressive.  —  Porto 
d'armi.  —  Ristabilimento  della  congregazione  dei  PP. 
Barnabiti.  —  I  feudi.  —  Il  poeta  Leopardi. 

A  ragione  il  Cusani  lamentava  la  scarsità  di  notizie 
circa  la  nostra  storia  municipale,  che  corre  dal  1825  ai 
moti  politici  del  1831  ;  infatti,  chi  si  fa  a  ricercare  per 
entro  i  periodici,  che  si  pubblicavano  allora  nella 
città,  non  può  a  meno  di  essere  preso  da  un  senso  di 
sconforto.  La  I.  R.  Gazzetta  di  Milano,  sostituita  nel 
I  geimaio  del  18 16  al  Giornale  italiano  ed  al  Corriere 
Milanesey  la  quale  tolto  lo  spirito,  diremo  mettemi- 
chiano  (i),  informato  ai  principi  stabiliti  nel  congresso 

(i)  Metternich  Clemente  Venceslao  nacque  il  15  mag- 
gio 1773  e  morì  a  Vienna  il  5  giugno  1859.  Era  figlio  del 
Ministro  plenipotenziario  Mettemich,  il  quale  dicesi  con- 
ducesse seco  il  giovane  al  Congresso  di  Lubiana. 

GiAMCTti.  Cronistoria,  « 


—  2   — 

delle  Potenze,  dovrebbe  servire  quale  documento  im- 
portante per  la  storia  municipale,  non  si  occupa  quasi 
che  di  notizie  estere,  ma  del  movimento  cittadino 
nulla,  se  ne  togli  qualche  varietà  in  cui,  se  non  si  parla 
di  pane,  si  parla  di  spettacoli,  del  gran  teatro  e  di  fe- 
ste ;  aggiungi  che  Tenorme  prezzo  di  costo  di  quel  pe- 
riodico, il  quale  a  chi  lo  osserva  in  questi  tempi  di  li- 
bera stampa  fa  veramente  pietà  e  per  la  sua  picco- 
lezza, non  giungendo  ad  una  metà  degli  attuali  nostri 
fogli,  e  per  la  parte  tipografica,  tutf altro  che  com- 
mendevole, e  per  la  carta,  era  ad  un  prezzo  eccessivo 
per  allora,  costando  50  lire  di  moneta  austriaca  al- 
l'anno (circa  40  lire  italiane).  Ben  è  vero  che  non  vi  era 
altro  periodico  politico,  ma  siamo  d'avviso  che  esso 
non  sarà  stato  neppure  molto  diffuso  fra  il  popolo,  e 
appena  forse  si  poteva  trovare  in  qualche  caffè  di 
lusso  e  nelle  biblioteche. 

Quanto  a  giornali  letterari,  se  le  nostre  ricerche  fu- 
rono complete,  Milano  contava  la  Biblioteca  Italiana, 
il  Ricognitore,  VApe  e  la  Vespa.  La  prima  formava  un 
grosso  fascicolo  mensile,  datava  dal  i8i6evi  colla- 
boravano i  più  forti  letterati  d'allora,  quali  il  Monti,  il 
Breislak,  Pietro  Giordano  ed  altri,  sotto  la  direzione 
d»  Giuseppe  Acerbi. 

Trattava  di  scienze,  lettere,  arti  meccaniche  ed  arti 
belle  ;  quanto  insomma  può  essere  materia  di  buon 
studio.  Ci  piace  ricordare  nel  suo  primo  annuncio  al 
pubblico  un  bel  periodo,  che  forse  poteva  dare  nell'oc- 
chio dei  nostri  padroni,  ma  che  fortunatamente  venne 
lasciato  correre,  eccolo.  «Gl'italiani,  benché  divisi, 
hanno  pure  un  comune  vincolo  della  lingua,  e  questo 
basta  per  ricongiungerli  nell'amore  e  nel  profitto  del 
sapere  b.  Ed  ancora  nel  primo  numero  chiude  l'intro- 
duzione con  queste  altre  frasi  : 


—  3  — 

e  In  quella  specie  di  comunanza  di  patrimonio  scien- 
tifico e  letterario,  che  ogni  libro  filosofico  deve  impie- 
gare, non  oblieremo  gianunai  di  essere  italiani  ;  e  se 
premurosamente  cercheremo  i  severi  giudizi  di  critici 
forastieri,  lo  faremo  allo  scopo  e  col  desiderio  di  pre- 
sentare una  occasione,  o  di  trame  profitto,  o  di  contri- 
buire ad  annullare  le  reliquie  di  una  prevenzione  che 
confidiamo  veder  dissiparsi  ben  presto  in  faccia  ai 
lumi  del  secolo  ».  Ed  il  periodico  mantenne  il  suo  pro- 
gramma fedelmente,  si  sostenne  per  molto  tempo  e 
potè  pubblicare  nelle  sue  colonne  molti  scritti  d'autori 
di  grido  che  appartengono  alla  prima  metà  del  nostro 
secolo. 

Il  quindecennale  Raccoglitore  incominciò  nel  1 8 19  ; 
è  ima  raccolta  di  viaggi,  di  filosofia,  di  storia,  di  poe- 
sia, di  eloquenza,  di  critica,  di  archeologia,  di  novelle, 
di  belle  arti,  di  teatri  e  feste,  di  biografie  e  di  miscel- 
lanee; e  pare  che  basti;  è  illustrato  da  incisioni. 
Pare  ne  fosse  compilatore  Davide  Bertolotti,  autore 
di  qualche  grido. 

Nel  1825  fu  pubblicato  il  Nuovo  Ricoglitore^  altra 
fimsta  mensile  che  succedeva  allo  Spettatore  italiano 
e  straniero.  Conteneva  letteratura  antica  e  moderna 
con  recensioni  e  notizie  di  libri  nuovi.  Ci  sembra 
molto  più  ordinato  del  Raccoglitore^  già  annun- 
ciato, è  di  minor  prezzo  ed  ogni  fascicolo  consta  di 
circa  80  pagine. 

Lo  Spettatore,  cui  abbiamo  accennato,  era  un  altro 
periodico  letterario  di  viaggi,  storia,  statistica,  poli- 
tica, letteratura  e  filosofia,  diviso  in  parte  straniera  e 
parte  italiana  ;  era  bimensile  e  ciascun  fascicolo  con- 
stava di  64  pagine  ;  aveva  principiato  prima  del  18 16. 

UApe  fa  la  sua  prima  apparizione  nel  18 19  presso 
Veditore  Pirotta  :  tratta  di  scienze,  di  lettere  ed  arti. 


—  4  — 
ed  alludendo  al  nome  con  cui  fu  battezzato,  così  ter- 
mina il  proemio  del  suo  primo  numero  :  «  Che  questo 
industrioso  e  mirabile  alato  vivente,  sia  il  punto  d'u- 
nione di  chi  ama  le  ottime  discipline  in  Italia,  ed  al- 
lora avranno  pregio  queste  pagine,  e  non  saranno  forse 
immeritevoli  di  passare  le  Alpi  ed  il  mare,  onde  recar 
le  fedeli  notìzie  di  noi  e  delle  cose  nostre  al  generoso 
alemanno,  al  pensatore  inglese,  all'irrequieto  francese 
ed  al  libero  americano». 

La  VespUy  successa  a  questo,  era  un  periodico  tutto 
a  pungiglioni,  quale  appunto  il  carattere  dell'insetto 
di  cui  teneva  il  nome  ;  basti  il  dire  che  alla  comparsa 
della  nuova  edizione  dei  Promessi  Sposi,  la  prima 
forse  che  si  faceva  a  Milano  nel  1827,  malgrado  che 
la  Gazzetta  di  Milano  avesse  parlato  assai  bene  in 
parecchie  appendici  letterarie,  la  Vespa  fece  una  tale 
requisitoria,  che  a  vero  dire  fa  torto  ai  compilatori 
di  quel  periodico,  e  sì  che  aveva  per  editore  il  Bet- 
toni  e  direttore  il  poeta  Felice  Romani.  Se  vi  è 
un'  attenuante,  è  la  lotta  che  allora  ferveva  tra 
classici  e  romantici,  lotta  dalla  quale  questi  ultimi 
dovevano  riuscire  vittoriosi. 

Nel  1838  il  dottor  G.  B.  Bolza  pubblicò  a  Vienna 
una  Rivista  Viennese,  Forse  era  suo  pensiero  frater- 
nizzare i  popoli  lombardi-veneti  cogli  austriaci,  me- 
diante la  lingua,  e  il  periodico  reca  squarci  di  autori 
italiani  tradotti  nel  tedesco,  metodi  per  lo  studio  di 
questa  lingua,  i  quali  potrebbero  essere  adottati  con 
frutto  dagli  italiani,  e  via  via.  A  quanto  ci  sembra 
tale  pubblicazione  è  assai  inferiore  a  quelle  nostrane» 
e  scarsissima  messe  può  raccogliersi  per  la  nostra  sto- 
ria politica. 

In  tutti  questi  periodici  poi,  non  una  pagina  che 
riveli  la  vita  cittadina,  non  la  pubblicazione  di  un 


—  5  — 
libro,  di  una  semplice  cronologia  storica  municipale, 
non  un  racconto  di  attualità,  che  possa  dirci  come  la 
passassero  i  nostri  babbi.  Gli  almanacchi  stessi,  che 
pur  con  buon  p>ensiero  di  alcuni  si  pubblicano  ai 
nostri  giorni,  potevano  anche  senza  urtare  le  suscetti- 
bilità della  censura,  esporre  semplicemente  in  ordine 
cronologico  i  fatti  avvenuti  nell'anno,  eppure  reca- 
vano titoli  leggieri  e  cose  più  leggiere  ancora  conte* 
nevano. 

Il  Vallardi,  l'Agnelli,  il  Silvestri,  il  Ripamonti 
Carpano,  il  Canadelli,  lo  Stella,  il  Tamburini,  citiamo 
a  caso,  non  recavano  nessun  giovamento  alla  storia. 
Le  avventure  di  Giulietta  e  RomeOy  Le  bellezze  della 
Storia  di  Milano,  lo  Specchio  delle  passioni,  la  Gloria 
delle  belle  arti,  il  vero  Rustico  indovino  e  altri  di  tal 
fatta  non  erano  die  o  palesemente,  o  celatamente  al- 
trettanti irmi  che  si  scioglievano  in  onore  di  chi  ci 
stava  sul  collo,  ai  quali  certo,  neppur  sommessamente 
si  osava  ripetere  il  motto  manzoniano 

.  .  .  levate  le  tende 

Da  una  terra  che  vostra  non  è. 

E'  bensì  vero  che  gli  scrittori  erano  tenuti  in  freno 
da  una  censura  che  dopo  il  moto  dei  Carbonari,  sem- 
brava essersi  maggiormente  acuita  ;  che  anzi,  se  vo- 
gliamo credere  allo  storico  Cantti,  questi  martiri  della 
scienza  avevano  alle  volte  a  fare  con  censori  ignoranti 
e  maligni,  sicché  bisognava  spesso  reclamare  a  Vien- 
na, d'onde  le  decisioni  venivano  assai  meno  ignobili, 
ma  così  lente  da  equivalere  ad  un  divieto.  Ripetiamo 
però  che  era  da  compiangersi  come  né  popolo,  né 
scrittori  di  grido  sapessero  anche  pur  lontanamente 
far  allusione  agli  infausti  tentativi  dei  Carbonari, 


—  6  -^ 
agli  ingiusti  trattamenti  usati  verso  la  maggior  parte 
di  loro  (i),  ai  suggestivi  processi,  alle  pagine  dei  fa- 
migerato Zajotti,  alla  nobile  difesa  del  Misley  (2). 

Il  tentativo  del  1821  aveva  popolato  le  segrete 
dello  Spielberg,  e  le  ferrate  porte  sembravano  murate 
su  quegli  infelici  ;  e  si  che  la  città  doveva  ricordarsi 
di  parecchi  di  quei  patrizi,  che  fra  noi  avevano  dimo- 
rato ed  avevano  procurato  con  ogni  mes^o  di  solle- 
vare il  nostro  popolo,  vuoi  con  scritti,  vuoi  escogi- 
tando mille  spedienti,  pur  di  non  dar  troppo  nel- 
l'occhio della  vigile  polizia,  ma  nulla.  Nel  libro  stesso 
delle  Mie  prigioni^  lavoro  che  al  suo  apparire  aveva 
fatto  gran  chiasso,  e  che,  aveva  contribuito  a  modifi- 
care il  sistema  carcerario  dell'Austria,  tutti  i  subal- 
terni, compreso  il  carceriere,  sono  dipinti  come  bene- 
voli, ma  le  severità  sono  comandate  dall'alto  :  il  me- 
dico non  può  concedere  gli  occhiali,  se  non  arriva  la 
licenza. da  Vienna  e  d'ordine  di  questa  capitale,  è 
proibito  ai  prigionieri  la  lettura. 

(i)  A  Milano  in  un  libro  dal  titolo  :  Misteri  della  Po- 
lizia Austriaca,  che  si  conserva  nel  Museo  del  Risorgi- 
mento, è  raccontato  il  modo  col  quale  il  Bolza  arrestò  nella 
sua  casa  in  via  dei  Tre  Monasteri,  ora  Monte  di  Pietà,  il 
conte  Gonfalonieri. 

E'  noto  che  sua  moglie  Teresa  Casati  in  occasione  della 
venuta  in  Milano  di  Francesco  I,  si  era  presentata  personal- 
mente all'  imperatore  per  ottenere  la  grazia  del  marito,  ma 
ne  fu  respinta  con  quest'insulsa  risposta  ;  Suo  marita 
sta  bene  e  fa  gli  esercizi  spirituali  per  la  salute  dell'anima. 
L'infelice  ed  affettuosa  consorte  morì  nel  1830  e  la  sua 
salma  riposa  nelle  tombe  gentilizie  della  famiglia  a  Mug- 
giò  sopra  Monza. 

(2)  Nota  il  Cantù  nella  sua  Cron.,  pag.  393,  «che  il 
Misley  scriveva  che  a  Milano  lo  spionaggio  era  organiz- 
zato in  modo  che  ogni  caffè,  ogni  teatro,  ogni  piazza,  ogni 
chiesa,  ogni  bettola,  ogni  locanda,  ogni  ufficio  pubblico, 
insomma,  ogni  riunione  di  qualunque  specie  aveva  2,  4 
spie  ed  anche  più  e  dice  anche  i  prezzi  che  ciascuna  di 
esse  riceveva. 


—  7  — 

Il  povero  Maroncelli  attende  l'ordine  di  Viennal 
per  farsi  amputare  la  gamba  ;  anzi,  se  vogliamo  pre- 
star fede  allo  storico  citato,  1*  Imperatore  Francesco 
tiensi  sul  tavolo  la  pianta  dello  Spielberg  e  ordina 
quanto  deve  soffrire  il  numero  15,  il  numero  20,  e 
via  ;  unica  designazione  di  quegli  esseri  umani,  fra 
cui  oltre  i  patrizi,  si  contavano  insigni  letterati. 

Sembra  che  pubblico  e  dotti  non  pensassero  che  a 
darsi  bel  tempo  ;  quegli  con  teatri,  con  pubbliche  rap- 
presentazioni, con  feste  camescialesche,  accalcandosi 
sul  lobbione  ad  applaudire  alle  cantanti,  alle  balle- 
rine più  in  voga;  questi  a  scrivere  d'argomenti  in- 
sulsi, recensioni,  storie,  poesie  che  finivano  sempre  con 
inni  servili  all'Austria  ed  al  suo  Governo.  Il  nostro 
poeta  vernacolo  nel  tracciare  gli  episodi  di  quel  di- 
sgraziato popolano,  personificato  in  Giovannin  Bon- 
gecy  non  fece  forse  che  ritrarre  al  vivo  le  occupazioni 
del  popolino  in  quell'epoca  di  bonaccia. 

I  giudizi  poi  che  il  ministro  austriaco,  il  grande 
Mettemich,  faceva  di  noi,  movevano  certo  da  suoi 
particolari  interessi  (i).  Ci  vilipendeva  per  farsi  pro- 
fitto di  quello  sprezzo,  e  la  dura  sentenza  pesava  so- 
pra di  noi,  perchè  non  avevamo  fede  nella  nostra  po- 
tenza; anzi  dacché  le  opinioni  dell'astuto  diploma- 
tico erano  state  accettate  anche  dagli  altri  potentati 
d'Italia,  i  quali  non  erano  nelle  di  lui  mani  che  altret- 
tanti automi,  che  egli    maneggiava  a  suo    piacere, 


(i)  Si  vuole  che  Metternich  desiderasse  che  si  dessero 
alle  Provincie  italiane  delle  concessioni  legittime,  ma  an- 
che il  ministro  aveva  a  fare  con  un  sovrano  di  cervello 
corto  e  cocciuto  e  non  potea  vincerlo  sempre. 

La  Serao  nella  sua  conferenza  Vltalia  di  Stendhal,  dice 
che  Mettemich  resse  la  politica  europea  con  una  forza  e 
un'ostinazione  fredda,  che  velava  un  temperamento  caldo  e 
impetuoso. 


—  8  — 

egli  credevasi  in  dovere  di  moderare  a  suo  talento 
tutte  le  forze  del  nostro  incivilimento. 

Fermo  ne'  suoi  propositi  che  questi  disegni  erano  di 
facile  riuscita,  mise  tutto  lo  studio  per  mescolarne  il 
commercio,  le  industrie,  le  lettere  e  le  arti.  Da  tale 
J)rincipio  mossero  tutte  le  prove  che  egli  tentò  per 
ispegnere  in  noi  a  poco  a  poco  quelle  qualità  che  sono 
della  natura  delle  nazioni,  e  che  direi,  improntano  cia- 
scuna città  di  un  carattere  suo  particolare. 

Era  opera  difficilissima,  ma  egli  sperava  di  sosti- 
tuire colla  corruttela  e  la  passiva  obbedienza  dei  no- 
stri padri,  ciò  che  neppur  Tarmi  del  più  ardito  conqui- 
statore avrebbero  tentato  con  felice  successo.  In  tal 
Inodo  incrudelirono  i  nostri  travagli  e  per  nostra  in- 
famia, dice  bene,  a  nostro  avviso,  l'abate  Anelli  nella 
sua  Storia  d' Italia,  colle  nostre  stesse  mani  strinse 
J)iù  fieramente  le  catene  del  servaggio,  tale  che  in 
breve  non  ci  rimase  che  ritirarci  tra  il  dispotismo  di 
Vienna,  la  spassionatezza  degli  altri  italiani  e  il  di- 
sprezzo di  noi  medesimi. 

E  le  imperiali  promesse  di  Francesco  I  ?  Lo  Statuto 
datoci  dall'imperatore,  ci  faceva  diritto  a  due  Rap- 
presentanze, runa  sovrana,  Taltra  nazionale;  ma 
desse  non  furono  che  nomi,  poiché  la  Camera  Aulica, 
due  parole  nefaste,  che  ritornavano  a  quando  a 
quando  sulle  notificazioni  del  nostro  governatore,  il 
conte  di  Strassoldo,  moveva  a  suo  beneplacito  i  no- 
stri interessi  e  le  nostre  amministrazioni  ;  il  vero  co- 
mando era  rimasto  ^  Mettemich  e  noi  eravamo  se- 
parati dagli  altri  italiani,  affinchè  perdessimo  per- 
fino il  senso  della  origine  che  ci  congiungeva. 

Impediti  praticamente  anche  que'buoni  effetti  che 
potevano  conseguire  dalle  leggi,  con  im  direttore  di 
polizia  e  un  comandante  supremo  delle  armi,  che  im- 


—  9  — 
punemente   trascuravano   le  deliberazioni   viceieali» 
Mettemich  pose  a  misura  del  suo  r^[ime  nuU'altro  die 
la  sua  potenza,  e  noi  fummo  oppressi  e  rimanemmo 
senza  industria  e  senza  vita  . 

Malgrado  questo  modo  di  agire  del  supremo  Mi- 
lììstro,  si  narra  cbe  nel  maggio  del  1834,  in  occasione 
di  una  festa  datasi  per  ranniversario  di  questo  prin- 
cipe, ^li  tornato  a  casa,  trovò  sullo  scrittoio  un  bi- 
glietto anonimo,  tracciato  alla  matita,  in  cui  era 
scritto  il  seguente  acrostico  : 


^  inistre  heureux  d'un  Prince  auguste, 

m  sprit  solide  et  généreux, 

H  out  un  peuple  fappelle  juste, 

H  out  un  monde  t'offre  ses  voeux, 

m  ntouré  de  tant  de  naufrages, 

PS  esiste  longtemps  aux  orages, 

5zJ  oble  appui  de  la  Royauté 

*-  mitant  la  vertu  sevère, 

n  hacun  ìnscrit  sur  sa  bannière  : 

S!  onneur,  gioire  et  fidélité.   (i) 

A  lumeggiar  maggiormente  questo  personaggio 
tanto  infausto  per  gli  italiani  e  che  avremo  pur  occa- 
sione di  citare  più  volte  nel  corso  del  lavoro,  ci  piace 
nportare  quanto  ne  scrive  Cesare  Cantù  nella  sua 
Cronistoria  : 

«Clemente,  principe  di  Metternich,  era  volterriano 
attivissimo,  eppure  appassionata  della  vita  quieta  e 
materiale  ;  amante  delle  arti,  scettico  quanto  fa  me- 
stieri ad  un  diplomatico,  con  un  sorriso  stereotipato, 
che  poteva  interpretarsi  per  astuzia  o  per  bassa  fles- 

(i)  GaÀzeita  di  Milano,  Giugno  1834. 


—    IO  — 

sibilità  ;  allo  sparire  d'una  gioventù  di  libertinaggio 
e  frivolezza,  divenne  noioso  e  dogmatico.  Maneg^- 
giava  gli  affari  da  uomo  di  spirito  anziché  di  soda 
cultura  con  ripieghi,  piuttosto  che  vedute  politiche 
o  prendendo  per  tali  il  raggiro,  l'intrigo,  le  soppiat- 
terie  poliziesche  e  nei  consigli  europei  conseguì  a  sé 
stesso  e  all'Austria  una  preponderanza  non  propor- 
zionata all'ingegno,  al  carattere  suo,  né  alle  forze 
militari  del  paese.  Fatto  cancelliere  supremo,  onorato 
di  titoli  e  cordoni  da  tutti  i  potenti,  spinse  l'orgoglio 
fino  al  ridicolo,  consigliò  e  praticò  una  politica  inerte 
e  passiva  senza  morale,  senza  slancio,  senza  vedute 
d'avvenire  e  fu  uno  dei  maggiori  corruttori,  adopran- 
do  lo  spirito  suo  frivolo  a  pizzicare  in  chi  lo  avvici- 
nava le  corde  interessate  e  volgari,  e  con  ciò  legarseli. 
Il  denaro  proprio  sperperava  non  meno  che  il-  pub- 
blico, ed  ebbe  occasioni  infinite  di  lucrare  or  palese- 
mente, or  alla  macchia  ;  oltre  una  parte  del  miliardo 
francese  per  indennizzo,  il  re  di  Napoli  gli  conferì  la 
dignità  di  duca,  l'Imperatore  la  signoria  di  Johanni- 
sberg,  celebre  per  suo  vino. 

Ostile  ai  frutti  della  rivoluzione  francese  si  pro- 
pose di  tener  difeso  l'impero  dal  contagio  delle  idee 
moderne  e  di  conservare  il  governo  assoluto  come 
l'unico  possibile;  quindi  implacabilità  contro  ogni 
resistenza  ;  affabile  e  benefico  nell'Austria  :  duro  co- 
gli Ungheresi  e  cogli  Slavi,  e  più  cogli  Italiani.  Ri- 
poneva la  sicurezza  nel  soffocare  ogni  moto  liberale, 
ed  arguto  a  colpire  il  lato  debole  delle  persone  di- 
ceva: se  scoppiasse  una  rivoluzione  a  Vienna  farei 
sonare  la  campana  da  pranzo  ;  se  a  Milano,  vi  man- 
derei una  cantante  di  cartello...  Unico  suo  pensiero 
conservarsi  il  posto... 

Nell'interno  era  tutf altro  e  diceva  a  Brunner  :  — 


—  II  — 
e  In  tutte  le  cose  che  vanno  male  da  molti  anni  si  mette 
innanzi  il  mio  nome.  Ma  la  sfera  della  mia  azione  è 
assai  più  angusta  che  non  si  creda  :  né  io  vo'  oltre- 
passarla e  lascio  mi  si  bandisca  addosso  la  croce,   n 


Non  pensi  però  il  lettore  che  colFarresto  e  la  de- 
portazione dei  carbonari,  che  si  erano  potuti  catturare» 
fossero  spente  le  società  segrete  ;  tutf altro,  anzi  do- 
vremo dire  che  esse  si  erano  moltiplicate  e  circondate 
da  profondo  mistero,  perchè  né  fosse  più  difficile  la 
scoperta. 

Lo  scopo  era  sempre  il  medesimo,  mantener  viva 
la  fiamma  di  un  amore  efficace  verso  la  comune  pa- 
tria, e  rendersi  capaci  di  quei  grandi  sacrifici,  che  la 
salvezza  di  essa  potesse  richiedere  in  avvenire  ;  e  nel 
numero  de'suoi  affigliati  si  leggevano  i  nomi  dei  più 
distinti  ingegni  d' Italia. 

E  il  Governo  aveva  dichiarato  tutte  queste  associa- 
zioni cospiratrici  d'alto  tradimento,  condannati  nel 
capo  i  loro  memBri  ed  imposto  agli  altri  principi  ita- 
liani che  avessero  a  seguire  i  provvedimenti  emanati 
pel  regno  Lombardo- Veneto.  Ma  allorché  il  governo 
ebbe  soffocate  tutte  queste  società,  il  Lombardo- Ve- 
neto, anzi  direi  tutta  Italia,  divenne  una  sola  e  grande 
società  cospiratrice,  che  a  visiera  alzata,  proclamò  gli 
stessi  principi  di  libertà  e  di  indipendenza,  già  con- 
sacrati dal  sangue  di  tanti  martiri. 

All'antica  massoneria  ed  ai  Franchi  muratori,  si 
erano  mano  mano  aggiunte  le  società  dei  Patrioti 
Europei,  dei  Filadelfi,  dei  Decisi,  dei  Cavalieri 
Guelfi,  degli  Illuminati,  dei  Carbonari  Regolari  Ri- 
formati, dei  Preti  dell'Oratorio,  dei  Cattolici  Aposto- 
lici Romani,  dei  Cinque,  degli  Indipendenti,  dei  Del- 


—    12  — 

fici,  dei  Latini  ;  e  più  tardi  si  aggiunsero  i  Concisto- 
riali, i  figli  di  Marte,  i  Cacciatori  Americani,  i  Veri 
Patrioti,  i  Sanfedisti,  gli  Italiani  in  Londra,  i  Maestri 
Sublimi  di  Modena,  i  Babbiti  di  Palermo,  la  Nuova 
Riforma  di  Francia,  gli  Scamiciati,  la  Sacra  Fratel- 
lanza, la  Società  della  Medaglia,  della  Gioventù  rav- 
veduta, dei  Pellegrini  Bianchi,  degli  Spettri  riuniti 
nella  tomba,  del  Duca  d'Emilia,  di  Ermolao,  degli 
Amici  delle  scienze,  dei  Comitati  degli  Italiani  in 
Parigi  ;  e  chi  più  ne  ha,  più  ne  metta  (i). 

Nelle  Figure  e  figurine,  così  il  Barbiera  descrive  il 
modo  con  cui  si  effettuava  la  corrispondènza  segreta 
tra  i  cospiratori  italiani.  Possedevano  tutti  questi  uno 
stampo  speciale,  per  esempio,  la  facciata  di  una  casa 
di  cartone,  larga  ed  alta  come  un  foglio  di  carta  da 


(i)  Carte  segrete,  voi.  1  e  li. 

II  professor  Masi  nella  sua  conferenza  sulle  società  se- 
grete m  Romagna,  narra  di  un  tipo  singolarissimo,  certo 
Vincenzo  Fattiboni  di  Cesena,  nelle  Memorie  del  c[uale, 
un  libro  scritto  da  sua  figlia,  vi  è  un'unità  di  tragedia  che 
veramente  fa  stupire  :  bastano  le  date  a  narrarla  tutta.  Nel 
1811  è  framassone  a  Milano;  nel  181 5  segue  l'impresa  di 
Gioachino  Murat;  nel  17  prende  parte  al  tentativo  di  Ma- 
cerata; nel  18  è  condannato  a  io  anni  di  galera;  ne  esce 
nell'ottobre  del  28  ;  nel  29  è  di  nuovo  a  capo  della  Vendita 
carbonaresca  di  Cesena;  nel  31  decreta  la  decadenza  del 
potere  temporale  dei  Papi  coi  rivoluzionari  della  Co- 
stituente provvisoria  di  Bologna;  nell'anno  seguente  va 
in  esiglio  a  Corfù;  vi  resta  fin  verso  il  1848;  segue  coll'a- 
nimo  e  coll'opera  le  immense  speranze  di  quell'anno;  non 
può  reggere  alle  profonde  disillusioni  del  49  e  il  12  mag- 
gio 1850  dispera  un'ultima  volta  e  si  uccide.  •;—  Fin  qui  il 
conferenziere,  e  questo,  diciamo  noi,  fu  vera  perseveranza. 

Lo  storico  Cantù  parlando  dei  differenti  nomi  delle 
sette  e  delle  loro  trasformazioni,  osò  dire  che  tutte  queste  . 
erano  invenzioni  di  rivoluzionari.  Ma  l'espediente  è  troppo 
disinvolto  dinanzi  alla  realtà  di  fatti  orrendi,  che  i  vecdii 
in  Romag^na,  nelle  Marche,  nell'Umbria  hanno  visti  coi 
loro  occhi  e  ricordano  ancora. 


-  13  - 
lettera.  Le  finestre  e  la  porta  della  minuscola  facciata 
eran  tagliate  fuori  colle  forbici.  Ne  risultavano  dun- 
que dei  vani.  Entro  questi,  i  patrioti  scrivevano  le 
cose  più  segrete,  più  pericolose  e  più  necessarie  Le- 
vato il  modello,  riempivano  il  resto  della  lettera  di 
cose  innocenti,  cercando  d'incontrare  con  un  certo 
senso  quelle  parole  importanti.  Chi  riceveva  la  let- 
tera, vi  sovrapponeva  il  proprio  modello  di  cartone 
eguale  a  quello  onde  il  corrispondente  s*era  servito. 
E  chi  era  appena  addentro  alle  segrete  cose,  poteva 
leggere  come  qua  e  là,  si  fosse  arrestato,  processato  e 
condannato  qualcuno  di  tali  adepti  ;  come  il  nostro 
governo  avesse  scritto  ora  a  Napoli,  or  nelle  Roma-, 
gne,  or  nei  ducati,  perchè  si  sorvegliasse  il  tale  o  tal 
altro,  si  seguissero  le  traccie  di  questo  o  di  quello, 
giacché,  come  dicemmo,  sembrava  che  a  lui,  dalle 
Potenze  sottoscrittrici  del  trattato  di  Vienna,  fosse 
demandata  la  sicurezza  d' Italia. 

Pur  troppo  però,  un  grave  biasimo  dovevasi  a  certi 
magistrati  italiani,  che  si  chiamavano  colValtisonante 
nome  di  Governo,  i  quali  erano  sorti  o  per  brighe  di 
corte,  o  tratti  fuori  tra  miserabili  che  sospiravano  di 
trovare  chi  li  comperasse.  Essi  non  avevano  di  bella 
che  il  nome  della  magistratura  da  loro  occupata,  ma 
le  opere  erano  malvagie,  come  avviene  in  chi  per 
troppo  aspirare  non  sa  di  avere  una  patria  e  non  fa 
caso  al  proprio  onore.  Erano  costoro  gli  esecutori  de- 
gli ordini  mettemichiani  ;  sia  una  prova  la  carriera 
percorsa  dal  famigerato  Bolza,  che  tanta  parte  ebbe 
nelle  politiche  condanne  dei  nostri  padri  e  cui  noi 
generosamente  condonavamo  la  vita  dopo  le  memo- 
rabili giornate  del  1848. 

Anche  i  cittadini  che  costituivano  la  Rapprcsen-^ 


—  14  — 
tanza  Nazionale,  erano  inceppati  nell'esercizio  delle 
loro  mansioni  dalla  persona  che  stava  a  capo,  essendo 
il  presidente  stesso  del  governo,  cosicché  non  ave- 
vano animo  tanto  ardito  da  star  saldi  contro  il  ter- 
rore delle  minacde,  né  erano  tanto  generosi  da  la- 
sciarsi togliere  il  grado  e  le  sostanze,  anziché  vendere 
la  cosdenza  ai  campioni  del  dispotismo.  Qualche  cosa 
però  contavano  ancora  la  fede  e  la  fama,  e  ciò  ba- 
stava perché  fossero  invisi  a  quel  servidorame  che 
brulicava  nelle  sale  governative. 

E  giacché  parliamo  di  Rappresentanza  Nazionale, 
procuriamo  di  dare  un'idea  esatta  del  come  era  am- 
ministrata la  nostra  città 

E'  risaputo  che  le  provincie  italiane  soggette  diret- 
tamente all'Austria,  costituivano  il  Regno  Lombardo- 
Veneto.  Il  primo,  che  aveva  la  nostra  città  per  capi- 
tale, contava  2  milioni  e  600  mila  abitanti,  distri- 
buiti in  nove  provincie;  aveva  una  superficie  di 
20,476,981  pertiche  metriche  con  un  estimo  di  scudi 
134,297,641,  su  cui  si  pagavano  circa  22  milioni  di 
lire  austriache  (17  milioni  circa  di  lire  italiane)  a  177 
millesimi  per  scudo. 

A  Milano,  sedeva  il  Viceré,  un  governo  per  l'ammi- 
nistrazione politica,  un  magistrato  camerale  per  l'e- 
conomia, con  una  numerosissima  gerarchia  d'impie- 
gati, occupati  ad  interpretare  ed  applicare  i  deaeti 
provenienti  da  Vienna.  La  costituzione  comunale  era 
stata  rimessa  sul  piede  del  1755  e  per  essa,  noi  ave- 
vamo un  Podestà  provvisto  di  L.  7800  all'anno,  assi- 
stito da  sei  Assessori  gratuiti,  scelti  fra  quelli  che 
possedessero  in  città,  almeno  2  mila  scudi  di  estimo. 
Il  Consiglio  Comunale  eleggeva  un  deputato  per  la 
città,  e  col  resto  della  provincia  alcuni  deputati  pei 
nobili,  alcuni  pei  non  nobili,   fra  1  censiti  di  oltre 


—  15  — 
2  mila  scudi.  Questi  fonnavano  la  Congregazione 
Provinciale,  che  durava  in  carica  un  seiennio  ;  allo 
stesso  modo  fra  persone  censite  di  almeno  4  mila 
scudi  el^gevasi  un  deputato  degli  estimati  nobili, 
uno  dei  non  nobili  ed  uno  della  città  che  coi  deputati 
delle  altre  provincie  costituivano  la  Congregazione 
Centrale  (i),  alla  quale  competeva  ripartir  le  imposte 
ed  esporre  i  bisogni  del  paese. 

La  nostra  città  contava  190  mila  abitanti  e  traeva 
dall'estimo  sugli  stabili  ìxn  milione,  e  100  mila  lire 
dal  dazio  consumo  ;  il  resto  fino  a  4  milioni  e  mezzo 
da  beni  propri,  quali  tasse,  licenze,  ecc  Tale  l'organa- 
mento della  cittL 

Ora  in  mezzo  a  questa  tranquillità  che  i  nostri  pa- 
droni ci  avevano  creata,  la  nostra  Rappresentanza 
Comunale  pensò  ad  aumentare  la  prosperità  mate- 
riale del  cittadino,  quindi  migliorate  le  abitazioni, 
esercitata  una  vigilanza  speciale  sulle  acque,  sulle 
vettovaglie  vendereccie,  allargate  molte  vie,  altre  ri- 
formate, tolse  le  imposte,  le  vetrine  sporgenti,  le  bot- 
teguccie,  i  banchi  sulle  piazze,  poiché  è  a  sapersi  come 
Fattuale  piazza  Mercanti  era  ocaipata  da'librai,  quella 
del  Duomo  da  fruttivendoli,  rosticciai  e  venditori 
d'uccelli  e  di  cani,  la  piazza  Fontana  dai  venditori  di 


(i)   In  un  componimento  scherzevole  il  Pecchi©  scri- 
veva: 

Per  rappresentanza  nazionale 

Darem  una  Congregazione  centrale, 

La  qual,  perchè  non  faccia  né  ben  né  male, 

Sarà  da  noi  prescelta  e  ben  pagata 

Per  occuparsi  solo  di  spedali. 

Negli  altri  affari  un  j>oco  più  essenziali 

Libero  ognun  sarà  e  indipendente, 

Seguendo  ognor  il  vóto  ael  presidente. 


Cantù,   Cronistoriay  fag.  367. 


—  t6  — 
tela  e  di  poponi  (i).  Si  levarono  dal  piano  le  inferriate 
pericolose  che  davano  luce  alle  cantine,  si  vietò  di 
accumulare  in  queste  il  concime,  si  incanalò  l'acqua 
dei  tetti,  si  stabilirono  i  pompieri,  si  crebbero  tutte  le 
comodità  della  vita,  il  gusto  degli  addobbi  e  dei  iiori. 
Il  senatore  Tulio  Massarani  aggiimge  che  la  nostra 
Lombardia,  oltre  l'ordinamento  della  sua  costituzione 
cittadina,  aveva  anche  nei  comuni  rurali  osato  perfino 
un  saggio  governo  diretto  (/  convocati)  \  aveva  de- 
dotto dalla  coesione  naturale  degli  interessi  un'ac- 
concia circoscrizione  per  distretti,  e  alla  costituzione 
del  catasto,  ordinato  l'ottimo  istituto  dei  cancellieri 
del  censo  ;  aveva  nelle  spese  obbligate  inscritto  sem- 
pre l'istruzione  primaria  e  il  servizio  medico  in  prò 
dei  poveri,  e  dato  infine  un  non  trascurabile  esempio 
di  associazione  spontanea  coU'istituto  dei  consorzi, 
difesa  e  nerbo  del  suo  vasto  sistema  idrografico»  (2). 
I  patrizi  avevano  pensato  che  coi  tedeschi  sarebbero 
tornati  i  privilegi  aristocratici  e  ne  presero  aria  e 
vanto,  fino  ad  istituire  un  Casino  dei  Nobili,  ma  certe 
rovine  fatte  dal  tempo,  non  si  possono  più  rialzare. 
Del  resto  era  difficile  creare  un'aristocrazia,  dove  da 
un  secolo  era  sancita  l'eguaglianza  in  faccia  alla 
legge,  dove  si  erano  aboliti  i  maggioraschi.  Milana 
però  ebbe  sempre  dei  ricconi  che  facevano  meravi- 
gliare i  forastieri  colla  loro  principesca  sontuosità  ed 
il  nomignolo,  divenuto  popolare,  di  Cà  Litta,  ne  è 
una  prova  ;  ma  dopo  l'occupazione  francese  e  le  nuove 
leggi,  alla  cordialità  ed  alla  socievolezza  era  suben- 
trata la  circospezione,  e  cessò  pure  nei  ricchi  quel  te- 
nere tavola  imbandita  a  conoscenti  ed  a  raccoman- 
dati,  specie  nelle  prolungate  villeggiature. 


a 


ROMUSSI.  —  Milano  che  sfugge. 

Massarani.  —  Studi  di  politica  e  di  storia,  pag.  430. 


—  17  — 

Pochissimi  poi  davansi  alla  milizia  ed  alla  prela- 
tura ;  non  distratti  dalle  preoccupazioni  politiche, 
ognuno  attendeva  personalmente  ai  propri  interessi 
con  una  certa  abitudine  d'ordine  e  le  campagne 
Ideila  Brianza  e  del  Varesotto,  non  si  popolavano  solo 
per  la  delizia  della  villeggiatura,  ma  anche  pei  la- 
vori dei  campi,  giacché  correndo  poche  carte  pubbli- 
che  ed  azioni  industriali,  poco  si  praticavano  i  giuo- 
chi di  borsa,  e  chi  teneva  denaro,  volontieri  lo  inve- 
stiva in  terreni,  o  lo  poneva  nel  commercio. 

La  principale  attività  si  esercitava  nel  traffico  delle 
sete,  di  cui  Milano  era  l'emporio  :  si  esportava  per 
7  milioni  e  mezzo  dì  libbre  di  greggia  e  tre  e  mezzo 
di  torta,  oltre  quella  che  consumavasi  in  luogo,  ca- 
vandone un  valore  di  oltre  im  centinaio  di  milioni. 

Quanto  a  beneficenza,  fu  il  6  giugno  del  1825  che 
si  sciolse  la  Congregazione  di  Carità  e  vi  subentrò 
l'Anmiinistrazione  dei  Luoghi  Pii  Elemosinieri,  dove 
furono  concentrate  tante  beneficenze  per  18  milioni. 
Essa  erogava  annualmente  un  milione  e  200  mila  lire 
in  sussidi,  doti,  pensioni  a  vedove  e  studenti  ;  e  si 
calcolava  che  avesse  un  capitale  di  54  milioni. 

Ora  ritorniamo  alla  stona  al  punto  in  cui  l'ha  la- 
sciata il  nostro  Cusani  (i). 

Qualche  giorno  prima  che  l' Imperatore  Francesco 
lasciasse  la  città,  era  morto  quasi  improvvisamente  il 
generale  conte  Bubna,  e  un  grande  servizio  funebre 
si  preparava  in  piazza  d'armi.  Il  vestibolo  del  pulvi- 
nare della  nostra  Arena,  era  stato  trasformato  in  cap- 
pella ardente  con  sontuosi  addobbi,  che  maestosi 
scendevano  a  coprirne  le  pareti  ed  i  pilastri. 

(0  Vedi  voi.  Vili,  Cap.  XLVITI. 

GiANETTi.  Cronistoria.  2 


—  i8  — 

Tutto  il  presidio  aveva  formato  un  grande  qua- 
drato, che  si  estendeva  sul  largo  della  piazza:  era 
pure  stato  eretto  un  grande  mausoleo  a  foggia  di 
piramide  nel  cui  basamento  furono  praticate  quat- 
tro porte  che  mettevano  nell'interno  della  cella  illu- 
minata da  lampade  sepolcrali  :  qui  fu  deposto  il  fe- 
retro. Fiancheggiavano  il  grandioso  catafalco  tripodi 
formati  di  fucili,  pistole  e  lancie.  Il  disegno  era  del 
scenogfrafo  Sanquirico,  colui  che  aveva  pure  eseguito 
il  progetto  per  gli  addobbi  in  occasione  dell'entrata 
dei  Sovrani  (i). 

Alla  cerimonia,  oltre  il  fratello  deir  Imperatore 
Francesco  Carlo,  assisteva  lo  Stato  Maggiore  del  pre- 
sidio. 

Compiuto  Tufficio  divino,  il  sacerdote  funzionante 
e  tutti  gir  intervenuti,  seguirono  il  feretro  al  Campo- 
santo di  Porta  Renza  (ora  Venezia)  dove  la  salma 
riposava  in  un  gran  tumulo  di  pietra  su  cui  leggevasi 
la  parola  BVBNA. 

La  vita  di  questo  generale  si  volle  compendiare  in 
una  breve  iscrizione,  che  sarebbe  pur  bella,  se  oltre  la 
dizione,  avesse  avuto  il  merito  d'essere  veritiera  ;  ec- 
cola : 

Comes  berdtnandus  Buòna  in  Regno  Longobardo 
Supremum  copìarum  dux-Civis  integer,  —  In  bello 
f  Ortis.  —  Moderator.  —  Sapiens. 

Otto  mesi  dopo  il  nostro  scultore  Pompeo  Marchesi 
ne  esegui  il  busto  in  marmo. 

Circa  questo  conte  generale,  ricordi  il  lettore  esser 
stato  quello  che  a  Modena  scherniva  il  re  Carlo  Al- 
berto, il  quale  si  presentava  a  suo  zio  Carlo  Felice, 


(i)  Il  Vallardi  pubblicò  alcune  incisioni  relativamente  a 
questi  funerali  nel  I.  tomo  della  Italia  nei  cento  anni. 


—  19  — 
dopo  essere  stato  obbligato  a  ritirare  le  franchigie 
concesse  al  Piemonte,  quale  luogotenente  del  re  :  tro- 
vandosi presso  il  duca  l'aveva  salutato  qual  re  d*  I- 
talia:  e  chi  avrebbe  detto  che  questo  motto  appunto 
doveva  avverarsi  pel  figlio  Vittorio  ! 

La  morte  improvvisa  di  Bubna  aveva  destato  qual- 
che dispiacere  fra  i  lombardi,  per  quanto  poco  potes- 
sero dimenticare  le  aspre  e  severe  misure  di  che  fece 
uso  nella  nostra  città.  Un  lungo  soggiorno  in  Italia 
l'aveva  posto  in  grado  d'imparare  a  conoscere  il  ca- 
rattere e  i  desideri  della  nazione  ed  escogitare  i  mezzi 
onde  estirpare  il  germe  di  un  legittimo  malcontento  ; 
anzi  alcuni  giorni  prima  che  l'imperatore  giungesse 
a  Milano,  il  generale  aveva  annunciato  delle  riforme, 
che  gli  cagionarono  personali  dispiaceri.  Egli  fin  dal- 
l'anno precedente  aveva  incaricato  segretamente  al- 
cuni uomini  di  merito  di  compilare  un  progetto  di 
costituzione  del  regno  Lombardo- Veneto,  ma  desso 
non  incontrò  le  simpatie  della  Camera  Aulica  e  non 
se  ne  parlò  altro,  (i) 

Ora  il  viaggio  imperiale  aveva  avuto  qualche  scopo 
politico?  Il  diario  milanese  smentisce  quanto  dai  fo- 
gli esteri,  specie  francesi,  si  vorrebbe  asserire  ;  in 
ogni  modo  è  noto  che  durante  il  suo  soggiorno  a  Mi- 
lano, e  precisamente  il  28  maggio,  fu  conchiusa  una 
convenzione  col  re  delle  Due  Sicilie  sulla  durata  di 
un  corpo  di  truppe  austriache  in  quel  regno  e  sulla  de- 


(i)  La  tomba  del  Bubna  rimase  fino  a  qualche  anno  fa 
nello  squallido  ed  ora  distrutto  cimitero  di  S.  Gregorio  ; 
quindi  le  sue  spoglie  furono  secondo  il  desiderio  dei  super- 
stiti mandate  in  Boemia.  Lo  Stendhal  dà  di  questo  ^ene- 
rale  il  seguente  giudizio  :  Cesi  un  homme  très-fin  qut  a  le 
secret  de  se  faire  bien  vouloir,  tout  en  étant  le  chef  4^  fa 
tyramnie  "étrangère. 


—    20   — 

terminazione  della  forza  del  medesimo.  Tale  docu- 
mento reca  la  firma  di  Fiquelmont  per  TAustria  e  del 
cav.  Medici  pel  re  delle  Due  Sicilie.  Fu  pure  durante 
questa  permanenza  che  si  pensò  di  stendere  un  piano 
relativamente  all'istituzione  delle  guardie  forestali 
(7  giugno). 

Inutile  dire  delle  feste  che  si  fecero  a  Monza  ed  a 
Como  per  la  venuta  delFimperatore,  delle  visite  fatte 
al  tesoro  monzese,  agli  stabilimenti  industriali  ;  i 
giornali  d'allora  sono  pieni  di  spudorate  adulazioni 
verso  chi  ci  teneva  schiavi.  Potremmo  pure  citare  che 
nella  illuminazione  del  lago  e  dei  colli  circostanti  a 
Como,  molte  di  quelle  ville  si  distinsero,  diremo  'ora 
l^er  sentimenti  reazionari,  ma  temeremmo  di  offendere 
i  nipoti  di  quei  patrizi  eredi  del  loro  nome  e  delle 
loro  ricchezze  ;  ci  basta  accennare  come  tanto  era  Vaf- 
ietto,  o  forse  il  desiderio  di  ottenere  qualche  conces- 
sione, che,  malgrado  alcune  città  fossero  state  trala- 
sciate nell'itinerario,  si  facessero  premura  di  mandare 
Commissioni  per  felicitare  i  Sovrani,  cosi  avvenne  di 
Sondrio  (Valtellina)  dove  il  municipio  incaricò  uffi- 
cialmente alcune  persone  che  si  recassero  a  Como  per 
umiliare^  era  il  vocabolo  prediletto,  gli  omaggi  di 
quella  città.  E  piìi  tardi  il  P.  M.  Rusconi,  professore 
di  disegno  nella  scuola  di  quella  città,  pubblicò  una 
ode  stata  scritta  per  la  sperata  venuta  dell'impera- 
tore ;  anzi  nella  nuova  piazza  che  si  stava  allora  co- 
struendo, Sondrio  volle  a  perenne  memoria  erigere  un 
monumento  per  il  sospirato  e  non  compiuto  avvento  ; 
non  sappiamo  se  esso  esista  ancora. 

A  pascere  la  vanità  di  coloro  che  si  distinsero  nelle 
costosissime  feste  e  che  maggiormente  avvicinarono 
la  coppia  imperiale  a  Milano,  Francesco  fu  Jargo  di 


—    21   — 

parecchie  onorificenze^  e  perchè  la  storia  possa  tener 
conto  anche  di  esse,  notiamo  le  principali 

Fu  conferito  Fordine  del  toson  d'oro  al  conte  Gil- 
berto Borromeo,  la  gran  croce  al  conte  Alfredo  Casti- 
glioni,  la  piccola  croce  al  conte  Febo  d'Adda  (i)  ed  a 
Marsilio  Ben^oni  ;  Tordine  della  Corona  d' Italia  al 
cardinale  arcivescovo,  al  governatore  Strassoldo,  al 
marchese  Luigi  Gagnola  ed  all'abbate  De  Cesaris, 
astronomo  dell'Osservatorio  di  Brera.  Furono  pure 
nominati  ciambellani  il  duca  Visconti  di  Modrone,  il 
marchese  Muzio  Pallavicini  ed  il  conte  Gabriele  Verri. 

Né  solo  vennero  favoriti  gli  uomini,  ma  si  solle- 
ticò ancora  la  vanità  femminile  ed  un'ondata  di  donne 
entrò  a  far  parte  delle  dame  di  palazzo.  Furono,  la 
contessa  Leopolda  Armoni,  nata  Cicogna,  la  marchesa 
Francesca  Gagnola,  nata  d'Adda,  la  marchesa  Leo- 
polda d'Adda,  nata  Kevenkiiller-Metsch,  la  duchessa 
Camilla  Litta,  nata  Lomellini,  donna  Maria  Maineri 
Andreani,  la  marchesa  Lucia  Pallavicini,  nata  Ala- 
Ponzoni,  la  contessa  Francesca  Scotti,  nata  Guerrieri, 
la  contessa  Vincenza  Verri,  nata  Melzi,  la  duchessa 
Maria  Visconti  Modrone,  nata  KewenkuUer-Metsch. 

Anche  i  poveri  non  furono  tralasciati,  e  quantunque 
la  cifra  regalata  non  rappresentasse  che  una  piccolis- 
sima frazione  di  quanto  Milano  aveva  speso  (2),  pure 
dalla  sovrana  munificenza  vennero  destinate  in  ele- 
mosina 60  mila  lire  austriache. 

Lasciata  Como,  la  coppia  imperiale  fu  a  Bergamo, 


(1)  II  Cantù  nella  sua  cronistoria  lo  chiama  un  onesto 
uomo,  ma  debole  ed  incapace  di  non  volere  cosa  che  vo- 
lesse il  padrone. 

(a)  La  sola  festa  datasi  al  teatro  alla  Scala  importò  la 
spesa  di  L.  52.302,81.  La  Garnerin  nella  sua  ascensione  in 
pallone  pretese  11.500  lire.  —  Arch.  Civico  Cart.,  19. 


—  22  -- 

Brescia,  Mantova,  quindi  a  Legnago  ed  a  Venezia  ; 
dappertutto  feste,  luminarie,  spettacoli  di  gala,  ban- 
chetti, profusione  di  denaro. 

Mentre  però  l'imperatore  riedeva  alla  sua  resi- 
denza, qualche  nube  vagava  ancora  per  Tltalia  ;  era 
la.  Società  dei  Pellegrini  Bianchi,  cui  abbiamo  accen- 
nato più  indietro  passando  in  rivista  le  società  se- 
grete. Inutile  il  dire  che  a  Vienna,  appena  se  ne 
ebbe  sentore,  si  eccitarono  gli  Stati  formanti  quello 
stivale  a  piti  colori,  sì  ben  descritto  dal  poeta  pescia- 
tino,  perchè  si  ricercassero  e  fossero  arrestati,  ciò  che 
avvenne  appunto  a  Roma,  qualche  tempo  dopo  la  par- 
tenza del  monarca. 

Sono  curiosi  alcuni  particolari  intomo  a  questa 
setta  di  nome  così  strano.  Per  darne  un'idea  al  lettore, 
ecco  una  nota  diretta  dalla  Segreteria  di  Stato  della 
Polizia  generale  a  S.  E.  il  barone  Frimont,  principe 
di  Antrodoco,  generale  capo  dell*  I.  R.  armata  au- 
striaca a  Napoli. 


tEccelletiBa, 

t  Sull'arresto  dei  nuovi  settari  di  cui  ebbi  già  l'onore 
di  darle  notizia,  non  ometto  di  parteciparle,  giusta  la 
promessa,  alcuni  cenni  delle  particolarità  essenziali, 
che  riguardano  gli  arrestati. 

t  Essi  sono  undici,  colpiti  dall'imputazione  di  for- 
mar parte  di  nuova  società  criminosa  col  nome  di 
patriotti  europei,  ossia  Pellegrini  Bianchi. 

«Presso  ai  medesimi  la  polizia  ha  sequestrato  di- 
versi oggetti  settari,  sec(yndo  la  seguente  descrizione  : 

«  Uno  aveva  due  f  ascie  tricolori,  cioè  rosso,  celeste 
e  nero,  avente  all'estremità  una  coccarda  nera  e  nel 


-  23  — 

centro  lo  chantillon  (sic)  di  metallo  bianco  ;  un  dia- 
logo del  primo  grado  della  setta  ;  le  formolo  dei  giu- 
ramenti. 

cUn  altro,  congiunto  e  coabitante  col  primo,  rite- 
neva i  rimasugli  delle  f  ascie  suddette  ;  un  somigliane 
to  chantilloHr  una  croce  di  pietrina  rossa,  con  pietra 
simbolica  nel  centro,  una  spilla  con  segni  settari,  dei 
peaizi  di  carta,  anche  con  segni  e  parole  allusive  non 
meno  alla  setta  che  ad  alfre  prescritte  unioni. 

€  Il  terzo  era  detentore  di  una  croce  di  legno,  rozza- 
mente lavorato,  con  purità  di  ferro  sotto  al  piede,  col- 
tello ad  un  taglio  con  roderò,  uno  sgabello  con  goc- 
ciole di  cera. 

e  Erano  presso  a  due  altri  rispettivamente,  uno  stile 
con  fodero,  una  pistola  carica  a  palla  e  con  pietra  fo- 
caia, de'  cartocci  a  polvere  nitrata  e  dei  proiettili  di 
piombo. 

€  Si  sorprese  ad  un  altro  nel  dito  medio  un  anello 
d^acciaio  con  piccolo  bassorilievo  al  disopra,  ove  si 
veggono  incise  le  lettere  5.  B, 

cFu  riconosciuta  nell'abitazione  di  un  altro  l'esi- 
stenza di  controfoderi  di  burs,  (sic)  appositamente 
fatti  per  l'occultazione  di  oggetti  settari,  e  di  un  cro- 
cifisso. 

€  Presso  a  due  coniugi  si  sequestrarono  un  bastone 
con  lama  di  ferro  e  due  libri  della  Costituzione  della 
Repubblica  romana  emanata  nel  1798. 

«  Infine  in  casa  di  due  donne  si  rinvennero  quattro 
disegni  del  sole,  per  uso  della  indicata  setta. 

cGli  ometti  dinotati  coincidono  precisamente  colle 
nozioni  preliminari,  che  si  erano  raccolte  dalla  poli- 
zia, cosi  per  la  rispettiva  detenzione,  come  per  l'uso 
che  ne  facevano  i  settari. 

t  Quando  la  polizia  ebbe  i  primi  indizi,  non  altro 


-  24  ~ 
potè  impiegare  che  un'accorta  vigilanza,  perchè  trat- 
tavasi  di  meri  sospetti.  Seguendo  con  circospezione 
l'andamento  di  tali  individui,  appena  riusci  di  rac- 
cozzare le  notizie,  che  poi  Thanno  condotta  a  questa 
operazione 

e  I  risultati  che  hanno  prodotto  Tassicurazione  le- 
gale di  tanti  oggetti  settari,  già  offrono  l'impronta  in- 
n^abile  del  corpo  del  delitto,  ossia  stabiliscono  la 
prova  generica,  da  cui  emana  il  primo  elemento  della 
reità  di  ciascuno. 

«L'istruzione  del  processo  poi,  che  fo  accelerare 
colla  maggior  premura,  presenterà  il  compimento 
della  convinzione,  onde  sottoporsi  gli  accusati  al  giu- 
dizio della  Commissione  Militare,  a  cui  per  legge 
compete  il  riconoscimento  di  somiglianti  reati. 

«Mi  prevalgo  di  questa  opportunità  per  attestare 
a  V.  E.  i  sentimenti  della  più  alta  stima  e  considera- 
zione. 

Il  ministro  segretario  di  Stato  della  Polizia  gene- 
rale. 

«firmato  Intonti  (i).» 

In  seguito  a  questi  fatti,  si  richiamarono  in  vigore 
alcune  misure  repressive,  che  per  quanto  dessero  poco 
nell'occhio  del  popolo,  vi  comprendeva  però  chi  leg- 
gesse fra  quelle  righe  di  color  oscuro.  E  primo  fu 
una  multa  speciale  di  lire  tre  per  ogni  lettera  illegit- 
timamente trasportata  da  persone  non  appartenenti 
all'amministrazione  delle  IL  RR.  Poste,  anzi  vi  si 
aggiungeva  che  la  persona  colta  in  flagrante,  doveva 
oltre  la  multa,  pagare  la  tassa  di  porto  spettante  a  te- 
nore della  relativa  tariffa,  a  ciascuna  lettera,  e  l'ufficio 

(i)  Carte  segrete,  voi.  L 


-es- 
postale sarebbe  obbligato  di  accusarne  ricevuta  Sul- 
l'indirizzo delia  missiva  Affine  poi  di  poter  adescare 
il  consueto  stuolo  di  spie,  la  notiUcazione  governativa 
conchiudeva,  che  l'importo  delle  multe  si  devolveva 
per  metà  all'Amministrazione  delle  Poste,  per  l'altra 
al  denunziant& 

Altra  misura  restrittiva  fu  presa  relativamente  alla 
stampa,  e  cioè  si  vietò  di  stampare  all'estero  qualtm- 
qua  scritto  che  non  avesse  riportato  la  preventiva  ap- 
provazione della  censura,  e  tale  divieto  si  estese  pure 
agli  atti  delle  cause,  ad  articoli  o  lettere  che  si  voles- 
sero inserire  nei  giornali  stranieri. 

A  maggiore  schiarimento  ed  a  miglior  conferma 
della  restrittività  della  legge,  si  aggiunse  che  la 
pubblicazione  anche  litografata  di  un'opera  stampata, 
doveva  essere  considerata  come  una  ristampa  di  opera 
vietata  e  trattata  quindi  nello  stesso  modo. 

Come  il  lettore  può  vedere  la  prima  parte  di  que- 
sta disposizione  era  affatto  ridicola  ;  chi  mai  avrebbe 
pensato  di  ottenere  il  visto  della  censura  per  un 
articolo  od  un  lavoro,  che  dovea  stamparsi  fuori  del 
Lombardo  Veneto?  Se  era  pubblicato  all'estero,  ciò 
facevasi  appunto  perchè  non  si  potevamo  non  si  sa- 
rebbe permesso  nei  domini  austriaci. 

Altra  restrizione  riguarda  il  porto  d'armi.  In  ge- 
nerale, all'epoca  in  cui  siamo  con  questa  storia,  esso 
era  concesso  facilmente  ;  forse  il  soverchio  numero  di 
malviventi  che  giravano  per  le  strade,  specie  i  not- 
tambuli, avevano  spinto  il  Governo  ad  essere  un  po' 
largo,  ma  dopo  i  fatti  raccontati,  un'ordinanza  go- 
vernativa (i  I  novembre)  dispose  che  il  detentore  di 
armi,  il  quale  avesse  commesso  qualche  ferimento,  do- 
vesse, subita  la  pena  criminale  che  gli  era  inflitta,  es- 
ser consegnato  per  l'ulteriore  procedimento  all'auto- 


—  26    - 

rità  incaricata  di  punite  la  contravvenzione  ;  e  questa 
autorità  nella  applicazione  della  prescritta  pena  le- 
gale, doveva  aver  riguardo  non  solo  alla  durata,  ma 
anche  al  grado  di  rigore  della  pena  già  sofferta  dal 
reo,  specie  se  trattavas'  di  armi  proibite. 

I 
E  tutte  queste  misure  di  repressione,  erano  coperte 

dal  manto  religioso.  Dopo  qualche  tempo  infatti,  del 

ritomo,    rimperatore   ammalò    leggermente    a    Pre- 

sburgo  :  si  fecero  preghiere  per  ottenergli  la  salute  e 

si  cantarono  tedeunt  per  la  sua  gfuarigione. 

Una  grande  solennità  chiesastica  avvenne  pure 
nella  nostra  città  verso  la  metà  di  quel  novembre  ; 
fu  il  ristabilimento  dei  padri  Barnabiti  nelle  loro  an- 
tiche case  di  Milano  e  di  Monza,  con  dichiarazione 
esplicita  che  il  vero  scopo  del  concesso  ristabilimento, 
fosse  la  coltura  (educazione)  della  gioventù  e  che  a 
questa  dovevano  applicarsi  tostoche  riconosciuta  re- 
sistenza di  un  sufficiente  numero  di  abili  Membri^ 
S.  A/,  crederà  bene  di  commettere  loro  alcuni  stabili- 
menti distruzione  o  di  educazione  (i). 

Per  l'imponente  cerimonia  fu  scelta  la  chiesa  di 
S.  Alessandro,  che  l'imperatore  ridonava  all'orbine 
unitamente  al  locale  della  parrocchia. 

(i)  Il  ristabilimento  di  questa  corporazione  religiosa  era 
già  stata  preconizzata  dal  nostro  poeta  vernacolo  Carlo 
Porta  in  una  terzina  di  un  canto  a  don  Rocch  Tajana  in 
data  19  ottobre  18 18  : 

Se  dis  che  hin  quatter  i  corporazion 
Che  tornaran  in  flora  come  prima, 
Barnabita,  Somasch  0  Oblat.... 

Il  prof.  Mocchetti  di  Como  che  impareremo  a  conoscere 
nel  corso  di  quCvSta  storia,  scrisse  sotto  il  pseudonimo  di  Fi- 
larctc  Larionse  un'epistola  in  versi  a  questo  proposito. 
Vedi  Bib.  Amb.  opuscoli  poetici. 


-  27  — 

L'Arcivescovo,  che  aveva  avuto  gran  parte  in  que- 
sto affare,  fu  ricevuto  all'ingresso  del  tempio  sfarzo- 
samente addobbato,  da  quei  sacerdoti  ed  accompa- 
gnato all'aitar  maggiore.  Quivi  dopo  qualche  ora- 
zione, sedette  sul  trono  preparato,  intomo  al  quale 
in  bella  corona  si  disposero  i  religiosi  di  S.  Paolo. 
Il  cancelliere  arcivescovile  lesse  l'atto  di  ripristina- 
mento,  cui  tenne  dietro  una  breve  allocuzione  del  Car- 
dinale, quindi  l'arciprete  cantò  Messa,  dopo  di  che 
seguì  il  tedeum  e  la  benedizione  ;  inutile  aggiungere 
che  anche  il  Capitolo  metropolitano  vi  assisteva  in 
forma  solenne. 

La  chiesa  era  stipata,  e  moltissimi  appena  pote- 
rono vedere  la  cerimonia  dai  gradini  e  dalla  piazza. 
Mantenevano  l'ordine  gli  allievi  del  collegio  mili- 
tare di  S.  Luca.  Nella  sera  una  brillante  luminaria 
cui  concorsero  largamente  i  parrocchiani  mise  un  po' 
di  movimento  n€;lla  città. 

Ecco  riscrizione  che  leggevasi  esternamente  sulla 
porta  del  tempio  : 

DEO    VIVIFICATORI    ìETKINUM    VIVENTI 

FRANCISCUS  I  MAXIMUS   C(ESARUM 

CUIUS  PRIMA  IMPERANDI  LEX  RELIGIO 

KAROL.  CAIET  DE  GAISRUCK  CARD.  ARCH.  INCOMPARABILI  STUDIO 

AMPLISSIMORUM  REGNI  PROCERUM  MAGNIFICORUMQUE  CIVIUM  VOTIS 

QUAM  LUBENTISSIME  OBSEQUNTUS 

'ORDINEM  CLERICORUM  REGULARIUM  A  S.  PAULO 

JAMPRIDEM   M^RENTIBUS   BONIS   EXTINCTUM 

IBIDEM   NOV.   ANNI   M.DCCC.XXV 

VELUTI    EX    FUNERE     EXCITAVIT 

AC.    MEDIOLANI  MODICLE  ANTIQUIS  IN  EDIBUS   RESTITUERIT 

REA^VISC^NTES  EIUSDEM  ORDINIS  SODALES 

GRATIARUM  AGENDUM  ERGO 

SOLEMNIA 

TOTO   EX   ANIMO  PLAUDENTE   CIVITATE. 

G.    P.    B.     (l). 

(i)  A  Dio  vivente,  vivificatore,  eterno  —  Francesco  I 


-28- 

E  ci  rincresce  di  questo  sproloquio,  che  il  buon 
Barnabita,  forse  il  Padre  Giuseppe  Perabò,  che  al- 
lora appunto  fungeva  da  Superiore  di  quell'ordine, 
abbia  voluto  fare  del  cardinale  Arcivescovo,  poiché 
è  constatato  che  il  merito  maggiore  di  questo  ripri- 
stinamento  è  dovuto  all'opera  del  conte  Gian  Maria 
Andreani,  precisamente  abitante  in  quel  palazzo  sul 
corso  dell'attuale  Porta  Vittoria,  che  trovasi  in  an- 
golo di  via  Guastalla. 

Egli  infatti,  a  tutte  sue  spese  aveva  fatto  acquisto 
della  chiesa,  e  del  convento  di  S.  Barnaba. 

Notiamo  una  nuova  disposizione  circa  i  feudi. 

Questa  legge,  che  si  riteneva  messa  nel  dimentica- 
toio, venne  richiamata  a  vita,  ed  una  disposizione  go- 
vernativa emanata  verso  la  metà  di  ottobre,  avvisava 
tenersi  obbligo  di  denuncia  i  possessori  di  beni  o 
redditi  provenienti  da  dotazioni,  o  donazioni  fatte 
dal  Principe,  le  quali  sieno  di  lor  natura  riversibili 
allo  Stato  ;  più  quelli  che  posseggono  beni  o  redditi 
procedenti  da  investiture  a  titolo  di  feudo  e  sub- 
feudo, concesse  da  Vescovi  o  dalle  Curie  ecclesia- 
stiche...., i  possessori  di  beni  vincolati  a  feudo  impro- 
prio o  censo  feudale,  o  per  altri  titoli,  sottoposti  al 
diretto  dominio  o  riversibilità  allo  Stato...  Avverte 
poi  che  le  denunzie  dovranno  essere  presentate  all'I. 

massimo  cesare  —  cui  religione  è  prima  legge  d'impero  — 
per  opera  deirincomparabilc  arcivescovo  Carlo  Gaetano 
di  Gaisruck  —  pei  voti  dei  cittadini  e  dei  patrizi  che  seguì 
di  buon  grado  ;  —  l'ordine  dei  chierici  regolari  di  S.  Paolo 
—  da  tempo  pianto  estinto;  nella  stessa  città  il  novembre 
del  1825  —  quasi  da  morto  risorto  —  restituì  alle  antiche 
sedi  di  Milano  e  di  Monza  —  tornando  a  vita  i  sodalizi 
dello  stesso  ordine  —  esultante  la  città  —  rende  solenni 
ringraziamenti. 


-   29  — 

R.  Governo  o  alle  RR.  Delegazioni  delle  rispettive 
Provincie,  corredandole  dei  voluti  documenti. 

In  caso  di  mancanza,  o  di  ritardo,  si  dichiarano 
fin  d*ora  applicabili  ai  contravventori  le  sanzioni 
portate  dalla  patente  3  maggio  181 7. 

Chiudiamo  questo  primo  capitolo  colFaccenno  alla 
venuta  del  poeta  Leopardi  nella  nostra  città 

Era  stato  chiamato  dal  tipografo  Stella  per  valer- 
sene in  certe  edizioni  di  classici,  che  si  volevano 
stampare.  Aveva  soli  27  anni.  Lo  Stella  aveva  già 
fin  dal  1816,  pubblicato  diversi  suoi  lavori  nello 
Spettatore. 

Quando  gli  fece  l'invito  di  venir  a  Milano,  ed. of- 
ferto il  vivere  in  casa  sua,  Giacomo  gli  rispose  che 
«  sperava  di  trovare  in  lui  e  nella  sua  famiglia  que- 
gli affettuosi  e  cari  amici  che  gli  prometteva.  Che  dal 
canto  suo  avrebbe  trovato  un  cuore  sincero,  retto, 
sensibile  e  capace  di  amicizia  vera  e  tenace  »  ;  dice 
poi  d'aver  scritto  a  Roma  per  avere  il  passaporto 
dall'ambasciata. 

Ottiene  dal  padre  il  permesso,  ma  a  Bologna  ne 
è  quasi  pentito,  essendo  stato  ricevuto  da  certo  avvo- 
cato Brighenti,  amico  della  famiglia,  presso  cui  ebbe 
a  vedere  la  figlia  Maria  abile  nella  musica,  nel  canto 
e  gentile,  simpatica,  ma  un  corrispondente  dello 
Siella  gli  fa  presente  quanto  sarebbe  rincresciuto 
air  editore  la  sua  mancanza  di  parola,  e  si  ras- 
segna. Arriva  a  Milano  il  30  luglio,  e  la  città 
fa  subito  al  Leopardi  un'impressione  sfavorevole; 
lo  dice  in  una  sua  lettera  al  fratello  Carlo.  Poco 
piii  di  qualche  mese  dopo  si  ricrede,  e  la  descri- 
zione si  modifica.  I  suoi  lavori  letterari  dallo  Stella 
si  limitano  però  a'  poco,  riducendosi  nel  combinare 


-  30  - 

gli  elementi  di  un'edizione  latina  e  di  una  latina- 
italiana  di  tutte  le  opere  di  Cicerone,  ma  dice  che 
non  vi  è  città  peggiore  di  Milano,  meno  studiosa  del- 
l'antichità.... 

Il  Leopardi  conobbe  il  Monti,  ed  andò  a  trovarlo 
in  via  S.  Giuseppe  :  còsTchè  scrivendone  ad  Antonio 
Papadopoli,  da  cui  aveva  avuto  incarico  di  salutarlo, 
dice  che  il  poeta  lo  vide  molto  benignamente,  e  gli 
diede  licenza  di  venire  a  trovarlo  spesso. 

Il  Leopardi  lasciò  ne  suoi  Pensieri  di  varia  filo- 
sofia  e  di  bella  letteratura  un  giudizio  molto  severo 
del  Monti  (i).  E*  curioso  però  come  il  Recanatese, 
che  alcuni  anni  prima  era  stato  notato  sul  libro  nero 
della  polizia  per  la  canzone  ad  Angelo  Mai,  non  ab- 
bia avuto  disturbi  durante  il  suo  soggiorno  a  Milano. 
Qui  aveva  pure  pubblicato  le  sue  Operette  morali 
che  si  leggevano  due  anni  dopo  insieme  ai  Promessi 
Sposi.  S'ignora  però  in  qual  punto  della  città  abbia 
dimorato  il  Leopardi,  a  meno  che  lo  Stella  in  Santa 
Margherita  oltre  la  bottega  vi  avesse  anche  l'abita- 
zione. 


(i)  Tutte  le  opere  letterarie  d'oggidì  sono  inanimate, 
esangui,  senza  moto,  senza  calore,  senza  vita  (se  non  al- 
trui). Il  più  che  si  possa  trovar  di  vita  in  qualcuno,  come 
in  qualche  poeta,  è  un  poco  d'immaginazione.  Tale  è  il 
pregio  del  Monti.  (Firenze  1898,  II  volume,  pag.  152). 


18d6. 

CAPITOLO    II 


Caduta  di  Missolungi.  —  Lq  cartelle  del  debito  pub- 
blico. —  Edilizia.  —  Lo  stato  pontificio  ed  i  ducati.  — 
Malattia  e  guarigione  dell'imperatore.  —  Nascita  di 
un  arciduca.  —  Il  Carfus  Domini,  —  Istruzione.  — 
Un  ricordo  di  giovinezza.  —  Stampa.  —  Spettacoli.  — 
Ancora  Metternich.  —  Il  Viceré.  —  La  polizia.  — 
Tullio  Dandolo  ed  altri.  —  Lo  spirito  pubblico  —  Ne- 
crologio. 

La  cronaca  degli  avvenimenti  di  quest'anno  è  as- 
sai arida.  Nessuna  novità  in  politica,  se  ne  togli  la 
caduta  di  Missolungi,  ma  essa,  almeno  apparente- 
mente, non  fece  alcun  colpo  sui  cittadini,  quantun- 
que è  da  supporre  che  anche  i  milanesi  nutrissero  se- 
grete simpatie  per  la  Grecia,  e  che  forse  qualcuno 
anche  dei  nostri,  si  trovasse  tra  le  file  dei  combat- 
tenti. 

Nel  Lombardo-Veneto,  affine  di  accaparrarsi  il  fa- 
vore dei  capitalisti,  il  Governo  aveva  messo  un  po' 
d'ordine  al  debito  dello  Stato,  specie  alle  Cartelle, 
così  dette  del  Monte,  le  quali,  malgrado  il  prezzo 
tutf  altro  che  basso,  in  cui  si  trovavano  allora,  rap- 
presentavano una  rendita  sicura,  cosicché  anche  per 
consiglio  governativo,  che  in  seguito  si  tramutò  in 


~    32   — 

ordine,  in  esse  erano  impiegate  le  piccole  e  le  grandi 
sostanze  dei  minorenni,  e  degli  Istituti  di  beneficenza. 
Il  31  agosto  di  quest'anno,  lo  Stato  potè  mettersi 
in  grado  di  pagarne  gli  interessi,  con  quanto  contento 
dei  nostri  babbi,  ognuno  lo  può  immaginare. 

L'edilizia  potè  vantare  la  restaurazione  della  cap- 
pella della  Madonna  del  Carmine,  aperta  precisa- 
mente quest'anno  in  occasione  della  solennità  del  lu- 
glio, che  fu  celebrata  con  pompa  straordinaria  e  si 
vagheggiava  pure  la  speranza  della  erezione  di  Porta 
Orientale  (Venezia)  essendosi  nel  giugno  bandito  un 
regolare  concorso. 

A  proposito  poi  di  novità  religiose  è  a  notarsi  la 
pubblicazione  del  Giubileo,  indetto  dal  nuovo  papa 
Leone  XII,  e  pubblicato  con  una  pastorale  del  nostro 
arcivescovo  Gaisruck,  poco  prima  della  festa  del- 
l'Annunciazione, la  quale  come  è  risaputo  ha  luogo 
con  speciale  solennità,  negli  anni  pari  in  Duomo  e 
nei  dfspari  all'ospedale,  accompagnata  in  quest'ul- 
timo dell'esposizione  dei  quadri  rappresentanti  i  be- 
nefattori dell'Istituto . 

Correva  appena  il  secondo  anno  del  pontificato  di 
quieto  papa,  la  prima  accoglienza  era  stata  più  che 
trcdda,  il  Pasquino  recava  volta  a  volta  satire  abba- 
stanza pungenti.  Una  mattina  tra  l'altre,  lo  si  vide 
che  teneva  sotto  le  ascelle  fascicoli  di  carte  :  si  leg- 
geva su  quelle  a  destra  ordini;  su  quelle  a  manca, 
contrordini;  in  capo  poi  ve  ne  erano  altre  colla  scritta 
coglionerie.  Un'  altra  satira  alludendo  allo  stato  ac- 
ciaccoso di  salute  di  sua  Santità,  la  statua  mutilata 
recava  questa  orazione: 

San  Pasquale  benedetto, 
Fa  che  il  Papa  dal  suo  letto. 
Ove  perse  l'intelletto 
Torni  presto  al  cataletto. 


-  33  - 

Pensi  ora  il  lettore  come  doveva  trovarsi  il  popolo, 
come  potevano  essere  governati  quegli  Stati  e  con 
quanto  mal  animo  potevano  ciò  vedere  le  potenze 
sottoscrittrici  dello  sbocconcellamento  dltalia. 

E  neppure  nei  vicini  Ducati  le  cose  camminavano 
meglio  :  dapertutto  freddezza  verso  i  governanti, 
anzi  nel  modenese  i  possidenti  erano  ridotti  a  tal  se- 
gno da  offrire  le  proprie  derrate  in  natura,  in  paga- 
mento delle  pubbliche  imposte,  tante  erano  le  tasse 
da  cui  erano  gravati. 

L'imperatore  che  da  qualche  tempo  teneva  sospesi 
gli  animi  dei  cittadini  per  la  sua  salute  e  per  le  no- 
tizie poco  veritiere  che  provenivano  anche  dai  fogli 
esteri  (i)  era  guarito,  quindi  feste  religiose  e  baldorie. 

La  nostra  Congregazione  Municipale  fece  cele- 
brare nella  chiesa  di  b.  Celso  una  grande  festa  in 
rendimento  di  greizie,  cui  furono  invitate  le  autorità 
cittadine  e  governative.  Sulla  porta  della  chiesa  leg- 
gevasi  un  gran  cartello,  in  latino,  che  recava  questa 
epigrafe  : 

DEIPARiE   SIDERIBUS   RECEPTE 

TUTELA  DOMUS  AUSTRIACHE 

CUIUS   PRiESENTE   OPE 

FRANCISCUS  I   CiESAR   AUGUSTUS 

PARENS  PUBLICUS 

INGRAVESCENTIS     MORBI    DISCRIMINE 

EVASrr 

ORDO  POPULOS   QUE  KEDIOL. 

VOTORUM   COMPOTES 

SOLEMNES  GRATIARUM   ACTIONES. 

PERSOLVUNT 

CIVLTATE   UNIVERSA  IN  LìETITIAM. 

(i)  La  Quotidienne  del  5  giugno  recava  che,  lo  stato 
di  salute  indebolito  di  S.  M.  Timperatore  d'Austria,  ispi- 
GiANBTTi.  Cronittoria,  3 


-  à4  - 

Per  chi  desidera  sapere  come  mai  si  prescegliessè 
la  chiesa  di  S.  Celso,  risponderemo  una  volta  tanto, 
che  essa  aveva  la  protezione  speciale  del  Governo, 
anzi  più  tardi,  per  la  prosperità  di  casa  d'Austria  si 
istituì  una  novena  annuale. 

Ed  allegrie  più  o  meno  schiette  si  rinnovarono ^n- 
che  in  occasione  della  nascita  del  terzo  figlio  del  Vi- 
ceré, l'arciduca  Sigismondo,  nato  ai  primi  giorni  di 
quest'anno  e  battezzato,  lo  si  può  immaginare,  con 
tutto  il  lusso  che  richiedeva  la  famiglia,  nella  Cap- 
pella privata  di  Corte. 

E  feste  ancora  per  l'onomastico  imperiale  con 
grande  funzione  religiosa  in  Duomo,  spari,  riviste, 
spettacoli  di  gala  alla  Scala  ed  alla  Canobbiana. 

Chi  legge  le  descrizioni  di  quel  tempo,  troverà 
qualche  cosa  di  spettacoloso  anche  la  processione  cosi 
detta  del  Corpus  Domini,  per  lo  sfoggio,  che  le 
singole  parrocchie  facevano  in  tal  giorno  dei 
loro  arredi  e  de'  lor  paramenti  sacri,  precedendo  il 
baldacchino.  In  coda  a  questo,  sorretto  dai  più  il- 
lustri del  patriziato  lombardo  (i),  segui  vario  in  sma- 
glianti divise  ed  acconciature  il  Viceré  colla  sua  Casa, 
le  alte  Magistrature,  lo  Stato  Maggiore,  i  Trabanti, 
guardie  speciali  di  Corte,  armate  di  labarde  e  ve- 
stite bianco  ed  oro,  e  tutti  gli  impiegati  civili  e  gover- 
nativi. Ed  avverta  il  lettore  che  lo  spettacolo  di  questi, 
non  era  solo  il  veder  succedersi  una  sfilata  di  giubbe 
nere,  di  cravatte  e  di  guanti  bianchi  ;  ciascun  impie- 
gato recava  la  propria  uniforme  speciale,  più  o  meno 
decorata,  con  ricami  in  oro  od  argento  alla  baverina 


rava  timori,  ed  i  bollettini  medici  erano  di  un  tenore  al- 
larmante, facendo  prevedere  una  prossima  catastrofe. 

(i)  Le  persone  erano  designate  dal  governo  e   si    mu- 
tavano ad  ogni  tratto  di  via. 


-  35  ~ 

é<J  alle  maniche,  con  striscie  speciali  nei  pantaloni 
bianchi,  e  ciascuno  portava  al  lianco  il  suo  bravo  spa- 
dino, colFelsa  piti  o  meno  lavorata,  secondo  il  grado 
che  occupava  nella  scala  governativa.  Pensi  il  let- 
tore quale  effetto  teatrale. 

Un  gran  cartello  sulla  porta  maggiore  della  cat- 
tedrale, recava  le  frasi  più  altisonanti.  ìlcco  per 
esempio  quello  di  quest'anno  : 

BONI   SUCCEDITE   CIV^S 

DUMQUE    REX    REGUM 

DEUS    HOMO    MISTERUS    ABSCONDITUS 

ANNUO    SOLEMNI    RITU 

LATE    URBEM    PERLUSTRAT 

IO  CANITE  TRIUMPHE 

RAINERII     ARCHI  D.     PROREGIS     NOSTRI 

EXEMPLO     PIETATI 

OBSEQUENTES. 

E  il  percorso  di  questa  solenne  processione  era 
abbastanza  lungo  :  dalla  cattedrale  si  doveva  recare 
a  cantar  messa  a  S.  Ambrogio,  percorrendo  Fattuale 
via  Torino,  il  Carrobio  per  svoltare  poi  al  Torchio, 
S.  Bernardino  (ora  Lanzone)  e  piazza  S.  Ambrogio, 
ritornando  poi  per  altra  parte  in  Duomo.  Ciò  che 
attraeva  ancora  la  curiosità  dei  nostri  babbi,  era  il 
pesante  gonfalone  di  S.  Ambrogio,  sorretto  da  se- 
dici facchini  della  Palla,  nome  che  si  è  conservato 
ad  una  delle  vie  laterali  del  corso  Torino,  che  mette 
a  S.  Alessandro,  vestiti  del  costume  medioevale,  i 
quali  a  stento  si  facevano  largo  fra  una  ressa  di  po- 
polo che  da  tempo  aveva  occupato  il  lungo  passag- 
gio e  procurava,  colle  buone  o  colle  brusche,  di  man- 
tenerselo. 


-  36  ^ 

Si  aggiunga  che  le  vie  per  cui  doveva  transitare 
il  corteo  erano  addobbate  a  festoni  ed  a  fiori,  le  fine- 
stre ed  i  balconi  sfoggiavano  ricchi  tappeti  ed  erano 
stipate  di  gente  ;  al  monello  poi  ogni  mezzo  tornava 
buono,  pur  di  poter  godere  anche  lui  dello  spetta- 
colo :  pali,  impalcature  di  fabbriche,  alberi,  e  se  oc- 
correva prendeva  posto  su  qualche  tetto  tenendosi 
saldo  ai  comignoli. 

Lo  spettacolo  migliore  poi  si  godeva  sulla  piazza 
di  S.  Ambrogio,  dove  la  "musica  militare,  prover- 
biale per  la  sua  precisione  nell'esecuzione,  a  quando 
a  quando  rallegrava  il  pubblico  e  la  numerosa  truppa 
che  seguiva  armata,  qtiale  scorta  d'onore,  l'annuale 
processione  ed  al  comando  dei  capi,  eseguiva  sulla 
piazza  anche  salve  di  moschetteria  (i). 

(i)  Nel  fascicolo  13  e  seguenti  del  periodico  «  TEspo- 
sizione  Eucaristica  »  pubblicato  nel  1895,  trovasi  una  lun- 
ga monografìa  intorno  a  questa  processione,  elaborata  sui 
documenti  che  si  conservano  nell'archivio  municipale  di 
S.  Carpoforo.  Essa  dopo  aver  notato  il  cerimoniale  vera- 
mente splendido  colla  quale  aveva  luogo  durante  i  primi 
anni,  viene  mano  mano  accennandone  le  vicende  fino  al- 
l'anno 1865,  in  cui  una  nota  della  R.  Prefettura  in  data 
del  31  Maggio  di  quell'anno  la  sopprimeva.  Essa  è  di- 
retta al  Sindaco  ed  al  Capitolo.  Ecco  le  testuali  parole  : 

«  Mi  h  noto  che  sulla  domanda  delPapparatore  Guerra 
pel  collocamento  di  antenne  lungo  le  vie  della  città  per 
la  processione  del  Corpo  del  Signore,  l'on.  sig.  Sindaco 
propose  a  codesto  Ven.  Capitolo  Metropolitano  il  tema 
in  punto  alla  convenienza  di  circoscrivere  tale  funzione 
all'interno  del  tempio  cattedrale.  Quantunque  sia  facolta- 
tivo di  far  luog^o  all'andamento  anche  esterno  della  pro- 
cessione preindicata,  non  posso  non  valutare  i  motivi  dello 
avvisamento  espresso  dall'on.  sig  .  Sindaco  e  pregare  co- 
desto Ven.  Capitolo  Metropolitano  a  compiacersi  di  pon- 
derarli sotto  tutti  i  delicati  rapporti  che  vi  possono  essere 
attinenti. 

Il  cenno  di  riscontro  che  gradirò  dalla  compiacenza 
di  codesto  stesso  Ven.  Capitolo  Metropolitano,  varrà  di 
norma  per  le  disposizioni  di  prevenzione  che  sono  doman- 


•^  37  — 

Ed  il  clero  era  tenuto  in  gran  conto  dal  Governo, 
ne  è  prova  una  circolare  ai  parroci,  i  quali  sono  au- 
torizzati a  prevalersi  delle  Autorità  pubbliche^  onde 
obbligare  i  parrocchiani  renitenti  a  presentarsi  ai  me- 
desimi per  oggetti  concernenti  la  cura  d'anime. 

Giudicata  per  sé  stessa  la  cosa,  come  si  vede,  era 
un  menomare  la  libertà  individuale,  ma  chi  poteva 
parlare  di  libertà  sotto  il  regime  austriaco,  specie  al- 
lora che  da  poco  era  passato  sul  capo  dei  nostri  babbi 
quell'uragano  funereo,  come  lo  chiama  il  Barbiera, 
dhe  fu  il  processo  dei  Carbonari  ! 


La  istruzione  camminava  come  poteva  e  come  vo- 
levano i  nostri  padroni.  Fm  dai  primi  del  1826  una 
noti&cazione  governativa  vietava  che  i  figli  di  pa- 
recchi, che  non  godevano  la  nazionalità  austriaca,  po- 
tessero essere  ammessi  negli  istituti  del  regno,  senza 
una  permissione  speciale  dell'autorità  ;  un'altra,  e 
questa  era  forse  un  bene,  ordinava  che  ogni  scolaro, 
il  quale  avesse  studiato  privatamente  in  una  scuola 
elementare,  non  potesse  venire  ammesso  al  ginnasio, 
non  esisteva  ancora  la  scuola  tecnica,  se  non  avesse 
dato  un  esame  speciale  presso  la  I.  R.  Scuola  Nor- 
male al  piazzale  delle  Galline,  l'unica  che  fosse  au- 


date  dalPautorità  in  linea  d'ordine  pubblico,  nel  dovere  e 
nel  desiderio  di  provvedere  a  che  inconvenienti  non  av- 
vengano da  qualsiasi  parte  e  per  qualsiasi  titolo. 

Il  Prefetto 
-Di  VILLAMARINA.    » 

I  documenti  pubblicati  intorno  a  codesta  processione 
e  che  possono  riscontrarsi  all'archivio  municipale  inco- 
minciano dal  1802  Anno  i.  dell'era  repubblicana  e  seguono 
quasi  ininterrottamente  fino  al  1865.  Fer  chi  è  vago  di  co- 
noscerli ?o  rimandiamo  alla  citata  pubblicazione. 


-38- 

torizzata  a  tale  scopo,  perchè  di  fondazione  governa- 
tiva. Inutile  il  dire  che  si  pagava  una  tassa  dì  sei 
lire  austriache,  e  che  gli  esami  erano  piuttosto  facili, 
e  ciò  dico  per  esservi  stato  in  causa,  avendoli  a'  miei 
tempi  subiti,  giacche  quel  regolamento  durò  fino 
al  1859. 

Oltre  il  ginnasio  di  Brera  e  di  S.  Alessandro  (ora 
Beccaria),  nel  palazzo  di  Brera,  i  cui  portici  inferiori, 
che  girano  intomo  alla  prima  corte,  davano  nelle 
aule  ginnasiali,  erano  pure  le  scuole  d'ornato,  di  ar- 
chitettura, di  pittura,  ecc.  In  queste  ultime  dopo  la 
annuale  distribuzione  dèi  premi,  cui  assisteva  per  so- 
lito il  Viceré,  il  governatore,  l'Arcivescovo,  le  magi- 
strature e  le  autorità  cittadme,  si  esponevano  pel  giu- 
dizio del  pubblico  i  temi  svolti  nei  concorsi  e  nelle 
sale  della  pinacoteca  dei  portici  superiori,  aveva  luogo 
la  mostra  dei  quadri,  alla  quale  si  accedeva  gratuita- 
mente :  essa  rimaneva  aperta  tutto  il  mese  di  settembre. 

Alla  pubblica  mostra,  nell'anno  in  cui  ci  troviamo 
colla  storia  vi  figuravano  dipinti  dell'Appiani,  del 
Palagi,  del  Migliara  ;  paesaggi  del  Moja,  del  Del- 
TAcqua,  del  Bisi,  del  Gozzi,  del  Sogni  ;  scolture  del 
Marchesi,  oltre  molti  lavori  di  dilettanti. 

Alla  scuola  di  Belle  Arti,  dobbiamo  aggiungere 
quella  di  veterinaria,  per  la  quale  sembrava  che  il 
Governo  avesse  una  speciale  predilezione,  poiché 
ogni  anno  all'insegnamento,  che  cominciava  nel  no- 
vembre e  finiva  all'agosto,  seguiva  un'imponente  acca- 
demia, resa  ancor  più  solenne  dall'intervento  delle 
alte  autorità.  In  tale  occasione  oltre  a  premiare  nei 
diversi  corsi  gli  allievi  che  si  distinguevano,  si  ac- 
cordavano le  lauree  ai  licenziati,  sicché  potevano 
aspirare  ad  esser  nominati  medici  veterinari  presso 
un  Comune. 


—  39  — 
Aveva  pur  luogo  un'imponente  solennità  al  Con- 
servatorio, col  solito  cerimoniale  e  con  un'accademia 
spacciale  di  canto  e  musica;  e  il  diario  ufficiale  in 
prolissi  articoli,  dava  i  particolari  delFavvenimento, 
notando  gli  scolari  e  le  scolare  che  vi  si  distingue- 
vano, non  che  i  licenziati. 

Bruivano  poi  altre  accademie  di  minor  conto, 
quali  quella  del  Calchi-Ta^gi,  di  S.  Alessandro,  di 
S  Marta,  allora  ginnasio  civico,  dove  era  inevitabile 
la  presenza  dell'  Ispettore  Canonico,  cavalier  don  Pa- 
lamede Carpani,  un  vecchietto  arzillo  col  volto  tutto 
a  rughe,  che  pareva  creato  appositamente  per  ingan- 
nare con  quel  sorrisetto,  che  sempre  gli  aleggiava  in 
viso,  il  più  astuto  degli  scolari,  né  mancava  il  buon 
Francesco  Cherubini,  direttore  delle  I.  R.  Scuole  ele- 
mentari e  maestro  di  rettorica,  un  vero  galantuomo, 
che  in  mezzo  a  quell'areopago  ibrido,  era  una  mosca 
bianca. 

Talvolta  la  distribuzione  dei  premi,  si  faceva  coin- 
cidere in  qualche  giorno  speciale,  come  avvenne  in 
quest'anno,  scegliendosi  appunto  per  la  solennità,  l'o- 
nomastico dell'imperatore  (4  ottobre). 

Su  quali  basi  era  stabilito  il  personale  insegnante 
nelle  scuole,  ce  lo  dice  una  Nota  di  questo  stesso 
anno,  e  cioè  i  maestri  e  i  professori  nelle  pubbliche 
scuole,  erano  nominati  per  un  triennio,  durante  il 
quale,  se  davano  buona  prova,  venivano  confermati 
ed  il  triennio  di  esperimento  era  computato  negli  anni 
di  servizio  per  la  pensione  cui  avevano  diritto  dopo 
i  quarant'anni  di  esercizio. 

E  di  buoni  insegnanti  non  era  penuria,  cito  quelli 
che  ancora  rimanevano  in  carica  quando  io  entrai  nel 
ginnasio,  e  che  la  storia  della  pedagogia  ricorda  be- 
nevolmente. Del  Cherubini,  già  direttore  dell'I.  R. 


-  4^^  ~ 
Scuola  Normale,  distinto  filologo,  studioso  dei  dia- 
letti ed  autore  di  un  ottimo  dizionario  milanese-ita- 
liano, che  stette  fino  al  1840  e  più  oltre,  abbiamo  già 
accennato  ;  aggiungiamo,  il  prete  don  Alberto  Pa- 
rola, fratello  all'avvocato,  nominato  quest'anno  vice- 
prefetto degli  studi  nel  ginnasio  di  Brera.  Noto 
per  incidenza  che  le  due  cariche  di  prefetto  e  vice- 
prefetto del  ginnasio,  tenevano  il  loro  ufficio  a  capo 
dei  due  scaloni  che  si  trovano  in  fondo  al  primo  cor- 
tile del  palazzo.  L'incarico  del  primo  era  la  suprema 
direzione,  la  tenuta  dei  registri,  il  rilascio  degli  atte- 
stati, e  le  ramanzine  di  quando  in  quando  secondo 
il  rapporto  dei  professori  ;  quello  del  secondo,  so- 
stituiva i  primi  nelle  assenze,  e  suppliva  alle  evoi- 
tuali  lezioni  dei  singoli  insegnanti,  sicché  possedeva 
una  certa  coltura  generale 

Il  professore  Rovida  insegnava  matematica  al  li- 
ceo di  Porta  Nuova  (attuale  palazzo  del  Collegio  Na- 
zionale Longone).  Scarenzio  era  alFUniversità  di 
Pavia  ;  al  sacerdote  don  Cipriano  Valassina,  già 
professore  di  rettorica  e  catechista  neiri.  R.  Ginnasio 
di  Brera,  succedeva  don  Giacomo  Baldoli,  uomo  giu- 
sto, ma  estremamente  rigoroso,  che  a  noi  poveri  sco- 
laretti, giacche  una  ventina  d'anni  dopo,  ebbi  la  sfor- 
tuna di  averlo,  incuteva  un  timore  veramente  ecces- 
sivo. Guai  se  qualcuno  avesse  avuto  la  disgrazia  di 
essere  in  nota  sul  suo  libretto  ;  egli  era  onnipotente, 
e  il  povero  diavolo  poteva  certamente  dire  di  esser 
spacciato  ;  il  meno  che  poteva  accadere,  era  una  chia- 
mata od  un'ammonizione  coi  fiocchi  dal  prefetto,  e 
più  tardi,  alcuni  parenti  ebbero  anche  inviti  alla 
polizia 

Di  una  salute  ferrea,  era  ben  rado  che  mancasse 
alla  sua  lezione,  ed  assicuro  il  lettore  che  in  quelle  ore 


—  41  — 
(due  per  settimana)  la  scuola  si  manteneva  in  una 
disciplina  esemplare.  Il  Baldoli  carico  d'anni,  tro- 
vavasi  ancora  nelFinsegnamento  nel  1848,  quindi  si 
ritirò  alla  campagna,  a  Carella,  grazioso  paesello 
della  Brianza,  vicino  a  Cornano  presso  Erte,  dove, 
a  quanto  narrano  ancora  i  terrazzani,  fece  molto  bene 
alla  popolazione,  poiché  oltre  sussidi  in  denaro,  si 
prestò  sempre  gratuitamente  per  le  funzioni  di  chiesa, 
celebrazione  di  messe,  spiegazione  di  vangeli,  di  dot- 
trina e  fece  anche  un  po'  di  scuola. 

Nel  Cimitero  di  Comeno  di  fronte  al  cancello  d'en- 
trata a  mano  destra  è  una  lapide  in  marmo  nero  sor- 
montata da  una  travata  in  marmo  bianco  su  cui  sono 
segnati  gli  emblemi  sacerdotali.  Sulla  breve  lapide 
nera  leggesi  la  s^uente  iscrizione  : 

IL  SACERDOTE 

GIACOMO    BALDOLI 

GIÀ   CATECHISTA 

IMPLORA     IL    SUFFRAGIO     DEI    FEDELI 

A  REQUIE  dell'anima   SUA 

COSÌ  PER   TESTAMENTO. 

11  seppellitore  che  mi  intrattenne  a  lungo  in- 
tomo al  tanto  bene  che  fece  vivente  il  buon  profes- 
sore, ci  disse  ancora  che  lino  al  1894  qualcuno  ve- 
niva a  visitarlo,  anzi  precisamente  a  quell'epoca  fu 
provveduto  alla  pulitura  della  lapide,  ma  d'allora 
al  presente,  nessuno  più  comparve. 

Quanto  a  produzioni  letterarie,  oltre  quanto  già 
scrisse  il  Cusani  nel  Capitolo  L,  dell'ultimo  volume 
della  sua  storia,  scarsa  è  la  messe  di  quest'anno,  se 
ne  togli  le  pubblicazioni  ebdomadarie  o  mensili,  cui 


—  42  — 
abbiamo  accennato  nel  capitolo  precedente,  e  qualche 
discreta  appendice    nel    foglio    quotidiano.    Racco- 
gliamo tuttavia  qualche  dato. 

Il  barone  Custodi  continuò  la  Storia  di  Milano 
del  Verri,  il  Vaccani  pubblicò  la  sua  Storia  delle 
Campagne  e  degli  assedi  degli  italiani  in  Spagna; 
vennero  i  Lombardi  alla  prima  crociata  del  Grossi, 
cui  il  Manzoni  aveva  gfià  divinato,  che  dovevano  fare 
un  bel  rumore^  e  la  predizione  si  avverò,  poiché  il 
Diario  Cittadino^  cui  stava  a  capo  il  Pezzi,  classsicista 
hn  nel  midollo  delle  ossa,  con  maligna  insinuazione, 
scriveva  che  sul  conto  del  Grossi,  girava  già  da  qual- 
che tempo  per  le  mani  di  molti  un  opuscolo  a  forma 
di  dialogo,  in  cui  le  censure  si  tramutavano  sovente 
in  diatribe.  Si  diceva,  perfino  che  il  Cantor  dei  Lom- 
bardi, avrebbe  sfrondato  gli  allori  del  Goffredo  (i). 

Oltre  il  carattere  romanzesco  del  poema  grossiano, 
forse  l'indole  del  tema  si  prestava  a  qualche  lontana 
allusione  politica.  Gli  almanacchi,  che  allo  spirare 
d'ogni  anno  servivano,  se  non  a  tener  vivo  il  senti- 
mento patrio,  almeno  ad  alimentare  la  libertà  della 
favella,  avrebbero  avuto  maggior  merito,  se  invece  di 
argomenti  frivoli  avessero  trattato  qualche  cosa  di 
pili  importante.  Giudichi  il  lettore  dai  titoli  di  al- 
cuni :  Avventure  di  Giulietta  e  Romeo  -  Le  bellezze 
della  Storia  di  Milano  -Lo  specchio  delle  passioni 
'Le  glorie  delle  belle  arti,  ecc.  Ma  forse  inceppati, 
come  si  era  dalla  censura,  non  si  poteva  fare  di  più. 

Ricca  al  contrario  è  la  rivista  teatrale.  Abbiamo 
già  notato  quali  erano  i  teatri  aperti  nelle  diverse 
stagioni  dell'anno  ;  ora  ecco  qualche   accenno   spe- 

(i)  Vedi  la  Gazzetta  di  Milano  delPanno. 


—  43  - 
ciale  circa  le  rappresentazioni,  gli  attori  ed  i  sceno- 
grafi, ecc. 

Nei  primi  di  marzo  aveva  luogo  alla  Scala  la  prima 
rappresentazione  del  Crociato  in  Egitto,  del  Meyer- 
beer,  e  le  scene  erano  dipinte  dal  Sanquirico;  nel 
mese  seguente  vi  cantava  quella  strenua  artista,  che 
era  la  Boccabadati,  moglie  al  compianto  Varesi, 
un'altra  macchietta  che  ebbi  il  bene  di  conoscere  ne- 
gli ultimi  anni  di  sua  vita  ;  vi  si  produceva  pure,  la 
Fabbrica  ed  il  Santini  nella  Giulietta  e  Romeo  ;  più 
tardi  abbiamo  la  Margherita  (TAnjou  ed  un  ballo, 
VOtello. 

Il  IO  aprile  grandi  corse  di  cavalli  in  piazza  d'armi, 
e  se  crediamo  al  Diario,  quantunque  non  vi  fossero 
né  bookmakers,  né  scommettitori,  ne  tutto  quello 
sportismo,  di  cui  si  fa  sfoggio  oggidì,  il  popolino  vi 
godeva  un  mondo  e  le  famiglie  erano  a  festa. 

Diamo  il  nome  di  alcuni  corridori  che  la  cronaca 
ci  ha  serbato.  Vi  era  il  Tarara  del  Valmoden,  il  Fala 
del  conte  Agosti,  il  Flint  del  Cicogna,  il  Morwick 
del  conte  Gritti. 

Per  le  altre  classi  vi  erano  feste  alla  Società  del 
Giardino,  serate  di  scherma  al  teatro  di  S.  Rade- 
gonda,  oltre  i  balli  ed  i  concerti  presso  qualche  fa- 
miglia patrizia.  Abbiamo  obliato  che  il  Moncalvo  co- 
minciava già  a  divertire  il  pubblico  al  teatro  Len- 
tasto  (i). 

Si  poteva  dunque  inferire  che  i  nostri  babbi  amas- 
sero i  divertimenti,  sopratutto  gli  spettacoli  teatrali, 

(i)  La  ubicazione  di  questo  era  in  un  tratto  di  via 
poco  lungi  da  Rugabella  sul  corso  di  Porta  Romana  :  l'in- 
dicazione era  un  gran  cartello  in  legno  tenuto  steso  pel 
tratto  della  larghezza  della  via  chiusa,  con  due  catene  di 
ferro. 


—  44  — 
e  il  Governo  di  Vienna  assecondava  questa  inclina- 
zione, profondendo  al  maggior  teatro,  come  per  an- 
tonomasia si  chiamava  allora  la  Scala,  ricche  doti, 
che  non  erano  poi  mai  sufficienti,  e  che  gli  impresari 
facevano  aumentare  con  laute  appendici,  le  quali  non 
erano  mai  rifiutate  ;  paghi  il  popolo,  e  si  divertano 
i  signori. 

UAzeglio  ne'  suoi  Ricordi^  dopo  aver  accennato 
alla  finezza  ed  all'avvedutezza  del  governo  austriaco, 
asserisce,  che  egli  governò  per  tanti  anni  la  Lombar- 
dia per  mezzo  del  teatro  alla  Scala,  e  bisogna  dirlo 
che  fino  ad  un  certo  punto  vi  è  riuscito  bene  (i). 

Metternich  in  un  suo  memoriale  diretto  a  France- 
sco I,  da  Gratz  nel  1817,  mostrava  al  Sovrano  la 
necessità  di  scendere  ad  altre  concessioni  per  appa- 
gare lo  spirito  pubblico  e  Tamor  proprio  delle  Provin- 
cie lombarde,  dando  a  queste  un'amministrazione  la 
quaTe  «  provasse  agli  italiani,  che  non  si  voleva  trat- 
tarli alla  medesima  stregua  delle  provincie  tedesche, 
e  che  non  si  voleva  fonderle  con  esse  1  (2).  Ma  i 
fatti  successivi  dimostrarono  quale  esito  avesse  avuto 
questo  reclamo,  che  pure  partiva  dal  potente  cancel- 
liere. 

Il  Viceré  intanto  co'  que'  suoi  modi  sempre  ten- 
tennanti, quando  si  trattava  di  accordare  qualche  lar- 
ghezza, con  quel  suo  «  farò,  dirò,  tutto  quello  che 
potrò  1  passati  in  proverbio  fra  il  popolo,  procurava 


(fj  Barbiera.  Salotto  Maffei,  pag.  75. 

(2)  La  signora  Matilde  Serao  m  una  sua  conferenza 
sopra  Stendhal,  accenna  all'affetto  con  cui  questo  inglese 
amò  l'Italia,  dice  con  quale  entusiasmo  parla  di  Muano 
dove  non  si  sazia  di  ammirare  il  nostro  maggior  teatro, 
la  nostra  Brianza  ed  i  nostri  laghi.  Egli  fu  appunto  in  que- 
sta città  nel  18 17. 


-  45  - 
di   dare  un  colpo  al  cerchio  ed  un  altro  alla  botte, 
tentando  ogni  sforzo  perchè  Tacqua  andasse  senza 
rumore  verso  la  china. 

Abbiamo  notato  come  egli  si  facesse  un  dovere  di 
assistere  a  tutte  le  inaugurazioni  ed  a  tutte  le  Acca- 
demie, che  si  davano  nei  pubblici  o  nei  privati  stabi- 
limenti di  istruzione  ;  ora  egli  mostrava  interessarsi 
anche  delle  industrie.  Nel  maggio  visitò  la  manifat- 
tura Treviganti,  Galletti  e  C.  ;  più  volte  fu  nello 
studio  dello  scultore  Marchesi,  né  lasciò  pure  senza 
una  sua  visita  parecchi  studi  di  pittore,  e  dovunque 
prodigava  lodi,  incoraggiamenti  e  favoriva  privilegi, 
brevetti  d'invenzione  a  tempo  determinato,  e  tutte 
queste  concessioni  facevano  affluire  denaro  all'erario 
ed  egli  otteneva  lode  di  saggio  e  provvido  ammini- 
stratore. 


Né  si  pensi  intanto  che  in  fatto  di  politica,  il  go- 
verno stesse  colle  mani  alla  cintola.  Abbenchè  il  pe- 
riodico ufficiale  nulla  accenni  a  sommosse,  non  la- 
sciava di  sorvegliare  chi  gli  poteva  dar  menomamente 
ombra.  Il  giovane  Tullio  Dandolo,  che  da  Como, 
dove  si  trovava,  aveva  chiesto  un  passaporto  per  Ve- 
nezia, onde  recarvisi  a  regolare  alcuni  interessi  di 
famiglia,  vien  subito  preso  di  mira.  Quella  I.  R.  De- 
legazione avvisa  la  Direzione  della  Polizia  a  Milano, 
e  questa  la  notifica  immediatamente  a  quella  di  Ve- 
nezia 

Ecco  il  testo  del  documento  : 

€  Al  barone  de  Kiibech  I.  R.  Consigliere  aulico  di- 
rettore generale  della  Polizia  a  Venezia  (Riservata). 

e  UI.  R.  Delegazione  provinciale  di  Como  mi  av- 
visa di  aver  accordato  al  giovane  Tullio  Dandolo 


-46- 
un  passaporto  per  codesta  città,  ove  è  chiamato  da 
affari  suoi  particolari. 

«  Sebbene  la  condotta  attuale  del  Dandolo  non 
offra  titoli  a  speciali  osservazioni,  tuttavia  i  principi 
politici  che  dallo  stesso  si  professarono,  i  di  lui  viaggi 
clandestini  all'estero,  e  le  relazioni  coltivate  qui  ed 
a  Parigi  con  persone  sotto  questo  rapporto  sospette, 
lo  resero  soggetto  a  particolare  vigilanza  ;  ed  è  j>er- 
ciò  che  io  mi  permetto,  signor  Direttóre  Generale,  dì 
richiamare  sul  medesimo  la  speciale  di  lei  attenzione 
della  quale  amerò  di  conoscere  a  suo  tempo  il  risul- 
tato dalla  di  Lei  compitezza.   » 

Milano,   15  gennaio   182Ó. 

Sott.    TORRESANI   (i). 

E  la  vigilanza  non  risparmia  neppure  i  forastieri. 
Robertson,  autore  di  una  Storia  (HAmetica^  pubbli- 
cata poco  più  di  un  lustro  prima  dal  nostro  Bettoni, 
è  vigilato  dalla  polizia  ed  in  base  ad  una  lettera  con- 
fidenziale (i)  il  Ministro  degli  esteri  scriveva  da  Na- 
poli al  principe  di  Castelcicala,  ambasciatore  a  Pa- 
rigi, affinchè  negasse  allo  storico,  che  allora  trovavasi 
in  Francia,  il  passaporto  per  entrare  nei  domini  reali. 

Nè  essa  limitavasi  solo  alle  personalità  spiccate  del 
partito  avversario,  ma  tormentava  in  certo  modo  an- 
che chi  per  malattia  recavasi  a  riposare  dalle  diuturne 
cure  della  città,  o  rinfrancarsi  la  salute  alle  acque. 
Uno  zelante  confidente,  che  teneva  questo  incarico, 
mandava  da  Venezia  nell'agosto  alcune  osservazioni 
a  proposito  delle  persone  che  frequentavano  Valda- 
gno  e  Recoaro.  Forse  non  erano  che  impressioni  tut- 
t'affatto  soggettive,  ma  intanto  alla  Polizia  bastavano 

(i)  Dalle  carte  segrete  Doc.  330. 


-41- 
pet  trame  induzioni,  per  sospettare  di  un  suddito, 
per  assoggettare  la  sua  casa  a  perquisizioni. 

Uno  dei  confidenti  più  in  auge  era  certo  Brembilla, 
noi  non  possiamo  asserire  che  la  lettera  da  noi  letta 
in  proposito  sia  opera  sua,  mancando  la  firma  per 
intero,  tuttavia  il  B.  maiuscolo  con  cui  è  sottoscritta 
ce  lo  fa  supporre. 

Questi  dunque  scrive  a  Vienna  che  in  quell'anno, 
l'affluenza  alle  acque  termali  era  maggiore  di  quegli 
scorsi  tanto  pel  numero  di  individui,  non  minore,  quan- 
to di  persone  aistinte.t  Trovandosi  poi  a  Recoaro,  con- 
tinua, molti  lombardi  nel  momento  che  venne  annun- 
ziato il  passaggio  da  Vicenza  di  S.  E.  il  conte  di 
Strassoldo  per  Milano,  onde  riassumere  le  proprie 
mansioni,  fu  generale  il  dispiacere  perchè  non  fosse 
stato  sostituito  da  altro  soggetto.  Un  tale  sentimento, 
quantimque  pronunziato  con  riserva,   venne   annun- 
ciato   senza   equivoco,  e  si  osservò    pure   dispiacere 
per  la  partenza  per  Vienna  di  S.  A.  il  Viceré....  (i)  » 
Ne  le  rivelazioni  di  quel  zelante  confidente  si  ar- 
restavano alle  generali,  ma  venivano  anche  a  sinda- 
care quasi  la  vita  intima  di  persone  ragguardevoli. 
Il  consigliere  aulico  Bennoni  era  stato  da  poco  tempo 
privato  della  sua  carica  ;  or  ecco  come  ne  parla  il  B. 
«  Ebbi  occasione  a  Recoaro  di  avvicinare  il  con- 
sigliere Bennoni.:.  e  mentre  pochi  tirolesi,  e  taluno 
di  coloro  che  provano  sempre  piacere  nel  far  la  cri- 
tica alle  misure  superiori,  affettavano  di  compian- 
gerlo.... tutta  la  società  non  faceva  che  applaudire 
alla  forza  di  volontà  della  M.  S.,  caratterizzandola 
come  grande  atto  di  giustizia.... 

«  Più  volte  esso  consigliere  manifestò  di  non  co- 

(i)  Carte  segrete,  Doc.    162. 


.  -48- 
noscere  il  vero  ìnotivo  della  sua  disgrazia,  non  senza 
però  additare  come  presunte  cause  quella  di  aver 
proferito  un  voto  favorevole  per  un  prevenuto  di  cor- 
•  reità  settaria,  e  l*altra  di  aver  potuto  cooperare  cx>n 
insinuazioni  e  raccomandazioni  al  rapido  avanza- 
mento di  vari  suoi  colleghi.".,  i 

E  riferendosi  ai  commenti  che  l'ex  consigliere  fa- 
ceva a  queste  osservazioni,  il  B.  dice  che,  dovette  j>er- 
suadersi  che  il  detto  individuo  nutre  nell'animo  vi- 
vissimo risentimento...  e  che  le  sue  massime  politiche 
tendevano  al  liberalismo...  (i).  Davvero  che  il  Go- 
verno era  ottimamente  servito  da  questi  zelanti. 

E  non  solo  TAustria  pensava  alla  sorveglianza  del 
suo  Stato,  ma  affine  di  prendere  in  ora  ed  in  tempo 
quelle  misure  che  potevano  essere  del  caso,  deside- 
rava sapere  come  si  conducessero  gli  Stati  limitrofi. 

Aveva  già  qualche  anno  prima  mandato  confidenti 
a  scrutare  come  la  pensassero  i  suoi  sudditi  circa  le 
notizie  politiche  che  córrevano  in  quel  tempo  (2).  Ora 
era  la  volta  degli  Staterelli  che  costituivano  la  parte 
pili  settentrionale  dell'  Italia  centrale  (3).  E  sa  il 
lettore  come  agiva  ?  Da  una  parte  vedeva  con  com- 
piacenza là  trista  condizione  di  essi  per  fatto  dei  loro 
governi  e  la  fomentava,  consigliando  misure  feroci 
ed  impolitiche,  affinchè  il  Lombardo-Veneto  sem- 
brasse al  confronto  il  meglio  amministrato  ;  dairal- 
tra,  aveva  sempre  in  pronto,  alla  più  piccola  rivolta, 
im  esercito  da  spedire  in  aiuto  del  Principe  minac- 
ciato. 

Questa  politica  raggiratrice  di  mantenere  le  discor- 
die fra  i  vari  Stati  d'Italia,  onde  aumentarne  la  de- 


(i)  Carte  segrete,  Doc.    131. 

(2)  Carte  segrete,  Doc.    125. 

(3)  Carte  segrete,  Doc.   135  e  seguenti. 


—  49  — 
bolezza,  ed  affine  di  essere  chiamata  a  comprimerne 
i  moti  rivoluzionari,  dimostrava  come  l'Austria  esten- 
desse l'alta  ispezione  della  sua  polizia  anche  su  terre 
non  sue. 

Malgrado  tanta  sorveglianza,  nel  gennaio  giunse 
avviso  alla  nostra  polizia,  che  a  Napoli  si  era  costi- 
tuita una  nuova  setta  sotto  la  denominazione  degli 
Spettri  riuniti  nella  tomba,  e  di  questa  setta,  si  man- 
davano da  Vienna  ;  particolari  (i). 

A  chiudere  la  cronistoria  dell'anno,  noteremo  la 
morte  di  alcuni  cittadini,  o  celebrati  per  le  loro  virtù, 
o  noti  per  il  grado  che  occupavano  nella  società. 

Nel  febbraio  fu  tolto  ai  vivi  DON  OTTAVIO  Morali, 
bibliotecario  presso  l'I.  R.  Biblioteca  Nazionale,  pro- 
fessore al  Liceo  di  S.  Alessandro,  autore  di  scritti 
pregevoli  e  di  un'edizione  speciale  dell'Ariosto  ad 
uso  dei  giovani  studiosi. 

Il  geologo  Scipione  BREISLAK,  ispettore  alle  pol- 
veri e  nitri.  Nacque  a  Roma  verso  il  1748,  e  fin  da 
giovinetto  mostrò  disposizione  per  le  scienze  fisiche. 
Fu  eletto  professore  a  Ragusa,  imprese  parecchi 
viaggi  nelle  montagne,  e  ne  pubblicò  le  relazioni.  Tra 
esse  sono  apprezzate  quelle  della  Campania.  Molte 
società  scientifiche  e  letterarie  si  recarono  ad  onore 
di  ascriverlo  fra  suoi  membri.  Un  lavoro  di 
polso,  fu  la  Descrizione  geologica  della  -provincia 
di  Milano,  pubblicata  nel  1822.  Possedeva  un  ricco 
gabinetto  di  storia  naturale  messo  insieme  appunto 
durante  questi  viaggi,  che  alla  sua  morte  lasciò  alla 
casa  Borromeo.  Di  lui  esiste  pure  un'opera  incom- 

(i)   Documento  240. 

GiANETTi.  Cronistoria,  4 


—  50  - 

pietà  che  illustra  quel  tratto  di  paese  che  trovasi  fra 
il  Verbano  ed  il  Lario. 

Spegnevasi  pure  in  quest'anno  l'astronomo  Piazzi. 
Era  nato  nel  1746  (16  luglio)  a  Ponte  (Valtellina), 
ebbe  l'istruzione  al  collegio  Calchi-Taeggi,  e  la  com- 
pletò a  Brera.  Nel  1761  vesti  l'abito  teatino  in  S.  An- 
tonio a  Milano,  studiò  teologia  a  Roma  ed  a  Ra- 
venna, dove  pubblicò  parecchie  tesi  filosofiche  e  ma- 
tematiche che  gli  fruttarono  più  invidia  che  onore. 
Fu  quindi  a  Roma  lettore  in  teologia  dogmatica,  ed 
ebbe  per  collega  il  Chiaramonti,  salito  poi  papa  col 
nome  di  Pio  VII. 

Nel  1770  ebbe  la  cattedra  di  matematica  sublime  a 
Palermo,  fu  direttore  di  quell'osservatorio,  stabilito 
sette  anni  dopo,  ed  affine  di  meglio  onorare  la  ca- 
rica, fece  un  viaggio  a  Parigi,  e  si  mise  in  corrispon- 
denza coi  sommi  in  materia  ;  partecipò  alla  Commis- 
sione per  stabilire  la  differenza  dei  meridiani  tra 
Greenwich  e  Parigi,  e  nella  prima  città  osservò  pure 
l'eclisse  solare  del  1788,  intomo  al  quale  scrisse. 
Nel  1790,  essendosi  per  ordine  di  Re  Ferdinando  di 
Napoli  costrutto  un  osservatorio  a  Palermo,  ne  ebbe 
la  direzione  Scoperse  il  pianeta  Cerere,  rifiutò  la  me- 
daglia d'oro  che  il  principe  voleva  fosse  coniata  in 
suo  onore,  desiderando  che  il  prezzo  di  essa  si  vol- 
gesse all'acquisto  di  oggetti  per  la  specola.  Pubblicò 
diverse  opere  relative  a'  suoi  studi,  e  fu  insignito  di 
onori  da  università  italiane  e  straniere.  Ultimamente 
era  ritornato  da  Palermo  a  Napoli,  da  circa  un  anno, 
ed  aveva  escogitato  una  nuova  legge  sui  pesi  e  sulle 
misure,  anzi  era  già  molto  avanti  nel  lavoro,  ma  in- 
debolito dalle  fatiche  e  dall'età  (80  anni),  il  22  lu- 
glio spirò  dopo  breve  malattia.  La  sua  salma  riposa 
nella   chiesa   di  San    Paolo  dei  padri  Teatini,  Mi- 


-Si- 
lano  gli  eresse  una  statua  colossale  nel  palazzo  di 
Brera. 

Dobbiamo  pure  aggiungere  a  questi  morti  quella 
del  giureconsulto  ANTONIO  BATTAGLIA,  del  marchese 
Carlo  del  Magno  vice-presidente  del  Governo  di 
Lombardia,  del  prof.  VINCENZO  FEDERICI,  insegnante 
al  Conservatorio  ed  autore  di  commedie,  e  di  CO- 
RELDI  Clotilde  cantante  parigina  di  grido,  che  si 
produsse  anche  sulle  scene  del  nostro  maggior  teatro. 


18S7. 
CAPITOLO    III 


Movimento  politico  e  sua  influania  nel  Regno  Lombardo- 
Veneto-  —  Ancora  le  società  segrete.  —  Roma  e  h: 
Ron>agne.  —  L'oratore  sacro  Barbieri.  —  Il  segreto 
postale  e  la  stampa.  —  Feste  e  beneficenza.  —  Edi- 
lizia, —  Il  Viceré.  —  Feste  religiose.  —  La  stampa,  — 
Arti  e  industrie,  ^ 

Le  speranze  della  pace  cominciavano  ad  affievo- 
lirsi mano  mano  che  le  relazioni  polìtiche  sembravano 
spiegassero  le  diverse  tendenze  dei  gabinetti  d*  Eu- 
ropa. 

La  Francia  non  pareva  pronunciarsi  troppo  chiara- 
mente circa  il  riconoscimento  del  sistema  costituzio- 
nale portoghese  :  Russia  ed  Austria  nicchiavano  : 
Prussia  ed  Inghilterra  al  contrario  per  loro  interessi 
particolari  riconoscevano  e  sostenevano  apertamente 
il  nuovo  ordine  di  cose  :  la  Spagna  era  tranquillaf 
ma  per  quanto  però  si  temesse»  tutti  desideravano  la 
pace. 

I  rapporti  conhdenziali  fatti  al  nostro  Governo, 
aggiungevano  che  quanto  agli  avvenimenti  politici, 
ben  pochi  nel  contado  vi  fermavano  la  loro  atten- 
zione, e  nessuno  lasciava  intravedere  il  desiderio  di 


-  53  - 
un  cambiamento  di  cose.  La  lettura  dei  fogli  quoti- 
diani, cui  taluni  si  dedicavano,  formava  piuttosto  un 
oggetto  di  momentanea  curiosità,  anziché  quello  di 
spiegare  partiti  od  approfittare  per  spargere  massime 
contrarie  alle  intenzioni  del  Governo. 

Solo  nelle  Capitali  ed  ai  confini  degli  Stati  di  Ro- 
magna, si  scorgevano  appena  le  attenzioni  dei  lettori 
curiosi  e  dei  partitanti  sui  successi  del  giorno. 

Qui  l'anonimo  confidente  passa  in  rassegna  alcuni 
discorsi  ed  alcune  opinioni  esternate  da  speciali  in- 
dividui che,  o  per  l'istruzione  ricevuta,  o  per  mera 
curiosità,  seguivano  la  storia  degli  avvenimenti.  Con- 
chiude che  veramente  il  germe  della  rivolta  è  nello 
Stato  papale  e  nelle  vicine  Legazioni,  si  presagisce 
già  una  guerra,  la  quale  secondo  i  si  dice,  dovrà  scop- 
piare tra  le  potenze  alleate,  e  tale  predizione  si  ritiene 
ora  maggiormente  avvalorata,  stante  il  recente  sta- 
zionamento di  un  corpo  di  truppe  austriache  nelle 
Provincie  lombarde. 

E'  facile  persuadersi  come  tutto  ciò  non  possa  es- 
sere che  l'eftetto  di  oziose  dicerie,  pensa  saggiamente 
il  confidente,  ma  intanto  esse  risvegliano  argomenti 
già  scordati  in  queste  provincie,  pregiudicano  il  com- 
mercio e  mettono  a  disagio  le  popolazioni. 

Tale  il  quadro,  che  forse  anche  con  poca  verità 
vien  spacciato  dal  satellizio  governativo.  Intanto 
l'Austria  con  ogni  mezzo  cerca  di  cancellare  nella 
nostra  città  quanto  poteva  farci  rammentare  che  seb- 
bene soggetti  allo  straniero,  Milano  era  ancora  la  ca- 
pitale del  regno  Lombardo. 

Già  fin  dallo  scorso  anno  aveva  avvisato  questa 
popolazione  che  coi  primi  del  mese,  sarebbero  state 
poste  fuor  di  corso  le  monete  di  conio  milanesi,  e 
lo  fu. 


—  54  — 

Le  società  segrete  non  mancavano  di  pullulare 
e  di  organizzarsi  sul  serio.  Uno  zelante  ministro, 
il  Lancetti,  scrive  ima  nota  agli  IL  RR.  Com- 
missari superiori,  dicendo,  che  alcune  osservazioni 
l'indussero  a  sospettare  che,  sotto  il  manto  della  fi- 
Icintropia  e  di  soccorsi  alla  causa  dei  Greci,  possa 
nascondersi  una  setta,  la  cui  tendenza  principale  sia 
quella  dell'indipendenza  nazionale,  della  democrazia 
e  del  rovesciamento  dei  troni,  e  dopo  aver  descritto 
minutamente  questo  nuovo  club^  il  quale  sorse  nel  re- 
gno delle  due  Sicilie  sotto  lo  specioso  titolo  di  Amore 
dei  Greciy  raccomanda  a  chi  è  diretta  la  circolare, 
che  qualunque  rilevante  osservazione  potesse  emer- 
gere in  argomento,  fosse  portata  senza  indugio  alla 
sua  cognizione  (i). 

E  nelle  Romagne  rumoreggia  un  sordo  tuono,  che 
minaccia  a  quando  a  quando  di  scoppiare,  e  il  go- 
verno austriaco  lo  sa,  perchè  ne  è  edotto  dalle  let- 
tere confidenziali  (2). 

A  Roma  infatti  un  editto  della  Segreteria  di  Stato 
aveva  promesso  perdono  ed  assoluzione  da  qualun- 
que pena  incorsa  fino  a  quell'epoca,  tanto  ai  rei  dei 
delitti  contemplati  nell'editto,  quanto  a  quelli  cui, 
sebbene  fosse  nota  l'esistenza  di  qualche  società  se- 
greta, non  l'avevano  denunciata.  E  questa  larga  con- 
cessione era  pure  estesa  a  tutte  le  Legazioni  con  in- 
carico ai  presidenti  delle  Commissioni  speciali  di  ri- 
cevere le  spontanee  abdicazioni  e  le  denuncie  da 
chiunque  volesse  presentarsi  (3).  Sembra  però  che  po- 
chi avessero  ottemperato  all'ingiunzione. 

E  non  basta  ciò.  Da  Milano  il  conte  Torresani 


(i)  Carte  segrete,  Doc.     163. 

(2)  Carte  segrete.  Doc.   148,   149. 

(3)  Carte  segrete.  Doc.  207. 


Ito 


—  55  - 
scriveva  alla  Direzione  della  Polizia  a  Venezia  (i) 
che  le  solite  notizie  confidenziali  giunte  dalla  linea 
di  confine  dello  Stato  pontificio,  recavano  che  a  Ra- 
venna era  stata  scoperta  una  nuova  società  segreta, 
sotto  la  denominazione  di  Società  del  Duca  £Emi- 
lia  una  ed  indivisibile  ;  aggiungeva  che  quel  Monsi- 
gnor Invernizzi,  presidente  della  Commissione  spe- 
ciale aveva  fatto  trarre  in  arresto  una  sessantina  di 
individui  che  facevano  parte  di  quella  setta,  e  che 
su  tutto  ciò  richiamava  l'attenzione  della  autorità  di 
Polizia  (2). 

E  questa  non  la  perdonava  neppure  alla  veste  ta- 
lare del  sacerdote.  E'  noto  come  Tabate  Barbieri  de- 
stasse qualche  entusiasmo  nelle  diverse  chiese  di  Mi- 
lano dove  teneva  conferenze  ;  non  stiamo  ora  ad  esa- 

(i)  Da  Venezia  era  partito  governatore  a  Briinn  l'In- 
zaghi,  grande  amico  di  casa  Gonfalonieri  \  a  questo  pure  si 
raccomandò  la  povera  Teresa  per  qualche  addolcimento  di 
pena,  riguardo  al  marito^  ma  nulla  potè  ottenere.  Tuttavia 
si  riesci  a  stabilire  un  carteggio  segreto,  onde  apprestare  i 
mezzi  di  fuga  dal  carcere,  mercè  la  cooperazione  del  vecchio 
Schiller,  nome  non  ignoto  ai  lettori  delle  mìe  prigioni.  Quel 
progetto  abortì  per  allora.  Lo  si  riprese  nel  1829,  ma  Fe- 
derico vi  rinunciò  generosamente,   preferendo  sopportare 
coi  compagni  le  durezze  del  carcere  :  ciò  appare  dalle  me- 
morie di  Àndryanne.  Né  qui  finirono  le  pene  dell'infelice 
sposa,  poiché  nel  1830,  in  occasione  del  natalizio  imperiale, 
fu  nuovamente  presentata  una  supplica  all'imperatore,  il 
cui  testo  dicesi  fosse  dettato  dal  giovine  Alessandro  Man- 
zoni,  ma  ebbe   la  sorte  delle  altre  sollecitazioni.    Teresa 
Casati,  maritata  Gonfalonieri  morì  in  questo  anno  stesso 
il  27  settembre.  Gosì  il  D'Ancona  nel  suo  lavoro  su  Fe- 
derico Gonfalonieri. 

(2)  Documento  207  delle  carte  segrete. 
Notiamo  qui  di  passaggio  che  il  Cardinale  Invernizzi 
succedeva  al  Rivarola  venuto  in  Romagna  nel  1824,  una 
specie  di  duca  d'Alba,  il  quale  con  una  sola  sentenza  con- 
dannò quali  cospiratori  508  persone.  Gosì  leggo  nel  secondo 
volume  delle  conferenze  fiorentine  intorno  al  risorgimento 
italiano. 


_  56  - 

minare  se  tale  dimostrazione  di  stima  fosse  più  o 
meno  giustificata  letterariamente,  che  non  sarebbe  qui 
il  luogo  ;  solo  ci  preme  di  notare  con  quali  foschi  co- 
lori veniva  descritto  al  Viceré. 

«  Il  Barbieri,  ex-professore  presso  Tuniversità  di 
Padova,  spinto  talvolta  dalla  sua  poetica  fantasia, 
non  serba  il  più  riservato  (sic)  nel  suo  modo  di  scri- 
vere, come  non  è  il  piii  castigato  in  quanto  a  con- 
dotta morale  ;  egli  appartenne  alla  Loggia  masso- 
nica di  Padova  (!)  e  si  dimostrò  fanatico  pel  ces- 
sato governo  e  fu  sempre  soggetto  alla  più  rigo- 
rosa sorveglianza.  » 

Qui  l'abile  confidente  viene  ad  accennare  ad  al- 
cuni episodi  di  sua  vita  privata,  gettandovi  indegne 
insinuazioni,  che  non  dovrebbero  neppur  passar  per 
la  mente  (i). 

E  se  non  basta,  gli  integerrimi  ed  impeccabili  ma- 
gistrati, sanno  anche  violare  il  segreto  postale,  e  sco- 
prire i  pensieri  più  reconditi  e  le  espansioni  del  cuore 
verso  un  amico  ;  e  qualche  anno  dopo  infatti  si  scri- 
veva alla  Autorità  che  «  per  effetto  della  sorve- 
glianza politica  esercitatasi  su  questo  individuo,  si 
sono  potute  ispezionare  due  lettere,  scritte  al  conte 
Grilli  di  Firenze  ed  al  prof.  Tonelli  di  Reggio. 
Nella  prima  viene  espresso  il  desiderio  di  ritornare 
in  Toscana,  dove  fu  a  predicare  la  scorsa  quaresima  ; 
nella  seconda  il  Barbieri  accorda  al  Tonelli  di  poter 
far  ristampare  all'estero  il  suo  poemetto  le  stagioni.  » 

Ma  non  basta  ancora  per  quel  solerte  funziona- 
rio l'aver  letto  quelle  lettere,  egli  ne  trae  anche  co- 
pia per  uso  dell'Autorità,  e  vi  aggiunge  commenti. 
Osserva  come  nella  lettera  al  Conte,  il  professore 
universitario,  si  riservi  di  scrivere,  ma  non  manderà 

(i)  Carte  segrete,  Doc.  331. 


—  57  — 
per  mezzo  postale,  al  conte  di  S.  Leu  (Luigi  Bona- 
parte).;  ed  al  professore  Tonelli,  dimostra  enfatica- 
mente come  egli  sopporti  assai  male  il  sistema  poli- 
tico attuale  in  Italia  (i). 

E  tutto  questo  procedere  dei  nostri  padroni  lo  si 
copriva  col  manto  della  religione.  Si  scriveva  da  Ve- 
nezia essere  a  cognizione,  come  uno  degli  uffizi  di 
revisione  dei  libri  nella  monarchia,  siasi  reso  colpe- 
vole di  aver  rilasciato  ad  un  libraio  di  Stuttgard 
alcuni  esemplari  di  Bibbie,  provenienti  da  quella 
Stamperia  sociale  ;  si  richiama  quindi  la  prescrizione 
che  «  vieta  qualsiasi  diffusione  di  tali  libri  e  ne  rende 
avvisati  gli  ordinariati  diocesani  »  (2). 

Si  era  in  carnevale,  e  malgrado  la  cappa  di  piombo 
che  opprimeva,  i  nostri  babbi  pensavano  a  metter  per 
un  po'  di  tempo  a  parte  i  fastidì  e  darsi  all'allegria. 
Ora  eccoti  una  nota  governativa  che  ingiunge  «  esser 
vietate  le  feste  da  ballo  dall'  Epifania  a  tutta  la  do- 
menica dopo  Pasqua,  ed  anche  negli  altri  tempi,  dice 
la  nota,  i  permessi  saranno  ristretti  ;  e  tutto  ciò  sotto 
pene  severissime  ».  Fortuna  che  si  trattava  di  feste 
pubbliche,  poiché  privatamente  se  ne  facevano  an- 
che di  troppe. 

Giacche  siamo  sul  capitolo  dei  divertimenti,  vo- 
gliamo far  menzione  speciale  del  volo  aereo,  che 
offrì  rOrlandi  nel  nostro  anfiteatro  dell'Arena  sullo 
scorcio  del  marzo. 

Questo  areonauta  si  proponeva  di  percorrere  le  re- 
gioni dell'aria  sulle  norme  del  sistema  Zambeccari, 
voleva  manovrare  coi  remi  e  colla  vela  per  esser  pa- 
drone della  sua  macchina.  Era  un  tempo  splendido 


(i)  Carte  segrete,  Doc.  332. 

(2)   Documeiito  347,   Carte  segrete. 


-58- 

e  dopo  che  l'areostato  ebbe  fatto  il  giro  deiranfiitea- 
tro,  tagliate  le  corde  si  spinse  verticalmente  nello 
spazio  e  vi  rimase  immobile  per  pochi  minuti,  poi 
procedette  orizzontalmente  ;  fu  allora  che  si  scorse 
la  mossa  dei  remi  e  della  vela.  Era  pensiero  dell'areo- 
nauta  di  rimanervisi,  aggirarsi  e  dirigersi  per  quanto 
era  possibile  neiraria,  ma  un  caso  impreveduto  vietò 
l'effettuazione  del  progetto. 

L'areonauta,  affine  di  scemare  la  forza  ascensiva, 
per  scandagliare  la  distanza  della  terra  ed  ancorarsi, 
impiegava  una  grossa  palla  di  ferro  raccomandata 
ad  una  fune.  Egli  calava  questo  globo  da  un  buco 
della  galleria  ;  ora  avendo  esso  toccato  un  pergolato 
che  sporgeva  dal  tetto  di  una  casa  fuori  di  Porta 
Comasina  (Garibaldi)  ed  essendosi  per  la  forza  del 
peso  incastrata  fra  i  pali  incrociati  del  pergolato 
stesso,  per  quanto  sforzo  operasse  Tareonauta,  fu 
impossibile  estrarnela  ;  si  aggiunge  che  un  grosso 
gruppo  di  curiosi  aveva  circondato  la  macchina  in 
modo  che  non  fu  più  possibile  continuare  Tascen- 
sione. 

Non  mancarono  altri  spettacoli  diurni,  tra  cui  è  a 
notarsi  quelli  che  il  celebre  Alessandro  Guerra  (i) 
dava  ai  giardini  pubblici,  dove  era  un  gran  teatro 
in  assito,  una  specie  di  Pezzana  di  buona  memoria. 
Talvolta  questi  spettacoli  decorati  con  un  certo 
sfarzo,  erano  anche  dati  nel  nostro  anfiteatro. 

Né  dobbiamo  dimenticare  la  proverbiale  benefi- 
cenza dei  milanesi,  ed  una  che  venne  esercitata  so- 


(i)  Questo  cavallerizzo,  se  la  memoria  non  ci  tradisce, 
fu  vittima  nell'esercizio  della  sua  professione,  per  una  ca- 
duta da  cavallo.  Per  molto  tempo  potemmo  ammirare  nel 
cimitero  di  S.  Gregorio  una  bella  croce  in  ferro  dorato,  nel 
mezzo  della  quale  un  bassorilievo  in  bronzo  ritraeva  l'abile 
cavallerizzo  nell'esercizio  della  sua  professione. 


-  59  - 
pra  larga  scala,  fu  quella  in  occasione  deirincendio 
cii  Saronno,  un  grosso  borgo  a  una  diecina  di  chilo- 
metri da  Milano,  cui  accenna    il    Cusani   nel    capo 
XLVIII  della  Storia. 

A  provvedere  alle  occorrenze  più  pressanti  dei 
danneggiati,  si  spedirono  a  quel  borgo  da  ogni  parte 
molte  suppellettili  e  abiti,  oltre  sacchi  di  grano,  le 
quali  cose  tutte  furono  distribuite  alle  famiglie  più 
indigenti.  Poco  appresso  i  milanesi  organizzarono 
uno  spettacolo  straordinario  al  teatro  della  Scala  e 
la  direzione,  gli  artisti,  l'orchestra,  la  truppa  si  pre- 
starono gratuitamente.  Seguì  una  gran  festa  all'Are- 
na e  per  maggior  attrattiva;  si  chiamò  la  celebre  areo- 
nauta,  Elisa  Garnerin,  che  infelice  prova  aveva  dato 
in  occasione  delle  feste  per  la  venuta  dell'imperatore 
Francesco  I.  Questa  volta  però  le  cose  camminarono 
meglio,  poiché  l'ascensione  fu  senza  inconvenienti  e 
dopo  tre  ore  discese,  pure  senza  pericolo,  nel  sob- 
borgo di  porta  Tenaglia,  sicché  potè  ancora  mostrarsi 
nell'anfiteatro,  prima  del  termine  dello  spettacolo.  Si 
poterono  introitare  14.785,75  lorde,  un  decimo  delle 
quali,  come  era  già  stato  stabilito  preventivamente, 
furono  cedute  pei  danneggiati  dell'incendio. 

Si  constatò  poi  che  dal  21  marzo,  ossia  due  giorni 
dopo  l'incendio,  al  17  luglio  si  raccolsero  in  effettivo 
denaro  lire  87.514,19,  alle  quali,  se  aggiungesi  il  va- 
lore delle  granaglie  e  delle  suppellettili,  raccolte  a 
Milano  ed  a  Saronno,  il  prodotto  di  tali  largizioni 
salì  alla  bella  cifra  di  L.  89.668,44. 

E  possiamo  garantire  l'autenticità  di  tali  cifre,  ooi- 
chè  una  apposita  Commissione  ne  sorvegliò  scrupo- 
losamente il  riparto.  Il  lavoro  era  stato  affidato  a  per- 
sone ineccepibili,  possidenti  nel  borgo,  quali  il  Pro- 
posto parroco  sig.  Bellani  ed  il  suo  coadiutore  si- 
gnor Catena,  cui  si  unirono  i  signori  Giambattista 


-  6o  — 
Viglezzi,  Flaviano  Banfi  e  Carlo  Maria  Rampoldi, 
tutti  di  Saronno.  La  quantità  dei  sussidi  raccolti  fece 
sì  che  tutti  i  danneggiati  bisognosi  poterono  conse- 
guire un  sufficiente  compenso  dei  danni  patiti  nella 
misura  graduale  di  2/3,  1/2,  1/3,  1/4,  1/5  del  totale  (i). 
E  la  nostra  Delegazione  fu  larga  alla  Commis- 
sione di  quelle  lodi,  di  cui  si  meritava.  Fu  poi  tanto 
il  denaro  raccolto  che  oltre  indennizzare  in  gran  parte 
le  famiglie  disgraziate  si  poterono  rifabbricare  i  19 
mila  metri  quadrati  distrutti  e  avanzare  tanto  denaro 
da  poter  erigere  sulla  piazza  della  Chiesa  del  Borgo 
una  bella  statua  in  marmo  a  ricordo  della  cospicua 
beneficenza  (2). 


(i)  Vedi  il  nostro  Archivio  municipale  e  quello  di  Sa- 
ronno. 

(2)  Questa  statua  chiamata  la  Riconoscenza  foggiata  in 
una  donna  riccamente  drappeggiata  ergesi  dal  1830  sulla 
piazza  della  Chiesa  maggiore  di  Saronno  e  può  vedersi  tut- 
tora. Il  disegno  è  dell'architetto  Durelli,  già  professore  di 
prospettiva  nelle  Scuole  di  Brera,  l'esecuzione  dello  scul- 
tore Gaetano  Motelli. 

Sulla  fronte  del  basamento  leggesi  la  seguente  iscri- 
zione : 


ANNO   MDCCCXXVII  XV   KAL  APRILIS 

DIRA   FLAMMARVM  VIS 

PRiECIPITI  AQVILONE   FVRENS 

OPPIDANOS   SUPRA  DCCC 

QVASSATIS    DOMIBVS    C O N F L A G R A T I S V  I 

ESPVLIT   SVB  DIO 

MEDIOLANENSIUM   PIETAS 

AERE    MAXVMO   INFRA    MENSEM    CONLATO 

REM   PENE  RESTITVIT 

DISCAT   GENUS   OMNE   POSTERUM 

VRBI   MATRE   ALMAE 

MAIORUM  GRATIA   ET   AMORIS  SACRAMENTUM 

SERVARE   QVA  POTIS   EST 


—  6i  — 

Né  fra  le  beneficenze  devesi  dimenticare  la  crea- 
zione del  Pio  Istituto  Filarmonico.  Esso  era  stato  fon- 
dato nel  1783,  sotto  gli  auspici  di  Giuseppe  IL  Gli 
ascritti  non  potevano  essere  che  professori,  artisti  di 
musica  nazionali,  i  quali  erano  obbligati  a  non  ab- 
bandonare il  paese,  dovendo  prestar  Topera  nel  tea- 
tro stesso  in  qualunque  occorrenza  e  sempre  gratui- 
tamente, qualora  trattavasi  pel  bene  dell'  Istituto.  La 
istituzione  soccorreva  ai  malati  indigenti  ed  ai  vecchi 
resi  inabili  all'esercizio  :  i  prodotti  si  ricavavano  dalle 
serate  annuali  concesse  a  tale  scopo  (i). 

Intanto  il  progetto  circa  la  nuova  barriera  di  porta 
Orientale  (Venezia)  era  passato  allo  stato  di  attua- 
zione, essendosi  trascelto  fra  i  disegni  presentati  a 
concorso  quello  di  certo  architetto  Vantini. 

Il  viceré  Raineri  ci  regala  un  quarto  figlio,  l'arci- 
duca Ferdinando  ;  solite  feste,  soliti  baciamani  e  lu- 
minarie al  teatro  ;  cosa  che  si  ripete  anche  nel  mese 

A  tei^o  di  questa  si  legge: 

all'incuta    MILANO 

CHE 

DISTRUTTE  IN   QUESTO   COMUNE 

OLTRE   A   XXX   ABITAZIONI 

PEL  FERALE  INCENDIO 

DEI    XVIII     MARZO    MDCCCXVII 

CON  LARGIZIONI  MAGNIFICHE 

CONFORTO     SOTTRASSE    ALL'INFORTUNIO 

CL    FAMIGLIE 

I   SARONNESI   PONEVANO 

DI  GRATITUDINE  DI  AMORE 

MONUMENTO    PERENNE. 

M,  Oggi  un  grande  stabilimento  fondato  a  spese  del- 
resimio  Maestro  Giuseppe  Verdi  raccoglierà  i  cantanti  ina- 
bili. 


I 


—   62   — 

seguente  (febbraio)  ricorrendo  Tanniversario  impe- 
riale ;  anzi  pare  che  appunto  allora  si  inaugurasse 
quella  festa  speciale  a  S.  Celso,  di  cui  abbiamo  fatto 
cenno  nel  capo  precedente.  Era  una  specie  di  triduo 
o  novena,  la  quale  si  rinnovava  annualmente  per  in- 
vocare su  casa  d'Austria  le  benedizioni  dell'AItis- 
simo  ;  ed  a  questa  cerimonia  interveniva  tutto  il 
mondo  ufficiale  con  a  capo  il  viceré  ed  il  governa- 
tore. 

Intanto  la  letteratura,  malgrado  lo  strettoio  in  cui 
era  tenuta,  faceva  qualche  passo  avanti.  Il  Grossi 
pubblicava  i  Lombardi  alla  pruna  Crociata,  l'abate 
Cesari  le  sue  Prose  scelte,  i  Promessi  Sposi  avevano 
messo  a  rumore  il  campo  letterario,  specie  dopo  le 
recensioni  pubblicate  nella  Gazzetta  ujficiale,  mal- 
grado le  pimture  cui  tentò  infligger  loro  la  Vespa. 

Ecco  come  la  Gazzetta  di  Milano  si  esprime  circa 
la  Vespa, 

«  Nell'atto  che  pubblicavasi  a  Milano  un  foglio 
letterario  nuovo,  lo  scrittore  prometteva  di  non  aver 
nulla  di  comune  col  vecchio  da  cui  derivava  ;  anzi 
come  pegno  d'indole  totalmente  mutata,  scambiò  il 
titolo  d'Ape  in  quello  di  Vespa. 

e  Ora  esce  alla  luce  il  primo  numero,  ma  si  rav- 
visa che  se  la  Vespa  cominciava  a  vivere,  YApe  non 
era  morta;  mentre  Tuna  pioveva  miele,  l'altra  scoc- 
cava pungoli....  Ella  scelse  a  scopo  del  suo  pungolo 
un^opera  che  sembrava  in  salvo  da  ogni  assalto,  sotto 
Tegida  della  pubblica  opinione....  E'  vero  che  la  cri- 
tica è  nata  colle  produzioni  dell'umano  ingegno.... 
ma  ci  ha  modo  e  modo  di  usarne.... 

f  Siamo  nel  caso  del  romanzo  storico  del  Manzoni, 
cui  la  Vespa  andò  punzecchiando  qua  e  là  ;  eppure 
ledìzione  fu  esaurita  in  pochi  giorni  :  anche  i  fogli 


-  63  - 
esteri  ne  fecero  Telogio,  si  sta  preparando    una   ri- 
stampa e  si  domanda  il  permesso  di  tradurla...  » 

K  qui  viene  ad  analizzare  minutamente  dove  mi- 
rano e  con  quanta  ragione  le  ferite  della  Vespa,  ter- 
minando colle  seguenti  riflessioni  : 

«  Se  la  Vespa  voleva  di  botto  veramente  dare  nel 
segno  col  pungolo,  Topera  del  Manzoni  presentavale 
un  lato  vulnerabile  in  alcune  prolissità,  in  certe  mi- 
nutezze ed  in  parecchie  locuzioni  non  lodevoli  ;  le 
quali  cose,  quantunque  possano  riguardarsi  come  lievi 
macchie  in  molta  luce,  sarebbero  da  sopprimere  o  da 
emendare. 

«  Del  resto  sul  conto  di  questo  Romanzo  o  Storia 
che  voglia  dirsi,  avendo  noi  già  fatta  pubblica  la  no- 
stra opinione,  correvaci  debito  di  sostenerla  contro  un 
avversario,  che  non  possiamo  certo  confondere  con 
quelli  immolati  al  silenzio  o  allo  spregio.  Costoro 
non  sanno  che  il  linguaggio  dei  trivii  :  colla  Vespa, 
benché  abbia  acuto  il  pungolo,  si  può  senza  derogare 
scontrarsi  (i).  » 

Certo  C.  Dupuy  rassegna  air  I.  R.  Governo  un 
trattato  di  stenografia,  di  cui  si  dice  molto  bene  ed  il 
diario  milanese  ne  dà  un  accurato  esame.  Come  prova 
di  tale  scienza  affatto  nuova,  vengono  stenografate 
e  stampate  alcune  orazioni  sacre  di  autori  ed  un  ti- 
pografo di  Firenze  pubblicò  le  tragedie  dell'improv- 
visatore Sgricci  raccolte  appunto  colla  stenografia. 

Anche  gli  almanacchi  abbondano.  La  ditta  Pietro 
e  Giuseppe  Vallardi  pubblica  :  Le  glorie  delle  belle 
arti  air  esposizione  di  Brera,  una  specie  di  elenco,  piut- 
tosto che  una  recensione  critica,  cui  molto  meglio 
provvedevano  le  appendici  della  Gazzetta  milanese. 
Le  donne  più  illustri  del  regno  Lombardo-V eneto  e 

(i)  Gazzetta  di  Milano,  15  ottobre  1827, 


-64- 

avvertimenti  alle  belle;  altro  almanacco  del  Pirotta 
k  La  Giraffa  (  !)  ;  Un  quarto  (Tona  a  Talia  è  il  titolo 
di  un  altro  che  si  distribuisce  all'ufficio  dei  giornali 
teatrali,  cui  deve  aggiungersi  Mayr  e  la  Musica,  pub- 
blicato dairArtaria.  Lo  Stella  ha  La  galleria  del 
mondo  in  cui  riproduce  in  compendio  Topera  del  Fer- 
rari Usi  e  costumi;  la  storia  di  Milano  in  compendio 
è  pubblicata  dalla  tipografia  dei  Classici  italiani,  e 
degli  stessi  editori  è  pure  //  Primo  Navigatore  ed 
Elfrida  e  Lionello;  il  Bernardoni  pubblicò  Milano 
nei  secoli  passati;  il  Bonfanti  La  galleria  degli  ori- 
ginali,  la  prova,  una  raccolta  di  parecchi  racconti; 
i  fratelli  Ubicini,  L'esposizione  di  Brera  del  1827; 
gli  editori  degli  annali  universali  ne  pubblicarono 
tre  :  //  colpo  d'occhio  sullo  stato  attuale  delle  belle 
arti  in  Lombardia,  La  donna  nelle  cinque  parti  del 
mondo.  Le  arti  e  le  industrie  in  Francia;  il  Bernar- 
doni a  quanto  già  abbiamo  detto  più  sopra  aggiunge 
la  Cronologia  Storica  della  Francia  e  il  'Novelliere 
piacevole.  Gaspare  Pozzoli  coi  tipi  del  Ferrano  pub- 
blica Le  nozze  di  tutti  i  popoli  del  mondo  ed  il  Pi- 
rotta   Larte  di  mettere  la  propria  cravatta  in  tutte 
le  foggie  conosciute  e  di  uso,  insegnata  e  dimostrata 
in  sedici  lezioni  (  !).  Se  non  è  ridicolo  e  scipito,  do- 
vrebbe essere  una  lettura  assai  curiosa. 

Anche  nelle  industrie  e  nelle  arti  qualche  cosa  vi 
è  da  spigolare.  Mentre  il  Marchesi  continua  ad  atti- 
rare forastieri  nel  suo  studio,  il  nostro  diario  ci  parla 
di  indagini  fatte  fin  d'allora  nel  lago  di  Nemi  per 
estrarre  gli  oggetti  antichi  dalla  barca  affondata  di 
Tiberio;  prodiga  elogi  sperticati  al  nostro  orefice 
Brusa  pe'  suoi  lavori  in  argento,  e  nell'ottobre 
il  popolino  si  accalcava  ai  parapetti  in  legno  del  na- 
viglio grande  per  vedervi  passare  la  immane  zattera 


-65- 
SU  cui  era  stata  collocata  la  seconda  delle  colonne  di 
granito  destinata  pel  S.  Paolo  di  Roma.  Era  della 
lunghezza  di  oltre  1 1  metri/con  un  diametro  di  oltre 
un  metro. 

Tra  le  morti  illustri,  notiamo  in  prima  linea  quella 
del  fisico  Alessandro  Volta,  avvenuta  a  Como  il 
sei  marzo  (i).  Nacque  egli  in  questa  città  nel  1748 
da  nobile  famiglia  di  antica  prosapia  ed  a  quanto 
dicono  i  suoi  biografi,  sembra  che  fin  da  giovinetto 
mostrasse  grande  inclinazione  per  le  scienze  fisiche  e 
chimiche,  specie  per  la  elettricità,  che  appena  allora 
Galvani,  professore  all'università  di  Bologna,  aveva 
annunziato  ai  dotti  colle  sue  esperienze  sulla  rana. 

Tra  i  diciotto  ed  i  ventiquattro  anni,  pubblicò  una 
dissertazione  latina  in  materia  (De  vi  attractiva  ignis 
electrict).  Non  è  gran  cosa,  poiché  non  contiene  che 
imperfettamente   qualche   spiegazione  dei  fenomeni 


(i)  La  sua  salma  riposa  nel  Cimitero  di  Camnago,  poco 
distante  da  Como.  Alla  croce  di  legno  eretta  subito  dopo  il 
decesso  e  che  recava  la  semplice  scritta  :  Qui  giaciono  le 
spoglie  del  Cav.  Conte  Alessandro  Volta  tolto  ai  vivi  alli 
5  marzo  J82J  d^anni  82,  fu  nel  nuovo  cimitero,  dove  venne 
trasportata  la  salma  quattro  anni  dopo,  sostituito  un  tem- 
pietto rotondo  che  sulla  porta  reca  scolpito  :  Ad  Alessandro 
Volta  la  vedova  ed  i  figli.  Lateralmente  alla  soglia  vi  sono 
due  statue  che  figurano  donne  piangenti,  lavoro  di  un  Ar- 
genti di  Viggiù,  scolaro  del  Marchesi  ;  all'intorno  alcuni 
bassorilievi  raporesentanti  gli  strumenti  di  fisica  inventati 
dal  Volta  ;  nell'interno  in  una  nicchia  è  il  busto  del  fisico, 
lavoro  del  Comolli. 

La  statua  sulla  piazza  omonima  fu  votata  nel  1827,  ma 
nel  29  non  si  era  fatto  ancor  nulla,  sicché  Cesare  Cantù  che 
allora  trovavasi  professore  a  Como,  gridò  contro  questo 
oblio,  poiché  mentre  si  poneva  una  lapide  vivente  la  can- 
tante Pasta,  nulla  si  faceva  per  chi  aveva  tanto  illustrato 
la  scienza.  Nel  1834  finalmente  si  pose  la  prima  pietra  e 
4  anni  dopo  si  fece  l'inaugurazione  (15  agosto).  E'  opera 
del  Marchesi. 

GiANETTi.  Crontstona.  5 


[ 


^^  ^^^m 


—  66  — 

elettrici  ;  anzi  è  a  notarsi  che  in  generale,  Volta  non 
mostrò  mai  ne'  suoi  scritti  quel  carattere  filosofico, 
quello  spirito  che  rende  capaci  di  fondare  teorie  vi- 
gorose, quantunque  la  sua  perspicacia  lo  guidasse 
sicuro  nella  deduzione  dei  fatti  che  poteva  provare 
con  esperimenti. 

Nel  1775  costrusse  \ elettroforo,  e  cinque  anni  dopo 
il  condensatore  elettrico y  per  mezzo  del  quale  le  più 
piccole  quantità  di  elettricità  che  emanano  da  una 
sorgente  costante,  vanno  a  fissarsi  e  condensarsi  in 
un  disco  conduttore,  in  virtti  dell'attrazione  momen- 
tanea di  una  elettricità  di  varia  denominazione  alla 
quale  vengono  sottratte,  quando  si  vogliono  rendere 
sensibili  e  sottoporle  ad  osservazione.  A  Volta  pure 
è  attribuito  \ eudiometro  elettrico  e  la  fistola  ad  aria 
iniiammabile,  che  porta  il  suo  nome. 

La  scoperta  però  che  formò  un'aureola  speciale  in- 
torno al  sommo  fisico,  fu  quella  dello  svilupparsi  del- 
Telettricità  pel  mutuo  contatto  dei  corpi,  principio  al- 
lora assolutamente  nuovo,  che  Volta  divinò  con  gran 
sagacità  e  mise  in  piena  luce  con  una  serie  di  espe- 
rienze condotte  abilmente.  Ciò  deve  ascriversi  al  1789. 

Era  egli  da  15  anni  professore  a  Pavia,  essendogli 
tale.cattedra  stata  conferita  nel  1774.  Alle  esperienze 
delle  rane  di  Galvani,  rispose  con  altre  esperienze, 
dimostrando  che  il  modo  di  svilupparsi  dell'elettri- 
cità per  semplice  contatto,  non  si  applicava  solo  ai 
metalli,  ma  a  tutti  i  corpi  eterogenei  con  gradi  d'in- 
tensità diversissimi,  secondo  la  loro  natura. 

Su  questo  principio  costrusse  la  famosa  pila,  che 
da  lui  ha  il  nome,  ed  in  seguito  a  questa  scoperta  ne 
tennero  dietro  altre  tanto  importanti,  quanto  inaspet- 
tate: 

Le  prime  ricerche  del  professore  comasco  sullo  svi- 
luppo della  elettricità  nel  contatto  dei  corpi  furono 


V 

k 


-67- 
da  lui  dedicate  alla  Società  Reale  di  Londra  nel 
1792,  precisamente  un  anno  dopo  la  pubblicazione 
dell'opera  di  Galvani  suirelettricità  animale;  nel 
1800  offerse  pure  alla  stessa  Società  l'elettromotore. 
Già  nel  1794  aveva  ottenuto  la  medaglia  d'oro. 

La  Francia  non  conobbe  i  progressi  di  questa 
scienza  che  dopo  la  conquista  d' Italia,  cioè  nel  1801. 
Fu  allora  da  Napoleone  Bonaparte  chiamato  a  Pa- 
rigi dove  ripetè  le  sue  esperienze  davanti  ad  un  pub- 
blico dotto  e  numeroso  :  si  propose  di  conferirgli  la 
medaglia  d'oro  dell'Istituto,  e  nei  comizi  di  Lione 
verme  eletto  deputato  di  Pavia,  quindi  fu  addetto  al 
collegio  dei  Dotti,  creato  senatore  e  conte,  mentre  la 
classe  delle  Scienze  l'aveva  nel  1802  scelto  quale  so- 
cio corrispondente. 

Potrebbe  forse  far  stupire  che  dopo  l'importante 
scoperta  cui  accennammo  null'altro  abbia  prodotto, 
ma  dicesi  che  verso  la  fine  di  sua  vita  la  di  lui  mente 
indebolita  non  gli  permettesse  più  di  occuparsi  di 
scienza. 

Le  sue  opere  furono  pubblicate  molto  tempo  prima 
della  sua  morte,  a  Firenze,  nel  18 16. 

Aggiungiamo  alcuni  episodi  pili  salienti  della  sua 
vita. 

Degne  di  nota  sono  le  parole  che  scriveva  al  pro- 
fessor Barletti  nel  1777,  presentendo  60  anni  prima 
le  invenzioni  di  Morse.  «  Quante  belle  idee  mi  van 
ribollendo  in  testa,  eseguibili  con  questo  stratagemma 
di  mandar  la  scintilla  elettrica  a  far  lo  sparo  della 
mia  pistola  a  qualunque  distanza  !  Sentite  :  Io  non 
so  a  quante  miglia  un  fil  di  ferro  tirato  sul  suolo,  che 
si  ripiegasse  indietro,  o  incontrasse  un  canale  d'acqua 
di  ritomo,  condurrebbe  la  scintilla  commovente.  Pre- 
veggo che  la  terra  bagnata  devierebbe  il  corso  del 
fuoco  elettrico,  ma  se  il  filo  fosse  sostenuto  da  pali, 


-  68  - 

per  esempio,  da  Como  a  Milano,  e  venisse  indietro 
al  mio  lago  pel  naviglio,  non  credo  impossibile  di 
far  lo  sparo  della  pistola  a  Milano  con  una  boccia 
di  Leida  scaricata  a  Como.  » 

E  più  tardi  studiando  il  gas  infiammabile,  il  Volta 
presagisce  pure  il  processo  della  illuminazione  a  gas  ; 
ecco  le  sue  parole  :  e  Ho  talvolta  pensato,  scrive  al 
padre  Campi,  se  vi  fossero  mezzi  di  fare  un  uso  eco- 
nomico dell'aria  infiammabile  (idrogeno)  sostituen- 
dola airolìo.  Basterebbe  distillare  o  abbruciare  in 
vasi  chiusi  i  corpi  che,  venendo  bruciati  all'aperto, 
possono  ardere  con  fiamma  ;  e  raccogliere  in  boccie 
piene  d'acqua  le  emanazioni  che  ne  sprigionano.  » 

Napoleone  dopo  averlo  creato  conte  e  senatore  non 
voleva  in  nessun  modo  che  si  ritirasse  dall'insegna- 
mento ;  l'imperatore  non  ha  occhi  che  per  lui  quando 
interviene  alle  sedute  dell'  Istituto.  —  «  Faccia,  dice, 
anche  una  sola  lezione  all'anno,  ma  l'università  pa- 
vese sarebbe  colpita  al  cuore,  se  permettessi  che  si 
ritirasse  \  del  resto  soggiunge  un  bon  general  doti 
moiinr  mi  champ  d honneur  ». 

Terminiamo  con  una  frase  di  Humboldt,  il  quale 
scrivendo  al  nostro  professore  gli  diceva  :  «  Vous 
avez  étonné  le  monde  »  (i). 

Un  altro  letterato  era  morto  pure  in  quest'anno 
(giugno),  Io  storico  cavalier  CARLO  DE  ROSMINI.  Era 
nato  a  Rovereto  il  26  novembre  del  1763  e  non  67, 
come  scrive  il  Cusani  nel  Capitolo  L.  Circa  la  sua 
biografia,  rimandiamo  il  lettore  al  citato  capitolo. 

Mancò  pure  ai  vivi  il  sacerdote  D.r  PIETRO  Tam- 
BURINij  preside  della  facoltà  legale  di  Pavia.  Era 
nato  a  Brescia  il  gennaio  del  1737,  dove  compì  i  suoi 


(i)  Dalla  conferenza  su  Volta,  tenuta  a  Firenze  dall'on. 
Colombo. 


-69- 
studi  e  professò  per  12  anni  prima  la  filosofia,  quindi 
la  teologia  ;  fu  a  Roma  per  un  seiennio  rettore  degli 
studi  nel  Collegio  irlandese,  quindi  a  Pavia,  dove 
era  anche  censore  per  la  stampa.  Nel  1795  fu  pensio- 
nato, ma  dopo  due  anni  riassunse  la  cattedra  di  filo- 
sofia e  di  diritto,  finché  soppressa  questa,  organizzò 
a  Brescia  il  liceo. 

Il  barone  GIOVANNI  Bazzetta,  vice-presidente  del 
governo  di  Lombardia.  Aveva  sortito  i  natali  a  Mi- 
lano nel  febbraio  del  1753.  A  33  anni  fu  nominato 
consigliere  di  Tribunale,  quindi  giudice  d'Appello, 
poi  di  revisione  e  di  Cassazione  ;  fu  pure  Consigliere 
di  Stato  e  presidente  della  Commissione  legale. 

Nel  18 14  entrò  a  far  parte  della  reggenza  provvi- 
soria e  nel  18 16  fu  nominato  consigliere  di  governo, 
con  incarico  di  presiedere  la  Commissione  diploma- 
tica pel  debito  pubblico  italiano. 

Fu  decorato  della  corona  ferrea  e  nominato  vice- 
presidente di  governo.  A  S.  Babila  dove  furono  ce- 
lebrate le  esequie  si  leggevano  grandi  cartelli  pieni 
di  lode. 

Una  persona  pure  appartenente  a  famiglia  illustre 
spegnevasi  Tultimo  mese  di  quest'anno  a  Milano  ;  il 
conte  Francesco  Taverna,  già  consigliere  intimo  di 
Stato,  che  si  dedicò  per  tempo  allo  studio  delle  let- 
tere e  delle  scienze,  specie  della  giurisprudenza.  Nel 
1783  ottenne  la  laurea  nella  università  di  Pavia  e 
sette  anni  dopo  fu  dall'Imperatore  Leopoldo  II  pro- 
mosso a  consigliere  d'appello,  quindi  chiamato  a  far 
parte  del  tribunale  di  revisione,  dove  rimase  fino  al 
1807,  epoca  in  cui  venne  nominato  primo  presidente 
alla  Corte  d'Appello  in  Milano. 

In  tutti  questi  impieghi,  egli  si  distinse  sempre  per 
integrità,  per  dottrina  e  per  assiduità  nell'adempi- 
mento de'  suoi  doveri. 


—  70  — 

Cessata  quest'ultima  magistratura,  essendosi  isti- 
tuito ri.  R.  Tribunale  d'Appello  generale  nel  1816, 
chiese  il  riposo  reiteratamente  ed  infine  l'ottenne. 

Alle  doti  dell'ottimo  magistrato,  si  associavano  nel 
conte  Taverna  le  più  belle  qualità  di  mente  e  di 
cuore,  rese  ancora  più  pregevoli  per  la  sua  modestia- 
Penetrato  dai  sensi  della  vera  e  soda  religione, 
si  studiò  in  tutto  il  corso  della  sua  vita  di  osservarne 
e  praticarne  le  massime  ed  i  precetti,  cosichè  la  per- 
dita di  una  persona  tanto  universalmente  stimata  ed 
amata  non  solo  afflisse  la  di  lui  famiglia,  ma  fu  sen- 
tita e  vivamente  compianta  da  tutti. 

E  quest'anno  ancora  giunse  a  Milano  la  notizia 
della  morte  di  UGO  FOSCOLO  (io  settembre)  :  con- 
tava 49  anni.  Cinque  soli  amici  seguirono  il  feretro 
che  fu  tumulato  otto  giorni  dopo  la  morte  nel  cimi- 
tero di  Chiswich.  Floriana,  sua  figlia  naturale,  lo 
seguì  un  anno  dopo  in  una  desolante  povertà,  soccorsa 
da  certo  canonico  Riego,  ottimo  cuore,  al  quale  la- 
sciò in  compenso  preziosi  manoscritti  foscoliani. 


1828. 

CAPITOLO   IV 


Le  Romagna  ed  il  Napoletano.  —  Misure  coercitive.  —  Lo 
Stendhal  a  Milano.  —  Feste  religiose.  —  Il  conte  Ba- 
thiany  e  la  SamoylofF.  —  Divertimenti.  —  Un  altro 
figlio  del  viceré.  —  Edilizia  e  pompieri.  —  Stampa.  — 
Accademie.  —  Necrologio. 

Oli  sguardi  dei  nostri  babbi  sono  ancora  rivolti  a 
Roma  ed  alle  Legazioni  :  le  descrizioni  che  se  ne  fan- 
no sono  tristissime.  Anche  nel  napoletano  le  cose  non 
camminano  come  vorrebbe  il  governo  austriaco,  poi- 
ché tratto  tratto  si  scoprono  settari. 

11  IO  marzo,  il  solerte  Lancetti  ordina  al  consi- 
gliere delegato  a  Verona  ed  ai  Commissari  superiori 
nelle  altre  provincie  che  «  ove  taluno  dei  molti  set- 
tari scoperti,  avesse  a  penetrare  nel  territorio  di  que- 
ste Provincie,  sia  respinto,  qualora  mancasse  di  rego- 
lari recapiti  ;  e  sia  assoggettato  a  rigorosa  sorve- 
glianza, se  si  trovasse  in  piena  regola,  riferendo  senza 
ritardo,  ecc  *  (i).  Unito  poi  a  questa  nota^  il  ministro 
manda  un  elenco  di  tali  adepti. 

(i)  Documento  165,  Carte  segrete. 


—  72  — 

Intanto  con  grande  dispiacere  della  cittadinanza, 
sono  destituiti  dalle  loro  cattedre,  a  Bologna,  il  pro- 
fessor Tommasini,  il  prof.  Luppi  ed  il  prof.  Ventu- 
roli,  tutti  per  accuse  politiche:  certo -Batucci  viene 
pure  consegnato  alle  carceri  di  Ferrara  con  parecchi 
altri  individui  ;  le  case  sospette,  dove  dicevasi  con- 
venissero partitanti  settari,  fiurono  rigorosamente  vi- 
gilate ed  altri  esercizi  pubblici  nei  quali  si  constatò 
che  si  tenevano  discorsi  sovversivi,  furono  chiusi  (i). 

Tutto  ciò  si  doveva  al  Fattività  del  cardinale  Ber- 
netti,  allora  segretario  di  Stato. 

Malgrado  tuttavia  questa  solerzia,  Roma,  come  era 
centro  dove  convenivano  parecchi  forastieri,  così  po- 
teva dirsi  anche  quello  delle  diverse  sette,  od  almeno 
dei  principali  rappresentanti  di  esse:  quivi  trova- 
vansi  Guelfi  e  Concistoriali,  Sanfedisti  e  altri  parec- 
chi di  quella  lunga  litania,  cui  accennammo  fin  dal 
principio  di  questa  Cronistoria  (2). 

La  vigilanza  poi  del  nostro  governo  si  spinse  an- 
che più  in  là.  Erasi  da  qualche  tempo  reso  vacante 
in  Roma  il  posto  di  direttore  dell'accademia  francese, 
ed  a  questo  veniva  nominato  il  pittore  Vemet,  il  quale 
naturalmente  doveva  trasferirvisi  da  Parigi.  Ora  sic- 
come questi  era  conosciuto  pe*  suoi  principi  politici, 
molto  liberali,  la  suprema  direzione  raccomandava 
agli  IL  RR.  Commissari  che  venisse  rigorosamente 
sorvegliato,  e  che  tale  sorveglianza  si  estendesse  an- 
che a  quegli  allievi  che  fossero  a  lui  diretti,  o  pro- 
venissero dalla  sua  scuola  (3). 


(i)  Carte  segrete,  Doc.  208. 

(2)  Il  DIDIER;  nella  sua  Rome  souterraine,  si  trattiene 
a  lungo  intomo  alle  società  segrete  d'Italia,  ma  piuttosto 
in  forma  romantica  ;  è  un  libro  che  tuttavia  interessa  anche 
pei  parecchi  episodi  che  vi  si  narrano. 

(3)  Carte  segrete,  D03.  333. 


—  73  ~ 
Qualcuno  però  riusciva  a  prendere  il  largo,  come 
avvenne  dei  fratelli  Capazzoli,  compromessi  negli  ul- 
timi moti  del  regno  di  Napoli,  i  quali  fuggiti  per 
mare,  riuscirono  ad  imbarcarsi  per  la  Francia  e  V  In- 
ghilterra. 

Anche  la  stampa  non  è  lasciata  in  pace  :  fin  dai 
primi  di  quest'anno  era  venuto  in  luce  a  Parigi  un 
romanzo  in  quattro  volumi  dal  titolo  :  Urbin  F asono 
ou  la  Jettaturay  kistoìre  napolitaine  par  M.  de  Cara- 
dono, 

Si  disse  che  il  nome  delFautore  fosse  una  finzione, 
e  vi  si  celasse  un  suddito  italiano  ;  siccome  poi  il  ro- 
manzo era  pieno,  dicevano  i  rapporti  del  governo, 
delle  più  infami  calunnie  ed  oltraggi  contro  il  de- 
funto re  di  Napoli,  contro  la  sua  famiglia,  il  suo  re- 
gime, i  suoi  più  fedeli  impiegati  ;  che  in  una  parola 
spirava  da  ogni  parte  odio  contro  i  legfittimi  governi 
e  contro  i  regnanti,  l'Autorità  raccomandava  nel 
modo  più  rigoroso  la  vigilanza  alla  polizia  di  con- 
fine. 

€  E  questo  rigore  si  esercitasse  anche  sopra  altro 
scritto  satirico,  uscito  quasi  contemporaneamente  per 
le  stampe  a  Bruxelles,  che  porta  per  titolo  :  Les  sou- 
venirs  de  F Europe  en  1828  et  leurs  héritiers  pr'esomp- 
tifs,  leurs  ambassadeursy  chargés  d^affaires  dans  les 
diverses  Cours.  Come  contrassegno,  il  volume  reca 
l'effigie  dei  sovrani  d'Austria,  d'Inghilterra,  di  Spa- 
gna e  di  Francia  (i). 

Anche  lo  Stendhal  (Enrico  Beyle)  venne  fatto  se- 
gno alla  sorveglianza  d«lla  polizia  nella  sua  seconda 
venuta  tra  noi.  Si  trattava  di  punire  chi  aveva  pub- 

(i)  Documento  350.  Carte  segrete. 


—  74  — 
blicato  in  un  libro  sprezzanti  parole  contro  il  governo 
austriaco  ed  aveva  raccontato  sconvenienti  storielle 
sul  conto  di  vari  cittadini.  Ecco  la  Nota  del  nostro 
direttore  di  Polizia  Torresani  al  conte  di  Stras- 
soldo,  conservata  negli  atti  segreti  della  Polizia  del 
regno  lombardo-veneto,  in  data  del  6  gennaio  : 

«  Come  già  ebbi  ad  annunciare  all'  E.  V.,  arrivò 
in  questa  città  il  noto  francese  Enrico  Beyle,  d'anni 
44,  già  uditore  del  Consiglio  di  Stato  sotto  Bonaparte, 
ed  autore,  per  quanto  ne  sono  stato  assicurato  da 
prima  fonte,  della  nota  opera  intitolata  Rome,  Na- 
ples  et  tlorence,  in  cui  oltre  il  pessimo  spirito  in  li- 
nea politica,  che  in  essa  si  scopre,  si  permise  i  più  vee- 
menti ed  audaci  sarcasmi  contro  il  governo  austriaco, 
né  ebbe  ribrezzo  di  compromettere  moltissime  per- 
sone, tanto  delle  nostre  provincie,  quanto  di  altri 
Stati  d' Italia,  anche  colle  più  palesi  calunnie.... 

«  Ora  essendosi  egli  presentato  a  codesta  Dire- 
zione per  domanda  di  una  carta  di  sicurezza  per  15 
giorni,  dichiarando  che  viaggiava  per  salute  e  di- 
porto..., gli  verme  ordinato  lo  sfratto.... 

«  Alle  sue  lagnanze....  gli  vennero  fatti  conoscere  i 
motivi  di  tale  misura.  Egli  cercò  di  sostenere  non  es- 
sere Kautore  dell'opera  attribuitagli,  soggiungendo 
che  al  suo  ritorno  a  Parigi,  si  riservava  di  far  qui  per- 
venire a  mezzo  dell'  I.  R.  Ambasciata  la  propria  giu- 
stificazione, non  solo  per  difendere  l'onore,  ma  onde 
rendersi  libero  il  ritomo  in  questa  città,  in  cui  già 
soggiornò  dal  1816  al  1821. 

«  Ma  egli  partì  nella  notte  dello  stesso  giorno,  di- 
rigendosi in  patria  per  la  via  del  Sempione....  La  di 
lui  sorveglianza  durante  questa  dimora  a  Milano  non 
diede  adito  a  speciali  osservazioni,  poiché  non  fre- 
quentò che  la  casa  di  certo  Buzzi,  nativo  di  Viggiù, 
col  quale  trovavasi  in  stretta  relazione  già  da  tempo. 


-  75  — 
Kd  il  solerte  funzionario  ha  modo  di  sapere  anche 
i  particolari  del  conoscente,  poiché  dice  che  esercitava 
la  professione  di  scrivano  fin  dall'epoca  del  dominio 
francese  ed  arricchì  in  seguito  a  speculazioni,  durante 
il  periodo  napoleonico. 

Ad  aggravare  la  posizione  dello  Stendhal,  ag- 
giunge il  funzionario,  che  nella  sua  prima  dimora  in 
Milano  si  fece  conoscere  quale  uomo  irreligioso  e  ri- 
voluzionario, nemico  di  ogni  ordine  politico  ed  es- 
sere stato  anche  autore  di  un'opera  infame  in  politica, 
stampata  nel  1817  a  Parigi  con  nome  falso,  che  ha 
per  titolo  Histoire  de  la  peinture  en  Italie. 

A  completare  questo  episodio  dello  Stendhal,  che 
22  anni  prima  di  morire  aveva  preparato  l'epigrafe 
per  la  sua  tomba  (i),  aggiungeremo  che  tornato  a 
Parigi  fu  mandato  console  a  Trieste,  volle  veder  Ve- 
nezia, ma  non  ne  fu  punto  soddisfatto,  forse  perchè 
tormentato  dalla  gotta.  A  Civitavecchia  dove  venne 
traslocato,  urtò  coll'Austria  nella  elezione  del  Papa, 
favorendo  egli  un  De  Gregorio  contro  il  Cast igl  ioni, 
che  cinse  la  tiara  col  nome  di  Pio  Vili,  ma  il  governo 
austriaco  rammentava  il  da  fare  che  il  Beyle  gli  aveva 
dato,  e  non  lo  lasciava  tranquillo  neppure  nel  suo 
consolato,  ed  insistette  tanto  presso  il  governo  papale 
perchè  se  ne  disfacesse.  Malandato  in  salute,  lo  scrit- 
tore domandò  un  congedo  per  curarsi,  ritornò  a  Pari- 
gi, dove  due  anni  prima  della  sua  morte  ottenne  la  cit- 
tadinanza italiana  Spegnevasi  il  23  marzo  del  1842(2). 

Quanto  a  funzioni  religiose,  notiamo  il  battesimo 
dato  ad  un  ebreo  dal  Parroco  di  S.  Ambrogio,  Don 

(i)  Eccola  :  Enrico  Beyle  —  milanese  —  visse,  scrisse, 
amò  —  quest'anima  —  adorava  Cimarosa,  Mozart  e  Sha- 
kespeare. 

(2)  Barbiera,   Figure  e  figurine. 


~  76- 
Cajrlo  Bianchi  (i)  e  la  chiusura  della  famosa  novena 
per  Casa  d* Austria  a  S.  Celso,  oltre  le  consuete  pro- 
cessioni di  S.  Croce  e  del  Corpus  Domìni.  E  il  g-o verno 
mostrandosi  sempre  vigile  custode  della  relig-ione, 
aveva  quest'anno  emanato  un'ordinanza  per  la  quale 
era  severamente  vietato  agli  osti  il  vendere  cibi  di 
grasso  in  giorni  di  magro,  comminando  pene  da  15 
a  20  fiorini,  commutabili  nell'arresto  fino  a  25  giorni. 

Il  carnevale  però  è  imminente  ed  i  divertimenti  in- 
cominciano. Al  Casino  ha  luogo  una  serata  musicale 
che  termina  in  un  ballo,  il  quale  si  protrae  fino  alla 
mattina,  ed  a  rallegrare  l'accademia  vi  interviene  la 
distinta  attrice  Lalande,  idolo  dei  milanesi,  che  vi  fu 
festeggiatissima.  Le  sale  di  casa  Cicogna  furono  pure 
aperte  per  una  grande  serata  di  musica,  terminata  con 
danze  animatissime. 

La  riunione  però  che  fece  maggior  chiasso  e  di  cui 
si  parlò  anche  molto  tempo  dopo,  fu  quella  data  dal 
conte  Giuseppe  Bathiany,  un  magiaro  puro  sangue, 
stabilitosi  nella  nostra  città  appunto  in  questo  car- 
nevale (2). 

Val  la  pena  di  dirne  qualche  cosa  in  disteso.  Agi, 
buongusto,  gentilezza  di  costume  e  pratica  del  bello, 
del  buono,  del  magnifico,  nulla  manca  in  Milano,  così 
esordisce  l'appendicista  musicale  nel  nostro  diario. 
Tale  fu  il  caso  della  magnifica  festa  a  cui  il  conte 
Bathiany  invitò  il  fior  fiore  della  società  d'ambo  i 
sessi,  e  può  dirsi  che  il  genere  di  questo  passatempo 
fosse  il  solo  che  mancasse  alla  nostra  città,  poiché 
l'idea  ne  fu  altrettanto  peregrina  quanto  felice.  Pro- 

(i)  Non  ci  consta  che  avesse  la  denominazione  di  ar- 
ciprete a  quell'epoca. 

(2)  Il  conte  Bathiany  abitava  nella  casa  sull'angolo  si- 
nistro alPestremità  dei  vecchi  giardini  pubblici. 


-  77  - 
babilmente  queirappendicista  era  tutto  pieno  ancora 
delle  dolci  impressioni  della  serata,  lasciamo  a  lui 
la  parola. 

Ma  se  fu  bello  il  pensiero  del  conte  di  offrire  lo 
spettacolo  incantevole  di  un  complesso  di  donne  e  di 
uomini  che  ricordassero  con  tutte  le  particolari  ca- 
ratteristiche, personaggi  famosi  nelle  antiche  corti,  o 
nelle  cronache,  o  negli  annali,  o  nei  romanzi,  è  da  ag- 
giungere che  trovò  negli  invitati  quanto  poteva  ser- 
vire a  dargli  risalto. 

Tutti  si  diedero  la  mano  nell'eleganza,  nella  ric- 
chezza, nel  gusto,  nell'esattezza  storica,  nella  varietà. 
Il  complesso  fu  mirabile. 

La  splendida  abitazione  del  conte,  ingrandita  da 
sale,  che  il  comodo  dell'annesso  giardino  permetteva 
d'allestire,  si  trovò  come  per  incanto  trasformata  in 
una  specie  di  diorama  ;  tutte  le  Ccimere  presentavano 
allo  sguardo  scene  sempre  rinnovate  pel  movimento 
sempre  alternato  della  splendida  folla,  divisa  e  sud- 
divisa in  tanti  quadri  semoventi. 

L'ingresso  della  numerosa  coorte,  continua  il  cro- 
nista, avvenne  in  bella  ordinanza:  tutte  le  variate 
quadriglie,  già  predisposte,  sfilarono  al  suono  di  liete 
armonie,  secondo  i  caratteri  che  rappresentavano,  fra 
due  ale  d'inservienti  che,  tenendo  nelle  mani  in  linea 
orizzontale  mazze  argentee,  sgombravano  il  cammino 
ai  passanti,  seguendoli  sempre  mano  mano  che  si 
avanzavano.  Nel  giro  fatto,  tutti  gli  astanti  che  non 
facevano  parte  delle  quadriglie,  poterono  bellamente 
ammirarne  il  complesso  ed  i  particolari,  mentre  le 
quadriglie  stesse  nella  curva  che  disegnavano,  fa- 
cendo il  giro,  vedevansi  pure  alla  loro  volta  recipro- 
camente. 

Una  rappresentava  la  corte  di  Francesco  I  di  Fran- 
cia ;  seguiva  la  quadriglia  di  Malek-Adel,  numerosa 


^  78- 

di  oltre  30  persone,  fra  cui  brillavano  ricche  vesti  e 
gemme  a  profusione  ;  un'altra  la  Corte  medicea, 
quindi  la  quadriglia  polacca,  la  portoghese,  quella 
dell'Otello,  e  quella  che  destò  maggior  entusiasmo, 
che  da  poco  era  apparso  il  romanzo  i  Promessi  Sposi, 
fu  la  quadriglia  di  Don  Rodrigo  e  dei  bravi,  quali 
sono  indicati  nel  libro  :  seguivano  gli  artisti  più  ri- 
nomati di  Milano  sotto  l'aspetto  degli  illustri  loro 
predecessori.  Infine  una  moltitudine  d'altri  perso- 
naggi o  isolati,  o  a  coppie,  sia  dei  bassi  tempi,  sia 
di  altre  epoche  e  nazioni  diverse,  vestiti  essi  pure  con 
grande  ricercatezza. 

Nello  splendore  di  tante  bellezze,  di  tante  gemme, 
di  tanti  ornamenti,  di  tante  variate  vesti  seriche  e  di 
oro  si  riflettevano  torrenti  di  luce. 

Le  danze  che  successero  al  colpo  d'occhio  d'appa- 
rato, furono  interrotte  dall'invito  alla  cena,  che  fu 
pure  allegrata  da  festose  armonie  e  da  brindisi  in 
onore  dell'Anfitrione. 

Così  il  racconto  genuino  dell'anonimo  appendici- 
sta. Quanto  sarebbe  stato  molto  più  semplice  l'aver 
detto  un  ballo  in  costume  nel  quale  figuravano  le 
tali  e  tali  quadriglie!  intanto  valga  lo  squarcio  per 
saggio  delle  appendici  della  Gazzetta  del  PezzL 

Pare  che  in  tale  occasione  facesse  la  sua  entrata 
nella  società  milanese  la  contessa  Giulia  Samoyloff, 
figlia  del  conte  Palden  (capo  dei  congiurati  che  stran- 
golarono lo  czar  Paolo  1)  allevata  coi  principi  del 
sangue  alla  Corte  di  Pietroburgo. 

Essendo  morto  presto  suo  marito,  ella  si  recò  a 
Milano  dove  era  legata  in  parentela  colla  casa  du- 
cale Litta,  dalla  quale  riceveva  l'assegno  annuo  di 
un  centinaio  di  mille  lire,  lasciatele  da  un  Litta,  suo 
patrigno,  ammiraglio  ai  servigi  della  Russia  (i). 

(1)  Barbiera,  //  Salotto  della  contessa  MaffeL 


-  7$- 
Essa  intervenne  a  questa  festa,  che  poteva  chia- 
marsi delle  nazioni,  nel  costume  di  contadina  russa  : 
cappello  dal  velo  piovente  fino  a  terra,  abito  rosso, 
maniche  bianche  ed  attirava  l'attenzione  fra  le  altre 
bellezze. 

Il  Barbiera  ce  ne  fa  pure  il  ritratto.  Alta,  di  forme 
opulente,  dalle  chiome  corvine,  dagli  occhi  di  un  co- 
lor verdastro,  è  appassionatissima  pei  cani,  dei  quali 
allevava  un  bel  numero  nel  suo  ricco  appartamento 
di  via  Borgonuovo  ;  si  parlava  anche  di  una  masche- 
rata di  gatti  che  l'eccentrica  contessa  lanciò  pel  corso 
un  giovedì  grasso,  sotto  un  furiosissimo  diluvio  di  co- 
riandoli. 

La  Samoyloff  non  capisce  nulla  di  musica,  ma  pi- 
glia fuoco  per  ogni  musicista.  S'innamorò  di  un  oscuro 
baritono,  certo  Pery,  che  a  Como  strillò  alla  peggio 
la  parte  di  Carlo  V  nélV Emani,  e  volle  sposarlo  ; 
ma  la  contessa  fu  condannata  da  Vienna  a  scontare 
il  suo  capriccio  nuziale,  poiché  venne  esclusa  da  ogni 
ricevimento  a  Corte. 

Morto  il  baritono,  per  riparare  allo  scandalo,  Giu- 
lia sceglie  per  terzo  marito  un  conte  dal  quale  pre- 
sto si  separò  ;  strinse  amicizia  col  maestro  Pacini, 
ma  quei  legami  non  giovarono  punto  all'autore  della 
Saito,  giacché  i  milanesi  lo  punirono,  fischiando  le 
sue  opere. 

Fra  gli  intimi  della  dama  è  da  contarsi  un  Gian- 
giacomo  Pezzi,  figlio  al  direttore  del  Diario  milanese, 
il  quale  era  stato  erede  di  uno  zio  mercante  di  por- 
pore, che  per  gareggiare  col  lusso  della  Samoyloff, 
sciupò  tutta  l'eredità,  sfoggiando  persino  in  cucina, 
secchi  d'argento.  Essa  era  tanto  amante  dei  cosmetici 
e  delle  tinture  che  anche  agonizzante,  raccomandò  alla 
cameriera  che  dopo  morta  le  tingesse  le  ciglia  con  ogni 
diligenza,  affinchè  chi  la  vedesse  non  potesse  accor- 
gersi essersi  queste  incanutite. 


-  8o  ^ 

Non  avendo  figli,  la  contessa  aveva  adottato  una 
figlia  del  Pacini  e  un'altra  ragazza  che  prima  andò 
sposa  ad  un  colonnello  austriaco  e  poi  al  fratello  del 
baritono  Pery. 

Molti  ridevano  di  lei,  ma  molti  altri  la  benedivano. 
Nessun  povero  partiva  dalle  sue  sale  colle  mani 
vuote,  tanto  era  proverbiale  la  sua  generosità  verso 
quanti  inventavano  disgrazie  domestiche  per  commo- 
verla  e  strapparle  sussidi.  Essa  volle  perfino  a  scopo 
di  beneficenza  recitare  una  sera  al  teatro  Re  nelle 
Prime  armi  di  Richelieu,  mentre  il  canonico  Ambro- 
soli  sedeva  alla  porta  d'ingresso  per  raccogliere  le 
offerte  dei  generosi. 

Spendendo  ingenti  somme  in  balli  sfolgoranti,  in 
serate,  giacché  si  può  dire  che  le  sue  sale  erano  l'ac- 
colta della  brillante  ufficialità  austriaca  e  di  qualche 
alto  magistrato  italiano,  la  contessa  si  trovava  alle 
volte  possedere  pochi  napoleoni  d'oro,  ma  se  Tocca- 
sione  le  capitava,  elargiva  pur  questi  ai  supplicanti. 

Questa  dama,  che  per  molto  tempo  fece  parlar  di 
sé  la  società  milanese,  visse  fino  a  72  anni  e  morì  a 
Parigi  nel  1875. 

Aggiungiamo  questo  episodio  con  cui  il  Barbiera 
chiude  la  biografia  della  dama  (i). 

Fu  colta  una  notte  da  malore  mortale,  e  se  ne  stava 
tutta  sola  nella  sua  camera  con  un  cane.  Questi,  ac- 
cortosi del  pericolo  (!)  corse  ad  avvertire  uno  degli 
amici  di  casa,  uno  dei  tanti  beneficati,  che  non  vo- 
lendo lasciare  in  balìa  dei  domestici  la  propria  be- 
nefattrice, dormiva  in  una  stanza  contigua,  pronto  ad 
ogni  soccorso. 

L'ultimo  erede  fu  un  medico  di  Tolone,  cui  lasciò 


(i)  Libro  citato. 


—  8i  — 

perfino  i  ricami  ch'ella  soleva  eseguire   con   grande 
studio. 

In  occasione  della  festa  del  conte  magiaro  si  scris- 
sero anche  poesie  ;  scegliamo  qualche  cosa  perchè  il 
lettore  possa  avere  un'idea  dell'impressione  che  essa 
lasciò  fra  i  nostri  babbi  ;  è  d'un  classicismo  perfetto 
come  il  giornale  che  la  riportava,  e  tanto  dà  nel  clas- 
sico che  a  mala  pena  potrà  essere  compresa,  o  meglio 
gustata  come  si  poteva  allora  :  ne  giudichi  il  lettore. 

«  Tu  che  degli  anni  nel  ridente  aprile 
Di  Tea  le  grazie  e  i  faretrati  amori 
Traesti  all'Amo  in  riva,  e  il  crin  senil<^ 
Ancor  di  fresche  idalie  voci  infiori. 
Vieni  del  tuo  Medoaco  al  queto  Sile 
E  me,  cui  d'amistà  candida  onori, 
Accogli,  o  Vittorelli,  a  pie  del  verde 
Lauro,  che  per  età  foglie  non  perde 
Dirò  se  degno  tu  m'inspiri  il  canto 
Di  dame  e  cavalier  l'eccelsa  schiera 
Che  finse  volti  ed  usi  ed  armi  e  manto 
Del  secol  nostro  e  dell'età  primiera 
E  con  sua  mostra,  e  col  vivace  incanto 
Allegra  l'ore  di  festevol  sera 
E  chiama  i  lieti  dì,  quando  alle  insubri 
Rócche  eran  segno  i  Viscontei  Colubri  ». 


Pare  che  questo  Vittorelli  fosse  uno  dei  personaggi 
più  importanti  della  festa,  legato  in  amicizia  col  poeta 
d'occasione. 

Nell'aprile  si  ebbe  all'Arena  una  nuova  ascensione 
dell'Orlandi  e  dai  pubblici  fogli  si  raccoglie  che  l'in- 
trepido areonauta  si  elevò  all'altezza  di  due  miglia  e 
mezzo,  elevazione  molto  maggiore  di  quella  a  cui  per- 
venne la  Gamerin,  e  scese  in  un  paese  distante  dalla 

GiANETTi.  Cronistoria.  6 


—  82  — 

città  otto  miglia,  al  tocco  dopo  mezzanotte.  Avver- 
tiamo che  era  partito  dall'anfiteatro  alle  sette  di  sera, 
furono  quindi  sei  ore  di  viaggio.  Suoi  mezzi  di  ascen- 
sione furono  prima  il  solo  gas  fino  ad  una  certa  al- 
tezza, quindi  l'accensione  della  lampada  :  mezzi  di 
discesa,  la  diminuzione  dell'aria  calda,  aprendo  la  val- 
vola ed  estinguendo  la  lampada.  Quindi  la  solita 
palla  da  lui  calata  al  basso. 

Pochi  giorni  dopo  altro  spettacolo  nello  stesso  an- 
fiteatro, quello  di  una  regata  veneziana.  Vale  la  pena 
di  dirne  qualche  cosa,  anche  perchè  il  lettore  possa 
stabilire  le  differenze  fra  le  attuali  feste  e  quelle  di 
oltre  tre  quarti  di  secolo  fa. 

Tutto  il  bacino  era  allagato,  nel  mezzo  sorgeva  un 
padiglione  dove  si  trovava  la  musica,  ed  ai  suoi  con- 
centi rispondevano  altri  suonatori  che  vogavano  in 
due  barche  nel  bacino.  Parecchie  graziose  peote  e 
gondole  elegantemente  e  riccamente  addobbate  vaga- 
vano dolcemente  sull'onde,  un  complesso  insomma 
destinato  ad  animare  la  scena  prima  che  cominciasse 
lo  spettacolo. 

Al  suono  delle  trombe,  partirono  contemporanea- 
mente quattro  leggeri  battelli  condotti  ciascuno  da  un 
rematore  :  il  pubblico  scoppiava  volta  a  volta  in  ap- 
plausi e  terminata  la  corsa  si  fecero  alcuni  giri  in- 
torno al  bacino. 

Il  viceré  ci  regala  un  quintogenito,  che  viene  al  so- 
lito battezzato  dal  Cardinale  Arcivescovo  ;  gli  sono 
imposti  i  nomi  di  Antonio,  Maria,  Raineri,  Carlo. 
Inutile  aggiungere  i  consueti  baciamani  a  Corte  e  le 
solite  feste  e  luminarie  ai  teatri. 

L'edilizia  continua  ad  abbellire  Milano  ed  in  que- 
st'anno si  pensò  alla  nuova  gradinata  davanti  alla 
facciata  del  Duomo,  si  terminò  il  Cimitero  di  Porta 


-83- 
Tosa  (ora  Vittoria)  e  si  cessò  di  usare  di  quello  di 
Porta  Romana.  Il  corpo  dei  pompieri,  già  da  alcuni 
anni  istituito,  offre  nella  caserma  di  S.  Gerolamo  pa- 
recchi esperimenti  per  l'estinzione  degli  incendi. 

Nel  marzo  (9)  si  ebbe  Tingrata  sorpresa  di  un  ter- 
remoto sussultorio,  che  avvenne  alle  3,20  del  mattino. 
In  alcune  case  dondolarono  letti,  si  screpolarono  pa- 
reti e  tintinnarono  campanelli  ;  tutto  ciò,  malgrado  il 
cielo  d'un  bel  sereno.  Il  popolino  vi  fabbricò  subito 
notizie  fantastiche  di  futuri  eventi  politici. 

La  messe  letteraria  non  è  troppo  feconda,  e,  se  to- 
gliamo parecchie  traduzioni,  qualche  nuova  edizione 
dei  Promessi  Sposi,  ed  i  soliti  almanacchi,  i  fogli 
nulla  ci  danno. 

Fra  la  quantità  delle  strenne,  così  si  chiamavano 
certi  almanacchi  illustrati,  notiamo  :  La  galleria  del 
mondo,  del  Vallardi  ;  la  Scuola  di  Minerva,  del  Pi- 
rotta,  libretto  che  in  piccolo  rassomiglia  a  quello  di 
Gotha  o  al  Vesta  Verde,  pubblicato  ora  dal  Marchi  ; 
Le  danze  antiche  e  moderne,  La  moda  e  i  suoi  ca- 
pricci, I  Paralipomeni  di  un  filosofo  del  Maialar, 
tutti  della  ditta  Fratelli  Vallardi.  U  Ubicini  ci  diede 
una  novella  dei  tempi  feudali,  i  Classici  italiani  Gon- 
zalvo  e  Zulema,  1  Turchi  e  Costantinopoli  ed  An- 
gelica Montanini  di  Siena;  la  tipografia  Tinelli,  Mi- 
lano abbellita;  la  ditta  G.  B.  Bianchi  e  C.  pubblicò  : 
Un'ora  nel  giardino  di  Desio  ;  il  Ferrano,  Le  nozze 
di  tutti  i  popoli  deir Africa,  almanacco  che  fa  seguito 
a  quello  dello  scorso  anno  in  cui  erano  pubblicate 
quelle  dei  popoli  asiatici  ;  il  tipografo  Bemardoni, 
La  cronologia  storica  della  Germania  e  dell'impero 
d! Occidente  e  Gli  sposi  crociati,  novella  storica  del 
secolo  XI  ;  del  Tenenti  abbiamo  //  taccuino  per 
àuto,  dedicato  ai  romcUitici  ed  ai  cruscanti  ;   final- 


-84  - 
ite  del  Visai  /  fasti  di  Milano,  Pietro  Marocco  pub- 
lieo  la  Poetica  di  Orano,  e  il  tipo^afo  Pogliam 
tIì  opuscoli  filosofici  del  Rosmini. 

Inutile  accennare  alle  consuete  accademie  colle 
quali  si  chiudeva  Tanno  scolastico,  come  quella  che 
avveniva  a  Brera,  cui  seguiva  la  esposizione  dei  qua- 
dri e  delle  sculhire,  quella  d'incoraggiamento  per  la 
industria  nazionale  e  quella  dell*  I.  R.  Conservatorio, 
ed  è  pure  inutile  aggiungere  la  litania  del  mondo 
ufficiale  che  ad  esse  conveniva  ;  una  cosa  sola  note- 
remo nelle  industrie  ed  è  che  nella  nostra  città  si  in- 
cominciavano ad  usare  le  stoffe  impermeabili  intro- 
dotte dalla  Francia  dai  signori  Rottier  e  Guibal. 

H  Circa  ai  decessi,  con  uno  stile  che  certamente  fa- 
rebbe meravigliare  qualcuno  dei  nostri  e^iomalisti  at- 
tuali, la  GaBseila  di  Milano  scrive  in  data  13  ottobre  t 
«  Questa  mattina  alle  ore  6,  dopo  lunga  e  placida 
agonia,  passò  agli  etemi  riposi  VINCENZO  MONTI,  il 
più  gran  poeta  dell'età  nostra,  ira  il  compianto  della 
famiglia^  degli  amici  e  degli  ammiratori  di  si  alto 
ingegno,  a  cui  fra  poco  risponderà  quello  di  tutta 
Italia,  »  Così  si  esprime  il  foglio,  e  nulla  piii  (1), 

E'  noto  che  questo  poeta,  uno  dei  campioni  del 
classicismo,  a  16  anni  scrisse  la  Visione  di  E^ctkiello 
e  la  Prosopopea,  poco  dopo  La  bellezza  dell  uni- 
verso. La  Musogonia,  L'ode  in  onore  di  Monigolfier^ 
il  celebre  areonauta,  VAmor  pellegrino,  Il  felìegrìno 
apostolica  ;  le  tragedie  :  Aristodemo,  Manfredi,  Cajo 
Gracco  ;  quindi  i  Canti  la  Basvilliana  e  la  MascÀe- 
romana,  una  traduzione  di  Persio  e  quella  delF  Iliade, 
per  tacere  di  tanti  altri  componimenti  di  circostanza, 

(i)  Moriva  mentre  un  terremoto  scuoteva  tutta  Milano 
e  la  sua  vecchia  domestica  atterrita  da  quella  morte  era 
colpita  essa  pure  da  insulto  apopletìco. 


-85- 

i  quali  lavori  meritarono  al  Monti  il  soprannome  di 
principe  dei  poeti  e  titoli  ed  onorificenze  dalla  na- 
zione e  dall'estero. 

Bellissima  ed  incisiva  fu  l'epigrafe  che  si  leggeva 
in  un  gran  cartello  sulla  porta  della  chiesa  di  S.  Fe- 
dele (abitava  egli  al  n.  5  nella  via  S.  Giuseppe)  il 
giorno  in  cui  ebbero  luogo  le  supreme  esequie  : 

VmCENTIO     MONTI 

PCETARUM     ìETATIS     SUJE 

AB     ITALIS     EXTERIS     QU  JE 

PRINCIPI    CONCLAMATO 

QUI 

ANNOS   NATUS   LXXIV 

PESSIME  DECESSn 

UXOR   ET   FILIA 

SUPERUM     BEATlTATEM     COMPRECANTUR 

IN     LACRYMAS     EFFUS^E. 

Si  era  creduto  sulle  prime  che  il  Monti  fosse  na- 
tivo di  Fusignano  nella  provincia  Ferrarese,  ma  venne 
accertato  esser  egli  nato  in  Alfonsine,  territorio  di 
Ravenna,  da  dove  la  sua  famiglia  si  trasferì  a  Fu- 
signano ;  egli  trovavasi  nella  nostra  città  da  oltre 
cinque  anni. 

A  questo  illustre  decesso  dobbiamo  pure  aggiun- 
gerne altro  non  meno  celebre,  quello  di  IPPOLITO 
PlNDEMONTE,  che  avvenne  il  24  del  novembre  verso 
le  3  del  mattino. 

Il  Pindemonte  nacque  in  Verona  nel  1753,  fu  col 
fratello  Giovanni  educato  nel  collegio  dei  preti  della 
Congregazione  di  S.  Carlo  in  Modena  e  ne  usci  che 
non  aveva  per  anco  tocchi  i  1 8  anni. 

Fin  da  giovine  pubblicò  versi  e  prose  anche  in 
latino  e  versioni  pure  dal  latino  e  dal  greco  :  più  tardi 


ni  e  le     ] 


«Só- 
le prose  e  le  poesie  campestri,  i  sepolcri,  i  sermoni 

^"^'SelYArminio  mostrò  come  si  potesse  calzare  il  co- 
turno ed  elevarsi  ai  più  sublimi  concetti  ;  colla  ver- 
sione deir  Odissea  aggiunse  un  nuovo  capolavoro 
all'Iliade,  quindi  sonetti,  dissertaziom,  discorsi   tea- 

""^la  malinconia  era  sua  musa  prediletta  e  pianse 
con  sommi  versi  la  morte  del  sommo  Canova. 

Viaggiò  in  Francia,  in  Inghilterra,  m  Olanda,  in 
Germania  e  ripetutamente  in  Italia,  lasciando  ovun- 
que estimatori  ed  amici  ;  e  questa  ricca  suppellettile 
di  gloria  era  resa  maggiore  dalla  virtù.  Fu  a  suoi 
nipoti  più  padre  che  zio,  amico  sincero  e  geiieroso  e 
benefattore  nascosto  :  estimatore  della  vn^tu  in  al- 
trui, né  adulò,  né  offese  :  sopportò  tranquillo  1  ingiu- 
ria e  la  critica,  vinse  i  nemici  tacendo. 

Fu  di  salute  poco  robusta,  ma  si  ingagliardì  col- 
l'esercizio  :  ammalò,  ma  gli  amici  si  illudevano  sem- 
pre :  un  presentimento  segreto  ed  amaro  era  nel  cuore 
dei  più  affezionati.  Per  poco  si  ondeggiò  fra  la  spe- 
ranza ed  il  timore,  finché  fu  vittima  del  crudel  morbo, 
un  reuma  catarrale.  •  j-  •  j- 

«  Sublimi,  togliamo  queste  parole  dai  periodici  di 
allora,  furono  i  suoi  sentimenti  fino  all'estremo  del 
suo  vivere,  e  la  sua  morte  fu  il  sonno  di  chi  inteme- 
rato si  ricongiunge  all'amplesso  di  Dio  :  il  Corpo 
Municipale,  il  Consiglio  del  Comune,  i  Membri  del- 
TAccademia  Agraria,  i  professori  del  Seminario,  del 
Liceo  e  dei  Ginasii  e  cospicui  cittadini  vollero  accom- 
pagnarne il  feretro.  » 

A  questi  decessi  dobbiamo  aggiungere  quello  del 
conte  ANNIBALE  Visconti.  Fu  questi  modello  di  virtù 
cittadine  e  domestiche,  noto  per  coltura  di  spirito  e 
bontà  d'animo.  Ebbe  a  genitore  il  conte  Giuseppe,  di- 


k 


■j|IM."ii«> 


-87- 
scendente  da  Bernabò  Visconti  :  studiò  nel  collegio 
di  Prato,  dove  si  distinse  per  ingegno  alacre  e  cure 
indefesse  ;  ebbe  Tamicizia  dei  dotti  :  esercitò  anche 
la  pittura  e  fu  ascritto  a  quel  corpo  accademico  ;  mo- 
riva la  notte  dal  20  al  21  novembre. 

Finalmente  notiamo  lo  scultore  Giovanni  Piazza, 
di  Viggiù,  autore  delle  statue  di  S.  Ambrogio,  S.  Ger- 
vaso  e  Protaso  che  si  trovano  nella  chiesa  del  Car- 
mine. 


1829. 
CAPITOLO    V 


Armamenti  austriaci  e  repressioni,  —  T  titoli  lìobiliari.  — 
Giornali  esteri.  —  Il  Piemonte.  —  Restrizione  dei  per- 
ttìesst  di  porto  d'armi.  —  Il  contrabbando.  —  Roma  e 
le  legazioni.  —  11  generale  Sebastiani  —  Uno  sguardo 
al  resto  d*  Itali  a.  —  Vita  milanese.  —  II  lotto.  —  Papa 
Leone  XIT  e  il  nuovo  pontefice  Pio  VI  IL  ^  Visite  uf- 
ficiali e  spettacoli.  —  Giuditta  Pasta.  —  Stampa.  — 
Edilizia.  —  Necrologio, 

Il  sistema  del  silenzio  esercitato  dal  nostro  Go 
verno  per  tutto  quanto  riguardava  le  notizie  politi- 
che, sembrava  non  potersi  piti  mantenere  ]  i  pochi 
giornali  stranieri  di  cui  permettevasi  l'introduzione 
nella  Lombardia  e  nel  Veneto,  che  non  tutti  i  fogli 
esteri  potevano  varcare  il  contine  (i),  non  potevano 
smentire  i  fatti.  Ben  è  vero,  che  il  diario  ufficiale  tea 
tava  negare,  tacciare  di  sognatori,  di  esagerati  quei 
comunicati,  ma  pur  troppo  i  fatti  esistevano  e  quasi 
la  smentita  della  Gazzetta  Ufficiale  equivaleva  ad 
ima  conferma. 

Verso  la  fine  del  gennaio  in  una  corrispondenza 

(i)  Il  Cusani  nrl  volume  4^^  p^g-  322,  cita  un  brano  di 
lettera  del  Conte  Pintro  Verri  al  fratello  datata  del  3J  di- 
cembre 1792,  in  cui  dice  come  a  Milano  non  fosse  permesso 
di  leggere  il  Monitrur,  il  quale  h  risaputo  eissere  il  foglio 
ufficiale  francese,  se  non  a  chi  siede  nella  Conferensa  gQ- 
ijcrnatii'a;  egli  stesso,  povero  vecchio  giubil'  *o,  non  po- 
teva averlo  nemmeno  con  denaro. 


-  89- 
da  Milano  ad  un  periodico  francese,  si  leggeva  che 
r Austria  armava,  e  che  grandi  concentramenti  di 
truppe  avvenivano,  specie  nel  Veneto.  Un'altra  volta 
il  C onstitutionnel  pubblicava  un  fatterello  di  cronaca 
avvenuto  a  MileUio.  Si  trattava  di  un  suddito  inglese, 
il  quale  entrato  in  città,  presentò  il  suo  passaporto 
alla  polizia  locale  per  la  necessaria  firma  ;  l'autorità 
glielo  ritornò  colFobbligo  di  sloggiare  entro  24  ore. 
Il  suddito  estero  reclamò  presso  il  proprio  console, 
il  quale  udita  la  soperchieria  commessa,  appone  sul 
passaporto  il  bollo  dell'ambasciata,  scrivendovi  :  // 
sunnominato  può  rimanersi  quanto  tempo  desidera; 
e  la  polizia  a  beversi  in  pace  l'affronto,  ma  il  diario 
smentisce. 

Gira  pur  la  voce  di  un  Congresso  di  principi  ita- 
liani che  verrebbe  convocato  dall'Austria  a  Roma; 
sono  i  fogli  francesi  che  danno  la  notizia,  ma  al  so- 
lito il  nostro  diario  nega.  E  un  tale  sistema  di  con- 
durre avanti  le  cose,  emerge  anche  da  una  corrispon- 
denza da  Milano  al  Journal  des  débats,  in  cui  sfi^ 
dando  tutte  le  smentite  del  diario  milanese  si  scrive 
quanto  segue: 

e  Gli  austriaci  non  contenti  di  impedire  le  adu- 
nanze e  di  chiudere  la  bocca  agli  italiani,  vorrebbero 
incatenare  i  loro  pensieri  ;  ciò  che  non  è  tanto  facile 
a  fare  come  reprimere  la  libertà  di  stampa.  Ma  infine 
con  mille  vessazioni  diverse,  essi  sperano  di  avvici- 
narsi al  loro  scopo.  Anche  ultimamente  il  governo  di 
Mila^io  fece  distribuire  a  tutti  gli  inquisitori  la  se- 
guente Nota  segreta  : 

e  Noi  Governatore  di  Milano,  ecc.  —  Essendo  stati 
informati  da  persone  che  hanno  tutta  la  nostra  con- 
fidenza e  che  sono  degne  di  fede,  che  uomini  male 
intenzionati,  già  sospetti  da  qualche  tempo,  fanno  uso 
di  segni  per  comunicarsi  i  loro  progetti  nelle  pub- 


—  go  — 

blìche  passeggiate,  nei  teatri  ed  anco  nei  ministeri, 
sotto  gli  occhi  dell'autorità  ;  noi  vi  invitiamo  a  pro- 
curare segretamente  e  con  tutta  la  possibile  precau- 
zione di  scoprire  il  significato  di  questi  segni  che 
sembrano  annunziare  una  trama  segreta,  che  si  ordi- 
sce contro  il  governo.  Affine  di  mettervi  in  caso  di 
conseguire  questo  scopo,  vi  avvertiamo  che  le  somme 
che  sarete  obbligati  dì  spendere  per  scoprire  l'oggetto 
|di  questa  diabolica  cabala,  vi  saranno  rimborsate,  e 
che  una  generosa  ricompensa  sarà  assegnata  al  vo- 
stro zelo  ed  ai  vostri  servigi.  » 

<  Per  finire  di  rovinare  il  paese,  si  parla  di  intro- 
durre nel  milanese  la  carta  monetata  austriaca  :  non 
si  è  contenti  soltanto  delle  enormi  somme  che  si  tol- 
gono al  paese  nel  corso  dell'anno,  si  vuole  anche  far 
spigrire  la  materia  preziosa,  per  surrogarla  con  carta 
alla  quale  tosto  o  tardi  un  decreto  toglierà  tutto  il 
suo  valore.  Fortunatamente  si  sa  per  esperienza  quale 
sarà  il  risultato  di  una  simile  impresa, 

a  Ferdinando  IV  mise  in  circolazione  a  Napoli,  ce- 
dole che  rovinarono  parecchi.  E*  a  sperare  che  con- 
siderato il  passato,  il  milanese  non  si  lascerà  pren- 
dere a  simile  esca  »  (i). 

Inutile  aggiungere  che  il  diario  cittadino  gridò 
alla  menzogna,  alla  calunnia,  ma  senza  mai  confu- 
tare, né  addurre  prove  in  contrario,  e  poi  il  progresso 
della  storia  provò  che  queste  asserzioni  erano  pur 
troppo  veritiere. 

In  quest'anno  era  pur  venuto  in  capo  al  Governo 
di  vietare  che  i  suoi  sudditi  non  potessero  ricevere 
titoli  nobiliari  da  potenze  estere,  e  di  usarne  nei  RR. 
Stati,  senza  previo  avviso    alla    Cancelleria  aulica. 

(i)  GazBCtta  di  Milano,  17  ottobre. 


—  91  — 

Pare  anzi  che  in  tale  occasione  si  fosse  ordinato  alla 
nobiltà  lombarda  l'obbligo  di  far  riconfermare  i  pro- 
pri titoli. 

Ora  a  questa  ingiunzione,  pochissimi  si  sottopo- 
sero, attese  le  enormi  tasse  cui  dovevano  sottostare 
(fino  a  50  mila  lire).  Nel  18 16  l'Arcivescovo  di  Mi- 
lano fu  costretto  di  ricevere  l'ordine  della  corona  di 
ferro  e  dopo  sei  mesi,  si  vide  imposto  una  tassa  di 
sette  mila  lire. 

Forse  queste  notizie  attinte  a  giornali  esteri  sem- 
breranno esagerate:  sta  però  il  fatto  che  parecchie 
delle  nomine  ad  ordini  cavallereschi  od  a  dignità, 
che  si  fanno  negli  anni  seguenti,  recano  la  clausola 
€  con  esenzione  della  tassa  ». 

E  l'occhio  vigile  del  Governo  si  volgeva  pure  al 
piccolo  Piemonte,  particolarmente  al  principe  di  Ca- 
rignano  che  cresceva  a  speranza  di  quell'unità  d'Ita- 
lia che  allora,  era  follia  sperare  ;  ed  i  giornali  esteri, 
siamo  pur  costretti  ancora  a  spigolare  fra  essi,  met- 
tevano sull'avviso  le  Potenze  Europee  circa  le  mene 
segrete  dell'Austria  ed  il  suo  mal  animo  contro  quel 
principe  (i). 

Né  le  cose  camminavano  diversamente,  e  quasi  a 
mostrar  contradizione  colla  calma  affettata  dal  go- 
verno, un  manifesto  proibisce  l'introduzione  delle 
capsule  chimiche  per  uso  delle  armi  da  fuoco  a  per- 
cussione ;  anzi  comanda,  che  ogni  fabbricatore  debba 
da  qui  innanzi  imprimere  sull'arme  il  proprio  nome, 
cognome  e  luogo  di  fabbrica,  in  modo  chiaro  e  du- 
revole ;  un  altro  si  scaglia  contro  il  contrabbando, 
che  avviene  su  larga  scala  lungo  il  corso  del  Po,  e 
perchè  sia  maggiormente  garantito  lo  Stato,  una  spe- 
ciale notificazione  ai  venditori  di  merce  soggette  a 

(i)  Togliamo  la  notizia  da  un  articolo  del  C onstitution- 
nel^  che  ha  per  titolo  :  L Austria  limitrofa  alla  Francia. 


—  92   — 

dazio,  o  a  dogana,  ingiunge  che  essi  ad  ogni  richiesta 
della  Finanza,  dovranno  provarne  la  provenienza  ed 
il  pagamento  relativo  dei  gravzimi,  pena  la  confisca. 

Abbiamo  già  detto  in  altro  luogo  come  i  confi- 
denti avessero  dipinto  alla  corte  di  Vienna  lo  stato 
miserevole  in  cui  si  trovava  la  capitale  degli  Stati 
pontifici,  ora  la  Segreteria  del  conclave,  raunata  in 
occasione  della  prossima  elezione  del  nuovo  pontefice, 
mandò  all'ambasciatore  conte  di  Liitzow  una  nota 
abbastanza  risentita  per  smentire  tali  calunniose  as- 
serzioni. Eccola  nella  sua  integrità  : 

«E'  giunto  a  notizia  (i)  del  Sacro  Collegio  riu- 
nito in  Conclave,  che  vociferazioni,  quanto  destituite 
di  fondamento,  altrettanto  esagerate  dalFimportanza 
che  vogliono  darvi  gli  oziosi,  e  fors'anco  i  mali  inten- 
zionati, serpeggiano  in  contrade  estere,  per  farvi  cre- 
dere che  in  questa  capitale  si  trovi  compromessa  la 
pubblica  tranquillità,  in  seguito  a  gravi  cospirazioni, 
ordite  occultamente  per  giungere  a  turbarvi  l'ordine 
pubblico. 

«Gli  Em.  Padri,  quantunque  persuasi  che  V.  E., 
testimonio  oculare  della  quiete  pienissima  e  della 
sicurezza  perfetta  di  cui.  Dio  mercè,  ci  si  gode,  non 
abbia  bisogno  di  alcun  impulso  per  ismentire  voci  as- 
surde nella  sua  corrispondenza  colla  I.  R.  Corte,  da 
Lei  qui  rappresentata  con  generale  soddisfazione, 
hanno  ciò  non  ostante  ingiunto  al  sottoscritto  di  pre- 
garla espressamente  a  tal  fine,  e  di  assicurarla  official- 
mente  che  l'arresto  di  recente  seguito  in  Roma,  ha 
dato  luogo  a  conoscere,  senza  dubbio  di  sorta,  che 
nella  scoperta  pratica  carbonica  (sic)  non  erano  com- 
plicati che  pochi  individui,  per  lo  piìi  esuli  di  Stati 
vicini,  e  questi  pure  appartenenti  all'infima  società 
e  mancanti  di  mezzi,  non  meno  che  di  considerazione, 

(i)  Documenti,  Carte  segrete,  393. 


i 


-  93  — 
allo  scopo  di  poter  giungere  a  turbare  la  pubblica 
pace. 

€  E'  poi  consolantissimo  per  il  sottoscritto  di  po- 
ter ad  un  tempo  accertare  V.  E.  che,  quanto  sono  efi&- 
caci  gli  espedienti  già  presi  per  prevenire  il  ritomo 
di  siffatti  incidenti,  figli  piii  della  follia  che  della 
malizia,  altrettanto  si  è  già  inoltrata  la  procedura 
dei  pochi,  riconosciuti  colpevoli,  ai  quali  la  saviezza 
e  la  giustizia  dei  competenti  tribunali  preparano  la 
sorte  che  loro  è  dovuta  (i). 

Malgrado  ciò  ;  il  ministro  Lancetti,  poco  dopo  la 
nomina  del  Pontefice,  manda  all'I.  R  Presidenza  di 
governo  una  nota  in  data  i8  giugno  1829,  in  cui  fa- 
cendo il  riaissunto  del  Grovemo  delle  legazioni  t  di- 
mostra il  carattere  di  quegli  abitanti,  lo  spirto  che 
vi  domina  e  la  poca  influenza  che  vi  esercitano  le 
autorità  e  il  governo  ». 

e  Nella  città  di  Faenza,  dice  la  nota,  vennero  giorni 
sono  affissi  dei  veementissimi  libelli  contro  il  clero 
ed  il  Governo,  che  furono  poi  ripetuti  in  altri  luoghi, 
senza  alcun  riguardo.  Concitato  però  il  popolo,  ebbe 
luogo  una  rissa  sanguinosa  tra  i  così  detti  Sanfedisti, 
che  sono  gli  individui  più  affezionati  al  governo,  ed 
i  liberali,  da  cui  risultò  qualche  grave  ferimento  e 
qualche  uccisione. 

cAd  Imola  fu  invaso  e  saccheggiato  dal  popolo 
il  palazzo  arcivescovile,  perchè  quel  Prelato,  che  do- 
vette poi  fuggire,  non  volle  permettere  che  in  occa- 
sione di  certa  processione,  si  portasse  l'immagine  della 
Madonna  sotto  il  baldacchino,  dovendo  ciò  farsi  solo 
pel  SS.  Sacramento. 

cA  Ferrara  si  videro  pure  comparire  delle  satire, 
subito  dopo  il  ritorno  del  Cardinale  legato  ;  una  fra 

(i)  Carte  segrete,  Documenti  151. 


—  94  — 
le  altre  fu  diretta  contro  gli  impiegati  della  Lega- 
zione, accusati  di  arbitrio  e  di  concussioni...  In  Co- 
macchio  furono  sorpresi  molti  giovani  scostimiati  e 
facinorosi,  che  recavano  sacrileghi  oltraggi  ad  una 
immagine  della  B.  V.  collocata  su  d'una  pubblica 
via.... 

e  A  Cesena  fu  di  notte  piantato  sulla  piazza  l'al- 
bero della  libertà  con  sovraposto  il  berretto  tricolore 
(frigio?)  e  con  una  scritta  che  eccitava  il  popolo  a 
rivoltarsi. 

«A  Bologna  accaddero  pure  scene  tumultuose, 
promosse  dagli  studenti,  che  si  permisero  fra  gli  al- 
tri eccessi,  di  insultare  e  schiaffeggiare  il  marchese 
Rusconi,  che  poco  prima  aveva  avuto  un  alterco  con 
un  giovane  studente  greco.... 

«in  seguito  a  si  gravi  disordini  che  mettono  a 
repentaglio  la  vita  e  la  tranquillità  dei  pacifici  citta- 
dini, il  Governo  di  Roma  die  ordini  pressanti  ai  ri- 
spettivi Legati  e  direttori  di  polizia,  affinchè  sieno  prese 
le  opportune  misure  di  rigore.  Ma  gli  impiegati  in  ge- 
nerale sono  poco  animati  a  favore  del  Governo,  la 
forza  pubblica  è  scarsa  e  di  fede  sospetta  ;  tutti  poi 
temono  di  compromettersi,  per  cui  gli  ordini  riman- 
gono quasi  sempre  inefficaci  o  negletti. 

«Il  nuovo  Papa,  che  ha  voce  di  essere  uomo  di 
molta  dottrina  e  di  giusto  criterio,  pubblicò  poco  dopo 
la  sua  elezione,  essere  sua  ferma  volontà  di  favorire 
le  arti,  il  commercio,  l'agricoltura  e  l'industria;  ma 
tutti  aggiungono  che  è  già  troppo  vecchio,  che  non 
conosce,  né  può  conoscere  l'amministrazione  di  uno 
Stato,  e  che  il  cardinale  Albani,  chiamato  alla  segre- 
teria del  governo,  è  pure  in  età  avanzatissima  ed  in- 
capace di  dar  vita  a  tutte  quelle  riforme  salutari,  di 
cui  tanto  si  abbisogna.  L'Albani  poi  è  considerato 
come  uno  dei  cardinali  più  devoti  all'Austria  e  retto 


-  95  - 
interamente  dalla  costei  influenza,  per  cui  anche  per 
questo  titolo,  si  mormora  contro  di  lui.  (i) 

e  Ultimamente  fu  arrestato  a  Cervia  il  conte 
Claudio  Rossi,  suddito  pontificio,  ma  rivestito  del  ca- 
rattere di  agente  austriaco.  Egli  fu  ripreso  parecchie 
.volte  da  quel  vescovo  per  la  di  lui  scorretta  condotta, 
e,  non  avendo  dato  ascolto  a  tali  ammonizioni,  si  or- 
dinò il  suo  trasferimento  al  convento  dei  Padri  Fran- 
cescani ;  ciò  diede  luogo  a  sinistre  insinuazioni,  tanto 
più  che  il  Rossi  aspirava  ad  essere  nominato  I.  R. 
vice-console  a  Ravenna... 

c.Corse  pur  voce  che  a  Perugia  fossero  seguiti  de- 
gli arresti  per  settismo  (sic)  politico,  anche  fra  ca- 
rabinieri pontifici,  ma  furono  notizie  esagerate  ;  in  ge- 
nerale però  lo  spirito  che  regna  nelle  provincie  pon- 
tificie, non  potrebbe  essere  peggiore,  e  le  violenze  e 
gli  eccessi  d'ogni  specie,  vi  sono  frequenti  e  giorna- 
lieri. »  (2). 

Ora  avendo  Tambasciatore  Liitzow  mandato  una 
nota  al  cardinale  Bemetti,  in  cui  gli  domandava  la 
lista  di  quei  sudditi  che  si  erano  compromessi  du- 
rante le  ultime  rivoluzioni,  affinchè  si  dovesser  loro 


(1)  Circa  la  vecchiaia  del  papa  la  voce  pubblica  forse 
non  aveva  torto,  infatti  esso  non  tenne  lo  stato  che  circa  due 
anni;  del  cardinale  Albani  era  comune  la  voce  essersi 
venduto  a  Metternich  ;  del  resto  Roma  era  già  esacerbata 
alla  morte  di  Leone  XII  e  tale  irritazione  l'aveva  espressa 
in  una  scritta  che  si  leggeva  appicciccata  alla  statua  di  Pa- 
squino. 

Siccome  la  morte  era  avvenuta  di  carnevale,  la  pasqui- 
nata così  si  esprimeva  : 

Tre  gran  danni  ci  festi  o  Padre  Santo 
Accettare  il  papato,  viver  tanto, 
Morire  in  carnevale  per  esser  pianto. 


(2)  Carte  segrete,  Doc.  153. 


-96  - 
rifiutare  i  passaporti  per  gli  Stati  austriaci,  il  Car- 
dinale rispondeva  con  una  lettera  riservata  in  cui 
dice,  che  quantunque  l'incarico  sia  molto  dif&cile, 
-*  atteso  che  il  numero  di  quelli  che  si  mostrarono 
partigiani  ferventi  della  rivoluzione  e  la  cui  presenza 
sarebbe  pericolosa,  è  tale  che  occorrerebbe  non  pic- 
colo volume,  B  tuttavia  può  mettere  fin  d'ora  a  dispo 
sizione  dell'ambasciata  i  nomi  dei  principali  capo- 
rioni, assicurando  che  alle  competenti  autorità  delle 
Legazioni  verranno  impartite  precìse  ed  energiche 
istruzioni,  onde  non  sia  accordato  il  passaporto  per 
gli  Stati  austriaci  a  chiunque  si  riconosca  per  ade- 
rente ai  principii  demagogici,  e  molto  più  a  tutti  co- 
loro, che  possono  supporsi  capaci  di  movere  a  quella 
volta  con  prave  intenzioni  „  (i). 

Gli  è  certo  poi  che  spinto  dalle  mene  dell'Austria, 
il  cardinale  Albani  pubblicò  un  nuovo  editto  contro 
le  società  segrete,  editto  che  il  solerte  Lancetti  si  prese 
cura  di  portar  subito  z,  notizia  dell'eccelso  I.  R.  Pre- 
sidio, facendovi  anche  intorno  qualche  chiosa,  e  cioè 
che  esso  destò  fra  il  popolo  una  generale  impressione 
di  malcontento,  scoprendosi  l'effetto  della  preponde- 
rante influenza  esercitata  dall'Austria  sulla  corte  ro 
mana,  e  particolarmente  sull'animo  del  nuovo  segreta- 
rio di  Stato.  Aggiunge  poi  che  i  liberali  sperano  che 
le  rigorosissime  disposizioni  dell'editto  non  potranno 
ottenere  una  completa  esecuzione  in  pratica,  o  che  sa- 
ranno modificate  con  speciali  atti  di  grazia,  come  av- 
venne finora  (2). 

E  mentre  il  governo  vigilava  sull'andamento  ge- 
nerale della  politica,  non  dimenticava  la  sorveglianza 


(i)  Carte  segrete,  Documento  154. 
(2)  Idem,  Documento  166. 


^ 


—  97  — 
speciale  sulle  persone  Era  la  volta  del  generale  Se 
bastiani.  La  sua  venuta  fu  annunciata  da  una  lettera 
della  direzione  della  polizia  di  Venezia  a  quella  di 
Treviso,  in  cui  fra  Faltro,  è  detto  che  codesto  gene- 
rale francese,  membro  della  Camera  dei  deputati,  è 
uno  dei  principali  sostegni  del  partito  dell'opposi- 
zione, ben  conosciuto  pe'  suoi  principi  esaltati  e  per 
la  sua  tendenza  al  liberalismo.  Raccomanda  al  Com- 
missario di  attivare  sopra  di  lui  la  più  scrupolosa  e 
segreta  sorveglianza  politica  sulle  mosse,  sui  discorsi, 
e  sulle  relazioni  di  costui  (i). 

E  perchè  il  povero  generale  possa  essere  accurata- 
mente sorvegliato,  ingiunge  al  funzionario  che  av- 
verta in  proposito  anche  le  Autorità  delle  altre  Pro- 
vincie (2). 

Ne  fu  questa  la  sola  volta  che  il  Sebastiani  pro- 
vocò sopra  di  lui  la  sorveglianza  del  governo  austria- 
co poiché  più  tardi  e  precisamente  nel  1831,  essendo 
nell'animo  del  governatore  Strassoldo  insorti  dubbi 
sulla  costui  condotta  politica,  l'onnipotente  cancel- 
liere gli  scriveva  da  Vienna:  cMonsieur  le  Comte. 
Gomme  on  est  parvenu  à  trouver  la  clef  du  chiffre... 
J'ai  maintenant  sous  les  yeux  les  rapports  de  ce  con- 
sul  general  et  les  dépéches  de  M.  Sebastiani.  Et  il.... 
est  facile  de  se  convaincre  que  cet  agent  était  en  rela- 
tions  suivies  et  journal ières  avec  les  mauvaises  tétes 
de  la  Lombardie.  V.  Excell.  en  jugera  par  les  deux 
échantillons  ci-joints,  que  j'ai  Thonneur  de  lui  com- 
muniquer  pour  sa  connaissance  personnelle  et  unique- 
ment  dans  le  but  de  la  mettre  en  garde  contre  ce  dan- 
gereux  agent  f ran^ais,  ecc.  ». 


(i)  Carte  segrete,  Documento  334  e  note. 
(2)  Idem. 
Glanbtti.  Cronistoria. 


-98- 

E  qui  cita  i  lunghi  rapporti  del  console  francese 
Dénoix  al  Sebastiani  (i). 

Ora  come  correvano  veramente  le  cose?  Fin  dal 
1822  in  un  congresso  tenuto  a  Verona,  le  tre  grandi 
potenze  (Austria,  Russia  e  Prussia)  avevano  stabilito 
un  accordo  con  parecchi  Stati  d'Italia,  perchè  le  sette 
liberali  venissero  vigilate,  e  si  dovesse  reprimere  colla 
violenza  qualsiasi  tentativo  d'insurrezione.  Ora  le  po- 
polazioni quasi  fossero  strette  in  ta&ta  lega,  rinunzia- 
vano  ad  inutili  tentativi,  che  sarebbero  terminati  in 
inutili  spargimenti  di  sangue.  Duravano  però  nei  cuori 
le  aspirazioni  degli  anni  precedenti,  e  nella  memoria 
risonava  ancora  Teco  delle  stragi  del  mezzogiorno  e 
de!  nord  d'Italia,  sicché  pareva  che  finalmente  dalle 
remote  fortezze  austriache  giungessero  airorecchio  dei 
popoli  i  lamenti  dei  carcerati  ed  il  lugubre  suono  delle 
catene. 

Erano,  o  almeno  sembravano  tranquille  le  città 
suddite  air  Austri  a,  ma  si  pensi  che  venuta  a  man- 
care la  fortuna  delle  armi  rivoluzionarie,  gli  uomini 
di  qualche  riputazione,  si  apparecchiavano  alle  nuove 
lotte  colTeducazione  della  mente,  e  la  gioventù  popo- 
lava silenziosamente  le  Università,  infervorandosi  in 
cuor  suo  di  emulare  un  giorno  il  valore  degli  eroi  e 
saperne  evitare  gli  errori. 

E  questa  rivoluzione  lenta  e  tranquilla,  che  pure 
a  quando  a  quando,  il  Governo  confessava,  covare 
sotto  la  cenere,  era  certo  tanto  più  pericolosa,  quanto 
più  essa  sfuggiva  alle  minaccie  e  ai  processi  sangui- 
nosi, rimanendo  in  gran  parte  nel  campo  sereno  delle 
idee.  Cosi  un  concetto  più  chiaro  dei  diritti  dei  popoli 
snebbiava  le  menti  da  ogni  pregiudizio  :  in  breve,  sem- 


(i)  Cesare  Cantu',  Cronistoria, 


—  99  — 
brava  che  il  patriottismo  fosse  divenuto  tranquillo  e 
ragionato. 

Si  camminava  nella  via  del  progresso  ed  i  nostri 
babbi  divenivano  degni  di  giorni  migliori.  Non  ri- 
sorgevano le  città  a  mano  armata,  ma  in  seno  alle 
società  segrete  si  svolgevano  i  semi  di  una  nuova  ope- 
rosità, cosichè  il  pericolo  diveniva  tanto  piti  grande 
ed  irrimediabile  pei  nostri  nemici. 

Quanto  dunque  accade  in  questi  anni  non  è  rav- 
vivato da  commozioni  né  da  rimpianti  di  popoli. 
L'Austria,  si  sa,  ha  fra  le  mani  le  chiavi  d'Italia  :  coi 
suoi  cannoni  ne  custodisce  le  porte  ed  in  tal  modo 
crede,  o  pretende  di  aver  alzata  una  barriera  insupe- 
rabile fra  i  suoi  possedimenti  e  gli  altri  Stati  italiani, 
pensando  che  i  lombardi  siansi  adattati  finalmente  a 
piegare  volonterosi  il  collo  sotto  il  giogo  della  tiran- 
nia. Fu  un  errore  provvidenziale,  che  doveva  rinno- 
varsi più  volte  e  intanto  gettare  le  fondamenta  delle 
future  e  più  fortunate  rivoluzioni. 

Ed  ora,  fattici  un  concetto  generale  degli  Stati 
italiani,  spigoliamo  per  entro  agli  avvenimenti  per 
vedervi  lo  spirito  della  nostra  città. 

Nell'ottobre  avemmo  lo  spettacolo  di  una  sen- 
tenza capitale.  E'  risaputo  che  fin  dal  gennaio  1816, 
era  stato  proclamato  il  giudizio  statario  e,  con  qual- 
che piccola  variante,  esso  continuava  anche  nell'anno 
di  grazia  in  cui  ci  troviamo.  Ora  venne  preso  certo 
Giuseppe  Re,  un  volgare  assassino  di  strada  ed  in 
seguito  a*  suoi  delitti,  fu  condannato  alla  morte  da 
eseguirsi  colla  forca  e  tale  esecuzione  accadde  ap- 
punto nel  mese  accennato,  fuori  della  città  nel  tratto 
che  dal  viale  di  Porta  Vercellina  (Magenta)  corre  a 
Porta  Tenaglia.  Inutile  aggiungere  la  consueta  folla 


—    lOO   — 

del  popolino,  che  quantunque  Tesecuzione  avesse  luo- 
go di  buonissima  ora,  si  accalcava  per  le  vie  che  il 
funebre  convoglio  avrebbe  transitato  e  là  fra  una  neb- 
bia più  che  autunnale,  attorno  a  quel  palco  di  morte, 
vi  si  facevano  i  piti  svariati  commenti.  Chi  ha  la  scia- 
gura di  avere  un  pò*  di  carnevali  sulle  spalle,  saprà 
che  il  carnefice  dimorava  abitualmente  a  Milano  in 
una  casetta  addossata  al  palazzo  di  giustizia  vicino 
a  piazza  Verziere,  era  la  cà  del  boia,  così  l'additavano 
i  babbi  a  noi  bambini. 

E  giacché  siamo  ad  assassini,  è  bene  sapere  come 
nel  principio  del  marzo  di  quest'anno,  veniva  arre- 
stato nella  nostra  città  dall'agente  di  polizia  francese 
Chrétien,  certo  Doumas  Dupin,  un  evaso  dal  bagno 
di  Rochefort,  autore  di  parecchi  assassini  commessi 
in  Francia.  Anzi  era  corsa  voce  all'estero  che  mentre 
l'agente  francese  stava  per  tradurlo  a  Parigi,  le  auto- 
rità italiane,  arrestarono  lui  alla  sua  volta,  non  es- 
sendo munito  di  mandato  speciale  :  sembra  però  che 
questa  notizia  sia  stata  una  pretta  invenzione  del  Mes- 
sager,  poiché  non  eravi  alcun  interesse  speciale  da 
parte  del  nostro  governo  di  prendere  tale  misura. 


Anche  il  giuoco  del  lotto  aveva  dato  occasione  a 
reclami,  particolarmente  la  vendita  dei  così  detti 
storniy  polizze  particolari  di  cui  il  tenitore  del  banco 
di  lotto,  per  sbagli  successi,  si  trovava  possessore  e 
che  rivendeva  al  miglior  offerente  nel  giorno  in  cui 
doveva  seguire  l'estrazione,  giacché  le  giocate  rego- 
lari terminavano  alla  mezzanotte  del  giorno  prece- 
dente, allora  era  il  mercoledì.  Ora  una  nota  governa- 
tiva proibì  agli  strilloni  la  vendita  di  tali  polizze,  e 
forti  pene  pecuniarie  vennero  comminate  ai  contrav- 
ventori. 


—   lOI    — 

IDi  mezzo  a  queste  cure,  non  si  tralasciava  dai  no- 
stri padroni  la  festa  deironomastico  imperiale  e  la 
epigrafia  vi  recava  un  largo  contributo  (i).  Ecco 
quanto  leggevasi  sulla  porta  maggiore  della  nostra 
Cattedrale  : 

A   MDCCCXXIX 

PRIDIE  IDUS   FEBRUARIAS 

AUSPICATISSIMA    DIERUM 

QUA 

FRANCISCI  CvESARIS   AUGUSTO 

Pn  FLORENTIS  PACIFERI 

NATALITIA   REDEUNT 

LONGOBARDI 

DEC    MAGNO    PROPITIO 

SOSPIRATORI    REGNORUM 

HYMNUM     GRATIARUM     CANIMUS 

RAINERI     ARCHIDUCIS     PROREGIS    NOSTRI 

EJUSQUE   CONJUGIS 

MARIiE   FRANCISCUS    ELISABETHìE 

PRiESENTIA   OPTATISSIMA   EXHILARATI 

Come  già  accennammo  era  morto  a  Roma  papa 
Leone  XII  (Annibale  della  Genga).  Era  nato  il  22 
agosto  del  1760  nel  castello  omonimo,  su  quel  di  Spo- 
leto. Studiò  nel  Collegio  di  Osimo,  quindi  in  quello 
di  Loreto  ;  trovandosi  all'accademia  ecclesiastica,  il 
suo  nobile  contegno  fece  molta  impressione  sull'animo 
di  Pio  VI  che  si  recava  appunto  colà  in  visita,  sicché 
lo  prese  a  ben  volere  e  lo  nominò  suo  cameriere  se- 
greto, affidandogli  in  seguito  parecchi  incarichi,  fin- 


(i)  Ne  era  autore  il  dotto  archeologo  dottor  Labus,  no- 
minato in  seguito  epigrafista  aulico  ed  insignito  di  speciali 
onorificenze. 


—    I02    — 

che  ebbe  rarcivescovado  di  Tiro.  Tali  favori  aumen- 
tarono sotto  il  successore  Pio  VII  dal  quale  fu  creato 
Cardinale,  quindi  vescovo  di  Sinigaglia,  poi  Vicario 
a  Roma. 

Le  fatiche  gli  guastarono  di  molto  la  salute  Alla 
morte  di  Pio  VII  venne  eletto  papa,  sebbene  parecchi 
fossero  i  partiti  in  cui  era  diviso  il  Sacro  Collegio  (i). 

Erano  appena  corsi  cinque  anni  e  due  mesi  dalla 
sua  elezione,  e  la  salute  andava  ogni  giorno  deterio- 
rando. Non  volle  per  questo  lasciare  Tuf&cio  :  si  era 
vicino  alle  feste  del  Natale  del  1828,  nella  sera  il 
Papa  aveva  assistito  ai  vesperi  ed  alla  messa  in  au- 
rora, quindi  ricevette  l'offerta  ed  i  voti  del  Capitolo, 
ma  nel  gennaio  seguente  continuò  a  peggiorare. 

Pochi  giorni  prima  della  sua  morte,  cioè  verso  la 
fine  di  quel  mese,  egli  si  intratteneva  familiarmente 
con  alcuni  prelati,  ed  uno  di  questi,  manifestandogli 
il  suo  contento  per  vederlo  in  buona  salute,  il  papa 
gli  rispose  scherzando  «  Sappiate  che  fra  pochi  giorni, 
non  ci  vedremo  più».  Consegnò  al  Maggiordomo 
l'anello,  e  mentre  questi  esitava  a  riceverlo  —  Pren- 
detelo, disse  Leone  XII,  potrebbe  smarrirsi,  non  si 
è  sempre  presenti  a  sé  stessi. 

Fra  le  sue  carte,  si  trovò  il  seguente  epitafio,  che 
egli  stesso  compose  per  la  sua  tomba  :  Leoni  Magno 
—  Patrono  celesti  —  Me  supplex  commendans  — 
Hic  apud  sacras  cineres  —  Locum  sepulturce  elegi  — 

(i)  Curiosa  una  poesiuccia  che  correva  allora  per  Roma  ; 
in  essa  si  passavano  in  rivista  i  differenti  Cardinali  papabili 
e  notavasi  quanto  da  essi  il  popolo  poteva  aspettarsi. 

Parlando  del  Cardinale  Annibale  ecco  come  si  espri- 
meva : 

Chi  vuol  che  l'ordine 
In  tutto  venga. 
Preghi  che  scelgasi 
Il  Della  Genga. 


—  I03  — 
Leo  XII  kumilis  cliens  —  Hceredem  tanti  nomints 

Minimus. 

?er  questa  morte  il  nostro  cardinale  Arcivescovo 
si  apprestava  a  lasciare  la  città  per  recarsi  al  con- 
clave. 

Prima  della  partenza  diresse  al  Clero  ed  ai  dio- 
cesani una  pastorale  in  cui  dopo  averne  deplorata  la 
immatura  morte  (i)  ordinava  che  in  tutte  le  parrocchie 
avesse  luogo  un  servizio  funebre,  ed  ogni  sacerdote 
celebrasse  la  messa  prò  defuncto  pontifice.  Racco- 
mandava poi  istantemente  al  clero,  che  pregasse  per 
la  elezione  del  nuovo  Papa  ;  anzi  a  questo  scopo  in 
un  giorno  prefisso  da  tutto  il  clero  adunato  nella 
Cattedrale,  si  farebbe  una  solenne  processione  a  Sant 
Ambrogio,  durante  la  quale  si  sarebbe  cantato  il  Veni 
Creator  ;  quindi  giunti  alla  Chiesa,  si  sarebbero  reci- 
tate preci  di  circostanza  e  cantata  la  messa  prò  elec- 
tione  Pontificis. 

€  Ciascun  sacerdote,  conchiudeva  la  pastorale,  fino 
ad  elezione  compiuta,  aggiungerà  alla  messa  quoti- 
diana la  colletta  di  rito.  Invocava  infine  una  preghiera 
anche  per  lui,  affinchè  il  viaggio,  che  stava  per  intra- 
prendere, fosse  prospero,  e  ben  diretto  e  maturato  il 
voto  che  tutti  i  cardinali  dovevano  dare  per  la  scelta 
del  nuovo  Papa.» 

Tali  i  concetti  della  citata  pastorale,  nulla  però 
che  alludesse,  neppur  da  lontano  allo  stato  in  cui  si 
trovava  la  città,  ed  al  fermento  che  sordamente  ser- 
peggiava per  ogni  dove. 

Pochi  giorni  dopo  il  nostro  Arcivescovo  scendeva 
a  palazzo  Braschi,  ed  a  Roma  avevano  luogo  grandi 


(i)  Abbiamo  più  indietro  notato  come  accogliessero  la 
notizia  i  romani. 


—  I04  — 
festeggiamenti  per  la  venuta  degli  Ambasciatori  delle 
diverse  potenze. 

Quarantotto  furono  i  Cardinali  raccolti  in  Con- 
clave, e  dopo  49  giorni  di  sede  vacante  (3 1  marzo),  i 
voti  si  raccolsero  sul  Cardinale  Saverio  Castiglioni, 
che  cinse  la  tiara  col  nome  di  Pio  Vili. 

Era  nativo  di  Cingoli  (Marca  Anconitana)  fu 
creato  vescovo  da  Pio  VII  nell'agosto  del  1800,  rele- 
gato quindi  per  le  vicende  politiche  nelle  provincie 
francesi  meridionaH,  dove  rimase  fino  al  1814,  quan- 
do venne  eletto  arcivescovo  di  Tusculo. 

In  questa  circostanza,  il  primicerio  della  nostra 
Metropolitana,  canonico  Luigi  Brasca,  in  assenza  del- 
l'Arcivescovo non  ancor  ritornato,  pubblicò  altra  pa- 
storale, in  cui  annunciando  l'avvenuta  elezione,  ordi- 
nava preghiere  di  ringraziamento,  una  nuova  proces- 
sione a  S.  Ambrogio,  una  messa  prò  gratiarum  actione 
in  tutte  le  parrocchiali,  e  la  colletta  di  rito  a  tutti  i 
sacerdoti,  da  aggiungersi  alla  messa  consueta,  per  otto 
giorni.  Terminava  raccomandando  alle  orazioni  dei 
fedeli  iì  neo -eletto. 

Né  sembra  che  la  musica  chiesastica  fosse  trascu- 
rata, i^oichè  in  questo  anno  il  diario  cittadino,  nota 
grandi  ovazioni  fatte  al  giovine  maestro  Francesco 
Almasio,  che  si  produsse  nella  nostra  chiesa  del  Pa- 
radÌ5o>  con  una  messa  da  lui  musicata,  in  occasione 
della  festa  di  S.  Giuseppe. 

E  chiuderemo  codesta  rassegna  religiosa  coirac- 
cenno  alla  solita  processione  del  Corpus  Domini,  che 
quest'anno  ebbe  luogo  con  speciale  solennità,  festeg- 
giandosi contemporaneamente  e  il  felice  viaggio  ar- 
civescovile, e  Tesai t azione  del  nuovo  Papa. 

Perchè  il  lettore  possa  darci  ragione  delTasserto, 
ecco  il  tenore  dell'epigrafe  che  si  leggeva  su  gran 


—  I05  — 
cartello,  collocato  tra  gli  addobbi  sfarzosi  della  porta 
maggiore  della  cattedrale  : 

DEO 

m  EUCARISTICIS  MYSTEROS 

ANNUA  LUSTRATIONE  CIRCUMLATO 

OBINES   CIVIUM  ORDINES 

PRO    ECCLESIiE,     IMPERII    ET    PATRIìE 

mCOLUMITATE 

VOTA   NUNCUPAMUS 

RAINERIO   ARCIDUCiE   PROREGE 

SUPPLICATIONEM 

PIETATIS    m     EXEMPLUM     PROSEQUENTE 

CARDINALI   CAROLO   CAJETANO 

ANTISTITO    NOSTRO 

AB   APOSTOLICO   CONCLAVIO 

FAUSTE,   FELICITER   REDUCE 

SOLEMNEM    CìERIMONIAM    OBEUNTE. 

Che  il  pubblico  milanese  poi  si  prendesse  pensiero 
delle  visite  officiali  che  re  o  principi  facevano  al  no- 
stro Viceré,  che  alla  sua  volta  girovagava  per  le  no- 
stre Provincie  (i),  non  lo  crediamo.  Eppure  fu  tra 
noi  quest'anno  il  re  di  Baviera,  la  granduchessa  Elena 
di  Prussia,  il  duca  di  Modena,  la  duchessa  di  Parma 
Maria  Luisa.  Ed  è  innegabile  che  tali  visite  davano 
DQOvimento  alla  città,  lavoro  agli  artisti  di  cui  visi- 
tavano i  laboratori,  al  commercio,  che  ad  ogni  occa- 
sione si  davano  spettacoli  straordinari. 

E  giacché  accenniamo  a  teatri,  vogliamo  parlare 


(i)  Tra  l'altre  terre  visitò  la  Brianza  e  salì  al  buco  del 
piotnbo,  noto  fin  d'allora  agli  sportisti  milanesi.  Fu  col- 
locata in  memoria  una  lapide  del  seguente  tenore  :  S.  A.  I. 
Princ.  Kaineri  viceré  —  Consigliere  De  Capitani  —  Ciam- 
bellano conte  Paur  —  Gli  8  maggio  i82g. 


mmimm 


1 


—  io6  — 

di  quella  provvida  istituzione  che  fu  il  pio  istituto 
teatrale,  a  beneficio  del  personale  addetto  al  servizio 
dei  RR.  Teatri  (Scala  e  Canobbiana).  Tale  fonda- 
zione è  dovuta  al  Duca  Visconti  di  Modrone,  impre- 
sario dei  teatri  stessi.  Dobbiamo  poi  aggiungere  che 
pittore  scenografo,  era  il  Sanquirico,  e  quanto  a  mae- 
stri, mentre  a  Parigi  al  teatro  dell'Opera  si  dava  il 
Freischutz  di  Weber,  alla  Scala  si  dava  la  Straniera 
di  Bellini  ;  il  Pacini  faceva  rappresentare  il  Talis- 
mano ed  il  pubblico  applaudiva  al  Carcano  la  Pasta 
nella  Semiramide^  nélV Otello  e  nella  Giulietta  e 
Romeo. 

AirAccademia  dei  Filodrammatici  si  inaugurava 
il  busto  di  Vincenzo  Monti  (i),  e  la  festa  era  prece- 
duta dalla  recita  àeW Aristodemo  e  da  una  poesia  de- 
clamata da  Andrea  Maffei.  In  tale  circostanza,  Felice 
Romani,  bella  illustrazione  di  quell'epoca,  pubblicò 
tre  canzoni  pei  busti  della  Pasta,  del  Monti  e  d'altro 
lavoro  del  Marchesi.  E  tutto  questo,  per  tacere  degli 
altri  teatri,  in  cui  il  popolo  grande  e  piccolo  si  di- 
vertiva un  mondo,  e  delle  feste  private  che  si  segui- 
VcUio  nelle  case  patrizie. 


(i)  Per  l'esposizione  del  busto  del  poeta  nel  palazzo  di 
Brera,  opera  del  Marchesi,  il  poeta  Realdi  scrisse  la  se- 
guente ottava  : 

«  Quell'omerica  fronte,  il  maestoso 
Sublime  sguardo,  e  il  grande  arco  del  ciglio, 
E  quel  labbro  che  ancor  suona  armonioso. 
Caro  alle  Muse  e  di  Latona  al  figlio. 
Quel  crin  che  ondeggia  d'ogni  fren  sdegnoso. 
L'intiero  Monti  alfin,  chi  dalPartiglio, 
Trarre  di  morte,  ^e  vivo  far  potea  ? 
L'osaron  molti  e  sol  Marchesi  il  fea.  » 

Un  vero  saggio  classico. 


I        L 


—  I07  — 

Giacché  ci  capitò  per  incidente  il  nome  della  Pa- 
sta, alla  quale  convergono  gli  sguardi  de*  buongustai 
di  musica,  e  che  diveniva  il  tema  favorito  dei  discorsi, 
dobbiamo  accennare  ad  una  quistione  che  si  era  solle- 
vata fra  i  critici  teatrali. 

Il  municipio  di  Como  aveva  decretato  una  lapide 
da  collocarsi  nell'atrio  di  quel  teatro,  quale  ricordo 
di  lina  serata  datasi  dall'esimia  artista  a  beneficio  dei 
poveri.  Ecco  le  parole  quali  ce  le  conservò  la  cro- 
naca (l)  : 

A 

GIUDITTA  PASTA 

per  magistero  e  soavità  di  canto 

meravigliosa  : 

per  epico  atteggiamento 

nobilissima  : 

per  viva  espressione  di  affetti 

inimitabile: 

della  senna,  del  tamigi,  dell*istro 

delizia  e  desiderio 

CHE 

LA    SECONDA    SERA    d'aGOSTO    MDCCCXXIX 

BEA   LE  PATRIE    SCENE 

MODULANDO   IL    TANCREDI  ROSSINIANO 

E  l'inopia   INDUSTRE 

CON    MANO    AMICA   SOLLEVA 

PUBBLICO    DI    PLAUSO    E    RICONOSCENZa 

TRIBUTO. 

L'estensore  della  Gazzetta,  dice  a  buon  diritto,  che 
l'anonimo  autore  avrebbe  dovuto  aggiungere  là  dove 
dice  della  Senna,  ecc.,  e  dell' Olona,  giacché  le  più  fer- 


(i)  Vedi  Gassetta  di  Milano,  Anno  1829. 


—  io8  — 

vide  dimostrazioni  di  plauso  ebbero  appunto  luogo  a 
Milano.  Ora  al  pubblico  venne  il  ghiribizzo  di  inda- 
gare dove  Tesimia  artista  avesse  sortito  i  natali,  e 
come  suol  avvenire  chi  sosteneva  un  paese,  chi  un  al- 
tro, e  la  quistione,  chi  l'avrebbe  detto,  minacciava  di 
farsi  seria. 

Il  Pezzi,  della  Gazzetta  di  Milano^  pubblicò  una 
lettera  pervenutagli  da  un  saronnese,  in  cui  era  au- 
tenticamente dimostrato y  che  la  tanto  meritamente  de- 
cantata signora  Giuditta  Negri,  ora  maritata  al  si- 
gnor Giuseppe  Pasta  era  veramente  nativa  di  Sa- 
ronno  (i).  La  notizia  fece  strabiliare  e  la  si  impugnò, 
del  resto  avremo  campo  di  intrattenerci  più  a  lungo 
in  occasione  della  morte  di  questa  attrice,  la  cui  vita 
fortunosa  è  un  vero  romanzo. 

Diamo  ora  uno  sguardo  allo  sviluppo  intellettuale 
deiranno. 

Il  primo  d'aprile,  il  governo  aperse  il  concorso 
per  la  compilazione  di  una  grammatica  elementare, 
mentre  a  Parigi  si  annunciava  il  tentativo  di  una  orto- 
grafia francese,  la  quale  aveva  per  base  fondamentale 
lo  scrivere  come  si  parlava  o  quasi.  Questo  tentativo 
ripetutosi  a  quando  a  quando  fino  ad  ora,  non 
si  riesci  ancora  a  poter  effettuare,  malgrado  gli  sforzi 
dell'Accademia  e  dei  Ministri  stessi  dell'Istruzione  (2). 

Verso  la  fine  del  citato  mese  si  aperse  fra  noi,  e 
precisamente  nella  parrocchia  di  S.  Alessandro,  la 
prima  scuola  serale  di  carità.  Nulla  diremo  delle 
consuete  solenni  distribuzioni  di  premi  agli  allievi 
della  scuola  veterinaria,  a  quelli  dell'accademia  di 


(i)  Vedi  il  citato  diario  25  aprile  1829. 
(2)  Anche  presentemente  è  ancora  una  quistione  all'or- 
dine del  giorno. 


ì 


—  Log  — 

• 

belle  arti,  sebbene  in  quest'ultima  potremmo  notare 
premiati  molti  dei  futuri  maestri  che  istruiraimo  la 
nuova  generazione,  quali  TAiraghi  per  la  pittura,  il 
Fraccaroli  per  la  scultura,  il  Moja  pel  disegno,  il 
Bisi  pel  paesaggio,  lo  Zuccari  per  la  prospettiva,  il 
Croff  per  la  plastica,  il  Butti  di  Viggiù  e  parecchi 
altri. 

Anche  le  tipografie  non  rimanevano  silenziose.  Si 
annunciava  prossima  la  pubblicazione  delle  opere  po- 
stume di  Vincenzo  Monti.  La  litografia  Ricordi  pub- 
blicava accurate  illustrazioni  litografiche  dei  Promessi 
Sposiy  delle  quali  era  autore  il  Gallo  Gallina  ;   un 
canonico  Taddeo  Consonni  pubblicava  una  seconda 
edizione  di  un  Nuovo  sistema  Steno  grafico  y  la  prima 
era  già  stata  pubblicata  nel  1816  a  Padova  ;  il  viag- 
giatore Champollion,  reduce  dall'Egitto,  stendeva  la 
relazione  de'  suoi  viaggi  e  le  notizie  delle  sue  sco- 
perte. Francesco  Longhena,  traduceva  dal  francese  la 
Storia  della  vita  e  delle  opere  di  Raffaello  Sanzio  del 
Quiney.  Ermes  Visconti,  coi  tipi  del  Ferrario,  dava 
in  luce  i  Saggi  filosofici.  Un  trattato  dì  ginnastica 
ad  uso  dei  giovani  era  pubblicato  dal  Pirotta  ed  al- 
cune norme  speciali  per  gli  esami  dei  candidati  alla 
laurea.  E  tutto  questo  di  mezzo  alla  quantità  di  ro- 
manzi tradotti,  di  novelle  e  delle  ristampe. 

E'  qui  il  luogo  di  ricordare  il  cospicuo  lascito  del 
barone  Pietro  Custodi  di  20  mila  volumi,  oltre  parec- 
chi manoscritti,  legati  alla  nostra  Biblioteca  Ambro- 
siana. Ricca  suppellettile,  della  quale  però  quei  dot- 
tori non  entrarono  in  possesso  che  alla  morte  del  te- 
statore, nel  1842,  e  che  si  deve  alla  solerzia  dei  dot- 
tori Gatti  e  Dozio,  se  parte  dei  libri  e  tutti  i  mano- 
scritti non  siano  andati  dispersi,  poiché  la  baronessa 
vedova  al  Custodi,  avendo  lasciata  la  residenza  di 
Galliano  in  territorio  di  Cantù,  quasi  subito  dopo  la 


"F^ 


—  no  — 

• 

morte  del  marito,  ed  avendo  confidato  la  casa  a  do- 
mestici ;  questi  o  ignoranti  di  lettere,  o  per  avidità  di 
XucrOt  vendettero  parecchi  manoscritti,  che,  se  cre- 
diamo al  prof.  Sangui orgio,  il  quale  pubblicò  un'ac- 
curata biografia  del  Custodi,  emigrarono  in  Francia. 
Quanto  all'edilizia,  notiamo  i  lavori  dell'Arco 
della  Pace,  la  cui  fusione  dei  bronzi  avvenne  nello 
Stabilimento  alla  Fontana  che  ancóra  trovasi  fuori 
di  Porta  Garibaldi  e  la  costruzione  della  barriera  di 
Porta  Orientale,  ora  Venezia. 


A  chiudere  Tanno,  registriamo  la  morte  dell'av- 
vocato Marocco,  nome  assai  distinto  negli  annali 
de!  foro  ;  quella  dell'Intendente  generale  delle  fi- 
nanze lombarde,  OdoaRDO  DEL  COLLE,  del  marchese 
Annibale  Soiimariva,  ciambellano  di  Corte  e  capi- 
tano della  guardia  dei  Trabanti,  il  quale  contava  77 
anni  di  vita  e  58  dì  servigi  militari  :  morì  a  Vienna; 
quella  ancora  di  LuiGI  MARCHESI,  cantante  di  grido, 
che  seppe  imporsi  anche  al  grande  Napoleone,  quando 
lo  voleva  far  cantare  per  forza.  Morì  pure  in  que- 
st'anno il  professore  GIUSEPPE  MANGILI,  nativo  di 
Caprino  Bergamasco  e  contava  poco  più  di  62  anni. 
Aveva  studiato  a  Bergamo,  e  a  soli  19  anni  ne  usciva 
professore,  A  Pavia  si  dedicò  allo  studio  delle  scienze 
fisiche  e  naturali,  sicché  vivente  ancora  lo  Spallan- 
zani, era  preconizzato  successore.  Viaggiò  nell'Italia 
meridionale,  fu  in  amicizia  col  Mascagni  e  col  fisico 
Fontana.  Morto  nel  1799  lo  Spallanzani,  il  Mangili  fu 
dal  governo  eletto  successore,  anche  dietro  avviso 
dello  Scarpa.  Fu  membro  di  illustri  Accademie  ita- 
liane ed  estere,  ma  nel  181 5  cominciarono  a  venirgli 
meno  le  forze,  sopportò  coraggiosamente  quello  stato 
di  debolezza,  quando  negli   ultimi    quattro  mesi  lo 


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—  Ili  — 

colpi  un  profondo  catarro  che  presagiva  prossima 
la  fine.  Nel  novembre  fu  preso  da  febbre  veemente 
e  verso  la  metà  del  mese  avvenne  il"  suo  decesso. 

Altra  celebrità  che  cessò  di  vivere  in  questo  anno 
fu  il  giureconsulto  letterato,  GIOVANNI  RISTORI.  Era 
nato  a  Firenze  nel  1755,  percorse  gli  studi  universitari 
a  Pisa  e  fu  eletto  giudice  a  Bologjna.  Nel  1792  stampò 
il  Corpus  juris  regestuniy  lavoro  di  cui  pubblicò  un 
solo  volume,  atteso  gli  incarichi  che  ebbe  successi- 
vamente dal  Governo.  Negli  ultimi  anni  di  vita  era 
giudice  presso  TI.  R.  Tribunale  d'appello  in  Milano  : 
feltro  suo  lavoro  fu  la  versione  in  latino  del  codice 
civile  austriaco.  Mori  a  75  anni.  MELCHIORRE  GlOJA, 
nato  nel  settembre  del  1767  a  Piacenza,  fu  educato 
nel  collegio  Alberoni,  ed  abbracciò  la  carriera  eccle- 
siastica. Uscito  dal  seminario  si  dedicò  alle  mate- 
matiche sotto  la  direzione  del  maestro  Fontana  che 
era  successo  al  Boscowich  in  quell'insegnamento  nella 
università  pavese.  Nel  1796,  lasciato  l'abito  ecclesia- 
stico fu  in  Lombardia  e  continuò  col  maestro  gli 
studi  di  economia  pubblica  in  cui  si  distinse  otte- 
nendo un  premio  speciale.  Ritornato  in  patria  fu  dal 
duca  di  Parma  fatto  imprigionare  come  sospetto  di 
liberalismo.  Restituito  a  Milano,  ebbe  dal  Bonaparte 
posto  onorifico  nelle  sedute  del  Consiglio  legislativo. 
Allontanato  per  gli  avvenimenti  politici,  fu  tra  noi 
ancora  nel  1801,  dove  continuò  i  suoi  studi  prediletti. 
Fra  le  molte  opere  da  lui  pubblicate  noteremo  la 
Teoria  del  divorzio  che  gli  fruttò  il  licenziamento 
dal  posto  che  occupava.  Ritornato  a  Milano  con  per- 
messo speciale  del  Viceré,  visse  del  prodotto  delle 
sue  opere.  Mancante  di  mezzi  traeva  una  vita  molto 
stentata,  cui  si  aggiunse  la  malferma  salute.  Mori  ai 
primi  di  gennaio  e  fu  seipolto  senza  pompa,  nell'at- 
tuale cimitero  di  Porta  Comasina  (Garibaldi)  dove 


—    112    — 


una  prolissa  iscrizione  latina  lo  ricorda  tuttora  ai 
posteri.  Abitava  a  Milano  in  via  Cusani,  2,  ed  una 
via  della  nostra  città  è  pure  dedicata  al  suo  nome. 
Lasciò  i  suoi  manoscritti  al  consigliere  aulico  Gi- 
roni, che  li  depositò  alla  Biblioteca  di  Brera,  della 
quale  egli  era  direttore  e  conservatore.  Il  Pellico  lo 
dice  il  più  eminente  pensatore  sulle  scienze  economi- 
che che  abbia  avuto  l'Italia  in  quei  tempi.  Fu  amicis- 
simo della  Bianca  Milesi,  la  quale  aveva  profuso  le 
più  tenere  cure  al  vecchio  durante  il  tempo  del  suo 
arresto,  che  fu  compromesso  nei  moti  del  21,  anzi  a 
lei  dedicò  in  segno  di  riconoscenza  un'opera  intito- 
lata Deir  Ingiuria. 


1880. 


CAPITOLO  VI. 

I  detenuti  dello  Spielberg.  —  Francia  ed  Italia.  —  Giudizi 
di  Chateaubriand.  —  Ciro  Menotti,  il  duca  di  Modena 
e  il  generale  La  Fayette.  —  Misure  repressive  e  gior- 
nali esteri.  —  Gli  stampati  della  tipografia  elvetica.  — 
Milano  e  la  Lombardia.  —  Viceré  e  governatore.  — 
Riforme.  —  Religione  e  beneficenza.  —  Il  quarto  cente- 
nario del  toson  d'oro.  —  Lettere,  industrie  ed  arti.  —  Ne- 
crologio. 

In  quest'anno  le  luride  casematte  dello  Spielberg 
cominciano  a  rilasciare  i  detenuti  che  fin  dal  1821 
vi  erano  seppelliti.  Sono  tre:  Silvio  Pellico,  Pietro 
Maroncelli  e  Andrea  Tonelli  (i)  di  Brescia,  poiché 

(i )  Vedi  Silvio  Pellico,  Le  mie  prigioni. 

Oltre  tutto  quanto  si  scrisse  intomo  ai  tentativi  fatti 
presso  l'Imperatore  austriaco  per  la  liberazione  del  Pellico, 
dobbiamo  aggiungere  questa  lettera  pubblicata  dal  perio- 
dico la  Rassegna  Nazionale  di  Firenze,  fase,  del  16  ottobre 

IQOO. 

£'  una  risposta  data  da  Metternich  ad  un'istanza  a  fa- 
vore dell'illustre  carcerato,  presentata  dal  generale  Ignazio 
di  Revel,  Luogotenente  generale  del  Regno  Sardo  nel  182 1. 

Eccola  nella  sua  integrità  : 

Signor  Conte, 

«  Geloso  di  corrispondere  alla  fiducia  che  mi  avete  di- 
mostrata coll'invitarmi  a  sollecitare  la  clemenza  dell'Impe- 

<3iANETTi.  Cronistoria.  8 


-  114  — 
già  fin  dal  1826  erano  stati  prosciolti  don  Marco  For 
tini  e  l'avvocato  Solerà. 

E'  davvero  crudele  il  modo  però  con  cui  ne  sono 
liberati.  Era,  lo  racconta  estesamente  il  povero  Pel- 
lico nel  suo  libro,  il  primo  d'agosto  di  quell'anno 
(1830)  e  i  due  prigionieri,  essendo  stato  loro  portato 
il  pranzo,  stavano  apprestando  la  misera  tavola  con 
quei  cucchiai  e  quelle  forchette  di  legno  che  costa- 

ratore  a  favore  del  signor  Silvio  Pellico,  condannato  a  13 
ajini  di  carcere,  mi  feci  premura  di  sottoporre  a  Sua  Maestà 
la  lettera  che  V.  E.  mi  fece  l'onore  di  scrivermi  il  6  marzo, 
onde  S.  M.  fosse  in  grado  di  apprezzare,  essa  stessa,  i  mo- 
tivi che  vi  avevano  indotto  a  tale  raccomandazione.  La  de- 
cisione che  mi  proviene  dall'  Imperatore  è  concepita  nei 
seguenti  termini  : 

«  Voi  risponderete  al  signor  Conte  Thaon  di  Revel  che  la 
tranquillità  de'  miei  stati,  e  quella  dell'Italia  in  generale, 
non  mi  permettono  di  usare  maggior  clemenza  verso  i  Car- 
bonari, 1  quali  furono  giudicati  colpevoli  dai  nostri  tribu- 
nali di  giustizia.  » 

«  Mi  duole  sinceramente,  signor  Conte,  che  non  mi  sia 
concesso  di  parteciparvi  una  decisione  più  conforme  ai  vo- 
stri voti.  Oso  almeno  sperare,  che  riconoscerete  dalla  mia 
premura  a  fare  in  favore  del  vostro  protetto  un  passo  com- 
pletamente in  fuori  dal  cerchio  delle  mie  attribuzioni,  la  più 
convincente  prova  del  mio  sincero  desiderio  di  obbligarvi. 

{(  Colgo  quest'occasione  per  rinnovarvi,  signor  Conte. 
l'assicurazione  dell'alta  considerazione  colla  quale  ho  l'o- 
nore di  essere 

«  Signor  Conte 

Vostro  umil.mo  ed  obb.mo  servo 
Metternich. 

Vienna,  14  aprile  1822. 

Dopo  quanto  si  scrisse  di  Metternich,  noi  dubitiamo 
assai  che  la  supplica,  di  cui  è  cenno,  sia  stata  presentata  ef- 
fettivamente alrlmperatore. 

In  quest'anno  il  Corriere  della  Sera  ne'  suoi  numeri  del 
5-6  e  12-13  gennaio  pubblicò  bellissimi  articoli  di  Alessan; 
aro  Luzio  circa  i  documenti  austriaci  sulle  <c  mie  Prigioni 
di  Silvio  Pellico  »  che  gettano  molta  luce  sulle  vicende  de- 
gli scritti  del  poeta  di  Saluzzo. 


—  115  — 
rono  loro  tante  privazioni,  quando  furono  invitati  a 
recarsi  dal  direttore  di  polizia.  Può  immaginarsi  con 
qual  piacere  obbedissero  all'ingiunzione  e  quale  ti- 
more li  assalse  di  nuove  inquisizioni.  Contaro  ogni 
aspettativa  però  lo  trovarono  abbastanza  benevolo, 
e  con  un  discorso  tutto  a  reticenze,  quasi  si  trattasse 
di  una  brutta  notizia,  annunciò  loro  che  S.  M.  aveva 
fatto  una  grazia,  ed  alle  ripetute  domande  dei  due 
infelici,  si  risolse  infine  di  dire  che  era  stata  accor- 
data la  grazia  a  loro  due  e  ad  un  terzo  che  fra  poco 
avrebbero  abbracciato.  Cosi  furono  rimandati  alla 
loro  cella.  Si  presentò  il  terzo  graziato  e  la  commo- 
zione impedì  loro  di  continuare  il  parco  asciolvere. 

Non  pensi  però  il  lettore  che  pochi  giorni  dopo  i 
detenuti  avessero  potuto  abbracciare  i  loro  cari  :  oh  ! 
i  nostri  padroni  non  avevano  troppa  fretta.  Verso  il 
tramonto,  furono  condotti  nella  città,  che  dà  l'infau- 
sto nome  al  castello  :  là  dovettero  aspettare  un  com- 
missario di  polizia,  proveniente  da  Vienna,  che  aveva 
rincarico  di  accompagnarli  ai  confini.  Rivestiti  quindi 
dei  loro  abiti,  continuarono  il  viaggio,  e  qui  ad  onore 
del  vero,  quel  ritomo  fu  a  spese  dello  Stato. 

Il  povero  Silvio,  mentre  parla  della  gentilezza  di 
chi  l'accompagnava,  accenna  pure  al  suo  stato  mise- 
rando di  salute  in  cui  si  trovava,  che  non  gli  per- 
metteva tappe  molto  lunghe.  Ma  il  tempo  incalzava, 
e  siccome  erasi  divulgata  la  notizia  delle  giornate  di 
Parigi,  così  si  temeva  da  un  istante  all'altro  qualche 
contrordine  (i).  Il  triste  convoglio  si  arrestò  qualche 
giorno  a  Vienna,  dove,  sempre  accompagnati  dal 
Commissario,  era  rigorosamente  vietato  di  parlare  con 


(i)  Il  Pellico  dice  che  nello  stesso  giorno  in  cui  scop- 
piava c}uella  rivoluzione,  Pimperatore  aveva  firmato  il  de- 
creto di  grazia.  ^ 


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-   Tl6  — 

alcuno.  E  qui  dobbiaino  r^istrare  un  atto  di  dtirezza 
che  certo  non  poteva  venir  in  mente  che  ad  un  raffi- 
nato aizzino. 

Mentre  i  detenuti  si  trovavano  nei  viali  di  Schoen- 
brùnni  passò  l' imperatore,  ed  il  commissario  li  fece 
allontanare,  perche  la  vista  dì  quelle  sparute  per  som 
non  rattristasse.  Non  era  forse  miglior  avviso  che 
e^li  potesse  vederle  e  parlar  loro?  Che  potesse  udire 
una  parola  di  ringraziamento  o  di  preghiera  per  gli 
infelici  che  ancora  colà  traevano  la  pesante  catena 
in  mezzo  alle  privazioni?  Forse  le  loro  persone,  sa- 
rebbero state  più  eloquenti  di  qualunque  libro  e  di 
qualunque  discorso!  (i) 

Lasciata  Vienna,  dovettero  sostare  a  Bruck  ;  dopo 
due  giorni  si  continuò  fin  nei  pressi  di  Klagenfurt, 
dove  furono  trattenuti  altri  cinque  giorni  per  ordine 
superiore.  Fra  il  male  che  assai  poca  tranquillità  la- 
sciava al  povero  Pellico  e  la  tema  di  non  trovare  più 
i  suoi  cari,  avvicinandosi  all'Italia,  si  andò  avanti. 

A  Mantova  venne  lasciato  libero  il  Maroncelli,  a 
Brescia,  il  Tonelli  ed  ii  9  settembre,  T Autore  della 
Francesca  da  Riminì,  dopo  dieci  anni  circa  di  lonta- 
nanza, rivedeva  Milano  e  fu  alloggiato  alla  Bella 
Venezia,  dove,  malgrado  l'assoluto  silenzio  in  cui  si 
.teneva  il  Commissario,  venne  riconosciuto  dai  came- 
rieri dell'albergo.  La  voce  si  sparse  fra  il  po- 
polo e  parecchi  cittadini,  nella  sera  gremivano  la 
piazza,  ansiosi  di  poter  rivedere  una  volta  ancora  il 
reduce  dallo  Spielberg,  che  tanto  aveva  sofferto,  poi- 
ché anche  quelle  persone  addette  al  servizio  dell'al- 


ai) Uepisodio  è  rifcritt)  dal  prof .  Alfani  in  quella  sua 
melanconica  conferenza  sopra  àilvio  Pellico.  Vedi  il  vo- 
lume :  La  mia  italiana  del  risorgimento  181 5-183 1.  Firenze 
"Bemporad. 


ipi^ff 


pigivi 


-  117  — 

bergo  nei  loro  racconti,  non  avevano  lasciato  di  fare 
qualche  appunto  al  sistema  carcerario  austriaco. 

Il  giorno  dopo  finalmente  si  parti  per  Torino,  ac- 
compagnato da  un  brigadiere,  e,  quasi  non  fossero 
bastate  le  dure  prove  cui  era  stato  soggetto  nel  viag- 
gio, dovette  sentirsi  raccontare,  Dio  sa  con  qual  cuore, 
l'arresto  dell'amico  Gonfalonieri,  giacché  lo  sgherro 
apparteneva  appunto  alla  schiera  di  coloro  che  l'ave- 
vano operato. 

A.  S.  Martino,  paese  di  contro  a  Boffalora,  Sil- 
vio venne  consegnato  ai  carabinieri  piemontesi  :  a 
Novara  pernottò  per  l'ultima  volta,  e  qui  cessò  an- 
che l'accompagnamento,  cosichè  il  17  settembre,  dopo 
oltre  un  mese  e  mezzo  che  allo  Spielberg  gli  era  stata 
annunciata  la  grazia,  potè  abbracciare  i  suoi  cari. 

E  ci  permetta  il  lettore  che,  giacché  abbiamo  par- 
lato di  Pellico,  diciamo  pur  qualche  cosa  del  truce 
maniero  che  per  tanto  e  tanto  tempo  servì  di  pri- 
gione ai  detenuti  politici  (i).  Togliamo  alcune  linee 
dalla  conferenza  citata  : 

cDi  quel  castello,  scrive  un  visitatore  (2),  mi  é  ri- 
masto nella  mente  una  gran  confusione  come  di  so- 
gno breve  e  terribile.  Mi  vi  condusse  un  custode  mu- 
nito di  una  gran  fiaccola  e  di  tanto  in  tanto  si  fer- 
mava per  accennarmi  colla  muta  parola  del  lume, 
sia  le  pareti  umide  e  brune,  alle  quali  era  attaccato 
ancora  qualche  anello  di  catena,  sia  le  vòlte  pendenti 
sui  nostri  capi,  e  poi  quegli  strumenti  di  tortura,  che 
parevano  cose  viventi  e  superstiti  a  tutte  le  morti  da 
essi  prodotte.  Al  rapido  guizzar  della  fiaccola,  spa- 


(1)  Attualmente  esso  è  adibito  come  caserma  militare  e 
non  si  può  visitare  fuorché  con  uno  speciale  permesso. 

(2)  Il  pofessore  Zumbini,  citato  dall'Alfani  nella  sua 
conferenza. 


—   Tl8  — 

rivano  le  tenebre,  e  tutto  diveniva  più  pauroso  e  più 
orrendo.  Dalle  pareti,  dalle  vòlte,  dal  pavimento,  da 
quegli  strumenti,  come  a  Dante  dalla  scheggia  del 
suicida,  pareva  uscissero  insieme  parole  e  sangue.... 

«  All'uscir  di  quel  baratro,  i  miei  occhi  erano  quasi 
ottenebrati,  e  vedevano  il  sole  come  in  ecclissi.  Avevo 
meco  le  Mie  Prigioni  (i),  già  rilette  poco  avanti  ;  le 
riapersi,  quasi  per  cercare  conforto  al  Martire,  che  qui 
aveva  durato  e  vinto  tanto  dolore...  La  tomba  in  cui 
avevo  visto  pendente  il  suo  ritratto,  era  quella  dove 
lo  gettarono  al  suo  arrivo,  e  dove  stette  per  qualche 
tempo  ;  e  solo  quando  i  suoi  patimenti  Tebber  ridotto 
all'estremo,  fu  trasportato  di  sopra.» 

E  quando  il  visitatore  parte  sul  treno  di  Vienna, 
si  volge  spesso  indietro,  finche  può  vedere  quella  re- 
liquia di  martiri  e  monumento  di  patrie  virtù,  come 
chiamava  Gioberti  questo  castello. 

«  A  seconda  che  vi  morivano  gli  ultimi  bagliori  del 
sole  e  vi  crescevano  le  ombre,  mi  si  facevano  più 
paurose  le  immagini,  suscitate  dalla  sua  vista.  Guar- 
davo e  pensavo  :  Quanto  dolore  umano  si  accolse 
colà  per  più  secoli,  e  quel  dolore  di  quanti  altri  af- 
fanni, non  fu  cagione  in  ogni  parte  d'Europa!... 

«  E  mentre  il  gran  mostro  s'involava  del  tutto  ai 
miei  occhi,  guardavo  sempre  e  pensavo....  In  nessun 
altro  paese  dovette  così  abbondar  quel  dolore,  come 
nella  patria  mia,  perchè  italiana  fu  la  maggior  parte 


(i)  Più  tardi  il  Pellico,  parlando  di  questo  libro  e  de' 
doveri  degli  uomini,  scrivendo  a  Pietro  di  Santarosa,  si 
mostra  dolente  che  le  traduzioni  che  se  ne  fecero  per  tutta 
Europa,  gli  abbiano  fruttato  non  poche  villanie,  satire  e 
beffe.  Ma  sempre  rassegnato,  aggiungeva  che  il  mondo  è 
fatto  così,  e  nel  proprio  paese  s'incontrano  più  giudizi 
malevoli  che  altrove.  Ci  vuol  pazienza,  conchiudeva,  non 
sgomentarsi  mai  e  lasciar  dire  e  fare. 


—  119  — 
di  quelle  vittime  illustri.  Ma  pur  dalla  patria  mia, 
ti  giunse,  o  Castello,  la  più  terribile  scossa  che  tu 
avessi  mai  avuta.  Fra  le  infinite  dipinture  de'  tuoi 
orrori,  appartiene  airitalia  quella  che,  tanto  più  po- 
tente quanto  più  mite,  valse  sopra  tutto  a  far  si  che, 
aboliti  i  tuoi  flagelli,  fossi  aperto  a  quelle  aure,  a 
quel  sole,  a  quelle  armonie  del  giorno,  che  sono  come 
la  vita  della  nostra  vita,  insieme  colla  libertà!...» 


Abbiamo  accennato  alle  giornate  di  Francia  di 
questo  anno,  è  prezzo  dell'opera  di  gettare  uno 
sguardo  all'Italia  e  vedere  come  nacque  e  si  compì 
quella  rivoluzione. 

Era  campione  della  Corte  romana  Francesco  IV 
di  Modena,  carattere  robusto,  dice  il  Cantù,  mente 
estesa,  che  operava  per  fredda  ragione,  e  col  pro- 
fondo convincimento  delle  idee  patriarcali  di  un  se- 
colo addietro,  che  cioè  il  popolo  appartenesse  al  prin- 
cipe, e  da  questo  dovesse  aspettare  il  bene,  ed  il 
principe  fosse  obbligato  a  farglielo. 

Ricchissimo  di  patrimonio,  fu  il  solo  che  alleg- 
gerisse le  imposte.  Nella  fame  del  1829,  distribuì  cen- 
tomila pesi  di  canape  da  filare,  due  mila  e  cento  pesi 
di  farina  per  mano  dei  parroci,  e  120  mila  lire  fra 
elemosine  e  lavori  straordinari,  istituendo  monti  fru- 
mentari  per  sovvenire  padroni  ed  agricoltori.  Si 
amicò  i  nobili,  che  avevano  perduto  i  diritti  feudali, 
compensandoli  con  carte  pubbliche,  risarcì  in  parte 
la  Chiesa  dei  beni  confiscati,  mitigò  gli  orrori  della 
giustizia  punitiva  ed  il  regime  delle  ipoteche.  Né  tra- 
lasciò i  buoni  studi,  poiché  manteneva  alle  accade- 
mie straniere  giovani  studenti  afiinchè  migliorassero 
nelle  arti  e  nelle  scienze  ;  raccolse  libri,  quadri,  me- 


i 


daglie  ;  lui  stesso  dotato  di  grande  memoria,  notava 
moltissimo  e  si  dava  a  lunghe  dissertazioni  (i). 

La  rivoluzione  aveva  scosso  l'autorità,  egli  ado- 
però ogni  mezzo  per  ricuperarla  a  forza.  Vigile  cu- 
stode degli  interessi  dei  principi,  si  prese  la  briga  di 
informare  i  nostri  padroni  delle  trame  dei  Carbo- 
nari. Gelosissima  era  la  censura  della  stampa,  la  poli- 
zia oculatissima,  tollerati  soli  gli  scrittori,  che  si  ap- 
poggiavano alla  causa  dei  troni  e  degli  altari,  come 
allora  dicevasi. 

Uazione  delle  società  secrete,  come  più  indietro 
notammo,  non  erasi  mai  rallentata,  e  pare  anche  ac- 
certato che  la  rivolta  di  Parigi  del  1830,  non  fosse 
una  spontanea  levata  di  scudi  contro  le  ordinanze 
incostituzionali,  ma  una  lunga  preparazione  delle 
Sette.  Quando  nel  1829  il  papa  rinnovò  l'editto  con- 
tro di  esse,  e  processò  parecchi  carbonari.  Chateau- 
briand, allora  ambasciatore  a  Roma,  scriveva  al  Mi- 
nistro a  Parigi  :  «Leggete  con  cautela  ciò  che  vi  scri- 
veranno da  Napoli  e  d'altrove.  Si  reputa  cospira- 
zione il  malcontento  universale,  il  frutto  dei  tempi, 
la  lotta  dell'antica  colla  nuova  società....  Il  grande 
spettacolo  della  Francia,  possente,  libera,  felice,  col- 
pendo gli  occhi  delle  nazioni  o  rimaste,  o  ricaduta 
sotto  il  giogo,  suscita  lamenti  e  nutre  speranze.  Go- 
verni rappresentativi  con  governi  assoluti,  non  po- 
tranno durare  insieme  :  forza  è  che  gli  uni  o  gli  al- 
tri periscano....  Questa  sola  è  la  cospirazione  in  Ita- 
lia ;  per  questo  l'Italia  può  dirsi  francese....  Non  sono 
oscuri  Carbonari,  eccitati  dai  maneggi  della  polizia... 
{'he  faranno  sollevare  questo  paese  (2).  Si  danno  ai 


(i)  Galvani  Cesare,  Memorie  Storiche  intorno  alla  Vita 
di  Francesco  IV  di  Modena. 

(2)  Sono  curiosissimi  i  numerosi  documenti  (dal  396  al 


—    121    — 

governi  f  alsissime  idee  sul  vero  stato,  s'impedisce  di 
far  ciò  che  devono  per  loro  sicurezza....  Queste  sono 
le  condizioni  dell'Italia  ;  ma  ciascun  Stato,  oltre  i 
dolori  comuni,  è  tormentato  da  qualche  malattia  sua 
particolare  ». 

«  Il  Piemonte  in  balìa  di  una  fazione  fanatica  ;  il 
Milanese  divorato  dagli  Austriaci  ;  le  Romagne  ro- 
vinate nelle  finanze  ;  il  Duca  di  Modena  stabilì  nel 
suo  ducato  magazzeni  di  merci  proibite,  che  notte- 
tempo fa  entrare  nella  legazione  di  Bologna.  Il  go- 
verno delle  Due  Sicilie  è  caduto  nell'ultimo  disprezzo  : 
il  viver  della  Corte  in  mezzo  alle  sue  guardie,  sempre 
sotto  l'incubo  della  paura,  rende  maggiormente  vitu- 
perevole la  monarchia  agli  sguardi  del  popolo,  e  la 
debolezza  del  governo  non  è  salva,  che  dalla  viltà 
della  popolazione.  La  mancanza  di  virtiì  militare 
prolungherà  l'agonia  dell'Italia....  Le  antipatie  nate 
dalle  divisioni  territoriali,  accrescono  le  difficoltà  de- 
gli interni  moti,  ma  se  qualche  impulso  venisse  di 
fuori,  o  se  qualche  principe  fra  l'Alpi  concedesse 
uno  statuto  ai  suoi  sudditi,  avrebbe  luogo  una  rivo- 
luzione, a  cui  tutto  è  maturo.  » 

Tali  gli  apprezzamenti  dell'Autore  del  Genio  del 
Cnstìanesimo, 


4n)  pubblicati  nelle  carte  segrete  circa  le  brighe  che  si 
diede  la  polizia  per  impedire  che  i  moti  rivoluzionari 
diffusi  in  Italia,  avessero  il  contraccolpo  nella  Lombar- 
dia e  nella  Venezia.  Essi  vengono  a  conferma  di  quella 
politica  che  sempre  adoperò  l'Austria  in  siffatte  circostanze  ; 
p  sono  abbastanza  conosciuti  quei  fatti,  come  gli  esiti  sem- 
pre vani  che  finirono  colPintervento  o  diplomatico,  o  ar- 
niato  deir Austria.  Essa  si  occupava  dei  moti  liberali  in 
Italia,  come  se  fossero  avvenuti  in  casa  propria,  e  le  mi- 
^^re  di  polizia  e  i  provvedimenti  governativi  erano  tali  da 
Jar  ravvisare  in  essa  la  vera  e  la  sola  padrona  di  tutta 
Italia. 


y^  w^ 


1 


—    122   — 

E  il  tempo  parve  venuto,  allorché  i  Francesi,  che 
avevano  una  costituzione,  e  tutti  i  mezzi  legali  per  cor- 
reggerla e  svilupparla,  ruppero  a  rivoluzione,  e  nelle 
giornate  di  luglio  cacciarono  la  dinastia  dei  Borboni, 
sostituendovi  quella  degli  Orléans. 

Non  era  però,  scrisse  a  tal  proposito  il  Cantù, 
solo  una  rivoluzione  di  palazzo  ;  si  surrogava  un 
capo  eletto  dal  popolo  francese  ;  e,  a  patto  della  li- 
bertà, alla  dinastia  già  ripristinata  dai  trattati,  un'al- 
tra che  fondava  i  suoi  diritti  sulla  rivoluzione. 

E  questa  nazione  così  allora  costituita  stava  sem- 
pre in  agguato  che  l'Austria  sua  antagonista,  ingran- 
disse di  troppo  in  Italia  :  essa  solleticava  fra  noi  le 
aspirazioni  nazionali  ostili  all'Austria,  ma  non  vo- 
leva che  vi  si  stabilisse  uno  stato  forte,  fomentava  le 
nostre  rivoluzioni  contro  questa  potenza,  ma  appena 
esse  invigorivano,  le  abbandonava  ;  sicché  noi  ci 
chiamavamo  traditi,  perchè  supponevamo  gratuita- 
mente che  fosse  generosità  disinteressata  quanto  era 
tornaconto  nazionale. 

La  Francia  aveva  bandito  il  non  intervento,  e  inni 
di  lode  si  levavano  da  ogni  parte  verso  di  lei,  e  l'Ita- 
lia sognava  di  ricostituirsi. 


L'Austria  ed  i  Principi  posti  a  guardia  degli  Stati 
italiani  che  loro  toccarono  nella  divisione  del  1815, 
sentirono  il  pericolo  e  armarono.  L'interregno  papale 
fu  pure  tumultuoso  anche  nella  stessa  Roma,  dove 
si  tentò  una  sollevazione  per  innovare  il  governo,  isti- 
gandola principalmente  la  famiglia  Bonaparte,  colà 
ospitata  ;  ma  la  rivolta  che  era  fallita  nell'eterna  città, 
riuscì  meglio  in  provincia. 

I  cospiratori,  sempre  tenendosi  sicuri  del  non  in- 
tervento, divisavano  far  in  ciascun  Stato  particolari 


—  123  — 
rivoluzioni,  salvo  poi  a  fondersi  in  un  solo,  che  avesse 
per  centro  Bologna. 

•  Menotti  di  Carpi,  appartenente  a  ricca  famiglia 
mercantile,  col  pretesto  del  commercio,  viaggiò  ed  af- 
fiatossi  colla  Propaganda  a  Parigi  e  coi  Bonaparte 
a  Roma,  poi  si  fece  intermediario  di  questi  presso  il 
Duca  di  Modena  ;  si  disse  che  Enrico  Misley,  rice- 
vesse denari  dal  Duca  per  spiare  i  cospiratori  a  Pa- 
rigi, mentre  da  costoro  facevasi  credere  devoto  alla 
libertà  (i),  ma  l'asserto  è  dubbio  ed  alcuni  provano 
il  contrario.  I  soli  Bolognesi,  ad  istigazione  dell'av- 
vocato Silvani,  rimanevano  perplessi,  perchè  non  fi- 
davano del  duca  di  Modena,  essendo  certi,  dicevano 
essi,  che  l'opera  rovinerebbe,  ove  ne  pigliasse  il  po- 
tere un  principe,  e  particolarmente  quel  duca,  che 
tornava  meglio  piuttosto  cancellare,  come  abbomina- 
zione  d'Italia.  Difficile  era  rispondere  a  queste  osser- 
vazioni, ma  Ciro  Menotti,  che  stava  fra  i  capi  e  molti 
altri  che  erano  stati  tratti  nella  cospirazione,  dimo- 
stravano come  questo  principe  fosse  il  solo  che  per 
ambizione,  per  energia  di  volontà,  per  fierezza  d'ar- 
dire, poteva  esser  nostro  capo  ;  che  se  avesse  macchi- 
nato tradimento  o  sulle  persone,  o  sulla  libertà,  il 
suo  sangue  avrebbe  pagato  quella  vergogna. 

Intanto,  sull'esempio  della  Francia,  Bruxelles, 
Liegi  ed  Anversa  sorsero  in  nuovo  regno,  cosichè  la 
gran  macchina  politica  architettata  al  Congresso  di 
Vienna  andava  a  scomporsi. 

La  libertà,  si  diceva,  era  diritto  dei  popoli  ed  alla 
fama  dei  felici  eventi,  risorsero  le  ire  dei  polacchi  ; 
l'effervescenza  fu  vasta  e  terribile  nelle  Romagne,  Gu- 
glielmo Pepe  spinto  più  da  foga  d'ingegno,  che  re- 


(i)  Volume  citato. 


—    124   "~ 

gelato  da  saggia  prudenza,  era  impaziente  di  pro- 
rompere. Fortuna  audacis  juvat,  ripeteva:  la  Fran- 
cia non  può  scompagnarsi  da  noi,  senza  correre  pen- 
colo, la  Prussia  se  ne  starà  indifferente,  Tlnghiltena 
gode  degli  impicci  in  cui  si  trova  Fesule  Carlo  X  e 
si  vendica  dei  favori  concessi  alla  Russia:  questa 
alla  sua  volta  vede  la  Polonia  invasa  dalle  inteme  di- 
scordie, e  l'Austria  sola  rimarrà  a  sostenere  Furto  di 
tutta  Italia  e  di  Francia,  basta  appena  che  noi  get- 
tiamo un  grido.  Ed  anch'egli  alla  sua  volta  s'affiata 
a  Parigi  ;  dice  che  con  600  Córsi  sarebbesi  mostrato 
nella  Toscana,  passerebbe,  fulminando,  attraverso  gli 
Stati  della  Chiesa,  entrerebbe  vincitore  negli  Abruzzi. 
Allora  tutti  gli  Stati  sarebbero  in  rivoluzione,  le 
masse  in  armi,  la  riuscita  certa. 

Anima  di  tutto  questo  era  Lafayette,  che  a  Pa- 
rigi fu  largo  di  promesse,  di  soldati,  di  denari  e  di 
lettere,  che  invitavano  le  autorità  civili  e  militari  ad 
assecondare  l'opera  del  generale.  E  questi  si  recava 
in  Corsica  per  le  ultime  intelligenze. 

Poco  appresso  quegli  impeti  si  raffreddarono  al- 
quanto, il  Lafayette  significava  al  Pepe  che  le  cose 
prendevano  altra  piega,  poiché  il  nuovo  Re  di  Fran- 
cia, combattuto  da  inteme  fazioni,  non  poteva  di- 
sporre presentemente  di  eserciti,  né  poteva  mettere  a 
rischio  la  propria  libertà  per  l'altrui,  che  lievi  im- 
prudenze avrebbero  potuto  cagionare  gravi  disordini  ; 
che  dissuadeva  il  generale  dall'impresa  ;  che  infine 
egli  si  offriva  quale  intermediario  presso  il  re  di  Na- 
poli, per  ottenere  in  via  pacifica,  quanto  forse  perde- 
rebbero coll'armi  alla  mano,  ed  in  questo  senso  scri- 
veva appunto  a  Re  Francesco. 

Il  Re  di  Napoli  vide  in  questa  lettera  l'armeggìo 
del  generale,  ma  finse,  ed  approfittando  dello  stato 
di  salute  in  cui  si  trovava,  incaricò  i  Ministri  di  rin- 


—  125  — 
graziare  il  Re  per  i  preziosi  consigli,  che  sarebbero 
stati  da  lui  presi  in  considerazione,  e  che  pel  mo- 
mento egli  non  credeva  di  accettare  le  offerte  del 
generale,  così  sfumò  per  allora  anche  il  moto  rivo- 
luzionario nel  Napoletano. 


Quanto  a  noi  milanesi,  tutti  i  patrioti  erano  d'av- 
viso che  libertà  e  governo  austriaco  non  potevano  an- 
dar d'accordo,  che  Tunica  forza  stava  nei  popoli,  che 
l'Italia  da  sola  non  poteva  sopportare  tale  guerra 
contro  una  potenza  sì  forte,  quale  l'Austria,  che  il 
meglio  fosse  temporeggiare  ed  attendere  l'opportu- 
nità. 

Intanto  le  misure  repressive  cominciavano.  Una 
nota  del  governo  vietava  che  si  rilasciassero  troppo 
frequentemente  certificati  e  passaporti  per  l'estero  ad 
operai  o  garzoni  artieri.  Comandava  che  a  questi  si 
sostituissero  libretti  di  scorta,  o  di  viaggi,  valevoli 
per  tutta  la  monarchia. 

Si  restrinsero  le  concessioni  per  le  licenze  di  porto 
d'armi  ed  ai  musei  privati  che  ne  possedevano,  veni- 
vano date  norme  speciali,  sotto  pena  di  severe  am- 
mende. 

I  giornali  esteri  annunciavano  che  un  fermento 
speciale  aleggiava  nelle  provincie  occupate  dall'Au- 
stria, mentre  il  diario  cittadino  simulava  la  massima 
tranquillità. 

Ecco  la  narrazione  che  fa  dello  stato  di  cose 
presso  di  noi  il  Consiitutionnel  :  e  La  Lombardia  è 
assediata  dai  reggimenti  che  l'attraversano  per  re- 
carsi nei  differenti  Stati  d'Italia,  anzi  il  governo  di 
Toscana,  non  avendo  voluto  permettere  il  passaggio 
pel  suo  Stato  a  reggimenti  ungheresi,  che  si  recavano 
a  Napoli,  le  truppe  furono  obbligate  di  passare  per 


—    126   — 

Bologna,  ma  anche  in  questa  città  il  Cardinale  legato 
non  volle  loro  permettere  di  riposarsi,  quindi  dovet- 
tero acquartierarsi  fuori.  Aggiungeva  p)oi  il  periodico, 
che  si  lasciavano  ignorare  ad  arte  a  Milano  i  fatti 
che  accadevano  nei  diversi  Stati  d'Europa,  o  si  da- 
vano notizie  tutfaltro  che  veritiere.  » 

Pensi  il  lettore  se  i  fogli  stranieri  (i)  non  avevano 
ragioni  da  vendere.  In  questo  armo  stesso  erano  av- 
venuti tumulti  nella  università  pavese,  ma  il  perio- 
dico cittadino  non  se  ne  dette  per  inteso. 

E  continuiamo  a  spigolare  dai  giornali  esteri  per 
avere  un'idea  della  situazione.  E'  la  volta  del  Cour- 
rier  Frangais.  Ecco  come  si  esprime  : 

«Notizie  della  Svizzera  annunziano  che  il  Can- 
ton  Ticino  rifiutò  Testradizione  dei  rifugiati  piemon- 
tesi reclamati  dall'Austria  e  dal  Piemonte. 

«  I  gendarmi  austriaci  vi  erano  andati  con  un  or- 
dine per  condur  via  i  rifugiati  italiani,  l'autorità  non 
opponeva  che  una  debole  resistenza  e  stava  già  per 
cedere,  quando  il  popolo  si  ammutinò.  I  gendarmi 
vollero  affrontare  la  procella  ed  impossessarsi  delle 
vittime  in  mezzo  alla  folla,  ma  furono  respinti  vigo- 
rosamente e  bastonati  (assommés).  Saputa  la  notizia, 
il  governatore  delle  provincie  limitrofe  fece  armare 
all'istante  i  soldati  che  aveva  a  sua  disposizione,  ed 
il  Cantone  si  sollevò  in  massa.» 

I  Tolta  forse  qualche  esagerazione  nell'ultima  parte 

della  notizia,  il  racconto  del  fatto  ci  dà  l'idea  della 

concitazione  in  cui  si  trovavano  gli  animi,  poiché  è 

I  pure  a  notarsi  che,  malgrado  il  rigorismo    dell' Au- 

I  stria,  si  potevano  avere  i  giornali  dalla  vicina  Sviz- 

(i)  I  Débats  ed  il  Constitutiomtel  del  settembre  1830. 


l^^PUI^i    _ 


—  127  — 

zera,  specie  dal  Canton  Ticino,  o  largheggiando  col- 
Toro  alle  guardie  dei  confini,  o  mercè  il  coraggio  di 
qualcuno  dei  nostri  cittadini  che  da  Como  per  le 
montagne,  varcava  i  posti  di  guardia,  o  pel  lago, 
celato  in  qualche  barca  peschereccia  o  carbonaia. 

Curioso  il  modo  con  cui  giungevano  fra  noi  an- 
che i  libri  stampati  nella  tipografia  elvetica  di  Capo- 
lago.  Certo  Luigi  Dottesio  comasco,  uno  dei  cospi- 
ratori politici  (i),  aveva  suggerito  al  giovine  Ales- 
sandro Repetti,  suo  amico,  di  rilevare  quella  tipogra- 
fia, perchè  divenisse  la  fucina  degli  stampati  sovver- 
sivi contro  i  governi  assoluti  :  detto  fatto. 

Di  notte  poi  i  due  amici  recavansi  con  altri  a  Cer- 
nobbio,  ed  ivi  in  fondo  al  giardino  dell'Albergo  Alla 
Regina  (Tlnghiltefra,  si  riunivéino  in  un  padiglione 
riservato.  Il  più  curioso  era  questo  :  il  padiglione  con- 
finava colla  villa  del  Pizzo,  allora  di  proprietà  vice- 
reale, e  la  villa  serviva  allegramente  al  contrabbando. 
Da  Capolago  gli  Spalloni  (cosi  in  gergo  chiamavansi 
i  contrabbandieri)  si  caricavano  di  notte  i  libri  sulle 
spalle,  scendevano  per  Val  denteivi,  attraversavano 
la  villa  del  Viceré  e  li  gettavano  al  di  sopra  del 
muro  nel  giardino  della  villa  cintata.  E  (sempre  di 
notte)  quando  le  vetture  erano  pronte,  il  Dottesio  col- 
mava di  libri  le  tasche  di  tutti,  anche  delle  signore 
che  stavano  ad  aspettarli  ;  e  via  a  Como  !  Appena 
riuscivano  ad  introdurli  in  città,  li  riunivano  in  va- 
ligie, commisti  a  libri  innocui,  e  li  caricavano  sulla 
I  R.  Diligenza  che  veniva  a  Milano.  Qui,  parte  erano 
lasciati  alla  Messa  lingua  e  parte  alla  Noce  (due  oste- 
ne  allora  suburbane)  poi  a  spizzico  s'introducevano 
nella  città  e  si  riunivano  in  un  segreto  deposito  presso 


(1)  Barbi  ERA,  Figure  e  figurine. 


—    128   ~ 

Tantico  teatro  Re  :  deposito  che  in  gioventù  abbiamo 
anche  noi  visitato.  E  quei  libri  erano  Le  Speranze 
(Tltalia  del  Balbo,  U Assedio  di  Firenze  del  Guer- 
razzi, //  Primato  del  Gioberti  ed  altre  opere  simili 

Per  quanto  può  valere  aggiungiamo  la  voce  corsa 
neirultimo  mese  dell'anno,  di  una  rivoluzione  che  do- 
veva appimto  scoppiare  nella  nostra  città  :  lo  dice  una 
corrispondenza  francese  datata  da  Milano  (i),  e  per- 
chè non  ci  si  faccia  carico  di  fraintenderne  il  senso 
la  riportiamo  nel  suo  testo  originale. 

tUne  conspiration  était  tramée  ici  (a  Milano) 
contre  le  gouvemement  Le  signal  de  Tinsurrection 
devait  ètre  donne,  il  y  a  quelques  jours,  dans  notre 
salle  de  spectacle,  la  police  en  fut  instruite.  Au  le- 
ver  de  la  toile,  deux  régiments  de  grenadiers  hongrois 
étaient  postés  sur  la  scène,  couchant  en  jeu  les  specta- 
teurs.  Le  public  s'enfuit,  mais  les  issues  du  théàtre 
étaient  occupées  par  des  troupes  nombreuses.  Le  pu- 
blic fut  arrèté  en  masse  et  reparti  dans  les  f orteresses 
de  Muncacz  et  de  Spielberg.  C'est  que  rinstruction 
va  ètre  faite  et  que  les  jugements  seront  prononcés, 
si  toutefois  Ton  peut  qualifier  du  nom  de  jugements 
la  volonté  arbitraire  des  commissions  autrichiennes.  • 

Vi  sarà  riteniamo  dell'esagerazione  nel  fatto  cui 
allude  il  corrispondente  milanese  del  giornale  pari- 
gino, forse  anche  non  era  che  una  voce  fatta  correre 
appositamente  per  incutere  timore,  giacché  ci  sembra 
enorme  che  la  polizia  austriaca  di  allora,  per  quanto 
spietata  ne'  suoi  mezzi  di  azione,  abbia  pur  pensato 
ad  ima  cosa  simile,  degna  appena  di  briganti,  come 
descrive  festosamente  il  nostro  Fusinato  in  una  sua 
novella  ;  fors'anco  vi  fu  il  tentativo,  scongiurato  dalla 
delazione,  dall'arresto  e  dalla  deportazione  dei  pa- 

(i)  Vedi  la  Gazzetta  di  Milano  22  Dicembre  1830. 


-      129  — 

trioti  ;  in  ogni  modo  dalle  ultime  righe  di  questa  cor- 
rispondenza, scorgesi  come  giustamente  venivano  giu- 
dicate le  Commissioni  inquisitrici  austriache,  e  di  que- 
sto abbiamo  più  d'una  prova  nei  processi  politici  del 
'21  e  in  quelli  che  esamineremo  più  avanti. 

K  il  nostro  governo,  a  smentire  le  voci  rivoluzio- 
narie ed  a  distrarre  i  propri  sudditi  dagli  avvenimenti 
che  succedevano  in  Francia  e  negli  Stati  italiani,  in- 
diceva le  consuete  funzioni  religiose  in  Duomo  per 
il  compleanno  e  l'onomastico  imperiale  con  ricevi- 
menti e  grandi  riviste  di  truppa,  e  questa   volta   la 
musa  venne  a  rallegrare  le  feste:   fu  un'ode  scritta 
dal  nobile  Ottavio  Tasca,  tenente  nell'esercito,  in  oc- 
casione del  natalizio  di  S.  M.,  che  il  diario  cittadino 
stampò  nelle  sue  colonne  ;  e  ciò  mentre  la  censura  ri- 
fiutava il  permesso  ad  un  opuscolo  in  lode  dell'Impe- 
ratore tradotto  dal  tedesco,  perchè  confutava  voci 
sparse  all'estero,  le  quali   potevano   ridestare  nuove 
polemiche  (i).  Notiamo  poi  per  incidenza  che  tali  fe- 
ste erano  pagate  dal  governo.  Quella  di  quest'anno 
per  esempio  costò  2366  lire  austriache 

Né  mancò  di  fare  eco  il  Collegio  di  S.  Luca  (2), 
preso  occasione  anche  dell'onomastico  di  quel  coman- 
dante, Edoardo  Young. 

Il  Viceré  ci  regalò  un  sesto  figlio,  al  quale  nella 
seguente  settimana  fu  amministrato  con  gran  pompa 
il  battesimo  dal  Cardinale  Arcivescovo.  Vien  tenuto 


(i)  Cancelleria  Vicereale.  Archivio  di  Stato.  Potenze 
sovrane. 

(2)  E'  sito  di  fronte  alla  chiesa  di  S.  Celso,  fu  già  re- 
sidenza dei  cadetti,  quindi  per  gran  tempo,  collegio  mili- 
tare, ora  trasformato  in  caserma. 

GiANKTTi.  Cronistoria,  9 


—  130  — 

al  sacro  fonte  dalla  contessa  Maria  di  Castelbarco  e 
gli  si  impongono  i  nomi  di  Massimiliano,  Carlo,  Ma- 
ria Ranieri,  Giuseppe,  Marcello. 

Questo  avvenimento  trasse  seco  come  al  solito  in- 
viti a  Corte,  feste  di  gala,  luminarie  alla  Scala  ed 
alla  Canobbiana. 

Intanto  al  conte  di  Strassoldo  era  successo  nella 
carica  di  governatore  il  conte  Francesco  Hartig,  un 
vero  gentiluomo,  che  non  avrebbe  mai  voluto  gravare 
la  mano  sui  liberali,  parendogli  miglior  politica  quel- 
la che  regna  colFamore,  non  colFodio,  ma  il  terribile 
Cancelliere  gli  abbassava  ordini  di  un  indirizzo  tutto 
diverso,  ed  egli  doveva  obbedire. 

Una  grande  riforma  si  effettuava  nelFammini- 
strazione  della  Lombardia.  Al  senato  di  Finanza  era 
stato  sostituito  ri.  R.  Magistrato  Camerale,  nel  quale 
si  sarebbero  concentrati  gli  uffici  del  Monte  lom- 
bardo-veneto, la  direzione  delll.  R.  Zecca,  le  inten- 
denze provinciali  di  finanza,  la  cassa  centrale,  gli 
ispettorati  delle  fabbriche  dei  tabacchi,  il  demanio, 
l'ufficio  delle  tasse,  quello  del  bollo  e  TI.  R.  stamperia. 

Ai  medici  condotti  che  si  distinsero  per  solerzia 
nella  vaccinazione,  vennero  assegnati  premi  speciali, 
così  il  governo  si  creava  anche  nelle  campagne  dei 
ferventi  partigiani  coi  denari  dei  contribuenti. 


E  le  lustre  religiose  accompagnavano  sempre  i 
tratti  di  filantropia.  Nella  ricorrenza  del  giovedì 
santo,  a  somiglianza  di  quanto  facevasi  nella  catte- 
drale, anche  al  palazzo  di  Corte  aveva  luogo  la  la- 
vanda dei  piedi  a  dodici  vecchi,  compiuta  dallo  stesso 
viceré.  Le  persone  prescelte  ricevevano  in  dono  un 
abito  nuovo  ed  una  piccola  somma  in  denaro.  A  San 
Celso  si  faceva  la  consueta  funzione  cui  abbiamo  al- 


-  131  — 
trove  accennato.  II  governo  poi  aveva  concorso  ai  ri- 
stauri  della  chiesa  di  S.  Nazaro,  che  si  chiudeva  per 
non  aprirsi  che  nel  '32,  e  fu  pure  in  quest'anno  che 
si  atterrò  quella  di  S.  Maria  alla  Rosa,  nome  rima- 
sto alla  piazza,  per  ampliare  la  Biblioteca  Ambro- 
siana, il  cui  disegno  devesi  all'architetto  Giovanni 
Moraglia  e  l'esecuzione  all'ingegnere  Santagostino. 

Una  grave  sciagura  capitata  a  Vienna  mise  a 
prova  la  generosità  dei  nostri  babbi.  Era  giunta  no- 
tizia che  il  Danubio,  straripando,  aveva  danneggiato 
molte  famiglie.  Il  governo  fece  appello  alla  carità 
anche  nelle  nostre  provincie,  e  in  breve  tempo  si  rac- 
colsero per  oltre  cinquanta  mila  fiorini.  Notiamo  che 
quella  dama  eccentrica,  che  era  la  contessa  Samoy- 
loff,  udita  la  sciagura,  preso  occasione  del  carne- 
vale, diede  un  gran  concerto  di  beneficenza  nel  suo 
palazzo.  Vi  intervenne  molta  parte  dell'ufficialità  au- 
striaca e  fu  raccolta  una  vistosa  somma  di  denaro. 


Tra  le  feste,  per  tacere  dei  consueti  teatri,  accen- 
niamo alle  serate  datesi  dalla  Società  del  giardino, 
dalla  casa  Cicogna,  una  festa  nautica-pirotecnica  al 
nostro  anfiteatro,  con  corse  di  nuotatori,  giuochi  di 
equilibrio,  gare  di  piroghe,  passeggiata  di  una  ba- 
lena, che,  diceva  il  manifesto,  doveva  avere  la  lun- 
ghezza di  40  braccia  milanesi.  Fu  come  al  solito  una 
mistificazione.  In  ogni  modo  i  buoni  ambrosiani  si 
divertivano  un  mondo  a  zittire,  a  fischiare  altamente, 
e  per  chi  occupava  i  posti  migliori  era  già  un  bel  spet- 
tacolo quello  di  vedere  il  vasto  recinto  allagato  e 
gremito  di  spettatori,  come  lo  fu  nella  circostanza. 

Una  soleimità  che  non  vogliamo  passare  sotto  si- 
lenzio, poiché  in  vero  forma  epoca  nella  storia,  fu 
quella  dell'anniversario  del  quarto  centenario  del  to- 


—   132  — 

son  d'oro,  il  quale,  come  ognuno  sa,  era  raffigurato  da 
un  agnellino  di  tale  metallo,  sostenuto  per  mezzo  al 
corpo  da  un  nastro. 

La  istituzione  di  tale  ordine  risale  al  1430,  e  sem- 
bra doversi  ascrivere  a  Filippo  il  Buono,  duca  di  Bor- 
gogna, e  CIÒ  fece  in  onore  di  Maria  Vergine  e  dell'apo- 
stolo S.  Andrea,  in  occasione'  de'  suoi  sponsali  col- 
rinfante  Isabella  di  Portogallo.  Negli  Statuti  era  un 
articolo,  il  quale  diceva,  che  ove  la  casa  di  Borgogna 
non  lasciasse  eredi  maschi,  lo  sposo  della  figliuola 
erede  dell'ultimo  sovrano,  sarebbe  il  capo  deirordine. 
Dopo  la  morte  di  Carlo  il  Temerario,  l'unica  di  lui 
figlia  tolse  in  sposo  Massimiliano,  arciduca  d'Au- 
stria, che  fu  poi  imperatore  di  Germcinia.  E  per  ra- 
gione di  questo  parentado  il  dominio  dei  Paesi  Bassi 
col  gran  magistero  dell'ordine,  passò  alla  casa  au- 
striaca, quantunque  la  Spagna  tentasse  rivendicarne 
la  sovranità  dopo  la  guerra  di  successione. 

Tale  controversia  pare  rimanesse  sempre  indecisa, 
sicché  nel  1721  Spagna  ed  Austria  si  arrogarono  la 
facoltà  di  concedere  tale  distinzione. 

Altra  legge  statutaria  dell'ordirle  era  che  gli  iscritti 
fossero  cattolici.  L'ufficio  si  componeva  di  un  can- 
celliere, un  segretario  ed  un  re  d'armi,  o  araldo.  Una 
volta  questi  cavalieri  recavano  sempre  il  collare  fi- 
gurato col  motto  :  ante  ferii  qiiam  fiamma  micet; 
oggi  portano  all'occhiello  un  nastro  rosso,  cui  è  ap- 
peso l'insegna  del  vello  còl  motto  :  pretium  non  vile 
laboTum, 

Alla  chiusura  dell'anno  scolastico  ebbero  luogo 
come  al  solito  le  consuete  accademie  finali  nel  pa- 
lazzo di  Brera,  alla  Scuola  di  veterinaria,  al  Conser- 
vatorio di  musica  ed  una  distribuzione  di  onorifi- 
cenze per  incoraggiamento  all'industria. 


.w    ìrlii 


—  133  — 
Notiamo  un  Vanossi  milanese,  fabbricatore  di 
tele  d'amianto,  che  diede  pubblico  esperimento  di  un 
vestito  incombustibile  da  lui  immaginato  per  difesa 
dei  pompieri.  E  fu  in  quest'anno  che  la  scuola  dei 
Sordo-muti  venne  elevata  al  grado  di  regia.  Ad  ar- 
ricchire la  nostra  Biblioteca  nazionale  concorse  il  si- 
gnor Acerbi,  console  generale  austriaco  in  Egitto,  re- 
galando una  mummia,  diversi  papiri,  un  manoscritto 
arabo  ed  un  bel  volume  stampato  al  Cairo. 

Né  le  arti  rimasero  indietro,  poiché  si  progetta- 
rono due  monumenti  importantissimi,  l'uno  a  Cesare 
Beccaria,  l'altro  a  Giuseppe  Parini,  saranno  eseguiti 
dal  nostro  Marchesi.  E  perchè  possa  aumentarsi  il 
numero  dei  sottoscrittori,  le  azioni  si  fissarono  a  15 
lire  austriache  cadauna.  Intanto  alla  mostra  di  que- 
st'anno a  Brera,  i  visitatori  si  accalcavano  davanti 
alla  colossale  statua  di  S.  Ambrogio,  opera  anch'essa 
del  Marchesi, che  doveva  essere  collocata  nella  nicchia 
dell'antica  piazza  de'  tribunali,  in  sostituzione  come 
è  risaputo  di  quella  del  re  Filippo  di  Spagna  o  del 
repubblicano  M.  Bruto,  come  narra  il  Manzoni  nei 
suoi  Promessi  Sposi, 

Fra  le  pubblicazioni  notiamo  :  Un  Dizionario  de- 
gli architetti^  pittori  ed  incisori  in  ramey  di  Stefano 
Ticozzi  ;  una  Storia  dei  progetti  e  delle  opere  per  la 
navigazione  interna  del  milanese^  lavoro  di  Giovanni 
Bruschetti  ;  alcuni  articoli  critici  sui  dipinti  dell'Ha- 
yez  e  del  Molteni  (i)  ;  la  Biografia  del  maestro  di 
musica  Benedetto  Marcello,  cui  si  aggiunge  la  solita 
litania  degli  almanacchi,  o  strenne. 


(i)  Appendice  della  Gaaaetta  di  Milano^  20-26  Settem- 
bre 1830. 


*  —  134  — 


I 


Tra  i  decessi  degni  di  menzione  avvenuti  fra 
Tanno  segnaliamo,  il  cardinale  Giulio  Maria  jyEJJLA 
SOMAGLIA,  decano  del  Sacro  Collegio,  nato  a  Pia- 
cenza nel  1744,  levato  al  Sacro  fonte  dal  cardinale 
Giulio  Alberoni  da  cui  ebbe  il  nome,  studiò  nel  col- 
legio Nazareno  di  Roma  e  vestì  Tabito  ecclesiastico, 
dando  in  seguito  saggio  di  bell'ingegno  in  differenti 
occasioni. 

Nel  1760  fu  da  Clemente  XIV  nominato  came- 
riere segreto  e  piti  tardi  prelato  domestico.  Pio  VI  lo 
chiamò  al  segretariato  della  Sacra  Congregazione  dei 
Riti  e  quindi  gli  venne  conferito  il  patriarcato  di  An- 
tiochia. Più  tardi  fu  annoverato  nell'ordine  dei  preti 
ed  eletto  Vicario  generale.  Subì  con  Pio  VI  l'esiglio 
e  nel  1809  venne  relegato  in  Francia.  Ritornato  a 
Roma  dopo  cinque  anni,  fu  nominato  vescovo  di  Fra- 
scati ed  arciprete  della  Basilica  lateranense.  L'anno 
dopo  Pio  VII,  essendosi  dovuto  allontanare  per  3 
mesi  da  Roma,  vi  lasciò  una  Giunta  di  Stato  sotto 
la  presidenza  del  Cardinale  della  Somaglia  ;  nel  1820 
questi  fu  trasferito  al  vescovado  di  Ostia  e  di  Vel- 
letri  e  divenne  decano  del  S.  Collegio. 

Il  successore  Leone  XII  lo  scelse  a  suo  Segreta- 
rio, finché  nel  giugno  del  1828  offerse  le  sue  dimis- 
sioni. Il  cardinale  della  Somaglia  era  anche  cavaliere 
della  SS.  Annunziata.  Maestoso  della  persona,  con- 
servò fino  a  86  anni  una  salute  veramente  invidia- 
bile. Sorpreso  il  30  del  marzo  da  forte  febbre,  vide 
con  tranquillità  avvicinarsi  l'ultima  sua  ora.  Spirò  il 
2  aprile.  La  salma  venne  sepolta  nella  chiesa  di 
S.  Maria  sopra  Minerva. 

Un'altra  morte  che  pianse  Milano  fu  quella  di 
D.  Gaetano  Franchetti,  nobile  da  Ponte,  modello 
dei  figli,  dei  mariti,  dei  padìri,  scrivono  i  periodici  del 
tempo.  Ebbe  incombenze  pubbliche  e  gratuite,  che  di- 


-  135  — 
simpegnò  colla  massima  alacrità.  Fu  autore  di  una 
Storia  del  nostro  DuomOy  riputata  fra  le  migliori  : 
egli  può  considerarsi  come  uno  di  quei  cittadini,  sul 
conto  dei  quali  Tinvidia  o  la  maldicenza  non  ebbero 
mai  presa.  Sempre  di  umore  equanime,  recava  nel 
consorzio  civile,  lo  spontaneo  tributo  dei  modi  piìi  ur- 
bani e  colti  ed  una  fisonomia  animata  da  un  sorriso 
simpatico. 

Né  dobbiamo  tralasciare  il  Conte  di  Strassoldo, 
presidente  deiri.  R.  Governo  di  Lombardia,  al  quale, 
dopo  due  anni,  le  sorelle  disposero,  perchè  si  erigesse 
nella  chiesa  della  Passione  un  monumento  alla  sua 
memoria,  opera  dell'architetto  Durelli.  L'iscrizione 
che  vi  si  legge  è  del  consigliere  Gironi  :  essa  ci  dice 
in  quale  stima  il  defunto  era  tenuto  nella  nostra  città. 

JULIO  STRASOLDI  GOMITI 

PRiESIDI    REI   GERUNDiE  IN   LANGOBARDIA 

QUI    MAGNITUDINE    MENTIS    PRUDENTIA    AGENDI 

VIR   ANIMO   FORTI   IN   EXEMPLUM    INTEGER 

PIO   EXITU   CiELEBS   DECESSIT 

IV.   NON.   MAI  A.    MDCCCXXX   ANNOS   NATUS   LVII 

PERMAGNUM   SUI  DESIDERIUM  RELIQUENS 

JOSEPHA  ET  THERESIA 

FRATRI  MERITISSIMO   POSUERUNT. 

Finalmente  notiamo  il  Conte  Giuseppe  Luosi. 
Nato  nel  settembre  del  1755,  fu  nel  1796  membro 
della  Giunta  di  difesa,  ebbe  vari  incarichi  da  Napo- 
leone Bonaparte  e  giunse  perfino  alla  Consulta  di 
Stato.  I  suoi  funerali  furono  celebrati  a  S.  Eustor- 
gio,  ed  una  ben  elaborata  iscrizione  latina  che  si  leg- 
geva sul  cartello  posto  sulla  porta  maggiore  di  quella 
basilica,  ne  disse  le  lodi. 


1881. 

CAPITOLO  VII 


Aspirazioni  patriottiche.  —  Giuseppe  Mazzini  —  Metter- 
nich  ed  il  progettato  moto  insurrezionale.  —  Sommosse 
di  Roma  e  delle  Romagne.  —  Fatto  d'arme  di  Otri- 
coli. —  Il  ducato  di  Parma.  —  Morte  del  duca  di  Rei- 
clìstadt.  —  La  Lombardia  e  lo  storico  Gualtiero.  —  Er- 
rori dell'Austria  ed  apprezzamenti.  —  Misure  coerci- 
tive. —  Milano.  —  Teatri.  —  Cholèra.  —  Edilizia.  — 
Stantìa.  —  11  grande  globo  terrestre  a  Brera.  —  Ne- 
crologio. —  Fenomeni  metereologici. 

Quest'anno  sorgeva  pieno  deHe  più  rosee  spe- 
ranze per  ritalia  e,  benché  nulla  ci  rivelino  le  co- 
lonne del  nostro  diario  politico,  possiamo,  forse  senza 
tema  di  errare,  dire  che  anche  gran  parte  dei  mila- 
nesi che  si  interessava  di  politica,  volgeva  lo  sguardo 
alle  Romagne,  ai  ducati,  al  Napoletano  e  forse  an- 
che alla  Francia,  poiché  di  là  doveva  venire  quel- 
l'esercito, che  avrebbe  cacciato  da  casa  nostra  l'Au- 
striaco e  liberati  per  sempre  dalla  sua  schiavitù. 

Non  sarà  inutile  notare  come  le  autorità  di  po- 
lizia si  interessino  del  movimento.  Dai  confini  delle 
Legazioni  scrivesi  alla  Direzione  generale  a  Venezia, 
essere  comune  colà  la  notizia  della  insurrezione  scop- 
piata a  Bologna,  Ravenna  e  Ferrara,  sebbene  se  ne 
preveggano  indarni  conati. 


—  137  — 
Si  notano  tutti  i  passi  sospetti  sul  Po,  con  desi- 
derio espresso  che  si  debbano  afforzare  per  mezzo 
di  linee  di  truppa,  si  accenna  in  particolare  a  certo 
Massa  fiorentino,  già  segretario  di  Finanza  in  Ro- 
vigo, grande  agitatore  politico,  che  si  recò  a  Chiog- 
gia.  E  ri.  R.  Commissario  distrettuale  Pasqualigo, 
riferisce  le  ultime  notizie  che  girano  intorno  alla  ri- 
voluzione, fra  le  quali  molte  chiacchiere. 

Scrive  dunque  il  solerte  funzionario,  correr  voce 
che  il  duca  di  Modena  siasi  stabilito  a  Mantova  ;  che 
i  rivoluzionari  assoldino  a  4  lire  pontificie  al  giorno, 
soldati  ;  che  il  nuovo  pontefice  debba  passar  a  Ve- 
nezia ;  e  che  nell'ultimo  viaggio  la  corriera  del  Po, 
diretta  per  Venezia,  doveva  esser  requisita  dalle 
truppe  austriache  stazionate  sulla  linea  (i). 

Allora  ordini  severi  di  quella  polizia  al  Commis- 
sario distrettuale  di  Ariano,  circa  i  punti  di  passag- 
gio per  le  legazioni  (2)  e  relativo  scambio  di  di- 
spacci (3). 

Il  giovane  Giuseppe  Mazzini,  genovese,  si  era  già 
distinto  per  ingegno,  calda  parola  e  sincero  amor  pa- 
trio. Nel  1828  aveva  pubblicato  un  foglio  letterario, 
^Indicatore  genovese,  che  Tanno  dopo  tramutò  in 
quello  di  livornese.  Ma  i  suoi  scritti  non  tornavano 
troppo  graditi  e  furono  dal  governo  vietati. 

Nel  1830  scoppiò  la  rivoluzione  francese  e  la  po- 
lizia insospettita  di  vedere  questo  giovane  tutto  solo 
€  pensoso,  lo  arrestò,  ne  istruì  il  processo  e  lo  con- 
dannò a  cinque  armi  nel  forte  di  Savona. 

Correva  voce  che  il  Cancelliere  austriaco  avesse 
dichiarato  al  neo  eletto  Luigi  Filippo  di  Francia,  che 
SI  astenesse  da  ogni  atto  il  quale  potesse  sommovere 

(1-2-3)  Carte  segrete.   Doc.  412,  413,  414,  415. 


-138- 

i  f)opoIi  italiani,  e  che  gli  avesse  pure  fatto  baie 
nare  il  probabile  risorgimento  del  bonapartismo  in 
Francia  ed  in  Italia,  alloggiando  appunto  TAtistria, 
come  è  risaputo,  fra  le.  sue  mura  il  figlio  del  primo 
Bonaparte,  E  questo  secondo  asserto  non  era  privo  di 
fondamento,  poiché  Giuseppe  Bonaparte,  si  era  of- 
ferto al  Governo  austriaco  di  ricondurre  in  Francia, 
il  Duca  di  Reichstadt  e  la  figlia  di  Elisa  Bacciocdii, 
t  era  corsa  a  Vienna,  aveva  potuto  vederlo  e  parlargli 
Anzi  Mettemich,  a  maggiormente  spaventare  re  Fi 
lippo,  aveva  finto,  tutto  era  buono  per  lui,  scritti  di 
rivohizionarì  romagnoli,  che  salutavano  il  duca  pri- 
gioniero, re  d'Italia. 

Gli  agitatori  politici,  malgrado  le  cose  prendes 
sero  una  sinistra  piega  e  presentassero  poca  proba- 
bilità di  riuscita,  accelerarono  il  moto  insurrezionale, 
sperando  che,  vittoriosi  nelle  Romagne  e  nei  ducati, 
|X)tessero  entrare  nella  Lombardia  dove  avrebbero 
trovalo  grosse  somme  di  denaro,  poiché  il  marchese 
Rosai es,  di  cui  abbiamo  detto  nella  monografia  del 
Ciìstello  dì  Monguzzo  (i)  dichiarava  francamente  ai 
suoi  correligionari  politici,  raccolti  in  quella  villa,  che 
avrebbe  sborsato  trecento  mila  lire  per  Tindipendenza 
italiana,  ed  era  uomo  da  mantenere  la  promessa. 

A  prova  di  ciò,  è  noto  che  certo  Antonio  Pi^i 
nell'inverno  di  questo  anno  era  penetrato  in  Loda- 
bardia  per  raccogliere  denaro,  il  quale  doveva  ser- 
vire a  diffondere  e  sostenere  la  rivoluzione  di  tutta 
Italia,  e  tali  somme  le  somministrava  il  Rosales. 

Ma  come  si  disse,  tutte  le  buone  idee  naufraga- 
rono pei  susseguiti  tradimenti,  ed  il  duca  di  Modena, 
la  mattina  seguita  a  quella  notte  infelice  pei  congiu- 

(i)  Editore  Dumolard.  Vendibile  dalla  ditta  L.  F.  Co- 
gliati. 


—  139  - 
rati,  potè  scrivere  al  governatore  di  Reggio  :  1 1  co- 
spiratori sono  nelle  mie  mani,  mandatemi  il  boia.» 
Il  carnefice  venne,  ma  il  Duca  intimorito  dai  moti 
scoppiati  a  Romei,  dopo  la  morte  del  pontefice  Pio 
Vili,  non  sapendo  a  chi  fidarsi,  fuggì. 


E  non  aveva  torto  Francesco,  che  gli  abitanti  di 
Roma  alla  morte  del  Papa  credettero  giunta  Torà  del 
riscatto.  Si  concertava  di  occupare  Castel  Sant'An- 
gelo, ma  un  altro  tradimento  mandò  a  vuoto  il  ten- 
tativo, anzi  si  arrestarono  coloro  stessi  che  pensa- 
vano diventarne  padroni.  Bologna  si  sollevò  pure  e, 
malgrado  le  riluttanze  del  pro-legato  Claretti,  si  no- 
minò fra  i  cittadini  una  Commissione  di  governo. 

Pensarono  i  Cardinali  che  col  nuovo  Papa  i  tu- 
multi avrebbero  termine  e  se  ne  sollecitò  l'elezione. 
Fu  Mauro  Cappellari  della  Colomba,  che  cinse  la 
tiara  col  nome  di  Gregorio  XVI,  ma  per  quanto  la 
notizia  giungesse  presto  a  Bologna,  la  rivolta  con- 
tinuò. Un  generale  polacco,  il  Grabinski,  ne  ebbe  la 
direzione,  mentre  i  triumviri  Bevilaqua,  Orioli  e  Sil- 
vani prendevano  le  redini  dello  Stato,  dichiarando 
abolito  il  potere  temporale  e  richiedendo  la  rinnova- 
zione del  giuramento  alle  magistrature  delle  Lega- 
zioni. 

Spaventati  dai  passi  giganteschi  ed  arditi  che  inr 
sì  pochi  giorni  faceva  la  rivoluzione,  il  presidio  di 
Ancona  si  arrese  ed  il  governo  pontificio  pubblicò 
due  editti  ;  Tuno  ordinava  ai  non  appartenenti  allo 
Stato  di  dare  alla  polizia  il  proprio  nome  ed  indi- 
care il  motivo  del  loro  soggiorno  nelle  Romagne; 
l'altro,  accusando  le  sinistre  intenzioni  di  certi  ri- 
baldi di  aprofittare  dei  divertimenti  carnevaleschi  per 
suscitare  tumulti,  prescriveva  ad  ogni  parrocchia  di 


—  140  — 
armare  un  centinaio  di  cittadini  ben  conosciuti  onde 
provvedere  co'  soldati  al  mantenimento  deirordine. 
però  anche  questa  misura  non  raggiunse  lo  scopo,  e 
si  convenne  di  proibire  il  Carnevale. 

Il  nuovo  Pontefice  mostrò  desiderio  al  Collegio 
de'  cardinali  di  far  qualche  concessione,  non  trovò 
chi  lo  incoraggiasse,  anzi  fuvvi  chi  lo  spinse  a  non 
menomare  neppur  d'una  linea  la  sua  suprema  auto 
rità.  Gli  si  diceva  essere  solo  pochi  perturbatori  del- 
l'ordine,  i  quali  potevano  spegnersi  coll'armi,  mentre 
il  rigore  ed  i  castighi  avrebbero  messo  al  dovere  il 
popolo,  ed  in  questo  senso  si  costrinse  Gregorio  a 
sottoscrivere  un  proclama  al  popolo. 

Era  notte,  quando  l'avviso  fu  pubblicato  ;  il  pò 
polo  rimase  indifferente,  un  giovinetto  d'animo  bol- 
lente, e  ci  è  forza  raccontare  un  caso  di  piccol  mo 
mento  per  dire  come  andassero  le  cose,  uscendo  da 
un  caffè  forse  anche  alterato  dalle  soverchie  bibite, 
incontra  un  operaio  ;  fermarlo,  prendergli  stretta- 
mente il  braccio  e  gridargli  :  da  chi  tieni  ?  fu  un  punto 
solo.  L'altro,  preso  lì  per  lì,  non  sa  che  rispondere 
—  Ebbene,  gli  dice  concitatissimo  il  giovine  —  grida: 
viva  la  costituzione,  e  sì  dicendo,  scarica  in  aria 
un'arme  da  fuoco. 

Quel  colpo  è  creduto  un  primo  segno  di  rivolta. 
e  le  pattuglie  arrestano  quanti  trovano  armati  fra  il 
_.£OE2ls»-£Ì'^sagerando  l'impresa,  vengono  ordinate 
pubbliche  grazie  per  lo  scampato  pericolo,  e  il  Fon 
tefice  stesso  esce  da  palazzo  per  compiere  la  solen 
nità.  E  in  questa  circostanza  benignamente  interpre 
tando  l'entusiasmo  col  quale  era  ricevuto  dai  sudditi. 
giacché  dicesi  che  perfino  si  staccassero  dalla  car- 
rozza i  cavalli,  e  questa  fosse  tratta  a  braccia  dalla 
moltitudine,  scese  nuovamente  a  miti  consigli,  che 
come  la  prima  volta,  non  furono  accolti  da'  ministri, 


—  HI 
anzi  tanto  insistette  il  cardinal  Albani,  che  furono 
chiamati  in  aiuto  i  tedeschi. 

Sicuri  dell'intervento  straniero,  ministri  e  legati 
pontificii  inveirono  contro  gli  insorti  :  si  diede  bat- 
taglia presso  Otricoli  e  fu  una  zuffa  accanita.  A 
capo  delle  schiere  liberali  il  Sercognani  (i)  si  avan- 
zava vittorioso,  sicché  Bologna  ne  andò  superba. 

La  fama  dei  successi  si  sparse  nei  ducati,  e  Ma- 
ria Luigia,  che  già  si  era  resa  poco  benevola  per  le 
soverchie  spese  e  gli  aggravi,  di  cui  caricava  lo  Stato, 
&no  a  crearvi  la  carta-moneta,  obbligando  il  pub- 
blico ad  averla  come  denaro,  visto  che  non  poteva  mi- 
surarsi co'  cittadini,  atteso  le  scarse  milizie  di  cui 
disponeva,  si  rivolse  al  presidio  tedesco  di  Piacenza. 
Questi,  fossero  ordini  superiori  ricevuti,  o  fosse  per- 
chè si  voleva  ridurre  la  principessa  agli  estremi,  ri- 
fiutò. Lo  seppero  i  cittadini,  ne  imbaldanzirono  e 
ruppero  in  piena  rivolta.  Non  avendo  potuto  la  forza, 

(i)  Il  Prof.  Masi,  nella  sua  conferenza  sulla  rivoluzione 
delle  Romagne,  scrive  che  in  questo  scontro  di  Otricoli  o 
S-  Lorenzino,  come  alcuni  lo  chiamano,  cui  partecipava  il 
giovane  Luigi  Napoleone,  questi  nel  dar  la  caccia  ad  una 
torma  di  briganti  ciociari,  colla  pistola  in  pugno,  fé'  ca- 
dere di  mano  il  trombone  ad  uno  che  lo  aveva  preso  di 
naira  e  passando  oltre  gli  disse  :  va,  che  ti  dono  la  vita.  In 
quella  un  altro  ciociaro,  raccolto  il  trombone,  lo  appuntò 
alle  spalle  del  futuro  imperator  de'  francesi  e  se  non  era  un 
wiaresciallo  dei  carabinieri,  certo  Martelli,  che  con  un  colpo 
01  sciabola  lo  mandò  all'aria,  quel  primo  fatto  d'armi  di 
^-uigi  Bonaparte,  poteva  essere  anche  l'ultimo,  ed  Otricoli 
avrebbe  impedito  Magenta  e  Solferino. 

Tale  il  racconto  del  conferenziere,  che  non  troviamo  con- 
fermato però  nei  particolari  da  altro  cronista.  L'ab.  Anelli, 
^ella  sua  storia,  voi.  I,  capo  VI,  parlando  di  questo  scontro, 
^'ce  solo  che  nelle  schiere  del  Sercognani  combattevano 
due  Bonaparte,  di  cui  uno  cadde  e  l'altro  (Luigi)  si  salvò 
^oila  fuga. 


—  142  — 
la  principessa  tentò  muovere  a  compassione  il  popolo. 
e  dal  balcone  si  presentò,  dicono,  le  vesti  dimesse. 
scarmigliate  le  chiome  e  ginocchioni  implorando  tre 
gua  al  furore  :  non  perdonò  però  il  popolo  e  gridò 
anzi  contro.  Allora  i  soldati  deposero  l'armi  e  Maria 
Luisa,  che  poteva  considerarsi  come  prigioniera,  tutto 
concesse,  chiedendo  di  ritirarsi  a  Vienna  a  vita  pri- 
vata. Le  fu  accordato,  anzi  fino  a  Piacenza  venne 
accompagnata  da  una  scorta  d'onore. 

Era  da  aspettarselo  ;  quando  si  trovò  in  sicuro 
nella  capitale  austriaca,  e  che  ebbe  ottenuto  quanto 
desiderava,  cioè  che  in  ogni  caso,  le  baionette  dei  no 
stri  padroni  l'avrebbero  riaccompagnata  là  d'onde  era 
partita,  rinnegò  le  concessioni  fatte,  ed  il  generale 
Geppert  battè  a  Firenzuola  l'ultimo  pugno  di  prodi, 
che  aveva  creduto  nelle  promesse  della  moglie  di  un 
imperatore.  Rientrò  la  principessa  in  Parma  fra  il  si- 
lenzio della  popolazione,  la  quale,  almeno  con  ciò. 
mostrava  quanto  fosse  lo  sdegno,  ed  ella  di  ricambio 
si  sfogò  in  vendette,  in  punizioni  di  ribelli  e  di  libel- 
listi, poiché  anche  il  suo  viver  poco  corretto  faceva 
molto  parlare. 


Ma  v'ha  un  Potere  contro  cui  non  valgono  né  arti, 
né  armi.  Era  appena  abbattuta  quella  superbia  fem- 
minile dall'affronto  per  la  maestà  sprezzata,  che  f« 
avvisata  da  Vienna,  il  figlio,  essere  in  fin  di  vita. 
Unico  avanzo  di  quello  che  lei  fu,  lo  amava  pure  con 
tenerezza  di  madre,  e  il  vedeva  con  dolore  strappato 
alle  di  lei  cure,  alloggiato  nella  reggia  dell'avo,  e 
chiamato  con  nome  straniero  in  odio  al  paterno  :  sfor- 
tunata madre,  Dio  la  punì!  Per  quanto  il  viaggio 
fosse  stato  accelerato,  essa  non  potè  che  raccoglierne 
Testremo  sospiro.  Così  spegnevasi  dieci  anni  dopo  il 


r 


-  143  — 
padre,  il  figlio,  chiamato  col  pomposo  titolo  di  re  di 
Roma  (i). 

In  tal  modo  terminò  la  rivoluzione  delle  Romagne 
in  cui  la  più  bella  pagina  fu  la  battaglia  datasi  dal 

(i)  Un  libro  raro  pubblicato  a  Vienna  contiene  la  cor- 
rispondenza inedita  di  Maria  Luisa  dal  1799  al  1847,  diretta 
alle  contesse  di  Colloredo  e  di  Henneville,  da  dove  appare 
che  TafFetto  pel  figlio  sembra  diminuire  in  ognuna,  finché 
dopo  morte  non  è  più  alcun  accenno. 

Il  Marmont,  ci  dà  del  duca  di  Reichstadt  questo  ri- 
tratto :  (c  Ha  venti  anni,  io  ritrovo  in  lui  lo  sguardo  di  suo 
padre,  ed  è  in  ciò  che  egli  gli  rassomiglia  veramente.  I 
suoi  occhi,  sono  meno  grandi  di  quelli  di  Napoleone,  più 
incassati  nella  loro  orbita  avevano  però  lo  stesso  fuoco, 
la  stessa  energia.  Anche  la  fronte  e  il  mento,  ricordavano 
suo  padre.  Infine  il  suo  colorito  era  quello  di  Napoleone 
quand'era  giovine  :  lo  stesso  pallore  e  lo  stesso  colore  della 
pelle.  Tutto  il  resto  della  figura  ricorda  invece  sua  ma- 
dre e  la  casa  d'Austria.» 

Egli  amava  la  caccia,  era  fortissimo  in  sella  e  caval- 
cava con  grazia.  A  corte  era  sempre  prudente  e  riseryatis- 
simo.  Morì  il  22  luglio  del  1832  nella  camera  stessa  che 
aveva  occupato  Bonaparte  trionfante.  Le  sue  ultime  pa- 
role furono  :  Io  soccombo  I  io  muoio  !  {Ich  gehe  unterì)  » 
poi  :  ((  Mamma  !  mamma  mia  !  » 

Dopo  l'autopsia,  il  vaso  che  conteneva  i  visceri  del 
morto  fu  deposto  nella  tomba  dell'antica  basilica  di  Santo 
Stefano.  Il  cuore,  rinchiuso  in  un  cofano  d'argento,  fu  de- 
posto nella  chiesa  degli  Agostiniani,  presso  la  tomba  di 
Leopoldo  II,  e  poco  lungi  dal  mausoleo  di  Maria-Cristina, 
delicata  concezione  del  genio  di  Canova. 

Sulla  tomba  in  cui  riposano  le  sue  reliquie,  si  legge  la 
seguente  epigrafe,  dettata  in  latino  :  «  All'eterna  memoria 
di  Giuseppe-Francesco-Carlo,  duca  di  Reichstadt,  figlio 
di  Napoleone,  imperatore  dei  Francesi,  e  di  Maria-Luisa, 
arciduchessa  d'Austria,  nato  a  Parigi  il  20  marzo  181 1.  Sa- 
lutato nella  sua  culla  col  nome  di  Re  di  Roma.  Nel  fiore 
della  sua  età,  dotato  di  tutte  le  qualità  dello  spirito  e  del 
corpo;  d'una  imponente  statura;  di  aspetto  nobile  e  pia- 
cevole, d'una  grazia  squisita  di  linguaggio;  notevole  per 
la  sua  istruzione  e  la  sua  attitudine  militare.  Colpito  dalla 
tisi,  fu  rapito  dalla  morte  nel  castello  degli  imperatori,  a 
Schoenbrtlnn,  presso  Vienna,  il  22  luglio  1832.  » 


—  144- 
generale  Zucchi  il  25  marzo,  che  terminò  colla  costui 
capitolazione.  Il  citato  conferenziere  è  d*avviso,  come 
abbiamo  già  detto,  che  tutto  il  torto  dei  liberali  fu 
quello  di  aver  creduto  alla  Francia.  Intanto  il  povero 
Zucchi,  essendo  stato  preso  a  tradimento  dall' Austria, 
per  poco  non  corse  rischio  di  scontare  colla  morte  il 
suo  valore.  Fini  per  intromissione  della  Francia  nel 
forte  di  Palmanova  (i). 

Non  parleremo  degli  inutili  tentativi  avvenuti  in 
Piemonte  sotto  il  regno  di  Carlo  Felice:  ci  basti  il 
dire  che  la  politica  del  non-intervento  proclamata 
dalla  Francia,  scompigliò  e  snervò  le  forze  italiane 

Ma  perchè,  si  domanda  il  conferenziere,  non  cer- 
cò di  afforzarsi  seguendo  i  progetti  del  Menotti,  che 
moriva  fatto  strangolare  a  Mantova  dal  duca  di  Mo- 
dena? Perchè  oltre  all'accennato  principio  del  non- 
intervento occorre  riflettere  che  questa  rivoluzione  del 
'31  fu  da  Bologna  a  Rieti  una  riscossa  di  Mimicipii, 
come  quella  del  '48  una  rivoluzione  di  Stati  e  quella 
del  '59  una  riscossa  dell'intero  popolo  italiano.  In 
ogni  modo  una  rivolta  che  ebbe  il  suo  battesimo  di 
sangue  in  faccia  agli  austriaci,  non  merita  né  con- 
danne, né  ironie,  né  dispregi  (2). 

E  per  qual  motivo  il  regno  lombardo-veneto  non 
vi  prese  alcuna  parte  ? 

La  rapidità  colla  quale  avvennero  i  moti  a  cui  ac- 
cennammo e  che  furono  repressi  dal  ferro  austriaco, 
impedì  certo  ai  nostri  babbi  di  prendervi  parte  come 
indubbiamente  avrebbero  fatto,  quando  tali  rivolte 
avessero  dato  qualche  speranza  di  successo  ;  cosi 
niuna  di  queste  provincie  fu  compromessa  e  il  go- 
verno non  trovò  materia  per  esercitare  altre  vendette. 

(i)  Fu  liberato  da  quella  fortezza  nel  1848. 
(2)  Masi  nella  citata  conferenza. 


PPJW^IN>qfW|!»  4%" 


—   145   — 

\nzi  (i),  considerando  questa  inazione  de*  sudditi 
rome  effetto  di  paurosa  pusillanimità,  anziché  di  pru- 
ienza  sagace,  esso  non  ebbe  più  alcun  ritegno  neirap- 
Dlicazione  del  sistema  oppressivo,  onde  aveva  acqui- 
stato un  titolo  d'infamia  presso  TEuropa  civile,  e  ra- 
gioni d'odio  presso  i  popoli  martoriati. 

Uno  storico  italiano,  assoggettando  ad  un  esame 
critico  gli  atti  del  governo  austriaco  nel  regno  lom- 
bardo-veneto dopo  il  1831,  segnala  tre  principali  er- 
rori commessi  dall'Austria  nel  governo  di  queste  Pro- 
vincie. Il  primo  di  trattare  il  paese  peggio  che  se  fosse 
stato  frutto  di  conquista  e  piuttosto  come  proprietà, 
anziché  facente  parte  dell'impero  ;  secondo,  di  eser- 
citare una  pessima  amministrazione    della    giustizia 
per  tutto  quanto  riguardava  gli  interessi  fra  sudditi 
e  Stato.  Infatti  il  presidente  era  abilitato  nelle  cause 
criminali  di  costituire  l'aula  a  suo' beneplacito,  e  per 
conseguenza,  quando  trattavansi  cause  politiche,  il 
tribunale  riusciva  talvolta  composto  di  giudici   non 
italiani  ;  il  terzo  stava  nel  suo   sistema   finanziario. 
Pensi  il  lettore  che  un  buon  quarto  dei  reddfti  dell'im- 
pero era  fornito  dal  regno  lombardo-veneto,  il  quale, 
relativamente  a  popolazione,  non  formava  che  l'otta- 
va parte,  quindi  in  tal  ragione  pagava  precisamente  il 
doppio  ingiustamente,  e  riguardo  a  superficie,  non 
era  che  la  diciottesima  parte. 

Fu  dimostrato  come  il  ricavo  netto,  che  il  governo 
traeva  da  questo  nuovo  regno  aggiunto  alla  monar- 
chia austriaca,  ascendeva  annualmente  a  56  milioni  e 
mezzo,  di  cui  3 1  e  mezzo  erano  fomiti  dalla  Lombar- 
dia, e  25  dal  Veneto. 

(i)  Togliamo  questi  riflessi  dal  Bartolini  nella  sua 
storia. 

GiAKETTi.  Cronistoria.  io 


—  146  — 

Può  dunque  asserirsi,  che  se  non  fosse  stato  il  cre- 
scente sviluppo  della  industria  serica,  e  il  credito  che 
questa  mercanzia  acquistò  in  Europa,  la  Lombardia 
non  avrebbe  potuto  sopportare  i  pesi,  che  le  erano 
imposti. 

Questi  errori  segnalati  dallo  storico  degli  Ultimi 
rivolgimenti  italiani,  sono  indubbiamente  veri,  ma 
essi  non  furono  i  soli  commessi  dalFAustria  nel  go- 
verno delle  nostre  provincie.  Un  quarto  e  più  grave 
di  tutti  fu  il  sistema  unitario,  che  si  volle  adottare 
in  uno  Stato  composto  dei  piìi  svariati  elementi  etnici, 
privi  di  ogni  coesione  fra  di  loro  e  di  ogni  possibi- 
lità per  conseguirla. 

Ora  un  impero  costituito  dall'aggregazione  acci 
dentale  di  popoli,  di  razze  differenti,  d'indole,  di  ci- 
viltà, di  costumi,  mancava  anzitutto  della  più  neces- 
saria condizione  legislativa,  cioè  dell'unicità  Gli  è 
perciò  che  il  sistema  adottato,  mentre  per  una  parte 
contradiceva  al  principio  storico,  da  cui  traeva  ori 
gine  l'impero,  dall'altro  aggravava  il  carattere  di  vio- 
lenza che  esso  aveva  vestito  fin  dalla  sua  origine.  Da 
qui  un  nuovo  e  forte  fomite  al  malcontento  dei  po- 
poli, e  quindi  la  ragione  principale  di  loro  inquie- 
tudine e  dei  loro  sforzi  per  scuotere  un  giogo,  che 
si  era  reso  insopportabile  a  tutti.  Ma  il  governo  au- 
striaco, mostrandosi  ignaro  perfin  dell'esistenza  del 
diritto  popolare,  non  vedeva  nella  nazione  a  lui  sog- 
getta che  sudditi  da  dominare,  non  trasse  alcun  am- 
maestramento dai  moniti  che  erangli  pòrti,  e  rimase 
fermo  nel  funesto  sistema. 

Quanto  alle  nostre  provincie  non  è  a  dimenticarsi 
anche  l'altro  gravissimo  errore  ;  fu  di  aver  costituito 
la  polizia  a  perno  ed  anima  di  tutto  l'organismo  am- 
miri mtrativo,  affidandole  quasi  il  speciale  mandato  di 
BenìirifttT  la  corruzione  nei  governati  e  di  compromet- 


ì 


—  147  — 
terli  collo  spionaggio.  E'  indubitabile  che  questo  si- 
stema turpe  ed  abbominevole,  degno  solo  di  governo 
straniero,  doveva  pur  sortire  qualche  effetto,  e  le  fu- 
neste conseguenze  non  si  fecero  troppo  aspettare. 

Anzitutto  esso  avvilì  l'animo  del  cittadino,  po- 
nendo la  paura  in  cima  ad  ogni  pensiero.  Ma  dall'av- 
vilimento alla  corruzione  c'era  ancora  gran  tratto,  e 
la  Dio  mercè  i  nostri  babbi  non  fecero  alcun  passo 
decisivo  su  questo  pendio,  sebbene  qualche  storico 
opini  diversamente  (i),  adducendo  in  prova  la  pro- 
pensione dei  lombardi  alle  opinioni  estreme,  anziché 
alle  moderate  (  !). 

Ci  riesce  però  diffìcile  approvare  in  tutto  e  per 
tutto  il  pensiero  dello  storico  e  non  sapremmo  come 
possa  sostenerlo  coi  fatti.  Ciò  che  possiamo  affer- 
mare si  è  che  la  nostra  popolazione  pel  retto  senso 
che  aveva  delle  cose,  non  poteva  comprendere  come 
la  libertà  dovesse  andar  soggetta  a  restrizioni,  e  che 
l'aspirazione  a  conseguirla  fosse  efficace  solo  allor 
quando  non  venisse  a  quella  vincolata  ;  ed  è  risa- 
puto che  questo  popolo,  data  l'occasione,  insorse  con- 
tro l'oppressore  e  da  sé  solo  bastò  a  cacciarlo. 

Il  merito  dei  lombardi  sta  in  questo,  che  la  cor- 
ruzione non  prevalse,  sebbene  ricevesse  un  forte  in- 
centivo, quindi  se  da  una  parte  si  videro  nobili  brut- 
tarsi di  atti  servili  verso  il  governo  oppressore;  se 
ne  videro  altri  sostenere  anche  con  pericolo,  l'onore 
nazionale  ed  aumentarlo  con  opere  altamente  umani- 
tarie. Lo  stesso  Gualterio  é  costretto  a  confessare, 
parlando  di  Milano,  che  in  ninna  altra  città  d'Italia 
gli  asili  infantili  furono  più  numerosi,  meglio  diretti 
e  più  saggiamente  vigilati  ;  e  che  il  lavoro  del  conte 
Pompeo  Litta  sulle  famiglie  celebri  italiane  é  un 

(i)  Gualtiero.  Gli  ultimi  rivolgimenti  italiani. 


—  148  — 

vero  monumento  di  codesta  classe,  che  ogni  città  po- 
trebbe invidiarle. 

Ed  altro  vorremmo  dire  in  confutazione  di  co- 
desto storico,  ma  ci  pare  già  èssere  trascorsi  di  trop- 
po ;  rimettiamoci  in  cammino. 

Che  veramente  giungesse  a  cognizione  della  no- 
stra Milano  la  notizia  delle  rivolte  alle  quali  accen- 
nammo, si  può  argomentare  dalle  notificazioni  proi- 
bitive circa  la  introduzione  di  armi  da  fuoco  e  da 
taglio,  le  munizioni  di  guerra  :  la  esportazione  di  ca- 
valli pel  regno  di  Polonia  e  Taltro  divieto  circa  il 
transito  delle  armi  per  gli  Stati  pontifici  e  il  ducato 
di  Modena  e,  circa  la  delimitcLzione  della  navigabilità 
del  Po. 

E  il  divieto  di  esportazione  d*armi  fu  pure  esteso 
alla  Moldavia,  alla  Valacchia,  alla  Podolia,  ecc.  Con- 
temporaneamente furono  minacciate  pene  severissime 
contro  i  disertori. 

E  più  chiaramente  si  poteva  dire  che  la  rivolu- 
zione era  alle  porte,  quando  si  seppe  della  partenza 
clandestina  da  Milano  del  generale  Zucchi,  il  quale 
si  recava  a  Parma  per  unirsi  agli  insorti  ;  quando 
parecchi  contadini  sparsero  proclami  rivoluzionari 
recati  da  Bologna  ;  quando  un  certo  vetturale,  che 
trovavasi  a  Parigi  nelle  giornate  della  rivoluzione  riu- 
scì ad  affiggere  qualcuno  di  tali  proclami  alla  porta 
del  Farci  vescovado  ;  quando  infine  dappertutto  si  udi- 
vano cantare  inni  patriottici  sull'aria  della  Marsi- 
gliese (i). 

Inutile  dire  che  la  polizia  stava  sull'attenti,  che 


(i)  Sono  notizie  attinte  dai  fogli  francesi,  e  smentite  al 
solito  dal  nostro  periodico. 


■  MIJJI««ff^CJ 


—    149    — 

un  certo  successo  pqr  le  allusioni  politiche  ave- 
vano destato  le  tele  delFHayez,  /  profughi  di  Parga, 
e  delFAzeglio,  //  campo  della  disfida  di  Barletta  e 
dove  poteva,  arrestava,  e  parecchi  che  recavano  pro- 
clami o  gettavano  grida  sediziose  per  le  vie,  furon 
messi  in  prigione,  e  si  prendevano  pure  tutte  le  misure 
più  opportune,  perchè  la  rivolta  non  solo  non  entrasse 
nel  lombardo- veneto,  ma  venisse  pure  soffocata  e  com- 
battuta negli  Stati  limitrofi. 

Era  corsa  voce,  come  già  a  Roma,  che  in  occa- 
sione del  carnevale,  in  cui  sembra  che  la  maschera 
offra  maggior  libertà,  avrebbe  avuto  luogo  qualche 
dimostrazione  liberale,  ed  il  governo  proibì  le  ma- 
schere ed  i  corsi  della  settimana  grassa.  Il  servizio 
militare  nella  città  era  aumentato  ed  il  generale  di 
cavalleria,  barone  Frimont,  veniva  incaricato  di  re- 
carsi con  truppa  negli  Stati  pontifici  per  pacificare 
i  torbidi  (i).  Eppure  malgrado  quanto  si  vedeva  e 
quanto  si  intravedeva,  il  nostro  diario  politico,  con 
una  imperturbabilità  degna  di  miglior  causa,  dà  le 
nuove  più  tranquillanti. 

Chiudiamo  questa  breve  rassegna  dello  stato  po- 
litico della  nostra  città  con  una  notizia,  che  togliamo 
ancora  dal  Constitutionnel  di  quell'epoca.  Certo  Mi- 
liani,  rifugiato  politico  degli  Stati  romani,  nel  re- 
stituirsi in  patria,  giunto  a  Milano,  vi  fu  arrestato, 
e  gettato  in  una  segreta,  dove  rimase  per  28  giorni  a 
pane  ed  acqua  (carcere  duro),  quindi  fu  scortato  a 
Lugano,  da  dove  era  venuto.  Del  resto  non  è  certo  a 
meravigliajsi,  riflettendo  come  furono  trattati  i  nostri 
prigioni  dello  Spielberg. 


(i)  Il  proclama  che  questo  generale  diresse  ai  sudditi 
pontificii  alla  sua  entrata,  porta  appunto  la  data  di  Mi- 
lano del  19  marzo. 


-  rso  - 

Cuiioso  poi  un  biglietto  a  stampa  rinvenuto  sulla 
piazza  di  S.  Marco  a  Venezia  da  un  sergente  furiere, 
e  di  cui  si  fece  rapporto  alla  polizia.  Ecco  quanto 
venne  scritto  in  proposito  ai  Commissari  superiori  dei 
sestieri. 

€.E*  stato  rinvenuto  un  bigliettino  a  stampa,  su 
cui  erano  le  seguenti  parole  : 


Signore  ! 

Favorisca  una  presa 

di  Tabacco 


Atteso  che  tali  ed  altri  consimili  vigliettini  servi- 
vano in  altri  tempi  quali  mezzi  di  segreto  riconosci- 
mento tra  gli  affigliati  a  società  segrete,  devesi  rac- 
comandare al  sig.  Commissario,  cui  si  porta  a  riser- 
vata notizia  una  simile  scoperta,  tutta  la  maggior  vi- 
gilanza in  proposito,  procurando  al  caso  di  qualche  in- 
dizio, di  rilevare  da  chi  vengono  stampati  e  diffusi 
per  le  ulteriori  necessarie  disposizioni  (i)  ». 

Forse  era  una  pretta  invenzione  della  polizia,  per 
tenere  desto  il  commissariato,  poiché,  dice  il  docu- 
mento, che  il  bigliettino  trovato  dal  furiere  Eiben- 
stein  presso  gli  stendardi  di  S.  Marco,  fu  dallo  stesso 
lacerato  e  disperso. 


Un  avvenimento  che  doveva  forse  destare  qualche 
favilla  di  speranza  nel  cuore  dei  nostri  avi,  se  fosse 
stato  un  anno  diverso,  fu  il  solenne  ingresso  in  Mi- 
lano della  sposa  del  futuro  imperator  d* Austria,  Fer- 
dinando re  d'Ungheria.  E'  noto  che  la  scelta  era  ca- 


(i)  Carte  segrete  doc.  352. 


—  151  — 
duta  sopra  una  figlia  di  Vittorio  Emanuele  I,  re  di 
Sardegna,  Maria  Anna.  Uinfelice  avrà  certamente 
sentito  stringersi  il  cuore,  pel  glaciale  silenzio,  e  il 
freddo  contegno  con  cui  venne  ricevuta  dagli  abi- 
tanti, mentre  tuonavano  le  artiglierie  e  le  campane  so- 
navano a  distesa.  Percorse  come  al  solito  il  corso  Ve- 
nezia per  recarsi  a  corte.  E  f uronvi  feste  e  luminarie 
forzate,  e  profusioni  di  onorificenze  da  parte  del  Pie- 
monte per  ingraziarsi  le  popolazioni  del  Lombardo- 
Veneto.  Accenniamo  alle  principali  :  Al  conte  Giberto 
Borromeo  fu  conferito  il  collare  dell'Annunciata  ;  ai 
conti  Hartig  e  Settala  la  gran  croce  dei  SS.  Maurizio 
e  Lazzaro  ;  Tordine  dei  suddetti  santi,  ai  conti  Vita- 
liano Borromeo  e  Greppi,  al  Marchese  d*Adda  ed  al 
conte  Francesco  Oppizzoni. 


Vietato  il  carnevale  nella  città,  anche  le  feste  pub- 
bliche e  private  languirono,  eppure  alla  Scala,  dove 
THayez  ed  il  Sanquirico  avevano  ristaurato,  si  dava  la 
Norma  del  Bellini  colla  Pasta  ;  il  Barbiere  di  Siviglia 
colla  Schulz  e  la  prima  déìVEnrico  di  Monfort  del 
Coccia  ;  alla  Canobbiana  la  prima  del  Disertore  Sviz- 
zero del  maestro  Pugni,  la  Isleve  del  maestro  Ricci 
colla  Corradi,  la  Reina,  la  Frezzolini,  il  Giordani  ;  al 
Re,  YElisa  e  Claudio  del  Mercadante  colla  Comelli, 
il  Roncoroni  ed  il  Cambiaggio  ;  al  Carcano  la  Son- 
nambula con  libretto  del  Romani.  Né  mancarono  le 
rappresentazioni  al  nostro  anfiteatro  e  per  tacere  di 
quelle  date  dal  cavallerizza  Guerra,  diremo  di  uno 
spettacolo  in  cui  era  annunciato  il  combattimento, 
bombardamentoi  espugnazione  ed  incendio  del  castel- 
lo Rokbey,  ma  poco  mancò  che  la  commedia  si  cam- 
biasse in  tragedia.  Fosse  che  lo  spettacolo  non  rispon- 
desse alla  generale  aspettazione,  fosse  che  qualche 


-  152  — 

gruppo  di  patriotti  avesse  colto  questa  occasione  per 
far  man  bassa  sulla  truppa,  fatto  si  è  che  ad  un  certo 
punto  il  pubblico,  che  vi  era  accorso  numerosissimo, 
diede  in  grida  e  fischi  :  si  spezzarono  sedie,  si  fecero 
volare  le  tavole  ond'erano  coperte  le  gradinate,  e  il 
popolo  tentava  di  irrompere  nel  mezzo  per  distrug 
gere  il  finto  castello  ;  a  stento  la  truppa,  collocata  pel 
buon  ordine,  potè  impedire  quell'invasione;  corsero 
tuttavia  sassate  e  schioppettate  ;  fu  un  fuggi  fuggi 
generale.  Del  popolo  uno  fu  disteso  morto,  e  dieci  fé 
riti  più  o  meno  gravemente. 

Intanto  si  era  sparsa  voce  che  per  la  monardiia 
serpeggiava  il  choléra  morbus,  e  forse  il  governo  diede 
maggior  ansa  alla  triste  nuova,  facendo  che  il  diario 
cittadino  si  interessasse  del  fatto,  riempiendo  le  sue 
colonne  dei  caratteri,  dei  sintomi  e  dei  rimedi  più  op- 
portuni per  combatterlo. 

Una  Conmiissione  governativa  partì  dalla  nostra 
città  per  Vienna  allo  scopo  di  studiare  Tandamento 
della  malattia,  mentre  le  misure  preventive  veni- 
vano estese,  non  solo  a  Milano,  ma  in  tutte  le  Provin- 
cie italiane.  Apposite  conmiissioni  locali  di  sanità  si 
crearono  nei  capi  luoghi,  pene  severissime  furono  com- 
minate a  que'  medici,  che  non  si  prestavano  pei  col- 
piti del  male  ed  un  grande  manifesto  della  nostra  I. 
R.  Delegazione  provinciale  dava  norme  speciali  in- 
torno alla  cura. 

E  a  questi  timori,  come  dicemmo  forse  troppo  esa- 
gerati, incominciavano  a  piovere  generpse  offerte  di 
persone  benefiche.  Un  farmacista  Ferretti,  parrocchia 
no  della  cattedrale,  offriva  di  somministrare  gratuita 
mente  tutti  i  farmachi  occorrenti  per  la  cura  di  cin 
quanta  ammalati  poveri  della  sua  parrocchia,  caso  i 


wv^y^wj.^f-^^  ■■■■■ 


—  153  — 
morbo  scoppiasse.  E  il  governo  da  parte  sua  pubbli- 
cava pene  severissime  relativamente  ai  trasgressori 
delle  prescrizioni  al  cordone  sanitario. 

Cosi  si  tràscinajrono  per  ben  sei  mesi  le  cose  dal- 
l'agosto cioè  al  dicembre,  quando  il  morbo  però  scop- 
piato così  lontano  da  noi,  rallentò  di  forza,  e  conse- 
guentemente sfumò  il  timóre  di  un'invasione  nella  no- 
stra città,  almeno  per  quell'anno. 

Né,  per  quanto  preoccupati  dal  timore  del  morbo, 
i  nostri  babbi  tralasciarono  le  opere  edilizie,  ed  una 
importantissima  fu  il  compimento  dell'acquedotto  che 
dal  Carrobio  andava  a  S.  Lorenzo. 

Non  era  che  da  pochi  mesi  morto  il  celebre  incisore 
Longhi  e  nell'aprile  di  quest'anno  si  progettò  di  eri- 
gergli un  monumento  nel  nostro  palazzo  di  Brera  ;  ed 
un  fatto,  che  leggeranno  con  piacere  i  nostri  concitta- 
dini, fu  la  comparsa  nelle  acque  del  nostro  Naviglio 
grande  del  battello  a  vapore  V Otello,  proveniente  da 
Venezia.  Era  giunto  il  9  novembre  e  ripartiva  il  21  ; 
nel  frattempo  che  si  trovò  nelle  nostre  acque,  aveva 
fatto  una  gita  fino  ad  Abbiategrasso. 

Quanto  a  produzioni  letterarie,  un  libro  pubbli- 
cato in  questo  anno  dà  le  norme  per  Vuso  delle  cal- 
daie a  vapore  sui  battelli  per  garanzia  dei  passaggeri  ; 
Paolo  Sangiorgio  pubblica  per  la  tipografia  Visai  i 
Cenni  storici  sulle  due  università  di  Pavia  e  di  Mi- 
lano ;  il  Biorci,  dà  alle  stampe  un  libro  sui  migliori 
quadri  di  pittura  e  di  scultura  esposti  a  Brera.  In  oc- 
casione degli  sponsali  del  conte  Castelbarco  colla  si- 
gnora Antonietta  dei  Marchesi  Litta,  Rosmini  pub- 
blica i  princìpii  della  scienza  morale. 

E'  pubblicata  pure  la  seconda  edizione  della  Ca- 


5?-»- 


—  154  — 
terina  da  Broni  del  Mauri,  assai  lodata  dai  diarii  del 
tempo  ;  ed  accenniamo  solo  a  questo  per  tacere  dei 
consueti  almanacchi,  e  delle  solile  accadenaie  scola- 
stiche annuali. 

Un  avvenimento  però  che  non  possiamo  lasciar 
passare  sotto  silenzio  è  la  collocazione  in  una  delle 
sale  della  nostra  biblioteca  nazionale  del  grande 
globo  terestre  che  ancora  si  ammira.  Fu  esso  princi- 
piato nel  1819,  e  finito  dieci  anni  dopo  ;  è  nel  rap- 
porto da  I  a  10.000.000.  Parecchi  concorsero  alla  sua 
confezione:  l'artefice  Ubaldo  Villa  attese  all'esatta 
costruzione  della  sfera,  il  macchinista  Carlo  Grindel  a 
quella  dei  circoli,  che  servono  di  sostegno  e  dove  sono 
segnati  i  punti  di  divisione  per  le  longitudini  e  le  la- 
titudini :  certo  ingegnere  Gaetano  Bel  lati,  un  suo  fra- 
tello pittore  e  l'incisore  Stucchi,  si  occuparono  del  di- 
segno ;  l'astronomo  Carlini  ed  il  dottor  Paolo  Fri- 
siani  dell'osservatorio,  ebbero  la  direzione  del  lavoro  ; 
il  chimico  Kramer  si  incaricò  di  stendere  su  tutto  il  di- 
segno una  vernice  di  sua  composizione  perfettamente 
bianca  e  diafana  che  lo  garantiva  dall'umidità  e  dalla 
polvere. 

Ai  necrologi  principeschi  del  Re  CARLO  FELICE 
di  Sardegna  e  del  Granduca  Costantino  di  Russia, 
pei  quali  la  corte  prese  il  lutto  di  parecchie  settimane, 
dobbiamo  aggiungere  le  morti  di  cittadini,  che  col 
loro  ingegno,  colle  loro  opere  illustrajono  la  nostra 
città  ;  atteniamoci  alle  principali  : 

Primo  ci  si  presenta  l'incisore  GIUSEPPE  LONGHI 
monzese.  Era  nato  nel  1766,  fu  istruito  nel  seminario 
di  Monza  ed  assai  per  tempo  si  sviluppò  in  lui  l'amore 
al  disegno  :  parecchi  ritratti  dei  suoi  condiscepoli  ne 


li^^k^^dìtaik.^ . 


-  155  - 
furono  la  prova.  Ultimati  gli  studi  filosofici,  fu  a 
Milaxio,  dove  attese  ad  eseguire  a  matita,  a  pastello 
ed  in  miniatura,  molti  ritratti  dal  vero. 

Malgrado  dunque  il  desiderio  de'  genitori,  che 
del  loro  Peppino  avrebbero  voluto  fare  un  prete,  un 
medico,  un  avvocato  od  un  commerciante,  egli  si  ap- 
plicò all'incisione  e  fu  scolaro  del  Vangelisti.  Più 
tardi  andò  a  Roma  per  studiare  l'anatomia  in  quello 
spedale,  e  per  dis^nare  i  dipinti  di  Raffaello  e  di 
Michelangelo. 

Morto  il  Vangelisti  fu  sostituito  in  quella  scuola 
pubblica  di  disegno  da  poco  fondata,  dove  rimase 
per  ben  30  anni.  Viaggiò  in  Francia  e  studiò  ed  am- 
mirò i  capolavori  dell'arte.  Fra  le  più  celebrate  in- 
cisioni che  formano  una  grande  raccolta  nella  nostra 
Biblioteca  Ambrosiana  notiamo  :  //  riposo  in  Egitto 
(Procaccini)  —  La  visione  di  EzechieTlo  (Raffaello), 
parecchi  dipinti  del  Rembrandt,  la  Galatea  (Albano), 
La  Deposizione  nel  sepolcro  (Crespi)  —  la  Madda- 
lena (Correggio)  —  Lo  Sposalizio  della  Vergine  (Raf- 
faello), ecc. 

Stava  incidendo  il  Giudizio  di  Michelangelo^  e 
dando  alle  stampe  gli  Insegnamenti  sulVarte  delVin- 
cisore,  quando  venne  rapito  dalla  morte. 

Imponenti  funerali  ebbero  luogo  nella  chiesa  di 
S.  Fedele,  sulla  porta  della  quale  leggevasi  un'ele- 
gante iscrizione  latina  dettata  dal  dottor  Labus,  la 
quale  additando  i  funerali  mestamente  celebrati  dalla 
(fognata  e  dal  nipote  di  Giuseppe,  figlio  di  Carlo 
Longhiy  nativo  di  Monza,  lo  chiamava  incisore  e  ri- 
stauratore  prestantissimo  dell'arte  sua,  socio  del  ce- 
sareo regio  istituto  e  d^altre  illustri  società  europee 
di  scienze,  lettere  ed  arti;  e  dopo  aver  detto  che 
fu  uomo  religioso,  sotto  il  cui  magistero  divennero 


-  156- 

chiari  molti  allievi,  invitava  il  popolo  a  pregar  pace 
all'anima  del  defunto. 

Inutile  aggiungere  che  gli  scolari  in  massa  vol- 
lero accompagnare  la  salma  all'ultima  dimora  non 
solo,  ma  portarne  a  spalle  la  bara. 

Il  Longhena  vi  fece  un  commovente  discorso, 
stampando  anche  in  un  opuscoletto  i  particolari  della 
mesta  cerimonia. 

Verso  la  metà  del  gennaio  spegnevasi  pure  il  conte 
Gianmaria  Andreani,  che  il  nostro  lettore  non  avrà 
dimenticato,  come  quello  che  nel  1825,  redense  cott 
fondi  propri  la  chiesa  e  l'unito  convento  di  S.  Bar 
naba,  e  tanto  si  interessò  per  la  ristaurazione  dei  P.P. 
Barnabiti. 

Era  pio,  senza  darsene  l'aria,  benefico  e  liberale, 
senza  ostentazione,  nobile  senza  fasto,  modesto  senza 
affettazione,  cortese  senza  adulazione  ;  più  facile  pet 
animo  buono  a  compatire,  che  a  censurare  le  altrui 
debolezze  ;  piacevole  nel  conversare,  affabile  e  gen- 
tile ;  riuniva  insomma  le  qualità  che  rendono  un  uomo 
caro  a  tutti  e  che  gli  conciliano  la  stima  ed  il  rispetto. 

Fu  amministratore  del  nostro  nosocomio,  del 
Monte  di  Pietà,  dei  Luoghi  piti  elemosinieri,  e  del  R 
collegio  della  Guastalla.  Creato  ciambellano  di  S 
M.,  ebbe  l'ordine  della  corona  ferrea,  q  venne  pure  no 
minato  Consigliere  intimo. 

Morendo,  lasciò  un  legato  ingente  ai  Barnabiti 
perchè  provvedessero  al  collegio  di  Lodi,  da  poco 
tempo  aperto;  regalò  il  seminario  di  quella  città: 
provvide  con  largo  assegno  allo  spedale  delle  fate- 
bene  sorelle,  già  fondato  nella  nostra  città  ;  e  pensò 
pure  allo  stabilimento  delle  suore  della  carità,  desti- 
nato per  le  fanciulle  povere,  istituendo  anche  borse 
speciali  per  giovani  studenti.  Accenniamo  solo  a  tali 
disposizioni,  per  tacere  delle  numerose  elemòsine  elar- 


—  157  — 
gite  ai  poveri,  di  cappellanie  istituite,  ecc.  Aveva  la- 
sciato suo  esecutore  testamentario  il  conte  Mellerio(i). 

Un'altra  morte  che  fece  rumore  nella  nostra  città, 
fu  quella  di  FRANCESCO  PEZZI,  il  direttore  della  Gaz- 
zetta privilegiata. 

Era  nato  a  Venezia,  aveva  studiato  nel  coll^io  di 
Treviso,  dove  si  era  assai  distinto.  Fu  scrittore  di  com- 
medie, ma  poco  fortunato,  poiché  il  suo  primo  dramma 
cadde  la  prima  sera  chq  venne  rappresentato.  Allora 
si  rivolse  alle  muse,  le  quali  ancora  sembra  non  gli 
fossero  troppe  generose.  , 

Viaggiò  in  Francia,  dove  rimase  parecchio  tempo, 
quindi  fu  nella  nostra  città  e  vi  diresse  il  Corriere  Mi- 
lanese ;  collaborò  col  Monti,  col  Perticari  e  con  altri 
nel  Poligrafo  e  fu  per  ultimo  Yestensore,  così  sotto- 
scrivevasi,  della  nostra  Gazzettay  che  infiorò  di  un'ap- 
pendice letteraria  assai  in  voga  allora.  H  nostro  Porta 
non  gli  risparmiò  le  sue  frustate,  forse  non  pel  suo  in- 
gegno, ma  per  la  sua  presunzione,  e  perchè  apparte- 
neva ad  una  scuola  differente,  essendo  sostenitore  dei 
classici.  Il  poeta  milanese,  scrivendo  a  proposito  della 
caduta  del  classicismo,  la  morte  di  Apollo,  dice  :  fropi 
robba  de  mett  in  sul  Glisson  scientifegh  letterari. 
Deve  rammentare  il  lettore  che  il  motto  francese  era 
l'epigrafe  con  cui  il  Pezzi  contrassegnava  le  sue  ap- 
pendici letterarie. 

Tuttavia  era  di  temperamento  buono,  e  sofferse 
con  tranquilla  rassegnazione  una  malattia  che  durò 
ben  due  anni  ;  moriva  il  penultimo  di  gennaio. 

Suo  figlio,  lasciati  gl'i  studi,  fu  al  letto  del  padre 
e  disimpegnò  pure  il  suo  incarico  all'ufficio  del  gior- 


(i)  Così  rileviamo  da  una  lettera  stampata  nel  libro: 
Carteggio  di  A.  Mamofii  ed  A.  Rosmini.  Tip.  Edit-  L.  F. 
fogliati,  1901. 


Il   .11    lUPpiHmipB^^ 


-158- 

naie.  Alla  sua  morte,  scrisse  un  lungo  componimento 
in  versi  sciolti,  che  risparmiamo  al  lettore,  ma  chi  ne 
è  vagOj  può  leggerlo  nel  Numero  56  della  Gazzetta  dì 
Milano. 

E*  degno  di  osservazione  un  articolo  che  com- 
parve nel  maggio  nel  diario  cittadino,  intitolato: 
Drammi  moderni  contro  il  Romanticismo,  in  cui  è 
detto  che  desso  e  la  rivolta  applicata  alla  letteratura, 
la  quale  rivoluzione  lavorò  ad  abbattere  con  ardore 
dò  che  esisteva,  sicché  i  novatori  demolirono  la  statua, 
ma  non  ne  sostituirono  altrafe  paragona  questi  ai  no- 
vatori politici,  conchiudendo  che  nelVordine  lettera- 
rio si  ha  una  nullità  drammatica  che  dispiace,  una 
tragedia  che  annoia,  ed  un  dramma  che  disgusta; 
e  questo  seri  ve  vasi  meno  d'una  settantina  d'anni  fa. 
Malgrado  però  la  morte  del  Pezzi,  sembra  che  il  dia- 
rio cittadino  non  siasi  punto  convertito. 

Altre  morti  segnaliamo,  il  barone  ANTONIO  SmaN- 
CINI,  nato  a  Pizzighettone  nel  1776,  già  magistrato 
nella  Cisalpina  e  consigliere  di  Stato  nel  regno  ita- 
lico, prefetto  a  Verona.  GIOVANNI  MAESTRI,  nativo  di 
Rosate,  prefetto  del  Monte  Napoleone,  giureconsulto 
ed  economista.  TEODORO  Matteini,  pistoiese,  eminente 
pittore,  maestro  ad  Hayez.  Il  Conte  SANTE  ALARI,  già 
scudiere  del  Viceré  Eugenio  e  suo  ufficiale  nella  cam- 
pagna di  Russia. 

Due  avvenimenti  meteorologici  dobbiamo  pur  no- 
tare quest'anno,  la  sera  del  7  gennaio,  l'apparizione  di 
una  meteora  luminosa  in  una  zona  assai  ampia  al  no- 
stro settentrione:  E  nel  31  dicembre  verso  le  3  1/2  po- 
meridiane lo  scoppio  violento  di  un  fulmine  sopra 
una  casa  in  porta  Vercellina  (Magenta),  distante  14 
metri  circa  dal  naviglio,  nessuna  vittima,  eccetto  i 
{Ianni  alla  casa. 


tt^tmwm^ 


1832. 

CAPITOLO  Vili 


Avvento  al  trono  di  Carlo  Alberto.  —  Pensionati  ed  emi- 
grati. —  La  Giovine  Italia  a  Milano.  —  Radetzki  nelle 
Legazioni.  Tranquillità  apparente  e  l'attentato  di  Ba- 
den  contro  il  futuro  imperatore  Ferdinando.  —  Ancora 
il  timore  del  cholèra  e  la  cometa  di  Bici  a.  —  Spetta- 
coli e  feste.  —  Edilizia.  —  La  Galleria  De  Cristoforis. 
—  Stampa.  —  Beneficenza.  —  Necrologio, 

€  Dio  è  nel  Cielo,  e  Carlo  Alberto  sulla  terra! 
Respingete  l'Austria,  lasciate  addietro  la  Francia,  e 
stringetevi  a  lega  l'Italia  ;  ponetevi  alla  testa  della 
nazione  e  scrivete  sulla  vostra  bandiera,  Unioney  Li- 
bertày  Indipendenza!  Proclamate  la  santità  del  pen- 
siero, liberate  l'Italia  dai  barbari,  date  il  vostro  nome 
ad  un  secolo,  siate  il  Napoleone  della  libertà  italiana. 
A  che  temete?...  il  tedesco?...  Gridategli  guerra,  ar- 
dite guardar  da  vicino  questo  colosso  eterogeneo, 
forte  solo,  perchè  altri  è  debole.  Una  voce  ai  vostri, 
una  voce  alla  Lombardia  e  avanti.  Là  nella  terra  lom- 
barda hanno  a  decidersi  i  fati  dell'Italia  ed  i  vostri  ; 
nella  terra  lombarda,  che  non  appetta  se  non  un  reg- 
gimento ed  una  bandiera  per  levarsi  in  maissa,  ma 
siate  forte  e  deciso  ;  rinegate  i  calcoli  diplomatici, 
gl'intrighi  dei  gabinetti,  le  frodi  dei  patti.  La  salute 


—  i6o  — 
per  voi  sta  sulla  punta  della  vostra  spada....  Se  non 
fate»  altri  faranno,  e  senza  voi,  e  contro  voi....i 

Tale  era  rindirizzo  di  un  italiano  che  girava  fra 
il  nostro  popolo  allora  dell'avvento  al  trono  sabaudo 
del  principe  di  Carignano,  ramo  cadetto  che  succedeva 
al  re  Carlo  Felice,  il  quale  non  ebbe  figli,  e  spegnevasi 
appunto  nel  1831.  Ma  Carlo  Alberto  re,  vedeva  diver- 
samente delTantico  granmaestro  d'artiglieria,  e  co- 
nobbe che  un  movimento  avrebbe  compromesso  l'in- 
dipendenza del  suo  paese,  determinando  una  nuova 
invasione  austriaca.  In  luogo  di  parlar  di  costituzione, 
non  concesse  neppur  l'amnistia  ;  nominò  un  consiglio 
di  Stato,  facendo  intendere  che  voleva  far  migliora- 
menti, ma,  «  senza  scostarsi  dagli  esempi  lasciati  dai 
suoi  maggiori  n  e  conservando  inalterata  la  dignità 
della  corona  (i).  I  tempi  non  ercino  ancor  maturi,  in- 
tanto si  disperò  anche  di  questo  lampo  di  luce,  die 
era  per  un  istante  balenato  ;  onde  molti  si  affrettarono 
a  ricoprire  la  polvere  di  carbone  colla  polvere  delle 
anticamere,  altri  si  arrolarono  nelle  società  sarete,  e 
l'Austria  continuò  a  ribadire  le  catene  della  sdiia- 
vitii. 


Una  disposizione  governativa  sosj>endeva  la  pen- 
sione od  un  assegno  qualunque  pagabile  sulla  cassa 
delTerario,  a  quelle  persone  che  erano  state  inquisite 
per  delitto,  o  per  grave  trasgressione  politica.  Se  altri 
per  timore,  aveva  emigrato,  veniva  pubblicata  una 
legge  speciale  sull'emigrazione  la  quale  conteneva  ar- 
ticoli severi  per  coloro,  che  senza  speciale  permesso, 
si  erano  allontanati  dagli  IL  RR.  Stati  e  sollecitazioni 
agli  assenti  perchè  avessero  a  rientrare  in  un  dato  pe- 

(1)  Cantu'.  Storia  degli  lUiliani. 


—  i6i  - 
riodo  di  tempo.  E  la  I.  R.  Delegazione  moltiplicava  i 
suoi  editti  intimando  il  rimpatrio  ai  profughi  dottor 
Angelo  Zappelli  fu  Antonio,  Arese  Lucini,  France- 
sco di  Marco,  De  Luigi  Pietro  e  Francesco  Pensa  di 
Francesco. 

Era  da  poco  stata  fondata  da  Mazzini  la  nuova 
Società  della  Giovine  Italia  e  nella  nostra  città  erano 
propagatori  di  essa,  Vitale  Albera  e  Luigi  Tinelli, 
entrambi  già  coinvolti  nei  processi  del  '21.  L'Albera, 
d*instancabile  attività,  amico  di  signori  e  dotti,  di 
popolani  e  buli,  come  dicesi  da  noi,  disposti  a  me- 
nar le  mani,  a  questi  portava  la  parola  e  gli  ordini  di 
quelli,  e  credeva  disporre  di  migliaia  di  braccia. 

Il  Tinelli,  già  profugo  in  Spagna,  rimpatriato, 
attendeva  al  commercio,  specie  alla  fabbrica  di  por- 
cellana a  s.  Cristoforo,  pei  servigi  della  quale  spesso 
doveva  recarsi  all'estero,  particolarmente  in  Francia. 
Costoro  diffondevano  s'intende  clandestinamente, 
tra  noi  il  giornale  della  Giovine  Italia  e  redigevano 
il  Tribuno,  nel  quale  si  discutevano  più  particolar- 
mente le  cose  della  Lombardia,  con  molta  esagera- 
zione e  non  poche  menzogne  ;  e  vi  ebbero  principale 
importanza  l'uccisione  dell'Ercolani,  una  lista  di  spie 
e  il  duello  del  giovine  Carlo  Dembowski  coll'uSS- 
ciale  Grisoni,  avvenuto  nei  primi  di  marzo  a  Gorla, 
presenti  il  conte  Giovanni  Resta,  Massimiliano  Mai- 
noni  ed  Antonio  Belgioioso.  Dopo  l'uccisione  del  Gri- 
soni, le  signore  Milanesi  vollero  scrivere  una  lettera 
di  condoglianza  alla  di  lui  madre  e  fu  incaricato  Ce- 
sare Cantù  di  redigerla  (i),  ma  fu  trovata  troppo  af- 
fettuosa e  se  ne  mandò  una  più  arida.  L'uccisore  esulò 
e  fini  còl  suicidarsi. 

E  malgrado  l'oculatezza  della  polizia,  anche  fra 

(i)  Canto'.  Cronistoria. 

GuMKTTi.  Cronistoria,  11 


—    102  — 

noi  preparavansi  armi  ;  un  certo  Pellegatta  ebbe  com- 
missione per  600  bastoni  con  stocchi  ;  il  negoziante 
Bettoni  fu  interpellato  quanti  fucili  poteva  sommini- 
strare, rispose  che  poteva  fornirne  da  200  a  300  al 
mese  ;  molte  canne  erano  giunte  a  Milano  e  furono 
montate  dalFarmajolo  Ricci  Giovanni.  Tutto  ciò  ri- 
sulta dai  processi  (i). 

E  correva  pure  voce  che  si  disponesse  di  grosse 
somme  :  il  conte  Resta  aveva  dato  40  doppie  di  Ge- 
nova, il  Rosales,  già  citato,  300  mila  lire,  un  Pietro 
Marozzi  di  Pavia  220  napoleoni  d'oro.  Uno  scono- 
sciuto si  era  presentato  al  conte  Cicogna  per  offrirgli 
una  carica,  a  patto  che  abbracciasse  la  buona  causa  : 
il  conte  gli  rispose  che  non  era  ambizioso,  ma  quando 
sarebbe  venuto  il  momento  li  avrebbe  seguiti  con  un 
fucile;  e  gli  consegnò  qualche  somma.  UArchinti 
interrogato  alla  sua  volta  se  volesse  disporre  di  de- 
naro, rispose  che  avrebbe  dato  fino  a  100  mila  lire, 
quando  gli  fosse  presentata  occasione  sicura  di  un 
movimento  italiano,  ma  che  col  presente  orizzonte, 
era  vera  follia  il  lusingarsi,  e  che  ogni  illusione  po- 
teva tornar  funesta  al  nostro  Paese. 

Forse  le  somme  citate  sono  alquanto  esagerate  ed 
il  Cantti  stesso,  dal  quale  come  notammo  prendiamo 
le  notizie,  non  vi  presta  troppa  fede.  Ecco  infatti 
quanto  racconta  lo  storico,  e  Quando  l'Albera  fuggì, 
ebbe  la  fiducia  di  far  consegnare  a  me  la  cassa  dal- 
l'ingegnere Balzaretti  :  essa  consisteva  in  45  lire(!) 

Il  primo  cenno  della  cospirazione  alla  polizia  mi- 
lanese provenne  da  Gaetano  Rolla  di  Vailate,  ca- 
detto nell'esercito  che  comunicò  la  formola  del  giu- 
ramento a  due  preti  di  Turro,  i  quali  si  credettero  in 
dovere  di  palesarla  all'autorità  militare,  quindi  ar- 

(i)  Cantu'.  Cronistoria, 


—  i63  — 
esti,  processi  e  creazione  di  nuove  spie  per  invigilare 
;  riferire. 

Né  si  badava  tanto  pel  sottile  per  la  scelta  di 
queste  in  fatto  di  istruzione,  ed  il  citato  storico  ci  con- 
servò una  lettera  di  certo  Doria,  delatore  patentato 
che  fini  a  Klagenfurt  con  un  sussidio  di  60  lire  al 
mese,  in  cui  dà  notizia  al  nostro  direttore  di  Polizia 
dei  carbonari  di  Piemonte.  Eccola  nel  suo  bel  testo 
ortografico  : 

«  Già  sonno  bari  gurni  che  mi  presse  la  livertà  di 
spedire  all'È.  V.  delle  propossisioni  che  li  credeba  di 
un  qualche  bantaggio,  tendentti  a  ssorprendere  le  ma- 
chinasioni  dei  carvonari  di  Piamonte,  i  quali  anda- 
menti faccio  vigillare  per  il  mio  secrett.  G.  Caval- 
ieri.  3 

E  alle  denunzie  seguirono  arresti  di  persone  Una 
teresa  Kramer  Berrà  in  voce  di  essere  ascritta  alla 
Giovine  Italia  è  arrestata  e  la  polizia  cui  è  affidata 
l'istruzione  del  processo,  scrive  che  guesta  giovine  è 
esaltata  ne'  suoi  principi  politici,  di  modo  che  non  si 
fa  alcun  riguardo  di  mostrare  la  sua  avversione  al 
presente  ordine  di  cose  e  di  desiderare  la  conoscenza 
e  l'amicizia  di  chi  professa  con  entusiasmo  il  moderno 
liberalismo. 

Esaminata  la  Kramer,  ammise  la  conoscenza  del 
Rosales,  riconobbe  un  suo  biglietto  sequestratole,  in 
cui  si  trattava  di  far  passare  soccorsi  ad  un  detenuto 
della  Casa  di  Correzione  (i). 

Altra  perseguitata  fu  la  moglie  del  Tinelli  che  là 
a  s.  Cristoforo  accoglieva  parecchi  mazziniani,  e  pro- 
curava di  stornare  i  sospetti  delle  spie.  E  qui  si  da- 


(i)  Estratti  ufficiali  dei  processi  della  Giovine  Italia, 
nas.  alPArchivio  di  Stato,  citati  da  Raffaello  Barbiera,  pa- 
gina 227  Figure  e  figurine. 


—  id4  — 

vano  la  posta  il  Piazzoli  di  Val  dlntelvi,  il  milanese 
Simonetta  ed  altri. 

E  malgrado  il  vigilare  della  polizia,  amdiemoKt 
signore  congiunivano  in  quel  tempo,  ascritte  alla  so- 
cietà mazziniana,  quali  la  Ruga,  donna  Gara  Cai- 
pani,  sorella  del  cav.  Londonio,  preside  della  nostra 
Accademia  di  belle  arti,  e  distintissimo  pittore  di  pae- 
saggi Riceveva  questa  nelle  sue  sale  il  generale  Gi»i- 
lay,  ma  vi  andavano  anche  i  liberali,  per  ottenere  col 
suo  mezzo  qualche  agevolezza  a  favor  dei  profughi: 
la  Giuditta  Sidoìi,  sorella  a!  cospiratore  Eallerio,  U 
Cristina  Belgioioso,  di  cui  leggemmo  assennati  arti- 
coli nel  foglio  VlialtÉ  (i),  la  Laura  spinola  di  NegK? 
ed  altre, 

E  il  citato  Cantò,  spigolando  per  entro  gli  atb 
processuali  della  polizia,  nota  come  in  quest'anno. 
la  dogana  di  Genova  sul  vapore  Sully,  proveniente 
da  Marsiglia,  perquisiva  un  baule  diretto  a  sua  madre 
dall'avvocato  Mazzini. 

Esso  conteneva  abiti  usati,  ma  nel  doppio  fondo 
si  scopersero  scritti  sovversivi,  parecchie  lettere  ed 
una  istruzione  speciale  pei  congiurati  :  era  a  firma 
Filip|x>  Strozzi.  Le  lettere  erano  commendatizie  per 
Napoli  e  Palermo  ;  altre  dirette  ad  un  fratello,  che  si 
suppone  il  dottor  Ruffini,  l'informavano  aver  cen- 
tralizzate  le  sette  di  Lombardia  e  del  Piemonte  ed  ag- 
giungeva che  la  direzione  in  Napoli  sarebbe  affidata 
al  Marchese  Antonio  Busca,  o  meglio  Bocca,  scrive 
il  Cantù.  E  negli  atti  leggesi  l'inventario  dei  libri, 
delle  carte  e  delle  lettere  che  si  trovarono. 

Un  fattore  dì  casa  Parravicini  di  Albese  è  arre- 
stato alle  porte  di  Milano  con  un  paniere  di  libri  proi^ 


(t)  Scrisse  éì  essa  in  questo  anno  1902  un^erudita  aio* 
nografia  il  cav.  Raffaello  Barbiera.  —  Tip,  Treves. 


-i65- 
Diti  :    egli  sostiene  che  gli  furono  consegnati  da  trn 
zontrabbandiere  sconosciuto  (i). 

K  copiosa  è  la  messe  che  potremmo  continuare  a 
fare  anche  solo  scorrendo  le  pagine  di  questo  libro. 
Qualche  volta  poi  il  troppo  zelo  della  nostra  po- 
lizia la  obbligava  a  disdirsi.  Una  nota  (2)  diretta  dal 
conte  Torresani  alla  Direzione  della  polizia  a  Ve- 
nezia, così  si  esprime  : 

«  Sino  dal  mese  di  agosto  1831  S.  E.  il  conte  Sed- 
Initzki  mi  trasmise  Telenco  a  stampa  dei  decorati  di 
luglio,  che  comprende  gli  individui  i  quali  maggior- 
mente si  distinsero  in  quell'epoca  fatale,  ordinando 
che  venga  disposto  il  rinvio  di  tutti  costoro  qualora 
si  presentassero  al  nostro  confine. 

€  Alcune  considerazioni  e  tra  le  altre  quella  che 
si  trovavano  compresi  in  quell'elenco  anche  il  presi- 
dente del  Consiglio  de'  Ministri  Perìer,  ed  altri  pri- 
mari funzionari  francesi,  mi  determinarono  di  so- 
spendere le  ordinate  disposizioni,  rassegnando  sin 
d'allora  rispettosa  consulta  in  proposito,  che  rimase 
fino  ad  ora  inevasa. 

«  Nella  supposizione  che  anche  codesta  Direzione 
generale  sarà  stata  provveduta  d'un  simile  elenco, 
così  onde  assoggettare  ad  un  conforme  trattamento 
le  persone  suddette,  mi  permetto  di  pregarla  a  vo- 
lermi esser  cortese  di  riscontro  su  ciò  che  venne  da 
codesta  I.  R.  Direzione  disposto  in  argomento.  » 

Nelle  Romagne,  malgrado  gli  inviti  a  tranquillità, 
le  cose  non  camminavano  troppo  liscie.  Le  promesse 
deluse  invelenirono  gli  animi,  si  ripigliarono  le  coc- 


(i)  Cantu'.  Cronistoria. 
(2)  Carte  segrete.  Doc.  431 


—  i66  — 
carde  tricolori  ;  la  guardia  urbana,  che  tenevasi  an- 
cora in  arme  per  tutela  della  pubblica  quiete,  si  fece 
deliberatrice  :  una  deputazione  cittadina  si  recò  a 
Roma  per  chiedere  i  desiderati  miglioramenti  ;  ma 
contrariamente  a  quanto  aspettavasi,  furono  aumen- 
tate le  imposte  ed  ordinato  il  disarmo  delle  Legazioni. 
Alle  guardie  urbcine  si  surrogarono  corpi  di  volon- 
tari, cerniti  alla  peggio,  che  diventarono  tiranni  e  la- 
dri (I). 

Nacque  naturalmente  conflitto  fra  le  guardie  e 
questi  ultimi,  sicché  le  Legazioni  furono  in  sommossa. 
Allora  il  governo  pensò  di  chiamare  gli  austriaci,  che 
per  vero  dire  stavano  tutt'occhi  per  vedere  come  sa- 
rebbero terminate  le  cose.  Fu  scelto  una  nostra  cono- 
scenza, il  generale  di  cavalleria  Radetzki,  il  quale  con 
un  corpo  di  truppe  entrò  in  Bologna.  E'  prezzo  del- 
l'opera notare  il  proclama  che  diresse  a  quegli  abi- 
tanti :  è  datato  da  Milano  ed  era  così  espresso  : 


IL  Bolognesi! 

V.  Abitanti  delle  Legazioni, 

«  Le  II.  RR.  Truppe  sotto  i  miei  ordini,  colFintel- 
ligenza  delle  Alte  Potenze  che  hanno  guarentito  alla 
S.  Sede  Apostolica  la  piena  integrità  de'  suoi  Stati, 
rientrano  ne'  medesimi  a  richiesta  di  sua  Santità,  vo- 
stro legittimo  Sovrano.  S.  M.  l'Imperatore  mio  augu- 
stissimo sovrano  prestando  come  vicino  ed  alleato 
la  protezione  delle  sue  armi  al  Sommo  Pontefice,  non 
ha  altro  scopo  che  quello  del  mantenimento  del  buon 
ordine  e  del  legittimo  potere. 


(i)  Cantu'.  Storia  degli  Italiani. 


—  167  — 
e  L'esperienza  tuttavia  presente  alla  vostra  me- 
moria, Vins^na  quello  che  avete  diritto  di  aspettare 
dalle  truppe  del  mio  sovrano,  cioè,  la  disciplina  la 
più  severa,  il  mantenimento  della  pubblica  tranquil- 
lità e  la  protezione  sicura  a  tutti  quelli  che  presteranno 
obbedienza  ed  il  dovuto  rispetto  alla  legittima  auto- 
rità.   B 

Manco  a  dirlo  il  proclama  fece  il  suo  effetto,  la 
guerra  combattuta,  se  pur  poteva  dirsi  tale,  fu  vitto- 
ria, e  a  noi  che  scriviamo  dei  fatti  di  Milano  non  vale 
certo  la  pena  di  parlarne  :  l'Austria  aveva  otte- 
nuto il  suo  intento,  metter  pace  tra  i  popoli  circonvi- 
cini e  togliere  il  pericolo  che  i  Lombardi  potessero  le- 
varsi in  arme  dopo  la  burrasca  del  1831  :  era  quanto 
desiderava. 


Dunque  la  tranquillità  regnava  su  tutta  la  linea, 
ma  le  società  segrete  continuavano  nel  silenzio  l'o- 
pera loro,  né  per  quanto  vigilate  ed  ostacolal:e  in  ogni 
modo  si  lasciavano  impaurire.  Disseminate  non  solo 
nel  milanese  e  nell'Italia,  si  erano  diffuse  per  tutta  la 
monarchia:  dovunque  trovavano  adepti,  che  sfida- 
vano la  vigilanza  e  il  satellizio  del  governo.  Ne  fu 
prova  la  notizia  di  un  attentato  alla  vita  dell'Arci- 
duca Ferdinando,  il  futuro  erede  al  trono. 

Come  ciò  avvenisse,  gli  è  ancora  un  mistero,  il 
fatto  si  è  che  il  tentativo  avvenne  a  Baden,  e  ai  nostri 
babbi  non  rimase  che  la  consolazione  di  recarsi  nelle 
chiese  designate  a  cantare  solenni  tedeum  per  la  sal- 
vezza dell'imperiale  persona. 

Una  fra  le  chiese  designate,  racconta  il  nostro 
diario,  fu  quella  di  S.  Ambrogio,  dove  intervennero 
le  alte  cariche  governative  ;  e  come  il  splito,  una  re- 


—  i68  — 

beante  iscrizione  stava  sulla  porta  della  chiesa,  ne 
giudichi  il  lettore 


DEO  MAGNO  VINDICI 

PROVIDENTISSIMO  QUOD 

FERDINANDI  PH  DESEDERATISSIMI 

A   PERDUELLI  NEFARIO  PARRICIDA 

SALVUM 

PARENTI   AUGUSTO  DOMINO  NOSTRO 

CUNCTISQUE   AUSTRIACE  DITIONIS  POPULIS 

OB  OPTUm   PRINOPIS  VIRTUTES 

JAMDIU   IN   SPEM   ERECTIS 

PRiESENTI   NUMINE   SUO 

RESTITUERIT 

MEDIOLANENSES   OMNIUM   ORDINUM 

SOLEMNIA   EUCARISTICA   VOTA 

LUBENTES   MERITO  PERSOLVIMUS 

TAMQUE   CARI  CAPITIS   INCOLUMITATE 

IMPERn  ìETERNITATEM 

AUSPICAMUS 

Questa  funzione  fu  a  spese  municipali,  ed  a  ca- 
rico pure  della  nostra  amministrazione  aveva  già 
avuto  luogo  nella  stessa  chiesa  un  solenne  tedeuni 
per  la  prosperità  di  casa  d'Austria,  e  nella  piazza 
d'armi  una  messa  di  campo,  celebrata  dal  cappellano 
del  reggimento,  assistendovi  l'intera  guarnigione. 

Intanto  duravano  le  misure  preventive  per  timore 
dell'invasione  colerica,  la  quale  faceva  di  nuovo  ca- 
polino ;  anzi  se  vogliamo  credere  a  corrispondenze 
da  Vienna,  dicevasi  che  il  morbo  era  realmente  scop- 
piato a  Milano,  ma  il  diario  cittadino  smentiva  reci- 
samente la  notizia,  e  questa  volta  ci  crediamo. 


-  i69- 
A  tenere  però  in  apprensione  il  popolino,  che  dai 
fenomeni    metereologici    argomenta    talora  ai  fatti 
che  devono  avvenire,  accenniamo  alla  famosa  cometa 
di  Biela  apparsa  sullo  scorcio  dell'ottobre. 

Malgrado  questo  però  non  si  tralasciarono  i  di- 
vertimenti Notiamo  l'opera  la  Vendetta  del  maestro 
Pugni  datasi  per  la  prima  volta  alla  Scala  ;  Elena  e 
Malvina  di  Francesco  Schira.  Emma  di  Fondi  del 
dilettante  Pietro  Antonio  De  Moiana  datasi  al  Car- 
cano,  dove  ebbe  pure  luogo  un  dramma,  la  Norma  del 
pubblicista  Regli. 

Al  Re,  oltre  le  recite  della  Marchionni,  vi  attira- 
vano gente  gli  improvvisatori  Bindocci  e  Rosa  Tad- 
dei.  Alle  accademie  della  Società  del  Giardino  bril- 
lavano le  signore  Blasis,  le  sorelle  Brambilla  ed  i  si- 
gnori Cambiagio,  Antoldi  e  Spech.  Le  appendici  del 
diajio  cittadino  sono  piene  di  lodi  per  le  cantanti 
Brambilla,  specie  la  Marietta,  emula  della  Pasta: 
tutti  insomma  concorsero  a  render  gradita  ed  inte- 
ressante la  bellissima  ricreazione 

La  festa  che  attrasse  però  l'attenzione  dei  nostri 
babbi  e  di  cui  si  parlò  per  molto  tempo  nei  crocchi, 
e  nelle  serate  aristocratiche,  e  dal  nostro  popolino,  fu 
quella  data  da  quell'eccentrica  signora,  di  cui  ab- 
biamo già  altre  volte  avuto  occasione  di  parlare,  la 
contessa  Samayloff. 

Non  vogliamo  defraudare  i  nostri  lettori  di  un 
articolone,  che  forma  un  appendice  del  nostro  dia- 
rio cittadino  (i). 

tLa  notte  del  9  maggio  sarà  memorabile  sempre 
nella  grata  ricordanza  di  que'  distinti  milanesi,  che 

(i)  Vedi  Gazzetta  di  Milano  dell'epoca. 


—  170  — 

fino  a  chiaro  giorno  la  protrassero,  vegliando  in  seno 
alla  più  generosa  ospitalità  e  framezzo  alla  più  pura 
gioia,  radunati  in  ampie  e  magnifiche  sale  da  gra- 
zioso invito  di  quella  nobilissima  donna 


«  Che  dai  rimoti  lidi, 
«  Della  gelida  Ne  va 
((  D'Italia  nostra  a  respirar  sen  venne 
«  La  bell'aura  gioconda, 
«  E  sull'amena  sponda 
«  Della  fertile  Olona 

«  Rattenne  i  passi  e  vi  fermò  suo  seggio, 
«  Il  nobile  corteggio 

c(  Delle  Bell'arti  a  se  chiamando  intorno, 
«  Onde  fregiato  e  adorno, 
<(  Di  maraviglia  obbietto, 
«  Va  sopra  gli  altri  il  suo  sublime  Tetto,  n 


«  Il  SUO  palazzo,  da  poco  acquistato,  di  tutta  ma- 
gnificenza e  vaghezza  adomo,  sotto  la  direzione  del 
chiarissimo  pittore  architetto  Sanquirico  si  riaperse  a 
nuovo  splendore  racchiudendo  nel  suo  intemo  tutto 
ciò  che  sono  capaci  di  raccogliere  l'opulenza,  il  ge- 
nio ed  il  buon  gusto.  Spingendo  su  quella  soglia  il 
piede,  stupefatto  lo  sguardo  non  sa  ove  meglio  fer- 
marsi, tali  e  tanti  sono  gli  oggetti  che  arrestano  l'am- 
mirazione, o,  sia  che  guardi  alla  nuova  o  variata  ar- 
chitettura delle  stanze,  modellate  quale  all'etrusa, 
quale  alla  gotica  e  quale  alla  pompeiana;  0  miri 
agli  ornati  ed  alle  pitture  delle  vòlte,  ai  finissimi 
arazzi  :  ai  rabescati  tappeti  :  alle  istoriate  e  lucide 
pareti  ;  ai  larghi  cristalli,  agli  aurei  e  peregrini  ar- 
redi ed  alle  tante  preziose  suppellettili,  non  solo  stra- 
niere, ma  anche  nazionali,  di  cui  è  pur  maestra  Mi- 
lano. E  ricca  e  bella  mostra  ne  fanno  quegli  apparta- 
menti e  i  marmorei  tavolieri.  Ma  le  vaghe  stanze  pren- 
dono maggior  risalto  e  di  maggior  luce  brillano  in 


—  171  — 
quella  lietissima  notte,  illuminate  da  tanti  doppieri 
e  da  tante  fiaccole  appese  alle  pareti  appesi,  e  pen- 
zoloni dalle  alte  volte,  il  cui  sfavillante  bagliore, 
moltiplicandosi  nel  fulgido  oro,  e  nei  limpidi  cri- 
stalli, si  diffonde  per  ogni  intorno,  pareggiando  la 
luce  del  sereno  meriggio. 

«Giunto  intanto  l'ora  del  convegno,  arrivavano 
da  ogni  parte  della  città  alla  parte  dell'illuminato 
palazzo,  numerose  e  sfolgoranti  carrozze,  gravi  di 
vaghe  signore  e  di  eleganti  cavalieri  ;   e  su  per  le 
ampie  scale,  sui  ricchi  e  variopinti  tappeti  coprivano 
i  gradini,  e  scelti  vasi  di  mille  olezzanti  fiori  face- 
vano graziosa  e  brillante  spalliera,  vedevansi  salire 
a  stuolo  a  stuolo  i  numerosi  invitati,  che,  recandosi 
prima  di  tutto  ad  ossequiare  la  regina  della  festa,  ve- 
nivano tutti  da  lei  accolti  con  quell'aria  di  urbanità 
e  di  gentilezza,  che  vieppiù  rialzano  il  lustro  di  sua 
nobiltà  e  la  rendono  così  amabile  e  cara.  Una  scelta 
musica  invitò  alle  danze  ;  e  le  dame  e  i  cavalieri  ani- 
mosi e  lieti  entrarono  tosto  nell'ambito  arringo,  e 
allora  fu  che  i  vezzi  e  le  attrattive  di  tante  leggiadre 
forme,  non  che  lo  sfarzo  degli  abbigliamenti  si  mo- 
strarono in  tutta  la  loro  pompa. 

«Ma  l'eletta  e  folta  schiera  degli  invitati  abban- 
donandosi al  solazzo  ed  alla  gioia,  non  dimenticava 
mai  di  rendere  onore  alla  datrice  della  festa  Che 
tratto  tratto  vedevi  cento  pupille  rivolgersi  verso  di 
lei,  e  colla  muta  eloquenza  degli  sguardi,  ripeterle 
cento  volte  l'espressione  della  riconoscenza  per  tante 
largite  gentilezze  e  cortesie.  » 

Qui  dopo  aver  detto  che  anche  le  belle  arti  nel 
loro  muto  linguaggio  plaudivano  alla  nobile^  dama, 
conchiude  che  la  divina  arte  del  canto  pure,  «emù- 


ji    ^mui.^ii 


1 


—  172  — 
landò  le  altre  sorelle,  si  presentava  alla  Diva  della 
festa,  e  sull'eburnea  cetra  volar  facea  quesf  Inno: 

«  D'un  sì  bel  dì  festevole 
A  parte  vengo  anch'io 
E  come  l'estro  ispirami 
Intona  il  labbro  mio 
Sull'auree  corde  armoniche 
Un  inno  alla  beltà. 
E'  la  beltà  del  Cielo 
Un  raggio  che  innamora 
Colla  sua  man  benefica 
Di  rose  e  gigli  infiora 
I  dì  che  passan  rapidi 
Della  fuggente  età. 

O  tu  cui  la  freschissima 
Aura  di  primavera 
Sul  tuo  bel  volto  ingenuo 
Aleggia  lusinghiera' 
Or  che  sorride  amabile 
Di  tua  bellezza  il  fior. 

Accogli  il  puro  omaggio 
Che  in  così  lieto  giorno 
Tutti  con  me  ti  rendono 
Raccolti  a  te  d'intorno 
Tutti  con  me  ti  giurano 
Riconoscenza  e  amor.  )> 

«A  rinfrescare  gli  aneliti  e  i  sudori  e  ad  accrescere 
lena  alle  membra,  da  tutti  i  lati  venivano  senza  tre- 
gua e  risparmio,  raccolti  in  neve  o  in  gelati:  la  fra- 
gola primaticcia,  il  salutare  limone,  il  molle  latte  e 
il  fumante  caffè.  Chi  poi  appettiva  a  più  solido  cibo 
siedeasi  a  libero  desco  e  de'  più  squisiti  sapori  bea- 
vasi  il  palato,  mescendo  il  nettare  coll'ambrosia 
<r  Così  la  festa  venne  nel  gaudio  e  in  un  decoroso 
•  tripudio  prolungata  con  uguale  ardore  fino  a  chiaro 
giorno  ;  e  dentro  a  quelle  incantatrici  stanze  ci  avreb- 
be il  sole  sorpresi  pur  anche,  se  una  saggia  modera- 
zione nei  piaceri  non  fosse  venuto  a  congedar  la  bella 


-  173  — 
e  folta  comitiva,  la  quale  dileguandosi  in  allora  e 
scomparendo  portava  tuttavia  seco  indelebilmente 
scolpiti  nell'animo  verso  così  gentile  e  graziosa  si- 
gnora i  sensi  di  gratitudine  e  riconoscenza,  dei  quali 
io  ho  Tonore  di  farmi  interprete  ». 

Chi  desiderasse  conoscere  l'autore  di  tal  mirabo- 
lante cuticolo  è  il  noto  Biorci,  che,  non  contento  di 
questa  recensione,  dice  in  una  nota,  che  a  suo  tempo 
descriverà  partitamente  lo  splendido  palazzo  Samay- 
loff. 

Per  la  storia  aggiungiamo  che  le  sue  sale  furono, 
dopo  la  festa  suddetta,  aperte  al  pubblico  per  ben 
tre  giorni  e  durante  questo  tempo  era  grande  con- 
corso di  gente  (i). 

E  in  questo  anno  dobbiamo  pur  segnalare  diversi 
provvedimenti  edilizi  e  costruzioni  di  pubblica  utilità. 

Abbiamo  detto  più  sopra  come  la  nostra  piazza 
del  duomo  fosse  fino  ad  ora  ingombra  di  trabacche 
d'ogni  sorta  che  facevano  il  paio  col  famoso  coperto 
de'  Figini  ;  ebbene  un  ordinanza  della  nostra  Rap- 
presentanza Comunale,  ingiunge  che  parecchie  di 
esse,  forse  le  piti  mostruose,  abbiano  a  levarsi,  affin- 
chè la  circolazione  sia  più  libereu 

(i)  Sembra  che  questa  festa,  data  in  un  modo  cosi  spet- 
tacoloso, sia  stata  l'ultima,  perchè  o  vuoi  per  l'eccentricità 
della  contessa,  o  per  le  sue  matte  spese,  essa  venne  dai  tri- 
bunali di  Pietroburgo  dichiarata  interdetta,  e  ad  amministra- 
tore della  sua  sostanza  fu  nominata  la  banca  Balabio  e 
Besana,  notissima  a  quei  tempi  nella  nostra  città.  Infatti 
leggiamo  nell'anno  seguente  un  avviso  nella  Gazzetta  uf- 
ficiale, in  cui  i  signori  Balabio  e  Besana,  richiamandosi  ad 
un  decreto  dello  Czar  del  27  novembre  di  quest'anno  circa 
l'interdizione  della  contessa  Samoyloff,  affermano  che  la 
suddetta  non  ha  più  facoltà  di  contrarre  alcun  intfegno  pe- 
cuniario,  né  di  emettere  alcun  titolo  obbligatorio. 


—  174  — 

A  decorare  il  maggior  corso  che  conduceva  alFat- 
tuale  porta  Venezia  e  che  allora  chiamavasi  Corso 
Francesco  in  onore  del  monarca,  pensarono  i  ricdiis- 
simi  fratelli  De  Cristoforis,  progettando  l'apertura 
di  una  gran  galleria  coperta  in  vetri,  dove  sorgevano 
un  albergo,  un  caffè,  un  teatro  meccanico,  botteghe 
ed  appartamenti  grandi  e  piccoli  :  e  l'architetto  An- 
gelo Pizzala  presentava  appunto  opportuno  disegno  ; 
dava  mano  all'esecuzione  e  la  contrada  di  vetro  sorse 
meraviglia  dei  milanesi,  e  rimase  tale  fin  che  non 
venne  eclissata  da  quella  intitolata  al  nostro  Re  ga- 
lantuomo. 

La  galleria  Decristoforis  solleticò  pure  l'estro 
poetico  di  parecchi,  e  lungo  sarebbe  il  narrare  le  di- 
verse produzioni,  che  si  stamparono  in  proposito; 
basti  dire  che  l'improvvisatrice  cui  abbiamo  accen- 
nato, la  Rosa  Taddei,  s'interessò  anch'essa  di  tale 
costruzione.  Il  tema  era  : 

Un  milanese  del  1500  alla  Galleria  De  Cristofo- 
ris, Ecco  i  versi  declamati  al  nostro  vecchio  teatro  Re 


Dal  lungo  ferreo  sonno 
Risorge  un  milanese, 
E  al  suo  gentil  paese 
Tosto  rivolge  il  cor. 

Tornar  egli  vorrebbe 
Ai  suoi  costumi  antichi  ; 
Ei  li  ricerca  invan. 

Bella  Milan  fu  sempre, 
Ma  par  che  acquisti  ognora, 
E  chi  la  vide  allora 
Egual  sembrar  non  può 

Ma  seguiam  lo  spirito 
Nel  lungo  suo  cammino, 
A  lui  sempre  vicino 
Udrò  quel  che  sa  dir..,. 


ki 


-  175  — 

Non  riconosco  affatto 
Il  mio  gentil  paese  ; 
Sol  nel  trattar  cortese 
Sempre  l'eguale  egli  è.... 

Così  vedessi  un  giorno 
Nel  portico  d'Atene, 
Se  dirlo  pur  conviene 
La  turba  a  passeggiar.... 

Giunto  al  confin  del  portico, 
Quel  uom  del  tempio  vecchio 
Vede  grazioso  specchio 
Se  stesso  replicar.... 

E  sia  detto  per  incidenza,  la  Rosa  Taddei  sba- 
lordiva addirittura  colle  sue  composizioni  improvvi- 
sate, talora  anche  obbligato  ad  un  ritornello  di  due 
o  più  versi.  Se  la  Stael  avesse  udito  questa  poetessa 
prima  di  scrivere  la  Corinna  forse  avrebbe  aggiunto 
una  pagina  di  più  nel  suo  lavoro  in  favore  deiritalia. 
Il  citato  Biorci  scrisse  più  tardi  sullo  stesso  sog- 
getto un  poema  in  ottava  rima  di  85  ottave.  Permetta 
il  lettore  che  citiamo  le  ultime  due. 

Giunto  il  poeta  vicino  al  caffè  che  sorgeva  nel 
centro  della  galleria,  dove  si  trovano  i  quattro  spec- 
chi, ecco  come  si  esprime  : 

Veggo  nei  tersi  sfolgoranti  specchi, 
Onde  coperte  son  quell'alte  mura. 
Femmine  vane  e  ambiziosi  vecchi 
Soffermarsi  con  aria  di  paura; 
E  sbirciando  gli  sguardi  di  sottecchi, 
Mirar  degli  anni  la  fatai  jattura; 
£  con  l'accorta  man  tentano  indarno 
Coprir  le  guance  crespe  e  il  petto  scarno. 

E  quei  che  dell'età  si  vede  asceso, 
Senz'accorgersi  al  colmo,  incerto  il  ciglio 
Arresta,  e  all'aria  lo  diresti  inteso 
Dal  fido  vetro  a  chiedere  consiglio. 


—  176  — 

Mira  un  fiocco  di  neve  al  crin  disceso 
E  svanir  delle  rose  il  bel  vermiglio.... 
Ahimè  si  turba  e  guatai...  Il  fido  speglio 
Par  che  dica  :  Amico,  omai  sei  veglio. 

Il  direttore  del  diario  cittadino,  per  quanto  amico 
dell'autore  non  potè  a  meno  di  chiudere  la  recensione 
con  queste  parole  :  Forse  dovremmo  consigliare  FA 
a  limare  con  maggior  attenzione  i  suoi  scritti,  ricor- 
dandogli che  appena  appena  chi  ha  Tobbligo  di  scri- 
vere sollecitamente,  è  scusato  di  qualche  trascura- 
tezza. 

Si  aggiunga,  che  venne  compiuta  la  barriera  di 
porta  Orientale,  ora  Venezia  ;  si  restaurò  interna- 
mente la  chiesa  di  S.  Stefano,  mentre  Tarchitetto  Giu- 
seppe Tazzini  dirigeva  la  fabbrica  della  nuova  fac- 
ciata di  quella  di  S.  Antonio.  Alla  fonderia  Manfre- 
dini  si  gittava  in  bronzo  un  cavallo  modellato  in 
gesso  dallo  scultore  Sangiorgio,  il  quale  doveva  ser- 
vire con  altri  per  decorare  VArco  della  pace  (i).  In- 
tanto dal  Lago  Maggiore  pel  nostro  Naviglio  Gran- 
de, arrivava  il  marmo  che  doveva  servire  per  la  sta- 
tua di  S.  Ambrogio  da  collocarsi  nella  nicchia  della 
torre  dell'orologio  in  piazza  Mercanti  ;  ed  i  buoni 
milanesi  speravano  vederla  terminata  per  la  sua  fe- 
sta^ sempre  popolare  per  la  fiera  che  aveva  luogo  nelle 
domeniche  di  avvento,  la  quale  allora  come  sapranno 
chi  conta  i  carnevali  che  noi  abbiamo  sulle  spalle, 
si  faceva  in  piazza  Mercanti  (2). 


(i)  Questi  cavalli  in  gesso,  sono  ancora  conservati  nella 
nostra  Pinacoteca. 

(2)  Dicesi  che  in  quest'anno  l'ingegnere  Gaetano  Brey 
illuminasse  la  propria  casa  (via  Monte  5555)  atrio,  porti- 
neria, botteghe,  scala  con  un  gas  prodotto  da  una  piccola 
macchina  di  sua  invenzione. 

(COMANDINI.  Lltalia  nei  cento  anni  voi.  II  fase.  31). 


—  177  — 
Anche  la  vita  intellettuale  ed  artistica  ha  qual- 
:he  risveglio.  Il  nostro  storico  Cesare  Cantù,  è  pro- 
nosso  dal  Ginnasio  di  Como  a  quello  di  S.  Ales- 
sandro (Beccaria)  a  Milano.  I  suoi  Ragionamenti 
sulla  storia  del  secolo  XVII,  che  servono  ad  illustra- 
zione dei  Promessi  Sposi,  erano  pubblicati  per  la 
prima  volta  nelllndicatore  Lombardo  (i). 

E'  pubblicata  pure  un'importantissima  relazione 
di  viaggio  per  V esplorazione  del  corso  e  delle  foci 
del  Niger. 

I  quadri  dell'Azeglio  destano  rumori,  e  se  ne 
parla  assai  favorevolmente  nei  periodici  letterari  e 
nel  nostro  diario  cittadino.  Il  pittore  Londonio  è  no- 
minato presidente  deiri.  R.  Accademia  di  belle  Arti, 
posto  occupato  provvisoriamente  dal  prof.  Giocondo 
Albertolli. 

Fra  gli  almanacchi  pel  nuovo  anno,  oltre  la  pas- 
seggiata deirUomo  di  Pietra  nella  Galleria  De  Cri- 
sto foris,  edito  dal  Canadelli  e  il  Non  ti  scordar  di  me, 
del  Vallardi,  notiamo  del  Canadelli  stesso,  la  gal- 
leria teatrale  d'Italia.  Il  buon  capo  d!anno  pei 
fanciulli  ed  il  'Novelliere  francese,  degli  editori  de- 
gli annali  universali  ;  le  Glorie  delle  belle  Arti  e 
Amore  e  viaggi  del  Vallardi,  quindi  una  Serata  di 
Carnevale  dell'Artaria,  che  è  una  raccolta  di  balla- 
bili per  pianoforte. 

Una  innovazione  molto  utile,  a  cui  dobbiamo  ac- 
cennare, e  che  fu  origine  di  molte  consimili,  che  ve- 
diamo fiorire  anche  al  presente,  fu  l'idea,  che  le  visite 
di  etichetta  o  di  convenienza,  compiute  per  solito  sullo 
scorcio  dell'anno,  potessero  esser  fonte  di  provviden- 
ziali benemerenze.  A  tale  scopo  si  decise  che  a  queste 

(i)  Fascicolo  XXXIII. 

Ounc:tti    CrontstQria-  la 


—  178  — 

visite  si  surrogassero  offerte  in  denaro,  le  quali  dove- 
vano consegnarsi  alla  nostra  cassa  di  rispannio,  e  si 
convenne  che  tali  offerte  non  dovessero  essere  da 
meno  di  un  -fiorino,  moneta  allora  in  corso.  La  bene- 
ficenza mai  non  mancò  nella  nostra  città,  e  forsanche 
per  alcuni  il  piacere  ii  veder  pubblicato  il  proprio 
nome  nel  diario  cittadino,  spronava  ad  offrire,  ed  il 
foglio  di  quell'ultimo  mese  di  dicembre  ha  una  pa- 
gina di  nomi  benemeriti.  Tali  somme  poi  erano  de- 
volute ad  istituti  di  beneficenza,  secondo  quanto  de- 
cidevasi  da  chi  doveva  sorvegliare  Terogazione. 

Il  necrologio  di  quest'anno  oltre  le  famiglie  prin- 
cipesche, ha  nomi  di  personaggi,  molti  dei  quali  sono 
una  vera  gloria  italiana. 

Tra  le  famiglie  sovrane  notiamo  :  l'Arcidudiessa 
Maria  Anna  Carolina,  granduchessa  di  Toscana; 
S.  M.  Maria  Teresa  regina,  vedova  di  Sardegna;  1  ar- 
ciduchessa Carolina,  moglie  di  Federico  Augusto,  re 
di  Sassonia  ;  S.  A.  Francesco  Carlo,  duca  di  Reich; 
stadt  e  S.  A.  Amalia  Federica,  vedova,  margravia  di 
Baden. 

Fra  i  decessi  cittadini,  il  conte  ALBERTO  LlTTA. 
consigliere  e  ciambellano  di  S.  M.  Aveva  studiato 
nel  Collegio  dementino  di  Roma  e  compiuto  il  ti- 
rocinio scolastico  nella  Università  di  Pavia,  dove  fu 
pure  laureato. 

A  26  anni  fu  nominato  sotto  intendente,  ed  in  ap- 
presso intendente  politico  della  provincia  milanese. 
dal  qual  grado  passò  alla  direzione  della  Camera  dei 
conti,  e  quindi  a  consultore  legale  presso  il  Governo 
lombardo.  Rettitudine  di  mente  e  di  cuore,  avvedo 
tezza,  prudenza,  efficacia  nel  prevenire,  consigliare, 
operare,  gli  procacciarono  il  titolo  di  buon  cittadino 


—  179  — 
e  di  ottimo  magistrato.  Sopravvenuti  i  mutamenti  ed 
i  trambusti  politici,  dopo  aver  per  parecchio  tempo 
emigrato,  si  ritirò  a  vita  privata. 

Nel  1814  ebbe  posto  nella  reggenza  provvisoria 
di  Lombardia,  e  fu  trascelto  a  prestare  il  giuramento 
di  fedeltà,  a  nome  dei  concittadini,  a  S.  M.  Timpera- 
tore  ;  collocato  a  capo  del  Municipio,  si  dimise  presto 
per  la  malferma  salute. 

Nutrito  di  buoni  studi,  era  desiderato  nelle  adu- 
nanze, e  carissimo  nel  breve  circolo  degli  amici  e  della 
famiglia  ;  elegante  senza  fasto,  splendido  senza  pro- 
fusione, lasciò  prova  di  questo  nella  sua  villa  di  Ve- 
dano. Quanto  egli  fosse  benefico  lo  conobbero  gli 
amici  che  a  lui  ricorsero  non  invano.  Sopportò  con  ras- 
segnazione una  malattia,  che  lo  travagliò  per  ben  sette 
anni.  Morì  a  73  anni. 

Angelo  de  Cesaris,  cavaliere  di  II  classe  del- 
l'Ordine Austriaco  della  Corona  di  ferro,  e  primo 
astronomo  dell'I.  R.  Osservatorio  di  Milano. 

Nella  pubblica  carriera  di  tanti  anni  seppe  meri- 
tarsi collo  zelo  e  coll'assiduità  la  soddisfazione  dei 
superiori  e  la  stima  dei  cittadini. 

Le  effemeridi  astronomiche  di  MiianOy  che  da 
molti  anni  compilava,  le  memorie  della  società  ita- 
liana e  quelle  dell'I.  R.  Istituto,  contengono  molte 
sue  dissertazioni  importantissime.  Moriva  nell'Apri- 
le (18)  a  82  anni. 

Mons.  Girolamo  Litta  fu  canonico  della  nostra 
metropolitana  e  cavaliere  g,erosol imitano.  Educato  nel 
Collegio  dementino  romano,  si  laureò  a  Pavia.  Con- 
sacrato sacerdote,  visse  coll'animo  di  continuo  rivolto 
al  cielo  ;  ne  lo  splendore  dei  natali,  né  la  dignità 
del  casato,  ne  gli  agi  delle  dovizie,  ne  le  speranze,  né 
le  lusinghe  e  le  adulazioni  lo  tolsero  dai  doveri  del 
ministero.  Umile  di  se  medesimo,  mal  sopportava  ogni 


-  i8o  — 
parola  di  elogio  che  a  lui  si  riferisse  ;  il  portamento 
dignitoso  e  la  coltura  dei  modi  lo  scoprivano  quel 
gentiluomo  che  era.  Aveva  corso  gran  parte  dell'Eu- 
ropa e  visitata  accuratamente  l'Italia.  Benefico,  non 
negò  mai  il  soccorso  al  povero  e  sopportò  con  cri- 
stiana rassegnazione  una  lunga  infermità.  Moriva  a 
72  anni. 

Luigi  Castiglioni,  nacque  in  Milano  il  3  otto- 
bre 1757.  Ebbe  la  sua  educazione  nel  Collegio  dei  no 
bili,  allora  diretto  dai  P.P.  Barnabiti.  Compiuti  gli 
studi  filosofici  e  sentendosi  inclinato  alla  storia  natu- 
rale, particolarmente  alla  botanica,  attese  allo  studio 
di  tale  scienza.  Nel  1779  fu  decorato  della  croce  di 
S.  Stefano  di  Toscana,  più  tardi  visitò  la  Francia  e 
ringhilterra,  passò  a  Londra  Tinvemo  del  1783,  fu 
quindi  in  America,  sempre  occupandosi  della  flora  di 
quei  luoghi  ;  visitò  pure  la  Spagna,  ritornò  a  Milano, 
e  fin  dove  fu  possibile,  procurò  di  attuare  quelle  idee 
che  gli  erano  venute  in  animo,  mentre  viaggiava  Fu 
pure  studioso  di  numismatica  e  la  sua  ricchissima  rac- 
colta di  monete  lombarde,  incomincia  dagli  impera- 
tori d'Oriente  del  secolo  IV,  e  va  fino  a  Francesco  I 
d'Austria  ;  una  rara  appendice  a  questa  raccolta 
fanno  le  monete  dei  Medici,  dei  Mandelli,  dei  Rusca 
e  dei  Trivulzi.  Tutto  fu  lasciato  alla  Biblioteca  Am- 
brosiana. 

Distratto  da*  suoi  studi  nel  1796  ritornò  a  Milaiw 
per  mediazione  di  parecchi  suoi  amici  e  venne  eletto 
membro  del  consiglio  di  sanità;  nel  1807  fu  noroi 
nato  direttore  della  stamperia  reale,  e  presidente  del- 
l'accademia di  belle  arti,  quindi  senatore,  conte,  ca- 
valiere della  corona  di  ferro,  e  ciambellano  di  S.  M. 

Affezionatissimo  alla  famiglia,  esercitò  larga- 
mente la  beneficenza  ;  nemico  dello  sfarzo,  Icisciò  che 
1  suoi  funerali  fossero  assai  modesti,  e  che  una  gran 


~  i8i  — 

parte  del  denaro  fosse  distribuito  fra  i  suoi  ccntadini. 
Mori  neiraprile  a  75  anni. 

Giovanni  Battista  Paletta,  nacque  in  Montecre- 
tese  su  quel  di  Domodossola,  fece  il  corso  dei  primi 
studi  nelle  scuole  di  Neiistadt,  quindi  tornato  in  Ita- 
lia fu  studente  di  chirurgia  nel  collegio  convitto  dei 
chirurghi,  esistente  nello  stesso  locale  dello  spedale 
di  Milano. 

Quivi,  dietro  la  guida  dei  maestri  Moscati  e  Pa- 
trini,  apprese  la  difficile  arte  ed  incominciò  la  sua 
fama.  Fu  per  ben  50  apni  impiegato  nell'ospedale  e 
si  spense  nella  tarda  età  di  86  anni. 

L'elenco  solo  delle  moltissime  opere  da  lui  date 
in  luce,  forma  già  per  sé  uno  stupendo  encomio  della 
laboriosissima  sua  vita. 

Instancabile  osservatore  e  profondo -conoscitore 
delle  umane  vicende,  nulla  curavasi  de'  suoi  abiti  me- 
schini, nulla  del  suo  vivere,  nulla  delle  sue  ricchezze, 
nulla  degli  onori  che  gli  si  prodigavano.  Dicesi  che 
in  fronte  al  suo  testamento  egli  avesse  scritto  :  Non 
habenius  hic  permanentem  civitatem.sed  futuramqua- 
nmus.  Era  cavaliere  della  corona  di  ferro,  membro  di 
parecchie  accademie,  professore  di  anatomia  e  chi- 
rurgo in  capo  del  nostro  spedale.  Prestò  efficacissima 
opera  alla  corte  del  Viceré. 

Il  Conte  Barnaba  Oriani.  Nacque  il  luglio  (17) 
del  1752  nel  paese  di  Garegnano,  vicino  alla  nostra 
città,  da  poveri  contadini.  Fu  collocato  presso  un  mu- 
ratore per  apprendervi  l'arte,  ma  alcuni  certosini  (i), 
colpiti  dalla  costui  intelligenza,  lo  accolsero  nel  loro 
convento  e  dopo  avergli  insegnati  i  primi  elementi,  lo 
mandarono  a  Milano  perché  continuasse  gli  studi 

(i)  E*  risaputo  che  il  paese  di  Garegnano  fu  già  sede  di 
un  convento  di  tale  ordine,  la  chiesa  sussiste  tuttora,  e  vi 
si  ammirano  celebrati  affreschi  di  Daniele  Crespi. 


—    l82    — 

presso  i  padri  barnabiti.  Egli  aveva  fatto  assai  pro- 
gressi nelle  scienze  esatte,  specie  neirastronomia  ed  in 
tale  qualità  era  entrato  come  apprendista  all'osser- 
vatorio di  Brera,  dove  ebbe  per  maestri  Reggio  e  De 
Cesaris.  Due  anni  più  tardi  fu  dichiarato  astronomo 
e  come  tale  nel  1778  coadiuvò  alla  pubblicazione 
delle  effemeridi  ;  conobbe  più  tardi  l'Herschel  ed 
ebbe  con  questi  una  lunga  corrispondenza. 

Dopo  la  vittoria  di  Marengo  fu  incaricato  di  n- 
organizzare  le  università  di  Pavia  e  di  Bologna  e  fu 
presidente  della  Commissione  per  regolare  il  sistema 
dei  pesi  e  delle  misure;  collaborò  coirastronomo 
Piazzi  alla  illustrazione  del  pianeta  Cerere  da  questi 
scoperto.  Ebbe  da  Napoleone  I  la  direzione  dell'os- 
servatorio di  Milano,  fu  creato  conte,  senatore  ed  in- 
signito dell'ordine  della  corona  di  ferro  e  della  le- 
gion  d'onore.  Per  non  abbandonare  i  suoi  studi  favo- 
riti, rifiutò  il  vescovado  di  Vigevano,  e  più  tardi  an 
che  il  portafogli  della  pubblica  istruzione. 

Il  governo  austriaco  rese  giustizia  al  merito  emi- 
nente di  Oriani,  lasciandolo  fino  alla  sua  morte  di 
rettore  dell'osservatorio,  nel  qual  tempo  ebbe  parte 
alla  compilazione  della  gran  carta  d'Italia,  comin- 
ciata sotto  il  governo  francese.  Molti  de'  suoi  scritti 
sono  pubblicati  nelle  citate  Effemeridi  (1778-1831)^ 
quelle  dissertazioni  si  distinguono  tutte  pel  metodo 
rigoroso  con  cui  sono  trattate.  Oriani  apparteneva 
come  corrispondente  estero  alla  Società  reale  di  Lon- 
dra ed  all'Accademia  di  Berlino. 

Morì  nel  novembre  ed  il  suo  patrimonio  fu  in  gran 
parte,  secondo  le  sue  ultime  volontà,  distribuito  m 
beneficenza.  Cento  mila  lire  ebbe  la  nostra  Biblioteca 
Ambrosiana,  e  vistosi  legati  l'orfanotrofio  maschile  e 
l'ospedale  maggiore. 


L 


J 


1838. 
CAPITOLO   IX 


a  Giovine  Italia.  —  Inquisizioni  ed  arresti.  —  Sicurezza 
pubblica.  —  Giudizio  statario.  —  Dimostrazioni  abor- 
tite. —  Misure  repressive.  —  Cesare  Cantù.  —  Ancora 
il  principe  ereditario.  —  Feste  civili  e  religiose.  —  Il 
ballo  pubblico  nella  galleria  De-Cristoforis.  —  Istitu- 
zione del  Collegio  delle  Dame  inglesi.  —  Istruzione.  — 
Arti  e  lettere.  —  Il  pittore  Victor.  —  Necrologio. 

Il  genovese  Mazzini  aveva  lanciato  agli  italiani 
l'invito  per  una  nuova  riscossa,  fondando  la  società 
della  Giovine  Italia  ;  ben  presto  l'Austria  fiutò  in  essa 
una  nuova  setta  con  intendimenti  non  dissimili  da 
quella  dei  carbonari  e  di  cento  altre,  che  pullulavano 
in  Italia  e  fuori,  quindi  inutile  dire,  che  anche  contro 
di  lei  si  diressero  gli  strali  polizieschi. 

E  verso  la  metà  di  quest'anno  una  nota  governa- 
tiva agli  ascritti  alla  Giovine  Italia,  commina  le  stesse 
pene  della  setta  dei  Carbonari,  dichiareuidoli  rei  di 
alto  tradimento,  ordina  a  chi  li  conosce  di  svelarne  i 
niembri,  denunziarne  i  progressi,  assicurando  l'impu- 
nità ed  il  segreto  ai  delatori. 

Ecco  la  nota  del  Conte  di  Spaur  (i),  diretta  all'I. 
R.  Governo  di  Venezia  in  data  del  5  agosto. 

(i)  C.  Cantìi  lo  chiama  buon  uomo,  ma  inetto.  Croni- 
storia. 


f.Quando  la  setta  dei  Carbonari,  dodici  anni  sono, 
minacciava  la  rovina  di  ogni  ordine  civile  degli  Stati 
italiani,  S.  M.  I.  R.  A.,  all'oggetto  di  premunire  i  suoi 
sudditi  contro  le  perniciose  dottrine  e  la  seduzione  di 
quella  setta,  ne  fece  colla  Notificazione  29  agosto  1820 
pubblicamente  conoscere  le  mire  tanto  criminose, 
quanto  pericolose  per  lo  Stato,  onde  le  persone  ine- 
sperte e  leggiere  alle  quali  i  capi  della  setta  sapevano 
destramente  occultarle,  ne  fossero  informate  e  quindi 
trattenute  dal  prender  parte  alla  setta. 

fOra  la  stessa  paterna  sovrana  sollecitudine  de- 
terminò di  ordinare  una  simile  disposizione  anche  per 
riguardo  all'associazione  denominata  la  Giovine  li<^- 
lia,  formatasi  in  mezzo  alle  vicende  di  questi  ultimi 
tempi,  la  quale  non  meno  pericolosa,  spiega  anzi  una 
iniquità  più  grande  ancora  di  quella  della  setta  dei 
Carbonari. 

«  Lo  scopo  di  questa  società  è  il  rovesciamento  de- 
gli attuali  governi  e  di  tutto  l'ordine  civile. 

«  I  mezzi  che  adopera  sono  la  seduzione,  e  persino 
l'assassinio  decretato  dai  capi  occulti  a  forma  degli 
antichi  tribunali  segreti. 

e  Siccome  da  ciò  ne  consegue  che  chiunque,  cono- 
scendo quelle  mire  di  alto  tradimento  siasi  non  ostante 
aggregato  alla  società  della  Giovine  Italiay  a  tenore 
del  $  52  del  Codice  dei  delitti  si  è  fatto  reo  del  delitto 
di  alto  tradimento,  e  che  a  tenore  dei  $  54  e  55  dello 
stesso  Codice,  si  rende  complice  di  tale  delitto  ed  in- 
corre nella  pena  inflitta  dalla  legge  anche  a  chi, 
avendo  già  conoscenza  di  tali  mire  della  setta,  non  ne 
abbia  impedito  i  progressi,  od  abbia  omesso  di  sve- 
larne i  membri,  così  dal  giorno  della  pubblicazione 
della  presente  notificazione  nessuno  potrà  più  scu- 
sarsi col  pretesto  di  non  aver  conosciuto  lo  scopo  pre- 
ciso della  società  della  Giovine  Italia, 


-  i85  - 
€  Però  chi  d'ora  in  avanti  entra  nella  predetta  So- 
cietà, o  che  omette  di  impedire  i  progressi  della  mede- 
sima, od  anche  di  denunziarne  i  membri,  sarà  punito 
a  norma  dei  $  52,  53,  54  e  55  del  Codice  stesso. 

«E'  applicabile  alla  Società  della  Giovine  Italia 
anche  il  $  56  del  Codice  stesso,  che  riguarda  i  casi  nei 
quali  viene  ai  delatori  assicurata  piena  impunità  e  il 
segreto  del  nome,  siccome  è  dichiarato  nel  $  stesso  (i). 
In  Milano,  a  dir  vero,  non  vi  era  propriamente  una 
società  segreta  :  se  a  taluno  fosse  venuto  in  mente  di 
stabilirla,  scrive  Cesare  Cantù,  il  governo  in  meno  di 
un  mese  avrebbe  potuto  scoprirla.  Vi  era  però  un'edu- 
cazione che  datava  da  molto  tempo,  e  che  si  poteva 
dire  un'ispirazione  di  Romagnosi,  la  quale  tendeva 
ad  insinuar^  negli  animi,  l'amore  della  patria  con- 
giunto all'odio  contro  gli  stranieri.  Tutta  quella  gio- 
ventù che  attingeva  a  questi  principi,  formava  per 
cosi  dire,  la  forza  morale  di  un  partito  che,  data  una 
occasione,  si  sarebbe  riunito  ed  avrebbe  anche  agito 
senza  bisogno  di  essere  creato. 

Quest'anno  però  cogli  arresti  dell'agosto  fu  nomi- 
nata una  Commissione  speciale  come  nel  1821.  E 
anima  dei  nuovi  processi  era  Paride  Zaiotti  trentino. 
Fungevano  da  assessori  due  giovinetti,  Corvi  e  Mo- 
roni  ;  attuario  un  Giuseppe  Pecchio,  che  fu  poi  arre- 
stato perchè  avvertì  l'avvocato  Pompeo  Ferrari  di  fug- 
gire in  tempo,  diversamente  la  polizia  l'avrebbe  ac- 
ciuffato. 

Fra  gli  arrestati  notiamo  pure  lo  studente  Fedele 
Bono,  che  alla  sua  volta  propalò  nomi  e  fece  mettere 
le  mani  addosso  ad  altri  ;  un  prete  comasco,  Tom- 
maso Bianchi,  che  poco  mancò  non  compromettesse 
seriamente  anche  il  Cantù,  avendo  asserito  d'averlo 

(i)  Carte  segrete,  Doc.  354. 


—  i86  — 
incontrato  a  Ginevra,  mentre  a  confessione  dello  sto- 
rico, egli  non  vide  quella  città  che  nel  1842.  Ed  altri 
sacerdoti  erano  pure  implicati  :  un  Tosi  di  Cremona, 
rOmboni  di  Pavia,  un  Cattaneo  di  Parabiago,  un 
Passerini  di  Brescia  ed  i  due  chierici  Ferri  e  Dossena. 
Il  più  compromesso  di  tutti,  come  già  accennammo, 
era  il  Tinelli,  che  si  compiaceva  di  atteggiarsi  come 
capo,  giacché  convinto  che  la  rivoluzione  doveva  riu- 
scire, non  si  curava  di  mascherare  né  sé,  né  alcuno  de' 
suoi  (i). 

Le  confessioni  di  questo  aggiunsero  altre  rivela- 
zioni. Pare  che  qualcuno  proponesse  di  avvelenare  le 
acque  del  nostro  castello,  affinché  i  soldati  ne  moris- 
sero... di  arrestare  il  Viceré  ed  obbligarlo  a  firmare 
editti  di  libertà...  di  uccidere  il  re  di  Piemonte,  ecc 
Sono  enormità,  ma  bisogna  pure  conoscere  di  qual  na- 
tura fossero  i  processi  che  si  istruivano  dalla  Com- 
missione (2). 

Quale  impressione  facesse  poi  la  citata  notifica- 
zione sull'animo  dei  sudditi  Lombardo- Veneti,  ce  lo 
manifesta  una  nota  della  Polizia  in  cui  fra  l'altro  è 


(i)  Cronistoria  di  Cesare  Cantu'.  Voi.  II,  p.  517.  Il  Ti- 
nelli finì  i  s\30i  giorni  a  Nuova-York  nel  maggio  del  1873- 

(2)  Alcuni  episodi  di  questi  processi  scritti  in  stile  rozzo, 
ma  con  tutta  verità  sono  riferite  in  un  libro  assai  raro  dal 
titolo  Un  anno  di  prigione  in  Milano,  lavoro  di  certo  Ago- 
stino Caggioli  (1886)  di  Valcamonica,  che  si  annegò  nel- 
rOglio. 

Né  la  si  perdonava  neppure  agli  sgherri  che  avessero 
un  po'  di  cuore.  Fra  gli  inquisiti  trovavasi  il  giovane  Zam- 
belli,  studente  di  Vailate,  ora  mentre  era  accompagnato  al 
giudice  dal  gendarme  Locatelli  Giuseppe,  questi  scappò 
fuori  a  dire  che  valeva  meglio  essere  regina  martyrum  che 
regina  confessorum.  Saputasi  la  cosa  il  povero  gendarme 
fu  arrestato,  inquisito  ed  imprigionato.  Finì  col  suicidarsi. 
(Cronistoria  citata). 


■T'^-"-'- — S* 


—   187   — 

letto  che  «  tra  i  diversi  sentimenti  destati  ed  espressi, 
1  più  generale,  il  più  forte  ed  il  più  sentito  fu  quello 
ii  una  filiale  e  doverosa  riconoscenza,  ravvisandosi 
n  essa  da  tutti  gli  uomini  saggi  e  dabbene,  un 
movo  pegno  della  costante  sollecitudine  di  S.  M. 
pel  miglior  vantaggio  di  questi  fortunati  suoi  sudditi, 
c^olendo  l'inesauribile  sovrana  clemenza  antivenire  con 
::iò  tutti  quei  mali  che  potrebbero  derivarne  ai  colpe- 
voli, non  solo,  ma  alle  innocenti  loro  famiglie. 

«Altri  si  mostrarono  sorpresi  nel  vedere  che  nul- 
Tostante  le  tante  lezioni  avute  dal  tempo  e  dall'espe- 
rienza, vi  potevano  essere  ancora  uomini,  cotanto  scon- 
sigliati e  perversi  da  avvisare  tuttora  ad  esecrandi 
mezzi  per  turbare  l'ordine  e  la  pace  in  Italia,  con  tanti 
sacrifizi  finora  mantenuta,  procurando  di  istituire  e 
di  fondare  sette  colpevoli,  non  meno  che  pericolose 
allo  Stato  ed  alla  società. 

«Alcuni  avrebbero  desiderato,  stante  la  fortunata 
ignoranza  in  che  vivono  le  classi  più  numerose  di  que- 
ste popolazioni,  che  una  simile  pubblicazione  fosse 
stata  tralasciata,  almeno  per  qualche  tempo  ancora, 
pretendendo  da  un  canto  che  giovi  sempre  di  mante- 
nere il  popolo  nella  ignoranza  di  codeste  tenebrose 
trame,  ne  dovendosi  d'altra  parte  far  nascere  l'idea 
che  il  male  potesse  già  esistere,  quando  si  pensava  ai 
mezzi  di  porvi  riparo.  Altri  opponevano  che  dal  mo- 
mento in  cui  vari  fogli  esteri,  specialmente  romani, 
avevano  già  liberamente  parlato  sulle  scoperte  fatte 
in  riguardo  alla  nuova  criminosa  setta  della  Giovine 
Italia,  non  era  più  lecito  al  governo  austriaco  rima- 
nersene silenzioso.... 

«Del  resto,  la  massa  degli  abitanti  si  è  mostrata  in- 
differente, se  pur  non  fu  indignata  e  sprezzante  per 
gli  sforzi  fatti  dai  rivoluzionari,  onde  attentare  alla 


l 


—  i88  - 

religione  ed  ai  troni,  alVombra  dei  quali  solo  vi  può 
essere  riposo  e  prosperità  per  le  nazioni  (i).  » 

Così  il  governo  era  ancora  un^  volta  ingannato 
sullo  spirito  vero  della  popolazione  da'  suoi  stessi  im- 
piegati, giacché  è  noto  che  cosa  accadde  quindici  anni 
dopo. 

E  che  gli  ossequiosi  sudditi  nutrissero  altri  senti- 
menti ed  avessero  vivo  desiderio  di  riforme  ammini- 
strative, di  sgravi  d'imposte,  di  miglioramenti  sodali, 
ne  è  prova  che  non  pensarono  punto  ad  obbedire  alle 
ingiunzioni  poliziesche,  di  denunciare  gli  addetti  alla 
nuova  setta.  Ciò  malgrado  fioccassero  le  circolari  se- 
grete ai  commissariati  generali,  in  cui  si  accennava 
agli  €  ognor  crescenti  b  tentativi  dei  settari  per  propa- 
gare sempre  piti  le  loro  pericolose  ramificazioni  in 
Italia  ed  estenderle  anche  nel  Lombardo- Vento  ;  mi- 
rando a  sedurre  i  sudditi  di  S.  M.  ed  associarli  ai 
loro  piani  scellerati. 

E  tali  circolari  erano  di  un  crescendo  spaventoso, 
poiché  raccomandavano  agli  impiegati  «  di  spiegare  in 
quei  momenti  pericolosi  tutta  la  possibile  energ^ia 
per  iscoprire  e  perseguitare  gli  instancabili  fautori 
della  rivoluzione,  gli  emissari  propagandisti,  i  mem- 
bri della  criminosa  setta  della  Giovine  Italia  ed  altn 
individui  facinorosi  e  sospetti.... 

«  Che  gli  IL  RR.  Commissari  invigilino  col  mas- 
simo fervore  sulla  condotta  dei  forastieri  in  generale, 
sulle  loro  relazioni,  tengano  destramente  dietro  ai 
passi  di  tutte  le  persone  sospette,  ed  a  quelle  in  specie 
che,  o  per  anteriori  censurabili  tendenze  e  perverse  in- 
clinazioni, o  per  altre  cause  potessero  essere  più  facil- 
mente traviate  e  sedotte  ;  rechino  particolarmente  at- 


(i)  Carte  segrete.  Documento  355. 


J 


-  i89  - 
ten^sione  ai  loro  discorsi  ed  alle  loro  eventuali  adu- 
aanze,  e  procurino  di  coltivare  in  generale  tutte  quelle 
traccia  che  potessero  aprire  la  via  per  giungere  a  qual- 
che  utile  scoperta tenendo  informato  il  governo 

prontamente  e  con  esattezza  di  qualunque  emergenza 
in  proposito,  quand'anche  fosse  di  lieve  momento  (i)  i. 
Come  si  vede,  un  vero  spionaggio  organizzato  su 
larga  scala,  e  che  prevedeva  anche  le  più  piccole  man- 
canze :  una  minuziosa  linea  di  condotta  cui  si  dove- 
vano acconciare  que*  signori  impiegati,  se  volevano 
alla  fine  del  mese  riscuotere  Tonorario  e  continuare  a 
mantenere  la  propria  famiglia. 

E  non  tardarono  a  seguire  le  visite  domiciliari, 
le  inquisizioni  e  le  denuncie.  Prima  fu  certo  Giuseppe 
Sgarzolo  di  Savona,  capitano  mercantile,  che  aveva 
domicilio  in  Sestri  Ponente,  già  stato  soggetto  ad  una 
inquisizione  in  Genova  nel  1818  e  condannato  ad  un 
anno  di  carcere.  Egli  aveva  nel  1830  trasportato  irre- 
golarmente da  Genova  due  milanesi,  certi  Giovanni 
Albinola  inquisito  di  Stato  ed  un  medico,  di  cui  la 
cronaca  non  ci  conservò  il  nome  ;  il  primo  venne  la- 
sciato a  Malaga,  Taltro  a  Rio  Janeiro....  Corse  pure  il 
sospetto,  che  parecchi  capitani  mercantili  trattenes- 
sero corrispondenze  coi  milanesi  e  con  altri  liberali 
esteri. 

Nel  1832  lo  Sgarzolo  venne  arrestato  a  Trieste, 
sotto  l'accusa  che  a  bordo  del  suo  naviglio,  lo  Spar- 
tano, si  tenessero  riunioni  tra  cospiratori  e  correva 
pure  voce,  essersi  colà  tramato  contro  la  vita  del  prin- 
cipe Mettemich  (2). 

Pensare  se  la  Commissione  speciale  poteva  lasciar 
passare  liscia  tale  imputazione,  anzi  mentre  già  sta- 

(i)  Carte  segrete.  Documento  370. 
(2)  Carte  segrete.  Documento  353. 


—  190  — 
vasi  per  esaurire  il  processo  contro  altri  detenuti  di 
Stato,  tutto  fu  sospeso  in  attesa  delle  risultanze  del 
l'inquisizione  apertasi  contro  il  capitano  suddetto. 

E  le  ricerche  non  finirono  qui,  ma  si  pensò  anche 
ad  un  certo  Stefano  Robert,  già  aiutante  maggiore 
della  piazza  d'Ancona  al  servizio  francese  (i),  al  ca- 
pitano Gelmi,  ai  tenenti  Giambattista  Zaffoni  e  Re 
mer,  del  reggimento  Guglielmo  dei  Paesi  Bassi  ed 
all'ufficiale  Bernardi,  del  reggimento  Arciduca.  Di 
questi  ufficiali  il  solerte  Torresani  chiede  inforiDa- 
zioni  minute  e  precise  al  governo  di  Venezia  (2). 

E  fu  in  quest'anno  pure  che  l'ambasciatore  au- 
striaco a  Torino,  Bombelles,  chiedeva  il  passo  in  Lom 
bardia  pel  conte  Cavour,  ma  il  Governatore  rispon- 
deva che  le  notizie  avute  relative  alla  suddetta  per- 
sona, erano  di  natura  tale  da  farlo  considerare  come 
un  ardente  esaltato  nei  principi  sovversivi  dei  liberali 
e  in  conseguenza  troppo  pericoloso  per  essere  ammesso 
in  Lombardia,  onde  pregava  l'ambasciatore  di  rispon- 
dere negativamente.  Lo  ebbe  però  tre  anni  dopo  m 
occasione  del  suo  viaggio  a  Lubiana,  quantunque, 
scrivesse  ancora  il  Governatore  che  les  inforrnation^ 
sur  san  compie  luì  soient  dèfavorables  à  un  tris  hau\ 
dégré. 

E  mentre  si  perseguitavano  senza  posa  i  settari  à' 
questa  o  di  quella  società,  la  pubblica  sicurezza  nella 
città  lasciava  molto  a  desiderare,  che,  a  confessione 
della  polizia  stessa,  le  aggressioni  si  succedevano  fe 
quenti  (3),  arrivando  persino  ad  introdursi  per  ''^'^^'' 


(i)  Carte  segrete.  Documento  416. 

(2)  Documento  466. 

(3)  Documento  353. 


—  191  — 
lenza  nelle  abitagioni.  Né  la  forza  bastava  a  garan- 
tire la  sicurezza  privata,  e,  trovando  molti  osta- 
coli la  istituzione  di  un  corpo  militare  di  Polizia,  si 
pensò  di  stanziare  lungo  le  vie  un  certo  numero  di 
soldati  di  guarnigione,  che  vi  facevano  sentinella 
sotto  la  sorveglianza  della  stessa  Polizia.  Se  a  que- 
sto provvedimento  aggiungansi  le  numerose  ronde, 
pareva  davvero  che  Milano,  in  quest'anno  di  grazia 
1833,  si  trovasse  in  stato  d'assedio. 

Sembra  però  che  tutte  queste  precauzioni  non  con- 
seguissero lo  scopo  desiderato,  e  si  dovette  promul- 
gare il  giudizio  statario.  Si  aggiunga  ancora,  la  pre- 
senza a  Milano  della  Commissione  speciale  pei  rei  di 
alto  tradimento,  le  carceri  a  Porta  Nuova,  dove  trova- 
vansi  molti  detenuti  di  Stato  ed  il  recente  arresto  del 
capitano  Sgarzolo,  e  si  avrà  argomento  sufficiente  di 
giudicare  il  perchè  i  nostri  poveri  babbi  dovessero 
forzatamente  arar  dritto. 

Né  è  a  meravigliarsi  di  tali  disposizioni,  che,  se 
crediamo  alla  Gaz  et  te  univer  selle  di  Parigi,  una  cor- 
rispondenza da  Milano  in  data  del  1 5  ottobre,  parlava 
di  una  rivolta  che  sarebbe  scoppiata  circa  quel  tempo, 
auspice  la  Giovine  Italia,  anzi  nella  stessa  si  legge, 
che  siccome  la  congiura  fu  scoperta,  molte  centinaia 
di  persone  furono  arrestate  e  tradotte  prigione. 

Ciò  che  è  positivo  si  è,  che  dalla  Svizzera,  mal- 
grado la  più  severa  vigilanza,  giungevano  libri  e  li- 
belli stampati  contro  l'Austria  ed  il  suo  governo,  ed 
in  quella  libera  terra,  che  aveva  rifiutato  l'estradizione 
al  potente  impero  austriaco,  si  trovavano  parecchi  emi- 
grati lombardi  (i). 

E  il  governo  continuava  anche  nelle  leggi  il  si- 
stema del  rigore  :    si  fissò   la  pena  di  tre  mesi  per 

"  (i)  Vedi  VOsservatore  del  Ceresio,  anno  1833. 


—  192  — 

semplici  mancanze  di  polizia  ;  una  Noticazione  go- 
vernativa avvisava  t  che  si  rendeva  reo  di  grave  tra- 
sgressione politica,  e  quindi  meritevole  di  punizione 
a  norma  di  legge  •  chi,  in  generale,  con  false  indica- 
zioni intorno  al  proprio  nome,  luogo  di  nascita,  alla 
sua  condizione,  o  ad  altre  circostanze  sue  proprie,  in- 
gannava la  polizia  od  altra  autorità  pubblica,  in  modo 
di  poter  indurre  in  errore,  sia  che  egli  desse  con  ciò 
motivo  a  false  indicazioni  nei  passaporti  altrui  od  as- 
sumesse falsamente  davanti  alle  autorità  il  nome 
della  persona  cui  appartenevano,  o  che  infine  (anche 
prescindendo  dai  passaporti  e  dai  documenti  presen- 
tati), desse  alle  autorità  direttamente  false  india- 
zioni.  1 

Tratto  tratto  poi  qualche  editto  deiri.  R.  Delega- 
zione Provinciale,  richiamava  il  suddito  austriaco  emi- 
grato, che  si  tratteneva  indebitamente  fuori  degli  il 
rr.  Stati,  infliggendo  al  renitente  una  multa  che  va- 
riava dai  5  ai  cinquanta  fiorini,  e,  prolungandosi  l'as- 
senza oltre  i  tre  mesi,  del  doppio  ;  in  caso  d'insolvibi- 
lità si  procedeva  all'arresto  da  tre  a  quattordici  giorni, 
con  digiuno  da  una  a  due  volte  la  settimana. 

E  il  governo  era  oculatissimo  anche  nelle  istru- 
zioni che  emanava,  qualora  trattavasi  di  intimazioni 
a  persone  dimoranti  fuori  dello  Stato,  essendo  noto 
il  luogo  di  dimora.  «  Il  giudice,  diceva  la  nota,  deve 
in  questo  caso,  procurare  di  far  eseguire  Tintimazione 
al  reo  convenuto  o  col  mezzo  di  lettera  requisitoriale, 
diretta  al  giudice  del  luogo  di  dimora  del  reo,  op- 
pure mediante  l'intervento  delle  autorità  superiori:  e 
deve  pure  nominare  d'ufficio  al  reo  suddetto  un  cura- 
tore provvisorio,  che  lo  rappresenti,  finché  egli  stesso 
non  abbia  destinato  ed  indicato  al  Giudizio  un  pro- 
curatore speciale.  Qualora  il  giudice  entro  uno  spazio 
di  tempo  corrispondente,  non  ricevesse  dal  giudice 


—  193  — 
istero,  richiesto  dell'intimazione,  la  dichiarazione  che 
i^uella  fosse  stata  eseguita,  dovrà,  a  nuova  istanza  del- 
l'attore, citare  il  reo,  secondo  la  disposizione  del  re- 
golamento relativo  a  persone  delle  quali  è  ignoto  il 
luogo  di  dimora.  » 

E  mentre  il  governo  accordava  la  cittadinanza  an- 
che ad  una  stranierci,  che  sposasse  un  suddito  austria- 
co, raccomandava  le  più  grandi  cautele  da  usarsi  nel 
concedere  tale  diritto  a  stranieri. 

Né  pensi  il  lettore  che  i  fulmini  lanciati  contro  le 
società  segrete,  le  circolari  segrete  ai  commissariati  di 
polizia,  sieno  state  proprio  senza  effetto  ;  pur  troppo 
confidenti  e  spie  erano  sull'attenti.  Già  nello  scorso 
anno,  il  prete  Lammenais  col  conte  di  Montalembert, 
eransi  trovati  a  Venezia  ed  il  governo  di  Milano  aveva 
ingiunto  a  quella  polizia  di  sorvegliare  accuratamente 
quei  due  stranieri,  ed  ossequenti  a  tali  ordini,  l'Auto- 
rità non  lasciò  di  fedinarli,  sicché  potè  dare  le  più  mi- 
nute informazioni   perfino   dei   discorsi,   che  ebbero 
luogo  coi  differenti  personaggi  che  visitarono.  In  uno 
scritto  a  tal  proposito  diretto  al  governatore  di  Mi- 
lano, si  legge  che,  per  quanto  si  era  potuto  penetrare, 
tali  persone  sembravano  parteggiare  per  Vattuale  go- 
verno di  FranciUy  ma  nel  senso  più  monarchico  della 
parola. 

Malgrado  ciò  i  commissari  provinciali  erano  ec- 
citati ad  usare  una  rigorosa  sorveglianza  ed  a  consi- 
gliare a  quegli  stranieri  il  più  breve  soggiorno  negli 
Stati  austriaci  (i). 

Non  cosi  avvenne  del  nostro  storico  Cesare  Cantù, 
da  qualche  anno  nominato  professore  al  ginnasio  di 
S.  Alessandro,  poiché  fu  incarcerato  per  dubbi  in  fatto 
di  alto  tradimento,  e  non  venne  prosciolto  che  dopo 
dodici  mesi  col  soldo  di  giubilazione  e  col  divieto  di 
mai  più  insegnare. 

(i)  Documento  459. 

GuNETTi.  Cronistoria.  13 


—  194  — 
Tale  era  il  movimento  politico  nella  città,  quan- 
tunque qualche  buona  legge  facesse  pur  capolino  tra 
queste  misure  repressive.  E  per  dar  ragione  al  nostro 
asserto,  possiamo  notare  la  disposizione  governativa 
che  assimilava  i  figli  adottivi  ai  proprii,  nella  divi- 
sione della  eredità  paterna  :  e  l'approvazione  del  pio 
istituto  pei  lavoranti  in  cappelli  di  feltro. 

Fosse  conseguenza  del  fallito  tentativo  di  Baden, 
fosse  una  malattia  naturale,  fatto  si  è  che  nei  primi  di 
quest'anno  i  fogli  pubblicavano  lo  stato  di  salute  mol- 
to anormale  del  principe  ereditario,  fino  ad  ordinare 
nelle  chiese  preci  per  la  sua  guarigione  ;  ma  queste  si 
cambiarono  presto  in  inni  di  ringraziamento  per  la  ri- 
cuperata sanità.  Anche  in  tale  circostanza  si  distinse 
la  nostra  Congregazione  Municipale  per  la  particolare 
solennità  cui  volle  ufficialmente  intervenire. 

Alla  Metropolitana  grande  festa  religiosa  coU'in- 
tervento  del  governatore  e  di  tutte  le  autorità  politi- 
che e  cittadine  :  funzionava  S.  E.  il  cardinale,  fu  can- 
tata la  Messa  seguita  dal  Te  Deum, 

Il  gran  cartello  posto  sulla  porta  maggiore  re- 
cava la  seguente  iscrizione  : 

PRID.   ID.   FEBR.   AN.   MDCCCXXXni 

EXORATA   DIES 

QUA 

FrANCISCI   I  IMPERATORIS    ET  REGIS  D.   N. 

NATALES   REDEUNT 

DEUS   OPTIME   ABAETERNE 

LAUDES     TIBI     EUCARISTICAS 

LANGOBARDI  CANIMUS 

TU    VOLENS  TU   PROPITIUS 

SERVA   IMPERIO   PRINCIPEM   POTENTISSIMUM 

PIUM  FELICEM   PACIS   ADSERTOREM 

SERVA   FAMILIAE   AUGUSTAE 

POPULISQUE   AUSTRIACI   NOMINIS 

PABENTEM   MAXIMUM 

RELIGIONE   MAGNITUDINE   ANIMI 

AVORUM   EXEMPLA   SUPERGRESSUM 


M 


-  195  — 
L'inno  Ambrosiano  fu  pure  cantato  in  tutte  le  par- 
rocchie, ed  il  diario  aggiunge  con  numeroso  concorso 
di  cittadini.  Nella  sera  consueta  illuminazione  negli 
ii.  rr.  teatri. 

Kd  altra  festa  consimile  si  ripetè  nell'ottobre,  in 
occasione  dell'onomastico  imperiale. 

In  quest'anno  il  Cardinale  Arcivescovo  aveva  pub- 
blicata la  pastorale  pel  giubileo,  la  quale  importava 
preci  speciali,  visite  ad  alcune  chiese  e  digiuni.  Il  Cor- 
pus Domini  fu  per  tale  motivo  celebrato  con  straor- 
dinaria pompa  :  v'intervennero  il  Viceré,  le  cariche  di 
Corte,  i  consiglieri  intimi,  i  ciambellani  ed  un  drap- 
pello di  trabanti.  Pontificò  S.  E.  ;  sulla  porta  mag- 
giore il  consueto  cartello.  Le  truppe  della  guarni- 
gione furono  allineate  in  parte  nel  tempio,  in  parte 
accompagnarono  la  processione,  fiancheggiando  i  cro- 
ciferi ed  i  ceroferari  delle  singole  parrocchie  ed  in 
parte  erano  schierate  sulle  piazze  del  duomo,  di  San- 
f  Ambrogio,  dove  durante  i  divini  uffici  eseguirono  re- 
plicate salve  di  moschetteria. 

E  sembra  che  allora  la  nomina  ai  canonicati  di 
quesf  ultima  basilica  dipendesse  in  gran  parte  dal  go- 
verno, poiché  veggiamo  che  certi  Gianorini  Costan- 
tino e  Luigi  Malacrida  ;  il  primo  coadiutore  a  San 
Francesco  da  Paola,  il  secondo  a  S.  Lorenzo,  furono 
nominati  a  quei  posti. 

E  un  altro  prete  milanese,  il  prevosto  di  S.  Ste- 
fano, D.  Carlo  Romano,  fu  nominato  vescovo  di 
Como.  Un*altra  personalità  sacerdotale  che  vedremo 
comparire  negli  avvenimenti  di  sedici  anni  dopo,  fu 
dal  governo  insignita  dell'ordine  della  corona  ferrea. 
Era  Mons.  Conte  Gaetano  Oppizoni,  arciprete  e  par- 
roco della  Metropolitana.  Forse  l'oculata  autorità 
non  conosceva  di  qual  tempra  era  quest'uomo,  o  forse 
le  ripetute  repressioni  cui  egli  assistette  nel  lungo  corso 


—  196   — 
di  sua  vita,  le  ingiustizie  e  le  rappresaglie,  cui  ve- 
deva ognora  soggetti  i  nostri  padri,  ingenerarono  nel 
suo  einimo  quel  sentimento  di  affetto  verso  la  nostra 
città,  di  cui  diede  sì  bella  prova. 

E  spettacoli  e  feste  speciali  non  mancarono  anche 
quest'anno  di  allietare  i  nostri  babbi.  Nella  galleria 
De  Cristof  oris  si  aperse  un  gabinetto  pittorico  mecca- 
nico di  cui  i  diari  dissero  meraviglie  ;  l'improvvisatore 
di  tragedie  Luigi  Cicconi,  prendendo  a  tema  la  Bea- 
trice di  Tenda,  dato  lì  per  lì  dal  pubblico,  improvvisò 
una  tragedia  in  cinque  atti  :  alcune  sere  dopo  al  teatro 
alla  Cannobbiana  fu  estratto  il  tema  Berengario  I.  La 
tragedia  durò  per  ben  due  ore,  ma  sembra  che  non 
avesse  corrisposto  all'aspettazione  del  pubblico,  poi- 
ché il  critico  del  diario  cittadino,  raccomanda  all'im- 
provvisatore di  studiare  maggiormente  la  proprietà 
della  lingua  e  di  attenersi  alla  verità  storica,  infine 
che  sia  prodigo  d'interessamento,  ma  parco  di  espres- 
sioni. Ottimi  consigli,  che  non  sarebbero  fuor  di  luogo 
anche  a  qualcuno  dei  nostri  drammaturghi  moderni, 
poiché  infine  pel  Cicconi  c'era  l'attenuante,  che  egli 
improvvisava. 

Pei  musicofili,  l'Alina  Bertrand,  dava  un  concerto 
d'arpa  al  teatro  Carcano  dove  si  rappresentava  pure 
la  Beatrice  di  Tenda  del  Donizzetti  ;  alla  Cannobbia- 
na VElixir  d'amore  ed  una  Claudina  Grandi,  appena 
tredicenne,  offriva  al  teatro  Re  un  saggio  orale  ed  istru- 
mentale  di  scelta  musica.  Notiamo  per  incidenza  che 
in  quel  sabbato  grasso  cadde  a  larghe  falde  la  neve, 
con  gran  dispiacere  dei  mattacchioni  d'allora,  che  si 
erano  ripromessa  una  larga  rivincita  col  getto  dei  co- 
riandoli. 

La  festa  però  che  maggiormente  fece  epoca,  in 
quest'anno,  é  quella  ideata  e  data  nella  Galleria  De 


—  197  — 
Cristof  oris  per  iniziativa  di  quei  negozianti  e  di  quegli 
inquilini. 

Kssa  doveva  esser  stata  veramente  spettacolosa  se 
nel  febbraio  di  quello  stesso  anno  fu  stampato  in  pro- 
posito un  opuscoletto  il  quale  ci  dà  l'idea  di  quello 
spettacolo  ;  ne  togliamo  qualche  brano,  poiché  da 
quanto  possiamo  argomentare,  lo  scrittore  fu  anche 
testimonio  oculare  (i). 

«  Erano  le  9  di  sera,  ed  io  mi  trovavo  già  alla  porta 
della  Galleria  colla  mia  tessera  in  mano.  Ih  !  ih  !  quan- 
ta gente  assisteva  al  solenne  arrivo  degli  invitati  !  La 
strada  non  ti  presentava  nudo  un  palmo  di  terra,  e 
perfino  i  poggi  vicini,  quello  in  ispecie  della  nuova 
casa  che  sta  rincontro  alla  meraviglia  decristofoùana, 
abbondava  di  persone  ed  offriva  una  scena  più  che 
teatrale.  Non  parlo  delle  carrozze,  che  si  succedevano 
con  uno  strepito  da  non  dire.  Tiro  innanzi,  e  subito 
mi  risuona  agli  orecchi  una  voce  gentilissima  che  mi 
grida  :  al  portinaio  il  biglietto.  Glielo  consegno  ;  que- 
gli lo  guarda  e  lo  lacera  per  metà  e  mi  accenna  di  en- 
trare. 

€  Non  so  esprimere  la  viva  e  straordinaria  impres- 
sione che  mi  destò  nell'animo.  Quali  splendori  di  luci, 
quanti  leggiadrissimi  arredamenti  !  Ardevano  le  con- 
suete lampade,  che  come  sole  dai  monti  sorgono  ogni 
sera  a  rischiarar  bellamente  la  Galleria,  alle  quali  fu 
aggiunta  gran  copia  di  braccialetti,  forniti  di  nume- 
rose candele.  E  le  poche  botteghe  che  non  sono  per 
anco  affittate,  erano  aperte  a  guisa  di  gabinetto,  o  di 
sala,  come  di  sala  serviva  parimenti  il  porticato  d'in- 
gresso, che  gelosamente  custodivano  Americo  Ve- 
spucci  e  Cristoforo  Coloml.o  (2).  E  potrei  aggiungere 


(i)  Biblioteca  Ambrosiana,   segnatura  S.   D.   P.  VII.   5. 
(2)  Le  altre  due  statue  non  (Tano  ancor  state  collocate. 


—  198  — 

altre  novità,  cioè  una  rosa  dei  venti,  un  igrometro,  un 
calendario  perpetuo,  un  orologio  a  quadrante,  cose 
tutte  che  per  la  prima  volta  comparivano  in  quel 
luogo.  Una  banda  militare  ci  ricreava  l'udito  e  lo 
spirito 

€  Tutte  le  botteghe  si  trovavano  aperte  come  di 
giorno  e  tale  idea  mi  piacque.  Non  so  se  la  merce 
nelle  vetrine  potesse  acquistare,  che  anzi  credo  avrà 
dovuto  soffrire  a  quel  caldo.  Ma  se  ciò  fosse,  tanto 
maggiore  dovrebbe  essere  la  gratitudine  nostra  verso 
que'  bravi  negozianti,  cui  dovevamo  un  divertimento  1 
di  nuovo  genere....  Una  galleria,  una  passeggiata,  un 
ballo,  sale  adiacenti  e  sale  diversamente  addobbate, 
cinquemila  e  più  spettatori  e  tutti  in  domino. 

€  Vorrei  esser  pittore  per  eseguire  un  quadro,  che 
non  farebbe  certo  mala  figura  all'esposizione  di  que- 
st'anno. 

tTi  puoi  immaginare  (lo  scritto  si  finge  diretto 
in  forma  di  lettera  ad  un  amico),  d'esserti  trovato 
meco  al  caffè  della  Galleria,  o  alle  finestre  delle  ca- 
mere superiori....  Tu  vedevi  un'immensa  turba  di  po- 
polo.... gente  dappertutto,  e  tutta  questa  gente  gri- 
dava, schiamazzava,  rideva,  celiava....  V'era  proprio 
da  alimentare  ogni  curiosità... 

«  Moviamo  a  dare  un'occhiata  alle  sale  adiacenti, 
cui  si  ascendeva  per  lo  scalone  illuminato  a  dop- 
pieri, che  mena  al  Gabinetto  Meccanico....  Giravi  e 
rigiravi  per  diverse  camere,  dove  in  una  più  grande 
era  un'orchestra,  e  si  ballava  furiosamente....  E  i  po- 
veri zerbini  (i),  tutti  in  faccende  con  quei  loro  cap- 
pelli stiacciati,  che  servivano  anche  da  ventaglio, 
correndo  qua  e  là,  levavano  dalle  tasche  un  libretto  di 

(i)  I  giovinottl 


—  199  - 
faziosa  forma,  rilegato  in  marocchino,  e  sopra  vi 
scrivevano  il  nome  deiravvenente,    che    loro  aveva 
promesso  il  primo  giro  di  walse.,,.  (i).  » 

E  ad  aumentare  il  lustro  ed  i  comodi  della  no- 
stra   città,  s'aggiunse  appunto  in  quest'anno  l'aper- 
tura del  grande  albergo  della  Ville,  proprio  di  fronte 
alla   nuova  Galleria:    era  condotto  da  un  tedesco, 
certo  Giacomo  Coatz  :  ristorante  che  per  molto  tem- 
po doveva  offrire  tutto  il  comfort  desiderato  ;  e  nel 
settembre  l'architetto    Besia    gettava  le  fondamenta 
del  palazzo  Archinti.  Intanto  la  Galleria  si  riempiva 
di  negozi  e  fatto,  forse  nuovo  allora  in  Milano,  che 
fu   presto  seguito    dai  negozianti    che    dimoravano 
sotto  il  coperto  de'  Figini,  che  sorgeva  poco  distante 
dagli  attuali  portici  meridionali  della  nostra  piazza 
del  Duomo,  si  vendeveino  le  merci  a  prezzi  fissi  ;  sic- 
ché udivasi  talvolta  il  popolino  nelle  altre  botteghe, 
ripetere  al  venditore  che  non  voleva  rilasciare  qual- 
che cosa  sul  prezzo  della  merce  —  Eh!  non  siamo 
mica  sotto  il  coperto  de'  Figini. 

Parlando  di  istituti  di  educazione,  non  è  da  di- 
menticarsi il  Collegio  delle  Dame  inglesi  eretto  nella 
vicina  Lodi. 

Deve  esso  la  sua  fondazione  a  Maria  Hazfield, 
vedova  Cosway,  nata  a  Firenze  da  parenti  inglesi  e 
maritata  a  Londra,  Reduce  in  Italia,  aveva  con  una 
dotsusione  stabile  assicurata  la  perenne  sussistenza  di 


(i)  Se  crediamo  a  Cesare  Cantu',  nella  sua  Cronistoria 
delV Indipendenza  d'Italia,  dice  che  in  occasione  della  fe- 
sta fuvvi  un  ritrovo  del  gruppo  appartenente  alla  Giovine 
Italia,  cui  intervennero  anche  alcuni  emigrati  e  vi  si  le- 
garono nuove  conoscenze. 


—  aoo  — 
un  collegio  femminile  da  essa  aperto  in  quella  città 
fino  dal  1812  ;  anzi  volendo  raccomandare  il  novello 
Istituto  ad  ima  società  religiosa,  la  signora  ottenne  di 
potervi  chiamare  due  suore  della  Casa  principale 
delle  dame  inglesi,  stabilite  a  San  Polten,  affinchè  vi 
preparassero  la  fondazione  di  una  casa  speciale  del- 
ristituto  stesso,  aggregando  all'uopo  anche  i  fabbri- 
cati contigui. 

L'esperimento  riesci,  e  sei  novizie  lombarde  si  ag- 
giunsero alle  due  dame  :  Tatto  fu  erogato  il  7  giugno 
di  quest'anno  col  concorso  dell'I.  R.  Delegazione,  di 
un  rappresentante  del  Vescovo,  della  fondatrice  e  di 
certa  Regina  di  Scarhman,  appartenente  alle  Dame 
inglesi. 

La  regola  permette  pure  che,  oltre  queste,  pos- 
sano aggiungersi  e  rimanere  anche  maestre  secolari  : 
ora  dai  resoconti  dei  periodici  constatiamo  che  vi  en- 
trano pure  professori  ad  impartire  le  lezioni. 

Vivente  la  fondatrice,  essa  continuò  ad  avere  la 
suprema  direzione,  e  gli  statuti  recano  che  un  certo 
numero  di  allieve  possono  essere  ammesse  anche  gra- 
tuitamente. E'  naturale  che  tale  larghezza,  voluta 
dalla  gentildonna  Hazfield,  fece  sì  che  fin  d'allora 
si  contassero  oltre  60  scolare. 

Per  formarsi  poi  un'idea  dell'andamento  dell'i- 
struzione elementare  fra  noi,  notiamo  alcune  cifre  che 
troviamo  in  una  statistica  publicata  quest'einno,  che  si 
riferisce  al  1832.  Nei  388  Comuni,  in  cui  si  divideva  la 
Lombardia,  esistevano  solo  290  scuole  maschili  e 
89  femminili  ;  36  convitti  pubblici,  di  cui  20  maschili 
e  16  femminili  ;  TJ  collegi  privati  di  cui  30  maschili  ; 
208  scuole  gratuite  festive  e  623  scuole  private  di 
cui  211  maschili. 

Il  totale  dunque  delle  scuole  e  degli  stabilimenti, 
era  di  4479  con  317  maestri  e  97  maestre  :  19,165  alun- 
ni e  6,125  alunne. 


^. 


—      OI    — 

Queste  sconfortanti  notizie,  che  abbiamo  ragione 
li  credere  ufficiali,  potrebbero  esser  soggette  a  molte 
:onsiderazioni,  se  noi  confrontiamo  il  cammino  che 
l'istruzione  elementare  fece  in  questo  ultimo  mezzo 
secolo,  le  risparmiamo  al  lettore,  persuaso  che  le  farà 
da  sé,  a  noi  basta  l'accenno  del  fatto. 

Si  avverta  poi  che,  dopo  la  istruzione  elementare, 
il  f  anciulletto  che  voleva  continuare  lo  studio,  pas- 
sava ai  ginnasi,  dove  era  ricevuto  previo  esame  e  pa- 
gamento di  tassa,  se  proveniente  da  scuola  privata, 
non  prima  dei  dieci  anni  compiuti.  Uanno  era  sem- 
pre chiuso  con  clamorose  solennità  scolastiche  nel 
palazzo  di  Brera,  colla  consueta  esposizione  e  la  vi- 
sita gratuita* alle  sale  dell'esposizione  annuale,  dove, 
con  buona  pace  degli  artisti,  capitava  di  ammirare, 
tele  e  statue  forse  migliori  di  quelle  che  si  veggono 
a  certe  esposizioni  triennali. 

Artisti  e  professori  si  rendevano  benemeriti  anche 
all'estero.  Al  pittore  Cicognara,  fu  decretata  dal  Re 
di  Sardegna  la  croce  di  S.  Maurizio  e  Lazzaro  ;  il 
cavalier  Carlini,  ricevette  in  dono  dal  duca  di  Mo- 
dena un  ricco  anello  in  brillanti,  per  V efficace  dire- 
zione negli  studi  delV astronomia^  nella  scuola  da  lui 
tenuta  per  questo  insegnamento  nell'osservatorio  me- 
tereologico  di  quella  città. 

L'ingegnere  Bellotti  fece  dono  al  la' Pinacoteca  di 
Brera  di  un  bel  dipinto,  copia  della  cena  vinciana, 
di  Marco  d'Oggionno  ;  Benedetto  Cacciatori  eccelleva 
nella  statuaria  ;  la  piazza  del  Duomo,  del  Migliara, 
era  riprodotta  all'acqua  tinta  ;  Gallo  Gallina,  ripro- 
duceva in  litografia  lo  sbarco  di  Cristoforo  Colombo 
in  America  ed  wia  società  di  artisti,  progettava  l'ere- 
zione a  Brera  di  un  monumento  all'incisore  Giuseppe 
Longhi,  mentre  il  Vallardi  dava  mano  alla  pubblica- 
zione di  un  giornale  artistico. 


^ 


—  2oa  — 

E  se  volgiamo  uno  sguardo  alla  letteratura,  se- 
gnaliamo la  pubblicazione  delVEUore  Fieramosca 
deirAzeglio,  benissimo  accolta  in  Italia,  e  che  ebbe 
l'onore  di  una  versione  in  francese. 

Il  medico  Terrario  annuncia  la  pubblicazione 
della  vita  e  degli  es traiti  delle  opere  del  prof,  Ca- 
letta; l'Ermes  Visconti,  i  Saggi  intorno  ad  alcuni 
quesiti  concernenti  il  bello.  Giovamni  Battista  Cor- 
niani  /  secoli  della  letteratura  italiana  ;  il  Cusani  in 
collaborazione  coll'Hartmann  pubblica  una  miscel- 
lanea pei  fanciulli;  una  pubblicazione  raccomanda- 
bile al  nostro  comitato  per  la  pace  è  il  Canto  alla 
guerra,  pubblicato  in  quest'anno  dal  Regaldi  ;  e  fu 
pure  fatto  di  pubblica  ragione  un  frammento  inedito 
del  Monti  intitolato  la  Pietà  filiale,  che  era  stato  re- 
galato dal  poeta  al  Maffei  ;  il  Pirotta  in  occasione  del 
Giubileo,  pubblicò  una  storia  sulla  sua  origine  e  su 
quella  dell'anno  santo  ;  Folchino  Schizzi,  ci  diede 
la  vita  e  gli  studi  di  Giovanni  Paisiello  ;  una  elabo- 
rata recensione  in  proposito  fa  meglio  conoscere  il 
colossale  lavoro  sulle  famiglie  celebri  di  Pompeo 
Litta,  e  un  libro  che  servì  per  molto  tempo  di  svago  e 
amena  lettura  a  giovanetti  studiosi,  veniva  tradotto 
dal  francese  in  quest'anno,  il  Saint  Clair  delle  IsoU, 
o  gli  esiliati  all'Isola  di  Barra.  Oh!  come  ci  si  inte- 
ressava al  racconto  di  quelle  avventure! 

E  per  chiudere  non  vogliamo  omettere  anche  un 
po'  di  ciarlatanismo  d'oltr'alpe,  o  come  diciamo  pre- 
sentemente una  reclame,  cui  si  presta  il  nostro  diario 
cittadino.  E'  certo  Saint  Victor,  il  quale  annunciava, 
che  in  sei  lezioni  di  un'ora  ciascuna,  egli  insegnava 
l'arte  di  dipingere  all'acquarello  o  ad  olio.  La  pro- 
messa era  tanto  strana,  che  il  periodico  stesso  promise, 
che  avrebbe  tenuto  dietro  a  codesto  mirabolante  mae- 
stro, ma  pare  non  se  ne  facesse  nulla,  poiché  il  noto 


r 


—  203  — 

ittore,  dopo  aver  sfruttato  qualche  credulone,  ere- 
lette  bene  di  ritornare  a  suoi  paesi. 

Eppure  trovò  propugnatori,  e  certo  Ravoise» 
crisse  al  nostro  diario  cittadino  t  tratto  dall'amore 
iella  verità  e  dalla  soddisfazione  che  provava  di  es- 
ier  stato  in  poco  tempo  in  grado  di  dipingere  e  dise- 
gnare, non  come  un  artista,  ma  bastantemente  per  go- 
dere dei  piaceri  che  traggonsi  dalla  coltura  di  una  sì 
Dell'arte  1.  Egli  aggiunge,  che  le  ricerche  del  Saint 
Victor  giunsero  a  trovare  un  metodo  pel  quale  si  può 
in  poche  lezioni  e  in  pochissimo  tempo  dipingere  con 
successo,  egli  nulla  esige  anticipatamente,  neppure  il 
prezzo  degli  oggetti,  che  vende  agli  allievi,  insegna 
tutto  ciò  che  promette  nel  suo  manifesto  da  vero  ar- 
tista animato  dal  sacro  fuoco  del  genio,  è  più  geloso 
della  stima  e  della  gloria  che  accessibile  all'interesse. 
E  béista,  diciamo  noi. 

Fra  i  decessi  notiamo  :  il  conte  GIUSEPPE  Ta- 
verna. Nacque  in  Milano  il  giugno  del  1754,  studiò 
airi.  r.  Collegio  dei  Nobili,  quindi  passò  a  Genova 
presso  i  Gesuiti.  Soppressa  la  congregazione,  continuò 
gli  studi,  non  tralasciando  punto  le  lingue  e  tradusse 
dall'inglese  parecchi  squarci  di  Shakespeare.  Si  sposò 
ad  una  gentildonna  milanese,  Antonietta  Righetti, 
e  dei  cinque  figli  che  ebbe,  rimasero  superstiti  Lo- 
renzo, Filippo  e  Francesca. 

Nel  1802  i  comizi  di  Lione  lo  chiamarono  a  far 
parte  del  Collegio  elettorale  e  del  Corpo  Legislativo 
italiano,  più  tardi  fu  insignito  della  Corona  ferrea, 
e  nominato  direttore  della  r.  Stamperia.  Lasciò  però 
tali  incarichi  nel  1814,  per  dedicarsi  tutto  all'educa- 
zione de'  suoi  figli,  quando  a  mezzo  il  1832,  un  in- 
sulto apopletico  infiacchì  quel  corpo,  che  sembrava 
di  ferro  :  nuovi  insulti  seguirono  l'anno  appresso  ag- 


—  ao4  — 
gravando  i  timori  per  la  sua  vita.  Spirò  neirottobrt 

Fu  d'ingegno  vivacissimo,  di  squisito  sentire  e  di 
non  comune  memoria  ;  lavorò  intorno  ad  un  vocabo- 
lario domestico  inglese,  francese  ed  italiano;  amò 
oltre  i  letterati,  anche  gli  artisti,  e  fu  amicissimo  del 
pittor  Bossi.  Prediligeva  particolarmente  i  giovani 
volonterosi,  e  procurava  di  sollecitarli  a  bene  usare 
dei  loro  talenti. 

Giambattista  De  Herra,  che  si  spense  nella  gra- 
ve età  di  87  anni.  Compiuto  lo  studio  delle  leggi,  e 
arrichitosi  di  profonde  cognizioni,  si  dedicò  alla  car- 
riera giudiziaria  :  fu  pretore  ad  Asso,  a  Bosisio,  a  De- 
sio, a  Vimercate,  ad  Abbiategrasso  j  uditore  al  tn- 
bunale  criminale,  commissario  di  Polizia  e  consigliere 
di  prima  istanza  a  Milano.  Ridottosi  a  quiete,  ebbe  la 
soddisfazione  di  vedersi  ricompensato  dal  Sovrano 
coll'assegno  di  una  pensione.  Lo  si  disse:  religioso. 
prudente,  mansueto,  pietoso  verso  i  poveri  e  grande- 
mente stimato  da  quanti  lo  conoscevano.  Era  nato 
nel    1746. 

Il  marchese  LUIGI  GAGNOLA,  nato  a  Milano  nel- 
l'anno 1762  e  mortovi  nell'agosto  di  quest'anno.  Fece 
i  suoi  primi  studi  nel  Collegio  dementino  romano. 
dove  erasi  recato  nel  1 776,  ed  attese  pure  all'architet- 
tura sotto  certo  Tarquini,  il  quale,  lasciandolo,  gli  rac- 
comandava di  non  farsi  discepolo  di  nessuno,  ma  di 
studiare  Vitruvio  e  Palladio. 

Nel  1781  si  recò  a  Pavia,  dove  si  laureò,  ma  riti- 
ratosi presso  la  famiglia,  continuò  i  suoi  studi  predi- 
letti di  architettura.  Disegnò  l'arco  di  P.  Orientale,  al- 
lora affidato  al  Piermarini  e,  veduto  il  lavoro,  l'arci- 
duca Ferdinando  lo  lodò  e  lo  incoraggiò  a  continua- 
re. Altre  circostanze  ancora  rivelarono  nel  Gagnola 
un  ottimo  architetto  :  un  suo  lavoro  sulle  terme  di 
Massimiliano  Erculeo,  vide  la  luce  nelle  Anttchiti 
lombarde  milanesi  del  Padre  Fumagalli  suo  amico 


—  205  — 

Premortogli  il  padre,  ed  ereditata  una  discreta 
sostanza,  fu  ascritto  al  Consiglio  di  città,  dal  quale 
venne  nel  1799  nominato  uno  dei  Commissari  presso 
gli  eserciti  austriaci.  Di  ritorno  in  patria,  oltre  molte 
commissioni  private,  fu  incaricato  dei  disegni  per  la 
incoronazione  di  Bonaparte,  presentò  pure  diversi 
progetti  per  la  facciata  della  nostra  cattedrale,  la- 
vorò alle  decorazioni  per  l'entrata  del  principe  Euge- 
nio e  della  sua  sposa.  Insieme  poi  all'architetto  Pe- 
verelli  ed  al  prof.  Moglia,  lavorò  al  compimento  del- 
l'arco di  P.  Orientale,  e  coadiuvò  pure  a  quello  di 
P.  Ticinese. 

Parecchi  altri  progetti  architettonici  compì  pure  il 
Gagnola,  che  lungo  sarebbe  qui  numerare  ;  ricor- 
diamo fra  quelli  condotti  a  compimento,  la  Cappella 
di  S.  Marcellina  nella  basilica  di  S.  AmbrogiOi  la 
chiesa  di  Concorrezzo,  il  campanile  d^Urgnano,  il  ta- 
bernacolo per  la  chiesa  delle  signore  della  Guastalla 
ed  il  palazzo  d'Inverigo,  che  fece  dire  esser  egli  coU 
l'oro  altrui  valente,  ma  dispendioso  architetto,  poiché 
a  propria  spesa,  nulla  aver  mai  fabbricato. 

Egli  mostravasi  assai  geloso  della  propria  fama, 
amava  che  si  parlasse  delle  sue  opere,  però  ne  udiva 
volentieri  anche  la  critica  d'altri,  fu  affabile  e  schietto 
con  tutti,  abborriva  le  cerimonie  e  le  cortigianerie  : 
premuroso  per  gli  amici  sovvenivali  nelle  avverse  for- 
tune di  consiglio  e  di  denaro,  non  nutriva  rancore  con 
alcuno.  Fu  per  più  anni  direttore  degli  ii,  rr.  teatri  e 
insignito  dell'ordine  della  corona  di  ferro.  Venne  col- 
pito da  apoplesia  il  14  agosto,  mentre  da  Como  tor- 
nava al  suo  Inverigo. 

Luigi  Prina,  cavaliere  della  Corona  ferrea,  con- 
sigliere di  governo  e  direttore  emerito  della  nostra 
zecca.  Nacque  nel  1773  ^^^  villaggio  di  Buccinago 
presso  Trezzo.  Incominciò  gli  studi  nel  Collegio  di 


Monza  e  li  terminò  a  Brera.  Si  approfondì  nelle  ma 
tematiche,  nelle  scienze  mercantili  e  nell'economia  po- 
litica. Fu  alunno  presso  la  nostra  Camera  dei  Conti, 
e  rimase  impiegato  fino  al  1800  quale  contabile  presso 
il  tesoro.  Nel  1806  fu  promosso  segretario  generale 
e  capo  contabile  alla  zecca  di  Milano  e  venne  pure 
delegato  per  l'ordinamento  delle  zecche  di  Venezia  e 
di  Bologna:  nel  1825  fu  nominato  direttore  della 
nostra  zecca,  e  chiamato  al  consiglio  del  governo 
Travagliato  da  malattia  intestinale  si  dimise  dal- 
l'ufficio, ritirandosi  nella  sua  terra  di  Orano,  dove 
morì  il  17  ottobre  a  60  anni. 

L'orefice  GIROTTI  che  fondò  un  premio  pei  gio- 
vani artisti.  Il  Consiglio  accademico  riconoscente  af 
fidò  al  Motelli,  allievo  del  Pacetti,  Tincarico  di  iin 
monumento  da  collocarsi  nel  palazzo  di  Brera,  Esso 
infatti  sorge  sotto  il  portico  d'entrata.  E'  in  marmo  e 
reca  in  alto  l'effigie  del  benefattore  in  bassorilievo, 
più  sotto  leggesi  la  seguente  iscrizione  ; 

A  —  Ranieri  Girotti  —  orefice  milanese  —  f^^' 
datore  di  un  premio  annuo  —  a  vantaggio  de  suoi 
concittadini  —  educati  alle  arti  —  del  disegna  —  ^^ 
Accademia  —  interprete  della  pubblica  riconoscens(i 
—  MDCCCXXXIIL 

La  sua  salma  riposa  nel  cimitero  di  Porta  Vittoria. 


1834. 

CAPITOLO  X 


Le  persecuzioni  continuano.  —  Estradizioni.  —  Idee  del 
Conte  di  Spaur.  —  Torbidi  nella  Polonia  e  negli  stati 
Tedeschi.  —  Feste  e  carnovale.  —  I  pompieri  all'ope- 
ra. —  Piene  di  fiumi.  —  Edilizia  e  monumenti.  — 
Istruzione.  —  Stampa.  —  Beneficenza.  —  Necrologio. 

Gli  anni  trascorrono,  ma  la  situazione  della  no- 
stra città  non  muta,  se  pure  non  peggiora.  Le  per- 
secuzioni continuano,  se  non  apertamente,  almeno  ce- 
rtamente. Dapprima  è  una  nota  governativa,  che  vie- 
ta ai  cittadini  di  accettare  da  università  estere  diplo- 
mi onorifici  di  dottore  in  legge,  o  in  medicina  ;  ed  ai 
giovani  che  percorsero  i  corsi  filosofici,  è  proibito  se- 
veramente che  escano  dal  regno  per  continuare  gli 
studi  all'estero. 

Quanto  agli  artigiani  è  ordinato  che  non  vengan 
loro  concessi  permessi  di  viaggio,  cosi  si  chiamava 
una  specie  di  passaporto,  che  si  rilasciava  particolar- 
mente ai  braccianti,  i  quali  si  recavano  nella  Sviz- 
zera specie  nel  cantone  di  Berna  (i). 

(i)  Abbiamo  detto  che  la  Svizzera  rifiutò  l'estradizione 
dei  sudditi  Lombardi  colà  rifugiati. 


—    208    — 

E  ciò  perchè  colà  si  tolleravano  adunanze  di  Ro- 
vani, nelle  quali  si  spacciavano  massime  sediziosi  i 
si  eccitava  ad  imprese  delittuose  contro  i  proprù  re- 
gnanti ed  i  legittimi  governi  (i). 

E  perchè  nessuno  potesse  sfuggire  dalle  unghie 
della  polizia,  un  accordo  fu  stabilito  in  quest'anno 
tra  l'Austria,  la  Russia  e  la  Prussia  per  restradizione 
dei  rei  di  delitti  politici. 

Ecco  il  testo  della  legge  : 

Noi  Francesco  I,  ecc. 

«All'oggetto  di  vieppiìi  consolidare  i  rapporti  di 
amicizia  e  di  vicinanza  esistenti  fra  Noi  e  le  LL.  MM. 
rimperatore  di  Russia,  Re  di  Polonia  ed  il  re  di 
Prussia  e  i  nostri  stati,  ed  interessando  egualmente 
alle  tre  potenze  la  conservazione  della  tranquillità  e 
dell'ordine  legittimo  nelle  provincie  di  Polonia  sog- 
gette al  loro  dominio,  siamo  convenuti  colle  prelo- 
date LL.  MM.  nelle  seguenti  determinazioni: 

«  Chi  negli  Stati  Austriaci,  russi  e  prussiani  si  é 
reso  colpevole  dei  delitti  di  alto  tradimento,  di  lesa 
maestà,  o  di  sollevazione  a  mano  armata,  ovvero  ag- 
gregato a  combriccole  dirette  contro  la  sicurezza  del 
•trono  o  del  governo,  non  deve  in  veruno  dei  tre  stati 
trovare  protezione  o  asilo. 

«  Le  tre  corti  si  obbligano  anzi  di  ordinare  l'i^' 
mediata  consegna  di  qualunque  individuo  indiziato 
dei  mentovati  delitti,  qualora  il  medesimo  venga  n- 
chiesto  dal  governo  cui  appartiene. 

«S'intende  per  altro  che  queste  determinazioni 
non  hanno  effetto  retroattivo. 

«Essendo  noi  convenuti  con  S.  M.  l'Imperatore 
di  Russia  re  di  Polonia  e  S.  M,  il  re  di  Prussia  che  il 


(i)    Sono  parole  testuali  della  nota  governativa. 


m 


■■^tJ" 


-   209  —  ì 

Dremesso  accordo  venga  contemporaneamente  recato 
1  pubblica  notizia  nei  tre  Stati,  lo  rendiamo  perciò 
noto  col  presente  editto  ai  nostri  sudditi  per  loro  in- 
telligenza e  norma,  e  comandiamo  ad  un  tempo  a  tutti 
i  nostri  impiegati  civili  e  militari,  non  che  alle  altre 
autorità,  di  tener  man  ferma,  affinchè  il  medesimo  a 
datare  dal  i.**  Marzo  1834,  venga  eseguito  in  tutta  la 
sua  estensione  e  secondo  il  suo  tenore.  » 

Ed  alle  convenzioni  seguono  i  fatti.  Un  editto 
della  Delegazione  Provinciale  intima  alla  contessa 
Maria  Dal  Verme,  nata  Cigalini,  che  si  era  recata  al- 
l'estero con  passaporto  scaduto,  di  presentarsi  entro 
tre  giorni  all'ufficio  di  polizia,  pena  la  solita  multa,  o 
la  prigione. 

Siccome  però  la  storia  deve  essere  imparziale  e 
veritiera  anzitutto,  e  dare  a  ciascuno  il  suo,  così  non 
vogliamo  tacere  un  buon  pensiero  che  era  venuto  al 
nostro  governatore,  il  conte  di  Spaut. 

Il  4  febbraio  di  quest'anno  scrive  al  Direttore  ge- 
nerale della  polizia  di  Venezia  la  seguente  nota  : 

cFu  accampata  questione  se,  considerando  le  at- 
tuali circostanze  politiche,  fosse  conveniente  di  far 
inserire  tratto  tratto  a  vicenda  nelle  gazzette  di  Mi- 
lano e  di  Venezia  degli  articoli,  che  tendano  a  rego- 
lare l'opinione  pubblica  nel  Regno  L.  V.  nello  spirito 
del  governo. 

«Sembra  fuor  di  dubbio  che  con  ciò  si  provvede- 
rebbe  ad  un  bisogno  da  lungo  tempo  sentito. 

«Siccome  gli  articoli  da  inserirsi  non  debbono  ri- 
ferirsi solo  ad  oggetti  puramente  politici,  ma  bensì 
abbracciare  disposizioni  e  misure  amministrative  del 
governo,  come  pure  i  molteplici  benefici  che  S.  M.  si 
degna  di  accordare  a  suoi  sudditi  in  tutto  il  territorio 
della  monarchia,  specie  nelle  provincie  Lombardo- 

GUNETTI.  14 


—   2IO   — 

Venete....  così  desidero  conoscere  anche  da  lei  quali 
individui  secondo  la  sua  opinione,  sieno  da  sceglierà 
alla  redazione...  avuto  riguardo  alla  loro  abilità,  alle 
cognizioni  e  alla  buona  volontà,  come  pure  all'espe- 
rimentata  affezione  all'  I.  R  Governo  ed  a*  suoi  prin- 
cipi, e  se,  e  come  nel  caso  sieno  da  rimunerarsi  le  loro 
prestazioni.  » 

E  malgrado  tutto  il  già  detto,  l'oculato  governa- 
tore insiste  sulla  caratteristica  di  tali  individui  ed  ag- 
giunge: 

«Non  isf uggirà  alla  di  lei  penetrazione  che  la 
maggior  difficoltà  consiste  per  una  parte  nella  scelta 
e  nel  modo  di  trattazione  di  argomenti  politici  e  dal- 
l'altra nel  ritrovare  tali  individui,  i  quali  con  estesa 
cognizione  dell'attuale  posizione  degli  Stati  Europei 
ed  una  continuata  osservazione  di  tutti  gli  avveni- 
menti pubblici  più  rilevanti,  nutrano  principi  monar- 
chici i  più  puri,  e  sieno  superiori  ad  ogni  dubbio,  e 
pienamente  degni  di  fiducia,  tanto  sotto  questo  aspet- 
to, quanto  riguardo  alla  loro  buona  volontà  ed  al- 
l'illimitata affezione  alla  serenissima  casa  imperiale 

«La  prego  di  esternarmi  in  proposito  il  suo  p^' 
rere  in  modo  particolareggiato  e  colla  maggior  pos- 
sibile sollecitudine»  (i). 

Ma  il  buon  pensiero  è  frustrato,  poiché  quella 
Direzione,  mentre  addita  gli  scrittori  che  potrebbero 
disimpegnare  il  non  facile  assunto,  le  pare  che  le 
loro  tendenze  politiche  non  potrebber  dare  tutto  quel- 
l'affidamento di  tranquillità  e  di  sicurezza  che  sono 
necessarie  in  punto  d'affetto  e  di  devozione  alla  mo- 
narchia ed  all'attuale  ordine  di  cose.  La  risposta  cosi 
suona  : 

«  In  codeste  provìncie  venete,  dove  la  morte  ha 

(i)  Documento  356.  Carte  segrete. 


^ 


-fH^R',   I 


—   211    — 

già  mietuto  vari  distinti  scrittori,  non  abbonda  a  dir 
vero  il  ntunero  di  que'  colti  e  svegliati  ingegni  che  ad 
una  scelta  ed  estesa  erudizione,  congiunta  a  profonde 
cognizioni  economiche,  politiche  ed  amministrative, 
abbiano  il  vanto  non  comune  d*ima  bella,  chiara,  insi- 
nuante dizione,  tanto  specialmente  necessaria  quando 
si  deve  parlare  colle  stampe  a  tutte  le  classi  della  ci- 
vile società,  e  guadagnarne  i  suffragi  e  l'opinione  nel 
senso  massimo  e  nelle  mire  di  un  illuminato  governo. 
€  Che  se  pure  ve  ne  ha  ancora,  e  di  questi  se  ne  farà 
cenno  in  progresso,  atto  forse  a  disimpegnare  il  non 
facile  assunto  di...  esso  non  potrebbe  affacciare  (  !...) 
con  gli  intimi  suoi  pensamenti  e  tendenze  politiche^ 
tutta  quella  tranquillità  e  sicurezza,  che  si  rendono 
necessarie  in  punto  di  attaccamento  e  di  devozione 
alla  monarchia  e  all'attuale  ordine  di  cose  (i). 

€  Però,  riflettendo  sempre  alla  difficoltà  di  poter 
rinvenire  non  solo  Tuomo  in  cui  si  riunissero  tutti  i 
desiderabili  requisiti,  ma  ben  anco  capace  di  inspirare 
una  piena  fiducia,  sia  nell'entrare  in  buona  fede  nello 
spirito  e  nelle  viste  del  governo,  sia  nel  ben  eseguire 
gli  ordini  e  le  istruzioni  che  glie  ne  potessero  deri- 
vare, senza  tema  di  vedere  o  compromessi,  o  mal  di- 
fesi i  suoi  diritti  ed  i  suoi  interessi,  io  sarei  anzitutto 
del  rispettoso  avviso,  che  nella  classe  particolarmente 
dei  pubblici  impiegati,  si  dovesse  raccogliere  princi- 
palmente l'individuo  destinato  a  compiere  l'impor- 
tante incarico  di  promovere  e  ben  dirigere  la  pubblica 
opinione  coi  mezzi,  e  nello  scopo  cui  saggiamente  con- 
templa il  prelodato  dispaccio,  ecc. 

cQual  guarentigia,  infatti,   potrebbe  offrire  un 

(i)  Pur  troppo  il  direttore  di  polizia,  Vendramini,  com- 
prendeva che  se  vi  erano  scrittori  adatti,  e  noi  ne  leggeremo 
m  seguito  i  nomi,  non  potevano  essere  che  caldi  patrioti, 
ben  lontani  dalPapprovare  il  sistema  di  governo  austriaco. 


—    214  — 

eli  sig.  spiro  Castelli,  valente  scrittore  e  tradut- 
tore di  varie  opere  straniere 

€  Il  sig.  Daniele  Manin,  avvocato  e  traduttore  di 
varie  opere  di  legislazione.... 

€  Nella  classe  poi  dei  pubblici  funzionari  quella 
fra  cui  si  crederebbe  meglio  convenire  la  scelta,  con- 
tansi  fra  gli   altri  gli  individui  appresso  citati: 

€  Il  sig.  Bartolomeo  Gamba,  vice  bibliotecario  del- 
la Marciana.  Antonio  Diedo,  segretario  dell'Acca- 
demia di  belle  arti.  Il  conte  Maniago  cons.  di  governo, 
I  segretari  governativi  Quadri,  Beltrame  ed  Anigoni, 
il  vice  segretario  conte  Dandolo,  il  segretario  della 
camera  di  commercio  Lodovico  Alberti,  Emilio  de 
Tipaldo,  prof,  presso  TI.  R.  Liceo  di  Marina,  Luigi 
Casarini  segretario  alla  congregazione  centrale  e  Giu- 
seppe Dembscher,  impiegato  alla  direzione  delle  pub- 
bliche costruzioni. 

€  Anche  fra  questi  però  non  tutti  potrebbero  es- 
sere fomiti  di  quel  tatto  fino  e  di  quella  esperienza, 
che  si  rendono  oltremodo  necessari  nella  compila- 
zione degli  articoli  da  inserirsi,  e  quindi  sarà  dell'il- 
luminata penetrazione  e  giudizio  della  superiore  au- 
torità, il  prescegliere  fra  essi  quello  che  più  vi  avesse 
la  bramata  attitudine,  e  possedesse  oltre  la  capa- 
cità di  ben  scrivere,  anco  le  maggiori  e  più  estese  co- 
gnizioni nei  tanti  svariati  rami  della  pubblica  amim- 
nistrazione»  (i). 

Cosi  il  poliziotto  termina  la  sua  esposizione  in  at- 
tesa di  quelle  disposizioni  che  vorrà  prendere  Tauto- 
rità. 

Le  idee  del  governatore  non  erano  da  sprezzarsi, 
anzi  mostrava  di  fare  un  passo  sulla  via  di  quella 
tanto  sospirata  libertà,  che  più  d'ima  volta  invoca- 

(i)  Carte  segrete.  Documento  358. 


—  ai3  — 
zione,  che,  infine,  le  discussioni  ed  i  ragionamenti 
sieno  mai  sempre  condotti  con  arte,  accorgimento  e 
finezza,  evitando  le  frasi  ampollose  ed  esagerate,  che 
tradiscono  d'ordinario  lo  scrittore,  inducono  il  so- 
spetto e  la  diffidenza  nei  lettori,  e  ponno  assai  facil- 
mente produrre  un  effetto  diverso  da  quello  cui  deve 
mirarsi. 

e  Ove  poi  non  si  credesse  prescegliere  e  fissare  an- 
ticipatamente uno  o  pili  individui  pel  trattamento  di 
simili  oggetti,  parrebbe  che  il  migliore  sistèma  da  se- 
guirsi sarebbe  forse  quello  di  confidare  in  via  riser- 
vata.... la  redazione  di  tali  articoli  allo  stesso  redat- 
tore principale  della  Gazzetta  in  luogo,  quale  dovreb- 
be esser  meglio  d'ogni  altro  atto  alla  polemica  dei 
giornali,  dando  ad  esso  i  materiali  che  pur  gli  fossero 
necessari,  laddove  ei  mancasse  delle  opportune  no- 
tizie e  cognizioni,  e  salvo  sempre  il  previo  esame  e 
correzione  dell'articolo  da  inserirsi,  ond'egli  abbia  a 
riescire  possibilmente  conforme  alle  viste  ed  allo  spi- 
rito del  governo. 

f  Parlandosi  ora  dei  vari  individui  che  potrebbero 
essere  adatti  all'impresa,  e  hanno  stanza  perenne  in 
Venezia...  hannovi  fra  gli  altri  i  seguenti....  ma  questi 
non  lasciano,  siccome  ebbesi  già  l'onore  di  superior- 
mente osservare,  tutta  la  desiderabile  tranquillità  e 
sicurezza  rispetto  ai  loro  pensamenti  politici,  se  pure 
va  esente  da  censura  l'esterno  loro  contegno. 

«Sono  dessi,  omettendosi  di  parlare  del  sig.  Don 
Luigi  Locatelli,  attuale  redattore  della  gazzetta  pri- 
vilegiata... 

«Il  sig.  Erminio  Carrer,  uno  degli  attuali  redat- 
tori del  giornale  //  gondoliere. 

«Il  sig.  Nicolò  Tomaseo,  uno  dei  collaboratori 
della  soppressa  Antologia  di  Firenze, 

«Il  sig.  Luigi  Pezzoli,  letterato  e  maestro  di  belle 
lettere. 


—  2l6  — 

medesimi  separatamente  dovevano  già,  durante  il 
passato  inverno  mettersi  in  viaggio  dalla  Svìzzera, 
distanti,  l'uno  dall'altro  da  otto  a  dieci  giorni,  onde 
giungere  cosi  per  l'estate  futuro  nelle  vicinanze  di 
Pietroburgo  e  poter  eseguire  il  loro  atroce  proponi- 
mento. 

«  Uno  di  costoro  si  chiama  Muller,  e  sembra  pure 
che  sia  già  partito,  o  prossimo  a  partire  per  la  Lom- 
bardia e  per  l'Austria  ;  costui  è  di  statura  piccola,  va- 
juolato,  con  favoriti  neri  e  credesi  munito  di  passa- 
porto rilasciato  dal  Cantone  di  Vaud  ;  come  pure  si 
nominano  per  congiurati  certi  Coloma  Felice,  Lies- 
sinsky  o  Liepnsky  e  Walewsky  (i). 

«Dovendosi  ritenere  quasi  con  certezza,  che  tali 
individui  viaggeranno  con  passaporti  falsi,  e  sotto 
finti  nomi  e  caratteri,  così  rendesi  sommamente  neces- 
sario che  tutti  i  viaggiatori  (principalmente  que/ii 
della  classe  media)  provenienti  dalla  Francia,  Ger- 
mania, Svizzera  ed  Italia  meridionale  e  la  cui  pronun- 
cia lasciasse  qualche  dubbio,  siano  assoggettati  al  più 
rigoroso  trattamento  di  polizia  specie  quelli  mMtxitx 
di  passaporti  svizzeri...  »  Termina  il  documento  rac- 
comandando la  più  scrupolosa  sorveglianza  e  nel  caso 
di  scoperta  di  qualcuno  di  essi,  siano  immediatafnen- 
té  arrestati  e  fatti  scortare  colle  dovute  cautele  a  di- 
sposizione della  polizia^  previo  una  rigorosa  perqui- 
sizione (2). 

(1)  E'  davvero  ammirabile  di  quanta  esattezza  siano  k 
informazioni  della  polizia  in  proposito. 

In  quest'anno  Cesare  Cantù  trovavasi  nelle  prigioni  di 
Santa  Margherita  dove  con  un  inchiostro  speciale  fabbricato 
col  fumo  delle  candele  di  sego,  scrive  sulla  parte  bianca 
di  un  vecchio  atlante  che  gli  si  era  concesso,  la  Marglverìifi 
Pusterla, 

Rassegna  Nazionale  !<>  Settembre  1900,  pag.  192. 

(2)  Carte  segrete.  Documento  432. 


-  217  — 

Ed  alla  setta  polacca  si  aggiunge  una  società  di 
avoranti  artigiani  disoccupati,  che  un'altra  nota  del- 
a  polizia  dice  assai  pericolosa  alla  pubblica  sicurezza 
ì  avverte  come  parte  dei  membri  di  questa,  sieno  mu- 
liti  di  ricapiti  di  viaggio  falsificati,  parte  impron- 
:ati  con  suggelli  d'ufficio  genuini,  rubati,  o  contraf- 
fatti e  recano  seco  anche  apparati  di  attossicamento  ! 
Conchiude  la  nota  : 

«Mi  prendo  la  libertà  di  rendere  avvertita  di  que- 
sta notizia  V.  E.  per  l'opportuno  uso,  e  segnatamente 
affinchè  voglia  raccomandare  alle  autorità  di  polizia 
^d  agli  uffici  di  sorveglianza  ai  confini,  di  osservare 
rigorosissimamente  le  vigenti  prescrizioni,  relativa- 
mente agli  artigiani  viaggianti,  di  esaminare  esatta- 
mente i  libretti  di  scorta  e  gli  altri  ricapiti  di  viaggio 
di  tali  individui,  riguardo  alla  loro  autenticità,  ed 
usare  una  particolare  attenzione  per  Io  scoprimento 
delle  marche  segrete,  che  per  avventura  vi  si  trovas- 
sero e  si  riferissero  ad  un  comune  legame,  sorveglian- 
do per  altro  particolarmente  la  comparsa  del  sarto 
lavorante  Cristoforo  Link  e  del  conciapelli  Ernesto 
Wunder,  descritti  nell'allegato  ed  indicanti  come  fab- 
bricatori di  tali  sigilli,  e  provocando,  in  caso  del  lor 
rinvenimento,  la  legale  procedura  in  confronto  dei 
medesimi  (i)», 

E  la  polizia  non  rimane  neghittosa  ed  appena  rac- 
colte notizie  di  nuove  associazioni  anche  negli  Stati 
tedeschi,  ne  dà  avviso  alle  singole  sedi  degli  ii.  rr. 
Commissari. 

Ecco  due  rapporti  del  settembre  di  quest'anno 
della  Direzione  superiore  di  Venezia.  Nel  primo  fa 
noto  come  i  rivoluzionari  tedeschi,  abbiano  scelto  per 
punto  centrale  delle  loro  macchinazioni  la  capitale 

(i)  Documento  434.  Carte  segrete. 


—  2l8  — 

della  Francia,  erigendovi  un  nuovo  comitato,  sotto  il 
nome  di  Colleganza  dei  minatori^  che  tale  società  di- 
venne assai  forte,  numerosa  ed  attiva,  estendendo  le 
sue  ramificazioni  in  molti  paesi  della  Francia,  della 
Germania  e  della  Svizzera,  che  la  maggior  parte  di 
essa  è  composta  di  braccianti,  tutti  dipendenti  dal  Co- 
mitato centrale  rivoluzionario  tedesco.  Nota  ancora 
che  questo  stabilì  di  spedire  in  Germania  appositi 
emissari,  con  incarico  d'informarsi  minutamente  cir- 
ca le  pratiche  e  le  abitudini  dei  principi  :  che  fra  tali 
incaricati  si  trovano  certi  Liehr  danese,  Eckelberg  di 
Amburgo  e  Kempf  già  ufficiale  al  servizio  dell'Assia, 
tutta  gente  coraggiosa  e  piena  di  acuto  discerni- 
mento. 

Nel  seconde  ordina  che  vengano  accuratamente 
ispezionati  i  libretti  di  viaggio,  respingendo  rigoro- 
samente i  vagabondi,  gli  oziosi  e  coloro  che  si  pre- 
sentassero privi  di  ogni  mezzo  di  sussistenza. 

«  Circa  poi  i  tre  emissari  nominati,  si  facciano  \^ 
solite  prenotcLzioni,  e  nel  caso  di  loro  comparsa  siano 
arrestati,  e  trattati  a  norma  di  legge. 

«  Di  tutto  poi,  ingiunge,  venga  fatto  im  particola- 
reggiato rapporto»  (i). 

Né  si  pensi  che  la  riunione  di  tali  associazioni  nel- 
l'impero, sieno  capitate  adosso  per  sorpresa,  e  che  la 
vigile  polizia  non  abbia  preveduto  e  tentato  anche  di 
provvedersi  a  tempo.  Parecchi  mesi  prima,  fin  dal 
marzo,  una  circolare  agli  ii.  rr.  Commissari  supe- 
riori provinciali  avvisava,  come  da  «una  confiden- 
ziale ri  f erta  pervenuta  all'Autorità  superiore  emerge- 


(i)  Carte  segrete.  Dee.  435  e  436.  Come  il  lettore  vede 
non  erano  solo  i  sudditi  del  L.  V.  che  tramavano  contro 
TAustria,  o  si  preparavano  alla  riscossa,  il  desiderio  di  li- 
bertà pullulava  anche  nell'impero  stesso  che  si  teneva  in- 
crollabile. 


—  219  — 

sbbe,  che  la  propaganda  rivoluzionaria  non  ancor 
tanca  delle  colpevoli  sue  trame,  tentasse  di  nuovo  di 
ovvertire  Tordine  politico  d'Italia  e  segnatamente 
Ielle  Provincie  austriache,  cercando  di  subornare  il 
ailitare  austriaco  ivi  stazionato,  e  di  spedire  a  tale 
icopo  nella  penisola  emissari  tedeschi,  polacchi  e 
francesi  ». 

e  Di  tali  pericolosi  divisamenti  già  fu  informato 
l'i.  r.   Comando  generale  di  questo  regno  per  l'oppor- 
tuna sorveglianza  sopra  le  guarnigioni  di  queste  Pro- 
vincie, e  le  relazioni  che  il  militare  fosse  per  incon- 
trare e  coltivare   con   persone   sospette  tanto  estere 
quanto  indigene,  ma  ciò  nondimeno  rendesi  necessa- 
rio che  anche  l'autorità  di  polizia,  attivi  dal  canto  suo 
una  diligente  e  rigorosa  sorveglianza  diretta  al  me- 
desimo fine,  specialmente  sui  forastieri  esteri  che  per- 
verranno in  queste  provincie  nella  prossima  prima- 
vera, e  che  si  mostrassero  in  rapporti  con  militari,  al 
quale  importante  oggetto  debbo  impegnare  anche  co- 
desti ii.  rr.  Commissari  superiori,  a  voler  impartire 
subito  le  opportune  misure  ed  istruzioni  positive  a  chi 
spetta;  informando  l'Autorità  di  qualunque,  anche 
lieve  emergenza  e  rilievo  in  proposito,  massime,  se  mai 
si  riferisse  ai  temuti  eventuali  tentativi  di  seduzione 
militare  (i). 

E  non  mancava  all'Austria  chi  si  offriva  di  farsi 
delatore.  Un  Bernasconi  di  Chiasso  s'impanò  di  vi- 
gilare le  persone  e  i  libri  che  passavano  pel  monte 
Bisbino  e  per  la  valle  della  Breggia.  Ma  la  Giovine 
Italia  pareva  più  diretta  a  generare  martiri  che  ad  as- 
sicurare la  vittoria.  Il  Cavour  ed  il  Mazzini  stesso 
hanno  parole  acerbe  anche  per  i  giovani  emigrati  al- 
l'estero. Il  primo  scrivendo  ad  una  signora  a  Parigi, 

(i)  Carte  segrete.  Doc.  371. 


—  220  — 

cosi  si  esprimeva:   cLe  turbolenze  politiche  hanno 
costretto  i  più  nobili  figli  dltalia  a  fuggire.  Gli  uo- 
mini più  illustri  del  mio  paese  sono  fuori  di  patria, 
e  la  maggior  parte  venne  a  Parigi.  Ma  il  loro  inge- 
gno che  prometteva  di  elevarsi  ben  alto  sotto  il  cielo 
della  patria,  si  è  snervato  all'estero  :  non  uno  solo  ha 
avverato  le  brillanti  speranze  che  aveva  fatto  nascere. 
Quanti  ne  ho  conosciuti  personalmente,  mi  hanno  ad 
dolorato  profondamente  porgendomi  lo  spettacolo 
di  grandi  facoltà  rimaste  sterili  ed  impotenti...  La  mia 
risoluzione  è  ferma  :    non  separerò  le  mie  sorti  da 
quelle  dei  Piemontesi  ;  felice  o  no,  la  mia  patria  avrà 
tutta  la  mia  vita.  »  Anche  Mazzini  mostravasi  scon- 
tento di  quei  profughi  «che  egli  aveva  fino  a  quel 
giorno  ammirati  rappresentanti  Tanirno  segato  d'I- 
talia »  e  che  vedevano  la  Francia  come  il  loro  tutto, 
la  politica  come  un  calcolo  diplomatico  di  transa- 
zione opportuna,  anziché  fede  e  morairtà. 

Malgrado  tutti  gli  sforzi  dell'Autorità,  malgrado 
tutta  la  sorveglianza,  le  cose  vanno  di  male  in  peg; 
gio  ;  ne  è  prova  un'altra  ordinanza  dell'ottobre,  sem- 
pre diretta  ai  commissarii  superiori,  nella  quale  dopo 
aver  richiamato  altra  circolare  dell'agosto,  in  cui  si 
faceva  noto  che  a  Strasburgo  si  fabbricavano  falsi 
passaporti  litografati,  per  fornirne  gli  agenti  ed  emis- 
sari rivoluzionari  dipendenti  dai  comitati  francesi  ed  \ 
incaricati  di  viaggiare  in  Germania  ed  in  Italia  onde 
fomentarvi  lo  spirito  di  sedizione  e  preparare  nuovi 
sconvolgimenti  politici  ;  aggiunge  :  e  come  anche  a 
Francoforte  sul  Meno  venissero  dal  Comitato  rivolu- 
zionario tedesco  fabbricati  anche  dei  libretti  di  viag- 
gio (Wanderbiicher)  destinati  allo  scopo  accennato, 
ed  è  perciò  raccomandata  la  massima  vigilanza  so- 
pra que'  viaggiatori  che  si  presentassero  muniti  di 
tali  libretti....  facendo  spaiale  attenzione  alla  prove- 


—  221    — 

enza,  alla  fermata,  alle  condizioni  personali,  alle 
rme  delle  Autorità  riportate  lungo  il  cammino  sui 
bretti  stessi  (i). 

Siccome  quest'anno  il  carnovale  non  contava  poco 
iù  che  una  quarantina  di  giorni,  cadendo  la  quare- 
ima  il  i6  febbraio,  cosi  si  pensava  a  divertirsi  presto, 
uindi  feste  e  spettacoli  su  tutta  la  linea.  Al  nostro 
lassimo  furoreggiava  la  Malibran  colla  Lucrezia 
^orgiay  datasi  allora  per  la  prima  volta.  Il  nostro  Ro- 
yòXìi  nella  serata  d'addio,  stampò  una  bellissima  ode, 
a  quale,  a  parte  il  suo  classicismo,  mostra  l'interessa- 
Qento  che  il  pubblico  prendeva  allo  sfarzo  di  voce 
d  alla  scena  di  cui  era  dotata  l'esimia  artista  (2). 

E  perchè  non  si  dica  che  fosse  il  solo  Romani  a 
trovare  entusiasmo  per  la  distinta  cantante,  ecco 
i^uanto  avviene  nello  studio  di  un  redattore  del  no- 
stro giornale  ufficiale  verso  la  metà  di  ottobre  di  que- 
st'anno. 

La  Malibran,  come  si  disse,  chiamava  gente  da 
tutte  le  parti  per  udirla  :  fra  questa  venne  tra  gli  altri 
espressamente  da  Vigevano  il  poeta  Regaldi.  Appe- 
na giunto,  è  dal  redattore,  e  naturalmente  chiede  con- 
to dell'artista.  —  «Andate  a  sentirla,  gli  risponde 
questi,  è  la  seconda  rappresentazione  dei  CapuLetiì>. 
Nella  sera  il  poeta  è  al  teatro,  e  la  mattina  seguente 
ritorna  dal  redattore.  «  Non  ho  dormito,  dice,  colei  è 
un  genio.»  «Siamo  d'accordo,»  gli  risponde  questi, 
«nella  scena  delle  tombe  è  meravigliosa.» 

E  il  poeta  continuava  a  passeggiare  per  la  camera 
e  declamava  a  bassa  voce  :  erano  due  o  tre  strofe  di 
un'ode,  che  rimenandosi  pel  letto,  aveva  messo  insieme 

(i)  Carte  segrete.  D oc.  272. 

(2)  Chi  è  vago  di  leggerla  può  trovarla  nella  nostra 
Gazzetta  privilegiata  di  quest'anno. 


dopo  il  teatro.  —  Belle,  disse  il  redattore,  ed  egli  ani- 
mato continuava  a  declamare.  E  scrisse  e  si  stampò 
anche  questa. 

Non  tutti  però  sdilinquivano  pei  gorgheggi  del- 
l'artista, e  fra  gli  uomini  di  sano  intelletto,  girava 
una  poesia  di  Cesare  Ccintù,  fatta  stampare,  non  dal- 
l'autore, che  solo  l'aveva  letta  in  un  circolo  d'amici, 
ma  da  questi  stessi.  Il  giovane  storico  col  geaaeroso 
entusiasmo  dell'età,  rimproverava  ai  nostri  babbi  co- 
deste smancerie,  che  avevano  scolpito  busti  e  coniate 
medaglie  per  artisti  e  nulla  avevano  fatto  per  Mel- 
chiorre Gioia.  E  non  dava  colpa  ai  tempi,  e  scriveva 
apertamente  : 

è  colpa  nostra 

Noi  che  l'alme  eviriamo  e  a  la  negletta 
Virtude  appena  consentendo  un  tozzo, 
Andiam  perduti  a'  fulgidi  nienti 
A  femineo  trillar  che  snerva  i  cuori  ». 

Per  tacere  degli  altri  teatri  i  quali  sfoggiavano 
quanto  avevano  di  buono  nei  loro  repertori,  diremo 
delle  feste  private.  Il  conte  Cesare  Castelbarco,  noto 
musicofilo,  ne  diede  una  assai  chiassosa,  dove  alla 
quantità  dei  pezzi  musicali  di  ottima  scelta  e  di  buona 
esecuzione,  si  aggiungeva  la  schietta  cortesia  dei  pa- 
droni. Fu  una  riunione  che  fece  epoca  :  vi  intervenne 
anche  la  vice-regina. 

Altra  festa  che  rallegrò  Milano  in  questo  carne- 
vale fu  quella  data  al  Casino  dei  Nobili.  I  periodici 
ne  danno  descrizioni  mirabolanti.  Il  superbo  scaJone 
era  coperto  di  ricchi  tappeti  e  fiancheggiato  da  vasi 
in  fiore  d'ogni  sorta  :  le  sale  splendidamente  decorate 
ed  illuminate  ;  le  toelette  sfarzose,  ed  a  centinaia  si 
contavano  le  rappresentanze  del  sesso  gentile  :  cor- 
tesia, buon  umore  e  modi  cordiali  dappertutto. 

Notiamo  ancora  che  si  volle  ripetere  in  maggiori 


—  223     — 

>roporzioni  la  festa  datasi  in  galleria,  e  questa  volta 
\x  onorata  dalla  coppia  vicereale.  Se  crediamo  ai  cro- 
listi,  si  distribuirono  oltre  sei  mila  biglietti. 

A.  questa  segui  la  consueta  datasi  nel  nostro  mag- 
gior teatro,  e  accenniamo  pure  all'accademia  vocale 
id  istrumentale  del  giugno  che  ebbe  luogo  alla  5^- 
:iefà  del  Giardino,  assai  interessante  e  per  i  pezzi  che 
.tennero  cantati,  e  per  gli  artisti  esecutori,  quali  la 
Brambilla,  la  Pasta,  il  Varesi,  e  per  le  persone  che  in- 
tervennero essendo  anche  questa  stata  onorata  dai  vi- 
cereali. 

Né  sono  a  tacersi  i  trattenimenti  di  calcolo  men- 
tale ripetuti  dal  ragazzetto  palermitano  Giuseppe  Pu- 
gliesi novenne,  nelle  sale  del  ridotto  della  Scala.  Nel 
breve  tempo  di  due  ore,  egli  sciolse  ben  venti  quesiti, 
Tuno  più  difficile  dell'altro.  Né  si  può  dire  che  affa- 
ticasse, che  anzi,  placido  col  riso  sulle  labbra,  passeg- 
giando calmo,  dava  sciolto  in  pochissimi  minuti  Far- 
duo  problema,  e  si  trattava  di  estrazione  di  radice 
quadrata  o  cubica  di  quattro  a  sei  cifre. 

Curioso  fu  un  problema  che  gli  venne  dato,  in 
una  serata  al  teatro  Re,  eccolo  : 

Un  impresario  ha  scritturato  per  30  recite  una  ce- 
lebre cantante,  e  qui  gli  sguardi  degli  spettatori  si 
volgevano  al  palco  dove  trovavasi  la  Malibraa  Erasi 
convenuto  tremila  lire  per  sera  di  ogni  opera  seria  e 
2500  per  ogni  opera  buffa.  Ebbe  lire  85,500.  Quante  ne 
avrà  eseguite  di  serie  e  quante  di  buffe. 

Fu  l'affare  di  cinque  minuti,  lo  sguardo  del  ra- 
gazzetto si  volse  egli  pure  al  palco  e  rispose  :  Ven- 
tima  serie  e  nove  buffe.  Che  bell'aiuto  sarebbe  stato 
questo  ragazzo  ai  nostri  scolari  ! 

Peccato  che  quel  carnovale  cosi  felicemente  inau- 
gurato, e  tanto  fecondo  di  divertimenti  d'ogni  genere, 
abbia  tolto  al  popolino  il  consueto  divertimento  della 
battaglia  dei  coriandoli. 


—  234  — 

La  mattina  del  i  S  febbraio  si  presentava  con  un 
orizzonte  bianchiccio,  tirava  una  brezzolina  frizzante, 
che  faceva  alzare  il  bavero  dei  mantelli  agli  uomini 
e  stringere  le  pelliccie  intomo  alla  vita  alle  signore.  I 
noleggiatori  di  abiti  da  maschere  e  i  venditori  di  co- 
riandoli, davano  uno  sguardo  melanconico  a  quel 
cielo  cupo  e  grigiastro,  crollando  il  capo  ;  non  era  an- 
cora il  mezzogiorno,  e  qualche  pulviscolo  di  neve  co 
minciava  a  svolazzare  per  Taria  ;  quando  fu  il  mo- 
mento di  disporre  la  cavalleria  agli  sbocchi  delle  vie. 
che  mettono  all'attuale  corso  Venezia,  la  neve  cadeva 
a  larghe  falde,  sebbene  la  turba  del  popolino,  costi- 
tuito in  gran  parte  dai  braccianti,  che  a  quell'ora  ave- 
vano secondo  il  consueto,  smesso  il  lavoro,  e  dai  bot- 
tegai che  avevano  dato  di  catenaccio,  formicolava 
pel  corso  (i).  Così  tirava  avanti  la  vita  milanese,  in 
apparenza,  tranquilla. 

I  nostri  pompieri,  che  diedero  ottimo  saggio  nel 
l'estinzione  del  grande  incendio  di  Saronno,  di  cui  si 
è  fatto  cenno  più  indietro,  nell'aprile  di  quest'anno 
fecero  bella  prova  a  Corsico.  Il  fuoco  si  era  appiccato 
ad  un  magazzeno  di  legna  e,  propagandosi  con  una 
rapidità  spaventosa,  causa  anche  il  vento  che  spirava 
gagliardo,  minacciò  molti  abitati  vicini.  I  pompieri  vi 
accorsero  unitamente  a  parecchi  gendarmi  e  guardie 
di  polizia.  Si  fecero  sforzi  veramente  inauditi,  p^^' 
che,  malgrado  l'incessante  lavoro,  il  fuoco  durò  fino 
ad  ora  tarda  del  giorno  successivo  ;  infine  fu  vinto  ^ 
quello  che  la  storia  deve  con  compiacenza  registrare, 
si  è  che  non  vi  perì  alcuno. 

Inutile  il  dire  che  la  sciagura  in  certo  modo  portò 
giovamento,  poiché  dietro  suggerimento  di  meccanici 


(i)  Vedi  Cassetta  di  Milano,  appendice  di  questo  giorno 


-    225   — 

ira-tilici  si  perfezionarono  le  macchine,  che  servivano 
V  estinzione. 

E  un  altro  incendio  scoppiò  pure  nello  studio 
elio  scultore  Marchesi  la  mattina  del  24  maggio. 
lolti  furono  i  capi  d'arte  guasti  o  distrutti,  fra  i 
uaAi  il  modello  della  statua  di  re  Carlo  Emanuele 
llogata  allo  scultore  dalla  città  di  Novara,  e  il  gran 
nasso  di  marmo  di  Carrara  destinato  per  questa.  La 
stteratura  però  vi  fece  un,  guadagno,  poiché  il  Ro- 
tiaiii  stampò  a  tale  proposito  una  bellissima  ode. 

Nel  luglio  abbiamo  avuto  la  visita  del  terremoto  ! 
Fu  una  leggiera  scossa  ondulatoria  da  N.O.  a  S.E,  ac- 
iomX>agnata  da  sibilo  acutissimo  e  nella  mattinata 
del  9  agosto  susseguente  l'orizzonte  si  presentò  al- 
quanto cupo,  cadde  grandissima  piova  accompagnata 
da  lampi  e  tuoni.  I  pedestri  affrettavano  il  passo,  la 
sferza  del  cocchiere  fischiava  sulla  groppa  dei  cavalli 
ed  il  rumor  dei  veicoli  più  frequente  costituiva  un  fra- 
stuono senza  nome  unendosi  al  rombo  del  tuono.  Sul 
corso  di  Porta  Romana  messo  a  soqquadro  per  rico- 
struirvi il  selciato,  cadde  il  fulmine,  che  in  un  istante 
colpì,  abbattè  e  rovinò. 

Era  quasi  il  meriggio,  il  fulmine  penetrò  nella 
bottega  di  un  caffettiere  ed  aveva  bruciato  le  vesti  alla 
figliuoletta,  che  vi  si  trovava  a  caso,  entrò  pure  nello 
stallagio  di  S,  Lazaro,  danneggiò  gli  arnesi  di  un  ven- 
ditore di  latte,  quindi  serpeggiando  intorno  alla  casa 
giunse  fino  al  tetto,  rovinando  la  superficie  del  muro 
e  strisciando  or  dentro,  or  fuori  degli  appartamenti, 
riempiendo  di  terrore  i  negozi  situati  sulla  linea  del 
teatro  Carcano  :  fortunatamente  non  vi  furono  vittime 
E  le  pioggie  recarono  disastri  anche  in  altre  parti 
della  Lombardia  e  della  Venezia.  L'Adda  e  la  Mera 
con  tutti  i  loro  affluenti,  si  misero  in  tale  piena,  che  su- 

GiÀNETTi.  Cronistoria.  15 


—  226  — 

però  quella  del  1829.  Nella  Valtellina,  fra  Morbegiio 
e  Sondrio,  fu  distrutta  la  sponda  sinistra  del  Masino  ; 
il  Mellero,  che  attraversa  Sondrio,  ingrossò  in  naodo. 
che  tutti  gli  abitanti  sulla  sinistra  del  fiume,  si  ritira- 
rono nelle  loro  case  site  in  luogo  sicuro. 

Intanto  però  alcune  delle  abitazioni  vicine  al  tor- 
rente vennero  trascinate  dalla  furia  delle  acque,  ed 
in  meno  di  tre  ore  quasi  tutta  la  sponda  sinistra  fu 
devastata  e  demolita  dalle  onde,  per  cui  si  aumentò 
lo  spavento  e  la  desolazione. 

La  piena  infieri  in  modo  tale,  che  in  un  baleno 
sormontando  tutti  i  ripari  e  qualunque  opera  di  resi- 
stenza, da  tempo  costrutta,  rovesciò  i  due  ponti,  tanto 
Fantico  di  pietra,  quanto  il  nuovo,  e  rovinò  dalle  fon- 
damenta ben  ventotto  case  lungo  il  fiume  che  attra- 
versa la  città. 

La  strada  dello  Spluga,  fu  dalle  ripetute  irruzioni 
del  Lira  distrutta  in  parecchi  tratti  sul  versante 
lombardo.  Similmente  gli  altri  torrenti  la  resero  im- 
praticabile nel  tronco  dalla  Serra  fino  al  villaggio 
dello  Spluga,  sul  versante  dei  Grigioni.  La  situazione 
dei  miseri  abitanti  era  lagrimevole,  giacché  in  parec- 
chi paesi  furon  distrutte  moltissime  case  unitamente 
a  tutti  i  mulini  con  perdita  anche  di  molte  persone. 

Tali  guasti  si  verificarono  anche  sulle  altre  strade 
della  Valtellina  e  del  Bergamasco,  principalmente 
nella  valle  Brembana.  I  particolari  sono  terribili  ed 
occorsero  abbondanti  elargizioni  per  diminuirne  le 
dolorose  conseguenze. 

La  nostra  città  continuò  ne*  suoi  abbellimenti  edi- 
lizi, e  prima  notiamo  l'appalto  per  le  opere  di  ricostru- 
zione del  corso  di  Porta  Comasina,  ora  Garibaldi, 
quindi  i  restauri  alla  chiesa  di  S.  Satiro,  sotto  la  di- 
rezione dell'architetto  Felice  Pestagalli. 


—    227    "~ 

Col  volgere  dei  secoli  questa  chiesa  era  deperita  in 
alcune  parti,  specie  negli  stucchi  a  basso  rilievo  di- 
pinti e  dorati,  che  giusta  la  tradizione,  ornavano  l'in- 
terno del  tempio  :  nel  1820  si  pensò  di  riparare  al- 
quanto, si  lavorò  alla  cupola,  ai  quattro  piloni  ed  al- 
l'aitar maggiore.  In  questo  anno  poi,  incoraggiata  la 
chiesa  e  la  fabbriceria  da  larghe  oblazioni  di  un  ge- 
neroso cittadino  milanese  (i),  l'architetto  pose  suo 
studio  principale  nel  riordinare  la  luce  ed  introdurre 
un  ordine  di  finestre  circolari  che  concordano  coll'or- 
dine  generale  del  tempio,  pensò  anche  alla  decora- 
zione, scegliendo  ornati  che  si  attenessero  alle  fonti 
più  pure  del  secolo  XV,  e  nelle  tinte  procuro  di  uni- 
formarsi a  quelle  della  cupola. 

In  quest'opera  fu  secondato  dai  pittori  Santo  Vel- 
si  e  Carlo  Giovanni  Fontana.  Dicesi  che  nel  praticare 
i  ristauri,  dietro  alcuni  confessionali  siensi  trovati  dei 
dipinti  pregiati,  giudicati  del  Borgognone,  e  per  lo 
stile,  e  perchè  è  noto  che  egli  lavorasse  in  questo 
tempio. 

Il  pittore  Comerio,  dipinse  a  buon  fresco  la  cu- 
pola del  tempio  di  S.  Sebastiano  per  commissione  del 
nobile  Vitaliano  Crivelli,  quel  bell'uomo,  che  taluno 
dei  nostri  lettori,  ricorderà  ancora  :  alto  della  per- 
sona, vestito  all'antica,  colla  zimarra  dalle  pieghe 
maestose,  coi  calzoni  stretti  stretti,  aderenti  alla  gam- 
ba nervosa,  come  una  maglia,  col  largo  colletto 
bianco,  che  scendevagli  sul  petto,  colle  lunghe  anella 
della  capigliatura  sulla  quale  era  gettato  un  cappel- 
laccio a  larghe  tese,  ma  non  privo  di  garbo.  Pareva 
una  figura  uscita  da  un  quadro  del  cinquecento,  che 


(i)  La  storia  non  ci  conservò  il  nome  del  donatore. 


—   228   — 

presentasse  un  tipo  di  quell'età,  mezzo  soldato  e  mezzo 
artista  (i). 

Furono  tanto  importanti  questi  lavori  che  il  Vi- 
ceré li  degnò  di  una  sua  visita  ;  peccato  che  la  morte 
incolse  il  pittore  ed  essi  non  furono  terminati. 

Importanti  furono  pure  ì  restauri  di  S.  Fedele. 

Era  generale  il  desiderio  di  veder  compiuta  que- 
sta facciata,  la  quale  allora  lasciata  imperfetta  in 
tutta  la  parte  superiore  al  cornicione,  presentava  aspet- 
to assai  meschino.  La  fabbriceria  si  rivolse  al  governo, 
e  questi  rispose  generosamente,  si  aggiunsero  le  of- 
ferte non  indifferenti  dei  parrocchiani,  cui  aveva  fatto 
appello  il  proposto  Ratti.  L'incarico  venne  affidato  al 
Pestagalli,  già  autore  dell'aitar  maggiore,  eretto  da 
pochi  anni  in  quel  tempio. 

Vi  si  lavorò  per  ben  due  anni  e  nel  1834  l'opera  fu 
compiuta  con  soddisfazione  del  pubblico. 

Si  migliorò  la  facciata  di  S.  Giuseppe,  e  fin  d'al- 
lora si  era  progettata  la  demolizione  della  chiesa  detta 
dei  servi  e  la  erezione  di*  un  tempio  dedicato  a  San 
Carlo  Borromeo,  con  gran  portico  o  pronao  quadrato 
e  con  una  piazza  davanti. 

Si  lavorò  pure  alla  Certosa  di  Pavia,  alla  rotonda 
dell'Incoronata  a  Lodi,  al  duomo  di  Como,  alla  torre 
delle  campane  ad  Urgnano  su  quel  di  Bergamo,  ed  a 
molte  chiese  di  altri  paesi  della  Lombardia. 

Si  ripararono  e  si  resero  praticabili  le  differenti 
strade,  state  danneggiate  dalle  pioggie  :  fu  compiuta 
la  circonvallazione,  lunga  quasi  dieci  chilom.  (9968)  : 
ridotti  a  comodo  passeggio  una  gran  parte  dei  bastio- 

(i)  Così  il  Romussi  nella  sua  Milano  che  sfugge^  il 
quale  aggiunge  che  fu  uno  dei  cittadini  più  popolari  di 
Milano,  uno  dei  preparatori  e  dei  combattenti  delle  Cinque 
Giornate,  esule  fino  al  1859,  seguace  di  Mazzini  e  di  Gari- 
baldi, serena  personificazione  del  patriotismo  più  puro. 


—  229  — 

ni  ;  raddrizzate  ed  allargate  molte  vie  della  città 
storte  ed  anguste,  ornandole  anche  di  bei  fabbricati, 
Primeggiava  fra  i  corsi  quello  dei  servi  (Vittorio 
Kmanuele  (i). 

E  la  nostra  città  pensò  anche  alle  arti  belle.  Si  pro- 
gettò un  monumento  airOriani,  si  espose  nelle  sale  di 
Brera  la  statua  del  Beccaria,  cui  abbiamo  accennato, 
raccontando  l'incendio  avvenuto  nello  studio  dello 
scultore  Marchesi  ;  a  Como  coll'intervento  del  gover- 
natore Hartig,  si  collocò  la  prima  pietra  pel  monu- 
mento ad  Alessandro  Volta  ;  una  bellissima  tela  rap- 
presentante Maria  Teresa  venne  dal  pittore  Comerio 
regalata  alla  nostra  Braidense. 

La  consueta  premiazione  al  conservatorio  nota  fra 
i  premiati  nel  bel  canto  la  signorina  Giuseppina 
Strepponi,  che  più  tardi  divenne  moglie  al  nostro 
Verdi  (2)  ;  finalmente  una  grande  solennità  accolse 
il  governatore,  il  cardinale  arcivescovo  ed  altri  titolati 
per  la  distribuzione  dei  premi  d'incoraggiamento  al- 
l'industria. 

L'insegnamento  letterario  era  così  coordinato  : 
L'asilo  infantile  che  raccoglieva  i  bambini  da  due 
a  sei  anni  ;  la  scuola  elementare  che  si  divideva  in 
minore  e  maggiore  :  la  prima  si  arrestava  alla  terza 
classe,  la  seconda  ne  percorreva  una  quarta  alla  sua 
volta  divisa  in  due  anni.  A  tali  scuole,  che  si  chiama- 
vano diurne,  si  aggiungevano  le  serali  e  le  festive  per 


(i)  Succinta  descrisione  della  Corsia  dei  Servi.  Milano, 
Pirola  1834. 

(2)  Era  nata  a  Lodi  nel  181 5  ed  era  figlia  di  certo  Fe- 
liciano,  scrittore  d'opere.  Esordì  al  teatro  comunale  di 
Trieste  nella  Matilde  di  Shabran  del  Rossini  ;  nel  9  marzo 
del  1842  fu  la  prima  interprete  del  Nabucco,  Passata  a  nozze, 
lasciò  le  scene.  Morì  il  14  novembre  del  1897. 


—  230  — 

comodo  di  quei  ragazzi  impossibilitati  a  frequentare 
le  prime. 

Chi  poteva  pagare  aveva  a  sua  disposizione  gli 
istituti  privati,  e  fin  da  quest'anno  ve  ne  erano  di  buo- 
ni, avuti  in  ottima  vista  anche  dal  Governo,  quali  il 
Pietrasanta,  lo  studio  del  ragioniere  Bariola,  la  scuola 
Isimbardi,  la  Lambertini,  una  particolare  per  l'inse- 
gnamento della  calligrafia,  diretta  da  certo  Giovanni 
Siley,  l'istituto  Cavena^o  ed  un  altro  femminile  di- 
retto dalle  sorelle  Mosso. 

Per  quanto  ci  consta  nelle  nostre  scuole  vuoi  pub- 
bliche, vuoi  private  non  erano  adottati  que'  sistemi  da 
aguzzino  che  leggiamo  essere  stati  in  vigore  nelle 
scuole  Toscane  (i).  Il  Sacchi  che  fu  nei  primi  anni 
sottosegretario  alla  Pubblica  Istruzione  e  col  quale 
eravamo  in  ottimi  rapporti,  ci  confessò  che  nessun 
rapporto  m  proposito  venne  mai  sporto  all'Autorità 
E  noi  gli  crediamo. 

Una  disposizione  che  fece  molto  onore  al  Governo 
fu  il  riordinamento  delle  scuole  universitarie  degli 
allievi  farmacisti. 

Era  già  stato  stabilito  che  tali  giovani  prima  di 
presentarsi  all'università  dovevano  subire  un  tiro- 
cinio di  quattro  anni  presso  una  farmacia  approvata. 
Ora  si  aggiungeva  che  il  corso  farmaceutico  alla  uni- 
versità constava  di  due  anni.  Nel  primo  s'insegnava- 
no :  La  mineralogia,  la  zoologia  e  la  botanica  ;  nel 
secondo  la  chimica  generale  e  la  farmaceutica. 

Vale  la  pena  di  raccontare  il  cerimoniale  con  cui 
si  apriva  la  nostra  università  pavese,  che  per  solito 
aveva  luogo  il  4  novembre. 


(i)   FRANCESCO  Guerrazzi.  Noie  autobiografiche.  -  Le 
M^unnicr  1899. 


—  231   — 

Presenziavano  la  funzione  il  governatore  della 
Lombardia,  il  vescovo  locale,  le  Autorità  civili  e  mi- 
litari ed  il  Corpo  insegnante  ;  in  tale  occasione  era 
pure  proclamato  il  nuovo  rettore  magnifico,  che  in 
quest'anno  fu  il  dottor  Volpi,  professore  di  diritto 
mercantile  e  cambiario. 

Nell'annessa  Cappella  era  celebrata  una  messa  in 
musica,  quindi  cantato  il  Veni  Creator,  il  professore 
incaricato  leggeva  il  discorso  inaugurale.  Le  lezioni 
regolari  incominciavano  qualche  giorno  dopo. 

Fra  le  pubblicazioni,  segnaliamo  una  versione  dal 
francese  della  Vita  del  duca  di  Reickstadt ;  alcune 
lettere  inedite  di  Francesco  Berni;  \^  Ricerche  stori- 
co-critiche sulle  origini  e  sui  perfezionamenti  delle 
scienze^  del  Proposto  Amati  ;  la  Gismonda  di  Men- 
drisio  del  Pellico  ;  il  Compendio  della  storia  di  Mi- 
lano di  Gian  Luca  della  Somaglia.  Adriano  Balbi, 
uomo,  dice  il  Cantù,  da  farsi  fare  i  libri  dagli  altri, 
fu  nominato  I.  R.  Consigliere  di  Stato  ed  i  periodici 
lodano  i  suoi  lavori  geografici  ;  Defendente  Sacchi 
raccoglie  in  libro  i  suoi  racconti  apparsi  a  quando  a 
quando  nell'appendice  del  diario  cittadino  ;  Giulio 
Carcano  pubblica  \Ida  della  Torre,  un  episodio  della 
calata  di  Enrico  di  Lussemburgo  ;  malgrado  Tastio 
della  polizia  il  Barbieri  ha  l'onore  di  veder  pubbli- 
cato nelle  colonne  del  diario  cittadino  la  benedizione 
pronunciata  nell'ultima  predica  del  quaresimale  a 
Padova,  dove  quantunque  velatamente,  è  qualche  ac- 
cenno all'Italia  ;  il  prof.  Defendi  mette  fuori  parec- 
chi ragionamenti  sul  dolore  estetico  e  sull'entusia- 
smo ;  gli  archivi  sono  messi  sossopra  e  vien  scoperto 
un  nuovo  manoscritto  di  Torquato  Tasso  in  casa  Fal- 
conieri, sono  rime  in  parte  amorose,  in  parte  sdegno- 
se ;  aggiungiamo  la  pubblicazione  deWdiLuisa  Strozzi 


—   232   ~ 

del  Rosina,  di  cui  Fabate  Ambrosoli  scrisse  allora  una 
bella  recensione.  Eustacchio  Fiocchi  diede  in  luce  le 
sue  Prose  e  Poesie;  una  bella  recensione  si  legge  nei 
periodici  sulle  rime  piacevoli  di  un  Toscano,  pubbli- 
cato a  Como  dairOstinelli.  Un  giornale  cittadino 
PEco,  che  tiene  i  suoi  uffici  nella  galleria  De  Cristo- 
foris,  pubblica  l'elenco  alfabetico  dei  giornali  scien- 
tifici, politici,  letterari,  ecc.,  dei  quali  accorda  la  let- 
tura gratuita  agli  abbonati  a  quel  periodico.  Essi 
sommano  a  153,  cioè  59  italiani  ;  48  francesi;  33  te- 
deschi e  13  inglesi.  Solo  a  Milano  oltre  la  Gazselta 
si  contano  14  periodici. 

Tra  le  consuete  pubblicazioni  di  almanacdii  no- 
tiamo :  quelli  del  Sonzogno  :  VApe  delle  strenne; 
Avventure  di  Federico  e  Elisa;  Imìlda;  Notizie  d: 
un  viaggio  nella  luna;  I amore  delle  tre  melai ancu: 
la  botanica  dei  fiori;  il  paniere  di  frutta.  La  tipogra 
fia  dei  classici  pubblicò  :  /  giardini  dltalia.  Il  Car 
pano,  la  Strenna  Italiana^  quindi,  Tempo  e  denaro 
malissimi  spesi  ;  Marcello  Montano  ;  una  passeg- 
giata neWalta  e  nella  bassa  Italia;  il  dono  di  ««' 
madre  d  suoi  fi  giù  La  tipografia  Visai  :  //  itutiit  eJ 
orario  ;  le  belle  arti  e  V industria  in  Lombardia;  /<' 
conservazione;  un  regalo  ai  fanciulli.  Il  Canadelli-- 
/  Teatri  di  Milano  e  il  Ricordo  di  amicizia. 

Le  somme  raccolte  per  l'esonero  delle  visite  di  capo 
d'anno,  furono,  dalla  locale  Cassa  di  risparmio,  im- 
piegate in  altrettanti  doti  da  L.  icxd  cadauna,  a  favore 
delle  nubende  povere,  che  si  maritarono  nel  carno 
vale.  Se  ne  estrassero  a  sorte  23  appartenenti  alle  di 
verse  parrocchie. 

In  quest'anno  fu  pure  compita  dal  nostro  cardi- 
nale arcivescovo  qualche  visita  pastorale,  e  circa  le 
nomine  fatte  tra  il  clero  è  da  notarsi  quella  del  Sa- 


^^ 


—  233  — 
cerdote  Eustachio  Picolli,  già  coadiutore  a  S.  Am- 
brogio ad  arciprete  (sic)  di  quella  basilica. 

Le  belle  arti  fecero  qualche  passo  avanti.   Co- 
me è  risaputo,  l'esposizione  nelle  sale  di  Brera  in- 
cominciò a  farsi  per  decreto  del  Vice  presidente  Melzi 
durante  la  repubblica  italiana  nel  i.°  Settembre  1803. 
Con  tale  atto  fu  riordinata  l'Accademia  e  prescritto 
il  metodo  degli  annui  concorsi.  Dapprima  non  si  espo- 
nevano che  i  lavori  premiati,  né  se  ne  rendeva  conto 
al  pubblico.  Il  pittore  Giuseppe  Bossi,  segretario  del- 
l'Accademia  che  tenne  il  discorso  nel  1806,  non  parlò 
che  delle  opere  premiate  e  di  pochissime  altre  spe- 
dite ;  si  può  dire  che  nell'ultimo  quinquennio  del  re- 
gno d'Italia  1 809-181 3  non  si  esposero  che  circa  70 
opere  all'anno  :  veggasi  ora  quelle  di  questo  quin- 
quiennio  1830-34;   1830  opere   320;    '31    op.   337; 
'32  op.  512  ;  '33  op.  404  ;  '34  op.  585.  —  E  fra  gli  ar- 
tisti notiamo  il  Quarenghi,  il  Sabatelli,  l'Hayez,  il 
Diotti,  il  Migliara,  ecc. 

Si  aggiunga  che  queste  esposizioni  poi  non  passa- 
vano inosservate,  perchè  non  v'era  periodico  od  al- 
manacco che  non  se  ne  occupasse,  non  ne  desse  giudi- 
zio ;  e  questa  foga  di  parlare  in  tale  materia,  provava 
che  il  genio  e  l'affetto  per  le  belle  arti  non  era  spento 
negli  animi,  e  che  un  gran  numero  di  persone  le  quali 
per  l'addietro  passavano  fredde  ed  indifferenti  da- 
vanti ad  una  tela,  ora  non  solo  si  fermavano  ad 
ammirarla,  ma  si  dilettavano  anche  di  studiare  le  ra- 
gioni per  cui  tale  o  tal  altro  dipinto  si  proclamava 
bello. 

Possiamo  a  ragione  conchiudere  che  meno  nelle 
trattazioni  delle  quistioni  politiche,  la  nostra  città 
studiava  e  studiava,  procurando  di  trovarsi  preparata 
per  quel  giorno  segnato  dalla  Provvidenza  in  cui 
fosse  degna  di  essere  libera. 


—  234  — 

Ora  eccoci  ai  coosueti  cenni  necrologici. 

A  niuno  certo,  anche  dei  nostri  lettori  attuali,  sarà 
ignoto  il  nome  di  GIOVANNI  PlROTTA,  il  decano  dei  ti- 
pografi milanesi,  decesso  quasi  repentinamente  il 
primo  di  questo  anno.  Cara  rimase  la  di  lui  memoria 
ai  moltissimi  amici  che  contava  :  onesto,  religioso,  in- 
stancabile nel  lavoro  e  nel  perfezionare  le  moltissime 
opere  che  vedevano  la  luce  nella  sua  tipografia 

Rimasto  orfano  di  genitori  in  tenera  età,  fu  rico- 
verato nell'orfanotrofio  di  Milano,  e  fino  agli  ultimi 
istanti  di  sua  vita,  sentì  profonda  riconoscenza  per 
quell'affettuosa  educazione  con  cui  venne  allevato. 

Un'  altra  vita  preziosa  si  spense  nel  cavalier 
Aldini,  già  prof,  di  fisica  nell'università  di  Bologna. 
Fece  i  primi  tentativi  per  l'illuminazione  a  gas,  atti- 
vando questa  in  una  sala  disposta  ad  uso  teatrino 
nella  propria  abitazione  (i).  A  mezzo  delle  reti  di 
metallo  e  di  amianto,  tentò  una  nuova  difesa  pei  pom- 
pieri nei  casi  d'incendio.  Viaggiò  parecchio  all'estero, 
ed  in  tutti  questi  viaggi  raccolse  macchine  utili  e  fece 
tesoro  di  cognizioni  fisiche  d'ogni  sorta.  Fu  premiato 
dall'Accademia  di  Francia  e  dal  nostro  governo  ;  i^ 


(i)  In  questo  stesso  anno,  a  Venezia,  il  nobile  signor 
Minotto,  coltissimo  giovane  veneziano,  immaginò  di  illu- 
minare a  gas  quel  teatro  della  Fenice.  Si  fece  l'espcri; 
mento  con  grande  aspettazione,  e  ognuno  può  immaginarsi 
quale  folla  vi  intervenisse.  Sgraziatamente  non  essendosi 
calcolata  la  quantità  bisognevole  per  tutta  la  rappresenta- 
zione, accadde  che  alla  fine  del  primo  atto,  venne  meno 
la  materia,  ed  il  teatro  sarebbe  rimasto  al  bujo,  se  non 
fosse  stata  la  previdenza  di  aver  sparsi  parecchi  ceri  nei 
palchi,  cosichè  si  dovette  continuare  al  lume  delle  candele. 

In  ogni  modo  sono  questi  fatti  da  registrare,  essendo 
stati  i  primi  tentativi  di  illuminazione  a  gas  nelP  Italia, 
poiché  la  storia  non  registra  nessun  fatto  consimile  in  al- 
tro degli  Stati  della  penisola  all'epoca  in  cui  siamo  colla 
storia. 


fiP^FVf^r^ 


—  235  — 

.  Istituto  Lombardo  lo  nominò  suo  membro.  Lungo 
crebbe  discorrer  di  tutti  i  suoi  lavori,  ed  entrare  nei 
articolari  della  sua  vita  e  chiuderemo  coll'accenno 
d  un  atto  di  beneficenza.  Egli  legò  ben  20  doti  di 
DO  lire  cadauna  ad  altrettante  povere  ragazze  della 
a  a  parrocchia  di  S.  Giorgio  e  dopo  una  malattia  di 
oco  più  di  8  giorni,  spirò  a  80  anni. 

Il  conte  Alfonso  Castiglioni  fu  dalla  sua  fan- 
iuUezza  educato  ed  istruito  nel  collegio  dei  nobili, 
2tto  dai  PP.  Barnabiti.  Fra  le  scienze  amò  l'archeolo- 
^lia,  e  forse  aiutò  il  figlio  Ottavio  nelle  pubblicazioni 
lumismatiche.  Suo  studio  principale  però  fu  la  pub- 
)lica  amministrazione  in  cui  si  distinse. 

La  venuta  dei  Francesi  lo  ricondusse  alla  vita 
Drivata.  Richiamato  nuovamente  dal  governo  austria- 
:o,  fu  incaricato  di  missione  speciale  a  Vienna,  nomi- 
nato nella  nostra  città  vice  presidente  del  censo,  com- 
pensato dal  sovrano  colla  gran  croce,  ed  insignito 
del  titolo  di  consigliere  intimo,  gran  scudiere  e  ciam- 
bellano. 

A  prova  della  stima  e  dell'affetto  che  nutrivano  1 
milanesi  per  lui,  valga  il  fatto  che  nei  pochi  giorni  di 
sua  grave  malattia,  molti  accorsero  a  chiederne  no- 
tizia alla  sua  casa  ed  alle  esequie  celebrate  con  inso- 
lita pompa  nella  chiesa  di  S.  Ambrogio,  intervennero 
spontaneamente  persone  d'ogni  ceto  oltre  la  Giunta 
del  censimento  in  corpo. 

Anche  la  musa  scosse  le  sue  corde  alla  morte  del 
vecchio  Castiglioni.  Ecco  un  sonetto  dell'avvocato 
Giovanni  Berrà  suo  intimo  amico  : 


Spirto  gentil,  che  dal  caduco  frale 
Deposto  il  pondo,  santamente  al  cielo 
Nel  bacio  del  tuo  Dio  spiegasti  l'ale 
Col  favor  della  madre  del  Carmelo. 


^  236  — 

Soffri  che  il  puro  immacolato  stelo 
D'onde  traevi  Palito  vitale 
Orn'io  quaggiù  di  bianco  amico  velo 
E  mi  rivolga  al  seggio  tuo  immortale! 

Porgi  al  sommo  Fattor  l'umil  mio  canto- 
Deh  !  lo  priega  per  me  ch'egro  lasciasti 
Nella  valle  dei  triboli  e  del  pianto, 

Lo  spero  :   alma  beata  !  Tu  mi  amasti 
Io  t'invidio  e  ti  colo  in  bruno  ammanto 
Divoto  a  tua  virtude,  a  tuoi  gran  fasti. 

Felice  De  Carli.  Nacque  a  Milano  nel  febbraio 
del  1768.  Studiò  alle  scuole  dei  Barnabiti  e  si  perfe 
zionò  nelle  scienze  legali  e  politiche  nell'ateneo  ti 
cinese.  A  23  anni,  fu  ascoltante  presso  il  nostro  tri- 
bunale, quindi  giudice  di  prima  istanza,  e  finalmente 
presidente  della  Commissione  liquidatrice  del  debito 
pubblico.  Era  già  stato  eletto  ai  Comizi  di  Lione. 
ascritto  al  Collegio  elettorale  dei  possidenti  ed  al 
Consiglio  dipartimentale  di  Milano. 

Il  dottor  Labus,  compilò  il  grande  cartello  die  si 
leggeva  alle  sue  esequie  sulla  porta  di  S.  Fedele  : 

FELICEM  JOSEPHI  FIL.  DE  CARLI 

NOBILI  GENERE  NATUM 

XXIV  VIRUM  JUDICIS   COGNOSCENDIS 

PER  LANGOBARDIAM 

PRAESIDEM   IV   VIROR.   RELIQUHS   VETERIBUS 

PENSITANDIS 

QUEM 

MUNERIBUS  LEGIFERIS   HONORIBUSQUE 

ANN.    XL  NITIDE  FUNCTUM 

PIETAS   MODESTIA  INTEGRITUDO   BENEFICENTIA 

RELIGIO  PERPETUA 

UNIVERSIS   COMMENDAVERE 

FRATRES  ET   SOROR 

MAERENTES 

PARENTALIBUS    PROSEQUUNTUR. 


—  237  — 
Carlo  Parea.  Nacque  in  Milano  nel  1771,  e  lau- 
eatosi  a  Pavia  nel  1791,  fu  tre  anni  dopo  ascritto 
[uale  esaminatore  al  collegio  degli  ingegneri  nella 
lostra  città.  Nel  1800  sosteneva  gli  esami  anche  in 
i^iemonte  ed  era  approvato  architetto  idraulico  :  sei 
Limi  dopo  fu  nominato  ingegnere  in  capo  del  dipar- 
imento  dell'Olona  e  nel  1808  coU'ingegnere  Mel- 
rhioni,  lavorò  al  progetto,  di  un  ponte  sul  Ticino 
presso  Boffalora.  L'opera  per  la  quale  si  rese  celebre, 
Fu  il  piano  del  Ccinale  navigabile  tra  Milano  e  Pavia, 
venne  chiamato  pure  a  consulta  pel  ponte  che  si  pro- 
poneva di  erigere  sul  Taro,  e  nel  1 820  pel  nuovo  pon- 
te sulla  Trebbia.  Propose  anche  il  piano  di  un  canale 
navigabile  da  Torino  a  Milano,  colle  acque  del  Po  e 
della  Sesia,  e  con  questo  non  solo  pensava  all'utile 
della  navigazione,  ma  a  quello  anche  di  irrigare  il 
novarese,  e  la  Lomellina  ed  altri  pure  ne  proponeva 
fra  Como  e  Lugano  ed  in  altre  parti  della  Brianza. 

Nel  18 18  progettò  l'introduzione  dei  battelli  a  va- 
pore, l'erezione  di  una  società  di  azionisti  per  lo  scan- 
daglio dei  terreni,  onde  rinvenire  il  carbon  fossile  e 
la  lignite.  Ordinò  la  società  per  lo  scavo  dei  pozzi 
artesiani,  quella  per  la  illuminazione  a  gas  delle  raf- 
finerie e  di  varie  manifatture. 

Una  crudele  malattia  che  da  alcuni  anni  gli  insi- 
diava le  viscere,  lo  tolse  all'arte,  al  proprio  paese,  al- 
l'amore di  tutti  i  buoni. 

Il  pittore  Agostino  ComeriO,  nacque  in  Locate, 
provincia  di  Como  il  maggio  del  1784  :  il  padre  eser- 
citava l'arte  del  pittore  e  fu  il  primo  maestro  al  figlio 
per  molti  anni. 

Nel  1800  trasferitosi  a  Milano  colla  famiglia. 
Agostino  fu  inscritto  all'Accademia,  che  frequentò 
fino  al  1803.  In  quell'anno  si  recò  a  Roma  per  prose- 
guire gli  studi,   e  due  anni  dopo   vi    fu   premiato. 


—  238  — 

Nel  1806,  vinto  il  concorso  di  Bologna,  ebbe  una 
pensione  quadriennale,  terminata  la  quale,  ritornò  in 
patria  e  dalla  fabbriceria  del  Duomo  fu  incaricato 
per  diverse  statue  da  collocarsi  sulle  aguglie,  poiché 
Agostino  aveva  pure  studiato  anche  la  scultura. 

Nel  18 14  fu  a  Parigi,  quindi  a  Londra  e  ritornato 
in  Italia,  si  recò  a  Verona,  chiamatovi  per  commis 
sioni.  E  quell'Accademia  lo  nominò  suo  socio  ono 
rario.  Dopo  altri  viaggi,  stabilitosi  a  Milano,  lavorò 
alla  chiesa  di  S.  Satiro  ;  nel  1823  espose  a  Brera  un 
quadro,  in  cui  ritrasse  le  vicende  di  Edipo,  e  l'annc 
appresso  un  Raffaello  morente,  tele  ambedue  acqui- 
state da  un  principe  russo. 

Fu  nominato  professore  di  figura  a  Brera,  ed  ol 
tre  quanto  abbiamo  detto  assunse  anche  dal  governo 
il  ristauro  dei  quadri  ad  olio  e  degli  affreschi  della 
Certosa  di  Pavia. 

Ammalato  d'idrope  in  questo  tempo  (1828),  fu 
risanato  mercè  le  cure  del  professor  Strambio.  Inutile 
aggiungere  che  il  Comerio  fece  anche  parte  di  diverse 
Commissioni  artistiche  permanenti,  quali  quella  di 
scultura  relative  al  Duomo,  all'Arco  della  Pace  ed 
alla  Porta  Orientale  (Venezia). 

L'ospizio  dei  Fatebenefratelli,  le  chiese  di  San 
Marco  e  di  S.  Satiro  racchiudono  opere  ad  olio  di 
sua  mano  ;  notiamo  ancora  lo  Sposalizio  della  B.  V. 
nella  chiesa  di  S.  Giuseppe  ed  il  ritratto  dell'impera- 
trice Maria  Teresa»  collocato  nella  sala  di  lettura  della 
nostra  Braidense. 

Ma  la  sua  salute  guasta  dal  diuturno  lavoro,  an- 
dava sempre  più  peggiorando.  A  Recoaro,  dove  vi  sì 
era  recato  per  cura,  precipitò,  ed  il  5  agosto  i  suoi  con- 
cittadini lo  piansero  morto  (i). 

(i)  Nel  1835  la  tipografia  Nervetti  pubblicò  una  descri- 
zione delle  pitture  del  Comerio  e  parlando  di  quelle  ese- 


—  339  — 
Giuseppe  Carrozzi.  Nacque  a  Brivio  nel  1756, 
percorse  a  Milano  il  ginnasio  e  la  filosofia,  quindi  le 
scienze  legali  all'università  pavese.  Nel  1781  fu  pro- 
clamato notaro  e  causidico  collegiate.  Nel  1793  no- 
minato sindaco  del  Monte  di  Pietà,  e  due  anni  dopo, 
la  stessa  carica  gli  veniva  data  nell'orfanotrofio  di 
S.  Pietro  in  Gessate  :  più  tardi  fu  assunto  cancelliere 
nelVamministrazione  dei  luoghi  pii  elemosinieri. 

Nel  disimpegno  di  tutte  queste  incombenze,  egli 
diede  continue  prove  di  sapere  e  di  onoratezza  e  in 
molti  scritti  da  lui  pubblicati  appalesò  profondità  di 
dottrina,  e  somma  perizia  nelle  lingue  italiana  e  latina. 
Giuseppe  Perego,  brianzolo,  fu  uno  dei  più  di- 
stinti architetti,  militò  con  onore  nell'esercito  italiano, 
prendendo  parte  alla  campagna  di  Russia,  si  dedicò 
agli  studi  matematici,  e  fu  incaricato  del  disbrigo  di 
importanti  incombenze  affidategli  dal  nostro  muni- 
cipio :  lavorò  ai  disegni  delle  feste,  che  ebbero  luogo 
nella  nostra  città  nel  1825.  Morì  a  42  anni. 

Il  Conte  Pietro  Caleppio  nacque  in  Bergamo  nel 
1762.  Fu  ambasciatore  in  Ispagna  per  la  repubblica 
francese,  presenziò  i  Comizi  di  Lione  e  venne  insi- 
gnito dell'ordine  della  corona  ferrea  e  della  legione 
d'onore.  Dopo  i  mutamenti  politici,  pose  sua  stanza 
a  Milano  dove  fu  tutto  pei  poveri  che  a  lui  rivolge- 
vansi.  ove  occorresse  il  suo  appoggio  morale  o  mate- 
riale e  procurò  grande  vantaggio  a  suoi  terrazzani  di 
vai  di  Calepio,  dove  sorgeva  l'avito  castello.  Devesi 

guite  nella  nostra  chiesa  di  S.  Sebastiano,  dice  che  dopo 
^a.  morte  del  pittore,  esse  non  furono  condotte  a  termine, 
«non  perchè  Milano  mancasse  d'artisti  che  potessero  con- 
tinuare tale  lavoro,  ma  perchè  ognuno  di  essi  ha  un  fare 
proprio  e  la  lontananza  dello  stile  (sic)  e  dell'intonazione 
avrebbero  tolto  ad  un'opera,  specialmente  di  questa  va- 
stità un  grande  merito,  cioè  l'unità  ». 

Peccato  che  l'autore  del  libro  abbia  serbato  l'anonimo. 


—  240  — 

alla  sua  sollecitudine  Tapertura  di  una  nuova  strada 
di  comunicazione  colla  valle  Camonica  e  la  costni- 
zione  di  un  ponte  sull'Oglio. 

Antonio  Baldxjzzi,  direttore  dell'I.  R.  Ammini- 
strazione del  Censo,  decesse  il  27  febbraio  a  54  anni. 
Era  nato  a  Clusone  provincia  bergamasca.  Di  costumi 
soavi  e  di  modi  affabili  si  mostrò  sempre  schivo  di 
ogni  alterigia.  Educato  all'amore  delle  lettere,  che 
serbò  fino  agli  ultimi  istanti  di  sua  vita,  formava  la 
delizia  della  società  col  suo  brioso  conversare,  e  con 
leggiadre  produzioni  poetiche. 

Nel  disimpegno  dell'incarico  afiìdatogli  fu  zelan- 
te ed  infaticabile  e  persistè  ad  occuparsi  fino  all'ul- 
timo istante  di  sua  vita. 

Antonio  Gobio.  Nacque  in  Mantova  il  25  marzo 
1744;  ebbe  per  padre  Giovanni  Evangelista,  colon- 
nello delle  milizie  nazionali.  Entrò  giovinetto  nel  col- 
legio di  Reggio  e  si  laureò  in  diritto. 

Dopo  aver  esercitato  per  qualche  tempo  l'avvoca- 
tura, deliberò  di  correre  Tarringo  delle  magistrature 
ed  i  rivolgimenti  politici  lo  portarono  direttore  ge- 
nerale delle  finanze.  Dopo  il  18 14  ne  fu  intendente 
a  Mantova,  quindi  direttore  delle  dogane  a  Milano, 
col  titolo  di  consigliere  di  governo. 

Oltrepassati  i  70  anni,  chiese  di  esser  collocato  a 
riposo.  Mori  a  Mantova,  dove  si  era  ritirato. 

Roberto  Corniani.  Nacque  in  Orzinovi,  su  quel 
di  Brescia  nel  1772,  ebbe  a  padre  quel  Giambattista 
che  ci  lasciò,  i  secoli  della  letteratura  italiana.  Da  gio- 
vine si  diede  alla  poesia  ed  alla  drammatica.  Scrisse 
una  produzione  intitolata  Sofiay  0  la  virtù  alla  pova; 
più  tardi  si  mise  nella  carriera  degli  impieghi.  Fu  du- 
rante il  governo  italico  membro  del  consiglio  diparti- 
mentale, amministratore  dello  spedale  di  Brescia,  e 
vice  delegato  della  Provincia  di  Bergamo.  Nel  1819 


1 


—  241  — 
Fu  nominato  podestà  di  Brescia,  infine  in  compenso 
ii  tanti  servigi  ebbe  la  nomina  di  deputato  rappresen- 
:ante  la  medesima  città  presso  la  Congregazione  cen- 
:rale  di  Milano,  posto  che  tenne  fino  al  1831. 

Affabile  e  gentile  con  tutti,  sincero  e  costante 
cieiramicizia,  pietoso  verso  i  poveri  e  gl'infelici,  sem- 
pre disposto  al  savio  consiglio,  può  dirsi  ch*ei  fosse 
più  curante  del  bene  altrui  che  del  proprio. 

La  sera  del  27  marzo  moriva  il  dottor  ERNESTO 
RUSCA,  membro  della  facoltà  medica  dell'università 
pavese,  non  toccava  ancora  i  33  anni. 

Nel  1831  il  governo  lo  nominava  membro  della 
Commissione  dei  medici  lombardi  ed  in  tale  circo- 
stanza pubblicò  una  breve  istruzione  sul  modo  di  as- 
sistere coloro  che  venissero  attaccati  dal  colera,  Nel- 
Vanno  seguente  fu  spedito  nella  Svizzera,  particolar- 
mente nel  Canton  Ticino,  onde  verificare  alcuni  casi 
dubbi  di  contagio,  fu  quindi  al  nostro  spedale  qual 
medico  assistente,  dove  ebbe  speciale  incarico  di  dare 
lezioni  teorico-pratiche  agli  infermieri  e  stampò  il 
manuale  delPinfermiere.  In  questi  anni  tradusse  la 
Clinica  medica  del  prof.  Andrai  ed  il  Compendio  di 
anatomia  patologica, 

Milano  perdette  un  giovane  medico  che  dava  lu- 
singhiere speranze  di  uno  splendido  avvenire. 

Il  conte  Francesco  di  Saurau  che  fu  per  molto 
tempo  governatore  della  Lombardia.  Nacque  in  Vien- 
na il  19  settembre  1760,  ebbe  la  sua  educazione  scien- 
tifica in  quell'accademia  teresiana,  e  nell'agosto  del 
1 780  incominciò  la  carriera  degli  impieghi.  Nel  no- 
vembre di  quell'anno  fu  nominato  ciambellano  e 
l'anno  dopo,  Giuseppe  II  lo  chiamò  a  far  parte  del 
seguito  dell'Arciduca  Francesco,  che  fu  poi  impera- 
tore. Nominato  nel  '89  consigliere  di  governo  a  Vien- 

GuMiTTi.  Cronistoria,  »6 


—  242  — 

na,  cinque  anni  dopo  si  ammogliò  colla  contessa  An- 
tonia Lodron,  vedova  di  un  conte  tedesco. 

Dopo  parecchie  cariche  occupate  in  diverse  Pro- 
vincie austriache,  fu  il  12  febbraio  del  181 5  chiamato 
al  governo  della  Lombardia  ;  in  tale  circostanza  ot- 
tenne la  gran  croce  dell'ordine  d^lla  Corona  di  ferro 
e  due  anni  dopo  fu  nominato  ambasciatore  in  Spa- 
gna, e  quindi  supremo  cancelliere  e  ministro  dell'in- 
terno. Dopo  aver  occupato  per  quasi  13  anni  quella 
carica,  chiese  il  riposo  ed  in  tale  circostanza  oltre  l'or- 
dine del  toson  d'oro,  ebbe  la  decorazione  in  brillanti 
dell'ordine  di  S.  Stefano. 

Sperava  che  le  miti  aure  d'Italia  potessero  influire 
sulla  sua  salute  che  molto  aveva  sofferto,  ma  fu  in- 
vano e  moriva  appunto  fra  noi  in  quest'anno. 

Felice  Pagani,  fu  uno  dei  più  valenti  ingegneri 
architetti  idraulici.  Era  nato  a  Lesa,  ed  aveva  studiato 
al  Collegio  Ghislieri,  dedicandosi  alle  matematiche. 
Nel  1796  fu  assunto  alla  carica  di  Delegato  per  la 
provianda  e  dal  Ministero  della  guerra  creato,  Agen- 
te Militare  del  Genio. 

Tutto  gli  prometteva  un  avvenire  lieto  e  luminoso, 
quando  una  malattia  lo  costrinse  a  lasciare  l'esercito 
ed  a  restituirsi  fra  suoi  concittadini.  Accettò  parecchie 
onorifiche  incombenze,  e  fra  i  riposi  della  vita  privata, 
coltivò  con  maggior  agio  quelle  virtù,  che  distin- 
guono dalla  moltitudine  l'uomo  di  carattere.  Morì 
dopo  lunghissima  malattia,  non  avendo  ancor  com- 
piuto il  dodicesimo  lustro. 

Nell'aprile  ancora  di  quest'anno  registriamo  il 
giovane  milanese  LUIGI  RUSCA  professore  di  diritto 
e  giureconsulto  del  foro  milanese.  Nel  1799  fu  an- 
noverato fra  i  membri  dell'i,  r.  Congregazione  de- 
legata al  governo  di  queste  provincie.  Mutati  i  tempi. 
se  il  suo  modo  di  vedere  non  gli  consenti  di  aspirare 


pvy  '"';-'7 


-  243  — 

ille  cariche  superiori,  che  gli  vennero  offerte,  non  tra- 
asciò  di  prestare  Topera  sua  a  pubblico  vantaggio. 
Fece  parte  del  Consiglio  generale  del  dipartimento 
dell'Olona,  ebbe  speciali  incombenze,  nel  disimpegno 
delle  quali  dimostrò  un  intendimento  sempre  dritto, 
congiunto  a  molta  operosità.  Nel  1803  fu  chiamato 
ad  insegnare  nelle  scuole  di  Brera,  ma,  la  salute  non 
comportando  così  laborioso  incarico,  si  ritrasse  a' 
suoi  studi  nei  quali  durò  fino  al  settantesimo  anno 
di  sua  vita. 

Don  Pietro  Della  Porta,  consigliere  presso  il 
nostro  Tribunale  criminale.  Fu  persona  assai  sti- 
mata nel  disimpegno  delle  molteplici  mansioni  di 
cui  venne  incaricato.  Vedovato  della  sposa  in  ancor 
giovane  età,  si  consacrò  alla  educazione  dell'unica  fi- 
glia. Morì  a  58  anni  nella  sua  villeggiatura  di  Motta 
Visconti. 

Predabissi  Francesco.  Nacque  nel  1767  a  Piz- 
zighettone  da  nobile  casato.  Licenziato  dottore  in 
legge  a  Pavia,  fu  assunto  pretore  a  Vimercate,  quindi 
passò  a  Milano  al  tribunale  criminale.  In  tutti  gli 
incarichi  che  gli  vennero  affidati  ne  uscì  sempre  con 
lode.  Le  lunghe  veglie  e  la  sua  instancabile  operosità 
gli  logorarono  la  salute  per  modo  che  dovette  dimet- 
tersi dall'impiego.  Morendo  lasciò  ricchissimi  legati 
al  nostro  spedale  maggiore,  alle  chiese  di  Melegnano 
e  di  Pizzighettone. 

Il  17  maggio  morì  pure  l'abate  ILARIO  CESAROTTI 
deirordine  dei  PP.  Somaschi.  Fu  insegnante  di  let- 
tere a  Padova,  quindi  nel  collegio  convitto  di  Ve- 
rona, nel  collegio  Gallio  di  Como  e  nel  Calchi  Taeggi 
di  Milano.  Scrisse  le  Poesie  Bibliche,  il  trattato  dei 
dittonghi^  e  tradusse  le  Prediche  delt abate  Camba- 
ches.  Chi  l'ebbe  amico,  o  collega,  potè  sperimentare  il 
suo  molto  sapere  e  il  senso  delicato  che  aveva  del 
bello. 


—  244  — 
Il  comune  di  Como  perdette  nel  febbraio,  dopo 
brevissima  malattia,  la  contessa  Giovro  PARRAVICC?!. 
Solenne  ufficiatura  fu  celebrata  a  cura  del  figlio 
Francesco  nella  nostra  chiesa  di  S.  Fedele,  dove  sulla 
porta  leggevasi  questa  iscrizione  : 

A  CHIARA  DI  PIETRO  PAOLO  PARRAVICINI  F. 
VEDOVA   DI  Gian   Battista  Giovio 

DAMA  DELLA  CROCE  STELLATA 

PARENTALE    TRIDUANA    ESPIAZIONE 

NELLA  CARRIERA  d'aNNI  LXXm 

ALLE    FIGLIE,    ALLE    SPOSE,    ALLE    MADRI 

SPECCHIO  RIFULSE 

DI   CIVIL  DI  CRISTIANO   COSTUME 

AUSTERA   A   SE   STESSA   CON  TUTTI  INDULGENTE 

MODESTA    PRUDENTE  PIETOSA 

VISSE  INCOLPATA 

POVERA  DI   SPIRITO  FRA   GLI  AGI  DEL  CASATO 

LARGAMENTE     SOVVENNE     NEL     SILENZIO    AI    POVER 

DI  FORTE   PETTO   SEMINÒ   NELLA   TRISTEZZA 

DI  GIORNI  AFFANNOSI   PER  LUTTO   PER    MORBI 

MIRANDO   AL   CIELO 

ANIMA   CARA 

A   TUOI  AI  CITTADINI  DI  LUNGO  DESIDERIO 

COL   MAGNANIMO  FIGUO   BENEDETTO 

CON  l'illustre   CONSORTE 

NEL      GAUDIO    RACCOGLI 

DE*   SECOLI  ETERNI 

Le  spoglie  furono  trasportate  a  Verzago,  per  es- 
ser tumulate  nell'oratorio  padronale  presso  al  àt- 
funto  consorte. 

Sullo  scorcio  del  novembre  moriva  pure  nella  no- 
stra città  il  conte  MASSIMILIANO  Giuseppe  Stampa 
marchese  di  Soncino.  Pompeo  Litta  nelle  sue  famiglia 
celebri   scrisse  di  questo  patrizio,   che  era   nato  i^ 


-  245  — 
13  aprile  del  1790,  fu  tra  le  guardie  d'onore  del  re- 
gno d'Italia,  e  passò  nel  18  io  col  grado  di  tenente  nel 
secondo  reggimento  dei  cacciatori  a  cavallo.  Fu  alle 
guerre  di  Russia  nel  grande  esercito  dell'imperatore 
Napoleone  e  a  Saratoff  rimase  prigioniero.  Ricco  co- 
me era,  soccorse  generosamente  tutti  gli  infelici  suoi 
compagni.  Ritornato  a  casa,  dopo  la  caduta  del  Bo- 
naparte,  nel  18 19  fu  nominato  ciambellano  di  Casa 
d'Austria,  perchè  il  padre  suo  così  volle,  ma  non  com- 
parve mai  a  corte  (i). 

Le  esequie  si  celebrarono  nell'attigua  chiesa  di 
S.  Giorgio  in  Palazzo  :  furono  qualche  cosa  di  splen- 
dido, al  punto  che  un  editore  credette  buona  specula- 
zione il  pubblicarne  un  opuscolo  (Tip.  Manini,  1835). 
Pensi  il  lettore  che  la  facciata  della  chiesa  era 
sontuosamente  addobbata  con  drappi  neri,  con  fregi 
d'oro  e  festoni.  Sulla  porta  maggiore  era  lo  stemma 
di  famiglia  con  una  iscrizione  latina  che  ricordava 
il  nome  e  i  titoli  del  defunto.  Le  pareti  interne  erano 
tutte  adorne  di  bracciali  recanti  grosse  torcie  e  nel 
mezzo  della  chiesa  sorgeva  un  ricco  catafalco  con 
statue  allusive,  stemmi  e  ricche  lampade  mortuarie. 
Sono  pure  notevoli  le  undici  iscrizioni  dovute  al- 
l'epigrafista Labus,  che  il  lettore  desideroso  di  ve- 
derle, può  trovare  nell'opuscolo  più  sopra  citato. 

Il  Forcella  nel  suo  lavoro  epigrafico  ci  salvò 
quella  che  trovavasi  al  cimitero  nella  cappella  della 
famiglia  dei  conti  Stampa  Marchesi  di  Soncino,  tra- 


(i)  Il  diario  cittadino  si  vendicò  di  tale  noncuranza, 
non  sognando  neppure  di  pubblicare  a  suo  tempo  la  morte, 
come  pur  faceva  per  persone  di  minore  importanza. 


—  246  — 

sportala  colle  ceneri  nella  cappella  della  stessa  fa- 
mìglia del  cimitero  di  Balsamo  (Monza).  Eccola  : 

ttlC  PROPITIUS   CAELESTIBUS 

QUiBscrr 

MAXIMILIANUS  JOSEPHUS 

Maximiuani  Joan.  Fil.  De  Stampa  Com. 

March.  Sononi  Baro.  Com.   Montis.  Castri 

1>YNASTA    TrUBÌELU    CuSAGIQ.     CoM.    RiPAE     ALTAE 

K  procerib.  Hispaniar.  ordinis  primi 

AB  ADMISSIONIBUS  FRAWaSCI  CaESARIS  AuG. 
V>l'KM     PIETAT1S     STUDIO     MUNIFICENTIAE     LAUDE 

^^RTUTIS  amore  clarissimum 

FILH  MAESTISSIMI 
SIBI    EREPTUM    LUGENT 

vixrr  ANN.  xuv.  mens.  vn  dies  iv 

DESIDERIUM  OMNIUM 

iXìMrrATE   MODESTIA  LIBERALITATE  PROMERITIS 

lìKCKSSlT    XV    KAL.    DECEMBRIS    AN.     M.DCCC.XXXIV 

Inventore  e  direttore  di  tutto  l'apparato  fu  Tarchi- 
tello  Ciiovanni  Chiappa,  i  dipinti  eran  di  Gaspare 
\\\ renna,  e  le  statue  del  Manf redini. 


w 


1835. 

CAPITOLO  XI 


Conseguenza  della  spedizione  mazziniana.  —  Demoralizza- 
zione nell'  esercito.  —  I  cospiratori  della  Giovane  Ita- 
Ha.  —  Alessandro  Dumas.  —  Le  armi  a  vento(!)  — 
Condanne.  —  Feste.  -—  Morte  delP  imperatore.  —  Con- 
doglianze ufficiose  ed  ufficiali.  —  Esequie.  —  Il  nuovo 
imperatore.  —  Spettacoli.  —  Timori  di  cholèra,  — 
Istruzione.  —  Edilizia.  —  Arti,  —  Monumenti.  — 
Stampa.  —  Necrologio. 

Il  fatto  capitale  di  questo  anno  è  la  morte  del- 
r imperatore  Francesco  I,  di  cui  ci  occuperemo  un  po' 
.  distesamente,  sia  per  le  cerimonie  funebri  che  ebbero 
luogo  nella  nostra  città,  sia  per  le  speranze  che  tale 
catastrofe  ridestò  negli  animi  dei  patriotti.  Intanto 
spigoliamo  nel  campo  politico,  poiché  la  tranquillità 
come  al  solito,  non  è  che  apparente. 

Abbiamo  già  altra  volta  notato  che  nulla  sfugge 
all'oculatezza  della  polizia,  pur  di  prevenire  ogni 
eventuale  rivolta.  A  tale  scopo,  si  dà  premura  di  rac- 
cogliere i  nomi  di  parecchi  fra  coloro  che  presero 
parte  all'infausta  spedizione  di  Savoia  (i)  ;  ed  un 

(i)  Il  Gallenga  nel  suo  secondo  volume  della  storia 
del  Piemonte  ci  narra  di  una  spedizione  ideata  dal  Maz- 
zini che  doveva  effettuarsi  contro  il  Piemonte  nel  1833  e 
che  venne  poi  effettuata  nei  primi  del  1834,  spedizione 
che  riusci  infelicissima  e  non  fece  che  ingrossare  le  file 
dei  martiri. 


—  248  — 

tale  elenco,  compiegato  in  una  nota  viene  mandato 
agli  ii.  rr.  Commissari,  perchè  nel  caso  «che  alcuni 
dei  compromessi  avessero  a  metter  piede  in  queste 
Provincie,  massime  se  sudditi  austriaci,  venissero  per- 
quisiti rigorosamente,  ed  arrestati,  per  esser  poi  sot- 
toposti a  quella  procedura  che  si  sarebbero  meritata» 

La  citata  circolare  raccomanda  di  dare  le  più 
robuste  (sic)  disposizioni  di  sorveglianza,  e  nel  caso 
di  qualche  scoperta  inviare  pronto  rapporto,  tenendo 
l'arrestato  a  disposizione  della  polizia  (i). 

Malgrado  tutto  però,  sembra  che  la  demoraliz 
zazione  si  faccia  strada  anche  fra  la  truppa  ;  l'argo 
mentiamo  da  un'altra  circolare  alle  direzioni  gene 
rali  di  polizia  di  Milano,  Trieste  e  Zara,  che  annun 
eia  «  come  alcuni  emissari  incaricati  di  diffondere  la 
nuova  setta  degli  Amici  dei  popoli,  procurando  pio- 
seliti  anche  fra  le  truppe  dei  diversi  stati  d'Italia  e 
della  Germania,  vengono  indicati  certi  :  Bavaglini  0 
Burglieri  (  !),  negoziante  francese  a  Livorno,  Binard 
negoziante  a  Lione,  e  Carlo  Bontemps,  colonnello  a 
Ginevra,  questi  due  altra  volta  prenotati,  vuoisi  che 
abbiano  già  girato  a  tale  colpevole  scopo  in  vane 
parti  d'Italia,  nel  regno  di  Napoli  e  della  Grecia,  e 
così  pure  nelle  Provincie  Renane.  Aggiungesi  che 
questi  stranieri  si  propongono  di  introdursi  anche  in 
questi  stati  e  di  spingersi  altresì  nelle  Provincie  Il- 
liriche. 

Raccomanda  alle  autorità  di  adottare  tutte  quelle 
misure  che  troverà  del  caso,  ove  si  verificasse  la  com- 
parsa di  taluno  dei  medesimi,  sottoponendoli  anche 
a  rigoroso  trattamento  con  perquisizioni  ed  arre- 
sto (2).  E  quasi  contemporaneamente  a  questa,  altra 


(i)  Carte  segrete.    Doc.  417. 
(2)  Carte  segrete.   Doc.  376. 


~  249  — 

circolare  è  spedita,  in  cui  si  avverte  che  la  nuova  setta 
punica^  scelse  tre  faentini,  già  conosciuti  per  anar- 
chici temibili,  affine  di  essere  spediti  con  segreta  mis- 
sione a  Milano  ed  a  Trieste  ;  che  a  tale  scopo  richie- 
sero i  passaporti  dal  loro  governo,  il  quale  rifiutò  (i). 
Fra  questi  cospiratori,  i  cui  nomi  caddero  in  mano 
del  governo,  dobbiamo  pure  notare  i  fratelli  Giacomo 
e  Filippo  baroni  Ciani,  che  furono  tra  1  primi  ad 
introdurre  nella    Lombardia    la    federazione    della 
Giocane  Italia.  La  polizia,  al  solito  ci  dà  un  ritratto 
assai    fosco  di  uno  principalmente  di  essi.  Lo  dice 
apparire  dai  registri  delle  passate  commissioni  spe- 
ciali, sospetto  di  essere  stato  fautore  del  massacro  del 
Prina  nel  1 814,  e  di  aver  preso  parte  alle  cospirazioni 
del  1821,  dopo  le  quali  emigrò  ed  ora  è  il  centro  che 
lega  i  cospiratori  nazionali  con  quelli  dell'estero  (2). 
A    costoro  si  aggiungono  il  dottor    Vitale   Albera, 
amico  del  Rosales,  e  Luigi  Tinelli  di  Laveno.  Que- 
st'ultimo fu  tradito  da  un  suo  camerata  che  lo  de- 
nunciò alla  corte  di  Alessandria  e  fu  condannato  a 
morte,  quindi  tramutata  la  sentenza  in  venti  anni  di 
carcere  allo  Spielberg  :    fu  tra  quelli,  come  si  vedrà 
in  seguito,  che  scelsero  la  deportazione  in  America. 
Curioso  poi  l'accaduto  ad  Alessandro  Dumas,  il 
noto  romanziere.  Viaggiava  egli  in  Italia  e,  trovan- 
dosi a  Roma,  chiese  a  mezzo  dell'ambasciata  francese 
un  passaporto  per  Napoli.  Ora  sembra  che  la  polizia 
austriaca,  prevenendo  questo  desiderio,  o  forse  aven- 
done avuto  notizia  per  mezzo  de'  suoi  confidenti,  im- 
partisse istruzioni  in  proposito,  cosicché  gli  venne  ri- 
fiutato. Alcune  ore  piìi  tardi,  si  presentò  alla  lega- 
zione austriaca,  di  cui  era  titolare  il  conte  Ludolf, 


(i)  Carte  segrete.   Doc.  375. 
(2)  Atti  della  polizia  austriaca. 


—  250  — 

una  persona,  che  domandò  un  passaporto  per  certo 
Guichard,  un  incaricato,  come  diceva,  per  affari  di 
servizio  appartenenti  alla  Francia:  l'ambasciatore 
lo  accordò.  Ora  è  a  sapersi  che  Guichard  era  appunto 
il  nome  della  madre  di  Dumas  ed  il  giovane  roman- 
ziere dovette  viaggiare  in  Italia  con  questo  nome 

Crederebbero  i  lettori  ?  La  polizia  non  si  spaventa 
per  ciò,  e  spicca  una  nota  al  governatore  di  Venezia, 
conte  di  Spaur,  in  cui,  ecco  come  lumeggia  il  noto 
scrittore  : 

«Il  celebre  Alessandro  Dumas  uomo  indubbia- 
mente di  genio,  ma  che  sgraziatamente,  si  gettò  a 
corpo  perduto  nel  cattivo  gusto  che  regna  in  Fran- 
cia, e  nella  scelta  della  trattazione  di  soggetti  scan- 
dalosi, come  ne  fa  fede  la  sua  Torre  di  Nesle  ed  al- 
tre produzioni  di  simil  genere  ;  repubblicano,  chiac- 
chierone e  fanfarone,  era  giunto  a  Roma  or  son  po- 
chi mesi.  L'ambasciata  di  Francia  avendo  chiesto  il 
visto  per  questo  autore  alla  legazione  di  Napoli,  que- 
sta, cui  erano  state  date  istruzioni  in  proposito,  lo  ri- 
fiutò» (i). 

Segue  il  racconto,  che  abbiamo  pili  sopra  riferito  ; 
quindi  la  nota  aggiunge  che  il  Dumas  «da  Napoli, 
passò  in  Sicilia,  dove  soggiornò  parecchie  settimane, 
occupato  a  scrivere  un  nuovo  libro.  Dice  che  è  accom- 
pagnato dalla  signorina  Ida  Ferrier  e  dal  pittore  Ja- 
din,  incaricato  di  disegnare  i  luoghi  dove  avvengono 
le  scene  che  Dumas  sta  per  pubblicare,  af&ne  di  for- 
nire soggetti  esatti  alle  sue  pagine  illustrative. 

(i)  Il  ministro  di  polizia  Torresani,  scrivendo  al  gover- 
natore Hartig  lo  chiama  «  pericoloso  forestiere».,  il  con- 
sole di  Napoli  lo  dice  bavard  et  fanfaron;  il  Lutzow,  mi- 
nistro a  Roma  lo  chiama  <(  homme  de  lettres  connu  far 
des  produits  littéraires,  qui  difficile  meni  fasseront  à  la 
posterità  ».  Citazioni  del  Barbiera  nelle  sue  figure  e 
figurine. 


wfm*  «jp'  iii^i'i*  ■. 


—  251  — 

Non  fu  che  all'ultimo  momento,  quando  la  poli- 
zia riconobbe  chi  era  il  Guichard,  che  aveva  ingan- 
nato la  sua  vigilanza  ;  e  la  scoperta  non  fu  difficile, 
poiché  il  romanziere,  stanco  di  un  incognito,  che  lo 
privava  di  ricevere  gli  omaggi  degli  ammiratori,  era 
ritornato  da  Palermo  sotto  il  suo  vero  nome,  ed  aveva 
frequentato  parecchie  case. 

€  L'incaricato  d'affari  francese  (continuava  la 
Nota)  mi  assicurò  che  Dumas  deve  ritrovarsi  a  Pa- 
rigi tra  il  IO  ed  il  15  dicembre,  e  che  non  si  fermerà 
per  via  fuorché  pochi  giorni.  D'altra  parte  io  non  lo 
considero  punto  come  soggetto  pericoloso  (i),  poi- 
ché qui  i  liberali  sebbene  rendessero  giustizia  al  suo 
spirito  ed  a'  suoi  talenti,  risero  delle  sue  jattanze  re- 
publicane»  (2). 

E  perché  nessun  incidente  intervenga  nelle  altre 
città,  dove  avrà  a  passare,  il  quale  possa  in  niun 
modo  menomare  la  politica  di  buon  accordo  tra  i  due 
stati,  ne  avverte  con  altra  Nota  l'i.  r.  direzione  della 
Polizia  a  Milano  ed  i  Commissari  superiori  di  Pa- 
dova, Rovigo,  Vicenza  e  Verona  (3). 

E  la  polizia  si  preoccupa  pure  dei  ritrovati  della 
fisica,  che  forse  saranno  state  fiabe,  fatte  circolare 
appositamente  per  metter  paura,  ottimo  correttivo, 
anche  ai  poliziotti.  Citiamo  una  nota  del  maggio  ai 
Commissari  superiori  dei  sestieri  in  Venezia.  E'  scritta 
dal  Cattanei  (4). 

«  Da  particolari  confidenziali  notizie,  vengo  infor- 
mato che  alcuni  de'  settari  della  propaganda  rivolu- 

(i)  Dopo  tutte  le  disposizioni  che  furono  prese? 

(2)  Carte  segrete.  Dog.  461. 

(3)  Documento  462. 

(4  )  Documento  475.  Il  barone  Cattanei  di  Momo  morì 
a  Venezia  il  9  giugno  del  1846,  era  nato  a  Pavia  il  5  set- 
tembre del  1772. 


—   252   — 

zionaria  possano  aver  inventata  una  certa  arma  in 
sidiosa  a  vento,  e  precisamente  certi  bastoni  ripieni 
di  gas,  i  quali  con  un  macchinismo  raifinato  e  me- 
diante una  molla  si  scaricano,  e  possono  uccidere  al- 
l'istante, senza  alcun  strepito. 

«Ricordando  pertanto  a  codesti  Commissari  le 
già  vigenti  prescrizioni  proibitive  in  fatto  d'armi  ca- 
riche a  vento...,  devo  richiamare  la  peculiare  loro  at- 
tenzione e  sorveglianza  sull'introduzione  eventuale 
ed  uso  di  siffatti  bastoni,  che  tanto  più  si  devono  ri- 
guardare della  categoria  dei  pericolosi,  quando  si 
miri  alle  viste  esecrabili  onde  possono  aver  avuto  l'ori- 
gine ». 

E  giacche  ci  troviamo  nel  mondo  politico,  i  no- 
stri padri  ebbero  in  quell'anno  la  dolorosa  notizia 
delle  condanne  di  molti  concittadini,  i  cui  lunghi  pro- 
cessi li  avevano  dichiarati  rei  di  alto  tradimento, 
quindi  condannati  alla  pena  capitale,  che  per  grazia 
sovrana,  fu  per  alcuni  tramutata  nel  carcere.  Eccone 
i  nomi  : 

Tinelli  Alessandro,  dottor  in  legge,  Benzoni  Ce- 
sare alunno  dell'i,  r.  tribunale.  Strada  Pietro  dot- 
tore in  legge,  aggiunto  commissario,  Dansi  Giovanni, 
dottore  in  medicina,  Bressanini  Rinaldo,  ex-militare, 
scrittore.  Poli  Giacomo  dottore  in  legge,  Guenzati  Fi- 
lippo, simile,  Labar  Filippo,  commerciante,  Migl^^ 
Giacinto,  possidente,  Cattaneo  Carlo,  sacerdote,  Mo- 
scheni  Alessandro,  ex-militare,  incisore.  Rosa  Gabrie- 
le d' Iseo,  Bussi  Carlo,  legale,  Polaroli  Angelo,  in- 
gegnere, Zambelli  Giovanni,  studente,  Foresti  Carlo 
di  Bergamo,  Piardi  Giovanni,  studente  e  Lamberti 
Carlo,  dottore  in  medicina  (i). 

(i)  Un  Albera,  che  doveva  trovarsi  fra  i  condannati 
appena  vide   l'orizzonte  politico  oscurarsi  domandò  VeW' 


—  253  — 
Come  ognun  vede  non  appartenevano  già  questi 
infelici  alla  feccia  della  società,  e  noi  mutati  i  nomi, 
ci  troviamo  davanti  ad  un  altro  1821,  colla  attenuante 
della  diminuzione  di  pena,  atteso  Tinsediamento  del 
nuovo  imperatore. 

Infatti  Ferdinando  appena  salito  al  trono,  scrisse 
al  Viceré  un  viglietto,  dove  imponeva  si  cessassero  i 
processi  di  Stato  e  si  liberassero  i  condannati.  Ecco 
come  si  esprime:  «Caro  zio,  io  voglio  per  atto  di 
grazia  condonare  agli  individui  inquisiti  in  Milano 
per  delitto  di  alto  tradimento,  la  pena  di  morte,  e  tra- 
sfornaarla  nel  carcere  di  secondo  grado  per  più  anni. 
K  come  al  pubblico  bene  interessa  soltanto  di  ren- 
dere innocui  codesti  deliquenti,  così  io  voglio  tanto 
per  essi,  quanto  per  quelli  condannati  al  carcere  di 
secondo  grado,  lasciare  libertà  di  sottoporsi  a  que- 
st'ultima pena,  ovvero  di  venire  deportati  in  Ame- 
rica, sotto  condizione  che,  se  ricomparissero  sul  con- 
tinente, e  venissero  arrestati  dal  mio  Governo,  abbia 
ad  essere  in  loro  danno  eseguita  essa  pena  del  car- 
cere senza  bisogno  di  ulteriore  inquisizione  e  sen- 
tenza, solo  verificando  la  loro  identità  ;  e  dopo  espiata 
la  pena,  sieno  banditi.  Questa  misura  si  estende  a 
tutti  i  delinquenti  di  questa  specie  condannati  oltre 
cinque  anni  di  carcere  di  secondo  grado»  (i). 

Era  un'anmistia  ampia,  ma  il  Viceré  che,  doveva 
farla  eseguire  e  gli  altri  che  avrebt^ro  obbedito  al- 
l'ordine di  appiccare  i  condannati,  non  badarono  a 
quello  di  liberarli,  e  continuarono  i  processi. 


grazione  e    se  ne  andò  legalmente.    L'inquisitore   Zajotti 
canzonava  in  proposito  il  Bolza. 

(i)  C.  Cantu  .  Cronistoria  II.  327.  —  Di  tutti  i  pro- 
cessi di  costoro,  come  di  c^uelli  del  1821  se  ne  fece  un 
sunto,  e  la  citata  Cronistoria  lo  riporta  sul  suo  secondo 
volume,  pag.  342  e  segg. 


-  254  - 
Alcuni  però  ne  uscirono,  altri  al  carcere  preferi- 
rono la  deportazione  in  America,  quali  il  Tinelli, 
Luigi   Bargnani,    Cesare   Benzoni   e   l'Argenti    di 
Viggiù. 


Le  consuete  feste  imperiali  incominciarono  col- 
l'allegria  e  finirono  col  lutto.  Il  Labus  che  in  que- 
st'anno, per  lavori  epigrafici  si  ebbe  da  Vienna  lodi 
e  regali,  aveva  scritto  il  gran  cartello  da  appendersi 
alla  porta  maggiore  della  nostra  cattedrale.  Dio  sa 
p>oi  come  traduceva  il  popolino,  il  quale  generalmente 
accorreva  per  ammirare  le  sfarzose  uniformi  e  per 
udirvi  un  po'  di  musica. 

Non  vogliamo  defraudarne  il  lettore,  tanto  più 
che  sarà  l'ultimo  per  Francesco  I  : 

Deo  uni  et  trino 

QUOD 

IMPERATORIS   ET  REGEM  FrANCISCI   I 

JUSTI   PII  PACIFERI 

NATALEM  DIE 

FAUSTO   FELICITER  REDUXERIT 

OMNIUM     LANGOBARDORUM    ORDINES 

SOLEMNES  GRATIARUM  ACTIONES 

PERSOLVUNT 

EUMQUE  ET  POPULORUM  FATO 

VOLVUNTUR 

UTI  HAECCE  DIES 

AD  IMPERH  FAUSTITATEM 

ITERUM  ITERUMQUE  ELUCEAT 

COMPRECANTUR 

Numerosi  corpi    di    truppa,    tanto    di    fanteria, 
quanto  di  cavalleria,  erano  schierati  non  solo   sulla 


i.„.. 


-  ^55  - 
piazza  del  Duomo,  ma  anche  nelle  vie  adiacenti.  Esse 
sfilarono  poi  sulla  piazza  stessa  davanti  al  generale 
Radetzky  ed  allo  stato  maggiore.  Lo  spettacolo  di 
questa  rivista  militare  riusci  al  doppio  brillante,  at- 
teso il  cielo  sereno,  si  che  non  sembrava  essere  nel 
cuor  deirinverno. 

In  tal  giorno  si  inaugurò  pure  nella  sala  di  let- 
tura della  nostra  Biblioteca  di  Brera  il  gran  quadro 
di  Maria  Teresa  cui  abbiamo  accennato.  U  Impera- 
trice in  vedovile  ammanto,  è  maestosamente  seduta, 
in  atto  di  tener  una  mano  sull'editto  col  quale,  desti- 
nando la  biblioteca  ad  uso  pubblico,  volle  provvedere 
all'incremento  delle  scienze,  delle  lettere  e  delle  arti. 
La  composizione  del  Comerio  non  poteva  essere  né 
più  grandiosa,  né  meglio  condotta. 

Kd  a  festeggiare  quest'ultimo  avvenimento  si 
scosse  anche  la  musa  :  un  Giovanni  Contini  stampò 
un'ode  (i)  e  lo  spoglio  dei  singoli  periodici  che  si 
pubblicavano  in  quel  tempo  di  bonaccia  ce  ne  dareb- 
bero altre.  Ma  ripetiamo  ciò  che  altra  volta  abbiamo 
detto,  i  pensieri  che  in  esse  venivano  svolti  erano  sem- 
pre gli  stessi,  salamelecchi  e  lodi  sguaiate. 

Non  ne  era  però  ancor  cessato  l'eco  delle  feste  che 
una  notizia  ferale  si  diffuse  per  la  città.  Il  3  del  suc- 
cessivo marzo  decedeva  l'imperatore  Francesco  I  ed 
era  salito  al  trono  l'arciduca  Ferdinando. 

Era  stato  preso  da  febbre  infiammatoria  fin  dal 
24  di  questo  mese,  ed  i  giornali  viennesi,  cui  rispon- 
devano le  traduzioni  italiane  del  nostro  diario,  chiu- 
devano quasi  sempre  le  notizie  col  dare  fondato  mo- 
tivo del  prossimo  ristabilimento  in  salute  :  frase  ste- 


(i)  Gazzetta  f rivile giata  del  febbraio. 


—  256  — 

reotipata  che  in  tale  emergenza  è  sempre  all'ordine 
del  giorno. 

Non  passano  quarantotto  ore  che  la  febbre  si  ag- 
grava :  nel  pomeriggio  aumenta  di  nuovo,  non  però 
al  grado  che  non  si  debba  sperare  una  notte  più  tran- 
quilla; tuttavia  gli  viene  amministrato  il  Viatico. 

Quando  il  periodico  non  potè  più  negare,  allora 
nel  seguente  giorno  aggiunge,  che  le  notizie  del  pri- 
mo marzo  non  confermano  le  speranze  che  per  un 
tale  miglioramento  si  erano  concepite.  Il  6  marzo  per 
ordine  della  polizia,  rimangono  chiusi  fino  ad  ulte- 
riori disposizioni  tutti  i  teatri,  e  sospeso  ogni  diver- 
timento. 

Inutile  riferire  le  sperticate  lodi  di  cui  erano  ri 
boccanti  i  periodici  d'ogni  colore  intorno  al  magna- 
nimo regnante.  Ci  basta,  perchè  chi  legge  possa  aver- 
ne un'idea,  di  citare  le  testuali  parole  con  cui  termina- 
vano quegli  sproloqui.  Le  togliamo  dalla  Gazzetta 
privilegiata  di  Milano  : 

«  Al  giusto  dolore  dei  sudditi  per  la  perdita  di 
tanto  monarca,  si  unisce  una  ferma  ed  inalterabile  fi- 
ducia nell'avvenire.  Essi  confidano  dapprima  nella 
protezione  dell'Onnipossente,  che  protesse  mai  sem- 
pre evidentemente  l'augusta  casa  d'Austria,  poi  nelle 
virtù  ereditarie  dell'augusta  stirpe  di  S.  M.  l'impera- 
tore ora  regnante  Ferdinando  I,  la  cui  pietà  e  fer- 
mezza di  carattere  e  fedele  amore  all'augusto  suo  ge- 
nitore costituiscono  le  speranze  di  tutti  i  suoi  fedeli 
sudditi. 

«  Sopra  queste  sublimi  qualità  fondasi  la  certezza, 
che  l'augustissimo  Regnante  governi  coi  sentimenti 
e  colle  massime  dell'augusto  defunto,  e  ciò  con  tanta 
maggior  sicurezza  che  il  periodo  del  suo  governo  p^l 
corso  di  43  anni  formò  e  consolidò  il  carattere  del- 
l'amministrazione, dei  rapporti  interni  ed  esteri  del- 


—  357  — 

[^Austria,  di  modo  che  lo  spirito  del  governo  dell'au- 
gusto defunto  Monarca  potrà  continuare  ad  agire 
anche  dopo  il  suo  trapasso*. 

Quante  bugie  in  questi  pochi  periodi,  che  si  po- 
trebbero smentire  colla  storia  alla  mano  ! 

E*  assai  curioso  però  che  i  giornali  letterari  d'al- 
lora non  si  occupano  neppure  di  darci  una  succinta 
biografia  di  questo  insigne  Monarca,  che  tanto  bene 
fece  ci  suoi  Stati  e  che  lasciò  così  larga  eredità  d! af- 
fetti! 

Noi  non  abbiamo  voluto  defraudarne  il  lettore. 
E'  risaputo  con  quale  entusiasmo  venne  accolta 
la  notizia  della  nascita  di  questo  principe  dal  pub- 
blico viennese.  Uava  Maria  Teresa  trovavasi  alla  rap- 
presentazione nel  palco  di  corte,  quando  le  venne 
recata  la  novella  ;  essa  l'annunciò  dal  palco  nel  dia- 
letto viennese  :  Der  Leo  f  old  hat  rC  Bub  (Leopoldo 
ha  un  figlio). 

Fu  allevato  sotto  gli  occhi  del  padre  a  Firenze, 
quindi  passò  alla  corte  di  Vienna  sotto  Giuseppe  II  : 
nel  1788  fu  con  esso  alla  guerra  contro  i  Turchi,  ed 
in  quell'anno  sposò  Elisabetta  di  Wurtemberg,  unione 
che  non  durò  fuorché  un  anno  ;  sei  mesi  3opo  sposò 
in  seconde  nozze  Maria  Teresa,  principessa  delle  due 
Sicilie. 

Quando  suo  padre  successe  ^  Giuseppe  II,  l'arci- 
duca Francesco  lo  accompagnò  a  Pillnitz  ed  assistette 
alla  famosa  intervista  dei  Sovrani  del  Nord,  il  23 
agosto  del  1791. 

Francesco  I  succedette  a  Leopoldo  II  il  1°  marzo 
del  1792,  e  quasi  subito  cominciò  la  lotta  della  mo- 
narchia austriaca  contro  la  repubblica  francese,  prima 
d'accordo  colla  Prussia  nel  1792,  e  due  anni  dopo 
in  suo  nome,  comandando  l'esercito  dei  Paesi  Bassi. 
Varie  furono  le  vicende  di  tale  guerra  e  nel  1795  que- 
GiANETTi.  Cronistoria,  17 


—  258  — 

sto  imperatore,  che  aveva  preso  per  divisa  Justitk 
regnorunt  fundamentum,  ebbe  parte  alla  spoglia- 
zione della  Polonia.  Nel  1799  entrò  in  una  nuova  al- 
leanza coli'  Inghilterra  e  la  Russia.  Gli  sforzi  tutti 
dell'imperatore  austriaco  tendevano  a  mantenere  lo 
statu  quo,  già  stabilito  in  Europa,  ma  le  sue  speranze 
sfumarono  e  la  pace  di  Luneville  segnò  un  altro  passo 
della  Francia. 

Dopo  essersi  reso  indipendente  dalla  Germania, 
facendosi  dichiarare  imperator  d'Austria,  con  diritto 
di  trasmissione  ai  discendenti,  entrò  in  una  terza  coa- 
lizione coir  Inghilterra  e  la  Russia.  Furono  vane  spe 
ranze  ancora,  che  la  battaglia  d'Austerlitz  gli  impose 
nuovi  sacrifici. 

I  due  imperatori,  Francesco  e  Napoleone,  si  ab 
boccarono,  ed  alla  tregua  seguì  la  pace  di  Presburgo: 
il  12  luglio  1806  si  formò  la  Confederazione  renana 
ed  il  sei  del  successivo  mese,  Francesco  abdicò  la 
corona  ed  il  governo  dell'impero  di  Germania:  fu 
allora  che  prese  il  nome  di  Francesco  I. 

Inutile  percorrere  le  parecchie  vicende  che  ebbero 
le  guerre  napoleoniche  ;  acceimeremo  solo  come  Fran 
Cesco  I,  entrato  nella  Santa  Alleanza  rimanesse  lai 
leato  più  costante  e  piìi  devoto  dell'imperatore  Ales 
Sandro  di  Russia.  Dopo  la  rivoluzione  di  luglio,  al 
lorchè  vide  che  la  Brancia  non  era  per  nulla  disposta 
a  turbarlo  ne'  suoi  possessi  italiani,  tornò  a  strin- 
gere con  essa  nodi  d'amicizia. 

Francesco  I  fu  ammogliato  per  ben  4  volte,  da 
Maria  Teresa  sua  seconda  consorte  ebbe  13  figli,  f^ 
cui  Maria  Arma  nata  nel  1 804  che  divenne  più  tardi 
abbadessa  del  capitolo  delle  nobili  dame  di  Praga^ 

Egli  ebbe  in  generale  tutte  le  qualità  deiruomo 
privato.  Animato  da  sensi  di  giustizia,  fu  inflessibile 
pei  rivoluzionari  e  non  bastando  le  torture  fisiche. 


—  259  — 

aggravò  con  tortine  morali  il  carcere  duro  de'  pri- 
gionieri di  Spielberg.  Nemico  deiremancipazione  po- 
litica, cui  aspiravano  i  popoli,  ne  compresse  tutti  i 
tentativi  ;  del  resto  semplice  ed  affabile,  era  affezio- 
nato dk'  suoi  austriaci,  sopratutto  nell'arciducato. 
Popolare  e  senza  diffidenza,  era  accessibile  a  tutti  ; 
in  tempo  di  pace  concedeva  pubblica  udienza  ogni 
settimana,  ed  ascoltava  tutte  le  domande  ;  accoglieva 
petizioni,  purché  non  versassero  su  cose  di  governo. 
Ma  forse  si  lasciava  di  troppo  aggirare  dalla  cama- 
rilla cortigiana,  tutta  informata  a  sensi  mettemi- 
chiani.  Se  egli  avesse  governato  più  direttamente  i 
lombardo-veneti,  ed  avesse  in  tempo  opportuno  esau- 
diti i  loro  giusti  desideri,  forse  avrebbe  lasciata  più 
cara  memoria  anche  fra  noi. 

Dicesi  che  possedesse  una  biblioteca  di  ben  qua- 
rantamila volumi  (i). 

Nonmancarono  anche  in  questa  occasione  i  poeti  : 
si  trattava  di  ingraziarsi  il  nuovo,  piangendo  il  vec- 
chio, ma  per  le  ragioni  già  esposte  non  facciamo  che 
citare  i  nomi  degli  autori,  rimandando  agli  opuscoli 
che  si  stamparono  per  la  circostanza  ed  alla  Gazzetta 
Privilegiata,  chi  volesse  leggerne  il  testo. 

Primo  che  si  presenta  è  il  lamento  di  un  suddito 
e  funzionano  fedele  per  la  perdita  deU adorato  Mo- 
narca (!).  Una  poesia  scrisse  il  prof.  Bellisomi,  pre- 
fetto del  ginnasio  di  S.  Alessandro  (Beccaria)  ;  altra 
quello  di  matematica,  don  Cesare  Rovida  ;  altra  il 
conte  Castelbarco  ;  altra  certo  Barabani,  alunno  di 
concetto  presso  T  I.  R.  Magistrato  Camerale  ;  altra  il 
prof.  Mocchetti,  quello  stesso  che  lesse  il  discorso  per 

(i)  SCHNITZLER.   Enciclofedie  des   gens  du  Monde. 


—  300   — 

la  inaugurazione  della  statua  di  Alessandro  Volta  a 
Como,  e  ci  pare  che  basti. 

Il  cancelliere  Mettemich,  annunciando  official- 
mente  la  morte  agli  ambasciatori  esteri,  attestava  la 
quiete  senza  esempio  con  cui  si  passò  da  un  governo 
all'altro. 

Il  Giusti  dalla  Toscana  lanciava  i  suoi  dardi  : 

ti  Dies  irae,  è  morto  Cecco 
Gli  è  venuto  il  tiro  secco, 
Ci  levò  l'incomodo 
Questo  è  ito.  Al  rimanente 
Toccherà  qualche  accidente 
Dio  non  paga  il  sabbato... 
Ride  Italia  al  caso  reo, 
E  dall'alpi  al  lilibeo 
I  suoi  re  si  purgano. 

Le  condoglianze  officiali  fioccarono  da  ogm  parte 
e  le  cartelle  del  nostro  archivio  di  stato,  e  di  quello 
cittadino  ne  sono  riboccanti.  Il  Fantonetti,  uno  dei 
membri  del  nostro  reale  Istituto,  nella  commemora- 
zione che  fece  del  defunto  monarca  ha  tra  l'altro  que- 
sto periodo  :  «  Miserabili  creature  di  questo  basso 
mondo,  noi  non  possiamo  corrisponderti  che  con  tri- 
buti di  altrettanto  amore,  di  riconoscenza,  di  grati- 
tudine e  di  profonda  venerazione  e  con  illibata  fe- 
deltà all'augustissimo  successore  tuo  :  sentimento  che, 
per  quanto  trapassino  i  secoli,  suonerà  sempre  giO' 
rioso,  ne  mai  dalla  memoria  degli  uomini  cancellato». 

Anche  il  Turoni  mise  il  suo  grano  d'incenso,  ep- 
pure tredici  anni  dopo  era  membro  del  nostro  go- 
verno Provvisorio  (i). 

(i)   Cantu'.    Cronistoria, 


/'    ■^j^£ièS^^.,tsk^ 


-    26l    — 

Il  governatore  scrivendo  al  gran  Cancelliere  le 
universali  attestazioni  di  dolore,  esponeva  la  spe- 
ranza dei  popoli  lombardo-veneti,  perchè  il  nuovo 
imperatore  venisse  presto  a  vederli  ed  incoronarsi, 
aggiungeva  voti  perchè  si  estendesse  l'autorità  del 
Viceré,  si  usasse  clemenza  ai  detenuti  politici  e  si 
desse  maggior  lustro  alle  scienze  ed  alle  lettere.  Erano 
pii  desiderii  che  dovevano  ancora  una  volta  esser 
frustrati  ad  opera  della  polizia  (i). 

Ed  ora  veniamo  alle  solenni  esequie  che  si  fecero 
tra  noi  al  defunto  monarca. 

Per  ordine  vice-reale,  le  prime  ebbero  luogo  nella 
cappella  di  S.  Gottardo  al  palazzo  di  Corte. 

Assistevano    alla    cerimonia   le   loro   Altezze,    i 
grandi  ufficiali  della  corona,  i   consiglieri  intimi,  i 
ciambellani,  e  le  dame  di  palazzo.  La  cappella  era 
adobbata  a  lutto  con  frange  ed  emblemi  d'oro  ;  nel 
mezzo  sorgeva  un  sontuoso  catafalco,  adomo  di  di- 
pinti rappresentanti  le  imprese  del  defunto.  Quattro 
statue  negli  angoli,  raffiguravano  la  Giustizia,  la  For- 
tezza, la  Temperanza  e  la  Religione.  Intorno  al  fere- 
tro quattro  geni  piangenti  erano  simbolo  del  dolore 
dei  popoli  per  tanta  perdita.  Sopra  il  monumento  si 
ergeva  un  ampio  baldacchino  sormontato  dalla  co- 
rona imperiale.  Ai  lati  leggevansi  le  seguenti  iscri- 
zioni, dettate  dal  dott.  Labus  : 
Di  fronte  : 

PRAECI.ARAM  JNDOLEM     FASTIGIO     SUO    PAREM    NACTUS 

miT  mPERIUM 

AVITAE    RELFGIOMS  CUST05   AUSERTOR 

.  ADITU    FACILI 5    INGEMtO    BHNIGNUS   MENTE   PROVIDUS 

I  mSTITlAM    CLEMEJiTlAM   TEMPERANS 

AUSPE3C   PUBLICAE    FAUSTITATLS 

i  (i)   CANTU'.    Cronistoria. 


—   202   — 

Nel  lato  destro: 

INCRUENTI  BUS   TEMPORUM   ASPERRIMIS   CALAMITATIBUS 

PROPOSITI  TENAX 

SAPIENTIA   VIRTUTE   FIRMTTUDINE  USUS 

HOSTIUM   COPIIS   FUSIS   CAPITAE   IN   DEDITIONEM   ACCEPTIS 

LIBERTATEM   EUROPAE   PACEM  POPULIS   REDDIDIT 

AUCTOR  PERPETUAE  TRANQUILLITATIS 

Di  contro  all'altare  : 

NON    ADSIDUIS   LABORIS   NON   MORBIS   GRAVIS   FRACTUS 

PATERNO   ADFECTU 

SUBITARUM  MAIESTATI  SUAE  PROVINCIARUM 

OPULENTIAE    COMMODIS     FELICITATI    JUGITER     PROSPEXTT 

TUTOR  SOLERTIS   OVILITATIS 

Nel  lato  sinistro  : 

SALVE   SUPREMUM  PRINCEPS   LENTISSIME  IMCOMPARABILIS 

ABREPTO   AB  CAELESTES 

TE     AUGUSTA    DOMUS    ITALIA   GERMANIA     UNIVERSAQUE     EUROPA 

VIRTUTEM  TUORUM   SPLENDORE  INLUSTRATAK 

UNO   ANIMO  VIVENTEM   COLUERE 

TE   AMISSUM  LUGENT 

In  fronte  alla  chiesa  : 

IMP.    CAESA.    FRANCISCO   AUGUSTO 

LEOPOLDI     AUG.     FIL.     FRANCISCI     AUG.      N. 

OPTIMO   PIO    FORTISSIMO   PROVIDENTISSIMO   PRINCIPI 

PARENTI  PUBLICO 

RAINERIUS   AUG.   FRATER   VICE   SACRA 

SUPREMA    ET   LACRIMAS. 


—  263  — 

Altro  servizio  funebre  ebbe  luogo  nella  Chiesa 
dell'Ospedale  maggiore,  cui  intervennero  il  Diret- 
tore, il  Consiglio  d'amministrazione,  buon  numero 
di  meciici  ed  altri  addetti  al  pio  luogo.  Semplice  e 
commovente  era  Tiscrizione  che  si  leggeva  sulla  porta 
della,  chiesa: 

FRANCISCO  I  CAESAR   AUGUSTO 

PRINCIPI     JUSTISSIMO     FIRMISSIMO 

CAELESTIUM  VITA   PARATAM 

ADPROPERATURI 

BONI   ACCEDITE 

A  S.  Barnaba  altra  ufficiatura  per  cura  dei  P.  P. 
Barnabiti  ;  vi  si  leggeva  la  seguente  iscrizione  : 

FRANCISCO  I   CAESARUM   MAXIMO 

CUIUS   VIRTUTI  NULLUM   PAR   ELOGIUM 

QUOp 

ORDINEM   CLERICORUM   REGULARIUM   A    S.    PAULO 

INFANDA   SUPERIORUM   TEMPORUM   VI 

MAERENTIBUS   BONIS   EXTINCTUM 

ANNO   MDCCCXXXV 

TOTA    PLAUDENTE   CIVITATE 

EXCITARIT 

RESTITUTI   EIUSDEM   ORDINIS   SODALES 

TANTO  IMPERATORIS  AC  REGI 

EHUi    SUPREMUM   DIEM   OBEUNTI 

DEVOTI     GRATI     QUE     ANIMI     ERGO 

FUNERUM   SOLEMNIA 

Altra  officiatura  se  non  così  imponente,  certo  più 
affettuosa,  venne  celebrata  all'ospedale  dei  Fatebene- 
fratelli,  con  sfarzoso  adobbo.  Il  cartello  collocato  al- 


L 


—  ^204  — 
rcsterno  della  chiesa,  reca  la  s^ruente  iscrizione,  que- 
sta volta  italiana  : 

all'imperatore   e   re   FRANCESCO   I 

MASSIMO  AUGUSTO  GIUSTISSIMO 

DELLE     BENEFICHE     PIE     ISTITUZIONI 

TUTELA   E   SOSTEGNO 

TOLTO   all'amore   DEI    POPOLI 

nell'anno  XLHI  del  memorando  SUO   DOPERÒ 

I   RELIGIOSI 

DELL*  ORDINE  DI   S.   GIOVANNI  DI  DIO 

dall'eterno     ONNIPOSSENTE    REGGITORE 

NELLE  CUI  MANI  STANNO  LE   SORTI 

DEI  PRINCIPI  E  DELLE  GENTI 

PREGANO 

LA   BEN   MERITATA  GLORIA  DEI  CIELI 

Ed  ora  in  mancanza  del  bulino  e  della  fotografia, 
vediamo  se  è  possibile  dare  ai  nostri  lettori  una  com- 
pleta descrizione  di  quanto  si  fece  nella  nostra  cat- 
tedrale il  7  aprile. 

Già  un  avviso  speciale  della  direzione  della  po- 
lizia, pubblicato  qualche  settimana  prima,  regolava 
il  giro  delle  carrozze,  che  dovevano  trasportare  gli 
invitati  ai  piedi  della  gradinata  del  duomo. 

Era  pensiero  di  fare  qualche  cosa  di  grande,  di 
maestoso,  d'imponente,  e  se  ne  commise  la  direzione  , 
al  talento  ed  alla  sollecitudine  del  pittore  Sanqui- 
rico. 

All'esterno  del  tempio  davanti  all'ingresso  prin- 
cipale ergevasi  un  ampio  vestibolo  addobbato  a  nero 
ed  oro  :  sulla  porta  pendeva  un  cartellone  con  ricchi 
contomi  ornamentali,  cimase,  figure  simboliche  sor- 
montate da  un  grande  stemma  imperiale  ;  altro  car- 
tellone superiormente  alla  loggia  estema  con  iscri- 
zione copriva  pure  il  finestrone. 


—  205   — 

A  tutta  la  nave  di  mezzo,  dalla  porta  principale 
fino  alle  gradinate  dell'aitar  maggiore,  destinata  alle 
Autorità  ed  agli  invitati  si  stendeva  ricco  e  sontuoso 
addobbo  in  nero  con  tocca  d'oro  cadente. 

Alla  parte  superiore  di  ciascuna  colonna  si  ap- 
poggiavano le  aquile  imperiali,  recanti  sul  petto  gli 
emblemi  dei  vari  Stati  della  Monarchia  :  dalle  stesse 
scendeva  una  ricca  drapperia  in  oro  sotto  alla  quale 
un  medaglione  decorato,  alludente  a  qualcuna  delle 
principali  epoche  del  governo  del  defunto. 

Uintercolonnio  era  attraversato  da  altro  drap- 
peggio alla  cui  sommità  un  ramo  di  quercia  altema- 
vasi  con  altro  di  ulivo,  e  più  sotto  alcuni  geni  do- 
rati sostenevauno  una  corona  imperiale  Nel  centro  al- 
tro ricco  festone  con  gran  cartello,  a  ricco  contorno 
ornamentale,  rappresentante  in  finto  bassorilievo  al- 
cune delle  principali  gesta  dell'estinto,  e  questo  car- 
tello alternato  dall'intercolonnio  seguente  con  altro 
decorato  da  geni  piangenti. 

Il  sarcofago  sorgeva  sopra  zoccolo,  decorato  da 
quattro  ricchi  candelabri  e  da  otto  leoni  dormenti, 
poggiava  su  grandioso  basamento  ottangolare,  or- 
nato di  scanellature  gotiche  con  membrature  lavorate 
in  oro,  quattro  lati  del  quale  offrivano  altrettanti  car- 
telloni con  analoghe  iscrizioni  :  tre  spaziose  gradi- 
nate fiancheggiate  da  ermilli  ed  incensieri  occupa- 
vano tre  lati  :  l'altro  presentava  l'ingresso  alla  cella 
sepolcrale,  rischiarata  da  lampade  funerarie.  Otto  ric- 
chi candelabri  e  quattro  statue  colossali  poste  su  ele- 
ganti zoccoli  rappresentavano  la  Giustizia,  la  Tem- 
peranza, la  Prudenza  e  la  Costanza,  formavano  la  de- 
corazione superiore  del  basamento.  In  mezzo  a  questo 
sopra  altro  zoccolo  elegantemente  ornato  elevavasi  il 
mausoleo  retto  da  otto  colonne  con  altrettanti  archi 
acuti,  terminanti  in  altrettanti  frontoni  semi-acuti,  so- 


—  266  — 

pra  i  quali  posava  Taguglia  pure  a  piramide  etta- 
gona. Su  di  essa  era  una  statua  della  Fede.  Davsoiti 
a  queste  colonne  figuravano  otto  statue  in  rilievo  :  la 
Speranza,  la  Carità,  la  Modestia,  la  Purità,  la  Rico- 
noscenza, la  Sapienza,  la  Prudenza  e  la  Liberalità. 
Altre  statuine  in  alto  rilievo  in  oro  con  eleganti  bal- 
dacchini erano  applicate  al  corpo  superiore  delle  co- 
lonne in  stile  gotico.  Dalla  sommità  inferiore  degli 
archi  pendevano  otto  lampade  ed  un'altra  era  rac- 
comandata al  centro  della  tazza  intema  del  mausoleo 
riccamente  adorna  di  arabeschi  gotici,  combinati  colle 
aquile  imperiali.  Esternamente  sugli  angoli  acuti  al 
cominciamento  dei  frontoni,  erano  otto  geni  pian- 
genti colle  fiaccole  rovesciate  e  sulla  loro  sommità 
semi-acuta  otto  candelabri  -.  Testemo  della  guglia  su- 
periore era  foggiato  a  scanellature  gotiche  "con  fondo 
in  oro  e  sugli  angoli  guarnita  di  fogliami.  Le  fac- 
ciate dei  frontoni,  oltre  le  rispettive  membrature  in 
oro,  presentavano  dei  geni  in  basso  rilievo  colle  co- 
rone imperiali. 

Nell'interno  del  tempietto  sorgeva  su  d*una  gra- 
dinata l'urna  sostenuta  da  quattro  aquile  imperiali  su 
elegante  basamento  ornato  da  sei  geni  in  bassorilievo 
con  festoni  d'alloro  e  patere  in  oro.  Sopra  l'urna  erano 
collocate  nel  centro  su  cuscino  la  corona  imperiale, 
lo  scettro,  la  spada  e  le  decorazioni.  Nel  centro  della 
cupola  superiormente  al  mausoleo  era  appesa  una 
grande  corona  imperiale  da  cui  pendeva  la  clamide 
foderata  di  ermellino,  divisa  in  quattro  parti  attac- 
cate ai  rispettivi  piloni  che  sostengono  la  gran  cu- 
pola del  Tempio. 

Tutti  questi  disegni  furono  opera  come  si  disse 
del  scenografo  Sanquirico,  il  quale  avendone  man- 
dato copia  alla  Corte  di  Vienna,  ebbe  una  bellp  let- 


—  267  — 
tera.    di    ringraziamento,  accompagnata  da  una  rie 
cliissima  tabacchiera  d'oro  fregiata  di  brillanti  (i). 

Per  non  tediare  più  a  lungo  i  lettori,  dei  sedici 
cartelli  (!)  tutti  coperti  d'iscrizioni  che  vi  si  trova- 
vano, non  citeremo  che  quello  sulla  porta  d'entrata 
all'esterno  e  quello  collocato  nell'interno  del  tempio 
sup)eriormente  alla  porta  d'uscita. 

Ecco  r  iscrizione  del  primo  : 

SOLENNI  ESEQUIE 

dell'imperatore   e   re   FRANCESCO   I 

DATO   DAL   CIELO 

ne'  più  difficili  tempi    . 

A  SOSTENIMENTO 

DELLA    GLORIOSA  E  PATERNA    AUSTRIACA   DINASTIA 

RAPITO 

ALLO   INESTINGUIBILE   DESIDERIO  DEI   POPOLI 

DOPO   XLUI   ANNI 

DI   MEMORABILE   IMPERO 

LONGOBARDI 

all'anima   GRANDE 

AL  MONARCA   OTTIMO  MERITISSIMO 

de'      SUPERNI     LA     GLORIA     INVOCATE 

Il  secondo  così  suonava: 

CHIUNQUE   TU    SIA   CHE  IN   QUESTO  TEMPIO 

LA   TOMBA   VISITASTI 

DEL   MASSIMO   PUSSIMO   MONARCA 

SOVVENGATI 

CH'  EI   negli   ESTREMI   ANELITI 

QUESTE   MEMORANDE   COMMOVENTISSIME    PAROLE 

DETTAVA 

«    AI    SUDDITI   MIEI 

LASCIO   IL   MIO   AMORE 

SPERO    CHE   INNANZI   A   DIO 

POTRÒ     PER     ESSI     PREGARE    « 

(i)  Il  defunto  fratello  Sacerdote  Don  Pio,  già  coadiu- 
tore a  S.  Maria  Segreta,  ci  mostrò  raccolte  in  un  arma- 
dietto a  vetri  tutte  le  decorazioni,  i  regali,  i  diplomi  otte 
nuti  dal  pittore. 


Fioccano  intanto  i  motu-proprì  del  nuovo  impe- 
ratore, al  nostro  Viceré  per  impegnarlo  a  confinuare 
collo  s fesso  zelo  nel  governo  della  città  ;  al  principe 
di  Metternich,  cui  dice  che  desiderando  eternare  la 
memoria  di  suo  padre  coll'erezione  di  un  monumento, 
lo  incarica,  nella  sua  qualità  di  curatore  dell'Acca- 
demia delle  belle  arti,  di  proporre  un  disegno  fra  il 
più  breve  termine  possibile.  Intanto  a  corte  il  mag- 
giordomo Meraviglia,  dietro  ordini  superiormente 
impartitigli,  pubblica  un  lutto  di  sei  mesi,  dettandone 
i  particolari,  specie  per  le  dame. 

Notevole  è  il  proclama  del  nuovo  Imperatore 
Ferdinando  I,  diretto  ai  popoli  della  Lombardia  e 
della  Venezia,  eccolo  : 

^Cari  e  fedeli! 

€  Piacque  a  Dio  onnipotente  di  chiamare  a  sé  da 
questa  terra  S.  M.  l'imperatore  e  re  nostro  veneratis- 
simo  e  amantissimo  padre. 

fS.  M.  spirò  alle  12,45  della  scorsa  notte. 

€  Penetrato  dal  sentimento  del  più  profondo  do- 
lore per  la  perdita  dell'augustissimo  defunto,  la  cui 
sapienza  in  mezzo  alle  burrasche  dei  tempi,  ha  messo 
la  base  più  solida  della  felicità  de'  suoi  popoli,  la 
di  cui  giustizia  fu  un  possente  sostegno  ad  ogni  di- 
ritto, non  che  uno  scudo  vigoroso  contro  ogni  arbi- 
trio e  le  di  cui  virtù  serviranno  di  modello  in  ogni 
tempo,  Noi  seguiamo  la  chiamata  sublime  di  prose- 
guire sulla  via  da  Lui  sì  saggiamente  tracciata  e  con 
tanta  perseveranza  tenuta. 

€  Fedeli  alle  intenzioni  dell'augustissimo  Nostro 
Padre  e  fidando  come  Lui  nella  divina  Provvidenza, 
ascendiamo  al  trono  avito  colla  ferma  risoluzione  di 
rendere  scopo  di  tutte  le  nostre  cure  e  sollecitudini 
la  felicità  e  prosperità  dei  nostri  popoli  seguendo  la 


—  26g  — 

via  del  giusto.  Mentre  noi  confermiamo  tutti  i  fun- 
zionari della  pubblica  amministrazione  nei  loro  po- 
sti, uffizi  e  nelle  loro  dignità,  eccitiamo  i  medesimi  e 
specialmente  il  Governo  a  prestare  la  dovuta  coope- 
razione alle  Nostre  premure  ed  a  dedicarsi  con  in- 
tegrità e  zelo  ai  loro  impegni  a  tenore  delle  vigenti 
prescrizioni  ed  a  norma  del  loro  giuramento  della 
solenne  rinnovazione  del  quale  li  dispensiamo. 

€  Del  resto  sarà  cura  del  Governo  di  rendere  nota 
colla  maggior  prontezza  la  nostra  mente  a  tutte  le 
autorità  da  lui  dipendenti  e  di  dispwDrre  in  partico- 
lare d'accordo  cogli  Ordinariati  che  per  S.  M.  il  de- 
funto augustissimo  imperatore  e  Re,  vengano  cele- 
brate le  consuete  esequie  e  S.  Messe  e  preghiere  tanto 
nella  città,  quanto  nella  campagna,  facendo  tosto  ces- 
sare ogni  sorta  di  divertimento  non  compatibile  col 
lutto  universale. 

cEd  a  ciò  sia  prestato  il  più  esatto  adempimento. 
cDato  dalla  Nostra  capitale  e  residenza  imperiale 
di  Vienna  questo  giorno  due  marzo  1835. 
€  Ferdinando  m.  p. 

Seguono  le  firme  dei  ministri. 

Quante  promesse  che  non  si  mantennero,  e  quanta 
reboanza  di  frasi,  assolutamente  inutili  per  il  popolo, 
il  quale  a  vero  dire  potrebbesi  paragonare  a  quello 
di  cui  narra  il  Manzoni,  che  assistendo  al  noto  giuoco 
del  ciarlatano  il  quale  dopo  aver  ingoiato  stoppa  e 
stoppa,  cava  fuori  dalla  bocca  nastro  e  nastro,  se  ne 
sta  come  intontito  a  vedere  !  Fortuna  che  la  storia  sta 
quale  Nemesi  divina,  affidando  alle  carte  solo  il  vero. 

Bisognava  però  che  anche  i  poveretti  della  città 
sentissero  qualche  sollievo  e,  benché,  forse  può  essere 
giudicata  un  po'  meschina  la  elargizione,  la  cronaca 
nota  che  il  nuovo  Renante  aissegnò  loro  due  mila 
fiorini. 


—  270  — 

Non  era  però  da  trascurarsi  un  omaggio  speciale, 
che  la  città  si  credette  in  dovere  di  fare  al  nuovo  Mo- 
narca, mentre  presentava  le  condoglianze  per  il  de- 
funto. A  tale  scopo  la  Congregazione  Centrale  no- 
minò una  Commissione  composta  dei  signori  conte 
Giulio  Ottolini  Visconti,  nobile  Gerolamo  Gnimelli 
Pedrocca,  conte  Giovanni  Pietro  Porro,  dottor  Carlo 
Pietro  Villa,  Luigi  Carboni,  marchese  Francesco  Za- 
netti, cav.  G.  B.  Monticelli  Strada,  coirincarico  di 
recarsi  a  tale  scopo  a  Vienna. 

I  diarii  d*allora  ci  conservarono  il  testo  dell'in- 
dirizzo, che  i  nostri  Commissari  presentarono  a  nome 
della  città,  come  pure  la  risposta  data  dal  novello 
Imperatore.  Che  il  lettore  non  si  meravigli  se  noi  le 
riproduciamo  a  titolo  di  storia,  malgrado  il  solito 
stile  di  servilismo  con  cui  furono  redatte.  La  Com- 
missione fu  ricevuta  il  sei  del  giugno.  Ecco  Tinai- 
rizzo  : 

€  Sacra  I  e  R.  Apos.  Maestà, 

e  Accolte  e  consentite  per.  somma  grazia  della 
M.  V.  le  suppliche  fervorose  della  Congregazione 
Centrale  della  Lombardia,  essa  fu  sollecita  di  pr^' 
scegliere  dal  suo  Corpo  una  deputazione  commet- 
tendole di  recarsi  al  trono  imperiale  per  esprimere  le 
proteste  del  profondo  dolore,  di  cui  furono  penetrati 
i  cuori  dei  sudditi  lombardi  alla  perdita  del  loro  Mo- 
narca e  per  manifestare  contemporaneamente  i  sensi 
della  più  viva  esultanza  onde  furono  compresi  ^ 
la  esaltazione  della  M.  V. 

f.La  deputazione  che  altamente  si  onora  di  questo 
mandato,  è  pur  anco  incaricata  di  deporre  ai  piedi 
della  M.  V.  che  tali  sensi  solenni  di  fedeltà  sono  una 
continuazione  di  quei  medesimi  che  nutrivano  già  per 
la  sacra  persona  che  passata  a  ricevere  il  trionfo  delle 


—  271  — 

sue  virtù,  avrebbe  lasciato  un  dolore  inconsolabile 
nel  l'animo  loro,  se  la  M.  V.  non  fosse  salita  al  di 
lui  trono. 

€  E  già  dal  principio  del  vostro  impero  si  confor- 
tarono massimamente  i  fedeli  sudditi  lombardi,  quan- 
do la  M.  V.  fece  altamente  comprendere  di  voler  cam- 
minare per  quelle  vie,  che  la  virtù  e  la  sapienza  trac- 
ciarono al  miglior  de'  Monarchi,  e  le  più  belle  spe- 
ranze spuntarono  per  noi  alla  benevole  risoluzione 
che  confermò  nelle  sacre  veci  della  rea!  podestà  il 
S.  Arciduca  Ranieri,  le  cui  virtù  formano  l'oggetto 
deirammirazione  e  venerazione  delle  provincie  affi- 
date alle  sue  cure. 

€  Felice  di  questi  auspici,  affidasi  la  Congrega- 
zione Centrale,  che  ove  la  Provvidenza  ci  conservi  i 
vantaggi  di  una  lunga  pace  all'ombra  delle  paterne 
sollecitudini  della  M.  V.,  si  accrescerà  la  prosperità 
dei  fedeli  abitanti  della  nostra  bella  ed  onorata  con- 
trada, e  che  maggiormente  vi  fioriranno  le  scienze,  le 
arti,  l'agricoltura  e  il  commercio. 

fin  questa  speranza  si  degnò  la  M.  V.  di  accet- 
tare le  felicitazioni  della  Lombardia,  della  sua  Con- 
gregazione Centrale  pel  vostro  innalzamento  alla  So- 
vranità Imperiale  e  Reale,  e  gradisca  i  fervidi  voti, 
che  noi  tutti  inalziamo  al  cielo  per  la  diuturnità  del 
vostro  impero  e  della  vostra  augusta  famiglia  e  se 
dalla  M.  V.  sarà  secondato  il  comune  desiderio  di 
veder  cinte  della  corona  di  ferro  le  sacre  vostre  tem- 
pie, vedrà  allora  la  M.  V.  che  le  attestazioni  che  noi 
umiliamo  ai  piedi  del  trono  sono  veramente  conformi 
ai  sentimenti  d'amore,  di  divozione  e  di  fedeltà  che 
le  popolazioni  lombarde  nutrono  per  la  sacra  ed  au- 
gusta vostra  persona  ». 

Ed  ecco  l'indirizzo  di  risposta  il  quale  comincia 
in  certo  modo  la  serie  di  quelle  bugie,  che  toccheranno 


^^^i^pi^ 


'l 


—  373  — 

1  apogeo  Dcl    1838  e  verraimo  scontate  nelle  cinque 
ìamose  giornate  del  1848  : 

e  Sono  grato  alle  provincie  lombarde  per  Tespres- 
sione  del  dolore  cagionato  loro  dall'amara  perdita 
da  me  e  dalla  monarchia  sofferta  colla  morte  del 
l'Augusto  imperatore. 

€  Questo  dolore  è  fondato  nei  più  nobili  senti 
menti,  in  quelli  cioè  della  ricordanza  de*  molteplici 
benefici,  onde  l'augusto  estinto  con  incessanti  cure  ha 
i  olmato  il  paese  e  die  voi  rappresentate,  ed  in  quelli 
della  riconoscenza. 

€  Di  quanto  la  Lombardia  abbia  prosperato  sotto 
io  scettro  del  pacifico  Monarca,  che  tanto  sapeva  ri- 
spettare e  proteggere  tutti  i  diritti,  sono  irrefragabili 
testimoni  i  vostri  commettenti. 

€  E'  mio  fermo  proponimento  di  calcare  le  traccie 
segnate  dal  mio  genitore,  e  che  il  mio  r^no,  siocome 
una  continuazione  del  suo,  sia  come  questo  benefico 
per  tutte  le  parti  dell'  Impero. 

tll  desiderio  espresso  dalla  Congregazione  Cen 
trale  riguardo  alla  mia  coronazione  nel  R  L.  V.  cor- 
risponde alla  già  seguita  mia  risoluzione. 

€  Con  piacere  mi  recherò  a  Milano  visitando  quelle 
IktIIc  Provincie,  che  per  esser  pienamente  felici  di 
filtro  non  abbisognano  che  della  conservazione  della 
Ininquillità. 

f  Recate  ai  vostri  commettenti  queste  mie  assicu- 
hi/ioni,  non  meno  che  quelle  della  imperiale  mia 
t:i»i/ia  e  l^enevolenza  ». 

Altro  indirizzo  venne  pure  rivolto  all'imperatrice 
ni  ullra  risposta  della  medesima  e  Tuno  e  l'altra  su 
Jirr  ^'ii'i  ^j  iissomigliano  quanto  ai  sentimenti,  e  perciò 
i  I  (litsprimiamo  dal  riprodurlo.  Notiamo  però  la  frase 
tiibliidlf^  pronunciata  dall'imperatrice  nella  risposta: 
«  N,i(,i  r.  rrrH<!Ìuta  sotto  il  placido  cielo  d' Italia,  non 


—  273  — 

cesserò  mai  di  prendere  ii  più  vivo  interesse  alla  vera 
prosperità  della  parte  della  Monarchia  da  voi  rap- 
presentata ». 

La  notizia  della  morte  dell'imperatore  era  giunta 
il  martedì  grasso,  e  la  cronaca  dei  divertimenti,  se 
togliamo  i  consueti  spettacoli  alla  Canobbiana  (il 
Mose),  ai  Giardini  pubblici  (la  compagnia  Guillau- 
me), al  Carcano  (l'operetta,  Chi  la  dura  la  vince),  al 
Re  (giuoco  di  prestidigitazione  del  Bosco),  le  case 
patrizie  avevano  chiuso  i  loro  battenti,  e  i  nostri  babbi 
pensarono  a  spassarsela  per  conto  proprio  in  casa, 
beneficando  più  tardi  colle  consuete  offerte  per  l'eso- 
nero delle  visite  di  capo  d'anno. 

Così  continuò  per  una  buona  metà  dell'anno, 
quando  che  è,  che  non  è,  i  periodici  e  le  lettere  private 
recano  lo  scoppio  del  cholera  morbus  (i),  nel  vicino 
regno  di  Piemonte.  Inutile  dire  che  si  raddoppiò  la 
vigilanza  alle  frontiere  ;  e  in  omaggio  della  verità 
dobbiamo  aggiungere  che  essa  fu  esercitata  rigoro- 
samente. Tuttavia,  se  il  colera  non  potè  varcare  i  con- 
fini, il  timore  invase  gli  animi  delle  famiglie  dei  no- 
stri babbi,  sicché  pensarono  seriamente  ai  casi  loro. 
Ad  aumentare  i  timori  giunse  una  circolare  arcivesco- 
vile, la  quale  ordinava  ai  parroci  un  triduo  soleime 
di  preci  con  esposizione  del  Sacramento  e  la  colletta 
di  rito  nella  messa. 

Le  Autorità  comunali  e  governative  rinnovarono 

(i)  Questo  terribile  flagello  che  pur  troppo  nel  seguente 
anno  si  scatenò  sopra  Milano  ebbe  origine  nell'Asia  e  nel- 
l'Africa dove  già  faceva  vittime  fin  dal  1817.  La  Russia  lo 
importò  in  Europa  dopo  la  guerra  contro  i  Persiani  (1827) 
e  da  qui  si  diffuse  nella  Polonia,  nell'Austria,  e  nella  Prus- 
sia. Nel  1832  lo  troviamo  a  Parigi  e  nell'anno  in  corso  ca- 
pitò in  Piemonte. 

GuKiTTi.  Oonistoria.  18 


le  istruzioni,  vuoi  circa  il  modo  di  prevenire  il  morbo, 
vuoi  per  combatterne  i  primi  sintomi  :  ad  ogni  buon 
conto  si  facevano  preparativi.  Al  confine,  giacché  fi- 
nora è  smentita  ogni  voce  che  il  temuto  flagello  l'ab- 
bia varcato,  fu  istituito  un  corpo  armato  col  titolo  di 
guardia  di  confine.  Esso  era  destinato  appunto  alla 
custodia  di  questo,  ed  a  sorvegliare  gli  oggetti  che 
riguardavano  la  finanza  e  la  polizia,  giacché  anche 
in  mezzo  al  timore  che  invadeva  gli  animi  cittadini, 
non  doveva  dimenticarsi  la  politica. 

In  generale  i  governi,  specie  l'Austria,  non  tene- 
vano il  male  per  contagioso,  poiché  questo  avrebbe 
ritardato  i  movimenti  di  truppe.  Poi,  quando  si  po- 
sero cordoni  ai  confini,  si  disse  volere  con  ciò  inter- 
rompere le  comunicazioni  coi  paesi  liberi,  rallentare 
la  libertà  del  commercio,  impedire  le  gazzette  e  le 
fughe  (i). 

In  ogni  modo,  una  commissione  di  tre  medici, 
Fontanelli,  Calderini  e  Gambarini,  ricevette  ordine 
di  recarsi  in  Piemonte  per  studiarvi  l'andamento  della 
malattia. 

Si  era  in  tale  apprensione  di  animi,  durante  un 
agosto  soffocante,  quando  verso  la  fine  del  mese  ser- 
peggiò per  la  città  la  notizia,  che  certo  De  Pretis 
era  morto  a  Porta  Orientale  (Venezia).  La  città  fu 
sossopra,  il  popolino  vi  ricamò  i  più  strani  rac- 
conti (2)  e  il  nostro  municipio  preoccupato  dell'ac- 
ci) Cantu'.  Cronistoria y  voi.  2.°. 

(2)  Deve  avvertire  il  lettore  che  nello  scorso  luglio  17. 
circa  le  8  e  mezza  pomeridiane,  era  comparsa  al  nord  del- 
l'orizzonte di  Milano  una  meteora,  che  diffuse  una  luce 
fugace  di  una  bianchezza  e  vivacità  abbagliante,  accom- 
pagnata da  un  cupo  rumore,  che  si  intese  per  alcuni  se- 
condi, dopo  la  sua  apparizione. 

Il  barometro  segnava  pollici  26.  io.  6  e  l'atmosfera 
esplorata  in  luogo  elevato  con  un  elettrometro  non  diede 


j 


—  275  — 
caduto,  ordinava  l'autopsia  del  cadavere  ;  essa  con- 
statò che  l'infelice  era  morto  di  apoplessia  :  dunque 
fino  allora  il  tremendo  flagello  non  si  era  ancora  in- 
trodotto nella  città. 

Si  decretò  intanto  una  severa  quarantena  per  le 
persone  provenienti  dalle  provincie  sarde.  E  una 
bella  pagina  è  qui  pure  da  notarsi  che  fa  veramente 
onore  alla  nostra  Milano. 

La  gara  generosa  che  persone  d'ogni  ceto,  d'ogni 
condizione,  d'ogni  fortuna  fanno  per  prestare  i  loro 
averi,  ed  i  loro  servizi,  caso  si  sviluppasse  davvero  il 
colera  nella  nostra  città.  Sono  preti  secolari  e  rego- 
lari, medici  e  speziali,  donne  e  uomini,  che  offrono  i 
loro  servigi  come  infermieri,  società  di  commercio  che 
sottoscrivono  somme  per  provvedere  letti  e  biancherie. 
Fra  i  banchieri  si  concreta  una  sottoscrizione,  la  quale 
in  poco  tempo  sale  ad  una  ventina  di  mille  lire.  An- 
che il  cardinale  arcivescovo  raccomanda  nuovamente 
ai  parroci  che  si  costituiscano  in  Comitati  di  benefi- 
cenza, per  la  distribuzione  delle  elemosine. 

Fortunatamente  tante  precauzioni,  tante  previ- 
sioni e  tanto  slancio  filantropico  non  giovarono  che 
a  tenere  gli  animi  sull'attenti  per  quasi  tre  mesi.  Sulla 
fine  del  novembre  le  condizioni  sanitarie  del  vicino 
Piemonte  divennero  migliori,  e  si  tolse  il  cordone, 
fermo  però  sempre,  rimanendo  vincolato  l'accesso  nel- 
le terre  lombarde,  alla  esibizione  delle  fedi  di  sanità. 
La  distinta  poetessa  Adelina  Curti,  che  ce  lo  per- 
metta la  vivente  signorina  Anzoletti,  ci  sembra  la  di 
lei  personificcizione,  pubblicò  in  tale  circostanza  una 
bellissima  ode  in  proposito,  che  il  nostro  lettore  può 

alcun  segno  sensibile  di  elettricità.  Pare  che  si  trattasse  di 
un  bolide  :  in  ogni  modo  ce  n*era  fin  di  troppo  perchè  il 
popolino  vi  almanaccasse  qualche  disastro. 


—  276  — 

vedere  nel  diario  cittadino,  perchè  ci  asteniamo  di 
riprodurla  tornando  già  troppo  lungo  il  capitolo. 

Malgrado  tante  apprensioni,  le  scuole  furono  ri- 
gorosamente sorvegliate  e  rimasero  aperte.  Abbiamo 
già  più  indietro  detto  dell'organaunento  delle  ele- 
mentari, ci  si  permetta  di  aggiungere  qualche  cosa 
in  particolare  del  ginnasiale. 

Questo  ramo  di  studi  era  suddiviso  in  sei  anni, 
ripartiti  in  quattro  classi  per  lo  studio  della  gramma- 
tica elementare  e  in  due  per  quelle  d'umanità,  così 
almeno  si  chiamavano  allora.  Nella  terza  classe  gram- 
maticale era  aggiunto  lo  studio  della  lingua  greca, 
e  nella  quarta,  quello  della  prosodia  (teoria  della 
versificazione).  Nelle  classi  di  umanità  si  procedeva 
più  avanti  e  si  aggiungevano  gli  elementi  di  algebra 
fino  alle  equazioni  di  primo  e  secondo  grado. 

Però  in  questi  sei  anni  gli  scolari  non  mutavano 
che  due  professori  ;  quello  di  grammatica  e  quello 
d'umanità  ;  l'uno  riceveva  gli  scolari  della  terza  ele- 
mentare e  li  conduceva  fino  all'umanità  ;  l'altro  com- 
piva il  proprio  corso  biennale. 

Ogni  mese  il  Prefetto  (i)  visitava  le  scuole,  pre- 
senziava l'esame,  ed  ogni  semestre  avevano  luogo 
esami  privati  e  pubblici  di  tutti  gli  scolari.  Alla  fine 
del  secondo  semestre  seguiva  la  distribuzione  dei 
premi,  funzione  inaugurata  e  chiusa  da  due  discorsi 
l'uno  in  latino,  l'altro  in  italiano  letti  da  due  scolari. 

I  ginnasi  sono  di  due  sorta  :  regi  e  comunali  :  vi 
sono  inoltre  ginnasi  vescovili,  ginnasi  pubblici  con 
convitto,  ginnasi  privati,  scuole  ginnasiali  comunali, 
convitti  privati  di  educazione,  cosichè  si  possono  con- 
tare nella  Lombardia  66  ginnasi  con  300  professori, 
astrazion  fatta  dei  privati. 

(i)  Abbiamo  detto  più  sopra  il  valore  di  questa  carica. 


-  «77  — 

Ogni  anno  entrano  agli  studi  ginnasiali  circa  1200 
scolari  tra  pubblici  e  privati,  ma  siccome  parecchi  non 
percorrono  l'intero  corso,  così  può  calcolarsi  una  me- 
dia di  800  scolari  all'anno,  compresi  tutti  gli  istituti. 

Era  naturale  che  non  essendo  stato  scosso  per 
nulla  l'andamento  delle  scuole,  si  dovesse  al  termine 
deiranno  dare  i  consueti  esami  colle  solite  formalità 
e  coi  soliti  inviti,  quindi  distribuzione  di  premi  a 
Brera,  alla  Veterinaria,  al  Conservatorio  e  a  tutti  gli 
altri  istituti  d'istruzione. 

Né  mancò  pure  lo  sviluppo  edilizio.  Fu  in  questo 
anno  che  si  procedette  al  ristauro  della  cupola  pe- 
ricolante nella  chiesa  di  S.  Maria  presso  S.  Celso  e 
si  ristauro  pure  e  s'ingrandì  la  chiesa  di  S.  Gottardo 
con  disegno  dell'architetto  Cereda 

L'arte  ebbe  lampi  di  splendore,  poiché  sorse  fra 
noi  un  genio  che  chiamò  la  pittura  affresco,  quella 
che  Leonardo  da  Vinci  sentenziò  la  vera  pittura^  a 
quell'altezza  in  cui  l'avevano  ammirata  già  nei  secoli 
addietro  i  nostri  antichi. 

Andrea  Appiani  milanese,  nei  pennacchi  di  San 
Celso  cominciò  a  dare  potenti  saggi  di  sua  abilità, 
la  quale  rifulse  poi  nei  lavori  al  palazzo  di  corte. 

Altri  individui  furono  buoni  frescanti.  Abbiamo 
già  detto  del  Comerio,  ora  il  Vitale  Sala,  altro  allievo 
del  Palagi,  diede  belle  prove  di  sé  in  diversi  lavori 
e  il  Diotti  si  distinse  nelle  medaglie  del  Duomo  di 
Cremona. 

E'  pure  in  quest'epoca  che  Milano  si  gloria  an- 
cora di  valentissimi  ingegni,  quali  1'  Hayez  pel  ge- 
nere storico  ;  Migliara  e  Canella  per  l'architettomco 
ed  il  prospettico  ;  Azeglio  e  Bisi  pel  paesaggio  ;  San- 
quirico  per  la  scenografia  ;  Anderloni  per  l'incisione 
in  rame  ;  Marchesi  per  la  scultura. 


1 


—  orjS  — 

Sembra  che  causa  della  decadenza  della  pittura 
a  fresco  non  sia  da  riferirsi  ai  giovani  artisti,  ma  ai 
pittori  di  decorazione  (decoratori)  che  prevalevano 
colle  loro  insinuazioni  di  far  adomare  i  templi  a 
foggia  di  teatri  e  caffè.  Si  aggiunga  che  questi  de- 
coratori prendevcino  in  appalto  anche  le  opere  di 
figura  e  per  guadagno  le  trasmettevano  a  medioais- 
simi  artisti,  i  quali  non  facevano  altro  che  vituperare 
la  pittura.  E  giacché  ci  troviamo  in  arte  vogliamo  no- 
tare che  il  conte  monsignore  Stanislao  Taverna  fece 
eseguire  per  la  cattedrale  un  gran  pallio  di  argento 
massiccio,  il  quale  ottimamente  armonizzava  coi  busti 
ed  i  ccindelabri  dello  stesso  metallo,  che  anche  pre- 
sentemente vengono  esposti  nelle  grandi  solenm'tà 

Fu  dato  incarico  del  disegno  fin  dal  1833  all'ar- 
chitetto professore  di  prospettiva,  Francesco  Durdli, 
quello  stesso  che  lavorò  intorno  al  grandioso  monu- 
mento del  filosofo  Romagnosi  collocato  sotto  i  por- 
tici dell'Ambrosiana,  e  questi  presentò  due  disegni  : 
l'uno  figurava  il  SS.  Sacramento  in  venerazione. 
espresso  in  un  bassorilievo  allogato  nel  centro  ;  l'al- 
tro l'istituzione  della  S.  Eucaristia,  condotta  in  tre 
bassorilievi  significanti  tre  fatti  della  vita  di  Cristo, 
cioè  la  Cena  accomodata  nel  mezzo,  l'Adprazione  nel- 
l'orto alla  destra,  e  la  Risurrezione  alla  sinistra. 

Si  preferì  quest'ultimo  ;  lo  stesso  professore  di- 
segnò allora  alla  grandezza  naturale  il  comparto  ar- 
chitettonico dell'opera  e  ciascuno  degli  ornati.  Il  la- 
voro venne  afiìdato  all'orefice  Battista  Salvi. 

Lo  stile  ornamentale  dell'opera  appartiene  al 
XVI  secolo,  cui  appartengono  il  tempietto  ed  il  ci- 
borio dell'altare,  ed  il  comparto  architettonico  si  fog- 
gia da  due  ampie  f  ascie,  l'una  inscritta  nell'altra  e 
formanti  tre  rettangoli,  cioè  due  quadrati  dal  lato, 
aventi  i  due  bassorilievi  minori,  ed  un  quadrilungo 
nel  mezzo,  che  chiude  il  bassorilievo  maggiore. 


—  279  — 
La  prima  fascia  reca  suirestemo  lembo  una  gran- 
diosa gola,  cornice  a  tutta  Topera,  splendida  per  ele- 
gsLiìbzai  di   decorazione.  Dal  seno    di  questa  fascia 
escono  e  corrono  variati  abbellimenti  di  palme  e  di 
foglie  conserte  fra  loro  ;  e  tcinto  dal  fondo  dell'in- 
tervallo che  questi  gruppi  diparte,  quanto  dal  loro 
centro,  si  spiccano  altrettanti  medaglioni  circondati 
da.  sagoma  intagliata,  i  quali  portano  nel  mezzo  una 
testa  di  cherubino,  tranne  i  due  rispondenti  ai  lati 
del  pallio  che  raccolgono  in  due  stemmi  il  casato 
Taverna. 

La  seconda  fascia,  ornata  di  ovoli,  offre  nel  suo 
fondo  un  meandro,  che  viene  graziosamente  a  cin- 
gere le  tre  figure  compartite. 

Una  ghirlanda  d'ulivo  gira  tra  questi  bassirilievi, 
intagliata  su  d'una  sagoma  di  figura  cilindrica,  che 
si  produce  dai  lati  obliqui  del  bassorilievo  centrale, 
foggiato  a  mo'  d'esagono  oblungo,  a  formare  un  com- 
parto di"  tre  cassettoni  triangolari  con  decorazione  a 
tralci  di  vite  e  spighe  di  frumento.  Gli  angoli  poi 
d'unione  della  sagoma  cilindrica  sono  pure  abbelliti 
da  palme,  che  si  annodano  con  molta  grazia. 

I  modelli  della  parte  figurata  del  pallio  furono 
eseguiti  dai  signori  Pandiani  e  Figini,  sotto  la  dire- 
zione del  Sangiorgio. 

Una  lode  speciale  al  nostro  orefice  Sala,  è,  che 
tutte  queste  parti  possono  scomporsi  in  brevissimo 
spazio  di  tempo  e  unirsi,  senza  che  l'opera  ne  subisca 
alcun  detrimento. 

Fra  i  monumenti  che  Milano  innalzò  agli  uomini 
benemeriti,  segnaliamo  quello  alla  memoria  del  dot- 
tor Paletta. 

Era  il  25  del  marzo  e  come  il  lettore  sa,  ha  luogo 
nel  nostro  maggior  spedale  la  festa  biennale,  in  cui 


—  28o  — 

oltre  la  solennità  chiesastica,  vengono  esposti  al  pub- 
blico i  ritratti  dei  benefattori  di  questo  insigne  no- 
socomio. In  tale  occasione  fu  inaugurato  il  monu- 
mento Palletta. 

Esso  sorge  in  una  nicchia  praticata  nella  parete 
che  fiancheggia  Patrio  dell'ospizio  a  mano  destra  di 
chi  entra,  ne  fu  autore  l'architetto  Aluisetti. 

Sulla  fronte  del  monumento  è  scolpita  la  clava 
di  Esculapio,  circondata  da  un  serpe  con  ricco  fe- 
stone e  bel  fogliame  di  quercia  e  di  cipresso  ;  nella 
parte  superiore  sta  sovra  entrambi  gli  angoli,  al  da- 
vanti, l'augello  di  Pallade  in  atto  di  spiegare  le  ali 
e  col  capo  rilevato  verso  il  busto  che  riposa  in  cima 
al  masso,  opera  di  Abbondio  Sangiorgio. 

L'epigrafe  latina  che  si  legge  di  fronte  è  dovuta 
all'abate  Borda. 

JOANNES     BAPT.     PALLETTA     DOMO     OSCELLA 

EQ.    CORONAE   FERR.   HONESTAEQUE   LEG. 

PRIMARIUS   PER    ANNOS   LUI 

HUIUS     NOSOCOMII     CHIRURGUS 

PROFESSOR    EMERITUS   ANATOMICES 

SEDULUS    POST    CONFECTA    STIPENDIA   CONSULTOR 

INOPIOSIS   OPITULATOR    LUBENTISSIMUS 

LX     VIR     SCIENTUS     LITTERIS     ARTIBUS     AUGENDIS 

INQ.   ALIA   SOPHORUM   COLLEGIA    COOPTATUS 

QUEM   FELIX  DIUTINA   EXERCITATIO 

PLURAQUE   OPERA    EDITA    SCRIPTAQUE   RELICTA 

DOMI  FORISQUE  CLARARUNT 

COHORS     CIVIUM     TOT     MERITIS 

CHRISTIANAE     PIETATI     SOCIATIS      OBSEQUENS 

PECUNIA   CONLATA    PONEitDUM   CURAVIT 

SOLERTI   NATURAE    HUMANAE   SCRUTATORI 

DEF.     VI     K     SEPT.     AN.     MDCCCXXXII     AFTAT      LXXXVI 

POSTERITAS   DISCE. 


t 


—  28l    — 

A  completare  il  quadro  della  nostra  città  in  que- 
sfcinno,  dopo  aver  detto  che  internamente  si  pubblicò 
una  convenzione  tra  l'Austria  e  gli  Stati  Sardi  per  re- 
primere il  contrabbando,  ci  rimane  a  dire  di  alcune 
innovazioni  utili  e  della  stampa. 

Fra  le  prime  notiamo  la  partenza  di  una  corriera 
settinaanale  da  Milano  a  Innspruck,  a  spese  del  go- 
verno ;  l'impresa  privata  di  un  veloce  a  quattro  ca- 
valli il  quale  dalla  piazza  del  Carrobbio  andava  alla 
Santa  di  Monza,  toccando  i  seguenti  punti  :  Isola 
Bella  fuori  delle  antiche  porte  della  città,  Cascina 
dei  Pomi,  Greco,  Sesto  S.  Giovanni,  Monza  e  la  Santa. 
L'ufficio  di  questa  messaggeria  trovavasi  in  via  Tor- 
chio. Partiva  tutti  i  giorni  alle  3  pomeridiane,  e  la 
spesa  di  una  corsa  ascendeva  a  lire  1,50  austriache 
pei  primi  posti  e  lire  una  pei  secondi.  L'apertura  del- 
l'ospizio di  Sanità  in  via  S.  Vincenzo  al  Prato,  di  cui 
era  direttore  il  dott.  Bonali  Antonio  e  l'apertura  di 
una  Casa  di  salute,  sullo  stradone  di  S.  Angelo. 

Nella  stampa  notiamo  la  comparsa  delle  comme- 
die di  certo  Meneghezzi,  buon  autore,  che  presenta  la 
verità  senza  esagerazione,  con  intrecci  ben  sostenuti, 
lo  stile  se  non  sempre  troppo  vivace,  è  puro  ed  ele- 
gante. 

La  pubblicazione  del  Dizionario  delle  origini,  in- 
venzioni e  scoperte,  diretto  dal  conte  Luigi  Bossi  ; 
la  storia  delle  lettere  dell'abate  Giuseppe  Maffei  ;  una 
statistica  accurata  dei  giornali  che  allora  si  pubbli- 
cavano in  tutta  Italia,  da  cui  emerge  che  i  periodici 
d'allora,  eccetto  i  politici,  ascendevano  a  170;  e  le 
città  che  ne  contavano  maggior  numero,  erano  :  Na- 
FX)li  24;  Milano  19;  Venezia  io;  Roma  9;  To- 
rino 8  ;  Firenze  e  Palermo  7  ;  Bologna  6.  Achille 
Mauri  pubblicava  il  suo  libro  l'Adolescenza,  che  per 
molto  tempo  servì  nelle  scuole  superiori  come  testo 


—  aSa  — 

di  lettura  ;  un  altro  giornale  di  musica  e  di  mode 
prende  pure  posto   nella  repubblica  letteraria,  esso 
reca  il  titolo   curioso  di   Glissons,  riappuyons  fas, 
epigrafe  che   per    molto   tempo    si    leggeva  in  te- 
sta  alle    appendici   della   nostra    Gazzetta  p'rvile- 
giata;  il  Pirola  pubblicò  un  gran  dizionario  tecnico, 
etimologico  e  filologico;   ne  era    direttore    l'abbate 
Marco  Aurelio  Marchi  ;   l'editore  Vallardi  arredava 
un  ricco  gabinetto  di  conchilogie  e  ne  permetteva  la 
visita  al  pubblico  ;   Lorenzo  Sonzogno  pubblicò  le 
vicende  di  Milano  rammentate  dal  nome  delle  vie, 
libro  che  anche  oggidì  è  consultato  con  frutto  dagli 
studiosi  di  storia  patria  ;  Giacinto  Battaglia,  uno  dei 
redattori  del  diario  cittadino,  pubblicò  Y Amenità  di 
"Viaggi;  Amenità  storiche    stampò   la   ditta  Stella; 
l'editore  Truffi  continuò  la  raccolta  delle  versioni  di 
romanzi  francesi  e  tedeschi.  Trenta  racconti  per  ma- 
dre e  fanciullo,  sono  ancora  pubblicati  dal  Sonzo- 
gno ;  il  Nicolini  stampò  la  vita  di  Giorgio  Byron. 

Chiudo  questa  rapida  nota  accennando  alle  strien 
ne  principali  :  il  Panorama  di  Venezia  del  Canadelli  ; 
i  fasti  Veneziani  della  Società  degli  annali  uni- 
versali ;  Reminiscenze  e  fantasie,  le  Glorie  delle  arti 
italiane  e  il  Non  ti  scordar  di  me,  del  Vallardi  ;  la 
buona  morale  in  azione  del  Visai. 


Lunga  è  pur  troppo  anche  quest'anno  la  serie  dei 
cittadini  benemeriti  die  dobbiamo  registrare  nel  ne- 
crologio. 

Antonio  Strigelli.  Era  nato  a  Milano  nel  1735 
da  Gaetano,  valente  giureconsulto  e  da  Isabella  De 
Ca-pitani  dei  Vimercati,  e  tra  le  loro  tenere  cure  passò 
l'infanzia  e  la  puerizia.  Percorsi  gli  studi  superiori, 


^Fii«?P'^*J?!W  :  **^ 


—  283  — 

si  applicò  alle  scienze  legali  nel  collegio  Borromeo 
di  Pavia. 

Nel  1778  fu  laureato  dottore  in  ambo  le  leggi, 
quindi  se  ne  tornò  a  Milano  e  nel  1792  fu  proposto 
dal  prof.  Giudici  a  supplirlo  nelFinsegnamento  delle 
Costituzioni  di  Milano  e  degli  Statuti  a  Brera.  Fu 
nominato  fra  gli  amministratori  dell'ospedale  mag- 
giore, chiamato  dal  Bonaparte  a  sedere  nel  consiglio 
legislativo  dei  Seniori  della  repubblica  cisalpina  e 
due  anni  dopo  giudice  al  nostro  tribunale  d'appello 
ed  iscritto  fra  i  membri  della  Consulta  legislativa. 
Insignito  quale  segretario  all'assemblea  generale  in 
Lione,  prese  parte  a  tutti  gli  affari  che  vi  furono 
trattati. 

Nel  1 807  fu  creato  cavaliere  ed  ispettore  generale 
degli  stabilimenti  di  beneficenza,  finché  nel  1809  fu 
chiamato  al  segretariato  di  stato  del  regno  d' Italia 
ed  insignito  della  commenda. 

Mutate  nel  18 14  le  vicende  politiche  del  paese, 
fu  confermato  nondimeno  nella  carica,  alla  quale  se 
ne  aggiunsero  molte  altre.  Visse  i  suoi  ultimi  giorni, 
vecchio  operoso,  sempre  di  giocondo  ed  allegro  aspet- 
to, finché  preso  da  repentino  malore,  chiuse  gli  ul- 
timi suoi  giorni  il  17  febbraio. 

La  nobile  Antonietta  dei  Conti  di  Sangiuliano. 
Nacque  il  15  maggio  1787  da  Francesco  e  dalla  no- 
bile Diana  Visconti  :  fu  educata  dalle  monache  del 
monastero  della  Visitazione,  dove  si  distinse  per  lo 
studio  e  per  la  pietà.  Uscita  di  là,  fu  sposa  al  nobile 
Gerolamo  Sala  :  dei  due  figli  avuti,  Giuseppina  sposò 
il  marchese  Marco  Comaggia,  Giovanni,  la  contessa 
Taverna.  Nell'aprile  del  1834  perdette  lo  sposo  e  nel 
dicembre  (26)  lo  seguì  ella  stessa,  non  lasciando  ai 
superstiti  che  il  religioso  conforto  del  pensiero. 


Il  giorno  27  le  furono  rese  solenni  esequie  nella 
chiesa  di  S.  Francesco  da  Paola  sulla  porta  di  essa 
leggevasi  la  seguente  epigrafe  : 

LECTISSIMAE   MATRONAE 

ANTONI AE  EX   COMITIBUS  A  S.  JULIANO 

O  JERONIMO  SALA  NUPTAE 

QUAE  RELIGIONE  INTEGRITATE  MUNIFICENTI  A 

BONIS  OMNIBUS   FUTT   HONORI 

AMORE   VIGILANTIA   SUAVITATE   SOLERTIA 

SUORUM   Smi  DEVINXIT  ANIMUM 

ET     INGENU     ACUMINE     FESTIVITATE     MUNIFICENTIA 

FAMILLARIUM  EXTITIT   DELICIUM 

JOANNES   CUM    PAULILLA   COM   TAVERNA   UXORE 

ET   JOSEPHO   CUM   MARCO   MARCH.   CORN AGGIO    CONJUGE 

SOLATU   EXPERTOS   PARENTANT 

DULCISSIMAM   HEU!    FUNERANTES   MATREM 

I>UM   FUNERA    HEU!    ADHUC  CONQUERUNTUR  PATRIS    AMANTISSIMI 

TANTI   OMNES   MISEREMINI   DOLORIS 

ANIMAE   QUE   DESIDERATISSLMAE   DICITE 

PAX 

MOJANA  Ambrogio,  medico  chirurgo  vaccinatore 
in  Missaglia.  Nacque  in  questo  paese  il  18  giugno 
del  1876.  Laureato  in  medicina  ed  in  chirurgia  al- 
l'università pavese,  ritornò  nel  18 12,  onde  prestare 
l'opera  ai  suoi  compatrioti  ed  amici  e  soccorrere  i 
poveri. 

Era  indefesso  nello  studio,  e  nulla  risparmiava, 
pur  di  veder  lieti  i  poveretti  affidati  alle  sue  cure, 
provvedendoli  talvolta  anche  di  medicinali  a  proprie 
spese,  e  somministrando  denari  per  sostentamento 
nella  convalescenza. 

Fin  dal  1833  un  colpo  apopletico  minacciò  la 
vita  del  generoso  cittadino,  due  anni  dopo  nel  feb- 
braio un  nuovo  colpo  lo  fulminò  e  rimase  vittima 
in  meno  di  un'ora. 


j 


-  285  — 

S.  A.  Alfonso  Gabriele  principe  di  Forgia  nac- 
que in  Gorizia  il  19  gennaio  1761.  Fu  educato  alla 
corte  deirelettore  di  Baviera,  di  cui  fu  paggio  e  ciam- 
bellano ;  sviluppò  di  buon  ora  i  migliori  sensi  di 
mente  e  di  cuore  Si  laureò  a  Kaiserlanten  e  fu  de- 
stinato consigliere  di  finanza  a  Manheim  ;  fu  sposo 
ad  una  sua  lontana  parente,  la  contessa  Teresa  di 
Porcìa-  Il  governo  austriaco  lo  nominò  R.  Delegato 
a  Udine,  quindi  deputato  della  provincia  di  Trieste, 
e  presidente  del  governo  di  Venezia.  Nel  18 19  passò 
a  Lubiana. 

Replicati  assalti  gottosi,  fomentati  anche  dalla 
vita  soverchiamente  sedentaria,  lo  forzarono  nel  1833 
a  domandare  il  riposo.  Venne  insignito  della  gran 
croce  dell'ordine  di  Leopoldo  e  mori  il  20  aprile. 

Luigi  Bossi  nacque  in  Milano  ai  28  febbraio  del 
1738;  giovinetto  attese  a  quegli  studi  che  valgono 
a  formare  il  dotto,  quindi  il  latino,  il  greco,  l'ebraico, 
la  paleografia,  la  diplomatica,  ecc.  Si  iniziò  nella 
carriera  ecclesiastica  e  fu  presto  nominato  monsignore 
alla  metropolitana,  e  intanto  che  difendeva  in  curia 
i  diritti  della  chiesa,  scriveva  un  poemetto  sui  para- 
fulmini e  una  memoria  sullo  stato  delle  lettere  e  delle 
scienze  in  Lombardia. 

Tanto  si  rese  celebre  che  l'arcivescovo  Visconti 
lo  volle  seco  a  Roma^  sicché  lo  studio  di  quelle 
antichità  e  la  conversazione  con  letterati  di  grido, 
aumentarono  il  patrimonio  del  suo  sapere.  Dureinte 
la  rivoluzione  francese  pubblicava  a  Venezia  varie 
memorie  originali  sul  reggimento  degli  stati,  sulla 
condizione  di  alcune  provincie,  sulle  imposte,  tradu- 
ceva l'opera  di  Condorcet  sul  progresso  dello  spirito 
umano  ed  istituiva  un  giornale,  il  Mercurio  storico 
politico  del  quale  si  pubblicarono  oltre  30  volumi 


iL«UMI.««l9|H("- 


—    286    — 

Avuta  licenza  da  Pio  VII,  si  fece  laico  e  prendeva 
parte  al  corpo  legislativo,  andava  inviato  a  Lione 
ed  incaricato  di  affari  a  Torino,  ammirevole  daper- 
tutto  per  la  sua  solerzia  e  la  sua  operosità. 
I  Nel  18 16  riprese  i  lavori  letterari:  tradusse  dal- 

I  l'inglese  e  commentò  parecchi  libri,  scrisse  vite  d'il- 

;  lustri  italiani,  tentò  pure  la  storia  della  penisola,  che 

[  portò  fino  al  18 14,  in  19  grandi  volumi.  In  altri  otto, 

i  scrisse  la  storia  di  Spagna  ed  altri  13  volumi  pub- 

t .  blicò  fra  compendi  di  geografia,  di  storia  naturale, 

di  chimica,  di  ornitologia,  traduzioni  dal  greco  e  dal 
francese. 
!  Negli  ultimi  dieci  anni  di  vita  attese  alla  grande 

illustrazione  del  Terrario,  aggiungendovi  la  Germa- 
nia e  la  Scandinavia,  cooperò  alla  Biblioteca  ita- 
lianay  agli  Annali  di  statistica  e  di  tecnologia,  scrisse 
parecchi  almanacchi,  collaborò  in  dizionari  :  fu  in 
una  parola  di  straordinaria  alacrità,  e  quel  che  è 
più,  assai  fortunato  nella  vendita  ai  librai  dei  suoi 
lavori,  specie  storici.  I 

Morì  nell'aprile  (io)  a  77  anni. 

,    •  i 

Il  sacerdote  GIUSEPPE  PAGANI,  professore  e  sue-  1 

;•  cessivamente  direttore  del  Collegio  Gallio  a  Como.  , 

Nacque  in  Lugano  il   febbraio  del   1761,  apprese  i  | 
;                          primi  rudimenti  del  latino  da   un  parroco,    quindi 

continuò  presso  gli  oblati,  entrando  più  tardi  nella  1 
[                        loro  congregazione.  Percorse  gli  studi  filosofici  e  teo- 

\.  logici  all'università  di  Pavia,  e  non  aveva  ottenuta  la  1 

laurea,  che  fu  chiamato  ad   insegnare  nel  collegio  ' 

comasco,  dove  rimase  fino  al  termine  di  sua  vita  1 

\  Né  solo  erano  interessanti  le  sue  spiegazioni,  ma  | 

I  era  piacevole  anche  nel  conversare.  A  70  anni  lo  sor-  , 

^  prese  la  cecità  e  dovette  desistere  da'  suoi  incarichi  :  | 

l'operazione  però  dell'oculista,  riesci  bene,  e  rivide 


—  287  -- 

ancora  i  suoi  allievi  :  trascorsero  ancora  quattro  an- 
ni ;  infijie  fu  colto  da  improvvisa  febbre  infiamma- 
toria e  tornarono  vane  le  sollecitudini  degli  amici  e 
le  cure  dei  medici.  Morì  il  18  maggio. 

Il  conte  Luigi  Alborghetti,  oriundo  bergama- 
sco, nacque  a  Roma  nell'agosto  del  1773,  ma  fu  te- 
nuto lombardo  per  la  lunga  dimora  che  fece  in  que- 
ste Provincie.  Compiuti  appena  gli  studi  letterari  e 
legali,    percorse  la  carriera  diplomatica.  A  19  anni 
fu  segretario  di  nunziatura  a  Malta;    per    incarico 
della  famiglia  Braschi  fu  a  Milano  ed  a  Parigi.  Ri- 
tiratosi   durante  i  mutamenti    avvenuti,    vi   ritornò 
quando  Pio  VII  riebbe  Roma.  All'Alborghetti  fu  of- 
ferta   la  prelatura  che  rifiutò,  accontentandosi  del- 
l'incarico di  console    generale   nel    regno   lombardo 
veneto,  e  fu  a  Milano  nel  18 16,  quindi  a  Venezia  nel 
1819.  Moriva  il  22  aprile,  e  la  sua  morte  rattristò  la 
nostra  città,  ove  da  lungo  tempo  egli  contava  amici 
e  clienti.  Come  magistrato  e  come  privato,  merita  di 
essere  ricordato  a  coloro  che  apprezzano  la  virtìi. 

Gian  Domenico  Romagnosi,  nacque  il  dicembre 
(13)  1761  a  Salso  Maggiore  sul  Piacentino,  da  fami- 
glia patrizia  e  morì  a  Milano  l'otto  giugno.  Fu  se- 
polto a  Carate  Brianza  Di  costituzione  alquanto  in- 
felice, addimostrò  nella  sua  gioventiì  pochissima  di- 
sposizione per  lo  studio,  pure  a  poco  a  poco  vi  prese 
gusto,  e  negli  ultimi  anni  del  ginnasio  si  applicò 
con  grande  amore  alla  filosofia  ed  alle  matematiche. 

Laureato  nel  1786  in  diritto  alla  università  di 
Parma,  continuò  parecchi  anni  per  completare  le  sue 
cognizioni  nella  storia  e  nella  giurisprudenza,  cosi- 
chè  nel  1791  pubblicò  quell'aureo  libro  delV origine 
del  diritto  penale,  in  cui  coordinava  e  riassumeva  in 


—  288  — 

modo  egregio  le  diverse  idee  emesse  intorno  a  tale 
soggetto,  durante  il  secolo  XVIII. 

In  quell'anno  fu  nominato  pretore  a  Trento,  dove 
rimase  per  3  anni.  Nel  1799  al  cambiamento  di  go- 
verno si  vide  accusato  di  delitto  contro  Io  Stato  ;  ma 
presto  si  conobbe  la  sua  innocenza.  Nominato  pro- 
fessore a  Parma,  concorse  alla  elaborazione  del  co- 
dice penale  che  andò  in  vigore  nel  1807. 

Ebbe  pure  il  mandato  di  consigliere  al  ministero 
di  Giustizia,  e,  poco  tempo  dopo,  fu  incaricato  del- 
l'insegnamento del  diritto  civile  a  Pavia.  Promosso 
a  Milano,  continuò  anche  sotto  il  regime  austriaco 
ad  insegnare,  finché  nel  1817  ricevette  il  cx)ngedo 
con  un  assegno  di  un  migliaio  di  lire  annue. 

Insufficiente  questo  per  provvedere  ai  propri  bi- 
sogni, si  vide  costretto  di  dare  ripetizioni  di  diritto, 
e  scrivere  articoli  per  riviste.  Nel  18*21  fu  arrestato 
per  non  aver  denunciato  il  progetto  di  rivoluzione 
che  gli  aveva  comunicato  il  suo  amico  Pellico.  Rila- 
sciato dopo  una  lunga  istruttoria,  si  trovò  in  una  po- 
sizione precaria,  da  cui  fu  tratto  per  l'amicizia  del 
ricco  negoziante  Azimonti  (i),  e  coll'aiuto  di  un  vec- 
chio soldato  per  nome  Castelli,  il  quale  erasi  affezio- 
nato al  Romagnosi  e  potè  raddolcire  i  suoi  ultimi 
anni. 

Verso  il  termine  di  sua  vita,  allo  studio  del  di- 
ritto unì  quello  della  filosofia,  della  storia,  deireco- 
nomia  e  della  statistica  Nel  1833  fu  nominato  socio 
corrispondente  dell'Accademia  delle  scienze  morali 
a  Parigi. 

Guidato  nelle  sue  meditazioni  ai  più  alti  problemi 
che   possono  interessare  lo  spirito  umano,  da  una 
grande  elevatezza  di  vedute  e  dal  desiderio  di  addi- 
fi)  Di  questo  vecchio  negoziante  in  ferramenti  abbiamo 
conosciuto  il  figlio  che  teneva  negozio   al  Ponte   vetero. 


—  289  — 
tare  a'  suoi  concittadini  la  via  del  bene,  Romagnosi 
aveva  un  estemo  che  corrispondeva  alla  sua  beirani- 
ma  ed  alla  sua  intelligenza.  Lungo  sarebbe  Tenume- 
rare  tutti  i  suoi  scritti  e  rimandiamo  i  lettori  alle 
biblioteche  di  giurisprudenza.  Notiamo  di  passaggio 
che  negli  anni  1836-45  si  pubblicarono  nella  nostra 
città  le  opere  complete,  le  quali  constano  di  15  vo- 
lumi in  ottavo. 

Monumenti  del  Romagnosi  esistono  :  nel  cortile 
della   Biblioteca  Ambrosiana  colla  scritta  : 
JOAN   DOMINICO   ROMAGNOSI 

SaENTIAE   CIVILIS 

RESTITUTORI 
AN   M   DCCCXXXXmi 

E'  lavoro  del  Sangiorgio.  Altro  nel  palazzo  della  cor- 
te d'Appello  nella  sala  che  precede  Taula  d'udienza 

A  GIAN   DOMENICO  ROMAGNOSI 

LA  CORTE  d'appello 

DI  MILANO 

MDCCCLXXXV 

Una  lapide  fu  collocata  sulla  casa  di  via  Gesiì,  3  : 

IN   QUESTA   CASA 

GIAN  DOMENICO  ROMAGNOSI 

FILOSOFO  LEGISTA 

ABITÒ  E   MORÌ  IL  GIORNO  Vm   GIUGNO 

MDCCCXXXV 

L'annuncio  della  sua  morte  fu  accolto  come  una 
sciagura  letteraria  :  accorsero  a'  suoi  funerali  nume- 
rose persone,  e,  nuovo  esempio  nella  storia,  mentre 
si  attendevano  i  sacerdoti,  una  voce  propose  di  rac- 
cogliere le  azioni  per  un  monumento  ;  tosto  è  por- 
tata carta  e  calamaio,  si  pongono  sul  feretro  ed  in 
pochi  minuti  su  quel  muto  capo,  si  raccolgono  quasi 
300  azioni. 

Glakitti.  Cronistoria.  19 


ì 


—  290  — 

I  discepoli  e  gli  amici  lo  recarono  sulle  loro  spalle 
al  tempio,  né  si  divisero  da  lui,  finché  fu  calato 
nella  fossa, 

Roniagnosi  fu  alto  ed  avvenente  della  persona, 
vasto  petto,  occhi  piccoli,  vivaci,  aspetto  dolce,  fronte 
spaziosa  e  calva  da  cui  pareva  uscisse  come  una  scin- 
tilhi  il  pensiero:  parlatore  facondo  e  ripK>sato  ;  fu 
sobrio,  moderato,  immenso  nella  bontà  come  nel  sa- 
|>ere.  Or  son  passati  molti  anni,  ad  un  amico  che  gli 
s».ri\eva  due  anni  prima  di  morire  e  che  lo  richie- 
clo\  a  di  un  ricordo,  scriveva  :  Ormai  io  vivo  senza 
timori  e  senza  speranze,  solo  desidero  che  sieno  scrit- 
te sulla  mia  tomba  queste  parole  di  S.  Paolo  :  cursum 
iCHS!o/ur:  i,  fidem  servavi, 

E  la  nuisa  gentile  della  signora  Adele  Curti  ci 
regalò  anche  un  epicedio,  che  fu  stampato  nel  no- 
stro diario  politico. 

Le  lettere  latine  perdettero  un  fervoroso  cultore 
in  Andrka  Borda  ticinese,  sacerdote  dell'Ordine  Do- 
menicano, che  morì  settuagenario  il  7  luglio.  Fu  an- 
che esimio  epigrafista,  scolaro  del  celebre  Moroelli. 

II  1**  agosto  a  soli  28  anni  spegnevasi  la  vita 
della  signora  Giulietta  Bargnani, moglie  a  Tullio 
Dandolo.  Bella,  ricca,  amabile,  poteva  per  più  lustri, 
ancora  formare  la  delizia  di  un  marito  affettuoso,  di 
due  teneri  pargoletti,  e  di  quanti  infelici  trovavansi 
sul  suo  cammino.  Era  figlia  adottiva  del  consigliere 
Bargnani  di  Brescia,  e  si  sposò  a  Tullio  a  20  anni. 
Le  ultime  sue  azioni  furono  opere  di  beneficenza,  gli 
ultimi  desiderii  di  maritale  e  materna  carità,  le  ul- 
time parole  di  pietà  e  di  religione. 

Vitale  Sala  pittore,  da  Cemusco  Lombardone, 
moriva  sullo  scorcio  di  luglio  nel  vigore  della  gio- 
ventù e  dell'ingegno.  Nacque  nel  1803  da  parenti  di 
bassa  condizione  e  fin  da  giovinetto  si  manifestò  in- 


—  291  — 

clinatissimo  alla  carriera  da  lui  prescelta.  Cominciò 
a  frequentare  le  nostre  scuole  dell'Accademia  nel 
1814,  passò  dagli  elementi  di  figura  a  quelli  d'ornato, 
di  prospettiva  e  di  architettura,  riportando  fino  a 
cinque  premi  nei  concorsi  minori.  Nel  1822  ottenne 
la  medaglia  d'oro  pel  concorso  di  disegno,  e  nell'anno 
seguente  consegui  lo  stesso  onore  in  quello  di  figura. 
Salito  a  bella  fama,  non  tardò  a  prender  posto  tra  i 
primi  artisti  con  numerose  opere,  tutte  accolte  con 
plauso  nelle  diverse  esposizioni.  Fra  le  tele  a  olio 
parecchie  rimasero  imperfette  per  la  sua  morte. 

Le  opere  però  che  gli  procacciarono  maggior  fama 
furono  gli  affreschi.  Notiamo  :  l'Ascensione  del  Sal- 
vatore ed  i  quattro  evangelisti  nella  nostra  chiesa  di 
S.  Nazaro,  lavoro  del  1830. 

Ritornato  da  Racconigi  dove  era  stato  a  lavorare, 
il  Sala  ammalò  di  vajolo  e  chiuse  gli  occhi  a  soli 
32  anni. 

Giovanni  Gognetti  nacque  nell'ottobre  del  1766 
in  Viadana,  su  quel  di  Mantova.  Fin  dai  primi  anni 
si  addimostrò  assai  studioso,  specie  nelle  matemati- 
che. Si  laureò  avvocato  a  Pavia  nel  1787  :  tradusse 
dall'inglese  per  incarico  del  suo  maestro  Fontana,  la 
Storia  della  rivoluzione  di  Francia  e  nel  1796  fu 
nominato  procuratore  a  Mantova,  nella  quale  carica 
lo  trovò  il  1814.  Tre  anni  dopo  fu  promosso  a  con- 
sigliere aulico  presso  il  supremo  senato  lombardo- 
veneto,  ma  nel  1834  si  dimise.  Sembrava  che  il  ri- 
poso fosse  stato  propizio  alle  sue  forze,  ma  il  5  lu- 
glio, quando  tutti  tranne  che  lui  solo,  formavano  le 
più  liete  speranze  di  sua  guarigione,  si  sentì  ad  un 
tratto  mancare  ed  appena  ebbe  tempo  di  provvedere 
ni  bisogni  dellanima. 

Le  sue  esequie  si  fecero  nella  cliiesa  di  S.  Babila, 
dove  intervennero  tutte  le  autorità  giudiziarie. 


I 


Vincenzo  Bellini  nacque  a  Catania  il  i*  del  no- 
Tembre  del  1802.  Attese  di  buon'ora  allo  studio  della 
musica  a  Napoli,  a  spese  della  città  di  CataJiia.  Aven- 
do ne'  suoi  primi  saggi  di  composizione  rivelate  qua- 
lità spedali,  il  direttore  l'ebbe  assai  caro.  Compose 
quindici  sinfonie,  tre  messe  ed  una  dozzina  di  salmi, 
e  dò  per  tacere  di  altri  pezzi  di  minor  conto. 

Nel  1S25  pubblicò  un'operetta  dal  titolo  Andel- 
s.n  e  Sm:  ìnj,  eseguita  fra  le  pareti  del  conservatorio. 
Ma  questa  fece  grande  rumore,  sicché  Timpresario 
Barbaja  lo  incaricò  di  musicare  un  libretto  che  aveva 
per  titolo  Bianca  e  Gernando.  L'opera  fu  rappresen- 
tata con  successo  nel  marzo  del  1 826. 

Più  tardi  fu  scritturato  dalla  direzione  della  no- 
stra Scala,  e  contemporaneamente  da  quella  del  San 
Carlo.  A  Milano  incontrò  il  poeta  Romani  e  rartista 
Rubini  :  scrisse  allora  il  Pirata  che  fu  rappresentato 
neirinvemo  del  1827,  quindi  la  Straniera  (1829),  la 
Zai/a,  I  Caputeti  ed  i  Montecchi  (1830),  la  Sonnam- 
bula e  la  Norma  (1831).  Intanto  al  Rubini  era  suc- 
cesso il  Tamburini,  e  Giuditta  Pasta  e  Maria  Mali- 
bran  entusiasmavano  colle  loro  note. 

Chiamato  del  giudizio  sulle  sue  opere,  sulle  prime 
se  ne  schermì  bellamente,  quindi  messo  alle  strette, 
colla  domanda  :  se  trovandosi  prossimo  a  naufra- 
gare, e  non  potendo  salvare  che  una  partizione,  quale 
sceglierebbe,  il  maestro  non  senza  lasdar  terminare, 
rispose  :   La  Norma! 

All'apogeo  della  gloria,  sentì  il  bisogno  di  rive- 
dere la  sua  patria.  Nel  1833  pubblicò  la  Beatrice  di 
Tenda,  che  non  ebbe  gran  successo.  Il  direttore  del 
Teatro  Italiano  a  Parigi  gli  domandò  un'opera,  fu 
dunque  in  Francia  e  vide  pure  l'Inghilterra.  Trovan- 
dosi a  Parigi,  un  emigrato  italiano,  il  conte  Pepoli, 
collaborò  al  libretto  i  Puritani  in  Scozia  che  ebbero 


—  293  — 

uno  splendido  successo,  e  gli  impresari  di  Milano  e 
di  Napoli  facevano  a  gara  per  averla. 

Mentre;  egli  attendeva  in  una  villa  a  Puteaux  a 
prepararne  le  partizioni,  fu  colpito  da  una  violenta 
malattia  intestinale  che  lo  spense  in  pochi  giorni  : 
non  toccava  ancora  il  settimo  lustro  della  sua  età. 

Questa  inaspettata  catastrofe  eccitò  l'universale 
compianto,  poiché  Bellini  non  aveva  nemici.  I  funebri 
ebber  luogo  nella  Chiesa  degli  Invalidi,  presenziati 
da  quanti  artisti,  letterati  ed  uomini  distinti  poteva 
avere  Parigi.  Ne  la  musa  si  tacque  e  certo  Giovanni 
Col  leoni  pubblicò  nel  nostro  diario  cittadino  (ot- 
tobre 1835)  una  poesia  che  suscitò  un  mondo  di 
critiche. 

E  poco  tempo  prima  che  Bellini  lasciasse  Parigi, 
egli  scriveva  all'autore  di  questi  versi  una  affettuosis- 
sima  lettera,  l'ultima  forse  che  venne  tra  noi,  eccola  : 
e  Ho  provato  piacere  nel  leggere  le  belle  osserva- 
zioni su  Palestrina  (i)  del  mio  caro  e  tragico  maestro 
Mayr,  che  ti  prego  di  abbracciare  affettuosamente 
da  parte  mia  e  di  ripetergli,  che  il  mio  cuore  deve 
la  sua  maniera  di  sentire  allo  studio  che  io  feci  sulle 
sue  sublimi  composizioni  piene  di  vera  espressione 
e  di  lagrime.  Digli  che  qui  in  Parigi  non  vi  è  di- 
scorso musicale,  ove  il  suo  nome  non  venga  ricordato 
con  onore».  E  queste  parole,  scriveva  alla  fine  di 
agosto  dalla  villa  di  Puteaux,  nella  casa  situata  pres- 
so il  ponte  di  Neuilly. 

Nel  dicembre  di  quest'anno  (7)  moriva  non  an- 
cor cinquantenne  a  Vienna  il  duca  POMPEO  LlTTA 
Visconti  Arese,  cavaliere  di  Alalta,  della  corona 
ferrea  e  ciambellano  di  S.  M.  l'imperatore. 

Rimasto  sul  fior  degli  anni  erede  di  largo  censo, 

(i)  Celebre  maestro  di  musica. 


—  294  — 
cjran  patte  ne  impiegò  in  opere  di  utilità  pubblici; 
sovvenne  agli  spedali  ed  ai  luoghi  pii  con  generose 
elargizioni,  aiutò  i  sacerdoti  poveri,  e  tutto  fece  per 
che  la  vedova,  il  pupillo  e  l'orfano  avessero  in  lui 
un  costante  appoggio. 

Favorì  ancora  le  arti,  le  scienze  e  le  lettere,  arric- 
chendo i  propri  appartamenti  di  preziosissimi  mar- 
mi^  di  pregiati  dipinti  ed  ampliando  la  sua  biblio- 
teca con  opere  altrettanto  utili,  quanto  rare  e  caris- 
sime. Nell'aprire  le  sue  sale  alle  più  splendide  adu- 
nanze della  metropoli,  si  addimostrò  grande  senza 
fm)bra  di  orj:^oglio  o  di  pretesa:  ed  eminente  fu  al- 
lorquando ridotto  a  pericolosi  cimenti  il  commercio, 
egli  offerse  una  solenne  prova  di  amor  patrio,  facen- 
dosi con  molti  altri  suoi  concittadini  a  sorreggerlo. 

Quantunque  nella  prima  giovinezza  trascurasse 
alquanto  gli  .studi,  essendosi  dedicato  alla  milizia, 
pure  una  certa  inclinazione  lo  teneva  occupato  in 
lunghe  e  svariate  letture,  corroborando  queste  anche 
con  viaggi  allestero. 

Altra  morte  che  si  deplorò  nella  nostra  città,  fu 
quella  del  dottor  QuilìlCO  VlVlANI,  letterato  di  chia- 
rissima fan:ta,  autore  di  versi  e.  di  prose,  traduttore 
di  Vitruvio  ed  editore  del  codice  BartoUniano  di 
Dante  Morì  in  Padova  dopo  brevissima  malattia  nel 
novembre  (2)  ;  non  toccava  i  50  anni. 


1836. 

CAPITOLO  Xll 


Echi  della  morte  del  sovrano.  —  Restrinzioni  poliziesche 
alla  grazia  imperiale.  —  Società  segrete,  inquisizioni 
ed  arresti.  —  Vita  Milanese.  —  Leggi  e  regolamenti. 
—  Feste.  —  Meteore.  —  Choléra.  —  Visite  principe- 
sche. —  Il  primo  asilo  infantile.  —  Istruzione.  —  Let- 
tere, arti,  edilizia,  monumenti  ed  industrie.  —  Necro 
logio. 

La  spesa  totale  pei  funerali  del  defunto  Monarca^ 
comprese  le  mancie  e  retribuzioni  straordinarie,  risultò 
di  L.  77.SOO  circa,  così  il  rapporto  diretto  a  S.  A.  il 
Viceré  dal  governatore  Hartig.  Parecchie  delle  iscri- 
zioni furono  stese  dal  consigliere  Gironi,  l'orazione 
funebre,  recitata  dal  canonico  Mascheroni. 

Le  spese  erano  state  preventivate  in  L.  51.210,  fu- 
rono dunque  oltre  26  mila  lire  che  si  dovettero  ag- 
giungere (i). 

Curioso  l'incarto  circa  le  spese  per  le  Deputazioni 
che,  come  abbiamo  detto  nel  precedente  capitolo,  si 
recarono  a  Vienna  per  la  visita  officiale  di  condo- 
glianza e  di  congratulazione.  Discutevasi  se  esse  do- 
vevansi  caricare  all'erario,  o  prelevarsi  sulle  imposte 
dirette.  Sembra  fosse  deciso  doversi  sborsare  dalle 
casse  dello  Stato.  Ecco  infatti  una  decisione  ufiiciale 

(1)  Cancelleria  vicereale.  Archivio  di  Stato.  Potenze 
Sovrane. 


mmmr'    '     '    — --    i   .    i  n   i^.u^ìm 


-296- 

in  proposito,  che  troviamo  fra  le  carte  della  cancel- 
leria vicereale  :  1 1  compensi  che  possono  competere 
agli  individui  che  comporranno  le  suddette  deputa- 
zioni si  limiteranno  a  quelle  del  viaggio  e  del  ritomo 
Milano-Vienna  e  le  diete  tanto  pel  tempo  che  si  tro- 
veranno in  cammino,  quanto  per  quello  del  soggiorno 
alla  capitale». 

A  conti  fatti  l'erario  doveva  pagare  una  inden- 
nità di  L.  3500  per  ogni  individuo,  ossia  24.500  in 
tutto,  e  caso  la  deputazione  fosse  stata  seguita  da 
un  segretario  tratto  dal  seno  della  Congregazione 
Centrale,  a  questo  doveva  essere  corrisposta  una  '^"'i- 
tificazione  di  lire  duemila.  TI* paga jr '"..io  -^v.  .r  ■> 
pato. 

V:  .«:>:  ,  .'■  :  vl  .  .>  iicu.),  senza  nulla  smovere  del- 
'  '  *  ..zxu  ueì:^  Stato  :  sta  irremovibile  ed  assoda  la 
tua  podestà  sovrana  sopra  quegli  stessi  principi,  se- 
condo i  quali  io  ressi  la  monarchia  traverso  alle  mag- 
giori tempeste  e  le  ho  assicurato  il  posto  che  ora 
occupa  nel  mondo  delle  nazioni.  Rispetta  tutti  i  di- 
ritti legittimamente  acquistati,  se  vuoi  che  sieno  ri- 
spettati i  tuoi,  e  mantieni  la  concordia  nella  famiglia, 
considerandola  come  uno  dei  beni  più  preziosi  ».  Ma 
il  nuovo  Monarca  era  assai  inferiore  all'antecessore, 
Cesare  Cantù  lo  dice  epilettico  e  scemo  :  di  volontà 
piuttosto  caparbia  che  ferma  (i). 

L'amnistia  da  lui  concessa  appena  salito  al  trono, 
aveva  certamente  accontentato  i  parenti  e  le  famiglie 
di  quegli  infelici  colpiti  dalla  dura  condanna,  ma 
quante  tergiversazioni  per  coloro  che  avevano  prefe- 
rito Tesilio,   quanta  rigorosa  sorveglianza  sopra  di 

(i)  Cantù.  Cronistoria,  Voi.  II.    . 


—  297  — 
loro  !  Il  cuore  del  Monarca  aveva  battuto  un  istante 
per  essi,  ma  Fazione  della  polizia,  aveva  in  graji 
parte,  se  non  eluso  Tatto  generoso,  assai  diminuito 
il  suo  valore,  né  il  viceré  per  quanto  potente  e  le- 
gato in  parentela  coll'imperatore  stesso,  potè  con- 
correre a  mettere  un  freno;  anzi,  se  noi  esaminiamo 
i  documenti  d'allora,  siamo  costretti  a  conchiudere 
che  il  viceré  era  tenuto  l'ultimo  nella  bisogna,  (i). 
Del  resto  non  é  a  meravigliarsi,  essendo  la  stessa 
cosa  accaduta  anche  nella  liberazione  dei  detenuti 
dello  Spielberg.  Dunque  anche  presentemente  la  po- 
lizia pigliò  il  sopravvento,  maneggiò,  e  rimpicciolì 
in  certo  modo  la  grsizia  con  una  sequela  di  note  so- 
pra note. 

Una  disposizione  governativa  circa  gli  esuli,  che 
colpiti  dalla  condanna  per  alto  tradimento,  preferi- 
rono a  questa  la  deportazione  in  America,  dispone 
quanto  segue:  ^n 

e  Che  il  deportando  non  può  né  acquistare,  né  di- 
sporre della  propria  sostanza.  Unica  eccezione  da 
questa  regola  si  é,  ch'egli  potrà  esportare  in  Ame- 

(i)  Cesare  Cantù  ci  dà  questo  ritratto  : 
Il  viceré  Raineri  era  aifabile  come  tutti  gli  arciduchi, 
ma  in  relazione  solo  colla  burocrazia  e  con  pochi  corti- 
giani. La  sua  cancelleria  formava  parte  dell'aulica,  sicché 
egli  avrebbe  potuto  dare  spaccio  ad  una  infinità  di  affari, 
invece  trasmetteva  il  tutto  a  Vienna  tantoché  lo  stesso 
Francesco  I  si  lagnava  dicendo  :  «  Mio  Fratello  non  pensa 
che  a  far  denaro.  »  Quando  parti  non  lasciò  la  più  pic- 
cola istituzione,  il  minimo  ricordo  di  benevolenza  nel  paese 
dove  era  rimasto  30  anni. 

Aveva  sposato  ima  sorella  di  Carlo  Alberto  e  più  tardi 
diede  una  sua  figlia  a  Vittorio  Emanuele,  il  futuro  re  d'I- 
talia. Cronistoria,  Voi.  II. 


—  298  — • 

rica  la  sostanza  che  presentemente  possiede,  e  dare 
le  disposizioni  occorrenti  per  tale  esportazione,  e  ciò 
fino  al  momento  dell'imbarco». 

Il  senato  lombardo-veneto  dell'i  r.  supremo  tri- 
bunale di  giustizia,  incaricato  deiresecuzione  della 
legge  sopra  citata,  stabilì  : 

ti.**-  Che  i  deportandi  debbano  dettare  a  pro- 
tocollo presso  il  giudice  del  luogo,  ove  presentemente 
si  trovano,  le  disposizioni  che  credessero  riferibili  al 
solo  oggetto  dell'esporto  della  sostanza,  che  pre- 
sentemente posseggono,  i  quali  protocolli  debbono 
con  ogni  sollecitudine  essere  trasmessi  ai  giudici  ci- 
vili di  cui  ciascuno  di  essi  dipende. 

«2.°  -  Che  queste  disposizioni  debbano  essere 
emesse  entro  tutto  il  corrente  giugno,  sotto  la  com- 
minatoria, che,  spirato  questo  termine  si  passerà  al- 
l'immediato loro  imbarco  (i). 

E  questa  nota  governativa  è  pure  rafforzata  da 
altra  di  Sedlnitzky  da  Vienna  diretta  al  viceré  Rai- 
neri, nella  quale  dà  quell'interpretazione  che  gli 
torna  conveniente  all'atto  di  grazia  sovrano.  Atteso 
la  sua  importanza,  la  riportiamo  per  intero. 

<[  Venezia,  2j  luglio  1836. 

«Altezza  Imperiale.  —  Ho  sottomesso  alla  So- 
vrana risoluzione  gli  elenchi  accompagnatimi  da 
V.  A.  I.  con  nota  29  marzo  1 836,  n.  482,  di  tutti  i  sud- 
diti lombardo-veneti  rifugiatisi  all'estero  per  aver 
preso  parte  ai  raggiri  rivoluzionari  del  tempo  recente, 
unitamente  alle  proposizioni  del  governatore  della 
Lombardia  e  del  direttore  generale  di  polizia  di  Mi- 
lano riguardo  all'amnistia  da  accordarsi  ai  sudditi 

(i)  Vedi  la  Gazzetta  privilegiata  di  Milano  14  Giugno. 


—  299  — 

fuggiaschi  e  relativamente  alla  procedura  contro  gli 
assenti  per  titolo  di  emigrazione. 

€  In  esito  all'umilissimo  mio  rapporto,  S.  M.  I.  R. 
con  sovrana  risoluzione  del  17  luglio  corrente  si  com- 
piacque di   parteciparmi  : 

«Per  atto  di  grazia,  voglio  permettere  agli  indi- 
vidui descritti  nell'annessa  tabella  l'immune  ritorno 
nel  regno  lombardo  veneto,  qualora  ne  facciano  ri- 
cerca i>er  iscritto  al  governatore  della  Lombardia, 
che  a  ciò  espressamente  autorizzo. 

«Kssi  ne  dovranno  essere  avvertiti  dalla  dire- 
zione generale  di  polizia  in  Milano,  a  mezzo  dei  loro 
parenti,  ed  immediatamente  pe'  miei  incaricati  d'af- 
fari all'estero,  qualora  la  loro  dimora  fosse  cono- 
sciuta ;  e  ciò  coll'aggiunta  che,  fintanto  non  saranno 
legalmente  indiziati  d'un  delitto  commesso  dopo  il 
loro  ritorno,  non  avranno  niente  da  temere  per  le  im- 
putazioni di  alto  tradimento  derivanti  da  epoche  an- 
teriori. 

«A  norma  di  ciò,  saranno  da  emettersi  indilata- 
mente  le  occorrenti  disposizioni,  ed  a  suo  tempo  si 
adotteranno,  riguardo  ai  ritornanti  le  misure  neces- 
sarie pel  mantenimento  della  pubblica  sicurezza  e 
tranquillità,  conforme  alle  vigenti  prescrizioni. 

e  Quando  la  predetta  misura  avrà  sortito  effetto 
e  potrà  venir  giudicata  nelle  sue  conseguenze,  sarà  da 
rassegnarsi,  dopo  sentita  l'opinione  della  cancelleria 
riunita,  e  del  senato,  del  tribtmale  superiore  di  giu- 
stizia, il  ben  reputato  parere,  se  e  contro  quali  fug- 
giaschi politici  del  regno  L.  V.,  poi  sotto  quali  mo- 
dalità, possa  mettersi  in  esecuzione  la  procedura  per 
emigrazione,  giusta  la  patente  24  marzo  1832.  Il  re- 
lativo rapporto  dovrà  contenere  l'indicazione  di  tutto 
quello  che  per  avventura  in  proposito  fosse  già  di-, 
sj>osto  ;  intanto  però  tutto  dovrà  rimanere  allo  statu 
quo-». 


— '3PO  — 

€  Mentre  partecipo  tale  sovrana  risoluzione  dietro! 
ordine  di  S.  M.  I.  R.  al  principe  di  Mettemich  ed  ali 
senato  del  dicastero  supremo  di  giustizia  a  Verona  I 
per  le  loro  notizie  e  per  le  ulteriori  disposizioni,  mi  1 
prendo  pure  la  libertà   di    pregare   rispettosamente^ 
V.  A.  I.  che  degnarsi  voglia  di  parteciparne  Tintero 
contenuto  al  governatore  della  Lombardia,  e  (trovan- 
dosi fra  gli  amnistiati  14  fuggiaschi  veneti)  anche  a 
quello  delle  provincie  venete,  affine  da  essi  ne  venga- 
no indilatamente  rese  edotte  le  direzioni  generali  di 
polizia  di  Milano  e  di  Venezia,  onde  contemporanea- 
mente vengano  date  le  opportune  istruzioni  alle  auto- 
rità di  sorveglianza  ai  confini  per  la  permissione  del 
libero  ingresso  dei  detti  fuggiaschi  nel  territorio  au- 
striaco, dovendosi  però  ordinare  l'accuratissima  per- 
quisizione, e  che  dovrà  estendersi  specialmente  sulle 
carte,  stampe  e  libri,  che  per  avventura  seco  portas- 
sero, affinchè  in  tale  occasione  non  venissero  intro- 
dotte opere  proibite,  o  corrispondenze  pericolose.  Ri- 
guardo alle  misure  occorrenti  per  il  mantenimento 
della  pubblica  sicurezza,   debbo  renderne  arbitri  la 
esperienza,   il  giusto  criterio  dei  rispettivi  governa- 
tori e  direttori  di  polizia,  e  rimetto  quindi  alla  loro 
saggezza,  di  sottoporre  i  fuggiaschi  ritornanti,  a  mi- 
sura della  loro  pericolosità  e  complicità  nei  raggiri 
politici  o  al  precetto  oppure  di  sottometterli    senza 
una  speciale  limitazione  della  loro  personale  liber- 
tà ;   ad  un'accurata  politica  sorveglianza  della  loro 
condotta....  di  modo  che  la  Polizia  resti  in  una  non 
interrotta  conoscenza  delle  loro  mosse,  e  delle  loro 
intraprese. 

tln  quanto  alla  partecipazione  della  grazia  ac- 
cordata ai  fuggiaschi  autorizzati  al  ritomo  per  parte 
delle  missioni  austriache,  il  signor  principe  Metter- 


} 


nich  ha  esternato  il  desiderio,  che  tale  partecipazione 
venisse  disposta  dal  governatore  della  Lombardia, 
conte  de  Hartig. 

€  Prego  che  V.  A.  I.  degnarsi  voglia  d'impartire 
istruzioni  conforme  alla  anzidetta  sovrana  risoluzio- 
ne al  predetto  governatore,  e  di  lasciare  in  ana- 
logia alla  medesima  l'opportuno  ordine  al  governa- 
tore delle  Provincie  venete,  compiacendosi  pure  di  or- 
dinare ad  ambedue  di  sospendere  pel  momento  la 
procedura  per  emigrazione  contro  i  fuggiaschi  poli- 
tici dei  rispettivi  governi,  rassegnando  però  dopo 
qualche  tempo,  dietro  la  chiusa  della  predetta  so- 
vrana risoluzione,  a  V.  A.  I.  il  loro  avviso  sull'ap- 
plicabilità della  Sovrana  patente  24  marzo  1832  ai 
fuggiaschi  politici,  il  quale  parere  V.  A.  I.  si  de- 
gnerà di  dirigere  a  me  colla  luminosa  sua  opinione, 
afiinchè  io  possa  sottomettere  a  S.  M.  L  R.  il  so- 
vranamente chiestomi  rapporto. 

crinalmente  mi  permetto  di  aggiungere  rispetto- 
samente la  preghiera  per  l'opportuna  disposizione 
onde  i  detti  due  governatori  rassegnino  rapporti  cir- 
costanziati a  suo  tempo  a  V.  A.  L,  sull'impressione 
prodotta  da  questo  atto  di  sovrana  grazia  nelle  di- 
verse classi  della  popolazione  del  regno  lombardo- 
veneto,  come  pure  sopra  tutti  gli  altri  risultati  da 
tale  misura,  e  specialmente  sul  ritorno  verificatosi  dei 
fuggiaschi  graziati  e  sulle  risultanze  del  loro  trat- 
tamento alle  frontiere  e  della  loro  sorveglianza,  com- 
piacendosi poi  V.  A.  I.  di  comunicarmeli  graziosa- 
mente» (i). 

Il  lungo  rapporto  ha  la  firma  del  ministro  Sedl- 
nitzky,  la  lancia  spezzata  del  gran  cancelliere.  Tutto 
in  questo  scritto  era  preveduto,  e  mentre  con  farisaica 
vernice,  si  incensava  al  personaggio  imperiale,  che  si 

(i)  Carte  segrete  documento  N.  443. 


i 


trovava  fra  noi,  rarciduca  Raineri,  gli  si  l^avano 
bellamente  le  mani,  dicendo  che  il  tutto  sarebbe  di- 
jìeso  dai  singoli  governatori  delle  provincie.  Né  il  let- 
tere si  pensi  che  quanto  asserisce  il  rapporto  circa  le 
idee  manifestate  dall'imperatore  nel  suo  atto  di  gra- 
zia sia  vero  :  egli  certo  non  sognò  mai  di  fare  restri- 
zioni di  sorta  ed  una  prova  l'avremo  più  avaxiti  : 
erano  tutte  fiabe  e  frasi  di  color  oscuro,  messe  insieme 
o  suf^i^erite  da  Metternich,  che  in  vero  poteva  allora 
chiamarsi  il  cancelliere  di  ferro,  non  riconoscendo  so- 
pra di  se,  che  lautorità,  anch'essa  nominale,  dell'im- 
peratore (i). 

Inutile  dire  che  l'Arciduca  in  evasione  alla  nota 
ministeriale,  si  degnò  d'impartire  le  istruzioni  al  go- 
vernatore lombardo  ed  a  quello  delle  provincie  ve- 
nete il  conte  di  Spaur.  Quest'ultimo,  credette  oppor- 
tuno di  particolareggiare  al  direttore  generale  della 
polizia,  il  consigliere  De  Cattanei,  il  modo  di  tratta- 
mento relativamente  ai  fuggiaschi.  Non  sarà  inutile 
il  leggerle  per  esteso,  giacché  sopra  tali  norme  si  re- 
golava anche  la  Lombardia, 

Ecco  come  si  esprime  il  governatore  : 

«1.*^  Anzitutto  devesi  stabilire  quali  fra  i  fug- 
giaschi indicati  nel  rapporto  comunicatole,  apparten- 
gono a  codeste  provincie  e  dove  attualmente  dimo- 
rano, onde  a  mezzo  della  rispettiva  legazione,  pos- 
sano essere  resi  avvertiti  dell'indulto  accordato  ai  me- 
desimi, e  debbansi  prevenire  i  loro  parenti.... 

(i)  Deve  sapere  il  lettore  che  in  quest'anno  stesso,  il 
19  aprile,  mentre  i  deportandi  aspettavano  la  partenza,  egli 
ebbe  coraggio  di  scrivere  al  padre  di  Gonfalonieri,  giusti- 
ficando i  quindici  anni  di  carcere  duro  cui  era  stato  condan- 
nato il  figlio.  E  magnificando  la  clemenza  sovrana  per  la 
grazia  concessa.  E'  uno  scritto  che  davvero  fa  fremere. 
(Cantu'.  Cronistoria,  voi.  II,  1266). 


—  303  - 

«Sopra,  quanto  ella  avrà  disposto  a  tale  riguardo, 
la  invito  a  rendermi  informato  colla  maggior  possi- 
bile sollecitudine. 

«  2.**  A.  misura  che  al  sig.  governatore  della  Lom- 
bardia, perverranno  le  petizioni,  o  notifiche  in  iscritto 
degli    individui  di  questa    categoria,    che   vogliono 
valersi  della  grazia  sovrana  loro  offerta,  venne  invi- 
tato il  sig.  Consigliere  aulico  e  Direttore  generale  di 
polizia,    Torresani,  a  dare  in  base  alle  relative  peti- 
zioni  le    occorrenti  istruzioni  alle  autorità  di  sorve- 
glianza al  confine  pel  libero  ingresso  dei  suddetti  fug- 
giaschi nelle  provincie  lombarde,  ed  a  prevenire  anco 
le  autorità  di  polizia  di  quelle  ii.  rr.  provincie,  alle 
quali  per  avventura  fossero  state  dirette  ricerche  di 
arresto   dei  medesimi  al  loro  ingresso  nel  territorio 
austriaco. 

«  Potendo  però  succedere  il  caso  che  gli  anzidetti 
graziati  desiderassero  ritornare  nel  regno  L.  V.  anche 
per  queste  provincie,  e  dovendosi  perciò  anco  da  lei 
impartire  le  opportune  istruzioni  alle  autorità  di  con- 
fine, cosi  interesso  contemporaneamente  il  sig.  gover- 
natore di  Milano,  che  raccomandar  voglia  a  quel  di- 
rettore generale  di  polizia  di  parteciparle  a  tale  ef- 
fetto, colla  possibile  sollecitudine,  ognuno  di  tali  per- 
messi   di  ritorno,  che  avranno  luogo.  Tostochè  le  per- 
verrà tale  partecipazione,  ella  vorrà  immediatamente 
disporre  il  tutto,  onde  abbia  luogo,  sotto  pretesto  fi- 
nanziario, la  necessaria  ed  accuratissima  perquisizio- 
ne dei  ritornanti  in  discorso  ;  e  venga  estesa  partico- 
larmente alle  carte,  stampe  e  lettere  che  per  avventura 
seco   loro  portassero,  onde  in  questa  occasione  non 
vengano  introdotte  opere  proibite,  oppure  corrispon- 
denze pericolose. 

€3.**  Fidando  nell'esecuzione  delle  misure  oc- 
correnti in  proposito  pel  mantenimento  della  pubbli- 


—  304  — 

ca  tranquillità  e  sicurezza  della  provata  esperienza, 
del  giusto  criterio  e  della  tattica  negli  affari  di  poli- 
zia di  Lei....  desidero  a  suo  tempo  sentir  il  di  lei  pa- 
rere, se  i  fuggiaschi  ritornati,  a  misura  delle  loro  qua- 
lità pericolose  e  complicità  nei  raggiri  politici,  sa- 
ranno da  sottoporsi  al  precetto,  oppure  da  sottomet- 
tersi, senza  speciale  limitazione  della  loro  personale 
libertà,  ad  un'accurata  sorveglianza  politica  della  loro 
condotta,  relazioni  all'interno  od  airestero,  corrispon- 
denze ed  in  generale  della  loro  politica  tenuta,  di 
modo  che  la  polizia  resti  in  una  non  interrotta  cono- 
scenza delle  mosse  intraprese  e  della  condotta. 

4.°  Ella  vorrà  inoltre  rilevare  inosservatamente 
e  quindi  parteciparmi,  se  e  contro  qual  de'  sudditi  ve- 
neti .descritti  nel  suddetto  elenco,  sia  in  corso  la  pro- 
cedura per  emigrazione 

«  5.°  Aspetto  pure  a  suo  tempo  un  dettagliato 
rapporto  sull'impressione  prodotta  da  questo  atto 
di  sovrana  grazia  nelle  diverse  classi  della  popo- 
lazione di  queste  provincie,  come  anche  sopra  tutti 
gli  altri  risultati  di  questa  misura,  specie  sul  ritorno 
verificatosi  dei  graziati  e  sulle  risultanze  del  loro  trat- 
tamento ai  confini  e  della  loro  sorv^lianza. 

€0.°  Quando  la  suddetta  misura  sarà  effettuata,  e 
potrà  esser  giudicata  nelle  sue  conseguenze,  ella  vorrà 
rassegnarmi  il  suo  ben  reputato  parere  sull'applica- 
l)ilità  della  sovrana  patente  24  marzo  1832  ai  fuggia- 
schi politici,  indicandomi  in  pari  tempo  cosa  finora  in 
tale  oggetto  verme  disposto,  e  cosa  in  base  alle  fatte 
osservazioni,  potrebbe  ancora  disporsi. 

«  Per  il  pili  remoto  termine  entro  cui  aspetto  i  rap- 
porti contemplati  dai  numeri  5  e  6,  fu  stabilito  in  ge- 
nerale la  fine  dell'anno  corrente,  giacché  entro  tak 


—  305  - 

periodo  anche  il  sig.  Governatore  di  Milano   rasse- 
gnerà alla  superiorità  le  relative  informazioni  (i)p. 

Da  questo  modo  di  agire  delle  autorità  governa- 
tive e  delle  direzioni  della  polizia,  le  società  segrete 
prendevano  ansa  per  eccitare  i  cittadini,  non  solo  del 
lombardo-veneto,  ma  anche  di  tutta  la  monarchia  ad 
inscriversi  fra  i  loro  adepti  e  farla  finita  una  volta 
con  questo  sgoverno.  Ben  è  vero  che  negli  anni  addie- 
tro esse  avevano  dato  assai  mala  prova,  ma  è  pur 
troppo  vero  ancora  che  la  speranza  è  l'ultima  a  per- 
dersi. E  le  direzioni  delle  polizie  a  dar  la  caccia.  Una 
nota  del  Torresani  a  quello  di  Venezia,  addita  certo 
Nicolò  Voltolini,  fratello  del  commissario  di  po- 
lizia di  questo  nome,  come  non  solo  venne  espulso 
da  Ascoli  per  macchinazioni  di  alto  tradimento,  e 
per  aver  preso  parte  alle  turbolenze  della  romagna, 
ma  per  relazioni  intime  trattenute  in  Marsiglia  coi 
fuggiaschi  e  come  appartenente  alla  setta  dei  Veri 
italiani.  Raccomanda  all'eventuale  sua  comparsa  un 
trattamento  rigoroso,  dal  quale  dipenderebbe,  se 
fosse  il  caso,  di  rimetterlo  al  tribunale  criminale  per 
la  consecutiva  inquisizione  (2). 

Un'altra  nota  accenna  che  notizie  confidenziali 
pervenute,  assicurano  che  a  Bastia  (Corsica)  esiste  un 
Comitato  rivoluzionario  italiano,  dipendente  da 
quello  di  Parigi  ed  al  quale  appartengono  diversi  al- 
tri dell'Italia  media,  specie  della  romagna  Preten- 
desi  che  da  quel  comitato  sia  stato  diretto  nelle  Le- 
gazioni.... certo  Cucchi  suonatore  di  contrabasso,  na- 
poletano, stabilito  a  Firenze  p  (3). 

(i)  Carte  segrete.  Documento  444. 

(2)  Carte  segrete.  Doc.  378. 

(3)  Carte  segrete.  Doc.  379. 

GiANETTi.  Cronìsiorìa.  20 


-3o6- 

ijiiì  il  funzionario  descrive  accuratamente  il  ri- 
ira:  to  ilei  l'individuo  in  parola,  e  raccomanda  la  con- 
suma sorve^^hanza. 

Altra  nota  ancora  dice,  esser  giunto  a  sujjeriore 
^x^i;n::lv^ne,  che  una  nuova  antipolitica  società  si  co- 
>i;:uì  i>elLi  Svizzera  sotto  il  nome  Derniers  jours  des 
.^'j:  r-A.  la  quale  si  estese  già  in  più  luoghi....  Essa  rac- 
cliuuìe  m  sé  i  regolamenti  della  così  detta  Carbone- 

l' ra  evalore  che  vengono  designati  quali  pericolosi 
piv^jMi^aiuì.sii  dì  tale  società,  viene  accennato  un  certo 
Granali»  j^ossidente  di  Milano,  che  in  questi  ultimi 
anm  tev^  parecchi  viaggi  in  Francia  ed  in  Italia,  dan- 
do luo^o  a  ^raN-e  sospetto  colle  sue  relazioni  al- 
restero,., 

€  . . .  Impegno,  termina  la  nota,  riservata  al  Com- 
missario Su^ìeriore,  il  di  lei  zelo  e  la  di  lei  attività  a 
vegliare  indefess*miente  onde  scoprire  e  sventare  gli 
inlriv^hì  e  le  mosse  de*  nuovi  settari  ;  e  nel  caso  che  il 
nìen/ionalo  possidente  Granati  avesse  a  penetrare  in 
queste  provincie,  sia  immediatamente  sottoposto  a  ri- 
goroso trattamento  e  perquisizione»  (i). 

E  questa  nota  è  pure  confermata  dall'estratto  di 
una  corrispondenza  confidenziale  scritta  in  lingua 
francese  da  Marsiglia,  dove  oltre  la  notizia  intomo  al- 
l'accennato Granati,  si  parla  della  direzione  fatta 
prendere  per  Marsiglia  ad  alcuni  polacchi  venuti  da 
Trieste,  i>oichè  nel  caso  in  cui  i  progetti  dei  rifugiati 
italiani,  di  provocare  un  movimento  insurrezionale 
nell'Italia,  si  realizzassero,  essi  potrebbero  contare 
sopra  codesti  esuli,  gente  naturellement  entrepre- 
nants  et  tracassiers.  Termina  poi  l'estratto  con  que- 
sta notizia: 

(i)  Carte  segrete.  Doc.  437. 


—  307  — 

e  L'axrestation  de  Mazzini  en  Suisse  a  produit  un 
grand  effet  sur  ses  compatriotes  réfugiés,  qui  se  trou- 
vent  ici  ;  ils-craignent  de  se  voir  compromis  par  la 
saisie  des  papiers  de  la  Fédération  ;  on  croit,  que 
e  était  dans  l'intérèt  de  Tassociation  Des  derniers 
jours  des  braves  que  Mazzini  a  eu  des  entrevues  avec 
des  Allemands  qui  ont  amene  son  arrestationp  (i). 

Er  le  note  si  susseguono.  Un'altra  assicura  che  già 
da  qualche  tempo  alcuni  liberali  italiani  a  Rio  Ja- 
neiro costituirono  una  società  a  somiglianza  di  quella 
della.  Giovine  Italia.  Essa  avrebbe  anche  fatto  acqui- 
sto di  un  piccolo  bastimento,  cui  diede  il  nome  di 
Mazzini  ed  avrebbe  pubblicato  un  programma  ten- 
dente  a  spargere  e  dilatare  i  principi  sovversivi,  che 
servono  di  base  alla  società  stessa. 

La  breve  nota  è  datata  da  Milano  e  comunicata 
al  direttore  generale  della  polizia  a  Venezia  per  le 
opportune  norme  (2). 

Né  le  istruzioni  si  limitano,  come  già  accennammo 
ai  sudditi  del  regno  L.  V.,  ma  riguardano  pure  taluni 
della  monarchia.  Lo  prova  una  lunga  nota  del  gover- 
ixatore  di  Venezia,  alla  direzione  di  quella  polizia  in 
cui   è  riferito,  come  il  capo    della    società   patriot- 
tica polacca  in  Parigi,  stabilì  di  spedire  per  l'interesse 
di  quegli  emigrati  in  Turchia  il  conte  Gustavo  Kras- 
zewski,  nativo  di  Volinia,  il  quale  durante  la  rivolu- 
zione figurava  come  aiutante  del  generale  Skrzynecki. 
Aggiunge  pure,  essere  prossima  la  missione  di  al- 
tri emissari  nella  Polonia,  nella  Galizia  e  nella  Po- 
snania,  dando  di  questi  ultimi  non  solo  i  nomi,  ma 
anche  i  particolari.  Certi  Koslowski  e  Losewski  viag- 


(i)  Estratto  dì  una  nota  confidenziale  che  segue  il  do- 
cumento 437. 

{2)  Carte  segrete.  Doc.  438. 


L 


—  3o8  — 

giano  in  compa^ni^i  di  un  cotal  Bartolini  italiano  (i). 

Altra  nota  del  governatore  Spaur  alla  direzione 
della  Polizia  veneta,  richiama  Tattenzione  di  questa 
sopra  alcuni  opuscoli  stampati  a  Torino  ed  in  Fran- 
cia, i  quali  tenie  possano  essere  introdotti  nelle  Pro- 
vincie austriache. 

Tali  opuscoli  sonoi 

L'inno  deir esule  di  Tommaso  Aniello ^  stampato 
Il  Torino,  consta  di  pagine  35. 

Le  profezìe  sopra  l'Italia  edito  a  Dijon,  di  pa- 
gine 78. 

AUro  opuscolo  italiano  stampato  a  Marsiglia  di 
pagine  J13  (2). 

Ed  il  lettore  può  immaginarsi  che  tutte  queste 
note  non  facevano  che  invelenire  gli  animi,  già  abba- 
stanza esacerbati  pel  trattamento  fatto  alla  grazia 
sovrana. 

Intanto  furono  estese  anche  tra  noi  le  misure  po- 
liziesche già  prese  io  altri  stati  d'Italia  ;  seguirono  ar- 
resti ;  furono  revocate  parecchie  facilitazioni  già  ac- 
cordate ad  alcuni  prigionieri  di  Stato  ;  parecchi  fora- 
stieri,  sebbene  muniti  di  passaporto  furono  sfrattati 
dal  regno  ed  alcuni  arrestati  anche  sul  parmigiano. 

Del  resto  chi  mai  pensasse  che  per  tutto  ciò  la  vita 
pubblica  rimanesse  alterata,  s'ingannerebbe  a  partito. 
Gli  spettacoli  avevano  luogo  e,  bisognava  pure  assi- 
stervi. L'aristocrazia  riempiva  il  massimo  teatro  :  si 
parlava  del  successi  della  Taglioni  a  Parigi,  delle  vi- 
cende teatrali  della  provincia,  di  cantanti,  di  balle- 
rine, di  scritture^  d'impegni,  d'impresari  e  via.  Il  po- 
polino assiepava  o  il  lobbione  della  Scala,  o  si  cax:- 


(i)  Carte  segn:te.  Doc.  439. 
(2)  Carte  segrete.   Doc.  490. 


—  309  — 

ciava  nei  teatri  di  secondo  ordine,  quali  la  Canob- 
biana,  il  Carcano  e  magari  il  Piando,  specie  nell'ul- 
tima settimana  di  carnovale,  dove  raccontano  i  cro- 
nisti era  qualchLe  cosa  di  pittoresco,  per  non  dire  d'in- 
digesto, con  tutti  quegli  effluvi  gastronomici  che  ema- 
navano da  ogni  parte,  le  pellicole  di  salato,  le  ossa  di 
braciole  ed  i  gusci  di  castagne  arrosto  che  incontra- 
vano le  scarpe  dei  malcapitati. 

Alla  Scala  però  non  si  vedevano  che  frak  e  toe- 
lette più  o  meno  eleganti,  e  fra  autentici  signori,  fa 
mostra  pure  el  stracchiti  (i).  Non  parliamo  di  urtoni 
e  di  spinte,  che  sono  comuni  in  tutti  i  teatri  affollati, 
ma  qui  il  movimento,  era  sempre  accompagnato  da 
un  grazioso  pardon. 

Nei  teatri  minori  la  cosa  è  ben  differente.  Sembra 
che  la  ragione  stia  dalla  parte  di  chi  passandovi  vi- 
cino vi  ha  potentemente  urtato.  Egli  va  dritto  al  suo 
TX)sto,  cioè  a  quel  posto  che  vuole  ad  ogrni  costo  tro- 
vare ed  al  quale  giunge  aiutato  dalla  potenza  dei  go- 
miti e  delle  spalle. 

Tra  un  atto  e  l'altro  della  produzione  udrete  fre- 
quentemente impegnata  una  conversazione,  diretto  un 
invito,  dato  un  ritrovo  dalla  prima  alla  terza  fila, 
dalle  sedie  dell'orchestra  alle  ultime  della  platea. 
Si   direbbe  che  ognuno  è  in  casa  propria. 

E  nella  settimana  di  carnovale  lasciate  pure  al  po- 
polino la  cura  per  divertirsi  anche  di  giorno.  Se  non 
potrà  far  parte  di  qualche  società  mascherata,  farsi 
trascinare  in  cocchio,  o  gettar  coriandoli  dai  balconi 
e  dalle  finestre,  si  recherà  ad  ingrossare  la  folla  sul 
corso,  a  farvi  chias&o  col  ùtne  turee^  sticc  succ,  a  rac- 
cogliere al  volo  confetti  di  fabbrica  piii  o  meno  ge- 
nuina, a  raspar  dalla  terra  manate  di  coriandoli  per 

(i)  Bellimbiistaj   zerbinotto- 


J 


—  310  — 

poi  gettarli  in  viso  o  sulla  schiena  dei  passanti.  E 
quando  il  corso  volgerà  al  suo  termine  e  comince- 
ranno a  cadere  le  ombre  della  sera,  dopo  aver  schia- 
mazzato alquanto,  magari  armato  da  una  torcia  a 
vento,  gridando  per  quattro,  cantando  in  tutti  i  toni, 
si  caccerà  colla  famiglia,  o  con  un  gruppo  di  buon- 
temponi suoi  pari  in  una  bettola,  e  là  inaffiando  qual- 
che intingolo  alla  milanese  con  dei  buoni  boccali  da 
quattordici,  attenderà  magari  Falba  del  domani  For- 
tunato lui  se  può  tornar  a  casa  colle  sue  gambe 

Ed  in  ogni  riunione  di  gente  voi  distinguevate  su- 
bito la  coppia  provinciale  dalla  cittadina.  Era  giu- 
sta l'osservazione  d'allora  che  le  mode  capitavano  in 
provincia,  quando  alla  capitale  avevano  già  avuto  il 
bando.  Il  ganimede  di  provincia  portava  i  baffi  eia 
barba,  mentre  quello  della  città  vi  aveva  già  rinun- 
ciato ;  le  unghie  lunghe  quando  questi  sentiva  il  bi- 
sogno di  mozzarle  ;  vestiva  alla  francese,  mentre  tra 
noi  si  cominciava  a  provare  il  gusto  dell'inglese.  La 
donna  della  città  vestiva  schietto,  quella  tìella  pro- 
vincia si  caricava  di  merletti,  di  guarnizioni  e  di 
mille  frascherie  per  ostentare  ricchezza.  Si  abbigliava 
per  una  visita,  quasi  dovesse  andare  ad  una  festa  da 
ballo  ed  arrabbiava  se  vedeva  qualche  sua  amica  che 
la  soverchiasse  in  pompa,  né  lasciava  in  pace  il  con- 
sorte se  nella  prossima  volta  non  possedeva  quell'a- 
bito o  quel  merletto. 

E  le  acconciature  del  capo  ?  Era  ben  facile  distin- 
guere una  provinciale,  poiché  ne  aveva  sempre  di  esa- 
gerate. Da  noi  tenevano  lo  scettro  il  Migliavacca  che 
era  stato  due  volte  a  Parigi,  il  Bosiz  che  aveva  inven- 
tato ricci  e  parrucche  posticcie,  il  Moriggia  ed  il  Bre- 
scianino  che  a  quando  a  quando  pubblicavano  nuove 
pettmature,  e  quei  busti  di  legno  e  cera,  ora  diventati 
radi  e  che  anuniriamo  nei  negozi  di  qualche  parruc- 


L 


—  3"  — 
chiere,  erano  assai  più  frequenti  di   quello   che   lo 
sono  ora. 

Un  bel  piede  per  la  danza  non  sarebbe  scorso  leg- 
giero, se  non  calzato  dalle  scarpe  a  lungo  sospirate 
dal  Bianchi,  dal  Beltrami  o  dal  Ronchetti  (i).  Ne  la 
tavola  del  provinciale  per  quanto  abbondante  poteva 
paragonarsi  ad  un  succoso  pranzo  preparato  dalFAn- 
gelot 

Dei  teatri  non  parliamo  :  un'opera  fischiata  alla 
Scala  e  le  attrici  messe  nel  numero  delle  invalidi,  ri- 
scuotevano ancor  applausi  in  provincia  ;  i  balletti  di 
ripiego,  si  riproducevano  per  balli  grandi  ;  gli  abiti 
teatrali  di  rifiuto,  brillavano  indosso  alle  artisti  delle 
Provincie  ed  il  più  meschino  scenografo  menava 
vanto  di  Sanquirico. 

Ciò  che  veramente  accora  in  questo  tempo,  anche 
fra  noi,  è  la  moda  delle  bestie.  Si  può  dire  che  il  cane 
è  successo  al  cicisbeo  dello  scorso  secolo  ;  egli  divide 
col  marito  Timpero  della  casa  ed  è  la  compagnia  della 
sposa  Se  visitate  una  signora  che  per  buon  cuore,  è 
tenera  dei  cani,  la  trovate  mollemente  assisa  con  essi 
sul  divano  ;  non  li  fa  rimovere  dal  posto  d'onore,  vi 

(i)  Il  nostro  Porta  lo  apostrofa  in  questo  modo  : 

Capissi  anmi,  sur  professor  Ronchett 
Che  in  quant  a  fa  strivai,  lu  le  quell'omm 
Che  pò  sta  impari  quand  se  sia  al  Domm, 
Che  Vh  tra  i  meravei  quella  di  sett 

Ma  quel  vizio  fottun  de  Pimpromett 
E  de  vess  tant  de  rari  galantomm, 
El  fa  tort  minga  pocch  al  so  bon  nomm 
Che  Vh  tra  i  meravei  quella  di  sett, 

E'  risaputo  che  questo  calzolaio  regalò  oltre  libri  molti 
cimelii  del  tempo  alla  Biblioteca  Ambrosiana  tra  altro  un 
busto  di  Byron  di  Torwaldsen. 


sporge  per  grazia  la  mano  a  baciare,  e  appena  vi  con- 
cede per  sedere  la  scranna  o  un  tabouret.  Eh!  non 
fate  lo  schifiltoso,  quelle  bestie  son  terse  e  linde  come 
un  fanciullo  il  dì  che  riceve  il  premio  alla  scuola; 
ogni  mattina  la  cameriera,  poco  importa  se  non  or- 
dina le  camere,  deve  lavare,  pulire,  pettinare  il  fido 
cane,  e  guai  se  gli  torce  un  pelo  !  Il  mariuolo  dà  un 
guaito  ed  a  quel  gemito  crudele,  prendono  alla  si- 
gnora le  convulsioni  ;  parole  e  scuse  non  valgono  a 
calmarla  ;  bisogna  che  il  cagnolino  le  corra  incontro, 
le  faccia  giochetti  e  vezzi,  affinchè  sia  certa  che  la  be- 
stiola è  rinfrancata  di  corpo  e  di  spirito.  Ne  è  prova 
la  nomina  del  cafpellan  del  nostro  poeta  dialettale,  il 
Porta,  e  Tepisodio  della  cagnolina  così  al  vivo  de- 
scritto dal  nostro  Parini. 

Ed  a  quelle  bestie  non  mancava  alla  mattina  il 
latte,  al  pranzo  la  minestra  mista  a  fritto,  piattello 
cincischiato  dalla  padrona,  che  pure  aveva  cura  di 
non  darlo  troppo  caldo. 

E  quanti  privilegi  godevano  !  Quando  la  signora 
usciva  di  casa,  soleva  condurre  in  cocchio  il  fido  cane, 
e  questi,  o  si  adagiava  sul  sedile,  o  sporgeva  la  te- 
stolina dallo  sportello  ed  cindava  orgoglioso  per  la 
città  come  sopra  un  carro  trionfale. 

Guai  se  la  bestia  ammala  !  Si  chiamano  medici,  si 
provvedono  medicine,  si  veglia,  e  tutta  la  famiglia  è 
sossopra.  Gran  ventura  se  la  signora  si  persuade  a 
mandarlo  in  cura  nella  clinica  aperta  dal  tosatore  di 
cani  in  piazza  mercanti,  altra  figura  caratteristica  del 
tempo  (i).  Allora  la  padrona,  che  non  metterebbe 
piede  nella  sala  di  uno  spedale,  s'arrampica  magari 
ogni  giorno  a  quarto  piano  per  scalini  sucidi,  onde 


(i)  Abitava  di  fianco  ai  Duomo,  quasi  di  fronte  al  pa- 
lazzo di  Corte. 


—  313  — 

constatare  come  proceda  la  salute  della  sua  Bestiola  ; 
la  vezzeggia,  la  bacia,  le  dice  mille  parolette  graziose  ; 
la  raccomanda  al  custode  Questi  la  inchina,  e  ride  in 
segreto,  pensando  alla  buona  pensione  che  le  frutta. 

Altra  bestia  di  moda  era  il  papagallo.  Non  vi  era 
signora  di  bon  ton  che  non  ne  possedesse  uno,  e  beati 
coloro  che  visitandola,  potevano  rivolgere  al  suo  indi- 
rizzo una  parola  di  spirito.  E  mentre  si  alternavano 
lieti  parlari^  la  bestia  calava  dalla  sua  pianta,  e  tra- 
scinando a  volta  la  catena,  si  aggirava  sulle  sedie  e 
sui  m^ili,  aspergeva  i  cuscini  di  soave  ambrosia,  da- 
va bellamente  di  becco  ai  dorsali  delle  sedie,  agli  spi- 
goli delle  tavole,  sciupava  tutto.  Ma  povera  bestia,  la 
si  lasciava  fare  :  anche  questo  era  indizio  di  spirito- 
sità. 

Talvolta  poi,  collocato  là  in  mezzo  alla  sala,  era 
il  re  della  conversazione  :  gridava,  assordava  ed  era 
necessario  alzare  la  voce  per  farsi  intendere.  Se  poi 
la  bestia  ciarlava,  e  la  padrona  sollevava  il  capo,  e 
sorridendo  accennava  di  volerne  udire  gli  squarci  di 
eloquenza,  i  visitatori  gli  erano  d'intorno  e  pendevano 
dal  suo....*  becco  :  traducevano  quelle  grida  incompo- 
ste e  vi  davano  que'  significati  che  loro  venivano  in 
mente. 

Un'altra  fortuna  pel  papagallo  era  il  viaggiare 
La  signora  lo  chiudeva  in  certe  gabbiette  di  ottone, 
lo  metteva  vicino  in  carrozza  e  lo  conduoeva  alla  cam- 
pagna. Ventura  maggiore  poi  per  questa  sorta  d'uc- 
celli si  era  che  dividevano  gli  allori  delle  cantanti 
e  delle  ballerine.  Se  vedevate  giungere  una  cor- 
riera di  donne  con  bagagli  e  qualche  gabbietta  di  pa- 
pagallo, novantanove  sopra  cento  era  una  virtuosa 
da  teatro.  Così  la  vita  milanese. 


—  3H  — 

Era  uscito  in  quesfanno  il  testo  di  una  conven- 
zione stretta  fra  l'Austria  e  il  ducato  di  Parma  pò:  la 
reciproca  consegna  dei  disertori,  la  quale  ordinava 
iChe  chiunque  negli  Stati  austriaci,  o  in  quelli  di 
Parma,  si  rendesse  colpevole  del  delitto  dUngaggio 
con  artifizio,  in  danno  dèlie  truppe  contraenti,  ten- 
tando di  arruolare  soldati,  sia  per  un  servizio  stra- 
niero, sia  per  straniere  colonie  ;  chiunque  pari- 
menti cercasse  negli  Stati  delle  parti  contraenti  di 
indurre  alla  diserzione  militari  appartenenti  all'altra 
parte,  e  ne  agevolasse  la  diserzione,  sia  col  prestar 
loro  asilo,  sia  col  somministrar  ad  essi  mezzi  di  trave- 
stimento, o  con  qualsiasi  altro  modo  ;  chi  infine  an- 
che senza  avere  effettuati  i  preindicati  delitti  fosse 
convinto  di  averne  tentata  l'esecuzione,  subirà  quelle 
stesse  pene  che  le  leggi  rispettive  dei  due  Stati  pro- 
nunciano contro  i  delitti  medesimi,  quand'essi  sono 
commessi  in  detrimento  delle  truppe  proprie  di  ca- 
dauna delle  corti  rispettive.... 

€  Questa  stipulazione  verrà  senza  indugio  pubbli- 
cata nei  debiti  modi  dall'una  parte  e  dall'altra  ed 
avrà  pieno  ed  intero  eseguimento  nei  due  stati  a  co- 
minciare dal  15  febbraio  1836». 

Abbiamo  già  detto  quale  caso  si  facesse  dell'av- 
viso della  Polizia  col  quale  si  ordinava  la  muserola 
ai  cani.  Tale  disposizione  infatti  dopo  pochi  mesi 
cadde  nel  dimenticatoio  :  forse  erano  rarissimi  i  casi 
di  idrofobia  e  non  si  pensò  ai  moderni  accalappia- 
tori. 

Intanto  l'alba  del  20  aprile  fu  salutata  con  loi 
colpi  di  cannone.  Era  l'anniversario  della  nascita 
imperiale,  il  primo  che  si  celebrava  dopo  la  sua  as- 

Grande  fu  il  concorso  d'ogni  ceto  di  persone  alla 
sunzione  al  trono. 


-  315  — 
consueta  cerimonia,  che  ebbe  luogo  nella  nostra  me- 
tropolitana. Il  rito  cominciò  colla  messa  solenne  can- 
tata dal  cardinale  arcivescovo  e  si  chiuse  col  Te- 
deutn.  Vi  assisteva  la  coppia  vicereale,  le  dame  di 
palazzo,  i  cisunbellani  e  gli  altri  dignitari  di  corte. 
Sulla  porta  maggiore  del  tempio  si  leggeva  la  se- 
guente iscrizione: 

AUSPICATA   DIES   XU£   KAL   MAJAS 

MDCCCXXXVI 

QUA 

IMP.   ET  REGIS   FERDINANDI 

JUSTI   Pn   MUNIFICI 

NATÌlLITIA 

FAUSTIS    OMNIBUS   REDEUNT 

DEUS 

•    QUO   lUS   SUPERCILIO 

REGUM   ET   POPULORUM   FATA   NOVENTUR 

ANNUAT   VOTIS 

QUAE   PRO   TAM   CARI   CAPITIS 

INCOLUMITATE 

OMNES   LANGOBARDORUM  ORDINES 

SOLEMNITER  PERSOLVUNT 

RAINERII  ARCH.   EJUSQUE  LBCTISSIMAE  CON JU  GIS 

MARIAE   FRANC.    ELISAB.   SAB.    CARINIANI 

VICE.   SACRA.    REGUM 

REDITU   ET   PRAESENTIA 

HILARATI     ANIMISQUE     ADAUCTI 

Compiuta  la  rassegna,  seguirono  i  consueti  rice- 
vimenti. Notiamo  fra  le  Autorità  che  presentarono  i 
loro  omaggi  al  Viceré,  il  Capitolo  della  metropoli- 
tana e  quello  di  S.  Ambrogio.  Vi  fu  pranzo  a  corte  ed 
il  consueto  teatro  di  gala  alla  Canobbiana,  dove  si 
rappresentava  la  Pazza  per  amore  ed  il  ballo  Pelagio. 

Prima  che  cominciasse  la  rappresentcìzione  Tim- 


—  3i6  — 

presa  fece  eseguire  da  tutti  gli  artisti  il  canto  del- 
rinno  nazionale  (i)  musicato  dairHaydn. 


(i)  Per  i  fortunati  che  sono  giovani  ancora  e  che  non 
lo  conoscono,  lo  diamo  qui  nella  sua  integrità. 

Dal  tuo  seggio  onnipotente. 
Dio,  riguarda  a  questo  Impero  ; 

Della  gloria  nel  sentiero 
Fa  ch'ei  duri  eternamente  ; 

Che  felice  e  fortunato 
Di  se  renda  altrui  beato. 

Dio,  proteggi  Ferdinando, 
Salva  il  nostro  Imperator. 

Largo  a  lui,  dispensa  a  noi 
La  pienezza  de'  tuoi  doni 

Tutti  gli  angeli  disponi 
Sul  cammin  de'  passi  suoi  ; 

Fa  che  il  dritto,  il  senno,  il  vero 
Come  a  lui  risplende  intero 

Anco  a  noi  salvezza  e  gloria 
Viva  e  cresca  e  duri  in  fior. 

Alla  fronte  di  quel  prode 
Tu,  Signor,  le  palme  assenti. 

Ma  la  guerra  noi  cimenti, 
Che  di  pace  egli  è  custode  ; 

E  se  mfosca  la  procella, 
Ferdinando,  come  stella, 

Sulla  terra  piova  il  gaudio 
Del  suo  lume  allegrator. 

Sia  concordia,  sia  riposo 
Dove  regna  il  Benedetto  ; 

De'  suoi  popoli  l'affetto 
Renda  il  trono  avventuroso; 

Duri  eterno,  indissolubile 
Questo  vincolo  d'amor. 

Su,  concorde  un  grido  innalzino 
Cento  lingue  e  solo  un  cor  ; 

Salve,  o  d'Austria  eccelso  figlio, 
Ferdinando  Imperador. 


-  317  — 
E  ad  allettare  i  nostri  buoni  babbi,  un  rescritto 
Sovrano  avvertiva  che  nel  prossimo  settembre  avreb- 
be luogo  la  sua  incoronazione  solenne,  durante  la 
apertura  della  Dieta  generale,  la  cui  convocazione 
doveva  essere  indicata  con  altra  patente. 

Sinistre  meteore  però  facevano  pensare  al  popo- 
lino che  qualche  cosa  di  grave  incombeva  alla  no- 
stra città.  Nella  notte  dell'undici  marzo,  alle  3  e  25 
della  mattina,  una  scossa  ondulatoria  di  terremoto 
si  fece  sentire,  e  verso  la  fine  di  febbraio,  grandi  ne- 
vicate avevano  intercettato  i  passi  delle  Alpi. 

Il  colera  aveva  travagliato  gli  Stati  Sardi  e  da 
noi  si  era  già  pensato  fin  dallo  scorso  anno  a  prov- 
vedere in  anticipazione,  per  la  temuta  comparsa  del 
morbo,  e  nella  sola  provincia  che  contava  ben  518.791 
abitanti,  distribuiti  in  388  comuni,  erano  pronti  otto 
spedali  ordinarii,  1305  case  di  soccorso  della  capa- 
cità fra  tutte  di  4439  letti.  Come  infermieri  si  offer- 
sero 39  maschi  e  24  donne,  cui  debbonsi  aggiungere 
altri  infermieri  avventizi,  cioè  335  mcLschi  e  232  fem- 
mine. Quali  medici  curanti,  si  offersero  124  medici 
degli  spedali,  112  medici  condotti  e  198  avventizi. 

Le  beneficenze  raccolte  furono  lenzuoli,  comme- 
stibili, medicinali,  ecc.,  per  un  valore  approssima- 
tivo di  quasi  centomila  lire  oltre  un  effettivo  in  de- 
naro di  altre  L.  251.195.  Così  le  statistiche:  Milano 
vantava  sempre  il  suo  appellativo  di  benefica. 

I  diari  procuravano  di  smentire  qualche  caso  iso- 
lato e  dubbio,  ma  pur  troppo  è  da  convenire  che  il 
colèra  scoppiò  abbastanza  forte  nel  luglio  e  ne 
fanno  fede  le  disposizioni  che  si  presero  negli  Stati 
limitrofi.  Una  nota  governativa  ordinava  che  tutte 
le    provenienze  della  Lombardia   austriaca  e  d^li 


À 


-318- 

originarie,  o  di  transito,  venissero 
>:^C^r:^  illa  contumacia  di  14  giorni  quanto  alle 
.<-^3f.  e  d:  :ri  quanto  alle  merci  Avvertiva  poi  che 
."».'  1  -lìfi  d:  rrn£ae  degli  Stati  estensi,  dovevano  es- 
<:^  r.^  \>r2r:  2.rpostamenti  militari  in  continuazione 
^•r  r.r^:  z<  à^n.ur.o  sui  Po  ed  a  Castelfranco  riatti- 
.,-^      lir^jLrt^i>  tanto  per  le  persone,  quanto  per  le 

I  ri  'Ai>:rrÀ!e  amT^ovile  dispensava  dal  ma- 
^-^  ?  zrl  z.  ^..:r>o,  accordava  speciali  indulgenze  a 
,  '  7  ^T*,>^ìf  ^s^s:::*>  i  colerosi,  e  così  pure  a  chi  avreb- 
,ir  ^ .*..,-  *,.::'jlje  elemosina  secondo  le  proprie  forze. 

F  le  :^y^z^<nì  pei  colerosi  continuavano  ad  af- 

I I  rc::'::e  àcll^  piv>\"incia  erano  tristi.  A  Grosio 
<..  c-c!  i*  S:'r.3n^.  si  Mantova,  a  Bergamo  era  scop- 
V  .'-.'  ,t  i.:^^M^.  Nel  civico  Palazzo  del  Broletto  dove 
.;^«^i  srt^  :l  r^xìestà  (sindaco),  fu  insediata  una 
^\*:r:i:'^  o:w  d;  beocfioenza,  la  quale  faceva  appello 
,'"!a  ^r:K^c^::i  ^^"adioa.  E'  bene  ricordarne  i  nomi. 
si*  Anr.vxm^vjt  oe:  signori  Giacomo  Mellerio,  presi- 
Jh."::.v%  il  v*"»:.*:^-'  Or-pizzoni,  vice-presidente,  Antonio 
it:v*^*;"*v  1::>ét:c^  Confalonieri,  Carlo  Besana,  Lo- 
^'^ro  ti\r::u  e  Michele  Bussi  ;  ne  era  segretario  il 
\..r.  j^ìv^  ^lA  jL^t'^tx-inencnte  airamministrazione. 

l*\  vVUiiir^-uione  municipale  avvertiva  che  per 
;t  tu^^iii^r  aml.uùenio  b  città  veniva  divisa  in  circon- 
iiArt  ai  Ili  se/ivmi  ed  a  norma  che  si  manifestasse  il 
hììi\>^iKi,  in  cì:iscuno  di  essi  ed  in  ciascuna  di  esse 
enuKi  allerti  uffici  di  soccorso,  ad  ognuno  dei  quali 
era  addetto  un  certo  numero  di  medici  (i). 


(i)  Il  Salagéj  noto  chincagliere  in  piazza  del  duomo, 
vendeva  maschere,  vesti  e  guaiiti  impenetrabili  di  taffetà 
incerato.  Ognuno  non  usciva  di  casa  se  non  aveva  la  sua 


1 


Molte  persone  distinte  si  offersero  per  puro  sen- 
timento di  religiosa  pietà  ad  assumere  l'incarico  di 
deputaii  di  sezione  presso  ciascuna  parrocchia,  i  qua- 
li erano  destinati  a  rilevare  i  bisogni  dei  poveri.  Ecco 
la  distribuzione  delle  sezioni: 

Sezione  di  via  Cappuccio,  comprendeva  le  par- 
rocchie di  S.  Ambrogio,  Santa  Maria  alla  Porta, 
S.  Alessandro  e  S.  Giorgio. 

Sezione  di  via  dei  Tetti  (ora  S.  Carpoforo)  colle 
parrocchie  di  S.  Marco,  S.  Maria  del  Carmine,  San 
Simpliciano  e  S.  Tommaso. 

Sezione  dì  corso  P.  Romana,  cop  S.  Eufemia, 
S.  Nazaio,  S,  Calimero,  S.  Maria  della  Passione. 

Sezione  di  Borgo  di  R  Ticinese,  con  S.  Eustor- 
gio,  S.  Lorenzo,  S.  Vittore. 

Sezione  di  S.  Spirito,  con  S.  Babila,  S.  Francesco 
da  Paola  e  S.  Fedele. 

Sezione  della  Corsia  del  Duomo,  colla  Metropo- 
litana, S.  Maria  Segreta,  S.  Maria  dei  Servi  e  S.  Ste- 
fano. 

Ciascuna  delle  suddette  sezioni  era  sussidiata  da 
tre  medici,  che  rimanevano  in  permanenza  per  qua- 
lunque eventualità. 

Piii  tardi  anche  il  canton  Ticino  vietò  l'entrata 
nel  suo  territorio  ai  sudditi  lombardi. 

Intanto  il  morbo  infierisce  e  alcuni  dei  deputati 
delle  sezioni  ne  sono  vittima,  altri  si  presentano  per 
surrogarli,  Sipecie  nei  Corpi  Santi,  dove  pare  che  ii 
colèra  facda  maggiori  stragi.  Notiamo  il  nobile  Giu- 


brava  boccetta  di  canfora  da  odorare  ed  i  bottegai  per 
tornare  il  resto  ai  compratori  sporgevano  una  mestola  con 
aceto.  Inutile  aggiungere  dei  suffumigi  di  cloro  che  si  fa- 
cevano nelle  portinerìe  e  magari  nelle  anticamere,  dove  si 
stava  aspettando  udienza. 


—  320  — 

seppe  Greppi,  il  dottor  Strigelli  e  il  marchese  Bri- 
vio.  Certo  prete  Castaldi,  di  Nizza,  già  direttore  spi- 
rituale di  quel  nosocomio  lascia  la  sua  città  per  ve- 
nire a  Milano  a  prestar  assistenza  ai  colerosi  ;  l'Ar- 
civescovo lo  accoglie  volontieri  e  lo  munisce  delle  ne- 
cessarie autorizzazioni. 

Il  Commendatore  Gaetano  Strambio  interrogato 
in  proposito  dell'andamento  del  morbo  e  delle  mi- 
sure sanitarie  prese  dalla  nostra  città,  cosi  si  espresse 
in  un  suo  foglio  gentilmente  pervenutoci  e  che  con- 
ferma pienamente  il  nostro  asserto. 

«Il  cholera,  che,  penetrato  &n  dal  1831  in  Russia, 
non  invase  l'Italia  che  nel  1835,  aggrediva  Milano 
nell'estate  del  1836.  Qui,  dove  la  credenza  nella  sua 
contagiosità  s'era  serbata  inconcussa,  trovò  per  opera 
dell'autorità  municipale  tutto  disposto  per  impedirne 
l'importazione,  limitarne  la  diffusione,  combatterne 
gli  effetti,  curarne  i  colpiti.  Un  gran  numero  di  pub- 
blici edifici,  fin  dall'avvicinarsi  del  temuto  flagello, 
erano  stati  allestiti  ad  uso  di  spedali,  nei  quali  l'iso- 
lamento dei  malati  e  di  tutto  il  personale  addetto 
alla  cura,  era  rigorosamente  comandato.  In  altri  edi- 
fici eccentrici  venivano  raccolti  in  contumacia  le  per- 
sone che  avevano  avuto  rapporti  coi  colpiti  e  le  fa- 
miglie di  questi.  Tenuti  per  parecchi  giorni  sotto  con- 
tinua vigilanza,  onde  al  più  presto  isolare  quelli  che 
presentassero  sintomi  sospetti  del  male,  i  sani  previa- 
mente disinfettati,  coi  mezzi  "tenuti  allora  come  effi- 
caci, venivano  restituiti  alle  loro  abitazioni,  del  pari 
ripulite  e  disinfettate. 

«  Chi  colpito  dal  male  non  volesse  o  non  potesse 
esser  portato  agli  spedali,  doveva  venire  isolato  nella 
propria  abitazione,  continuamente  sorvegliato  da  ap- 
posito personale,  lui  e  la  famiglia,  fino  a  che  0  la 
guarigione  o  la  morte  non  venisse  a  imporre  la  gene- 


J 


—  321  — 

rale  disinfezione  di  tutta  la  casa,  e  delk  persone  su- 
perstiti. 

tPer  quanto  tali  precauzioni  non  avessero  e  non 
potessero  avere  che  un  valor  relativo,  sia  per  le  infi- 
nite difficoltà  della  loro  efficace  applicazionej  sia  pei 
tanti  incentivi  ad  eluderne  i  rigori^  tuttavia  le  risul- 
tanze non  mancarono  di  segnalarne  la  eccellenza,  e 
Milano  fra  tutte  le  grandi  città  visitate  dal  contagio 
potè  nel  volgere  di  pochi  mesi  vantare  la  sua  com- 
pleta liberazione,  senza  che  mai  il  male  ne  elevasse 
notevolmente  la  normale  mortai  tià  e  senza  che  il  nu- 
mero dei  colpiti  si  elevasse  al  disopra  dei  settanta 
giornalieri,  ciò  che  non  verificossi  se  non  in  una  sola 
giornata. 

«Alla  testa  degli  uffici  sanitari  di  Milano  era  in 
quel  periodo  di  tempo,  co!  grado  di  medico  munici- 
pale, il  Dott.  Giovanni  Stram bio.  A  lui  si  deve  in 
gran  parte  l'altissima  benemerenza. 

«  Né  il  forte  esempio  andò  perduto.  Perocché  Mi- 
lano, ossequente  alla  propria  esperienza  e  ligio  alle 
proprie  tradizioni,  pur  di  mezzo  a!  dilagare  di  teorie 
eziologiche,  ispirate  dagli  interessi  commerciali  più 
che  dalla  sana  osservazione^  anche  nelle  parecchie  epi- 
demie cholerose,  ch'ebbe  ad  attraversare  fino  ad  oggi, 
ad  onta  della  sua  popolazione  più  che  triplicata,  mai 
non  oltrepassò  la  mite  mortalità  del  1836,  una  sol 
volta  e  per  un  sol  giorno  toccò  la  cifra  dei  70  colpiti, 
più  volte  riesci  a  soffocare  i  primi  focolari  del  con- 
tagio importato.  E  ciò  ottenne  cogli  isolamenti  e 
colle  disinfezioni  di  mano  in  mano  perfezionate  colla 
istituzione  di  apposita  lavanderia  e  col  l'erezione  di 
uno  spedale  apposito  per  i  contagiosi». 

Verso  la  fine  dell'agosto  buone  notizie   perven- 
gono dalle  Provincie  e  nei  primi  del  settembre  anche 
^  fra  noi  il  morbo  accenna  a  diminuire*  Si  chiude  la 
GuNiTTi.  Cronistoria.  #|' 


—  3^2  — 

casa  di  soccorso  a  Santo  Spirito,  e  quella  di  via  Cap- 
puccio, anzi  un  avviso  speciale  della  nostra  Congre- 
gazione fa  noto  che  tanto  nel  locale  del  Gallo,  quanto 
in  quello  di  S.  Barnaba,  non  saranno  più  ricevuti  co- 
lerosi, e  siccome  i  casi  che  si  verificano  giornalmente 
si  riducono  a  due  o  tre,  rimangono  aperti  soli  due  uf- 
fici di  soccorso  quello  di  Porta  Nuova  e  Taltro  di 
Porta  Ticinese. 

Gli  Stati  Sardi  modificano  le  disposizioni  sani- 
tarie adottate  per  la  circostanza,  ed  anche  a  Milano 
è  soppresso  ogni  provvedimento. 

Vuoisi  che  il  primo  caso  sia  successo  nell'aprile, 
quindi  qualche  altro  nel  maggio  :  nel  giugno  se  ne 
contano  21,  e  nel  luglio,  che  come  già  abbiamo  accen- 
nato infierì  maggiormente,  se  ne  contarono  fino  a  838, 
nel  settembre  furono  gli  ultimi  e  salirono  a  61.  Mi- 
lano allora  contava  150  mila  abitanti  e  25  mila  i 
Corpi  Santi.  Furono  colpiti  dal  colera  1471,  dei  quali 
ne  morirono  quasi  mille  (i). 

Constatata  la  scomparsa  del  flagello,  il  Cardi- 
nale Arcivescovo  ordinò  un  solenne  rendimento  di 
grazie  in  tutte  le  parrocchie  e  la  cattedrale  ne  diede 
l'esempio  con  fastosa  funzione  alla  quale  interven- 
nero l'arciduca  e  l'arciduchessa,  i  dignitari  di  corte, 
le  magistrature,  le  autorità  cittadine  ed  il  feld  mare- 
sciallo. 

Il  tempio  era  affollatissimo,  vi  funzionava  l'arci- 
vescovo e  sulla  porta  maggiore  si  leggeva  il  se- 
guente cartello  : 


(i)  Pinzo.  Storia  de  Milan.  Il  diario  officiale  però  dà 
le  seguenti  cifre:  Totale  colpiti,  maschi  1206,  guartii399' 
morti  806.  Femmine  colpite  1077,  guarite  362,  morte  715- 
Sarebbero  dunque  2283  colpiti,  di  cui  morti  1521  nella  sola 
Milano. 


1 


—  323  — 

DEO 

HOMINUM  VITAE  DOMINO 

JUSTISSIMO  EXORATO  PROPITIO 

QUOD   INSUBRIAM 

INEXPIABILI  LAETIFEROQUE   MORBO 

ADFLICTAM 

SALUTI  RESTITUERIT 

HOSTIA   SOLEMNIS 

ET   EUCHARISTIAM  CARMEN. 

A  rompere  la  monotonia  tornò  opportuna  la  vi- 
sita che  verso  la  fine  di  giugno,  proveniente  da  Vien- 
na, vollero  fare  alla  nostra  città  il  duca  d'Orléans, 
figlio  di  Luigi  Filippo  e  la  duchessa  di  Nemours. 
Essi  scesero  al  palazzo  di  Corte,  ove  furono  ricevuti 
dal  gran  maggiordomo  Meraviglia  e  da  tre  ciambel- 
lani loro  destinati  per  scorta  d'onore  :  il  governatore 
Hartig  si  recò  a  complimentarli.  Più  tardi  furono  al 
palazzo  della  Villa  ai  vecchi  giardini  pubblici  per 
ossequiare  gli  arciduchi,  coi  quali  si  recarono  al  corso 
e  nella  sera  al  teatro  della  Canobbiana.  Manco  a  dir- 
lo, esso  era  illuminato  a  giorno  :  vi  si  rappresentava 
il  :  Don  Chisciotte  ed  un  gran  ballo  :  Gli  Inglesi  nel- 
l^lndostan. 

Il  di  seguente  gran  spettacolo,  al  nostro  anfi- 
teatro dell'Arena  e  nella  sera  festa  da  ballo  al  pa- 
lazzo di  governo.  Le  danze  furono  aperte  dal  duca 
colla  viceregina,  ballando  una  polonaise. 

Al  tocco  si  aperse  il  buffet,  ma  la  riunione  non 
si  sciolse  che  verso  le  cinque  del  mattino. 

Essi  vollero  pure  visitare  la  cattedrale,  dove  fu- 
rono ricevuti  dall'arciprete  e  dall'architetto  Pesta- 
galli  ;  quindi  l'arco  della  Pace  dove  si  trovava  ad  at- 
tenderli il  presidente  dell'Accademia  delle  belle  arti. 


—  3^4  — 

cav.  Londonio,  poi  airesposizione  di  Brera,  alla  pi- 
nacoteca ed  alla  biblioteca. 

Il  pranzo  fu  servito  a  corte  e  vi  intervennero  i 
più  distinti  personaggi  delFaristocrazia  milanese; 
nel  pomeriggio  gran  rivista  di  truppe  in  piazza  d'ar- 
mi. Il  duca  e  la  duchessa  cogli  arciduchi  assisterono 
alla  sfilata  dal  podio  dell'Arena. 

Nella  sera  ancora  spettacolo  straordinario  alla 
Scala,  che  l'impresa  aveva  allestito  lì  per  lì,  auspice 
il  Merelli.  Vi  si  rappresentava  il  Disertore  per  amore. 
Il  teatro  fu  illuminato  a  giorno  ed  era  naturalmente 
stipato. 

Il  dì  seguente,  dopo  aver  assistito  ad  una  seconda 
manovra  in  piazza  d'armi,  visitarono  lo  studio  del 
Marchesi  e  quello  del  pittore  Canella,  quindi  la  bi- 
blioteca ambrosiana,  dove  venne  loro  presentato  il 
pittore  Sanquirico. 

Era  pensiero  dei  nostri  ospiti  di  fare  pure  una 
gita  a  Monza,  per  visitarvi  la  Basilica,  il  tesoro  e 
quanto  vi  poteva  essere  d'importante,  ma  ne  furono 
distolti  da  grave  notizia  giunta  da  Parigi,  cioè  che 
il  26  di  questo  giugno  aveva  avuto  luogo  un  atten- 
tato contro  la  vita  del  loro  genitore,  re  Luigi  Filippo, 
ma  il  colpo  era  andato  fallito  e  l'assassino  trovavasi 
nelle  mani  della  giustizia.  Dopo  la  visita  dei  vice- 
reali furono  dunque  a  Milano,  da  dove  alla  sera 
partirono  per  Parigi. 

Circa  le  feste  di  carnovale,  si  può  dire  che,  ec- 
cetto i  consueti  teatri  e  le  feste  date  dal  governatore, 
dalla  società  del  Giardino,  dal  direttore  della  po- 
lizia Torresani,  in  occasione  del  fidanzamento  della 
sua  primogenita  col  consigliere  di  governo  Martinez, 
quella  al  Casino  dei  Nobili  e  quella  offerta  dalla  di- 
rettrice del  Collegio  della  Guastalla,  Milano  fu  ab- 


bastanza  tranquilla.  Sembra  anzi  che  le  solite  maschere 
della  settimana  grassa,  non  abbiano  fatto  gran  chias- 
so, lo  apprendiamo  da  una  arguta  appendice  del  dia- 
rio cittadino  che  reca  per  titolo  -.  «  il  carnevale  che 
muore  ». 

Rifulge  però  sempre  la  nostra  città  per  la  sua 
inesauribile  beneficenza.  Oltre  le  2081  lire  che  si  rac- 
colsero per  l'esonero  delle  visite  e  che  andarono  ad 
aumentare  il  fondo  patrimoniale  degli  asili  infantili 
nella  parrocchia  dei  Servi  (S.  Carlo  al  Corso)  una 
eletta  di  benefattori  aveva  offerto  parecchi  migliaia 
di  lire  perchè  vi  si  distribuisse  giornalmente  carne, 
pane  e  minestra  gratuitamente  ai  poveri  che  si  presen- 
tavano. 

Né  si  pensi  il  lettore  che  quella  distribuzione  ve- 
nisse fatta  senz'ordine.  Al  tocco  suonava  una  cam- 
pana della  chiesa,  e  prima  di  quest'ora  madri  di  fa- 
miglia ed  artieri  si  trovavano  già  sotto  i  portici  del- 
l'antico convento  coi  loro  recipienti  per  ricevervi  la 
elemosina.  Uno  dei  coadiutori  dirigeva  la  cucina- 
zione,  un  altro  chiamava  per  ordine  alfabetico  coloro 
che  si  erano  preventivamente  inscritti,  e  distribuiva 
loro  gli  alimenti. 

Erano  come  si  vede  le  prime  cucine  economiche 
impiantate  senza  tanta  pompa. 

Fu  pure  nei  primi  mesi  di  questo  anno  che  si  get- 
tarono le  fondamenta  del  primo  asilo  infantile  nella 
parrocchia  di  Santa  Maria  Segreta.  La  santa  idea  in- 
contrò, e  presto  si  costituì  a  Milano  un  comitato  pro- 
inotore,  perchè  facesse  appello  alla  carità  cittadina, 
onde  fossero  sottoscritte  azioni  da  lire  due  cadauna, 
per  assicurare  la  somministrazione  di  quanto  poteva 
occorrere  per  l'allestimento  dei  locali  ed  il  manteni- 
mento dei  bambini,  e  noi,  che  più  tardi  abbiamo  avuto 


-326- 

occasione  di  vedere  questo  primo  asilo,  potemmo 
constatare  come  venissero  adempiute  coscienziosa- 
mente le  intenzioni  dei  promotori.  E'  bene  che  la 
cronaca  registri  i  nomi  di  quelli  che  furono  la  pre- 
ziosa semente,  il  vero  grano  di  senape,  che  germogliò 
e  fece  fruttificare  quella  pianta,  sotto  la  quale  si  ri- 
pararono e  si  riparano  tanti  e  tanti  fanciulletti.  Ec- 
coli :  marchese  Giulio  Beccaria,  cavaliere  Re,  av- 
vocato Lorenzo  Prinetti,  sacerdote  Ratti,  preposto  di 
S.  Fedele  e  l'instancabile  don  Pietro  Zezi,  parroco 
di  S.  Maria  Segreta.  Fungeva  da  segretario  una  per- 
sona che  molti  dei  nostri  lettori  avranno  conosciuto 
sotto  il  nomignolo  di  papà  Sacchi. 

E  il  da  fare  aumentando,  si  aggiunsero  a  queste 
altre  benemerite  persone,  di  cui  non  vogliamo  per 
dovere  di  giustizia  tacere  i  nomi.  Furono;  il  conte 
Carlo  Melzi,  l'avvocato  Ignazio  Prinetti,  Gerolamo 
Calvi,  un  Consigliere  di  governo,  il  pittore  Sanqui- 
rico,  Pietro  Gavazzi,  David  Sanson  Pavia,  Vincenzo 
Delachi,  Carlo  Decio,  l'avvocato  Tommaso  Giardini, 
Giuseppe  Galli  e  l'ingegnere  Giambattista  Grippa. 

Scossa  da  tanto  slancio  anche  rAutorità  fu  com- 
mossa. Il  cardinale  arcivescovo,  l'arciduca  viceré,  il 
governatore  Hartig,  si  recarono  a  visitare  Tasilo  del 
Zezi  e  ne  rimasero  edificati  per  la  distribuzione  dei 
locali,  l'ordine  e  la  disciplina  che  vi  regnava. 

Commovente  fu  quella  prima  visita.  I  cinquanta 
fanciulletti  ricoverati,  diedero  saggio  dei  loro  primi 
studi  :  consistevano  in  recite  di  preghiere,  in  inni 
sacri,  nei  primi  rudimenti  del  leggere,  del  numerare 
e  nella  nomenclatura. 

La  cronaca  ci  ha  conservato  anche  questo  parti- 
colare. Un  bambino  che  forse  non  toccava  i  cinque 
anni,  davanti  alla  viceregina,  così  declamava  : 


Wf^fm 


^327  — 

Ove  rìnfanzia  ha    5edc  : 
Porti  il   rcgal  tuo  pipile  ; 
Cusì  alle   madri  ebree 
11  divin   Nazareno 
Fu  udito  un  g-iorno  dìrc^ 
Lasciatetni  v</nire 
1    fanciuUcltì    al   seno.    , 


Terminati  gli  esercizi,  i  bambini  uscirono  nel  vi- 
cino cortile  per  la  ricreazione.  Le  autorità  vollero 
pure  in  tale  occasione  visitare  l'attigua  chiesa,  ed  al- 
l'uscita ebbero  nuovamente  i  saluti  dei  banibìni,  che 
si  erano  schierati  sul  loro  passaggio. 

Fu  giorno  mc?mor abile  quello,  poiché  il  governo 
riconobbe  ufficialmente  ristituzinne,  e  furono  così  get- 
tate le  fondamenta  di  una  nuova  scuola  che  tanto 
doveva  concorrere  all'educazione  ed  al  miglioramen- 
to delle  masse. 

Ad  aumentare  l'ancor  tenue  reddito  dì  quel  pri- 
mo asilo,  notiamo  il  gentile  |:)ensÌero  del  pittore  Man- 
zoni,  lì  quale  mandò  una  bellissima  tela  su  cui  era 
dipinto  un  vaghissimo  mazzo  di  fiori,  che  destinava 
ad  essere  collocata  nella  sala,  riserbandosi  di  far 
per\^enire  alla  Direzione  qualche  altro  suo  lavoro  da 
poter  essere  alienato  a  profitto  dell'istituto, 

A  far  conoscere  questi  primi  tentativi,  il  sacer- 
dote Raffaele  Lambruschini  tenne  unapplauditis- 
sima  conferenza,  in  proposito,  all' Accademia  dei 
Georgofili  a  Firenze  (i). 

Intanto  il  beneficio  degli  asili  infantili  si  dila- 
tava e  tutte  le  anime  buone  concorrevano  alla  santa 
opera.  Presto  un  altro  asilo  ai3erto  a  S.  Celso  contò 
35  fanciulli  :   a  Lodi,  a  Treviso  si  fondavano  asili  ; 


(i)   Gmzeitfì  di  MiìtUfO^  8  giugno    tSjò. 


J 


-398- 

un  benefattore  che  volle  rimanere  sconosciuto  regalò 
ai  due  asili  di  Milano  calze  e  camiciole  di  lana^  e 
parecchi  capi  d*indumenti  da  distribuirsi  ai  bimbi 
più  savii  e  più  bisognosi. 

I^*istruzione  elementare  presentava  anch'essa  qual- 
che aumento  sulle  passate  statistiche  Nella  Lombar- 
dia si  contavano  9  scuole  elementari  maschili  supe- 
riori di  quattro  classi,  frequentate  da  4632  scolari  ed 
1 1  femminili  frequentate  da  1995  alunne. 

Vi  erano  pure  cinquanta  scuole  comunali  ma.- 
schili  di  tre  classi,  frequentate  da  8281  alunni  e 
num.  13  femminili  con  58  alunne;  scuole  minori  co- 
munali maschili  2299  con  102.251  studenti  e  scuole 
minori  comunali  maschili  1269  con  57.874  alunne; 
scuole  festive  300  con  5902  studenti.  Si  aggiungano 
62  scuole  elementari  nei  convitti  maschili  con  2033 
alunni  ed  87  femminili  con  2773  alunne  ;  scuole  pri- 
vate maschili  225  con  5265  alunni  e  407  femminili 
con  quasi  diecimila  allieve. 

In  tutta  la  Lombardia  che  ha  2234  comuni,  se  ne 
trovavano  poi  ancora  75  fra  i  meno  popolati,  che  era- 
no privi  di  scuole  elementari  pubbliche  e  un  che 
mancavano  anche  delle  scuole  per  le  fanciulle. 

Anche  il  movimento  letterario  fece  qualche  passo 
avanti.  Oltre  le  pubblicazioni  che  ci  pervengono  dalle 
altre  città,  notiamo  quella  del  Giovedì  di  Achille 
Mauri,  un  periodico  assai  adatto  alla  educazione  ed 
all'istruzione  della  gioventù  ;  una  ricca  illustrazione 
dei  monumenti  della  Basilica  di  S.  Ambrogio,  opera 
del  Terrario  ;  alcuni  canti  epici  sulla  rivoluzione  gre- 
ca del  Biorci  ;  una  raccolta  di  ben  quaranta  poesie  di 
temi  contemporanei,  scritti  e  stampati  a  spese  di  quel- 
la gentile  poetessa,  che  fu  la  signora  Adele  Corti.  Il 
ricavo  della  vendita  di  tale  libro  era  a  profitto  degli 


—  329  — 

asili  di  carità  (i);  la  versione  della  poetica  di  Ora- 
zio e   via  dicendo.   Poi  una  pioggia  di  almanacchi. 
m  Scene  ridicole,  serie,   tragiche  e  comiche  avvenute 
per  il  colera»  la  consueta  Strenna  italiana  del  Ripa- 
monti, Viride  del  Lorenzo  Sonzogno,  il  Non  ti  scor- 
dar di  me  del  Vallardi  ;   il  linguaggio  e  la  botanica 
dei  fiofì^  le  donne  e  i  jiori,  il  paniere  di  fruttila  una 
novella  dal  titolo  Michele  Koatos  (versione  dal  tede- 
sco^  hnelda  e  (amore  delle  tre  melarance^  tutte  del 
Sonzogno  ;   il  Presagio  del  Canadelli  e  via.  Né  è  a 
dimenticarsi  che  il  Pogliani  pubblicò  in  quest'anno  il 
Rinnovamento  della  filosoiia  in  Italia  del  Rosmini. 

Più  sentito  fu  iJ  movimento  artistico.  Abbiamo 
parlato  dello  scultore  Marchesi,  aggiungiamo  ora  il 
pittore  Molteni,  il  quale  fu  decorato  dalla  medaglia 
d'oro  per  il  ritratto  da  lui  fatto  a  S,  M.,  ritratto  che 
doveva  essere  collocato  nelk  sala  consigliare  de!  no- 
stro palazzo  governativo. 

Quest'anno  si  pensò  pure  ai  rìstauri  della  chiesa 
della  Madonna  del  Castello.  E'  risaputo  che  la  palla 
del  maggior  altare  è  la  stessa  che  sotto  il  titolo  di 
S.  Maria  della  Consolata,  fece  dipingere  Gìanga- 
leazzo  nel  suo  oratorio  del  maniero  sforzesco,  ora 
dessa  trova  vasi  in  uno  stato  di  quasi  totale  deperi- 
mento, e  appunto  in  quest'anno  si  pensò  al  ristauro. 


[i)  Ci  fu  ài\X<^  ammirare  il  ritratto  eli  questa  cli:»tinta 
poetessaj  e  davvero  ne  sciamo  rimasti  sorpresi,  avendo  tro- 
viate tanta  bellezza  accoppiata  a  tanta  modestia.  Immagini 
il  lettore  un  volto  di  giovane  sui  vent'anni,  i  capegli  bi- 
partiti suUa  fronte  e  sul  capo  da  una  sottile  drizzatura,  e 
ricadenti  d'ambo  i  lati,  in  due  masse  dì  ricci  che  adornano 
un  bel  profilo  rcg-olarc  e  calmoi  occhio  dolce  e  penetra nt*^  ; 
un  ampio  colkjtto  finamente  ricamato  e  rivoltato  sopra  un;i 
veste  di  color  oscuro,  faceva  risaltare  la  bianchezza  del 
collo.  Tale  fu  la  nostra  impres^^ìone  che  volemmo  notare 
al  lettore. 


L 


--  330  — 

Ecco  ^H  autori  dei  dipinti  meritevoli  di  nota  e 
che  furono  ristaurati.  Le  pitture  a  tempera  del  lacu- 
nare si  ascrivono  ai  fratelli  Fiamenghini  ;  gli  apo- 
stoli, i  dottori  e  gli  angeli  in  giro  sotto  al  cornicione, 
sono  la  più  parte  del  Procaccino  (Camillo)  ed  a  lui 
si  attribuiscono  pure  le  due  tele  laterali  al  coro,  rap- 
presentanti la  nascita  ed  il  trapasso  della  Vergine.  11 
fratello  Giulio  pinse  i  due  putti  della  cappella  del 
Crocifisso  e  i  due  evangelisti  in  quella  del  presepio, 
che  appartiene  a  Gaudenzio  Ferrari,  o  per  lo  meno 
alla  sua  scuola.  Del  Pamj&lo  è  la  Madonna,  il  bam- 
bino e  il  piccolo  S.  Giovanni.  Casa  Litta  collocò  nella 
ca[)pella  di  suo  patronato  un  quadro  del  Salmeggia 
rappresentante  la  predicazione  di  S.  Andrea  ai  cui 
lati  sono  S.  Pietro  Martire  e  S.  Carlo  del  Cerano. 

La  direzione  dei  lavori  fu  affidata  all'architetto 
Chiappa  :  gli  ornamentisti  Fontana  e  Gobbi  rinfre- 
scarono il  lacunare,  l'abside  e  due  cappelle  ;  Focosi 
lavorò  alle  figure  coadiuvato  dal  De  Antoni,  dal  Fi- 
danza, dal  Monti  e  dal  Vaccani. 

E'  da  deplorare  però  che  il  frutto  di  tanti  ristauri 
di  un  mezzo  secolo  fa,  siasi  in  gran  parte  perduto,  at- 
tesa l'umidità  che  vi  regna,  la  quale  fa  si  che  molti 
degli  affreschi  sieno  danneggiati  in  modo  deplore- 
vole. L'atrio  o  perisolio,  fu  collocato  più  tardi  come 
appare  dall'iscrizione,  che  vi  si  legge,  il  disegno  però 
fu  anch'esso  di  questo  anno. 

Il  Bellosio  fresco  per  la  società  dei  nobili  un  gran 
medaglione,  il  cui  soggetto  venne  suggerito  dal  poeta 
Maffei,  è  allusivo  alla  danza.  E*  noto  che  questo  pit- 
tore fu  uno  dei  migliori  allievi  del  Palagi,  e  lavorò 
alla  real  villa  di  Racconigi.  Lo  scomparto  architetto- 
nico però  della  sala  è  dovuto  al  Mariani,  le  baccanti, 
i  fauni  ed  i  putti  sono  del  Bignoli,  tutti  di  Milano. 


'^^W"V%m^«m 


In  quest'^^^^  Venne  pure  progettata  una  grande 
scuola  di  nuoto,  la  quale  doveva  essere  diretta  da 
certo  Nervo  :  il  disegno  era  stato  commesso  all'archi- 
tetto Pizzala  ed  il  diario  ufficiale  ne  pubblicò  in  sup- 
plemento rincisione  ed  i  particolari.  Il  fabbricato  do- 
veva sorgere  nel  vasto  giardino  di  casa  Origo  in  via 
Fatebenef rateili  ed  a  concorrere  nella  spesa  si  sareb- 
bero raccolte  tante  azioni  da  lire  venticinque.   Pare 
però  che  il  progetto  fosse  troppo  dispendioso,  e  che  il 
numero  desiderato,  non  si  potesse  raggiungere,  sicché 
venne  abbandonato.  Più  tardi  sorse  l'attuale  bagno 
di  diana. 

Il  dottor  Sacco,  medico  valente,  introduttore  del 
vaccino,  foggiò  nella  sua  casa  di  Borgo  Monforte 
(ora  via)  un  pregiato  giardino,  dove  le  arti  e  la  natura 
sembrava  si  fossero  data  la  mano  per  abbellirlo. 

Ancora  quest'anno  si  aperse  il  nuovo  stabilimento 
balneario  di  S,  Caterina  di  Bormio  e  laggiù  nella  al- 
lor  strada  solitaria^,  presso  porta  Nuova,  la  contessa 
Laura  Visconti  Ciceri  accompagnata  da  due  suore 
infermiere,  poneva  la  prima  pietra  del  nuovo  spedale 
delle  Fatebenesorelle. 

Si  pensò  anche  all'esimia  artista,  la  Malibran,  che 
tanto  aveva  divertito  i  nostri  babbi,  e  si  progettò  un 
monumento  colla  scritta  a  M,  Garda  Malibran  de  Be- 
riot.  Il  marito  aveva  invano  chiesto  all'Inghilterra  il 
permesso  pel  trasporto  della  salma  della  consorte. 

Un  altro  monumento  fu  pure  eretto  nel  palazzo 
di  Brera  a  Barnaba  Oriani,  con  disegno  del  Mora- 
glia.  E*  in  marmo  bianco  di  Carrara,  e  consiste  in  una 
lapide  sormontata  dall'effige  del  defunto  in  alto  ri- 
lievo, lavoro  dello  scultore  Girola  ;  è  circondata  da 
eleganti  ornati  con  emblemi  relativi  alla  scienza,  la- 
vori del  Bonfanti  sotto  la  direzione  del  prof.  Moglia. 


1 


—  332  — 

Il  consigliere  Gironi  ne  dettò  l'epigrafe  latina  che  vi 
si  legge  : 

BARNABAE  ORIANI 

ASTRONOMO   ET   GEOMETRAE 

AETATIS  SUAE  PRAESTANTISSIMO 

QUI 

URANI     ORBITAE     INVESTIGANDAE 

RECTIORA  PROTULIT  ELEMENTA 

PERTUBATOS  CBRERIS  MOTUS 

DEFINIVIT 

NOVA  AD   TELLUREM  DIMETIUNDAM 

TRIGONO   METRIAE  SPHAEROIDIS   EDIDIT  PRAECEPTA 

BRAYDENSIS  SPECULAE 

CUJUS   NOMEN  STUDIIS  ET   OPERIBUS 

UBIQUE   GENTIUM   EVEXERAT 

UTILITATI  PROSPICIENS 

EJUS    COLLEGIUM   ASTRONOMORUM 

ADAUGENDUM   E   TESTAMENTO    CURAVIT 

OCTOGENARIUS  DECESSIT 

PRID.   ID.   NOVEM.   A.   M.  DCCCXXXII 

Prima  di  finire  una  parola  ancora  sugli  industriali 
che  furono  premiati.  Notiamo  i  nostri  milanesi  :  Bo- 
selli  Carlo,  per  felpa  di  lana  ;  Colombo  Carlo,  per 
fucili  a  compressione  ;  Farina  Antonio  e  C.  per  lavori 
tipografici  ;  Galbiati  Carlo  per  ricami  e  stoffe  di 
seta  ;  Martin  Carlo  e  C.  di  Legnano,  per  tintoria  in 
rosso  di  filati  ;  Wilmant,  per  caratteri  e  lavori  tipo- 
grafici  ;  Battaglia  Giuseppe  Erben,  per  lavori  in  con- 
ceria ;  Ducrois  Pietro,  per  lavori  in  guanti  ;  Monti- 
celli e  C.  per  lavori  tipografici. 


•  —  333  - 

T  :^    falce  della  morte  mietè  senza  misericordia  an- 
clie  cjxiest'anno  molte  vittime.  Ci  restringiamo  nondi- 
meno  a.ll*accenno  di  quelle  persone,  di  cui  la  cronaca 
ed.  i  diari  d'allora  ci  serbarono  i  nomi  e  qualche  nota 
biogra.fi.ca. 

TJ  avvocato  GIAMBATTISTA  Cavalieri.   Ebbe  la 
priina  istruzione  dal  padre,  compì  gli  studi  nel  col- 
legio di  Gorla  minore  e  si  laureò  a  Pavia.  Iniziò  la 
carriera  quale  alunno  presso  la  nostra^  pretura,  e  nel 
1807  fu  ascritto  al  collegio  degli  avvocati,  e  tale  pro- 
fessione esercitò  per  ben  28  anni  e  si  meritò  il  nome 
di  padre  dei  poveri.  Eletto  nel  1829  consigliere  e  cin- 
que anni  dopo,  deputato  dei  corpi  santi,  dispose  con 
specchiata  sagacia  quanto  si  richiedeva,  caso  scop- 
piasse il  temuto  flagello. 

.  Le  sue  esequie  furono  celebrate  nella  chiesa  di 
S.  Alessandro,  onorate  dall'intervento  di  numerosi 
colleghi  e  da  una  epigrafe  latina  dell'infaticabile 
Labus,  che  si  leggeva  nel  cartello  posto  sulla  porta 
maggiore  d'entrata. 

Antonio  Carizzoni,  ebbe  splendidi  funerali  nella 
chiesa  di  S.  Tommaso,  dove  accorsero  col  leghi  ed 
amici.  Recò  seco  la  benedizione  della  vedova  e  del 
pupillo,  l'affetto  dei  conoscenti,  la  stima  di  tutti.  Già 
cospicuo  come  avvocato  e  come  notaio,  prescelse 
nel  1804  di  correre  la  carriera  giudiziaria  nella  quale, 
dopo  aver  coperte  con  onore  parecchie  cariche,  trenta 
anni  dopo  fu  nominato  consigi ier  d'appello,  ma  vi 
sedette  appena  poco  più  di  un  anno. 

Il  cav.  Luigi  Tordoro'.  Nacque  in  Milano  nel 
1760,  fu  ragioniere  in  capo  del  nostro  municipio  per 
ben  dieci  anni.  Durante  il  governo  napoleonico  fu 
contabile  al  ministero  del  tesoro  ed  al  ritomo  degli 
austriaci,  venne  chiamato  a  dirigere  la  contabilità, 
quindi  nominato  consigliere  di  governo.  Non  lasciò 


-.,     i,;aiyBi||Mig 


I 

—  334  — 

il  posto,  se  iion  quando  gli  anni  e  gli  acciacchi,  atte- 
nuando le  sue  forze,  scemavano  Tefficacia  nei  lavori 
e  lo  zelo  de'  suoi  servigi.  Ebbe  molte  cariche,  ma 
ciò  che  gli  fece  molto  onore,  si  è  che,  malgrado  abbia 
occupato  per  lungo  tempo  parecchi  impieghi  lucra- 
tivi, non  ne  uscì  dovizioso  ;  e  mentre  vivente  fu  ge- 
neroso de'  suoi  risparmi  coi  bisognosi,  questi  non 
vennero  da  lui  scordati  anche  dopo  morte. 

Nel  gennaio  moriva  pure  il  barone  ANTONIO  NE- 
GRI, regio  notaio  camerale.  Era  nato  a  Milano  nel 
1761,  aveva  studiato  nel  collegio  dei  Somaschi  a  Me- 
rate  e  si  era  laureato  a  Pavia.  Applicatosi  al  foro, 
diede  presto  prove  di  prontezza  d'ingegno,  di  spedita 
loquela  e  di  facilità  nello  scrivere,  sicché  andava  di- 
stinto fra  suoi  coetanei,  e  giovanissimo  ancora,  salì 
in  voce  di  dotto  giureconsulto.  Non  ancora  venti- 
quatrenne  fu  eletto  patrocinatore  dei  poveri,  e  poco 
dopo  chiamato  al  fisco,  quindi  nominato  presso  il  no- 
stro tribunale  di  prima  istanza.  Pare  che  al  cambia- 
mento di  governo  egli  si  ritraesse  a  quiete,  ma  nel  1827 
fu  costretto  di  accettare  la  carica  di  deputato  nobile 
presso  la  congregazione  provinciale,  e  due  anni  dopo 
quella  di  membro  del  consiglio  comunale.  Nel  1834 
però,  ricusò  di  essere  riconfermato  atteso  il  suo  stato 
di  salute. 

Metodico  senza  pedanteria,  religioso  senza  affet- 
tazione, sempre  franco  e  leale,  affettuoso,  gioviale, 
visse  amato  da  suoi  concittadini  e  stimato  da  quanti 
poterono  giudicar  della  sua  saggezza  e  della  sua 
virtù. 

Giovanni  Zuccala,  professore  di  estetica  all'uni- 
versità pavese  spento  nel  marzo,  di  poco  oltrepassato 
il  nono  lustro.  Era  nato  a  Bergamo  nel  1788,  e  la  sua 
vita  si  svolse  nell'insegnamento.  Giovinetto,  si  acqui- 


—  335  — 
sto  fama  di  bell'ingegno  co'  propri  scritti  che  gli  val- 
sero ramicizia  del  Cesarotti  e  del  Monti. 

A  bella  presenza  il  Zuccaia  univa  una  voce  soa- 
vissima, e  un  modo  di  porgere  elegantissimo,  e  pochi 
poterono  come  lui  provare  quanto  fosse  vera  la  sen- 
tenza, che  il  porgere  è  uno  dei  principali  pregi  del- 
Toratore.  Fu  d'indole  melanconica,  viveva  solitario  e 
lontano  dal  fasto,  usò  i  proventi  della  propria  carica 
più  che  per  sé,  a  beneficio  della  famiglia.  La  sua  mor- 
ie immatura  ebbe  il  compianto  di  quanti  lo  conob- 
bero. 

Il  duca  Visconte  di  Modrone  moriva  quasi  im- 
provvisamente in  questo  stesso  mese  (il  io)  dopo  14 
lustri  di  vita.  Era  ciambellano  di  S.M.  e  cavaliere  del- 
Tordine  gerosolimitano.  Si  può  dire  che  non  si  for- 
mava progetto  e  non  si  costituiva  società  di  pubblico 
vantaggio,  che  fra  i  promotori,  non  figurasse  il  suo 
nome. 

Nel  1825  fu  tra  i  sottoscrittori  per  lo  stabilimento 
dei  battelli  a  vapore  sul  lago  ;  l'istituzione  dei  velo- 
ciferi deve  pur  molto  a  lui,  perchè  nel  1826,  e  nel  1829 
fu  uno  de'  più  saldi  sostegni  finché  vennero  assunti 
dall'erario.  La  produzione  serica  trovò  pure  nel  Vi- 
sconti valido  appoggio,  e  quando  si  trattò  della  for- 
mazione di  un  monte  sete,  destinato  a  liberare  dal 
commercio  straniero  questo  prodotto  lombardo,  il  suo 
nome  fu  dei  primi  nell'elenco  de'  sottoscrittori.  Altro 
motivo  di  pubblica  utilità  lo  spinse  a  prestarsi  per  la 
fondazione  della  società  di  assicurazione  contro  gli 
incendi. 

Era  pure  mecenate  degli  artisti,  ne  mancava  di 
sostenerli  pel  buon  esito  delle  loro  opere.  Anche  l'a- 
gricoltura gli  va  debitrice  di  molto,  pel  dissodamento 
fatto  eseguire  di  estesissimi  territori,  l'erezione  di  fab- 
briche, l'apertura  di  strade  e  di  canali. 


:*Ìs;1lSì2^ 


—  336  — 

Amante  e  cognito  di  musica,  fu  eletto  a  rappre- 
sentante della  direzione  dei  teatri  e  fece  assai  pel 
bene  e  pel  vantaggio  degli  stessi.  Il  pio  Istituto  tea- 
trale, di  cui  fu  presidente  a  vita,  venne  da  lui  ideato, 
in  occasione  che  un  povero  operaio  per  una  caduta, 
fu  reso  inabile  al  servizio  ;  anche  l'Istituto  filarmo- 
nico scelse  lui  quale  suo  protettore,  ed  egli  volle  lar- 
gire del  proprio  al  direttore  d'orchestra  Rolla  una 
annua  pensione  di  2500  lire. 

Coperse  parecchie  cariche  onorifiche,  quale  quelle 
di  direttore  del  teatro  di  Como,  di  consigliere  comu- 
nale a  Milano,  di  presidente  o  membro  di  parecchie 
amministrazioni  pie. 

Modesto,  cordiale  co'  suoi  pari,  affabile  cogli  in- 
feriori, benefico  e  caritatevole  cogli  sventurati,  la  sua 
mano  destra  ignorava  quanto  faceva  la  sinistra.  An- 
che gii  asili  d'infanzia  ebbero  una  prova  della  sua 
beneficenza  nelle  cento  azioni  da  lui  sottoscritte. 

Fu  religioso,  affezionato  ai  parenti  ed  agli  amici, 
specie  alla  consorte,  duchessa  Maria  dei  conti  di  Ke- 
wenkiiller. 

I  suoi  funerali  si  celebrarono  nell'aprile  (14)  nella 
chiesa  di  S.  Stefano  con  pompa  veramente  splendida. 
Ne  ideò  ed  esegui  il  disegno  il  prof.  Canonica.. 

II  catafalco  ricordava  quello  già  da  noi  descritto 
di  S.  Giorgio  pei  funerali  del  marchese  Stampa  di 
Soncino.  Vi  erano  statue  allegoriche  del  Marchesi,  del 
Pasquali,  del  Labus  e  dello  Soorzini,  né  manceirono  i 
lavori  pittorici  degli  ornamentisti  Menozzi  e  Caval- 
lotti ;  l'esecuzione  fu  diretta  dall'architetto  Chiappa, 
uno  dei  migliori  allievi  del  Canonica. 

Sulla  porta  del  tempio  e  intorno  al  catafalco  era^ 
no  parecchie  iscrizioni  latine  :  notiamo  quella  collo- 
cata sulla  porta  maggiore  della  chiesa.  Eccola  : 


—  337  — 
Aio 

HAROLUM 

FRAN.   ANTON.  MARCH.   FIL.   VICECOMITEM 

QUI  ET   MODRONUS 

PATRICIA  NOBILITATE 

I>UC£M   EQ.  HIEROSOL  AB  ADMISSIONIS   AUGUSTI 

INTEGRITATE  RELIGIONE  BENEFICENTIA 

SPECTABILEM 

CIVICAE    INDUSTRIAE  BONAR.  ARTIUM  SEDULAE   AGRICULTIONIS 

FAUTOREM   MUNIFICUM 

NECOPINO   FATO   SUBLATUM 

COM.   MARIA  KEVENKULLER  HERES  USUFRUCIUARIA 

CONJUGEM   DESIDERATISSIMUM 

COM.   HUBERTUS   VICECOMES   HERES  EX   ASSE 

CONSOBRINUM   BENEMERENTEM 

INSTAURATIS  FUNERIBUS 

FORTUNANT 

Quantunque  francese  di  nascita,  LUIGI  Mabil  fu 
italiano  per  elezione.  Nato  nel  1752,  e  portato  a  Mi- 
lano a  soli  6  anni,  attese  a  Padova  agli  studi,  dove 
anche  si  laureò.  Quantunque  esercitasse  l'avvocatura, 
ebbe  amicizia  col  Cesarotti  e  con  altri  membri  del- 
l'ateneo padovano.  Eletto  professore  a  questa  uni- 
versità, dapprima  insegnò  belle  lettere,  quindi  diritto 
naturale  fino  al  1825  ;  nella  quale  epoca  si  ritirò  nella 
sua  villa  di  Noventa  e  non  tornò  a  Padova  che  cin- 
que anni  prima  della  sua  morte. 

Le  lettere  italiane  vanno  debitrici  a  Mabil  di  pa- 
recchie versioni  dal  latino,  ed  allorché  a  Milano  uscì 
il  Poligrafo,  uno  dei  primi  giornali  letterari  del- 
l'epoca, il  Mabil  vi  scrisse  parecchi  articoli  con  molto 
spirito  e  molta  dottrina. 

GuNETTi.  Cronistoria.  22 


-  338- 

C)j)era  però  utilissima,  furono  le  lettere  stelliniane 
dirette  al  conte  Paradisi  (i).  Mabil  era  pure  versatis- 
sinK)  nel  latino,  ed  in  questa  lingua  scrisse  una  breve 
biografia  di  Napoleone. 

11  dottor  fisico  Giacomo  Locatelli.  Fu  profon- 
do nella  scienza  fisica,  diligente  e  premuroso  nel- 
]*e^ercizio  della  professione.  Sortiva  i  natali  nel  1756 
a  Canneto  sull'Òglio,  fece  i  suoi  primi  studi  a  Bre- 
scia e  si  laureò  a  Pavia  nel  1783.  Protetto  dal  medico 
Tissot,  fu  caro  all'imperator  Ferdinando  I,  ed  a  spese 
dell  erario  vide  la  Francia,  Oxford  e  Dublino;  ma 
hi  sua  dimora  principale  fu  Londra  ed  Edimburgo, 
dove  legò  amicizia  con  distinti  medici.  Ritornato  m 
[>aUia  fu  nominato  medico  del  Viceré,  e  nel  1806 
insignito  del  titolo  di  cavaliere  della,  corona  ferrea 
ed  addetto  allo  spedale.  Mori  ottantenne. 

11  conte  Lodovico  Schizzi.  Nacque  in  Cremona 
nel  1757  e  compiuto  il  corso  degli  studi,  si  dedicò  per 
teui[>o  alle  cure  della  pubblica  amministrazione  nella 
sua  città,  riducendo  a  miglior  condizione  quegli  isti- 
tuii di  beneficenza. 

Sopraggiunta  la  crisi  politica  del  1796,  ebbe  a  sof- 
frire anche  la  prigionia.  Nominato  podestà  di  Cre- 
mona nel  1816,  vi  rimase  per  ben  16  anni.  Nel  '31  fu 
chiamato  a  far  parte  della  congregazione  centrale 
e  nel  *34  insignito  della  corona  ferrea. 


(i)  Notiamo  che  lo  Stellini,  fu  uno  dei  più  acuti  in- 
gegni che  fiorissero  nella  prima  metà  dello  scorso  secolo, 
cQsìchè  l'Algarotti  disse  di  lui,  che  non  vi  fu  arte  0  scienza, 
nei  cui  segreti  non  penetrasse,  e  potè  in  un  anno  spiegare 
in  lutto  carattere  di  maestro  :  egli  però  volse  il  suo  inge- 
gno alla  morale;  pubblicò  una  memoria  sull'origine  ed  il 
progresso  dei  costumi,  quindi  più  tardi  un  corso  di  mo- 
rale. Ma  le  sue  lezioni  erano  scritte  in  latino,  piuttosto 
difhtile,  conseguentemente  poco  lette  :  furono  queste  tra- 
dotte dal  Mabil  con  gran  vantaggio  degli  studiosi. 


S»^  li-  ÌW< 


—  339  — 

Assalito  da  fiera  malattia,  a  nulla  valsero  i  soc- 
corsi delFarte.  Mori  nell'aprile,  lasciando  un  figlio, 
di  cui  poteva  andar  superbo  (i). 

Nel  mese  di  giugno  venne  pure  a  morte  la  con- 
tessei Gabriella  Sormani  Andreani,  moglie  al  Di- 
rettore del  conservatorio,  conte  Giuseppe. 

Era  da  oltre  otto  anni  ridotta  a  malferma  salute, 
visse  affatto  lontana  dalle  pompe  e  dallo  strepito  del 
mondo,  rassegnata  ne*  suoi  patimenti,  conservando 
però  sempre  la  dolcezza  e  l'ilarità  dello  spirito.  Non 
toccava  che  i  44  anni. 

Cesare  Arici,  consunto  da  lunga  malattia,  morì 
a  54  anni.  Era  nato  in  Brescia  e  giovinetto,  fu  man- 
dato di  buon'ora  in  quel  collegio,  ove  studiò  i  clas- 
sici latini  e  italiani.  Fatto  adulto,  si  volse  agli  im- 
pieghi ;  insegnò  eloquenza  al  liceo  di  Brescia,  quindi 
allAteneo.  Ma  Arici  nasceva  alla  poesia.  Scrisse  La 
Pastorizia  e  r origine  delle  foriti^  dove  se  manca  la  va- 
rietà degli  episodi,  è  da  ammirarsi  la  sapienza  delle 
dottrine  geologiche  :  seguono  frammenti  di  altri  due 
poemetti:  /  fiori  e  V elettricità;  pubblicò  pure  parec- 
chie poesie  sacre,  e  tentò  anche  un  grande  lavoro  o^La 
distruzione  di  Gerusalemme,  di  cui  non  pubblicò  che 
sei  canti. 

In  tutti  questi  lavori,  se  non  emergeva  sempre  la 
potenza  di  genio,  non  mancava  mai  la  scelta  di  nobi- 
lissime immagini,  e  ciò  che  importa,  il  linguaggio 
poetico. 

Fu  egli  ancora  buon  scrittore  di  prose,  prova  le 
nK>lte  biografie  d'illustri  italiani  scritte  nei  Commen- 
tari dell'Ateneo  bresciano. 

Viveva  dimesticamente  fra  gli  amici,  poco  curò 
delle  opinioni  del  secolo,  e  meno  del  piaggiare  altrui, 

(i)  Fu  il  conte  Folchino  cavaliere  dei  SS.  Maurizio  e 
Lazzaro,  socio  di  varie  accademie  e  podestà  di  Cremona. 


-  340  - 

sicché  il  suo  nome  psissò  intemerato  alla  posterità.  Fu 
aggregato  all'accademia  della  crusca,  ed  insignito  di 
una  decorazione  da  Carlo  Alberto. 

Mori  pure  ai  bagni  di  Bormio  il  consigliere  di 
governo,  FILIPPO  Maffei.  Era  nato  nel  i;6i  inCles, 
ricca  borgata  del  Tirolo  e,  percorso  con  profitto  ed 
onore  le  prime  scuole,  passò  all'università  di  Cesena, 
dove  si  laureò  in  diritto.  Fu  pretore  a  Riva,  dove  si 
volle  rimeritarlo    colla    cittadinanza    onoraria.  Più 
tardi  venne  eletto  direttore  deirufficio  civico  di  Tren- 
to, e  nel  1810,  giudice  della  corte  di  giustizia  dell'al- 
to Adige. 

Occupate  nel  18 14  dalle  armi  austriache  le  tre 
legazioni,  fu  chiamato  a  coprire  la  carica  di  procu- 
ratore generale  della  corte  d'Appello.  Infine  venne 
tramutato  al  nostro  tribunale,  indi  a  quello  di  Como 
quale  presidente,  fino  all'anno  1822.  Intanto  si  av- 
vicinava a  quell'età  nella  quale  il  riposo  non  è  solo 
un  desiderio,  ma  un  bisogno,  laonde  offerse  le  sue 
dimissioni,  ritirandosi  in  famiglia,  dove  il  figlio 
Andrea,  già  ricco  di  bella  fama,  quale  squisito  ver- 
seggiatore, e  la  sua  giovine  sposa  fornita  di  belle 
virtù,  brillavano  novelli  e  splendidi  astri  (i).  Ma 
troppo  corto  spazio  di  tempo  gli  avanzava  per  vi- 
vere, poiché  giunto  a  Bormio  cogli  sposi,  fu  colto 
da  malattia,  che  lo  tolse  al  desiderio  ed  all'affetto 
di  quanti  lo  conobbero. 

Il  marchese  FEBO  D'Adda,  vice  presidente  dell'i, 
r.  governo.  Nacque  da  illustre  prosapia,  studiò  in- 
defessamente fino  da'  primi  anni  ed  entrò  ne'  pub- 
blici impieghi  :  fu  dapprima  consigliere  di  stato, 
quindi  di  governo,  in  seguito  vice-presidente.  Gentile 


(i)  E'  la  celebre  contessa  Clara  Maffei  che  lasciò  il 
collegio  per  andare  all'altare,  le  cui  nozze  furono  celebrate 
il  IO  marzo  del  1832^  a  S.  Maria  alla  Porta. 


—  341  - 

senza  affettazione,  zelatore  del  giusto  senza  asprezza, 
scliietto,  senza  recar  veruna  offesa,  si  amicò  anche 
quelli  cui  non  potè  far  paghi  nei  loro  desideri.  Fu  in- 
signito della  croce  di  Leopoldo,  e  della  dignità  di 
consigliere  intimo. 

Stefano  Ticozzi,  mori  quasi  repentinamente  a 
Lecco.  Fu  autore  di  opere  utilissime  alla  storia  ed 
slle  arti,  e  critico  giudizioso. 

Ferrante  Giussani.  Era  nato  VS  maggio  del 
1747  :  fu  ascritto  al  collegio  degli  architetti.  Nel  1780 
fu  eletto  ingegner  camerale,  e  due  anni  dopo,  chia- 
mato a  succedere  alPingegnere  Ferrari  nella  direzione 
dei  canali  navigabili  e  in  tutti  gli  affari  d'acque  del 
Ducato.  . 

L'attività  e  gli  utili  servigi  prestati,  gli  avevano 
già  meritato  dall'i,  r.  Corte  speciali  riguardi.  In  tal 
bisogna  anche  dopo  il  1796  fu  impiegato  dalle  di- 
verse amministrazioni,  che  si  succedettero  nel  gover- 
no della  Lombardia.  Ebbe  gran  parte  nell'apertura 
del  canale  navigabile  da  Pavia  a  Milano.  Nel  1829  fu 
messo  a  riposo,  e  fregiato  due  anni  dopo  della  meda- 
glia al  merito  civile.  Visse  tranquillo  nella  famiglia 
gli  ultimi  anni  di  sua  vita,  morendo  novantenne. 

Giambattista  Pellegatti  Visconti  medico, 
moriva  in  quest'anno  a  Cesano  Maderno,  vittima  del 
suo  dovere  nel  servizio  dei  colerosi.  Nel  1835  aveva 
riportato  la  laurea  in  medicina.  Fu  medico  condotto 
a  Corsico,  e  dopo  qualche  anno  a  Cesano  :  era  il  quin- 
to giorno  della  comparsa  del  morbo,  quando  nella 
notte,  chiamato  al  letto  di  un  coleroso,  svenne  per 
non  rinsensare  che  fra  gli  spasimi  del  male,  ond'era 
già  fatto  preda  :  Tundecimo  giorno  della  malattia, 
malgrado  le  cure  della  famiglia  e  dei  medici  colle- 
ghi, dovette  soccombere. 

Giuseppe  De  Vecchi  fratello  ai  pp.  barnabiti  Fe- 
lice e  Gaetano,  presidente  dell'ordine  degli  avvocati. 


^ 


À 


—  342  — 

Luigia  Battaglia  ved.  Calvi,  sorella  al  giure- 
consulto Antonio.  La  pingue  sostanza  onde  era  prov- 
veduta veniva  sempre  meno  alla  generosità  del  suo 
animo,  e  nella  carestia  del  1817,  essa,  esaurite  le  altre 
risorse,  si  privò  anche  de'  suoi  gioielli  a  scopo  di  be- 
neficenza. 

Chiudiamo  il  lungo  necrologio  con  due  morti.  Il 
vaccinatore  lombardo  dottor  LUIGI  SaccX)  e  lo  scrit- 
tore Paolo  Costa,  accademico  della  Crusca,  nativo 
di  Ravenna  e  morto  a  Bologna.  Il  primo  era  nato  a 
Varese  nel  1768  e  si  laureò  nell'ateneo  ticinese.  En- 
tusiasta di  Jenner,  si  diede  allo  studio  del  vaccino,  ne 
combattè  i  pregiudizi,  e  stampò  un  trattato  in  propo- 
sito. Tentò  pure  il  veleno  idrofobico  e  praticò  parec- 
chi innesti  nei  cani  con  umori  tratti  da  altri  attaccati 
da  idrofobia.  Colla  chimica,  cercò  un  surrogato  allo 
zuccaro,  estraendo  dalle  barbabietole  il  principio  zuc- 
cherino, presentò  al  nostro  Istituto  lombardo  una 
nuova  macchina,  e  fu  premiato  con  medaglia  d'ar- 
gento. Il  Governo  gli  aveva  conferito  l'ordine  della 
corona  ferrea. 

Nominato  medico  e  quindi  direttore  del  nostro 
ospedale,  vi  rimase  per  ben  43  anni.  Morì  vittima  di 
vizio  cardiaco  a  68  anni. 

Paolo  Costa  nacque  nel  1771,  fu  professore  di 
belle  lettere  ed  insegnò  a  Treviso  ed  a  Bologna  Nel 
1829  gli  venne  offerto  un  posto  a  Torino,  ma  rifiutò, 
preferendo  la  quiete  onde  coltivare  a  suo  bell'agio 
la  letteratura  e  la  filosofia.  Fu  uno  dei  più  attivi  col- 
laboratori del  gran  dizionario  della  lingua  italiana, 
pubblicato  in  sette  volumi  in  4.°  ed  autore  delle  note 
alla  divina  commedia,  libro  che  per  molto  tempo  fu  il 
vade  mecum  degli  scolari,  oltre  un  gran  numero  di 
opuscoli  stampati  verso  la  metà  dello  scorso  secolo 
sotto  il  nome  di  opere  edite  ed  inedite. 


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1837. 

CAPITOLO  XIII 


I  ricordi  di  Rivoli  ed  Arcole.  —  Nicolò  Vettolini.  —  I  Co-  ' 
mitati  di  Bastia  e  di  Genova.  —  Virtuosi  da  teatro  e  fug- 
giaschi. —  Gli  emigrati  lombardi  e  l'amnistia  impe- 
riale. —  Gino  Capponi  e  il  conte  Paolo  degli  Emilii.  — 
Le  memorie  di  Andryane.  —  Vita  milanese.  —  La 
crisi  delle  sete.  —  Feste  e  beneficenza.  —  Istruzione.  — 
Stampa.  —  Balzac  a  Milano.  —  Arti  ed  industrie.  — 
Edilizia.  —  Necrologio. 

A  togliere  perfino  la  memoria  delle  trascorse  im- 
prese, ricordata  nei  monumenti,  il  governatore  di  Ve- 
nezia, conte  di  Spaur,  scrive  un  bel  giorno  a  quella 
direzione  di  Polizia  come  «nell'ultima  visita  fatta 
alla  provincia  di  Verona  dal  consigliere  delegato 
De-Paoli,  destarono  la  costui  attenzione  i  due  mo- 
numenti esistenti,  l'uno  sulle  alture  di  Rivoli,  l'altro 
ad  Arcole,  eretti  entrambi  durante  il  regno  italico, 
in  memoria  delle  vittorie  riportate  dalle  armi  fran- 
cesi contro  le  austriache. 

«Il  suddetto  delegato  (continua  il  governatore) 
riferì  che  il  primo  consisteva  in  una  colonna  ridotta 
alla  sola  base  ed  il  secondo  in  una  piramide  di  pietre 
lavorate  ;  è  in  generale  ben  conservato,  meno  due  ta- 
vole con  iscrizioni,  ma  che  pur  tuttavia  e  l'uno  e  l'al- 
tro provocano  (  !...)  qualche  concorso  di  forestieri. 


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1 


-  344  — 

t  Espose  ancora  che  li  rimasugli  (sic),  esistenti 
a  Rivoli,  potrebbero  senza  difficoltà  e  pubblicità,  es- 
sere dispersi,  ma  che  ciò  non  potrebbe  farsi  riguardo 
al  sussistente  monumento  di  Arcole,  senza  che  la 
cosa  venga  da  taluno  rimarcata  ;  e  chiede  in  propo- 
sito istruzioni  e  deliberazioni  superiori. 

«Prima  però  di  nulla  disporre....  invita  codesta 
Direzione,  premesse  quelle  maggiori  verificazioni,  che 
reputasse  del  caso,  ad  avanzare  sull'argomento  il 
reputato  suo  parere»  (i). 

A  questa  richiesta,  veramente  di  nuovo  conio,  l'i. 
r.  commissario  di  Verona,  Vendramini,  esaminata 
ponderatamente  la  cosa,  così  risponde  all'i,  r.  con- 
sigliere aulico  direttore  generale  della  polizia  in  Ve- 
nezia, cui  era  pervenuta  la  nota  del  governatore  : 

«Non  può  dirsi  presentemente  esistere  sulle  al- 
ture di  Rivoli  un  monumento,  ma  bensì  un  pezzo 
di  colonna  tronca  di  pietra,  sul  quale  sotto  il  ces- 
sato regime  italico  fu  eretto  il  monumento,  che  alla 
venuta  in  questa  provincia  delle...  truppe  austriache, 
fu  distrutto  da  parte  del  militare. 

«  Dal  suesposto,  potrà  codesta  i.  r.  direzione  nella 
sua  saggezza  dedurre,  che  nessuna  curiosità  può  de- 
stare nei  forastieri  l'osservare  un  monumento  quasi 
affatto  distrutto,  e  che  non  ha  forma  di  sorta,  come 
è  in  fatto,  che  quasi  nessuno  si  reca  in  quel  punto 
alpestre  e  nei  dintorni  per  ammirare  quel  pezzo  di 
colonna  tronca». 

Ed  il  buon  funzionario  a  ribadire  il  chiodo,  ag- 
giunge essere  assicurato  «che  raramente  i  forastieri 
si  recano  a  Rivoli  per  esaminare  le  situazioni  in  cui 
nei  tempi  addietro  ebbero  luogo  quelle  battaglie». 

(i)  Carte  segrete.  Doc.  358  del  9  marzo. 


—  345  — 

Quanto  ad  Arcole,  dice,  esistere  infatti,  lungo  la 
arginatura  del  torrente  Alpone,  un  obelisco  di  pie- 
tra in  forma  quadrata  con  sovraposta  piramide  qua- 
drangolare, ma  che  esso  fu  spogliato  degli  stemmi  e 
delle  iscrizioni  che  recava  ai  tempi  del  passato  go- 
verno, quindi  difficilmente  il  forastiero  si  reca  colà 
per  visitarlo. 

Circa  la  convenienza  o  meno  della  loro  distru- 
zione, conchiude,  che  non  ne  vale  la  pena,  sia  per  le 
rimote  loro  ubicazioni,  per  trovarsi  uno  quasi  inos- 
servabile, sia  perchè  pili  non  si  calcola  il  motivo  della 
loro  erezione  (i). 

Intanto  non  si  lascia  di  dar  la  caccia  agli  italiani 
e  il  direttore  Torresani  scrive  alla  polizia  di  Venezia, 
come  certo  Nicolò  Voltolini,  fratello  del  commissa- 
rio di  polizia  di  questo  nome,  in  Venezia,  a  quanto 
consta,  è  ancora  estraneo  ai  processi  qui  incoati  per 
alto  tradimento. 

«Per  altro,  come  si  vocifera,  egli  non  solo  venne 
espulso  da  Ascoli,  per  macchinazioni  di  alto  tradi- 
mento e  per  aver  preso  parte  alle  turbolenze  nella 
Romagna,  ma  fu  ben  anche  veduto  a  Marsiglia  in 
continua  relazione  coi  fuggiaschi,  e  figura  in  un  elen- 
co dei  Veri  Italiani,  come  membro  di  tale  setta. 

«Perciò  all'eventuale  sua  ricomparsa,  egli  in  ogni 
caso  merita  un  rigoroso  trattamento  politico,  dal  ri- 
sultato del  quale  dipenderebbe  se  ed  in  quanto  po- 
trebbe essere  rimesso  a  questo  tribunale  criminale 
per  la  inquisizione  »  (2). 

Un  estratto  dalle  solite  confidenziali,  assicura, 
che  a  Bastia  (Corsica)  esiste  un  comitato  rivoluzio- 
nario, dipendente  da  quello  di  Parigi,  al  quale  ap- 


(i)  Carte  segrete.  Doc.  359. 
(2)  Carte  segrete.  Doc.  378. 


—  346  - 

partengono  vari  altri  dellltalia  media,  specie  della 
Romagna.  Pretendesi  anzi  che  da  quel  comitato  sia 
stato  diretto  nelle  Legazioni,  sin  dal  principio  del 
febbraio  (la  nota  è  datata  del  i8  marzo)  certo  Cuc- 
chi, suonatore  di  contrabasso,  napoletano,  stabilito 
a  Firenze. 

Si  raccomanda  di  mandare  circolari  d'avviso,  ri- 
chiamando le  già  esistenti  in  proposito,  dandone  co- 
municazione a  Milano,  Trieste  e  Zara  (i). 

Notasi  pure  essere  stato  stabilito  in  Genova  un 
comitato  segreto,  o  Giunta,  della  nuova  setta  la 
giovine  Europa  e  che  ne  sia  capo  e  direttore  un 
agente  di  commercio  della  ditta  Vautrin  di  quella 
città,  di  cui  ignorasi  per  anco  il  nome  {sic). 

€  Potendo  la  stessa  Giunta  tentare  di  estendere  le 
sue  ramificazioni  anche  negli  altri  stati  d'Italia,  tanto 
più  che  a  Genova  sogliono  affluirvi  molti  individui 
del  Piemonte  e  del  milanese...  ;  cosi  è  mente  superiore 
che  usar  debbasi  della  maggior  vigilanza,  onde  sco- 
prire possibilmente  ogni  tentato  intrigo  e  seduzione, 
nel  qual  caso  si  dovrà  procedere  con  tutto  il  rigore 
verso  i  colpevoli  (2). 

Altra  circolare  manifesta  emergere  il  sospetto  che 
le  società  segrete  e  la  propaganda  rivoluzionaria  pos- 
sano valersi  anche  dell'opera  e  della  segreta  presta- 
zione dei  cantanti  da  teatro  per  spedire  e  diramare 
i  loro  scritti  e  le  loro  corrispondenze  nei  diversi  stati 
d'Italia,  e  perciò  si  avvisano  codesti  ii.  rr.  commis 
sari  superiori  per  loro  notizia  e  norma  affinchè  voglia 
no  tener  soggetti  ad  oculata  sorveglianza  tutti  i  co- 
mici e  cantanti  che  comparissero  e  si  soffermassero 
per  l'esercizio  della  loro  professione  (3). 

(i)  Carte  segrete.  Doc.  i,y^. 
(2)  Carte  segrete.  Doc. -381  del  30  luglio. 
(3)  Carte  segrete.  Doc   465. 


—  347  — 

Anche  l'i.  r.  esercito  deve  esser  purgato  da  in- 
dividui che  potrebbero  seminarvi  la  discordia  e  fa- 
vorire anche  la  diserzione.  Una  circolare  del  dica- 
stero aulico  di  ix)lizia,  regola  l'accettazione  dei  fug- 
giaschi insorgenti  russo- polacchi  nel  r,  esercito,  sic- 
come alcuni  di  essi  erano  riesciti  a  farsi  accettare. 
ordina  che  sia  tolto  questo  mezzo  di  tolleranza  negli 
stati  austriaci,  poiché  sarebbe  in  opposizione  al- 
l'espresso superiore  divieto,  fu  poi  ritenuto  indispen- 
sabile di  pubblicare  anche  presso  la  i.  r,  armata  au- 
striaca la  sovrana  risoluzione  del  30  gennaio  scorso, 
relativa  alPallontanamento  dagli  stati  imperiali  di 
tutti  gli  insorgenti  fuggiaschi  suddetti.... 

«L'i.  r.  consiglio  aulico  di  guerra  di  concerto 
col  supremo  cancelliere  di  stato  e  col  presidente  del- 
Tecc.  i.  r.  dicastero  aulico  di  polizia,  ha  diramata 
apposita  circolare  ai  singoli  comandi  militari,  fis- 
sando in  essa  il  dì  31  gennaio  1S3S,  non  che  le  norme 
del  futuro  trattamento  di  coloro  che  si  presentassero 
entro  il  periodo  prescritto  o  quelli  die  spirato  detto 
termine,  si  trovassero  presso  le  ii.  rn  armate. 

«Ove  quindi,  dietro  le  suaccennate  disposizioni, 
accadesse  il  caso  che  taluno  dei  detti  individui,  che 
tenevansi  celati  negli  eserciti  fosse  per  essere  inol- 
trato in  queste  pro^nncie  fuori  di  questi  Stati  per 
la  via  di  Trieste  o  di  Lemberg,  mi  affretto  a  comu- 
nicarle per  norma  tale  disposizione»  (i). 

E  malgrado  la  grazia  sovrana,  siamo  sempre  alle 
solite  coi  poveri  emigrali,  ed  una  nota  diretta  al  Pre- 
sidio di  Venezia,  mentre  malignamente  si  magnifica 
la  grazia  sovrana  concessa,  si  parla  della  convenienza 
di  assoggettare  gli  individui  rientrati  in  forza  della 
risoluzione  di  S.   M.,  alle  penalità  contenute  nella 

(i)  Carte  segrete.  Doc.  433. 


-  348  - 

sovrana  patente  del  24  marzo  1832,  disposizione  co- 
me avrà  potuto  osservare  il  lettore,  che  veniva  asso- 
lutamente abrogata  colPamnistia  del  1835. 

Ecco  il  ragionamento  tendenzioso  : 

t  Nell'atto  in  cui  piacque  alla  grazia  di  S.  M.  di 
far  scendere  l'inesauribile  sua  clemenza  anco  sui  pro- 
fughi italiani,  ella  si  è  degnata  dichiarare  che  tutti 
coloro  i  quali  fossero  per  approfittarne  nei  modi  re- 
golari e  prescritti,  dovranno  essere  sollevati  da  qua- 
lunque responsabilità  pei  delitti  politici  che  potes- 
sero esser  loro  anteriormente  imputati  ;  e  quindi  a 
maggior  ragione  si  dovrebbero....  esentuare  dalle  pe- 
nalità incorse  per  effetto  di  una  politica  trasgres- 
sione, qual'è  quella  contemplata  dalla  sovrana  pa- 
tente 24  marzo  1832  nel  caso  d'illegale  assenza  od 
emigrazione. 

tE  tanto  più  si  dovrebbero  esentuare,  in  quanto 
che  l'arresto  e  la  multa  a  cui  fossero  già  stati,  0  po- 
tessero venir  condannati,  non  farebbe  che  attenuare 
dinanzi  ai  graziati  ed  alla  pubblica  opinione  la  som- 
ma del  benefizio  accordato  dalla  sovrana  clemenza 
verso  quei  traviati,  cui  parrebbe  dover  esser  pieno  ed 
assoluto,  e  tale  ancora  apparire  agli  occhi  di  tutti, 
quando  effettivamente  non  trattisi  che  di  colpe  e 
mancanze  politiche  commesse  anteriormente. 

«Intorno  però  agli  emigrati  delle  provincie  ve- 
nete, giova  qui  osservare  e  ripetere  quanto  già  si  disse 
altra  volta  alla  i.  r.  direzione  generale  di  Polizia 
in  Milano,  quando  per  ordine  di  S.  A.  I.  l'arciduca 
Viceré,  ebbe  a  chiedere  il  prospetto  nominale  di  essi 
per  aggiungerlo  a  quello  complessivo  della  Lombar- 
dia, che  quasi  tutti  costoro....  si  erano  bensì  resi  so- 
spetti in  politica,  sia  pel  notorio  loro  esaltamento, 
come  per  le  circostanze  e  l'opera  della  clandestina 
loro  evasione...,  ma  non  risultavano,  come  non  risul- 


L  „       ma 


--  349  — 
tano  finora,  prevenuti  da  alcun  fatto  positivo,  o  di 
concrete  imputazioni,  dimodoché  anche  sotto  tale  rap- 
porto possono  meritare  maggior  riguardo.... 

«  Ora  se-  nondimeno  tutti  vennero  compresi  e  ri- 
guardati quali  altrettanti  profughi  politici....  sembra 
che  tutti  debbano  seguire  la  stessa  sorte.  Ma  in  tal 
caso,  io  ritengo  sempre  subordinatamente,  che  sieno 
pur  tutti  a  sollevarsi  (sic)  da  ogni  responsabilità  per 
le  trasgressioni  commesse  contro  il  disposto  della 
prelodata  sovrana  patente....  ordinando  alle  rispet- 
tive rr.  delegazioni  provinciali  di  sospendere  de- 
finitivamente da  ogni  ulteriore  procedimento  e  con- 
danna, stantechè  tali  individui  vennero  già  compresi 
nel  novero  dei  graziati  politici  da  S.  M.  pel  libero 
loro  ritorno  in  patria. 

«  Che  se  pure  venisse  dalla  superiore  sapienza  ed 
autorità  altrimenti  deciso,  fa  d'uopo  ancora  riflettere, 
che  se  mai  taluno  degli  individui  suddetti  dovesse 
per  avventura  andar  soggetto  al  suo  rimpatrio,  alla 
multa  stabilita  dall'art.  25  della....  sovrana  patente 
1832,  questa  dovrebbe  ricadere  necessariamente  sulle 
povere  ed  innocenti  famiglie  dei  profughi,  trattan- 
dosi d'individui  la  maggior  parte  sprovveduti  di 
fortuna  e  di  mezzi,  il  che  farebbe  un  senso  sgrade- 
vole. E  se  poi  alla  multa  pecuniaria  venisse,  com'è 
dalla  legge  prescritto,  surrogato  l'arresto  personale, 
questo  per  breve  che  fosse,  verrebbe  assai  più  male 
sentito,  e  diminuirebbe,  come  si  è  già  notato,  la  gran- 
dezza, della  sovrana  graziosissima  risoluzione,  che 
venne  cotanto  applaudita  ed  encomiata  da  ogni  clas- 
se di  persone»  (i). 

Il  ragionamento  non   faceva  una  grinza  :   se  il 
Monarca  nel  suo    atto  di  clemenza    avesse    citato 

(i)  Carte  segrete.  Doc.  445  del  17  novembre. 


—  350  — 

cjuella  benedetta  Sovrana  patente  1832  di  cui  si  fa- 
ceva tanto  chiasso. 

E  dalle  generali,  si  scendeva  ai  casi  particolari. 
Si  trattava  di  un  profugo  lombardo  certo  Giuseppe 
Lonati,  il  quale  presentò  a  mezzo  dell'ambasciata  au- 
striaca residente  a  Parigi,  supplica  per  essere  gra- 
ziato, e  ciò  in  base  a  voci  corse  di  una  prossima  amni- 
stia per  simili  individui,  voci  che  ripetutamente  cir- 
colarono tanto  nel  Regno  L.  V.  quanto  tra  i  pro- 
fughi politici  all'estero. 

Ora  dice  la  Nota  citata,  diretta  al  conte  di  Spaur, 
non  solo  la  domanda  del  Lonati  non  venne  esaudita, 
ma  si  ordinò  in  pari  tempo  che  le  ii.  rr.  Ambasciate 
all'estero,  smentissero  le  voci  sparse  in  proposito,  e 
nell'interno  del  paese  tale  compito  venisse  deman- 
dato all'autorità  della  polizia,  e  ciò  in  modo  asso- 
.  luto,  senza  alcuna  officiosa  notificazione  (i). 

I  E  la  nota  di  Sedlnitzky  per  mettere  in  guardia 

la  direzione  della  polizia  veneta  e  togliere  qualunque 
SjDeranza  avvenire  ai  poveri  emigrati,  aggiunge,  es- 
sere già  stati  impartiti  gli  opportuni  ordini  alle  ii- 
ir.  missioni  all'estero  perchè  i  voleri  sovrani  siano 
puntualmente  eseguiti,  scegliendo  quelle  vie  e  quei 
mezzi  che  nella  loro  saggezza  troveranno  più  oppor- 
tuni,. Raccomanda  finalmente  al  governatore  di  te- 
nerlo informato  delle  disposizioni  impartite  in  pro- 
posito e  dell'impressione  che  produrrà  tale  misura 
sulla  popolazione  (2). 

E  quella  direzione  a  tanta  Nota  cade  dalle  nu- 

(i)  Sembrerebbe  da  questo  documento  che  l'amnistia 
imperiale  del  1835  non  solo  non  fosse  stata  comunicata 
alle  ambascerie  austriache  accreditate  presso  gli  Stati  este- 
ri, ma  che  se  ne  smentisse  o  si  contradicesse  perfino  la 
voce.  Non  sappiamo  davvero  qual  nome  dare  a  questo  atto. 
(2)  Carte  segrete.  Doc.  447  del  12  luglio. 


—  351  — 
vole,  e  sebbene  in  termini  riservati,  pure  fa  sentire 
la  sua  voce.  Quanto  a  me,  risponde  il  consigliere  au- 
lico De  Cattanei,  t  risulta  finora,  che  qui  non  si  è  mai 
parlato  di  una  prossima  generale  o  limitata  amni- 
stia a  favore  dei  profughi  italiani,  ed  anzi  ora  non 
si  parla  neppure  di  quella  speciale  graziosissima  so- 
vrana concessione,  colla  quale  venne  ad  alcuni  per- 
messo di  ritornare  in  patria. 

«In  tali  circostanze  io  non  saprei  nemmeno  ac- 
cennare quanto  potesse  essere  utile  e  necessario  di 
procedere  ora  in  questa  città  e  nelle  provincie  a  quella 
rettifica  o  contradizione  che  viene  contemplata  dal- 
Tossequiato  aulico  dispaccio....  affiue  di  smentire  le 
voci  corse  a  Parigi  circa  la  supposta  amnistia,  men- 
tre ciò  potrebbe  forse  far  nascere  delle  nuove  di- 
cerie, che  in  simili  delicate  materie  giova  quasi  sem- 
pre allontanare  ». 

Accenna  poi  il  funzionario  ai  mezzi  che  si  potreb- 
bero impiegare  per  la  rettifica  e  cioè,  i  giornali  e  le 
comunicazioni  ufficiose  della  polizia.  Dimostra  come 
sarebbe  troppo  pericoloso  il  far  uso  nei  primi,  e 
termina  suggerendo  che  «la  Polizia  dovrebbe  rac- 
comandare tacitamente  ai  propri  subalterni  d'impu- 
gnare la  voce  corsa  di  detta  amnistia,  ove  fosse  ri- 
petuta da  queste  parti». 

E  tale  spediente  è  approvato  dal  governatore 
Spaur,  il  quale  in  altra  Nota  ingiunge  al  direttore 
di  Polizia  che  ciò  debba  farsi  in  modo  tranquillo  e 
positivo  (i). 

Ed  anche  un  venerando  patriotta  è  pure  rigoro- 
samente sorvegliato  da  quell'oculata  polizia,  il  mar- 
chese Gino  Capponi  il  quale  viaggia  per  Karlsbad 
con  passaporto  rilasciato  dal  suo  governo.  Egli  do- 

(i)  Carte  segrete.  Doc.  448,  449. 


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-  352  — 

vrà  passare  per  le  provincie  venete,  ora  «essendo  il 
predetto  Capponi  un  soggetto  di  tendenze  e  principi 
politici  molto  esaltati,  ed  essendosi  egli  sempre  ap- 
palesato incline  al  moderno  liberalismo,  così  du- 
rante il  suo  passaggio  vorrà  essere  tenuto  sotto  ri- 
gorosa sorveglianza,  intorno  all'esito  della  quale  se 
ne  scriveranno  esatte  informazioni,  desiderandosi 
pure  sapere  anche  le  ulteriori  sue  direzioni  di  viag- 
gio» (i).  La  Nota  è  diretta  ai  commissariati  superiori 
provinciali  di  polizia  a  Venezia. 

Né  la  polizia  mette  alcun  scrupolo  di  sguinza- 
gliare i  suoi  confidenti  anche  nelle  case  private,  ma- 
gari nelle  piij  solenni  occasioni.  Il  conte  Pietro  de- 
gli Emilii  di  Verona,  aveva  dato  in  propria  casa  un 
pranzo  in  occasione  delle  prossime  nozze  della  figlia. 
Vi  si  trovavano  naturalmente  il  fidanzato  Gaspari, 
il  conte  Andrea  Notaris,  il  conte  Giulio  Sagramoso 
suoi  parenti,  il  maestro  di  casa  don  Giuseppe  Beder- 
zani  di  Villa  Lugherina  in  Tirolo  ed  il  segretario 
agente  Carpecca.  Ebbene  il  nostro  Vendramini  trovò 
modo  di  farvi  scivolare  anche  un  suo  confidente,  il 
quale  riferisse  quanto  si  faceva  in  quella  famiglia,  as- 
sai poco  benevisa  dal  governo,  ed  ecco  le  relazioni  : 

«Verso  la  fine  del  pranzo,  il  maestro  di  casa,  che 
tra  parentesi,  conta  gli  ottantasei  anni,  fu  pregato  di 
leggere  qualche  brano  del  lavoro  guerrazziano  da  po- 
co pubblicato,  r Assedio  di  Firenze  t.  E  il  delatore 
potè  sapere  che  Topera  incriminata  fu  acquistata  a  Gè- 
nova  ;  che  il  conte  Emili  è  assai  amatore  di  simili 
letture  ;  che  i  di  lui  principi  politici  in  addietro  non 
erano  punto  favorevoli  al  governo  austriaco;  che 
ora  però  si  mostra  disingannato  e  i  suoi  discorsi  sono 


(i)  Carte  segrete.  Dee.  469. 


i^mipi^BK^..juiA' 


—  353  — 

ben  differenti  del  passato  ;  nullameno  i  libri  vietati 
sono  da  lui  ricercati  premurosamente.  Egli  è  fornito 
di  molta  erudizione,  stimato  per  le  sue  cognizioni  let- 
terarie, gode  opinione  di  uomo  benefico,  ed  è  infatti 
caritatevole  verso  i  bisognosi  (i). 

E  in  base  a  questa  denuncia,  la  Direzione  gene- 
rale della  f>olizia  lasciava  ampio  mandato  al  Ven- 
dramini  sui  modi  di  requisire  la  copia  dell'Emilii  e 
quante  altre  se  ne  potessero  scovare  a  Verona. 

E  veda  il  lettore  qual  giudizio  vien  dato  di  que- 
sto libro  in  altra  Nota. 

Il  Torresani  rimetteva  al  Direttore  della  polizia 
di  Venezia  una  copia  délVAssedio  di  Firenze,  riti"- 
rata  dalla  Francia  per  venti  lire  italiane  (2),  accom- 
pagnandola da  questa   breve   recensione  :   «  L'opera 
suddetta,  divisa  in  cinque  volumi,  stampata  a  Pa- 
rigi da  Casimir,  fu  dalla  polizia  toscana  ritirata  dai 
librai  possessori,  di  quel  ducato,  e  da  quei  privati, 
cui  fu  dato  di  conoscere  averne  fatto  l'acquisto.  Viene 
essa  diffusa  clandestinamente  dal  noto  libraio  Bat- 
telli, di  Firenze,  con  danno  per  la  causa  della  legit- 
timità e  della  religione.  Il  notissimo  avvocato  Guer- 
razzi, di  Livorno,  autore  dell'opera  stessa,  ha  sparso 
in  essa  massime  empie  ed  irreligiose,  paradossi  arditi, 
foggiati  a  mo'  di  scienza,  e  tutto  quanto  di  pernicioso 
e  di  perverso  ha  la  moderna  filosofia,  nascosto  con 
fiori  rettorici  e  con  stile  romantico  »  (3). 

E  giacché  parliamo  del  lavoro  guer razziano,  veda 
il  lettore  come  in  seguito  la  polizia  potè  avere  nelle 
mani  anche  il  manoscritto. 


(i)  Carte  segrete.  Doc.  500. 

(2)  Pare  si   facesse  pagare  un  po'  caro  il  capriccio  di 
aiver  una  copia  del  libro. 

(3)  Carte  segrete.  Doc.  522. 

GiANETTi.  Cronisiona.  32 


i 


-  354- 

Nel  luglio  del  1840,  Temistocle  Guerrazzi,  fra- 
tello minore  di  Domenico,  chiese  alla  polizia  di  Li- 
vorno il  permesso  di  andarsene  a  Roma  per  eserci- 
tarvi con  maggior  profitto  l'arte  della  scultura.  l\ 
passaporto  gli  venne  rilasciato,  ed  egli  cede  al  pro- 
prio socio  Bargigli  la  stanza  che  gli  serviva  di  stu- 
dio.... si  era  allontanato  poche  miglia  dalla  città 
quando  il  Governo  fu  informato  da  un  confidante, 
probabilmente  dalla  domestica  di  Temistocle  alla 
quale  per  via  di  confessione  fu  strappata  la  verità, 
che  sotto  il  pavimento  della  stanza  terrena,  ove  per 
tanti  anni  aveva  lavorato  lo  scultore,  trovavasi  una 
cassa  di  latta,  nella  quale  oltre  il  manoscritto  del- 
Y Assedio  di  Firenze  erano  state  riposte  altre  carte.. 
La  Polizia  che  fino  allora  per  mancanza  assoluta  di 
prove  di  fatto  non  aveva  potuto  che  sequestrare  il 
libro  presso  ai  venditori,  non  si  lasciò  sfuggire  l'oc- 
casione e  nella  notte  dal  2  al  3  luglio  recatasi  all'abi- 
tazione del  Bargigli,  col  pretesto  di  volersi  assicu- 
rare di  certa  argenteria  che  rubata  molti  anni  prima 
era  stata  sotterrata  a  sua  insaputa  nello  studio,  lo 
invitò  ad  aprirlo  e,  sollevati  a  colpo  sicuro  due  0 
tre  mattoni  apparve,  un  pò*  arrugginita,  la  famosa 
cassetta,  che  naturalmente  nella  notte  stessa  fu  tra- 
sportata alla  sede  della  polizia. 

In  essa  si  trovarono  oltre  il  manoscritto  del  ro- 
manzo ben  undici  documenti  i  quali  servirono  alla 
compilazione  dello  stesso  (i). 

E  ricordando  pure  il  Governo  austriaco  le  con- 
seguenze prodotte  dalla  stampa  e  dalla  diffusione  del 
libro  di  Silvio  Pellico,  le  mie  prigioni^  udito  che  an- 
che Andryane,  altro  dei  condannati  politici,  stava  per 


(i)  Rosolino  Guastalla.  Note  autobiografiche  ài  Dome- 
nico Guerrazzi.  Firenze.  Le  Monnier,    1899. 


-  355  - 

pubblicare  in  Francia  le  sue  memorie  ;  ritenendo  che 
questo  libercolo  (!)  sarebbe  scritto  in  senso  assai 
ostile  all'attuale  regime;  ordina  che  venga  attivata 
la  massima  sorveglianza  perchè  ne  sia  impedita  l'im- 
portazione nelle  provincie  lombardo- venete  (i). 

Ma  tutti  questi  retroscena,  chiamiamoli  cosi,  che 
avvenivano  nelle  aule  governative  ed  in  quelle  della 

(i)  Carte  segrete.  Doc.  523.  Quando  il  governatore  scri- 
veva, il  libro  era  già,  venuto  alla  luce  e  girava,  s'intende 
clandestinamentei  anche  nella  nostra  città. 

Ci  si  permetta  ora,  giacché  parliamo  di  Andryane,  di 
riferire  le  impressioni  che  ebbe  in  una  visita  fatta  alle  pri- 
gioni di  Santa  Margherita  a  Milano  nell'agosto  del  1859, 
della  quale  potemmo  avere  copia,  essendo  manoscritta  e 
diretta  ad  una  sua  amica  della  nostra  città. 

<c  Santa  Margarita  I  Cette  prison  où  j'avais  été  plongé 
à  vingt  ans,  je  n'osais  pas,  le  croirait-on,  je  n'osais  pas  la 
visiter....  J*y  avais  tant  souffert....  avant  hier  pourtant  j'y 
entrai. 

(c  Le  géòlier  m'ouvrit  les  portes  de  cette  cour  que  j'avais 
traverse  tant  de  fois  pour  me  rendre  à  la  commission  in- 
quisitoriale.  Je  vis  la  fenétre  grillée  d'où  Pellico  parlait 
avec  le  soi-disant  due  de  Normandie  (vedi  Le  mie  fri- 
gioni)^  mais  mon  coeur  restait  impassible. 

«  Je  traversai  le  corridor  qui  conduit  à  l'arrière  préau... 
les  arbres,  les  acacias  que  connaissais  si  bien,  avaient  di- 
spam,  mais  je  reconnus  des  aussitót  les  grilles  de  ma  pri- 
son, mais  je.  m'avangai  vers  la  route  qui  y  conduit.  En 
mettant  les  pieds  sur  les  dalles,  je  sentis  ce  froid  mortel 
qui  m'avait  saisi  jusqu'au  coeur  en  y  écoutant  le  bruit  de 
mes  pas  pour  la  première  fois. 

«  La  porte  de  ma  prison  était  si  bien  présente  à  ma  mé- 
moire  que  je  m'y  arrétai  sans  hésiter.  Je  ne  la  fis  pas  ouvrir 
de  peur  d'entendre  ce  sinistre  cri  des  verroux  qui  me  glaga 
le  sang  jusque  dans  la  dernière  veine.  Je  serai  plus  fort 
une  autre  fois. 

«  J'ai  repassé  dans  ma  pensée  scène  par  scène,  angoisse 
par  angoisse,  torture  par  torture,  le  funeste  drame  des  pre- 
miers  mois  de  ma  captivité  et  je  me  suis  dit  :  A  quoi  donc 
m'aurait  servi,  mon  Dieu,  toutes  ces  épreuves,  toutes  ces 
souffrances,  si  vous  ne  m'aviez  donne  ce  que  vaut  mieux 
que  les  richesses,  que  les  grandeurs,  que  les  couronnes, 
que  les  renommées....  la  foi...  ?  » 


—  356  — 

polizia,  tra  delatori  ed  attuari,  non  giungevano  nep- 
pure alle  orecchie  degli  interessati,  i  quali  erano  sor- 
vegliati e  pedinati  senza  che  se  ne  accorgessero;  il 
pubblico  ignorava  tutto  e  traeva  tranquillo  la  sua 
vita  ed  un  nonnulla  bastava  a  metterlo  in  vena  di 
buon  umore.  In  questo  anno  era  la  volta  del  Caffè 
Martini,  che  fu  annunziato  al  pubblico  colla  pom- 
pHDsa  denominazione  di  Caffé  della  Scala,  perchè  ap- 
punto si  ergeva  dirimpetto  al  nostro  Massimo  come  si 
diceva  allora,  del  resto  con  molto  maggior  ragione 
del  presente. 

Questo  ritrovo  si  componeva  di  una  grande  ed 
elegante  sala  a  pian  terreno  e  di  parecchi  mezzanini 
al  superiore.  Vi  si  lodavano  la  cucina,  la  cantina,  il 
servizio  e  la  quantità  dei  p)eriodici  che  vi  si  trovavano. 

Era  il  primo  telegrafo  dei  successi  e  dei  fiaschi 
della  Scala,  il  grande  areopago,  che  giudicava  i  pic- 
coli ed  i  grandi  artisti  della  scena,  la  borsa  che  rego- 
lava i  consolidati  dei  cantanti,  delle  orchestre,  dei 
comici,  dei  ballerini  e  perfino  dei  cori  e  delle  com- 
parse ;  di  tutto  vi  si  parlava,  eccetto  che  di  politica. 

Nella  mattinata  fino  a  mezzogiorno  gli  uomini  af- 
faccendati vi  facevano  colazione,  per  solito  à  la  four- 
chette  ;  l'osso  buco  col  risotto  per  guarnizione,  il  riso 
al  salto,  o  la  piccola  porzione  di  arrosto  guernito.  In- 
cominciavano poi  gli  eleganti,  una  nuova  classe  di 
individui,  che  dopo  aver  asciolto,  fumava  intorno  agli 
ingressi  dell'esercizio  l'avana,  o  il  virginia,  tessendo 
intanto  la  cronaca  della  cantante  A,  del  baritono  B, 
del  tenore  C,  del  basso  e  magari  della  corista  o  della 
ballerina. 

Pili  tardi  ancora,  si  raccoglieva  il  consiglio  dei 
più  attempati  ;  anche  questi  avevano  i  loro  oratori  ; 
c'era  il  suo  presidente  che  dirigeva  e  si  potevano  di- 
stinguere anche  i  diversi   partiti  conservatori  e  ra- 


—  357  - 

dicali  ;  in  generale  però  le  discussioni  passavano 
tranquille.  Intanto  entravano  ed  uscivano  il  giorna- 
lista, il  cantante  che  gorgheggiava  un'arietta,  il  ma- 
rito della  prima  donna  disponibile  che  malediva  l'in- 
giustizia dei  tempi,  l'ignoranza  degli  impresari  e  la 
avidità  degli  agenti  teatrali.  Fra  i  visitatori  del  caffè 
vi  era  pure  il  commesso  viaggiatore,  che  a  quando  a 
quando  traeva  l'orologio,  guardava  e  sbadigliava. 

Dopo  le  quattro,  il  Caffè  a  poco  a  poco  si  spopo- 
lava^ non  vi  si  cercava  nulla,  tranne  qualche  bicchie- 
rino  d'assenzio.  Dopo  il  pranzo  cioè  dalle  sei  in  avanti, 
il  caffè  era  tramutato  in  un  porto  di  mare  :  i  camerieri 
ricevevano  dieci  diversi  comandi  a  un  tempo,  e  li  ri- 
petevano l'un  dopo  l'altro,  con  una  cantilena  tutta 
propria. 

Avvicinandosi  l'ora  del  teatro  cominciavano  a 
comparire  le  toelette  eleganti  della  sera  e  i  guanti 
della  Ghezzi,  color  pldire  col  bottoncino  di  metallo. 
Allora  ferveva  il  lavoro  :  l'uno  chiedeva  il  libretto* 
l'altro  il  binoccolo,  questi  deponeva  la  canna,  quello 
il  mantello  o  il  soprabito. 

Alla  levata  del  telone,  nel  caffè  ritornava  la  quie- 
te, alla  quale  poi  teneva  dietro  il  trambusto  della 
mezzanotte,  di  consueto  passaggero  come  un  tempo- 
rale d'estate.  "^ 

La  prima  poi  di  uno  spettacolo  nuovo,  è  facile 
immaginare  il  tema  di  ogni  discorso  ;  fuori  di  questo 
caso,  ogni  argomento  era  buono  e  si  faceva  un'edi- 
zione di  miscellanee,  piìi  o  meno  affine  alle  notizie  tea- 
,     trali  (I). 


(i)  In  questo  anno  uno  dei  temi  era  l'incendio  e  la  ri- 
fabbricazione del  teatro  della  Fenice  a  Venezia  :  esso  fu 
infatti  terminato  sullo  scorcio  del  dicembre. 


-  358- 

Una  delle  conseguenze  più  tristi  che  trasse  seco 
il  colera,  fu  la  crisi  delle  sete.  E*  noto,  e  Tabbiamo  ac- 
cennato anche  nei  capitoli  indietro,  che  la  Lombardia 
e  la  nostra  città  in  specie,  traeva  molta  parte  della 
sua  ricchezza  dalle  sete  ;  ora  desse  in  quest'anno  si 
presentarono  col  ribasso  del  30  per  cento.  I  diari 
francesi  vollero  trovare  una  spiegazione  al  tracollo, 
in  una  coalizione  tra  varie  case  inglesi  e  milanesi,  un 
trust  come  si  direbbe  presentemente  ;  anzi  i  periodici 
aggiunsero  che  la  rovina  di  queste  case  sciolse  l'al- 
leanza Sembra  al  contrario,  cosi  i  diari  lombardi, 
che  l'asserto  sia  meno  veritiero.  Infatti  i  nostri  nego- 
zianti mandavano  le  loro  sete  a  Lione  ed  a  Londra, 
perchè  vi  trovavano  conveniente  spaccio  in  quei  due 
grandi  centri  di  consumo.  Le  case  francesi  ed  inglesi 
facevano  alla  loro  volta  anticipazioni  in  denaro,  rice- 
vendo in  deposito  la  seta,  ma  questa  operazione  era 
affatto  individuale,  ax:cidentale,  senza  che  vi  fosse  al- 
cuna lega.  Ora  gli  effetti  della  crisi  attuale  colpirono 
i  negozianti  piìi  avveduti  e  prudenti,  né  si  sarebbe  po- 
tuto affermare  trovarsi  in  Europa  un  negoziante  di 
seta,  il  quale  avesse  fatto  affari  negli  scorsi  mesi 
senza  subire  gravi  perdite. 

Le  sciagure  presenti  dovevano  attribuirsi  all'in- 
vasione del  colera  che  paralizzò  le  sete  nelle  mani  dei 
filatori.  Qui,  secondo  il  nostro  modo  di  vedere,  sta 
tutta  la  ragione  della  crisi. 

Anche  quest'anno  il  popolino,  cui  forse  non  era 
ancor  passata  la  paura  del  trentasei,  ebbe  argomento 
di  parlare  in  occasione  della  comparsa  di  qualche  fe- 
nomeno meteorologico,  e  dapprima  fu  una  scossa  di 
terremoto,  capitata  proprio  sullo  scorcio  del  gennaio, 
scossa  che  si  ripetè  due  volte  nel  corso  della  n^otte  II 
mese  seguente  un  bel  mattino  verso  le  quattro,  prece- 


—  359  — 

duta  qualche  giorno  prima  da  fenomeni  sismici,  ap- 
parvero i  primi  segni  di  un'aurora   boreale,    che   si 
spiegava  in  tutto  il  suo  fulgore  verso  le  otto.  Dalla 
parte  di  nord-est  era  una  nebbia  oscura,    sparsa  di 
luce  rossiccia,  che  mano  mano  s'innalzava,  mutando 
in  color  sangue.  Durò  ben  due  ore,  dopo  di  che  andò 
mano  mano  scemando  e  scomparendo  del  tutto.  Que- 
sto fenomeno  si  ripetè  anche  verso  la  metà  del  dicem- 
bre, una  mattina  ;  durò  ad  intervalli  per  ben  quattro 
ore  ed  era  accompagnata  da  vento  assai   forte.  Un 
mese  prima  nella  sera,  si  ammirò  sull'orizzonte  una 
cometa    di  luce  molto  intensa  che  movevasi  da  sud 
verso  nord,  passando  per  le  costellazioni  dell'orsa  mi- 
nore e  dell'orsa  maggiore.  Si  aggiunge  che  in  una 
sera  di  luglio  la  folgore  aveva  colpito  la  torre  di  un 
camino  che  s'innalzava  in  via  Morone,  era  entrata  in 
due  case  contigue,  recando  qualche  danno  ai  mobili 
ed  alle  pareti,  ma  senza  farvi  alcuna  vittima. 

Il  fulmine  aveva  preso  la  via  di  un  tubo  di  ferro 
che  sporgeva  dalla  sommità  della  torricella  e  scen- 
deva quasi  al  pavimento  del  primo  piano,  dove  fu 
interrotto  da  tubi  in  terra  cotta,  ma  la  corrente  elet- 
trica squarciò  le  pareti  della  canna,  penetrò  nella  ca- 
mera della  casa  contigua,  ruppe  diversi  fili  di  cam- 
panelli e  via  via  sempre  con  minori  danni.  Se  il  primo 
tubo  fosse  stato  prolungato  fino  al  sottosuolo,  avreb- 
be servito  di  parafulmine.  E  il  diario  cittadino  rizzò 
cattedra  e  parlò  di  correnti  elettriche,  di  parafulmini, 
di  deviazioni  magnetiche  e  via  ;  tant'è  i  giornalisti 
passati,  presenti  e  forse  anco  i  futuri,  a  meno  che  col 
tempo  il  quarto  potere  cada,  sono  sempre  gente  che 
sa  cogliere  la  palla  al  balzo....  per  chiacchierare.  Tutti 
i  questi  avvenimenti  anche  senza  la  coda  giornalistica, 
somministravano  materia  più  che  sufficiente  per  al- 
;     manaccarvi  sopra. 


-36o- 

Le  feste  imperiali  si  aprirono  quest'anno  con  un 
grande  anniversario  funebre  celebrato  a  S.  Fedele  per 
il  defunto  Francesco  I.  Vi  intervennero  il  governa- 
tore Hartig.  il  feld  maresciallo  e  parecchi  ufficiali 
superiori. 

L'onomastico  del  successore  Ferdinando  I,  che  av- 
venne pochi  giorni  dopo,  si  festeggiò  colle  consuete 
funzioni  nella  nostra    chiesa  cattedrale.  Vi    celebrò 
l'arcivescovo  e  vi  intervennero  le  autorità  governative^ 
e  militari  e  civili. 

Ecco  il  gran  cartello  che  si  leggeva  appeso  sulla 
porta  maggiore  della  cattedrale  : 

DEO   UNI  TRINO   QUE 

SOSPITATORI  DOMUS   AUGUSTAE 

QUOD 

IMPERATORIS   ET  REGIS   FERDINANDI    I 

DOMINI  NOSTRI 

MAXIMI   OFflMI   QUE   PRINCIPIS 

MUNIFICI   PU   CLEMENTIS 

NATALITIA 

HOSTLA   SOLEMNIS 

ET   GRATIARUM   ACTIONE. 

L'i.  r.  Collegio  Maschile  (Longone)  diede  pure 
nella  sera  una  grande  accademia  ;  si  declamarono 
poesie  e  si  cantarono  innni  di  circostanza». 

Tra  le  altre  feste  segnaliamo  quella  datasi  per 
l'erigendo  monumento  alla  Malibran  per  la  quale  si 
unirono  poeti  ed  artisti.  Il  giornalista  Piazza  si  of- 
ferse per  la  poesia  ;  Donizetti  per  la  composizione 
della  sinfonia  ;  per  la  musica  il  Pacini,  il  Mercadante, 
il  Coppola  ed  il  Vaccai.  L'esecuzione  venne  affidata 
alle  signore  Schòberlechner,  Colleoni,  sorelle  Ma- 
rietta  e  Teresa  Brambilla,  Baylou,  Hilaret,  ed  ai  si- 


—  3^1  — 

gnori  Pedrazzi,  Milesi,  Cartagenova,  Marini,  Mariani 
e  Mascolini.  Si  offersero  pure  gratuitamente  l'orche- 
stra, i  cori  ed  il  corpo  di  ballo  del  Teatro  alla  Scala. 
Fu  un  postumo  e  grandioso  omaggio  che  si  fa- 
ceva alla  grande  artista,  tanto  prediletta  dai  milane- 
si ;  allora  forse  non  era  ancora  di  moda  il  nomignolo 
di  diva.  Fu  una  vera  festa  dell'arte  e  chi  legge  può 
immaginarsi  il  -pienone  che  si  avverò  il  17  del  marzo 
in  cui  ebbe  luogo,  e  gli  applausi  che  fioccavano  da 
tutte  le  parti. 

Altra  solennità  musicale  fu  quella  datasi  dall'ar- 
tista Mortier  nelle  sale  del  ridotto  dello  stesso  teatro. 
Vi  si  suonò  la  sinfonia  del  Flauto  magico  di  Mozart 
ridotta  da  Payer  per  tre  pianoforti  a  dodici  mani  e 
fra  gli  esecutori  erano  il  Liszt,  THiller,  il  Pixis,  il 
Schoberlechner,  l'Origgi  ed  il  nominato  Mortier. 

Un'altra  ancora  fu  data  dai  fratelli  Cavallini  e 
dal  sig.  Schoberlechner  al  teatro  alla  Canobbiana, 
che  attrasse  pure  molta  gente. 

Spettacolosa  fu  quella  datasi  nell'estate  all'anfi- 
teatro dell'Arena.  Era  già  stato  precedentemente  an- 
nunziato che  le  due  compagnie  acrobatiche,  Fou- 
reaux  e  Desorme,  avrebbero  dato  di  concerto  un 
grande  spettacolo  in  due  steccati  separati,  e  il  popo- 
lino vi  si  era  addensato  sugli  spalti.  Si  iniziò  il  tratte- 
nimento conducendo  in  giro  un  grosso  elefante  addo- 
mesticato, al  quelle  si  facevano  eseguire  svariati  eser- 
cizi, si  ebbero  corse  di  fantini,  una  piacevolissima  di 
finte  vecchie  su  due  cavalli,  un'altra  di  amazzoni,  in- 
fine parecchi  esercizi  acrobatici  che  finirono  col  trion- 
fo di  Alessandro  Magno,  una  salita  sopra  corde  tese 
di  im  carro  trionfale  su  cui  stava  l'eroe,  tirato  da  quat- 
tro guerrieri  che  imperterriti  ascesero  le  corde  le 
quali  conducevano  al  tempio  costrutto  in  mezzo  al- 
l'anfiteatro, e  ne  discesero  tra  nembi  di  fuochi  arti- 
ficiali, razzi,  spari  e  luce  di  bengala. 


—  3^2  — 

I  cronisti  dicono  che  vi  assistessero  oltre  venti- 
cinque mila  spettatori,  e  può  essere  credibile  giacche 
si  vendettero  quasi  26  mila  biglietti  (25.750).  L'in- 
troito ammontò  a  22  mila  lire. 

Continua  l'interessamento  per  la  istituzione  degli 
asili  d'infanzia  ;  già  abbiamo  detto  come  le  somme 
raccolte  per  l'esonero  delle  visite  di  capo  d'anno  an- 
davano ad  aumentarne  i  fondi.  Ora  il  Comitato  pensò 
all'erezione  di  una  nuova  casa  presso  la  Chiesa  di 
S.  Nazaro  e  per  vieppiù  allargare  il  beneficio  si  pro- 
gettò una  grande  lotteria. 

Ne  fu  ordinatore  il  Sanquirico,  coadiuvato  dai  si- 
gnori Camillo  Casati  e  nobile  Caccia  Dominion!.  La 
mostra  fu  aperta  co  11' intervento  della  coppia  vicerea- 
Ic,  e  ix>rchè  si  potesse  maggiormente  utilizzarla,  era 
stata  messa  una  piccola  tassa  anche  sui  biglietti  d'en- 
trata. 11  concorso  del  pubblico  riesci  veramente  stra- 
ordinario, cosichè  l'introito  fu  tale  da  sopperire  pel 
momento  ai  più  urgenti  bisogni,  giacche  oltre  la  lo- 
calità pel  ricovero  dei  bambini,  occorreva  l'arreda- 
n^ento  e  il  cibo  nella  giornata.  Gli  asili  da  mantenersi 
erano  quattro  :  S.  Maria  Segreta,  S.  Francesco  da 
Paola,  S.  Celso  e  S.  Nazaro. 

E  giacche  parliamo  di  associazioni  benefiche,  un 
giovane  compositore  milanese,  Gabriele  Stéfanoni,  re- 
catosi a  Torino,  vide  un'associazione  pei  lavoratori 
delle  stamperie  e  propose  ad  alcuni  suoi  compagni  e 
coetanei,  tipografi  milanesi,  di  fondarne  una  simile 
e  nel  1804  si  gettarono  le  basi  del  nuovo  istituto. 
Ecco  le  principali  norme  su  cui  reggevasi. 

L'Associazione  doveva  essere  formata  da  una 
unione  di  tipografi  nazionali  od  esteri,  ma  dimoranti 
in  Milano,  di  buona  condotta  e  che  non  avessero  im- 
putazioni criminali  o  politiche,  che  sapessero  leggere 


I 


-  3^3   - 

e  scrivere  e  che  fossero  in  esercizio  della  loro  profes- 
sione da  otto  anni.  Essi  dovevano  pagare  sei  lire  di 
entrata  ed  un  contributo  mensile  di  due  lire.  In  ogni 
stamperia,  un  socio  era  incaricato  dell'ufficio  di  col- 
lettore. La  somma  raccolta  avrebbe  servito  a  sussidiar 
i  membri  dell'Istituto  che  cadessero  malati  o  rima- 
nessero, senza  propria  colpa,  privi  di  lavoro.  Tale 
sussidio  andava  da  centesimi  80  ad  una  lira  e  venti- 
cinque, secondo  gli  anni  di  appartenenza. 

La  Società  era  retta  da  un  direttore,  e  da  tre  dele- 
gati, tutti  presi  fra  gli  operai  tipografi. 

Fin  dai  primi  anni  di  sua  fondazione  ebbe  parec- 
chi benefattori  che  le  legarono  anche  grosse  somme, 
e  possedeva  undici  mila  lire.  L'ultimo  bilancio (i°ago- 
sto  *36-37)  notava  un  totale  di  contributi  sociali  di 
L  2488.50  e  un'erogazione  di  2997,57.  Vi  era  dunque 
un  deficit  di  L  491,07  che  fu  coperto  con  altrettanto 
capitale. 

Le  ultime  statistiche  dell'istruzione  elementare, 
davano  le  seguenti  cifre  :  Regie  scuole  maggiori  di 
quattro  classi  nove  ;  comunali  di  tre,  54,  con  un  totale 
di  127 II  alunni.  Regie  scuole  maggiori  femminili  di 
tre  classi  11,  comunali  3,  con  un  totale  di  2689  alun- 
ne. Scuole  minori  comunali  maschili  2306  ;  femminili 
13 19  con  un  totale  di  162.492  studenti. 

Si  aggiungano  308  scuole  festive  ;  66  convitti 
maschili  e  88  femminili  con  4878  alunni  ;  228  scuole 
private  maschili  e  396  femminili  con  un  totale  di 
14341  studenti  ;  infine  sono  notati  482  studenti  di 
metodicai,  scuola  che  equivarrebbe  attualmente  alla 
normale,  da  cui  uscivano  maestri  e  maestre. 

Emergerebbe  un  totale  di  4715  scuole  con  202179, 
ma  noi  siamo  ancora  lontani  dalle  piii  piccole  cifre 
dei  nostri  tempi,  poiché  è  bene  notare  che  questi  nu- 
meri debbonsi  ripartire  su  tutta  la  Lombardia. 


—  3^4  — 

La  Università  pavese  nel  triennio  1834,  35  e  36 
presenta  le  seguenti  cifre  : 

Nella  facoltà  legale,  dove  insegnano  otto  profes- 
sori si  ebbero:  413  scolaci  nel  1834;  417  nel  *35  ^ 
454  nel  '36. 

Nella  facoltà  medioo-chirurgica  farmaceutica, 
dove  insegnano  1 5  professori,  si  contarono  604  scolari 
nel  1834  ;  632  nel  '35  e  354  nel  '36. 

Nella  facoltà  fisico  matematica,  disimpegnata  da 
14  professori,  si  ebbero  339  scolari  nel  '34;  342  nel 
'35  e  354  nel  '36. 

La  deficenza  del  numero  degli  allievi  medici  chi- 
rurghi nell'anno  scorso,  si  deve,  come  avrà  rilevato  il 
lettore,  all'invasione  del  colera. 

Un  fatto  doloroso  che  per  verità  dobbiamo  no- 
tare in' quest'anno,  in  occasione  delle  pubbliche  acca- 
demie datesi  nei  ginnasi  e  ne'  licei  della  nostra  città, 
è  l'avvilimento  cui  fu  soggetta  la  classe  d^li  inse- 
gnanti, e  peggio  quella  degli  scolari,  obbligando  i 
primi  a  dare  temi  di  composizioni,  che  per  solito  fini- 
vano o  dovevano  finire  con  un  incensamento  al  so- 
vrano, e  l'obbligo  o  quasi  del  canto  dell'inno  imipe- 
riale!  (i). 

Del  resto  le  solite  distribuzioni  di  premi  al  Con- 
servatorio, alla  Veterinaria  ed  alle  Belle  arti. 

(1)  Né  meglio  si  trovavano  i  piccoli  discenti  delle 
scuole  elementari.  In  generale  al  termine  dell'anno  si 
davano  premi  i  quali  consistevano  in  libretti  affatto  inno- 
cui, che  il  Cantìi  diceva  esser  difficile  sceglier  peggio.  Nel 
gennaio  del  31  il  govern.  Hartig  si  era  lamentato  che  si 
fossero  date  in  premio  le  Quattro  novelle  di  Cesare  Balbo, 
non  parendo  adatte  se  a  tale  uso.  Il  Torresani  gli  rispo 
che  ciò  avvenne  forse  per  le  lodi  date  a  quel  libretto  dalla 
Bib.  Ital.  soggiunge  che  sarebbe  bene  che  i  libri  dati  in  pre- 
mio fossero  li  alla  portata  degli  scolari,  e  modelli  ineccepibili 
di  buona  lingua,  e  più  di  sani  principi  religiosi  e  politici  ». 
Cronistoria, 


-365- 

Una  statistica  libraria  ci  dà  per  l'Italia  le  seguenti 
cifre  :  Teologia,  storia  sacra,  libri  ascetici,  ecc  509 
volumi;  giurisprudenza  180;  geografia,  storia  e 
scienze  affini  492  ;  scienze  ed  arti  591  ;  belle  lettere  ed 
arti  1 1 13.  Nella  sola  Milano  si  notano  oltre  765  vo- 
lumi. 

Kcco  alcune  pubblicazioni  :  L'abate  prof.  Rovida 
traduce  dal  francese  la  vita  di  Pio  VII,  di  Artaud  ; 
il  giureconsulto  Treccani  ci  dà  una  versione  italiana 
del  Degenerand,  Del  perfezionamento  morale  e  della 
educazione  di  se  medesimo  ;  il  Molinelli  entra  come 
uno  dei  pmcipali  collaboratori  nella  pubblicazione 
degli  studi  per  le  donne  italiane,  che  diventa  perio- 
dica ;  il  prof.  Sala  del  Ginnasio  di  S.  Marta,  stampa 
Le  lezioni  di  Grammatica  Greca,  per  uso  del  Ginna- 
sio stesso  ;   il  marchese  Antonio  Cavalli  traduce  in 
terza  rima  le  elegie  di  Tibullo  e  di  Properzio  ;  il  Par- 
ravicini,  direttore  della  Scuola  Elem.  maggiore  a  Co- 
mo, pubblica  il  Giannetto  che  ottiene  il  premio  pro- 
messo dalla  società  fiorentina  dell'istruzione  elemen- 
tare all'autore  del  miglior  libro  di  lettura.  Il  Lam- 
bruschini  alcune  letture  pei  fanciulli  tolte  dL-dWEdii- 
catore  ;  il  Sartorio,  la  Morale  biblica,  ossia,  massime 
tratte  dai  due  Testamenti  ;  il  dottor  Giuseppe  Ferra- 
no, autore  dei  monumenti  illustrati  di  S.  Ambrogio, 
illustra  i  monumenti  del  borgo  di  Cantù,  opera  do- 
vuta alla  penna  di  quel  parroco  Annoni.  Antonio  Lis- 
soni  ufficiale  di  cavalleria  mette  in  luce  i  fatti  storico- 
militari  dell'età  nostra;  Giovanni  Torti  un  poemetto 
dal  titolo  scetticismo  e  religione;  Giovanni  Campi- 
glio, la  storia  generale  d'Italia  in  compendio  ;  Loren- 
zo Sonzogno,  il  castello  di  Milano,  alcune  lettere  ine- 
dite di  letterati  del  XVII  secolo  ;  il  Grossi  V  Ulrico 
e  Lida;   il  Cantti  Ignazio  la  Guida  della  Brianza  ; 
Adele  Curti  alcune  poesie  che  si  vendettero  a  favore 
degli  asili. 


-  3^  - 

E  ci  è  caro  notare  che  a  quest'epoca  in  Italia  si 
pubblicavano  ben  venti  opere  colossali,  vuoi  per  la 
importanza  dell'argomento,  vuoi  per  la  ricchezza  delle 
incisioni  e  dell'edizione  ;  accenniamo  ad  alcune  :  Le 
famiglie  celebri  del  conte  Pompeo  Litta  ;  la  ReaU 
Galleria  di  Torino  illustrata  dall'Azeglio  ;  la  innova 
Corografia  dltalia  dello  Zuccagni  ;  due  opere  sul- 
l'Egitto, una  di  Rosellini  e  l'altra  di  Valeriani  con 
atlante  del  Segato  ;  le  antichità  di  Sicilia  del  duca 
Serra  di  Falco  ;  il  Museo  di  ^Napoli  ed  il  Vaticano, 
illustrato  dal  Pistoiesi  ;  i  costumi  di  tutti  i  popoli  del 
mondo  del  prof.  Menin  ;  i  Castelli  del  Tirolo  del 
Perini  ;  il  regno  naturale  del  Locatelli  e  la  Pomona 
del  Galesio  ;  la  descrizione  figurata  dei  funghi  dei 
Vittadini  ;  la  Flora  itcdica  del  Bartolani  ;  un  Dizio- 
nario tecnico-etimolo gico-filolo gico  del  Marchi  ;  la 
Storia  d^ Italia  del  Botta  ;  Vltalia  prima  del  dominio 
romano  del  Micali. 

Fra  le  opere  scientifiche  notiamo  le  Ricerche  eco- 
nomiche sulle  interdizioni  imposte  dalla  legge  ci- 
vile agli  israeliti^  di  Carlo  Cattaneo  ;  il  Monte  sete 
di  Carlo  Restelli  ;  Osservazioni  ed  esperienze  intorno 
alla  parte  meccanica  sulla  trattura  della  seta  nel  Pi^- 
7nonte,  di  Giacinto  Carena  ;  Le  miniere  metalliche  del- 
V  Ossola,  di  Giambattista  Fantonetti  ;  Gli  elementi  di 
filosofia  morale  del  Zantedeschi  ;  una  Memor'm  sugli 
anellidi  della  famiglia  delle  sanguisughe,  di  Filippo 
De  Filippi  ;  una  Statistica  medica  di  Milano  del  Fer- 
rarlo ;  la  Teoria  del  movi^nento  della  luna,  del  Car- 
lini ;   un  Manuale  di  chirurgia,  del  Chelius. 

Ne  mancò  la  letteratura  infantile  pubblicando  re- 
lazioni intomo  alla  fondazione  ed  allo  stato  degli 
asili  di  carità  per  l'infanzia  ;  un  discorso  in  occasione 
delF inaugurazione  del  quarto  asilo  a  S.  Naza^o;  U 
feste  della  carità  verso   l'infanzia;    colloqui  e  rag- 


—  367  — 

guagli  domestici  indirizzati  alt  educazione  della  fan- 
ciullezza. 

Un  periodico  per  l'adolescenza  era  il  Narratore^ 
cui  si  aggiungono  gli  aurei  libri  di  Cesare  Cantù, 
quali  il  buon  fanciullo^  il  Giovinetto,  il  Galantuomo 
e  il  Carlambrogio  da  Montevecchia. 

Una  speciale  parola  dobbiamo  fare  intomo  ai 
lavori  del  Gazzoletti  e  del  Solerà  (i),  che  togliamo 
dai  periodici  del  tempo. 

Sono  versi,  di  due  giovani  che  per  la  prima  volta 
domandano  il  pubblico  voto  e  certo  lo  otterranno. 

Diversi  d'indole  e  d'argomento  nei  propri  com- 
ponimenti, hanno  di  comune  fantasia  forte,  e  potente 
originalità.  I  versi  di  Gazzoletti  sono  di  va'rio  ge- 
nere ;  ora  è  un  canto  sulle  rovine  di  un  castello,  ora 
è  un  accento  d'amore,  ora  è  la  romanza  patetica  del 
disertore,  o  il  dolore  di  una  fanciulla,  che  vede  pas- 
sarsi innanzi  il  feretro  dell'amante  ucciso  dal  colera, 
talora  è  un  voto  per  la  libertà  del  cuore,  talora  un  ac- 
cento d'affetto  al  dolce  nome  di  madre.  Gcizzoletti 
tiene  il  far  della  poesia  che  alcuni  chiamano  roman- 
tica (  !  ),  ma  non  è  una  poesia  strana  e  fantastica,  come 
quella  di  Goethe  ;  è  una  poesia,  che  si  inspira  alle  pas- 
sioni ed  ai  casi  della  vita,  sostenuta  da  forti  senti- 
menti col  colorito  italiano. 


(ly  Leone  Fortis  così  traccia  il  ritratto  del  Solerà  «  Alte, 
colossale,  dalle  spalle  erculeamente  quadrate,  dal  collo  tau- 
rino, che  i  solini  largamente  rovesciati  sulla  cravatta  sot- 
tile lasciavano  scoperto  in  tutta  la  sua  robusta  nudità,  dalla 
testa  voluminosa,  dalla  faccia  larga  quasi  imberbe,  dagli 
occhi  piccoli,  infossati,  ma  acuti,  penetranti,  come  punte  di 
acciaio,  con  la  lente  confitta  nell'occhio  destro,  abitudine 
che,  segnando  una  ruga  dall'occhio  al  labbro,  dava  alla 
sua  fisonomia  una  impronta  sarcastica,  dalla  voce  profonda, 
cupa,  che  si  compiaceva  di  rendere  cavernosa  con  un'ac- 
centuazione singolare,  quasi  fatidica,  misteriosa,  solenne». 


-  368  - 

Tale  linguaggio  si  potrebbe  pure  tenere  delle  poe- 
sie del  Solerà,  sebbene  forse  di  minor  merito  in  con- 
fronto a  quelle  del  Gazzoletti,  ma  condotte  con  mag- 
gior sentimento  religioso,  specie  i  due  canti  sacri, 
quello  intitolato  Iddio  e  Taltro  sulla  religione  cri- 
stiana. Un  racconto  emozionante  di  questo  autore  è 
quello  intitolato  Michelina  nel  quale  narra  le  misere- 
voli vicende  di  una  fanciulla  durante  il  choléra. 

Quanto  a  strenne  notiamo  :  La  Strenna  Teatrale 
di  Francesco  Regli,  uno  dei  redattori  del  diario  cit- 
tadino ;  la  Strenna  italiana  del  Ripamonti,  nella 
quale  ci  piace  ricordare  i  monti  di  Torno  di  Cesare 
Cantù,  la  biografia  di  Belzoni,  del  Leoni,  un  racconto 
di  Carlantonio,  del  Sala,  alcuni  Romei  del  ijjOy  del 
Col  leoni  ;  finalmente  il  Presagio  stampato  dal  Ca- 
nadelli  e  il  Non  ti  scordar  di  me  del  Vallardi. 

Una  istituzione,  che  andò  mano  mano  ingranden- 
dosi nella  nostra  città,  e  che  dobbiamo  collocare  tra 
quelle  che  favorirono  il  progresso  della  geografia, 
e  delle  scienze  affini,  è  l'Istituto  geografico  militare. 
Fin  dal  1801  esisteva  un  ufficio  topografico,  composto 
di  disegnatori  ed  incisori,  incaricato  dei  disegni  e 
dei  piani  pel  Ministero  della  guerra.  Esso  venne  grado 
grado  arricchito  di  strumenti,  e  furono  aggiunti  nuovi 
ingegneri  (i),  dovendosi  eseguire  la  Gran  Carta  Mi- 
litare delTa  repubblica  italiana.  In  seguito  a  questa  si 
eseguì  il  rilievo  idro-topografico  delle  lagune  venete, 
del  ferrarese  e  della  costa  adriatica. 

Il  palazzo  dell'Istituto  occupava  allora  la  piazza 
di  S.  Marta  (Mentana)  ed  eravi  annessa  una  stampe- 
ria, un'officina  ed  un  magazzeno  ;    contava  24  dise- 


(i)  Data  da  questo  anno   Tistituzione  del   Corpo  degli 
ingegneri. 


—  369  — 

gnatori    non  compresi  gli  allievi,  il  cui  numero  era 
indeterminato. 

L'opera  più  grandiosa  di  cui  si  occupava  allora 
era  la  carta  topografica  del  regno  lombardo  veneto. 

Si  trovava  fra  noi  lo  scrittore  francese  Balzac  ed 
era  una  ressa  per  poterlo  vedere.  Se  due  amici  s'incen- 
travano a  caso,  era  inevitabile  la  domanda,  se  l'aveva 
veduto.   Ognuno  poi  pretendeva  di  averlo  incontrato 
e  si  raccx)ntavaiio  i  più  gustosi  aneddoti.  Un  giovi- 
notto,  trovandosi  in  teatro,  ad  un  crocchio  d'amici  rac- 
contava di  essere  stato  in  grande  intimità  con  lui  a 
Vienna,  quando  entrò  un  capitano  de'  granatieri  ve- 
stito in  borghese.  Ecco  Balzac,  disse  il  giovinotto  ; 
naturalmente  non  era  lui,  ma  solo  lo  assomigliava. 
Del  resto,  ecco  il  ritratto  che  ci  danno  i  periodici  di 
allora,  a  II  signor  di  Balzac  è  piuttosto  basso  che  alto 
della  persona  ;  i  proventi  della  sua  letteratura  lo  con- 
servano florido  ed  allegro  ;   la  sua  educazione  e  la 
sua  nascita  lo  rendono  amabile  e  disinvolto  ;  i  suoi 
talenti,   spiritoso  e  vivace  ;    la  sua    fervida    imma- 
ginazione,   parlatore    fecondo,    preciso,    inesauribile. 
Una   felice  inclinazione  se  non  lo   ha  reso  fashio- 
nable  in  tutto  il  significato  della  parola,  gli  ha  fatto 
però  rinunciare  alla  lunga  capigliatura.  Non  è  bello 
e  non  è  brutto  :  ha  sotto  il  naso  una  specie  di  chiaro- 
oscuro  che  dà  qualche   lontana   idea   di  mustacchi. 
Chiome  nere  ed  incolte,  naso  savoiardo  (!)  e  due  occhi 
nerissimi,   nei  quali  si  può  leggere   compendiato  il 
fuoco  ed  il  brio  del  grande  scrittore.  Parla  con  mode- 
stia di  se,  e  speriamo  che  parlerà  un  giorno  con  lode 
anche  degli  italiani,  i  quali  lo  ammirano,  lo  festeg- 
giaao,  lo  accarezzano  e  lo  presentano  di  palchetto  in 
palchetto. 

Se  v'imbattete  per  via  con  lui,  è  impossibile  che 
GuNiTTi.  Oontstoria.  23 


—  370  — 

non  fermiate  in  esso  lo  sguardo.  Nulla  di  radiante, 
di  etereo,  di  sovranaturale  ;  ma  un  complesso  di  vita, 
d'insolito,  di  notevole,  che  non  può  facilmente  sfug- 
gire all'occhio  dell'osservatore. 

Egli  cerca  con  ansietà  i  quadri  del  Luini  e  aspetta 
un  mattino  sereno  per  salire  sul  nostro  Duomo.  Si 
direbbe  che  l'ingegno  desti  in  lui  una  tendenza  spe- 
ciale per  le  regioni  alte,  poiché  anche  a  Parigi  abita 
in  una  specie  di  specola,  dalla  quale  lo  sguardo  do- 
mina gran  parte  della  città». 

La  festosa  accoglienza  colla  quale  tutte  le  classi 
sociali  ricevettero  Balzac,  è  certo  premio  lusinghiero 
alle  sue  fatiche  letterarie,  incoraggiamento  agli  in- 
gegni, sprone  alla  emulazione  italiana  (i). 

Le  arti  e  le  industrie  fanno  bella  mostra  di  loro 
in  quest'anno  ;  ne  sono  prova  oltre  le  opere  che  si  am- 
mirano all'annuale  esposizione  di  Brera  ed  a  quella 
biennale  delle  industrie,  il  grande  finestrone  a  vetri 
sulla  porta  maggiore  della  nostra  cattedrale.  Fu  il 
professore  Sabatelli,  che  venne  incaricato  del  disegno, 
il  quale  come  ognuno  sa,  rappresenta  l'Assunta  in 
figura  colossale,  cui  fa  corona  un  gruppo  di  quattro 
angeli  più  grandi  del  vero  con  altri  tre  angioletti 
come  compimento  del  quadro.  Il  Bertini  vi  lavorò  in- 
torno per  ben  sei  mesi  :  è  un  quadro  che  raggiunge 
quasi  sette  metri  di  altezza  (6735)  per  oltre  tre  e 
mezzo  di  larghezza  (3.570),  composto  di  ben  215  pezzi, 
il  telaio  di  ferro  è  diviso  in  altri  dieci  telai,  le  con- 
nessioni dei  quali  formate  in  grosse  spranghe  sono 

(i)  Qualche  giornale  però  smentisce  in  parte  l'acco- 
glienza, anzi  taluno  giunge  a  dire  che  lo  scrittore  fu  aggre- 
dito nottetempo  da  quattro  individui  che  col  pugnale  alla 
gola  lo  depredarono  dell'orologio.  Gasttte  de  trance^  ci- 
tata dal  nostro  diario  del  19  marzo. 


—  371  — 
)struite  in  un  modo  tutto  particolare,  affinchè  non 
jssano  apparire  all'occhio. 

I  nostri  babbi  ebbero  pure  la  fortuna  in  quest'anno 
1  assistere  all'elevazione  ed  al  collocamento  della 
istiga  suir  attico  dell'arco  della  Pace.  Erano  già 
tati  collocati  i  sei  cavalli  e  gli  altri  quattro  colle 
Vittorie.  Si  trattava  ora  di  trasportare  dalla  fon- 
leria  dei  fratelli  Barigozzi  alla  Fontana,  la  statua 
la  collocarsi  nel  mezzo. 

A    tade  difficile  impresa  venne  chiamato  l'archi- 
tetto Peverelli,  uno  dei  migliori  allievi  del  Gagnola. 
Per  effettuare  il  trasporto  egli  impiegò  quel  mede- 
simo carro  meccanico,  che  già  aveva  servito  per  la 
condotta  delle  otto  colonne,  aggiungendovi  qualche 
aumento  di  armatura  onde  impedire  ogni  oscillazione 
della  statua.  Verso  le  tre  e  mezzo  del  pomeriggio  del 
i8  agosto,  essa  fu  mossa  dal  locale  della  Fontana, 
montata  sul  carro  di  trionfo,  tenuto  saldo  da  un  gran 
masso  di  granito  e  condotta  con  tutte  le  cautele  al- 
l'Arco,  dove  giunse  il  posdomani  a  sera  dopo  46  ore 
di  viaggio. 

E'  noto  che  la  fodrina  del  carro,  modellata  dal- 
l'Abbondio Sangiorgio,  è  decorata  sul  davanti  da  un 
Uofeo  e  da  due  figure  sedenti  ai  lati,  rappresentanti 
l'una,  il  genio  della  fertilità  lombarda  con  cornucopia 
e  spighe,  l'altra  il  genio  delle  belle  arti,  che  tiene  in 
una  mano  emblemi  analoghi  e  coll'altra  regge  il  ri- 
tratto del  Gagnola. 

La  statua  della  donna  è  ritta,  grandeggiante  e  si 
mostra  col  diadema  in  capo,  ravvolto  il  fianco  in 
un  paludamento  matronale.  Tiene  nella  destra  il  ramo 
d'ulivo  e  nella  sinistra  un'asta  sulla  cui  cima  è  fog- 
giata una  figura  di  Minerva 
I  II  carro  è  tirato  da  sei  corsieri,  sovranamente  mo- 
dellati ;  agli  angoli^  come  si  disse,  vi  sono  quattro  Yit- 


L 


-   372  — 

torte,  sedenti  sui  rispetti\i  cavalli  in  aUo  di  presen 
lare  con  una  mano,  una  ccrona  di  ailoro  alla  dea. 
che  fa  il  suo  solenne  ingresso  nella  capitale  lom 
barda.  I  quattro  cavalli  e  le  VilfcrU  furono  model 
lati  dallo  scultore  Putti  di  Bclogna. 

La  statua  col  l'annesso  carro  fitrcno  poi  innal- 
zali il  giorno  seguente.  Vennero  piantati  dodici  ai 
j^iìiii  disposti  in  figura  semicircolare  intomo  ali  arco. 
e  prima  di  un'ora  essa  toccò  la  piattaforma.  Vi  si  im- 
piegarono 304  uomini  di  cui  120  militari;  vi  assi- 
stevano il  governatore,  il  presidente  deiraccadeiDW 
delle  belle  arti  ed  il  nominato  architetto  (i). 

Quest'anno  la  consueta  esposizione  di  belle  arti 
fu  aixjrta  nel  maggio.  Vi  daremo  una  rapida  cors^. 
non  [)cr  farne  una  rivista  artistica,  ma  per  ricordare 
almeno  sommariamente  gli  autori  che  vi  emergevano 

Oltre  la  colossale  statua  del  Beccaria,  il  Marchesi 
vi  csi>oneva  quella  di  Carlo  Emanuele  III,  di  Ales- 
sandro Volta,  di  Goethe,  ima  Psiche  ed  una  Venere 
che  disarma  Amore.  Quest'ultimo  lavoro  dedicato  al- 
rimpcralore  Ferdinando  I  ispirò  un'ode  a  Temisto- 
(  le  Solerà  Altri  scultori  notiamo  :  il  Thorwaldsea 
il  Haruzzi,  il  Monti,  il  Benzoni  col  busto  'del  medico 
Raschi,  il  Bartolini,  il  Ferrari,  il  Labus,  il  Sangiorgio. 
il  Rusca,  il  Fraccaroli,  il  Rados,  il  Pasquali,  il  P^^' 
liliali,  il  Gandolfi,  il  Bandini,  lo  Scorzino,  Luigi  Mar- 
chesii  «  il  Croff. 

l)d  Bartolini  è  la  Fiducia  in  Dio,  che  oltre  atti- 
llare gli  sguardi  del  pubblico  e  gli  elogi  del  diano 


(  1)  In  una  nota  delle  spese  fatte  dal  Governo  per  la  città 
di  Milano,  troviamo  che  per  l'Arco  della  Pace,  compreso 
((uunto  rimaneva  da  eseguirsi,  si  preventivarono  quasi  tre 
milioni  e  cento  mila  lire. 


r^w^vr^ 


—  373  — 
ittadino,    ispirò   il   celebre  sonetto  del  Giusti  e  al 
)oeta.  IMaff ei  dei  bellissimi  versi,  che  non  sappiamo 
esister-e    atlla  tentazione  di  trascrivere  : 

Olii  t'ha  rapito,  creatura  bella, 
L'ale,  il  moto,  i  colori  e  la  favella  ? 

Tu  levasti  pur  ora  al  paradiso 

Forse  non  paga  della  terra,  il  viso. 

p*ur  or  da  quelle  tue  labbra  celesti 

La   preghiera  degli  Angeli  movesti. 

Ben  l'ufficio  de'  sensi,  e  l'intelletto 

Sospeso  è  in  te,  ma  ti  riman  l'affetto  ; 

!Nè   poi  che  l'uomo  sull'errox  si  dolse 
Con  pili  viva  fiducia  a  Dio  si  volse. 
Sei  tu  l'imago  della  speme  eterna 
Nell'eterno  dolor  che  ne  governa? 
O  non  ancor  dell'alito  immortale 
L'ultima  ti  commosse  aura  vitale  ? 
Lo  spiro  attendi  creator  del  sole 
Che  le  membra  ti  sciolga,  e  le  parole 

Oh  !  Se  il  cor  mi  fa  benda  alla  pupilla 
E  tu  non  sei  che  inanimata  argilla, 
Se  dal  ciel  non  cadesti,  e  non  ti  fea 
T  Jna  scintilla  del  Voler  che  crea. 

La  fantasia,  che  ti  scolpì  la  vita 
Vide,  in  arcana  vision  rapita. 

L'angelo  dell'amore  e   del  perdono 
Così  comporsi  dell'eterno  al  trono  (i). 

Nella  pittura  emergono  il  Podesti,  il  Liparini,  l'A- 
r lenti,  il  Sogni,  il  Narducci,  il  Lucchini,  lo  Schiavoni, 
il   Gonin,  il  Molteni,  il  Benevello  ed  il  Manzoni. 

Fra  i  paesisti  notiamo  l'Azeglio,  il  Bisi,  il  Mi- 
gliaia,   Marco    Gozzi,   Antonio   Marinoni,    Federico 


(i)  Di  questa  poesia  si  volle  la  traduzione  in  inglese  a 
cui  si  prestò  il  signor  Marcello  Manzoni.  Vedi  Gassetta 
di    Milano, 


—  374  — 

Nerly,  Michele  Maestrani,  il  Conte  Rinaldo  Belgio - 
ioso,  Roberto  Garavagliai,  Bernardo  de  Bemardis, 
Francesco  Milani,  Giambattista  DelPAcqua  ;  in  tutto 
ii6  opere.  Dobbiamo  poi  aggiungere  una  lode  spe- 
ciale pei  dipinti  a  smalto  del  Bagatti  Valsecchi  ;  ecl 
a  proposito  di  dipinti,  notiamo  che  viaggiava  in  que- 
st'anno per  ritalia  certa  Jaquotot,  celebre  pittrice  sulla 
po^rcellana,  per  copiare  i  nostri  sommi  maestri  e  tale 
fu  l'entusiasmo  che  destò  pe'  suoi  lavori,  che  un  certo 
numero  di  amatori  si  raccolsero  per  acquistarne  pa- 
recchi. Sii  decise  che  le  oompere  fatte  saranno  de- 
positate in  un  gaibinetto  apposito  della  nostra  Ac- 
cademia di  belle  Arti  ed  il  nome  di  quelli  che  avranno 
contribuito  a  tali  compere,  sarà  dipinto  in  oro  sopra 
apposita  tabella  layorata  dalla  stessa  artista. 


E  vogliamo  ancora  notare  essere  stato  quest'anno 
in  cui  si  gettarono  le  fondamenta  di  un  museo  arti- 
stico. Chi  entra  dalla  porta  del  palazzo  di  Brera  sulla 
piazzetta  dove  sorge  la  statua  del  pittore  Hayez,  fatti 
pochi  passi,  trova  a  destra  una  porta  la  quale  mette 
ora  nel  museo  di  antichità  ;  allora  quella  grande  sala 
serviva  di  cappella  agli  studenti  del  ginnasio  e  di 
umanità.  Vi  si  celebrava  messa  ogni  mattina  dal  pro- 
fessore di  religione,  e  le  centinaia  di  allievi  si  dispo- 
nevano in  bell'ordine  nelle  panche  della  nave  di 
mezzo.  In  questo  anno  fu  una  sorpresa  per  gli  scolari, 
poiché  in  una  delle  minori  navate,  quella  a  destra,  si 
collocarono  pietre  antiche  che  avevano  iscrizioni,  e 
statue  rinvenute  nella  demolizione  dell'arco  di  Porta 
Orientale  ;  si  raccolsero  molti  marmi  sparsi  qua  e  là, 
già  appartenenti  alle  demolite  chiese  di  Milano,  pa- 
recchi lavori  del  Balduccio,  che  si  trovavano  sulla 
facciata  dell'antica  chiesa  di  Brera,  parecchi  monu- 


—  375  — 
menti,  tra  i  quali  notiamo  i  resti  di  quello  di  Gastone 
di  Foix,  quello  di  un  vescovo  e  quello  ^andioso  di 
Bernabò  Visconti.  Quest'ultimo  era  in  parte  dorato, 
specie  il  crine  del  cavallo,  alcuni  ornamenti  dell'abito 
ducale  e  la  sua  bajba  ormai  annerita  ;  quest'ultima 
gli  dà  iin  carattere  strano  che  compendia  in  certo 
modo  le  tristizie  di  quell'uomo.  Tali  furono  gli  inizii 
del  grande  museo  artistico  che  ora  ammiriamo. 

Le  manifatture  e  le  industrie  segnalano  anch'esse 
un  progresso.  I  fratelli  Manfredini,  già  altrove  no- 
minati, si  rendono  celebri  per  lavori  in  bronzo  dorato 
e  così  pure  Thomas  e  Strazza.  Le  ditte  Aubry,  Ron- 
chi e  Pandiani  apersero  una  fabbrica  in  simil  genere. 
Luigi  Bordelli  e  Gaetano  Alberti,  studiarono  di  imi- 
tare con  vasi  di  terra  dorati  e  colorati,  quelli  di  por- 
cellana. 

Nel  1834  erano  già  apparsi  per  la  prima  volta  al- 
respK>sizione  industriale  i  saggi  di  porcellana  della 
fabbrica  Tinelli  a  S.  Cristoforo  :  il  Lepori  lavorò  alle 
tegole  piane  :  Giambattista  Brusa  alle  piastrelle  nere 
per  pavimento  :  il  Bertini  ai  vetri  istoriati  e  con  que- 
sti gareggia  il  Sabatelli  :  Luigi  Invernizzi  trovò  modo 
di  pingere  i  vetri  a  vernice. 

La  mostra  biennale  di  quest'anno,  un'istituzione 
che  faivoriva  il  miglioramento  delle  nostre  manifat- 
ture, ed  incoraggiava  l'introduzione  di  nuove  mac- 
chine, fu  larga  di  premi. 

Nell'agricoltura  si  decretarono  distinzioni  all'in- 
gegnere Parea,  a  Giovanni  Agliardi  ed  alla  memoria 
del  duca  Carlo  Visconti  di  Modrone,  per  migliora- 
menti agricoli. 

Pensiero  utile  fu  quello  della  ditta  Gaetano  Ve- 
nino  e  figlio  e  del  Piccaluga  di  utilizzare  i  cascami 
di  seta,  che  prima  si  gettavano,  o  si  vendevano  a  vilis- 


-  376  - 

Simo  prezzo.  Codesti  industriali  trovarono  modo  dì 
filarli  e  così  furono  messi  in  commercio. 

Giovanni  Lamberti  espose  stoffe  di  seta  lisce  ed 
operate,  miste  con  lana  ;  Osnago,  lampas,  damaschi 
e  stoffe  spolinate  in  oro  ;  Domenico  Argenti^  velluti  ; 
Paolo  Uboldi,  maglie  in  seta  a  trafori  ed  a  disegni  ; 
Adolfo  Rosselet,  blonde;  i  fratelli  Galbiati,  veli  e 
tulli  ;  Antonietta  Mentaschi,  saggi  di  tulli  lavorati 
a  maglia  ;  Carolina  Peroni  e  Giovannina  Clementi, 
saggi  di  finissimi  rammendi  di  merletti.  Ed  è  bene 
sapere  che  a  queste  esposizioni  si  ricevevano  anche  la- 
vori di  fanciulle  di  collegio  :  notiamo  una  Manetta 
Broglio  di  14  anni,  che  espone  un  ricamo  rappresen- 
tante un  eremitaggio  ;  il  collegio  femminile  di  certa 
Rachele  Lucini,  altro  bellissimo  ricamo  rappresentante 
Agar  nel  deserto  e  via  via. 

E  girando  sempre  in  questa  esposizione  notiamo 
Ferdinando  Turina  di  Casalbuttano  e  Gaetano  Ghi- 
doli,  che  mandarono  due  diverse  macchinette  per  tri- 
turare la  foglia  del  gelso. 

A  migliorare  la  trattura,  la  filatura  e  l'incannatura 
della  seta,  presentarono  macchine,  Giovanni  Rivi, 
Giuseppe  e  Teodoro  Milesi,  Benedetto  Proserpio, 
Ignazio  Giuseppe  Ratti,  l'ingegnere  Giovanni  Grassi, 
il  Marliani,  il  Pirovano,  il  Bramati  ecc. 

Per  lavoro  di  pelli  si  distinguono  Baldassare  Pe- 
regalli,  Gaetano  Galli,  che  espone  pelli  lucide,  Carlo 
Elli  pelli  impenetrabili,  Stefano  Speluzzi  fece  dei  car- 
toni levigati  con  macchie,  che  imitavano  le  venature  di 
legni  esotici.  Il  Molina  è  premiato  per  la  sua  fabbrica 
di  carta  ;  Gairlo  Caldi  per  la  fabbrica  di  scatole  ;  Ri- 
pamonti Carpano,  per  oggetti  di  cancelleria  ;  Bernar- 
dino Speluzzi,  per  lavori  in  materie  di  madreperla  ; 
Celestino  Vaili ard,  per  tabacchiere  di  radica  di  varie 
f  oggie  ;    Valente  De-Gregori  per  mobili  intagliati  ; 


-  377  - 
Frattini  e  Cattaneo  per  lavori  alFuso  chinese  ;    Se- 
rafino Corvi,  per  intarsi  a  chiaroscuro  ;  Alfonso  Ges- 
saia, per  preparazioni  di  legname  da  lavoro  ;    Co- 
lombo, per  la  fabbrica  d'armi  da  fuoco  ;    Calabresi, 
per  acciarini  da  fucile  ;  Giuseppe  Console,  per  pistole 
militari  ;   Francesco  Bonomi,  per  imbalsamazione  di 
animali  ;  Giuseppe  Pagani,  per  la  preparazione  delle 
pietre  litografiche  ;  Angelo  Soldati  di  Venezia,  per 
colori  preparati  ;  la  ditta  Vassalli,  per  saggi  litogra- 
fici ;   Luigi  Monti  e  Giovanni  Siley,  per^saggi  calli- 
grafici ;  Carlo  Grippa,  maestro  farmacista  presso  la 
ditta  Stagnoli,  per   preparati  medicinali  ;    Giustino 
Bouthon,  per  dolci  ;  il  Durand,  che  conoscemmo  vec- 
chio nella  galleria   De  Cristo foris,  per   cosmetici  e 
profumerie;  la  ditta  Martin,  per  la  filatura  dei  ca- 
scami di  cotone  ;  Pescini,  per  tessuti  di  lana  con  fiori 
e  figure  ad  uso  dei  grandi  taippeti  ;  Vigano,  per  la 
confezione  di  tovaglie  ad  usò  Fiandra  ;  Carlantonio 
Galbusera,  per  perfezionamento  di  violini  ;   i  fratelli 
Barigozzi,  per  la  fusione  dei  metalli,  specie  quelli  im- 
piegati per  le  campane  ;  Mondellini,  per  strumenti  di 
chirurgia  ;  il  Brenta  ed  il  Consonni,  per  istrumenti  di 
ottica  (i). 

E  questo  risveglio  nelle  arti  e  nelle  industrie  giovò 
assai  anche  alTedilizia.  Abbiamo  accennato  nel  ca- 
pitolo precedente  ai  lavori  compiuti  nella  chiesa  della 
Madonna  del  Castello,  quest'anno  è  la  volta  dell'atrio 
sopra  disegno  dell'architetto  Chiappa,  e  si  parla  an- 
cora del  nuovo  tempio  da  erigersi  a  S.  Carlo  in  sosti- 
tuzione dell'antica  chiesa  dei  Servi.  Fu  collaudato  il 


(i)  Chi  desidera  maggiori  particolari  in  proposito  può 
consultare  la  Gazzetta  di  Milano  dell'anno. 


-  378  - 
disegno  deirAmati,  e  deciso  che  il  comune  vi  contri- 
buirebbe per  300  mila  lire  ;  quanto  al  rimanente,  il  go- 
verno autorizzò  la  fabbriceria  a  fare  appello  alla  ca- 
rità cittadina.  Sono  promotori  oltre  il  parroco  Amati, 
fratello  dell'architetto,  l'avvocato  Francia,  Antonio 
Pavesi,  Luigi  Brocca,  Giovanni  Battista  Gavazzi  e 
Carlo  Ubicini  (i). 

Una  delle  opere  grandiose,  che  provano  ancora 
una  volta  quanto  la  nostra  città  fosse  inesauribile 
nella  sua  beneficenza,  fu  il  riattamento  del  pio  al- 
bergo Trivulzio,  in  modo  che  il  numero  dei  ricove- 
rati da  duecento  salì  a  cinquecento. 

Profittando  di  lasciti,  «su  disegno  del  Pizzagalli, 
fu  elevato  di  un  piano  il  fabbricato  verso  la  via  della 
Signora,  e  si  unirono  le  due  infermerie  degli  uomini 
e  delle  donne  di  una  lunghezza  complessiva  di  brac- 
cia milanesi  270  e  della  capacità  di  200  letti.  In  mezzo 
ad  essa  si  eresse  una  cappella  con  altare  per  la  cele- 
brazione  della  messa  :  a  questa  cappella  mette  capo 
un  magnifico  scalone.  La  facciata  verrà  continuata  e 
tolto  lo  sconcio  angolo,  che  allora  la  deturpava,  pro- 
prio di  fronte  al  corso  di  porta  Tosa  (P.  Vittoria). 

Tutto  ciò  quanto  all'esterno  ;  circa  ai  lavori  intemi, 
ai  ventilatori,  già  esistenti,  si  aggiungeranno  degli 
sfiatatoi  a  seconda  dell'ampiezza  dei  dormitori  ed  a 


(1)  E'  da  notarsi  che  in  generale  i  sottoscrittori  di  som- 
me in  sussidio  o  per  spese  ai  colerosi  avevano  messo  per 
clausola,  che  ove  non  tutto  il  fondo  versato  fosse  esaurito, 
l'avanzo  venisse  passato  per  l'erigendo  tempio  di  S.  Carlo 
e  pel  momento  alla  Fabbriceria  delfa  Chiesa  dei  Servi.  Fu 
questa  una  condizione  che  diede  origine  a  parecchi  con- 
trasti col  Municipio.  La  Fabbriceria  prese  naturalmente  le 
parti  degli  offerenti  e  pretese  dal  Municipio  una  somma 
non  indifferente  che  ammontava  a  circa  40  mila  lire  e  la 
lite  si  trascinò  avanti  fino  al  1842,  terminandosi  con  una 
transazione. 


—  379  - 

raggiungere  r^ual  scopo  si  innalzerà  il  soffitto  di 
un  dormitorio  soverchiamente  basso.  Si  aggiungeran- 
no pure  appositi  camerini  per  bagno,  ed  affinchè  non 
manchi  mai  l'acqua  ai  molteplici  bisogni  dello  stabi- 
limento, essa  verrà  diramata  con  appositi  serbatoi  in 
modo  che  in  ciascun  locale  si  scarichi  in  determinati 
recipienti  di  sasso,  non  mediante  maneggio  di  tromba, 
ma  con  semplice  rubinetto. 

Fu  in  questo  anno  che  ai  calzoni  corti  vennero  so- 
stituiti i  pantaloni  ed  alla  scairpa  si  sostituì  una  spe- 
cie di  stivaletto  sopra  cui  cadeva  l'attuale  pantalone. 
Si  aumentò  pure  il  trattamento  dietetico  aggiun- 
gendo un  piatto  alla  cena,  oltre  la  minestra  ed  un  bic- 
chiere di  vino,  oltre  i  due  consueti. 

Per  terminare  diremo  che  il  principio  del  nuovo 
fabbricato  e  parecchi  miglioramenti  nella  parte  disci- 
plinare debbonsi  all'avvocaito  Lorenzo  Prinetti,  presi- 
dente dell'Istituto,  e  dobbiamo  pur  notare  i  cospicui 
lasciti  di  cui  si  arricchì  in  questi  ultimi  anni.  Un  Man- 
dei  li  legò  mezzo  milione  di  lire,  la  contessa  Schiaffi- 
nati  350  mila. 

Altro  lavoro  di  abbellimento  venne  pure  eseguito 
al  nostro  vecchio  teatro  Re,  e  non  sarà  discaro  ai  let- 
tore il  sapere  come  esso  fu  ridotto  nell'agosto  di  que- 
st'anno, che  dalla  sua  apertura  il  proprietario  signor 
Carlo  Re  non  aveva  fatto  grandi  mutamenti. 

I  parapetti,  il  proscenio  e  tutte  le  parti  più  in  vista 
furono  ricoperte  da  una  tinta  biancastra  ed  uniforme  ; 
un  festone  dorato  a  fasci  qua  e  là  allacciati,  divideva 
tutti  gli  ordini  dei  palchi  ed  un  cordone  dorato,  in 
rilievo  ad  ovoli,  girava  intorno  chiudendo  i  parapetti, 
in  mezzo  ai  quali  ammiravansi  di  distanza  in  distanza 
in  bassorilievi  graziosi,  emblemi  teatrali  pure  dorati. 
Parimenti  al  proscenio  semplici  cordoni  in  oro  in- 
trecciati ad  ornamenti  sostenevano  tratto  tratto  a  giù- 


-^a      LI  I  P"«| 


-    380    - 

ste  distanze  piccoli  medaglioni  a  fondo  dorato  con 
ritratti  in  bassorilievo  a  vernice  biancastra. 

A  questa  semplice  ed  insieme  gentile  decorazione 
davano  risalto  le  cortine  rosse  dei  palchi,  ornate  di 
una  breve  frangia  sostituita  ad  un  grande  orlo  nero. 

Il  cielo  rappresentava  un  velario  attaccato  ad  un 
festone  a  fasci,  dorato  e  simile  a  quello  che  divideva 
gli  ordini  dei  palchi,  ed  esso  paire  aveva  Torlo,  di- 
pinto in  rosso,  affinchè  il  tutto  dovesse  armonizzare 
colle  pareti.  I  pittori,  Giuseppe  Catena  e  Gaetano 
Borgocarati,  l'arricchirono  poi  di  vaghe  figure  dan- 
zanti, di  amorini,  di  medaglioni,  di  emblemi  e  di  trofei 
chiusi  airintorno  da  ghirlande  che  avevano  tutto  il 
brio  del  colorito  e  la  castigatezza  del  disegno. 

Nel  mezzo  era  una  lumiera  di  18  fiammelle  inge- 
gnosamente distribuite  perchè  potesse  anche  aumen- 
tarsi all'uopo  la  luce  con  illuminazione  a  cera  ;  fu 
pure  riformata  la  scenografia,  già  di  troppo  antica. 
A  tutti  i  lavori  presiedette  il  pittore  Scinquirico.  Il 
teatro  così  ammodernato  si  inaugurò  colla  Norma  il 
26  dell'agosto  ;  vi  agivano  la  Feron  e  il  Tatti. 

Un  altro  lavoro  in  cui  l'architettura,  la  floricol- 
tura ed  il  buon  gusto  concorsero  a  renderlo  pveg^- 
vole,  fu  là  costruzione  del  giardino  del  dottor  Luigi 
Sacco  in  strada  (ora  via)  Monforte.  In  quelle  serre 
era  un'eterna  primavera  Egli  raccolse  una  famiglia' 
di  ben  dieci  mila  camelie,  ospitando  a  Milano  le 
prime  camelie  che  vi  si  portarono.  Uintero  giardino 
era  racchiuso  fra  pareti  di  legno  e  di  vetro  :  sotto  1 
viali  correvano  dei  tubi  conduttori  di  calore  artifi- 
ciale, per  tutta  la  distesa. 

Mettendo  piede  nell'atrio  del  giardino,  si  apriva 
davanti  una  scena  variata  di  verdura  e  di  fiori  ;  il  vi- 
sitatore si  vedeva  assiepato  da  camelie  che  disposte 
in  numerose  gradinate  vestivano  tutte  le  pareti  di 


—  38i  — 

fiori  e  foglie;  qui  vedevansr  piante  giapponesi,  ed 
agrumi  ;  più  avanti  un  breve  poggio  di  roccia  e  di 
terra  tutta  coperta  di  verde.  Una  strada  più  ampia 
fiancheg-giava  la  collinetta  e  si  alzava  in  dolce  pendio 
ridente  di  molteplici  filari  di  camelie  riuscendo  alla 
parte  più  erta  del  luogo.  Ivi  alcuni  sedili  invitavano 
al  riposo,  e  parecchi  specchi  ripetevano  la  &el vetta  fio- 
rita. Alcune  finestre  a  vetri  dipinti  limitavano  il  giar- 
dino e  lo  garantivano  dalla  temperatura  e.stenia. 

Ritornati  per  diverso  sentiero  al  l'ai  rio  s*  incon- 
trava un'altra  serra,  che  serviva  di  braccio  alla  prima, 
dappertutto  camelie  a  josa  Se  ne  contavano  25  di 
alto  fusto  in  piena  terra  e  50  in  vasi  ;  in  tutto  400  var 
rietà  (i). 

Le  strade  ferrate  però  erano  ancora  da  1  arsi.  Fu- 
rono compilati  i  progetti,  presentati,  collaudati,  ap- 
provati, ma  i  nostri  babbi  videro  spirare  quest'anno 
senza  che  nessuna  di  esse,  neppure  quella  da  Milano 
a  Monza,  fosse  compiuta,  poiché  è  da  saj  >ersi  che  pri- 
ma si  propose  una  via  ferrata  fra  Mihmo  e  Como» 
quindi  un'altra  fra  Milano  e  Venezia  che  doveva  es- 
sere chiamata  col  pomposo  nome  di  Fcrdinandeai 
quindi  altra  da  Milano  a  Monza  :  quest'ultima  era  il 
tronco  che  in  seguito  sarebbesi  continuato  fino  a 
Como. 

In  quest'anno  però  fu  concessa  X  n  pprovazione 
della  Società,  che  si  era  già  formata  nel  1 83(3.  11  ca- 
pitale doveva  essere  di  50  milioni,  suddiviso  in  cin- 
quanta mila  azioni,  e  intanto  che  si  raccoglievano  k 


(i)  Un  Giulio  Sacco  aveva  regalato  quest'Anna  alla  no- 
stra Pinacoteca  due  quadri;  uno  rapprese ntantt^  la  B,  V. 
col  Bambino,  di  scuola  leonardesca  ;  l'altro  la  morte  di  Ca- 
tone, di  Salvator  Rosa. 


—  3^2  — 

firme,  cominciavano  le  operazioni  geodetiche,  la  di- 
rezione delle  quali  era  affidata  all'ingegnere  Milani. 

Ed  eccoci  ai  cenni  necrologici. 

Le  belle  arti  e  la  geografia  perdettero  uno  dei  loro 
più  felici  coltivatori,  GAUDENZIO  BORDI GA.  Nacque  a 
Varallo  nel  1772»  e  compiuti  gli  studi  di  belle  lettere 
e  deijjli  eleinenti  del  disegno,  fu  col  fratello  Bene- 
detto a  Milano.  Studiosissimi  ambedue  dei  lavori 
gec^grafici,  vennero  dall'esercito  francese  prescelti  per 
l'incisione  della  carta  d'Italia  di  Bacler  Dalbe.  Il  Gau- 
denzio fu  al  nostro  istituto  geografico  militare  colla 
carica  di  capo  incisore,  e  dall'imperatore  Francesco  I 
meri  tossi  la  medaglia  d'oro. 

Fra  i  molti  lavori  si  ricordò  del  suo  luogo  nativo, 
Varallo  e  fu  tra  i  più  zelanti  promotori  di  quella  ac- 
cademia. Pubblicò  notizie  intomo  a  Gaudenzio  Fer- 
rari suo  compatriota,  lavoro  che  dedicò  alla  Vicere- 
gina. Moriva  nel  gennaio  a  65  anni. 

Nel  marzo,  nella  chiesa  di  S.  Fedele  si  celebravano 
le  esequie  di  un  ricco  ed  onesto  cittadino,  CESARE 
GaRGANTINI,  morto  fin  dal  febbraio.  Fu  ideatore  e  di- 
segnatore del  mausoleo  che  si  eresse  nel  mezzo  della 
chiesa,  il  nostro  Sanquirico.  Sopra  uno  zoccolo  spor- 
gente, dove  erano  lateralmente  collocati  quattro  ric- 
chi candelabri  di  finto  bronzo,  ornati  di  sculture  do- 
rate, ergevasi  un  corpo  quadrato,  decorato  alle  due 
fronti  opposte  con  quattro  imponenti  cariatidi  isolate, 
che  formavano  due  vestiboli,  sostenendo  i  frontespizi, 
In  esso  trovavasi  la  cella  sepolcrale  alla  quale  ave- 
vasi  accesso  da  due  portine  nelle  fronti,  chiuse  da  im- 
poste traforate  di  finto  bronzo.  L'cissieme  era  coro- 
nato da  ricca  trabeazione. 

Nell'aprile  moriva  GIOVANNI  Rasori,  autore  della 
teoria  della  fiogosi,  libro  di  cui  ebbe  il  dispiacere  di 


r 


~  383  - 

non     aver   veduto  terminata  la  stampa.  Era  nato  a 
Pajrma  nel  1766  ed  ebbe  per  genitore  un  distinto  chi- 
mico, direttore  della  farmacia  cittadina,  il  quale  fu 
il    suo  primo  maestro.  La  sua  valentia  nelle  scuole 
gli   ottennero  dal  duca  una  borsa  di  studio  per  per- 
fezionarsi  all'estero.  Fu   a  Firenze  allo   spedale  di 
S.    Maria  Novella,  dove  acquistò  l'amicizia  di  Fon- 
tana, di  Targioni  e  di   Gianetti  (i);    nel  '91   passò 
all'università  di  Pavia,  e  due  anni  dopo  si  recò  in 
Inghilterra,  dove  stette  fino  al  1/95.  Nel  ritorno  si 
fermò  a  Milano  dove  pubblicò  il  Giornale  degli  aìnici 
della  libertà,  e  fu  nominato  rettore  dell'Università 
pavese,  divenne  professore  di  patologia  e  nel  1798 
fu   chiamato  ancora  a  Milano,  quale  segretario   ge- 


(i)  Giovanangelo  Maria  Gianetti  fu  già  medico  insigne 
all'ospedale  di  S.  Maria  Novella.  Una  bella  lapide  collo- 
cata in  una  delle  cappelle  lo  ricorda  alla  posterità. 


A.  it.  ". 


MICHAELL   ANGELO*   GIANETTI,    BARGAEO 

Hf.   HEGIO.    S.^e    MARI  A  E,    NOVAK*    JVOSOCOMIOé    FLORENTIAT; 

PHISLOLOGIAE.    PROFESSOR  F.   PUBLICO. 

OMMIGENA.    ERUDITIOTE,    MIRA,    DICENDl.    LOPIA 

POESEOS,    EXTEMPORALIS*    PRAESERTIM.   FACULTATE, 

OPUM  CONTFMPTU 

ET*   FUILOSOFMICA.    SENTIUNDI    AC,    lUDICANDI   LIBERTA  TE 

S^EMIKl  SEC  UN  DO 

QUEM-   MORS.   ACERBA.  L.   AETATIS.    SUAE.   ANNO 

Vili  lOUS-   lUMT.    A.    R.    S.   MDCCICVI 

RAPUIT 

AMICL    MOEH.ENTES 

IN,   GRATL   ANL\11.   O&SEQUIAM 

P,  R 


-  384  - 

nerale  del  ministero  deirinterno,  ma  appena  un  anno 
dopo  si  dimise,  e  ritornò  al  suo  posto. 

Dopo  la  battaglia  di  Marengo,  si  stabilì  definiti- 
vamente a  Milano.  Fu  capo  delle  due  grandi  cliniche, 
che  allora  vi  esistevano  (luna  allo  spedale  maggiore, 
l'altra  a  quello  di  S.  Ambrogio),  gettò  le  basi  della  sua 
nuova  dottrina  conosciuta  sotto  il  nome  di  contro  sti- 
molo. 

Coinvolto  in  una  cospirazione  militare  contro 
l'Austria,  fu  arrestato  nel  divembre  del  18 14  e  con- 
dotto nella  fortezza  di  Mantova,  dove  tradusse  pa- 
recchie opere  dal  tedesco.  Reso  alla  libertà,  l'arte  me- 
dica fu  la  sua  sola  occupazione. 

Era  di  corpo  magro  e  agile,  viso  pallido  e  scarno, 
occhi  a  fior  di  testa  e  fronte  larga.  Vestiva  sempre  ri- 
cercato. Moltissime  sono  le  opere  edite  da  questo 
scienziato  ;  ne  qui  staremo  a  numerarle,  rimandando 
chi  desidera  maggiori  notizie  alla  Vita  del  Rasori, 
scritta  dal  Chiappa,  e  al  Tipaldo,  Biografia  degli 
italiani  illustri. 

A  chiudere  questo  cenno  biografico,  ristampiamo 
un  sonetto,  che  fra  le  molte  produzioni  poetiche  allora 
scritte,  ci  sembra  non  indegno  d'essere  ricordato.  Ec- 
colo : 


Rasori  non  è  più?...  Anzi  egli  vive 
Immortalmente  nelle  dotte  carte, 
Onde  fra  i  sommi  della  Medie*  arte 
Maestri  il  nome  suo  da  Clio  si  scrive. 

Oltre  r  alpe  oltre  il  mar,  che  '1  fin  descrive 
Del  bel  Paese  ch'Appennin  biparte. 
Tali  ha  del  suo  saver  scintille  sparte. 
Che  mai  per  tempo  non  saran  men  vive. 

Già  tacque  invidia,  de'  minori  ingegni 
Sfogo,  men  che  tormento  :  e  se  non  ebbe 
Corone  il  capo,  avrà  *1  cenere  fiori. 


-385- 

E  fin  eh*  in  uman  core  il  desir  regni 
Del  viver,  ch'anche  in  duolo,  a'  pochi  increbbe 
Del  pari  Esculapio  andrà  da  Rasori. 

Il  cav.  Giovanni  Migliara,  pittore.  Era  nato  nel 
1785    ad    Alessandria    in    Piemonte,    frequentò    le 
scuole  di  Brera,  e  sul  principio  dipinse  per  scene  da 
teatro.    Fu  paragonato  al   Canaletto,  e  forse  egli  è 
preferibile  per  la  delicatezza  del  tocco  e  la  correzione 
del  disegno.  Il  re  di  Sardegna  gli  conferì  il  titolo  di 
pittore  di  gabinetto.  Nel  1829,  Alessandria  fece  co- 
niare una  medaglia  in  suo  onore.  I  suoi  quadri,  nei 
quali  l'architettura  occupa  un  gran  posto,  sono  nume- 
rosi nelle  gallerie  del  Piemonte  e  della  Lombardia  ; 
ordinariamente  sono  vedute  di  città,  edifici,  o  scene. 
La  duchessa  ROSA  Serbelloni,  donna  di  esimie 
e  modeste   virtù.    Nacque  in  Vienna  nel  luglio  del 
1754,  fu  moglie  al  conte,  quindi  duca  Alessandro  Ser- 
belloni. Per  la  sua  condizione  e  le  sue  qualità  perso- 
nali, fu  decorata  della  croce  stellata,  e  nominata  dama 
d'onore  dell'im-peratrice  e  della  nostra  Corte  vice- 
reale. Molto  onorata  e  ben  voluta  dai  principi,  i  suoi 
natali  e  le  sue  amicizie  contribuirono  a  meglio  far  ri- 
saltare la  benignità  e  la  modestia  del  suo  animo. 

Rimasta!  vedova  nel  1826,  si  restrinse  sempre  più 
nella  compagnia  de'  suoi  congiunti  e  di  pochi  eletti 
amici  :   mancò  a  83  anni. 

Il  conte  Giberto  Borromeo,  maggiordomo,  con- 
sigliere intimo,  cavaliere  del  toson  d'oro  ;  contava 
80  anni.  Era  nato  in  Milano  nel  1751  ;  nel  '78  rimasto 
privo  del  padre,  andò  al  possesso  dell'ampia  eredità 
de'  suoi  maggiori,  e  la  bella  fama,  che  già  correva  di 
lui,  fece  sì  che  gli  fossero  confermati  anche  in  sì  gio- 
vine età  il  titoli  e  le  cariche  che  onoravano  il  defunto 

GiANETTi.  Cronittoria.  25 


-  386  - 

genitore.  Fu  aggregato  ai  60  decurioni,  e  scelto  fra  uno 
dei  12  componenti  il  tribunale  di  provvisione,  creato 
ciambellano  da  Maria  Teresa  e  feudaitario  di  Macca- 
gno  da  Giuseppe  II  ;  Vittorio  Amedeo  di  Sard^^na, 
lo  arricchì  dei  feudi  di  Cannobio,  di  Arona,  e  d'altri 
paesi  sulle  rive  del  Lago  Maggiore. 

Nel  1790  tolse  in  moglie  una  marchesa  Cusani. 
Sopravvenne  la  rivoluzione  ed  il  dominio  francese 
ed  ebbe  le  noie  dell'esilio.  Fatto  libero,  volò  alle 
sue  isole,  ma  dovette,  ancora  fuggiasco,  andai  ra- 
mingo per  quelle  valli. 

Mutato  il  governo,  nuovi  onori  lo  attendevano  in 
patria.  Fu  membro  della  reggenza  provvisoria  di  go- 
verno, due  volte  ambasciatore  straordinario  presso 
la  S.  Sede  e  fece  le  veci  dell'Imperatore  stesso,  come 
vedemmo,  tenendo  al  sacro  fonte  un  neonato  del  vi- 
ceré. 

Ritiratosi  dai  pubblici  uffici,  si  recò  fra  i  suoi  a 
beneficare  i  poveri  :  e  fu  loro  Icirgo  non  solo  di  con- 
sigli, ma  ben  anche  di  sussidi  ;  e  aiuti  pure  avevano 
le  chiese  e  nella  vasta  estesa  de'  suoi  tenimenti,  quasi 
ogni  terra  ha  memorie  che  ricordano  la  sua  pietà. 

Splendidi  riuscirono  i  funerali,  celebrati  a  S.  Ales- 
sandro, onorati  dalla  presenza  del  conte  Governatore, 
dei  grandi  uffiziali  della  Corona  e  dei  consiglieri  in- 
timi. 

Sulla  facciata  della  chiesa  parata  a  lutto  vedevasi 
lo  stemma  di  famiglia  ed  un  ampio  cartello  che  re- 
cava la  seguente  iscrizione  : 

Gibertum  Renati  III  fiL.  Borromeum  qui  et  An- 
sius  com.  —  e  procerìb.  Hispaniar.  ordinìs  pìwx  — 
eq,  veliere  aureo  eq,  ordinis  Mariae  genitricis  Dei  àt- 
signatae  —  eq.  maiirìcianum  cruce  magna  gemmato^ 
exornatum  ab  admissionib,  et  a  poenitentiorib.  const- 
liis  aug.  —  summum  per  Langobardiam  Venetiam^tic 


-  38?  - 

magistrum  ojficiorum  domus  amtruicae  —  oratoftm 
imp,  et  regis  Francisci  I  aug  ad  Pium  VII  e£ Leonem 
XII  Pontifices  maximos  —  legatum  eius  ad  impo- 
nendas  albas  farentum  vice  fratris,  filìae  fife  abluen- 
dae  —  item  legatum  Ferdìnandi  V  regis  Hungarid 
ad  excipiendam  nuptarum  Mariani  Carolinam  —  Vie- 
tori  Emanuelis  Regis  Sardiniae  fUiam  —  Virum 
prestantissimum  —  eoq,  nomine  presentia  Caroli  Fe- 
licis  Et  Caroli  Alberti  regimi  domi  konestaium  — 
quetn  —  religione  pietate^  mansuetudine  magnific^n- 
iia  liberalitate  —  posterisq.  propagala  beneficentìa 
conspicuum  —  patriae  abreptum  boni  omnes  In  gè  ni 
—  IJxor  et  Filli  requietem  aevi  beati  ad  precantes  in- 
stauratis  funerib.  prosequuntur. 

Uinterno  della  chiesa  era  tutto  a  nero  e  nel  mezKO 
sorgeva  un  alto  e  maestoso  cenotafio  ottangolare,  sor- 
retto da  basamento,  sui  zoccoli  del  quale  si  alzavano 
otto  colonne  di  finto  porfido,  ciascuna  delle  quali  re- 
cava un  tripode  fumante  d'incenso  Un  cancello  gi- 
rava airintorno  a  tutelarne  Taccesso  :  candelabri, 
lampade  e  statue  allusive  decoravano  il  mausoleo. 
Fu  lavoro  ideato  dall'architetto  Pizzala  :  il  noto 
Biorci  pubblicò  in  tale  occasione  una  Visione  poetica. 
L'ingegnere  ANTONIO  AllocCHIo,  cremasco.  Ave- 
va da  poco  oltrepassato  il  decimo  lustro.  Operosis- 
simo nell'esercizio  della  sua  professione,  fu  amabi- 
lissimo nei  modi,  sempre  pronto  ad  obbligare  chi  in- 
vocava l'opera  sua,  filantropo  senza  ostentazione,  ebbe 
l'affetto  dei  congiunti  e  degli  amici,  il  plauso  de'  suoi 
concittadini. 

Marco  Antonio  Fortis,  barone.  Ebbe  i  nataJi  ad 
Orta  nel  1749  e  fu  dal  conte  Bellcgarde  incaricato  di 
reggere  l'ufficio  fiscale  di  Milano  fin  dal  1814  ed  m 
seguito  promosso  Consigliere  aulico  e  presidente  del 
tribunale  a  Cremona,  Nel  1S28  ottenne  di  essere  col- 


i 

J 


I  .    .m'JBiin 


-  388  - 

locato  a  riposo.  Mori  quasi  novantenne,  l^ando  gran 
parte  della  sostanza  a  Sollievo  degli  infermi,  dei  po- 
veri e  degli  istituti  di  beneficenza. 

Lo  scorcio  dell'agosto  fu  di  grande  dolore  per 
gli  alunni  dell'istituto  dei  sordomuti  della  nostra 
città.  Moriva  il  rettore  di  quello  stabilimento,  don 
Giuseppe  Bagutti.  Era  nato  in  Rovio,  piccolo  vil- 
laggio del  canton  Ticino, 'studiò  a  Como,  dove  venne 
ordinato  prete  nel  1779  ed  aperse  a  Cassano  d'Adda 
una  scuola  che  fu  molto  frequentata.  Venuto  tra  noi, 
fu  nominato  archivista  alla  Congregazione  di  Carità, 
se  non  che  desideroso  di  aumentare  sempre  più  le  sue 
cognizioni,  si  trattenne  per  parecchio  tempo  a  Fri- 
burgo, dove  legò  stretta  amicizia  col  P.  Girard,  ce- 
lebratissimo  educatore.  Al  ritomo  venne  chiamato 
dal  governo  a  dirigere  la  nuova  scuola  dei  sordomuti, 
da  poco  tempo  eretta  a  R.  Istituto.  Nel  1 820  fu  a  Ge- 
nova per  visitarvi  quello  stabilimento,  vide  l'Assarot- 
ti,  il  quale  ben  volentieri  assunse  l'incarico  di  istruirlo 
nelle  nuove  mansioni  assunte  ;  anzi  dopo  alcuni  mesi 
quel  direttore  dichiarò  al  nostro  governo  che  il  suo 
allievo  era  capace  di  occupare  con  onore  il  posto  a 
cui  era  destinato.  Né  s'ingannava  :  amorevole  e  pa- 
ziente, profondamente  religioso,  senza  pregiudizi  e 
senza  ostentazione,  era  ragionevolmente  rigoroso  sol 
quando  lo  esigeva  il  bene  della  casa  aifidatagli.  Egli 
pubblicò  il  galateo  dell'Istruttore,  una  Memoria  sul- 
l'istruzione conveniente  alle  diverse  classi  di  persone. 
Sullo  stato  fisico y  intellettuale  e  morale  e  sulla  istru- 
zione ed  i  diritti  legali  dei  sordomuti.  Un'opera  più 
vastai  di  tale  genere  aveva  pure  ideato  il  Bagutti,  e 
ne  aveva  compiuto  gran  parte  :  scopo  della  medesima 
si  era  di  abilitare  ad  esser  maestro  di  sordo  muti  qua- 
lunque studioso  avesse  voluto  accingersi  a  tale  car- 


-  389  - 

riera.    Sgraziatamente  la  morte  lo   colpì  prima  di 
averla  compiuta  (i). 

Il  3 1  agosto  moriva  RINALDO  GlULlNl,  figlio  del 
conte  Giorgio  e  della  contessa  Beatrice  nata  dei  prin- 
cipi <ii  Belgioioso  d*Este.  Giovane  di  mente  acutis- 
sima, fece  parte  di  quella  eletta  schiera  che  pubblicò 
la  nota  strenna,  il  Presagio,  rivelatrice  delle  tendenze 
della  gioventù  studiosa  lombarda.  In  quella  strenna 
pubblicò  uno  studio  storico  assai  pregiato,  dal  titolo  : 
Milano  ed  Ildebrando,  Era  nato  nell'agosto  del  1813. 
Di  lui  scrisse  una  affettuosa  commemorazione  nel- 
la Rizfista  Europea  (15  febbraio  1838)  il  suo  intimo 
amico  Giulio  Carcano,  che  lo  volle  ricordare  anche 
nelle  sue  memorie  dei  grandi  (2). 

L'ingegnere  LEROY,  addetto  all'i,  r.  Delegazione 
provinciale,  nato  in  Ferrara  nel  1788.  Passato  a  Mi- 
lano, dove  suo  padre  occupava  la  cattedra  di  anatomia 
e  fisiologia  nella  nostra  scuola  veterinairia,  e  compiuti 
gli  studi,  entrò  nel  collegio  militare  di  Modena  da 
dove  usciva  col  grado  di  tenente  del  genio,  grado  che 
mantenne  anche  al  servizio  del  governo  austriaco.  Di 
salute  precaria  però,  offerse  le  sue  dimissioni  e  per 
poco  surrogò  il  padre  nella  sua  cattedra,  ma  nel  1820 
entrò  nella  direzione  delle  pubbliche  cotruzioni.  Circa 
questo  tempo  diede  in  luce  libri  d'igiene  molto  com- 
mendevoli,  sicché  nel  '29  fu  nominato  ingegnere  del- 
l'i, r.  Delegazione  provinciale  e  studiò  accuratamente 

(i)  Un  bellissimo  studio  del  Prof.  G.  B.  Ceroni,  ora  di- 
rettore dei  nostri  sordomuti,  venne  pubblicato  nel  1900 
dove  è  dato  conto  dell'opera  importante  compiuta  in  quel 
R.  Istituto  dal  suo  primo  direttore  Giuseppe  Bagutti  (Mi- 
lano, fratelli  Bocca,  editori). 

(2)  Dobbiamo  il  presente  cenno  alla  gentilezza  del  si- 
gnor Conte  Alessandro  Giulini.  Il  lavoro  di  Giulio  Carcano 
può  leggersi  anche  nel  V  volume  delle  sue  opere  complete. 
Memorie  di  Grandi  ed  Amici.  Ditta  L.  F.  Cogliati,  1894. 


-^^^-rauaateeto  II  ii»i  iWriiTti  1 


—  390  - 

la  collocazione  dei  ponti  pensili  a  fili  di  feno,  anzi 
tale  lavoro  sarebbe  stato  pubblicato,  se  la  morte  non 
avesse  troncato  il  filo  de'  suoi  giorni. 

Il  dottor  fisico  Bernardino  Locatelli.  Nato  da 
buon  casato  in  Cologno  brianteo,  studiò  con  frutto 
belle  lettere  e  filosofia  a  Vienna,  si  laureò  a  Pavia  e 
fu  per  due  anni  ancora  a  Vienna.  Nel  1829,  a  Milano 
venne  nominato  medico  condotto  nel  grosso  borgo  de- 
gli Ortolani  (fuori  di  P.  Tenaglia)  e  nel  '31,  per  in- 
carico del  governo  fu  ancora  in  Germania  a  studiani 
il  choléra.  In  occasione  del  contagio  scoppiato  nella 
nostra  città,  tanto  si  distinse,  che  per  unanime  con- 
senso venne  coniata  una  medaglia  in  suo  onore  Un 
felice  avvenire  si  pronosticava,  quando  la  morte  l'in- 
colse a  soli  36  anni. 

Nel  dicembre  moriva  l'ingegnere  LUIGI  Dari.  Era 
nato  a  Sermide  nel  1791.  Compiuti  gli  studi  delle 
lettere,  si  laureò  a  Bologna  nelle  discipline  matema- 
tiche, surrogò  il  prof,  di  fisica  nel  liceo  di  Mantova: 
e  nel  18 17  verme  ascritto  al   corpo  degli  ingegneri. 

Allora  lasciò  la  cattedra  e  attese  con  speciale  stu- 
dio all'idraulica,  divenendo  collega  del  Masetti,  già 
direttore  generale  delle  pubbliche  costruzioni. 

Nel  1830  era  ingegnere  aggiunto  di  Mantova  ;  cin- 
que anni  dopo,  ingegnere  in  capo  a  Lodi  e  nel  36  ag- 
giunto idraulico  presso  la  direzione  generale  delle 
pubbliche  costruzioni.  Fu  all'apogeo  di  si  brillante 
carriera  che  venne  colto  da  morte  a  46  anni. 

Giuseppe  De-Cristoforis,  milanese.  Orfano  ap- 
pena tredicenne  del  padre,  fu  dalla  vedova  collocato 
presso  il  parroco  di  Casanova  (Como)  pei  primi 
studi.  Nel  181 8  continuò  p-resso  gli  Scolopi  a  Vol- 
terra, dove  sviluppò  grande  inclinazione  per  la  mi- 
neralogia. Nel  1822  passò  a  Roma  colla  madre,  e  vi 
continuò  la  sua  raccolta  mineralogica.  Visitò  più  tardi 


—  391  — 

la  Francia,  strinse  amicizia  con  parecchi  dotti  e  fu 
nominato  socio  di  diverse  accademie.  Non  ritornava 
in  patria  che  nel  1837.  Stava  dando  in  luce,  aiutato 
da  altri  collaboratori,  il  suo  Cathalogus  rerum  natu- 
raliutn,  e  progettava  pure  un  nuovo  viaggio  nella 
Grecia,  nell'Egitto  e  neirAmerica,  quando  la  sera 
del  27  dicembre,  dopo  brevissima  malattia,  cessò  di 
vivere.  Aveva  appena  oltrepassato  di  due  mesi  i  34 
anni.  La  sua  ricca  raccolta  mineralogica  passò  alla 
nostra  città. 

Paolo  Manio,  nacque  il  settembre  1813  in  Milano. 
Compiuti  gli  studi  filosofici  nel  liceo  di  P.  Nuova, 
studiò  legge  all'università  pavese.  Nel  '35  fu  adetto 
quale  alunno  al  nostro  ufficio  fiscale  e  nel  novembre 
del   1837  spegnevasi  per  febbre  tifoidea.  Predilesse 
fin  da  giovinetto  la  geografia  ed  in  essa  vi  fece  studi 
seri.  Rinaldo  Giulini,  scrivendo  a  Carlo  d'Adda,  lo 
dice  un  giovane  dato  interamente  agli  studi  positivi. 
Appena  uscito  di  collegio  accorgendosi  di  non  sa- 
per nulla,  si  mise  allo  studio  con  tanto  fervore  che 
vi  passava  le  intere  notti,  bagnandosi  la  fronte  d'ac- 
qua ogni  qualvolta  gli  sopravenisse  il  sonno  ;  né  cessò 
finche  alcuni  sbocchi  di  sangue  ve  lo  costrinsero. 

In  occasione  della  laurea,  svolse  la  tesi  :  Osser- 
vazioni sulla  convenienza  delle  colonie  oltremon- 
tane.  Altro  suo  lavoro  di  carattere  giuridico  fu  la  dis- 
sertazione presentata  alla  facoltà  legale  ;  della  pro- 
prietà delle  lettere  ;  quindi,  la  genesi  del  diritto  pe- 
nale. L'avvocato  Restelli,  altra  figura  brillante  del 
nostro  risorgimento  italiano,  che  fu  legatario  dei  ma- 
noscritti del  Manio,  pubblicò  nel  1 840  un  Saggio  po- 
stumo delle  costui  opere  (i). 

(i)  DalPopuscolo  del  Prof.  Amati,  Studio  biografico  del 
Prof.  Carlo  Ravizsa.  Milano.  Tip.  Francesco  Vallardi. 


1838. 

CAPITOLO  XIV 


Fervei  opus,  —  Dolenti  note.  —  I  prodromi  dei  festeggia- 
menti. —  Poesie  d'occasione.  —  Gli  imperiali  nella 
Lombardia  ed  a  Milano.  —  Feste  e  ricevimenti  uffi- 
ciali. —  Il  trasporto  della  Corona  ferrea.  —  L'amni- 
stia imperiale.  —  Le  guardie  nobili.  —  Esercitazioni 
pompieristiche.  —  Il  corso  notturno.  —  Echi  delle  fe- 
ste. —  Riflessioni.  —  Vita  cittadina.  —  Beneficenza.  — 
Istruzione.  —  Stampa.  —  Industrie  ed^  arti.  —  Edili- 
zia e  monumenti.  —  Necrologio. 

Era  imminente  l'arrivo  del  nuovo  imperatore,  dal 
quale  i  nostri  babbi  speravano  qualche  concessione, 
lusingati  dalla  bontà  colla  quale  furono  accolte  a 
Vienna  le  Commissioni  elette  per  felicitarlo.  Milano 
si  faceva  bella!  L'Arco  della  Pace,  quasi  spoglio 
delle  sue  colossali  armature,  mostrava  compiuti  anche 
i  suoi  lati,  con  due  graziosi  fabbricati  ;  il  vecchio  Ca- 
stello sforzesco  presentaya  terminata  in  poco  più  di 
due  mesi  la  sua  facciata  verso  la  piazza  d'armi,  sulla 
quale  dovevano  essere  collocati  dodici  superbi  me- 
daglioni in  alto  rilievo,  raffiguranti  alcuni  dei  prin- 
cipali generali  austriaci  (i),  medaglioni  che  vedremo 

(i)  Furono  un  regalo  dello  scultore  Marchesi  alla  Di- 
rezione delle  fortificazioni.  Ebbe  in  compenso  dall'impe- 
ratore un  prezioso  anello  in  brillanti,  accompagnato  da 
cortesissima  lettera  del  feldmaresciallo.  Vedi  Gazzetta  di 
Milano  del  13  marzo. 


"-ap- 
presi a  sassate  died  anni  dopo  dalla  ragazzaglia  eb- 
bra   della  vittoria  delle  cinque  giornate  ;   la  nuova 
Corsia  dei  Servi  (Corso  Vittorio  Emanuele)  fu  la- 
stricata con  larghissimi  marciapiedi  ;   in  poche  set- 
timane era  stato  anche  rifatto  il  piazzale  delle  Gal- 
line e  selciate  le  vie  adiacenti  ;  presto  si  doveva  com- 
piere il  rettifilo  della  Corsia  del  Giardino  (via  Man- 
zoni). Si  parlava  anche  del  progetto  di  un  grande 
cimitero  monumentale  che  avrebbe  dovuto  erigersi 
per  servizio  della  città,  e  di  cui  si  era  pubblicato  il 
concorso  ;    il  nuovo  stradone,  allora  chiamato  reale 
e  che  da  Porta  Orientale  (ora  Venezia)  dovevai  cor- 
rere fino  alla  Villa  reale  di  Monza,  ma  che  per  allora 
toccava  appena  Loreto,  faceva  affollare  il  popolino 
che  ne  ammirava  la  magnificenza  :  di  fianco  ad  esso 
si  disponevano  i  materiali  per  la  costruzione  della 
nuova  strada  ferrata  Milano-Monza. 

In  una  parola  i  preparativi  dell'incoronazione  te- 
nevano occupati  artisti  ed  operai,  ravvivavano  l'in- 
dustria ed  il  commercio,  spingevano  gli  ingegni  al 
guadagno  ed  alle  speculazioni.  . 

Ingenti  somme  si  profondevano  per  abbellire  il 
Palazzo  di  Corte  (i),  dove  il  nostro  Hayez  dipingeva 
a  buon  fresco  il  gran  medaglione  della  sala  del  tro- 
no ;  la  ditta  Osnago,  che  pochi  anni  prima,  aveva  ot- 

(i)  Nelle  carte  appartenenti  alla  cancelleria  viccrealc 
{Archivio  di  Stato,  cartella  X.  458)  troviamo  un  quadro 
descrittivo  dello  stato  in  cui  trovavasi  questo  palazzo  e 
^^  opere  che  si  reputavano  opportune  pel  suo  riattamento. 
La  tabella  divide  i  lavori  in  indispensabili,  necessari  e 
di  maggior  decoro.  I  primi  sono  stimati  L.  36.350;  i  se- 
condi 52.010;  gli  ultimi  102.340.  Un  totale  di  quasi  191  mila 
lire  austriache.  Oltre  le  spese,  dice  la  nota,  occorrenti  in 
Gioite  fatture  di  decenza  interna  agli  appartamenti  ed  agli 
alloggi  secondari,  servibili  per  le  persone  del  seguito,  il 


I- 


fe 


—  394  ^ 

tenuto  il  privilegio  di  mettersi  al  servigio  deiri.  R. 
Casa,  mandava  le  sue  più  superbe  stofiFe  ;  una  spe- 
ciale Commissione,  incaricata  a  tale  scopo,  teneva 
carta  bianca  per  le  disposizioni  delle  pubbliche  feste, 
che  avranno  luogo  fra  Tanno,  degli  spettacoli,  del- 
l'inaugurazione dell'Arco  della  Pace,  dei  fuochi  ar- 
tificiali all'Arena,  delle  luminarie  e  dei  balli  (i). 

Pensi  il  lettore  che  si  era  ventilato  il  progetto  di 
una  piazza  Ferdinandea,  la  quale  sarebbe  stata  co- 
strutta sull'area  della  attuale  piazza  del  Campo  San- 
to, dietro  al  Duomo,  atterrando  le  case  fino  in  via 
Pattari.  L'idea  era  già  stata  discussa  in  una  seduta 
municipale  fino  dal  1825  e  esumata  dieci  cinni  dopo, 
ma  pare  che  la  votazione  non  abbia  dato  quei  risul- 
tati che  si  speravano,  e  quindi  non  se  ne  parlò  al- 
tro (2). 

Si  era  progettato  anche  di  praticare  una  galleria 
coperta  che  riunisse  il  palazzo  di  corte  alla  cattedrale, 
ma  fece  osservare  il  cerimoniere  di  corte  Luigi  Set- 
tala),  che  ciò  guasterebbe  tutta  la  piazza,  già  piccola 
per  se  stessa,  imbarazzerebbe  la  vista  al  popolo,  sa- 
rebbe d'ostacolo  alla  truppa  e  dovendo  S.  M.  portarsi 
sopra  la  gran  loggia  del  palazzo  aj  suo  ritorno,  non 
godrebbe  la  vista  de'  suoi  esultanti  sudditi  (sic),  ne 
questi  avrebbero  l'onore  di  venerare  (!)  liberamente 


cui  importo  difficilmente  si   potrebbe  precisare,    ma   che 
si  ritiene  non  oltrepassare  le  20  mila  lire. 

Quanto  all'appartamento  privato  di  S.  M.  si  propor- 
rebbero altre  130  mila  lire.  Si  aggiungano  i  ristauri,  gl| 
addobbi  e  l'arredamento  dei  palchi  negli  III.  RR.  teatri 
per  altre  67.690.  Cosichè  tutte  le  cifre  riunite  danno  un 
totale  complessivo  di  quasi  due  milioni  di  lire  (i. 988.771)' 
Il  preventivo  per  l'entrata  di  Francesco  I  costò  molto 
meno. 

(r)  Cancelleria  vicereale.  Arch.  di  Stato. 

(2)  Simile. 


—  395  — 

l'adorato  loro  padre  sovrano  ;  oltre  poi  gli  inconve- 
nienti che  ne  potrebbero  nascere,  dovendosi  in  quel 
giorno,  secondo  Tuso,  gettare  le  monete  al  popolo  (i). 
Milaino,  si  era  detto,  quest'anno  sarà  un  formi- 
colaio di  nazionali  e  forastieri,  che  oltre  mettere  la 
nota  gaia,  a  dispetto  di  tutti  i  provvedimenti  poli- 
zieschi, ci  farà  piovere  delle  buone  svanziche  nelle 
nostre   tasche. 

Pur  troppo  però  la  nota  allegra  presentava  il  suo 
rovescio,  se  c'inoltriamo  nelle  segrete  cose  dell'alta 
direzione  della  Polizia,  poiché  essa,  come  al  solito, 
uon  si  limitava  solo  alla  sorvegliaaiza  ne'  suoi  stati, 
ma  quando  trattavasi  di  ammanettare,  istruire  pro- 
eessi  e  pronunciare  o  suggerire  condanne,  qualunque 
fosse  lo  stato,  trovavasi  nel  suo  elemento. 

Una  nota  di  Sedlnitzky  al  direttore  generale  della 
polizia  a  Venezia,  in  data  appunto   del  settembre, 
mentre  fervevano  le  feste  dell'imperatore,  congratu- 
landosi dell'arresto  di  certa]  Aristea  Carrara,  sedicen- 
tesi   maritata  Abramovich,  e  delle   deposizioni  da 
essa  fatte  circa  l'esistenza  di  una  congiura  contro  il 
duca  di  Modena  ed  altri  membri  di  quella  famiglia, 
raccomanda  di   invigilare  attentamente  sulla  com- 
parsa delle  persone  indicate  nella  deposizione  della 
Carrara,  e  quindi,  ove  comparissero,  di  assoggettarle 
alla  più  rigorosa  sorveglianza,  riferendo  all'uopo  l'e- 
sito di  tale  misura. 

Constata  poi  lo  scrivente  che  la  suddetta  avventu- 
riera, le  cui  denunzie  furono  pure  comunicate  dalle 
autorità  di  Milano,  venne  riconosciuta  anche  per  rap- 
porti pervenuti  da  Zara  sul  contegno  di  certo  Man- 
fredini  Luigi,  altro  delinquente  di  stato,  avendo  essa 
'      allo  stesso,  fatto  alcune  comunicazioni  atte  a  destare 

(i)   Cancelleria  vicereale.   Arch.   di  stato. 


-396- 

contro  di  lei  gravi  sospetti  in  materia  politica.  Ri- 
chiamata da  quella  direzione  di  polizia  a  giustificarsi, 
negò  tutto  ;  tuttavia  per  la  nota  di  lei  cattiva  fama,  fu 
tradotta  a  Cattare,  e  messa  a  disposizione  di  quel  ca 
pi t anato  (i). 

E  pur  di  potere  pescare  nel  torbido;  la  polizia  ac- 
cetta anche  le  denuncie  anonime.  Una  lettera  alla  di- 
rezione delle   poste  di   Venezia,  in    data   dell'ago- 
sto (20),  avvisa  la  stessa,  che  proveniente  da  Bologna 
dovrebbe  essere  entrato  nel  veneto  certo  Naro  Perres 
di  Livorno,  nato  ebreo  e  battezzato  a  Roma  dal  car- 
dinale Patrizi,  il  quale  gli  diede  il  suo  nome  di  Be- 
nedetto, che  poi  egli  cambiò  col  sopranome  della  fa- 
miglia. E  qui  Tanonimo  traccia  in  parecchie  pagine 
la  vita,  dipingendo  il  Benedetto  come  imprenditore 
fraudolento,  spudorato,  barattiere,  che  cambiai  di  no- 
me e  di  domicilio,  a  seconda  della  piega  che  prendono 
i  suoi  interessi,  di  condotta  morale  molto  equivoca, 
lasciando  languire  la  moglie  lontana  nella  miseria, 
appaltatore,  intrigante,  ricco,  eppure  sopracarico  di 
debiti,  litigioso,  che  tentò  più  volte  di  uccidere  anche 
la  moglie,  la  quale  non  gli  assomiglia  punto.  E  dopo 
aver  detto  tanto,  l'anonimo  chiude  la  lunghissima  de- 
nuncia, aggiungendo  :  «  Molte  altre  cose  vi  sarebbero 
a  dire,  ma  si  tralasciano  per  non  tediarlo  (rammen- 
tiamo che  lo  scritto  era  diretto  al  Direttore  delle  po- 
ste) con  maggiori  lungaggini,  e  pregandolo  di  scu- 
sarmi se  a  tanto  mi  sono  ardito,  ma  ciò  è  perchè  non 
posso  vedere  che  pel  mondo  vadano  girando  tali  im- 
postori, che,  volendo  vivere  di  prepotenza  alle  spalle 
altrui,  anche  in  seguito  li  criticano  e  li  fanno  del  ma- 
le, facendoli  comparire  cattivi»  (i). 


i)  Carte  segrete.  Doc.  467. 
[2)  Carte  segrete  Doc,  480. 


—  397  — 

Inutile  dire  che  lo  scritto  venne  naandato  alla  Di- 
rezione della  Polizia,  la  quale  rispose  che  «Risul- 
tando il  Naro  Perres  possa  essersi  diretto  a  Venezia, 
si  assoggetti  a  rigoroso  trattamento  e  sorveglianza, 
respingendolo  all'estero,  ove  non*  desse  gran  conto  di 
se  e  dei  motivi  del  suo  viaggio». 

Più  importanti  sono  altri  due  documenti,  l'uno  di- 
retto dal  Torresani  alla  Polizia  di  Venezia  in  cui  si 
narra,  che  due  emissarii  del  Comitato  franco-italiano 
di  Marsiglia,  sono  partiti  per  l'Italia  con  incombenze 
antipolitiche.  Sarebbero  certi  Ambrosetti  Giannanto- 
nio  sardo  e  Camelie  Mario  francese  ;  come  segretario 
è  segnalato  certo  Vercelloni  italiano  ed  altro  Joan- 
non  Pietro  francese,  altri  studenti  Timoteo  Bauen  e 
Martino  Coane  inglesi,  sono  pure  additati  come  al- 
tri radicali.  Aggiunge  poi  il  rapporto,  che  un  altro  ri- 
fugiato, certo  Michele  Antola,  nativo  di  S.  Gregorio, 
su  quel- di  Tivoli  (Roma)  partì  pure  in  questi  giorni 
da  Marsiglia,  con  Giuseppe  Orlandi  Pontelli,  il  quale 
ultimo,  oltre  essere  un  rifugiato  politico,  è  pure  di 
una  condotta  molto  equivoca 

Raccomanda  quindi  il  nostro  direttore  di  Polizia, 
che  prenda  tutte  quelle  misure,  che  la  sua  saggezza 
potrà  suggerirgli  (i). 

Era  una  nota  abbastanza  lunga  che  l'oculato  Tor. 
resani  mandava  a  quel  degno  collega,  che  era  il  Cat- 
tanei  di  Venezia. 

L'altro  documento  è  diretto  al  governatore  Spaur 
e  riguarda  certo  Zermann,  che  dice  essere  stato  accolto 
dalla  fazione  di  Malta  come  un  martire  dello  Spiel- 
berg e  quindi  essere  venuto  in  conoscenza  dei  piani 
rivoluzionari  della  nuova  setta  la  Vedovella^  desti- 
nati a  scoppiare  tra  breve    in  Italia.   Era   venuto  a 

(i)  Doc.  Carte  segrete  documento  380. 


:r.3nf  d.  recais:  in  Francia,  onde  pro- 
esistenza,  ma  sembra  cbe  taluni 
•  :  ...!j    ,-.'<   *:     az.  hl  nronretto  inutile,  perchè  gli 
^^  .    -1  - --^.~        ..'"''.■   cte!  1^30,  non  erano  più  i  SUOI 

:    i--.  .,   .-^mir.:.  :.  fetxore  potrà  rilevale  :  i.**  Che 

-    ^i.    -ctirrrrr    r.r^,rrc   cu:  erano  rivolti  tutti  gli 

r.    ,^f.i.    •.  ,iz:.    r.u^inari..  non  solo  pullulavano 

--:-   'T,    r»j,    s    r-^T^Tnvanc,  e  se  ne  creavano  delle 

'   ■    "   -     -  '^  C :   -suteiit   nnr  erano  scelti  dalla  ple- 

■    ■  -    -^  -r-,--..  ^  ^v::n.  r  uomini  di  polso  pronti  ad 

.—  '-•rr:j-fr.:^    .     ^  .n*  lìer  quanta  vigilanza  si  addi- 

~- ^^'-"^'"^   -■— r,   ,.:ix   nrr27.:an:  delia  polizia,  Io  stato 

-^—     :^cr^-..  ^     r.r^    ^u-r,    mz    quello  dell' Austria 

-.Ttr.-w.  r.-i    _:rr-  ,    ^  n-i   fjrand:  guarentigie 

^    '-  -   -    n^.>rr-rjn.  nelie  feste.   Quindici  giorni 
^^^_    irzi  ,      --\;      nrr^vr  un  v:otu  proprio  èdYìm- 
;"■  ;;  ""^     '"  •^'-  '"  ^-^  -  nnìrTegazioni  centrali  e  pro- 
^  ^^-  •^  ~  Trasse:*,    ^rnoac:^  di  ogni  città  di  re- 

^^^T^<  ;  _, — j::^'  ..^«.  *?s2::t  p^^senri  alla  solenne  fun- 
;  *J^^"  -^^  :^^ra-r-rxi^jnii*  ed  estende  pure  l'ordine  ai 
— .i,^  .^T  Dfi.^  rrrrci^  psr:iie  £Ìòdano  a  prestare  i  ri- 
^'*^~  '-  ^*^^-r-  Y~  ì^^^—  d:5:ii:tarì  della  Corte  im- 
^y^  -rmz.:*  _:i  >rjt!nz>e  mr^ronaziont 
~  '-^*  ^^-^^-^-r.^.^R  r=  p::ire  trascritto  il  giura- 
~-^~-  -^  rr^-.xrs^  czi  IVpTitati  nel  momento  della 
■^^~^'  ~-^  ^'"-^  ^s^s:::e  farmela  e  Noi  deputati  del 
!^?H^^  ''*^— ^^^c-veDeic.  delle  singole  provincie  e 
'-.^^  pronieTwiair?  e  giuriamo  a  Dio  onnipotente  per 
noi  e  pei  nostri  committenti,  d'esser  fedeli  ed  obbe- 
dienti a  S.  M.  Ferdinando  I  per  la  grazia  di  Dio 
unijeratore  d'Austria,  re  d'Ungheria  e  di  Boemia,  ecc 

(i)  Carte  segrete  Doc.  382. 


—  399  — 

€. Giuriamo  al  nostro  graziosissimo  sovrano  e  a' 
suoi  legittimi  successori  di  promuovere  in  ogni  oc- 
casione il  suo  vantaggio  e  quello  dell'impero  austria- 
co, d'impedire  con  tutte  le  nostre  forze  ogni  loro  de- 
trimento e  danno,  e  di  comportarsi  in  ogni  tempo 
come  sudditi  fedeli  ed  obbedienti. 
«  Cosi  Dio  ci  ajuti  ». 

Pochi  giorni  dopo  è  pure  pubblicato  il  cerimo- 
niale da  seguirsi.  E  fu  un  lungo  e  febbrile  carteggio 
tra  la  nostra  amministrazione  comunale,  il  governa- 
tore Hartig,  il  Viceré  e  la  Camera  Aulica  per  discu- 
tere intorno  ad  esso.  In  parte  fu  modellato  su  quello 
del   1 805  fatto  per  Napoleone  I  ;  quanto  ai  disegni, 
si  proponeva  di  consultare  l'Accademia  di  belle  arti. 
Dopo  lungo  esame,  il  gran  cerimoniere  di  Corte, 
Luigi    Settala,   sottopose  al  governatore  le  sue  os- 
servazioni nei  minimi  particolari  che  in  gran  parte 
furono  approvate  (i). 
Ecco  i  sommi  capi  : 

«Nel  giorno  destinato  tutte  le  autorità  citate  nel 
cerimoniale  come  intervenenti  alla  cattedrale,  do- 
vranno all'ora  stabilita  recarsi  nel  palazzo  di  Corte 
e  trovarsi  nella  sala  delle  cariatidi.  Le  persone  che  fa- 
ranno parte  del  corteggio,  cioè  gli  scudieri,  i  ciam- 
bellcini,  i  consiglieri  intimi,  le  gran  Croci,  i  cavalieri 
del  toson  d'oro,  fregiati  dalle  loro  collane,  si  reche- 
ranno in  gaja  negli  appartamenti  imperiali  per  ac- 
compagnare S.  M.  dall'interno  alla  sala  delle  caria- 
tidi». 

E  qui  è  determinato  l'ordine  con  cui  procede- 
ranno. 

(i)  È  un  voluminoso  incarto,  steso  con  una  certa  ele- 
ganza in  nitida  calligrafia,  scritto  da  persona  dell'arte,  che 
per  le  quattro  copie  eseguite  domanda  370  lire.  Arch.  di 
stato  Potenze  sovrane.  Cart.  436. 


—  400  — 

«Giunta  nell'indicata  sala,  S.  M.  ascenderà  il  tro- 
no e  vi  sederà  ai  capK>  coperto. 

«  Qixando  ciascuno  sarà  al  proprio  posto,  si  avan- 
zerà il  Maggiordomo  maggiore  del  regno  L.  V.  e. 
stando  presso  ai  gradini  del  trono,  dirimpetto  a 
S.  M.,  terrà  una  breve  allocuzione. 

«Si  avvicinerà  quindi  il  cancelliere  aulico  fif.  di 
supremo  concelliere  e,  ricevuti  gli  ordini  di  S.  M. 
di  tenere  parola  dell'omaggio,  ritornerà  al  suo  po- 
sto e  compirà  il  sovrano  comando. 

«  S.  M.  risponderà  brevemente  e  quindi  il  cancel- 
liere aulico  accennerà  al  consigliere  aulico  di  leg- 
gere la  formola  del  giuramento.  Questi  eseguirà  il 
comando,  ed  i  deputati  ripeteranno  parola  per  pa- 
rola il  testo,  tenendo  levato  il  pollice  e  le  due  dita 
della  mano  destra. 

«Compiuta  questa  cerimonia  S.  M.  si  alzerà  dal 
trono,  e  preceduta  dalla  rappresentanza  del  regno  e 
dal  corteggio,  secondo  l'ordine  seguito  nell'ingresso, 
scortato  dalle  guardie,  degli  arcieri  e  degli  unghe- 
resi, si  recherà  a  piedi  alla  cattedrale  per  assistere 
al  canto  dell'iimo  ambrosiano. 

«  Terminato  il  sacro  rito  S.  M.  preceduta  dal  cor- 
teggio ritornerà  nel  palazzo  di  corte.  All'uscire  dal 
tempio,  la  rappresentanza  del  regno  s'inchinerà  e  si 
ritirerà. 

«  Sulla  piazza  del  Duomo  e  sulle  piazze  vicine  sarà 
schierata  la  truppa,  la  quale  durante  il  canto  del 
Tedeiini  eseguirà  salve  di  moschetteria  e  dai  bastio- 
ni faranno  eco  le  artiglierie.» 

Tralasciamo  di  continuare  la  copia  del  lunghis- 
simo documento  che  il  lettore  può  leggere  nei  diari 
dell'armo.  Sappia  solo  che  di  tutto  non  si  mutò  un 
iota,  che  non  l'avrebbe  permesso  l'etichetta  di  corte 
e  poi  sarebbe  stato  un  ledere  in  certo  modo  l'onore 
del  gran  ciambellano,  che  Taveva  preparato. 


—  4^1   — 

Intanto  per  l'incoronazione  venne  fatto  tradurre 
l'inno  nazionale  che  modula^vasi,  come  abbiamo  no- 
tato, sopra  una  bellissima  melodia  di  Haydn  ed  alla 
versione  del  Maffei  fu  preferita  quella  dell' Arici  co- 
me più  adatta  al  canto. 

Giuseppe  Nicoolini  scrisse  pume  una  cantata  e 
n'ebbe  in  compenso  cento  zecchini  (i).  Certo  Sigi- 
smon-do  Visconti,  romanOj  poeta  arcade  (Leode  Me- 
garidense)  stampò  un  poemetto  di  cinquanta  strofe  (  !}. 
Scrisse  ancora  per  la  circostanza  un  Bartolomeo  Za- 
Ttini,  arciprete  di  Feda  vana,  un  Matteo  Z  amagna,  ve- 
neto, ed  un  Giuseppe  Corti,  avvocato.  DÌ  quest'ulti- 
mo, ecco  l'acrostico  latino  che  presentò  insieme  ad 
akri  versi  : 

^fislum  txuhù  imignUum  diademate  fronUm 
V^rgo  hodh  regem  porrige  sacra  domus 
^^Hgione  fides  animi  s&rvaiur  et  auget 
^i  qui  lucetftj  horas  differm  ùcciduas 
^nsuhres  veneti  comiteSf  nam  gaudm  miscent  ; 
-Z&c  quat  f aigei  lux,  est  rediiura  dein, 
^ugustó,  Imperio:  (luippé  augustissima  pluf  a 
'Xumina  non  colimus,  salve  iterum  ut  vahas. 
X^evovtt  omne  GeiiuSj  Proceres^  sic  Eiterna  Hegoa 
Ore  unoj  U  Prores^  Patruus  atque  Decor  {2). 

La  coppia  imperiale  trovavasi  a  Bellagio  e  i  gior- 
nali sono  riboccanti  di  notizie  circa  le  festose  acco- 
glienze, gli  applausi,  le  luminarie  fatte  più  o  meno 
spontaneamente,  da  quelle  popolazioni.  Le  LL,  MM> 
alloggiavano  alla  villa  delTolmo»  offerta  dal  mar- 
chese Raimondi. 

Verso  la  fine  del  mese  giungono  a  Monza,  dove 

11)  Cahtù  Cronistoria,  VoL  Ih 
a)  Archivio  di  stato.  Cancelleria  Vicereaie. 

GuwiTTt  Cranittort'a,  36 


si  recano  ad  ossequiarli,  il  nostro  cardinale  arcive- 
scovo con  altri  distinti  personaggi.  Nella  sera  ha  luo- 
go una  brillante  luminaria  lungo  il  grande  viale  che 
parte  dall'I.  R.  villa.  Gli  sposi  imperiali  vi  si  re- 
cano accompagnati  dalla  coppia  vicereale. 

Gli  ultimi  due  giorni  dell'agosto  sono  consecrati 
alla  visita  della  città,  quindi  nella  mattina,  messa 
alla  cattedrale,  visita  ajlla  Corona  ferrea  ed  al  tesoro, 
e  durante  la  giornata  visita  agli  stabilimenti  indu- 
striali. Nella  sera  fuochi  d'artificio  e  concerti  militari. 

Il  giorno  dopo,  l'ultimo  della  fermata,  secondo 
il  cerimoniale,  visita  al  Gernetto,  una  villa  di  pro- 
prietà allora  del  conte  Mellerio,  e  nella  sera,  spetta- 
colo al  teatro  sociale  illuminato  straordinariamente. 
Al  ritomo  grande  fiaccolata  per  cura  dei  giovani 
monzesi,  che  accompagnarono  le  carrozze  di  Corte 

L'agosto  volge  al  suo  termine  e  le  loro  Maestà 
si  trovano  in  ottimo  stato  di  salute  ai  bagni  di  Bor- 
mio. Intanto  al  nostro  podestà  Cacati  giimge  la  no- 
niina  di  ciambellano  imperiale. 

L'ufficio  di  polizia  a  prevenire  ogni  eventuale  di- 
sgrazia, pubblica  opportune  disposizioni,  delle  .quali 
accenniamo  le  piìi  importanti.  «E'  vietato  il  salire 
sui  tetti  delle  case,  delle  chiese,  sugli  alberi,  ecc.  1 
palchi  che  verranno  eretti  lungo  il  passaggio  non 
si  potranno  appigionare,  se  non  previa  visita  speciale 
e  così  pure  i  balconi.  Dal  corso  notturno,  saranno 
esclusi  tutti  i  legni  indecenti  e  tutte  le  carrozze  che 
vi  parteciperanno  dovranno  movere  al  passo....  Di- 
vieto assoluto  ai  conduttori  di  carrette  a  mano  il  cir- 
colare per  le  vie  durante  i  giorni  in  cui  avranno  luo- 
go spettacoli  speciali». 

E  continuano  ad  affluire  fra  noi  italiani  e  stra- 
nieri d'ogni  nazione.  Fra  essi  moltissimi  inviati  delle 
corti  tedesche. 


—  403  — 

Altre  disposizioni  della  pK)lizia  pubblicate  i!  30 
agosto,  due  giorni  prima  del  solenne  ingresso,  re- 
caiK)  che  nessuna  carrozza,  vettura,  carro  o  persona 
a  cavallo,  che  non  sia  di  pubblico  servizio  per  la 
circostanza,  incominciando  dalle  7  antimeridiane,  po- 
trà entrare,  o  rimanere  sulla  strada  postale  veneta 
da  CemusGO  Asinario  fino  a  Porta  Orientale. 

cPer  la  stessa  ora,  sarà  chiusa  anche  la  strada, 
che  da  Sesto  S.  Giovanni  conduce  a  Gorla  e  a  Lio- 
reto,  ma  però  sarà  permesso  alle  carrozze  di  quelli 
che  vorranno  godere  del  passaggio  delle  loro  Mae- 
stà di  entrarvi  dalla  parte  di  Sesto  e  di  fermarvisi 
in  una  sola  fila  lungo  il  labbro  della  strada,  vol- 
gendo i  cavalli  verso  il  comune  di  Sesto,  pel  quale 
dovranno  rientrare  in  città  da  Porta  Nuova,  rima- 
nendo impedita  la  strada  di  Loreto. 

«Le  carrozze  degli  invitati  per  avviarsi  verso  lo 
stradone  di  Loreto,  potranno  entrare  nelle  corsie  del 
Duomo  e  dei  Servi,  e  nel  corso  di  porta  Orientale  da 
tutte  le  contrade  laterali,  escluse  quelle  tropf30  an- 
guste. 

«Le  carrozze  dei  personaggi  che  devono  recarsi 
al  padiglione  di  Loreto,  saranno  collocate  in  ap- 
posito luogo  ;  tutte  le  altre  prima  di  giungere  al 
Rondò,  divergeranno  a  destra  per  la  strada  detta 
delle  Rottole  ed  arrivate  alla  villa  S.  Ignazio,  pie- 
gheranno sulla  postale  veneta  verso  Milano,  andando 
così  a  collocarsi  nel  comparto  stradale  che  loro  sarà 
assegnato,  relativamente  al  posto  che  dovranno  te- 
nere nel  corteggio.  Nell'esterno  della  città,  lungo  lo 
stradone  di  Loreto,  la  strada  delle  Rottole,  la  strada 
veneta  e  quella  che  da  Sesto  S.  Giovanni  gjuida  a 
Loieto,  saranno  distribuiti  impiegati  di  polizia,  gen- 
darmi e  soldati  a  cavallo  ed  a  piedi,  per  regolare  il 
movimento  delle  carrozze... 


—  404  — 

E  il  solerte  funzionario  nota  minutamente  le  vie 
che  dovranno  percx>rrere  tanto  nell'andata^  quanto  nel 
ritorno  le  carrozze  del  seguito  imperiale  e  quelle  de- 
gli invitati  alle  funzioni  in  Duomo. 

Il  primo  settembre  la  ooppia  imperiale  si  occupò 
nella  visita  di  alcuni  stabilimenti  d'istruzione,  del 
giardino  Traversi  a  Desio  e  nella  mattina  stessa  giun- 
sero a  Loreto,  dove  era  stato  eretto  un  sontuoso  pa- 
diglione sopra  disegno  del  Sanquirico. 

Era  un  ottcìgono  in  giro  al  quale  esternamente 
correva  un  ampio  peristilio  alquanto  più  sporgente 
sul  davanti  pel  comodo  adito  e  passaggio  delle  car- 
rozze. Nell'interno,  oltre  le  camere  destinate  ai  più 
cospicui  personaggi  del  s^uito,  erano  due  grandi 
sale  magnificamente  arredate.  Sugli  angoli  estemi  su- 
periori sventolavano  nove  vessilli  coi  colori  e  gli 
stemmi  dell'impero. 

Qui  ebbe  luogo  il  ricevimento  secondo  il  pre- 
scritto del  cerimoniale.  Vi  si  trovavano  i  governatori 
di  Milano,  Hartig  e  Spaur,  i  consiglieri  delegati,  i 
rappresentanti  del  regno  lombardo  veneto,  le  grandi 
cariche  di  corte,  ecc.,  ecc. 

Le  loro  maestà  scesero,  e  mentre  disponevasi  pel 
corteo,  si  ritirarono  n^li  appartamenti  loro  assegnati. 

Dovevano  precedere  la  coppia  imperiale,  uno 
squadrone  di  cavalleria,  un  battaglione  di  granatieri 
colla  musica,  due  battistrada,  palafrenieri  con  cavalli 
bardati,  cavallerizzi  e  staffieri  di  corte,  trombetti, 
araldi  (i)  ;  i  podestà  delle  singole  città,  le  deputa- 
zioni universitarie,  dell'aiccademia,   i  deputati  delle 

(r)  Erano  tanti  quante  le  città  di  cui   componevasi  i^ 
regno  lombardo  veneto    e  la   cartella  del  nostro   archivi 
municipale,  oltre  la  nota  delle  ingenti  spese    che   costò  1^ 
cerimonia,  racchiude  anche  i  figurini  e  le  stoffe  che  si  im" 
piegarono  pei  vestiti. 


—  405  — 

congregazioni  provinciali,  quelli  delle  congregazioni 
centrali,  i  consiglieri  di  governo  ;   tutti  questi  ultimi 
in  carrozze  a  due  cavalli,  il  governatore  di  Venezia 
e  quello  di  Milano,  ciascuno  in  carrozza  a  tiro  a  sei, 
due  forieri  di  corte  a  cavallo,  paggi  pure  a  cavallo, 
nobili  ammessi  agli  onori  di  corte,  scudieri,  ciambel- 
lani, consiglieri  intimi,  il  gran  ciambellano,  il  gran 
maresciallo  e  il  gran  maggiordomo,  ciascuno  in  un 
tiro  a  sei,  scortato  dallaj  servitù  di  corte  in  gran  gala. 
Seguiva  il  viceré  in  un  tiro  a  sei  scortato  dail  grpn 
maggiordomo  a  cavallo,  finalmente  le  loro  maestà 
nella  gran  carrozza  imperiale  tiro  a  sei,  preceduta  da 
araldi,  dal  maggiordomo  dell'imperatrice,  dai  capi- 
tani delle  guardie  del  corpo,  tutti  a  cavallo,  poi  il 
generale   comandante   in   capo,    l'aiutante   generale, 
l'ispettore  degli  equipaggi,  sei  guardie  nobili  lom- 
bardo-venete, le  guardie  dei  trabanti  ed  i  paggi. 

A  questa  sfilata,  tenevano  dietro  la  gran  maggior- 
doma  dell'imiperatrice  e  le  dodici  dame  di  palazzo  in 
servizio,  tutte  in  carrozze  di  tiro  a  sei;  quindi  il  di- 
rettore delle  poste  di  Milano,  i  maestri  di  posta  e  due 
ufficiali  simili  pure  a  cavallo. 

Chiudeva  il  corteo  un  battaglione  di  granatieri 
con  musica  ed  una  divisione  di  cavalleria. 

Da  Loreto  alla  cattedrale,  l'apparato  era  ancora 
pili  sfarzoso.  La  via  brulicava  di  una  fitta  massa  di 
popolo  :  i  trottatoi  erano  fiancheggiati  ora  da  grandi 
bouquets  posti  in  eleganti  vasi  sopra  piedistalli  de- 
corati con  iscrizioni,  ora  da  siepi  di  palchi  a  gradinate 
addobbati  in  varie  foggie.  Nell'interno  della  città 
finestre,  balconi,  loggie  stabili  o  temporarie  sfoggia- 
vano arazzi  ed  ornamenti  d'ogni  sorta. 

Era  quasi  il  meriggio,  quando  il  corteo  giunse 
alla  barriera.  Il  municipio  aveva  fatto  costrurre  un 
ricchissimo  baldacchino  in  velluto   cremisi  sormon- 


i 


-406- 

tato  da  eleganti  cimase  ornamentali  e  sorretto  ai  lati 
da  sei  statue  colossali  dorate. 

Qui  il  neo-ciambellano  conte  Casati,  che  died 
anni  dopo  parteciperà  alla  gloriosa  riscossa,  fian- 
cheggiato dai  suoi  assessori,  dopo  una  breve  allocu- 
zione, presentava  a  S.  M.  le  chiavi  della  città  sopra 
un  guanciale  di  velluto  dai  colori  cittadini. 

Dopo  questa  fermata,  le  carrozze  procedettero  sen- 
z'altro fino  al  Duomo.  Qui  davanti  alle  porte  era 
stato  costrutto  un  grande  atrio  in  legno  di  stile  go- 
tico, il  quale  stendevasi  fino  agli  estremi  delle  grar 
di  nate  e  copriva  tutto  il  piano  superiore  delle  me 
desime,  sporgendo  alquanto  avanti  verso  la  piazza, 
onde  ammettere  le  carrozze,  che  colà  dovevano  arre- 
starsi. L'assieme  della  costruzione  porgeva  l'aspetto 
di  una  vasta  galleria  corrispondente  tanto  nella  for- 
ma, quanto  nel  genere  degli  ornati,  alla  facciata  della 
cattedrale. 

Sotto  questo  atrio  i  sovrani  erano  attesi  dalla 
coppia  arciducale  e  dal  cardinale  arcivescovo.  Le 
loro  maestà,  scese  di  carrozza,  entrarono  nel  tempio 
e  sotto  magnifico  baldacchino  sorretto  da  otto  ciam- 
bellani vennero  accompagnati  al  presbitero,  dove  era 
eretto  il  trono. 

In  tale  occasione  la  metropolitana  era  addobbata 
sfarzosamente.  In  capo  alla  nave  maggiore,  nel  cen- 
tro della  croce  latina  sotto  alla  grande  cupola,  che 
sovrasta  la  cripta  di  S.  Carlo,  si  collocò  un  altare 
dentro  apposita  edicola.  Questa  sorgeva  da  un  piano 
alquanto  elevato,  e  parallelo  al  coro  senatorio  ;  l'am- 
piezza dello  spazio  era  allettato  dalla  maggior  luce 
che  vi  pioveva  dallai  cupola  e  dai  finestroni  laterali. 
Nel  recinto  del  coro  era  collocato  il  trono  imperiale, 
coperto  da  ricco  baldacchino  isolato.  Ai  lati  di  esso 
e  precisamente  sotto  ai  pulpiti  s'innalzavano  due  ma- 
gnifiche tribune. 


—  407  — 
Il  trono  reale  era  collocato  alla  sinistra  delFedi- 
cola  nel  bracxrio    destro  della  croce   latina.   Lungo 
la  nave  di  mezzo  erano  distribuite  in  due  ordini  le 
sedie  assegnate  agli  impiegati  civili  ;  negli  intervalli 
dei  pilastri  si  praticarono  spaziose  tribune,  che  pote- 
vario  contenere  circa  tremila  persone.  Da  queste  sino 
alla  sommità  delle  volte,  le  arcate  furono  ornate  con 
ricche  drapperie  alternate  con  varie  maniere  di  im- 
magini, stemmi  ed  altri  dipinti  convenienti  alla  cir- 
costanza. Lateralmente  alle  tribune,  dove  queste  s'ap- 
poggiavano  ai  pilastri,  sorgevano  archi  artificiali  di 
stile  gotico,  da  cui  pendevano  cortinaggi  di  velluto 
turchino  con  frangie  e  nappe  d'oro.  Alla  sommità 
degli  archi  suddetti,  sopra  apposite  basi,  stavano  le 
dfigie  di  trentadue  principi  europei,  e  dietro  loro  si 
stendevano  ricchi  manti  di  ermellino  che. scendevano 
da  padiglioni  ornati,  le  cui  sommità  sostenevano  una 
serie  di  scudi  g«entilizi,  alternati  con  medaglioni  colle 
immagini  dei  re  d'Italia.  Dagli  archi  poi  che  nascono 
dalla  sommità  dei  capitelli  scendevano  ricchi  corti- 
^2iggi  e  dal  loro  centro  trentatre  stendardi  quante 
erano  appunto  le  arcate,  nei  quali  figuravano  gli  stem- 
mi delle  singole  città,  delle  singole  provincie  del 
regno,  avvicendate  cogli  stemmi   imperiali.   Dinanzi 
a  ciascuna  colorma  sorgeva  da  terra,  sopra  una  base, 
un  grande  candelabro  con  figure  dorate  che  regge- 
vano la  tazza  dalla  quale  s'innalzavano  sette  doppie- 
ri. Dalla  volta  del  tempio  pendevano  lateralmente 
partite  in  due  ordini  ventisei  lampade  di  quattordici 
lumi  ciascuna,  sospese  a  catene  dorate  ;   dal  centro 
poi  della  medesima  volta,  scendevano  grandi  sten- 
dardi, sui  quali  d'ambe  le  p-ajti  erano  effigiati  gli  ar- 
civescovi della  chiesa  milanese. 

Cantato  il  Tedeum,  le  loro  maestà,  precedute  ed 
accompagnate  dalle  rappresentanze  del  regno  e  dal 
corteggio  mossero  verso  il  palazzo  di  corte. 


—  4<^8  — 

Immensa  la  ressa  di  popolo  nella  piazza^  alle 
finestre  ed  ai  balconi,  ed  importante  a  notarsi,  in 
mezzo  a  tanta  folla  nessun  incidente  sinistro,  nessun 
disordine,  almeno  lai  cronaca  nulla  ci  dice  in  pro- 
posito (i). 

Nella  sera,  una  fastosa  luminaria  allietò  i  citta- 
dini. Fermiamo  l'attenzione  del  lettore  sopra  due 
preziosissimi  oggetti  esposti  in  tale  circostanza. 

Aveva  stabile  dimorai  fra  noi  certo^endel,  ricco 
negoziante.  Egli  per  sei  mesi  consecutivi,  si  era  oc- 
cupato di  combinare  in  foggia  di  quadri  due  dedi- 
che per  la  circostanza.  Queste  iscrizioni  avevano  l'al- 
tezza di  oltre  un  metro  con  una  larghezza  più  della 
metà.  Il  lavoro  era  meraviglioso;  sopra  un  fondo 
di  velluto  oscuro,  brillavano  una  gran  quantità  di 
gemme  ;  un  lungo  ed  accurato  ornato  a  fiori,  rami- 
celli  e  foglie  di  perle  formava  il  festone  superiore, 
ed  in  mezzo  a  questo  leggevasi  1838,  in  grosse  perle 
frammiste  a  rubini  ;  lateralmente  il  festone  termi- 
nava con  due  ciocche  di  grosse  perle  e  grossi  sme- 
raldi. 

Nel  quadro  colle  cifre  di  S.  M.  splendeva  sotto 
al  festone  la  corona  imperiale  tutta  in  brillanti,  di 
cui  qualcuno  era  di  tale  grossezza  che  poteva  valu- 
tarsi ben  100  mila  lire.  I  due  colli  dell'aquila  erano 
abbracciati  dalla  corona  ferrea  e  sopra  di  essa  spic- 
cava un  grossissiuo  rubino  di  meravigliosa  bellezza. 
Tutta  la  grande  aquila  era  formata  di  brillanti,  nel 
mezzo  stava  lo  stemma  lombardo-veneto,  pure  in  bril- 
lanti, fermato  dallo  stemma  imperiale. 


(i)  Era  però  corsa  voce  di  qualche  arresto  in  via  Bro- 
letto. 


► 


—  4*^  -      , 

Sotto  di  esso  sì  leggeva  in  lettere  iniziali  a  bril- 
lanti la  breve  iscrizione: 

HONORl  IMP,    Er    KEGIS 

F.  l  A. 

LONGOB.  VEWETOS  BEANTJS 

Più  sotto  in  rubini  figurava  il  nome    del  T  autore* 
Altri  ornamenti  qua  e  là  erano  cosparsi  sul  fondo 
da  soli  fari,  circondati  da  foglie  formate  da  brillanti, 
da  topazi  e  da  altre  pietre  preziose. 

Il  secondo  dei  quadri,  di  eguale  fattura^  era  de- 
dicato alla  imperatrice  e  recava  la  seguente  iscrizione  : 

HONORI   IMP.    ET   REGIN, 

M.  A.  e 

PIEKTISSIMAE   AUGUSTA^. 

Immaginarsi  la  folla  che  si;  addensava  per  am- 
mirare  tale  ricchezza  e  tale  prodigio  d'arte  nelle  di- 
verse legature  e  nelle  varie  combinazioni. 

Nella  mattina  seguente  furono  ricevute  a  corte 
le  rappresentanze  del  regno  ed  in  tale  occasione  le 
con^gaizioni  centrali  chiesero,  che,  come  dono  per 
la  prossima  incoronazione  S.  M.  accettasse  la  istitu- 
zione di  una  guardia  nobile  lombardo -veneta  ed  un 
relativo  istituto  in  cui  potesse  venire  educata  la  no- 
stra gioventù. 

II  pranzo,  che  venne  dato  in  quel  giorno,  ebbe 
Inogo  nella  vasta  sala  delle  cariatidi,  a  tale  scopo  ad- 
dobbata. E'  risaputo  che  Tidea  di  questo  salone  è 
dovuto  al  Piermarìni,  cui  fin  dal  secolo  passato  era 
stata  allogata  la  ricostruzione  di  tutto  il  palaizzo. 
Egli  aveva  chiamato  per  decorarla  gli  artisti,  che 
avevano  voce  di  migliori  in  Italia  ;  fra  questi  era  un 
giovinetto  appena  ventenne»  che  intesa  i  ì:>ensieri  del 


-  4IO  — 

Piermarini,  fece  nella  gran  sala  ornati  dì  stucco  dì 
tanta  vaghezza  e  novità  di  disegno  e  buon  gusto,  che 
destarono  meraviglia.  Fu  tanta  Timpressione  che  se 
ne  ebbe  nelle  alte  sfere,  che  nel  1775,  ossia  appena 
un  anno  dopo,  compiuti  i  lavori  a  corte,  lamperatrice 
Maria  Teresa,  avendo  istituito  in  Milano  un'accade- 
mia di  belle  arti  ;  lo  nominò  professore  Quel  giovi- 
netto era  Giocondo  Albertolli. 

Le  cariatidi  sono  del  Callani  di  Parma,  e  lo  scul- 
tore Franchi,  altro  professore  dell'Accademia  mila- 
nese, lavorò  per  quest'aula  molte  statue  di  divinità 
collocate  all'ingiro  ;  in  questi  ultimi  mesi  di  attesa, 
come  già  si  accennò,  l'Hayez  intraprese  a  dipingere 
una  medaglia,  che  avesse  allusione  alla  circostanza. 
Ne  fu  ispiratore  il  poeta  Maffei. 

Non  è  esagerato  il  dire  che  immensa  era  la  folla 
degli  spettatori  radunata  nella  loggia  che  corre  tutto 
intorno  superiormente  alla  sala.  E  quel  pubblico  e 
l'altro  che  gremiva  la  piazza  del  palazzo,  e  quello 
che  si  trovava  sparso  per  la  città,  si  riversò  sul  corso, 
quando  si  seppe  che  vi  sarebbe  intervenuta  la  coppia 
imperiale. 

Ed  una  festa  non  aspettava  l'altra.  Nella  sera 
alla  Scala  aveva  luogo  un  sontuoso  spettacolo  di 
gala,  cui  si  diede  principio  col  canto  dell'inno  impe- 
riale, intrecciato,  raccontano  le  cronache  d'allora,  di 
leggiadrissime  danze,  con  accompagnamento  di  cori 
e  con  analoghe  decorazioni,  fra  le  quali  attrasse  gli 
sguardi  del  pubblico  quella  rappresentante  l'Arco 
della  Pace. 

Il  giorno  seguente  nella  sala  delle  cariatidi  ebbe 
luogo  la  solennità  dell'omaggio. 

Il  cancelliere  aulico  alla  presenza  dell'imperatore, 
delle  rappresentanze  del  regno,  dei  funzionari  e  de- 
gli alti  dignitari  di  Corte,  chiese  formalmente  che 


S.  M.  volesse  gradire  un  tale  omaggio  ed  avutone 
cenno  affermativo,  il  maggiordomo  maggiore  del  re- 
gno lombardo-veneto,  avanzatosi  ed  inchinatosi  al- 
rimperatore,  stando  presso  i  gradini  del  trono,  così 
si  espresse: 

«  Salutiamo  coi  nostri  plausi  l'epoca  avventurosa 
nella  quale  V.  A.  I.  R.  Ap.,  felicitando  di  sua  desi- 
derata presenza  le  provincie  del  regnò  lombardo-ve- 
neto, si  reca  fra»  noi  per  cingere  la  corona  ferrea, 

«  Questo  memorabile  avvenimento,  che  sarà  regi- 
strato nei  fcLSti  della  storia,  diviene  il  segnale  della 
più  viva  e  sincera  esultanza  per  questi  suddetti,  che 
anelano  di  poter  deporre  nelle  auguste  mani  di  V.  M. 
il  solenne  omaggio  della  loro  inconcussa  fede,  e  del 
loro  irremovibile  affetto. 

cTrascelto  in  sì  fausta  occasione  all'onore  di 
esprimere  a  V.  M.  questi  sensi  di  illimitata  devo- 
zione, io  mi  chiamo  fortunato  di  essere  fatto  l'inter- 
prete di  un  popolo  leale  e  riconoscente. 

€  Accolga  la  divina  Provvidenza  il  più  fervido 
dei  nostri  voti  conservando  lungamente  la  sacra  per- 
sona di  V.  M.  all'ainore  ed  all'ossequio  de'  suoi  po- 
poli. Essi  vivono  felici  e  sicuri  all'ombra  tutelare  del 
trono  di  Ferdinando». 

Seguirono  le  acclamazioni,  quindi  S.  M.  così  ri- 
spose: 

«Finalmente  veggo  in  oggi  le  mie  brame  appa- 
gate nel  trovarmi  in  mezzo  ai  fedeli  miei  sudditi  del 
regno  lombardo- veneto,  onde  assumervi  la  corona  di 
ferro  a  norma  degli  statuti,  che  furono  concessi  a 
questo  regno  dall'augustissimo  suo  fondatore. 

«  Mentre  io  vengo  a  compiervi  questo  atto  solenne, 
desidero  che  esso  stringa  maggiormente  i  vincoli  di 
amore,  che  uniscono  questi  popoli  al  mio  trono,  e  sia 
per  essi  un  nuovo  pegno  delle  paterne  mie  sollecitu- 
dini a  loro  riguardo. 


e  Sono  grato  ai  sentimenti  di  fedeltà  e  di  devo- 
zione che  mi  veimero  espressi  in  nome  loro  e  pametto 
che  col  mezzo  dei  deputati,  mi  sieno  con  solenne 
omaggio  riconfennatL  » 

Dopo  gli  applausi  di  rito,  il  consigliere  aulico  ac- 
cennò al  consigliere  di  leggere  la  formola  del  giu- 
ramento, di  cui  abbiamo  dato  copia  ;  compiuta  anche 
quest'altra  cerimonia,  S.  M.  preceduto  e  seguito  dal 
solito  corteo  uscì,  movendo  a  piedi  alla  metropoli- 
tana, dove  fu  cantato  altro  tedeum,  quindi  si  restituì 
al   pal^zo  di  corte. 

Segui  un  sontuoso  banchetto,  cui  vennero  convi- 
tati i  componenti  la  rappresentanza  del  regno.  Nella 
sera  festa  da  ballo  al  Casino  dei  nobili,,..  Inutile  ag- 
giungere che  per  la  circostanza  le  sale  furono  restau- 
rate ed  addobbate  con  grande  ricchezza  anzi  nel  fian- 
co meridionale  della  gran  sala  era  stalo  praticato  un 
ampio  scalone,  che  conduceva  al  giardino  sottoposto 
vagamente  illuminato. 

Il  giorno  appresso,  martedì,  seguì  il  solenne  tra- 
sjxjrto  da  Monza  a  Milano  della  Corona  ferrea. 

Il  cerimoniale  prescriveva  che  due  giorni  prima 
dell'incoronazione,  cioè  il  4  settembre,  si  dovesse  an- 
dare a  levare  la  Corona  di  ferro  a  Monza  per  tra- 
sportarla solennemente  al  palazzo  di  corte  a  Milano. 
A  tale  uopo  dovevano  essere  nominati  un  primo  ed 
un  secondo  commissario  aulico  colle  necessarie  istru- 
zioni. 

Nel  giorno  destinato  i  detti  commissari  si  trova- 
vano in  uniforme  di  gala  nella  prima  anticamera  di 
corte,  alle  9  ant,  ed  il  seguito  destinato  per  accom- 
pagnarli con  un  distaccamento  di  cavalleria  presero 
posto  sulla  piazza  davanti  alla  porta  principale.  La 
sera  prima  si  recarono  a  Monza  dieci  guardie  nobili 
destinate  a  scortare  la  corona  da  quella  città  a  Mi- 
lano. 


—  413  — 

Il  corteggio  mosse  dal  palazzo  di  corte  col  se- 
guente ordine:  un  distaccamento  di  cavalleria,  un 
battistrada,  due  carrozze  a  tiro  sei,  pei  due  commis- 
sari :  seguiva  ri.  R.  ispettore  degli  equipaggi  di  corte 
a  cavallo,  quindi  un  tiro  a  sei  di  corte  destinato  a 
trasportare  da  Monza  a  Milano  la  corona,  riposta  nsUa 
sua  custodia  sopra  un  cuscino  di  velluto  coi  colori 
del  regno  lombardo-veneto,  ad  ogni  lato  di  questa 
si  trovavano  quattro  staffieri  di  corte  ed  un  distac- 
camento di  cavalleria». 

Lungo  le  vie  della  città,  dove  passò  il  corteo,  erano 
schierate  truppe  di  fanteria  e  di  cavalleria  per  man- 
tenere l'ordine.  La  lungai  fila  procedette  al  passo  fino 
alla  Porta  (Venezia),  qumdi  al  trotto.  Giunto  a  Mon- 
za, la  servitii  di  corte  scese  e  si  collocò  nell'ordine  già 
tenuto  a  Milano  per  la  partenza.  I  dignitari  furono 
ricevuti  alla  porta  della  basilica  dall'arciprete,  dal 
capitolo  e  dallai  fabbriceria  ;  gli  alabardieri  facevano 
ala  nella  chiesa  L'arciprete  vestiva  il  rocchetto,  i 
iabbricieri  Tabito  di  gala  e  lo  spadino. 

I  'due  commissari  si  recarono  alla  cappella  dove 
era  deposta  la  corona  ed  assistettero  al  canto  delle 
litanie,  terminate  le  quali,  furono  condotti  nella  sala 
del  capitolo  dove  si  compirono  le  formalità  della 
consegna 

La  corona  fu  collocata  ed  assicurata  nella  car- 
rozza condotta  a  tale  uopo  ;  le  guardie  nobili,  la 
fiancheggiavano  a  cavallo  colle  spade  sguainate. 

In  altra  carrozza  di  corte  salirono  i  due  commis- 
sari insieme  all'arciprete  ed  al  podestà  di  Monza  ; 
ed  in  altro  legno  un  canonico  ed  un  fabbriciere. 

II  corteo  mosse  di  passo  al  suono  di  tutte  le  cam- 
pane sino  alla  porta  della  città  ;  poi  di  trotto  fino 
a  Porta  Orientale  dove  fece  una  breve  fermata,  onde 
gli  staffieri  e  la  servitù  potessero  scendere  dai  cocchi 


—  4H  — 

e  rr:  et  tersi  in  filo,  e  passo  passo  oollo  stesso  ordine 
ri<*Ila  partenza  si  recò  al  palazzo  di  Corte. 

Alla  presentazicne  delle  armi,  la  guardia  alla 
p.,'rta  della  città  ed  i  distaccamenti  schierati  lungo 
le  vie  a^^iunsero  concenti  musicali 

Arrivato  il  corteggio  a  pie*  dello  scalone,  la  co- 
nna  fi  levata  dalla  custodia  ed  i  rr.  Commissari,  pre- 
ceduti da  un  funere  di  corte,  dai  due  deputati  straor- 
dinari, dal  podestà  di  Monza,  dal  canonico,  dal  fab- 
briciere,  dall'arciprete,  ed  accompagnati  nella  sala 
a  ciò  destinata,  deponendola  sulla  tavola  preparata, 
fu  di  nuovo  rinchiusa  nella  custodia  e  rimessa  al  gran 
ciambellano  unitamente  alla  chiave  che  fino  allora 
era  stata  tenuta  dal  Farci  prete. 

I  commissari  e  quest'ultimo  furono  ricevuti  da 
S.  M.,  cui  fecero  una  breve  relazione  della  loro  mis- 
sione, quindi  lasciarono  il  palazzo. 

Prima  dell'incoronazione  ed  il  giorno  dopo,  la 
Corona  con  tutti  gli  altri  onori  del  regno  e  col  manto 
dell'incoronazione  fu  esposta  al  pubblico  nella  cap- 
pella di  corte.  Nel  secondo  giorno,  dopo  la  incoro- 
nazione venne  subito  restituita  dal  ff.  d'i.  r.  ciambel- 
lano agli  ii.  rr.  commissari  in  presenza  dell'arciprete, 
del  canonico,  del  fabbriciere,  del  podestà  e  dei  due 
deputati  straordinari  colle  stesse  formalità  della 
consegna  * 

Nella  sera  ancora  di  questa  giornata  venne  data 
una  magnifica  festa  da  ballo  a  corte,  dicesi  coll'in- 
tervento  di  ben  quattro  mila  persone.  Il  salone  delle 
cariatidi,  e  la  sala  delle  colonne  furono  il  teatro  delle 
danze  animate  dall'orchestra  diretta  dal  maestro  te- 
desco Lanner  ;  erano  pure  aperte  agli  invitati  le  at- 
tigue sale  lungo  la  fronte  degli  appartamenti  verso 
la  piazza  del  duomo. 


-  415  - 

Chi  avesse  avuto  la  fortuna  di  esservi  ammesso, 
avrebbe  potuto  aver  agio  di  ammirarvi  oltre  al  Tele  ^ 
ì^anza  degli  addobbi,  i  numerosi  dipinti  a  chiaro- 
scuro, che  radomavano  intorno,  facendo  parapetto 
alla  ringhiera  superiore.  La  composizione  e  rinvcn- 
zione  era.  stata  affidata  airArienti,  ed  esecutori  ne 
furono  i  pittori  Airaghi,  Bagutti,  Pignoli,  Focosi  e 
Fleissner:  tutto  il  lavoro  pittorico  si  componeva  di 
diciotto  telai,  quattro  medaglie  e  due  ritratti  (i). 

Il  giorno  dopo  un  Viglieito  sovrano  pervenne  al 
nostro  viceré  concepito  in  questi  termini  : 

ikMio  caro  signor  èìo, 
■  All'occasione  della  mia  inooronazione  nel  r^no 
lombardo-veneto  ho  trovato  di  determinare  quanto 
segTie  : 

«I."  A  tutti  gli  individui  che  nei  detto  regno 
furono  sottoposti  ad  inquisizione  per  delitto  di  stato, 
e  presentemente  si  trovano  in  luogo  di  punizione, 
condono  i^er  atto  di  grazia^  il  rimanente  della  pena, 

«2"  Voglio  che  le  inquisizioni,  che  per  titolo 
di  macchinazioni  politiche  sono  tuttora  pendenti 
presso  i  tribunali  di  questo  regno  contro  individui, 
che  si  trovano  ne'  miei  stati,  siano  interamente  sop- 
presse, e  che  anche  per  l'avvenire  tali  inquisizioni, 
non  abbiano  più  ad  essere  incamminate  per  azioni  che 
precedettero  la  presente  mia  risoluzione. 

*3.''  Gli  individui  del  menzionato  regno,  che  per 
^sersi  invduppati  e  compromessi  in  politiche  mac- 
chinazioni contro  la  sicurezza  dello  stato,  erano  stati 
rilegati  in  luoghi  loro  appositamente  designati,  do- 
vranno subito  esser  posti  in  libertà. 

(i)  Vegganiii  ì    particolari    nella    Cam  setta   di   Mila  ito 
dell'anno. 


k^ 


—  4'^  — 

«  4-'  Quelli  che  per  causa  stessa,  si  trovano  sog- 
getti a  politico  (MTCcetto,  voglio  che  vengano  dal  me- 
desimo svincolati. 

€5."  Riguardo  ai  f^ofngiii  politici,  nativi  del 
regno  L.  V.  die  bramassero  di  ripatriare,  voglio  che 
anch*essi  partecipino  alle  disposizioni  contenute  nel 
$  2  colla  condizione  però,  che  essi  medesimi  abbiano 
a  farmene  pervenire  apposite  istanze,  ed  attendere 
quello  die  io  sopra  di  esse  troverò  di  disporre  di  caso 
in  caso,  avuto  riguardo  all'interesse  della  cosa  pub- 
blica, e  consentaneamente  alle  mie  paterne  intenzioni 
e  Quanto  a  quei  profughi  politid  poi,  che  non 
intendessero  di  far  ri  tomo  in  patria,  permetto  che  sia 
loro  axxordata  Tautorizzazione  ad  emigrare,  qualora 
ne  presentino  domanda  nelle  vie  regolari. 

€  ó."*  Tanto  le  suppliche  onde  ripatriare,  quanto 
quelle  tendenti  a  conseguire  il  permesso  di  emigrale, 
dovrarmo  dai  rispettivi  profughi  essere  presentate  en- 
tro il  termine  di  un  aruK),  decorribile  dal  giorno  della 
pubblicazione  di  questa  mia  risoluzione,  avvertendo 
che,  lasdando  infruttuosamente  passare  questo  ter- 
mine, sotto  ogni  riguardo  essi  verraimo  trattati  a  nor 
ma  di  quanto  prescrivono  le  vigenti  leggi. 

e  Mentre  io  le  partedpo  queste  mie  risoluzioni,  la 
invito  a  dare  tosto  le  disposzioni  occorrenti,  onde 
esse  sortano  il  pronto  e  pieno  loro  adempimento.» 

Era  come  si  vede  una  piena  ed  assoluta  anmistia, 
se  ne  togli  il  capitolo  5°,  che  come  vedremo  servirà 
d'occasione  al  gran  cancelliere  ed  alle  direzioni  della 
polizia  del  regno  per  tergiversare. 

Il  Solerà  scrisse  a  tale  proposito  una  bellisimv 
ode  che  il  lettore  può  leggere  nella  citata  Gazzetta. 

Ritornando  all'amnistia  imperiale,  abbiamo  detto 
che  questo   atto  fu  subito  tergiversato  dalla  caina- 


md 


«■■UUL 


rilla  di  Corte.  Infatti  una  circolare  del  ministro  aulico 
alle  direzioni  di  polizia  cosi  si  esprime  : 

«  ColFatto  di  clemenza  e  di  grazia,  che  Timpe- 
ratore  si  degnò  emanare  il  6  settembre  u.  s.,  (la  cir- 
colare reca  la  data  del  17  ottobre),  S.  M.  raggiunse 
nella  piena  estensione  della  sua  potenza,  l'estremo 
confine  della  sua  sovrana  facoltà.  Invece  di  far  uso 
del  diritto,  fece  luogo  all'atto  di  grazicu  Ciò  pò  tea 
S.  M.  qual  monarca  ;  come  mantenitore  del  pubblico 
bene  incombono  però  doveri,  che  voglion  essere 
egixalmente  rispettati  e  completamente  eseguiti 

iDi  conseguenza,  ciascuna  direzione  di  polizia  è 
invitata  a  fare  la  seguente  letterale  dichiarazione  ad 
ognuno  degli  individui  compresi  dal  $$  ^."^  del  motu 
proprio  sovrano  diretto  a  S.  A.  l'arciduca  viceré,  che 
fosse  per  inoltrare  domanda  di  poter  ritornare  nel 
regno  lombardo-veneto,  e  ne  avesse  anche  ottenuto  il 
sovrano  permesso,  praticando  tale  diffida  all'atto 
d'accordargli  il  necessario  passaporto.  (Segue  la  di- 
chiarazione). 

«Precessa  questa  ammonizione,  ognuno  degli  in- 
dividui predetti  dovrà  fare  per  iscritto,  e  confermare 
colla  sua  firma  la  dichiarazione  qui  appresso. 

e  CAe  questa  paterna  ammonizione  sta  stata  por- 
tata a  sua  conoscenza  ». 

«A  prevenire  poi  qualunque  pretesto  che  o  l'uno, 
o  l'altro  dei  profughi  che  ritorna,  non  abbia  ottenuta 
notizia  della  predetta  ammonizione,  V.  E.  riceverà 
colla  presente  una  sufficiente  quantità  di  esemplari 
della  medesima,  tradotta  in  lingua  italiana,  sopra 
un  esemplare  della  quale  il  profugo  dovrà  scrivere 
le  parole  sovraccennate,  segnando  di  proprio  pugno 
anche  il  luogo  e  la  data  in  cui  firmò  l'atto,  il  quale  poi 

GuNBTTi.  CranitSorta.  97 


1 

ma 


1 


—  4i8  — 

dovrà  essere  a  me  spedito,  per  essere  successivamente 
rimesso  alla  rispettiva  autorità  locale  (i).i 

Ed  al  conte  di  Spaur,  il  Sedlnitzky  scriveva  : 

€  Con  sovrano  biglietto,  dato  in  Venezia  il  1 5  di 
questo  mese  (era  Tottobre),  S.  M.  L  si  è  degnata  di 
comunicarmi  tutto  quello  che  in  seguito  ad  un  rap- 
porto deiri  R  cancelliere  di  stato,  principe  di  Met- 
ternich,  ha  trovato  di  ordinare  tanto  all'arciduca  vi- 
ceré, quanto  allo  stesso  principe  cancelliere,  inerente- 
mente al  sovrano  atto  di  grazia  6  settembre  p.  p.  in 
proposito  agli  individui  del  regno  L.  V.  involti  e 
compromessi  in  affari  politici. 

€  Dovendo  io  supporre  che  V.  E.  avrà  già  col 
mezzo  di  S.  A.  il  viceré  ricevuto  la  sovrana  risolu- 
zione, che  deve  servire  di  norma  neiresecuzione  del- 
l'atto sovrano  di  amnistia,  e  segnatamente  nel  trat- 
tamento dei  profughi  contemplati  dal  $  5,  cosi  mi 
limito  a  trasmettere  all'È.  V.  copia  di  una  circolare 
rilasciata  dal  sig.  principe  di  Metternich  a  tutte  le 
missioni  austriache  all'estero,  in  s^^ito  al  sullodato 
moiu  proprio,  ed  in  appendice  alle  istruzioni  già  dira- 
mate alle  medesime. 

€  Siccome  a  tenore  del  sovrano  biglietto,  devono 
diffidarsi  i  profughi  lombardo-veneti  contemplati 
dal  $  5.**  dell'atto  6  settembre  di  produrre  le  loro  do- 
mande pel  ritorno  alle  più  prossime  missioni  ii.  rr.  e 
di  attendere  all'estero  la  relativa  sovrana  Risoluzione 
da  comunicarsi  col  mezzo  delle  missioni  stesse,  cosi 
V.  E.  sarà  ora  al  caso  di  evadere  a  quelle  eventuali 
suppliche  che  venissero  avanzate  dai  profughi,  dai  pa- 
renti o  procuratori  dei  medesimi,  a  sensi  della  sopra 
accennata  ordinanza.  Avendo  io  poi  unitamente  al 

(i)  Carte  segrete  documento  451. 


—  419  — 

motu  proffio  ricevuto  anche  Tordine  di  raccoman- 
dare ai  due  direttori  generali  di  polizia  di  Milano  e 
di  Venezia  la  cauta  sorveglianza  sopra  i  profughi 
ritornati....  cosi  inteiesso  V.  E.  a  voler  caldamente  inr 
calcare  a  codesto  Direttore  generale  di  Polizia,  l'esat- 
to adempimento  di  tale  ordine  sovrano,  controllan- 
dolo per  di  lei  parte  con  tutti  i  mezzi,  che  stanno  in 
di  lei  potere  ;  volendomi  poi  rendere  consapevole  di 
tutti  i  rilievi  che  venissero  fatti,  relativamente  alle 
conseguenze  dell'atto  di  amnistia  sovrano  ed  alla  con- 
dotta politica  dei  profughi  che  ritorneranno  (i) 

Circa,  questo  tempo  furono  presentate  diverse 
suppliche  all'imperatore  a  favore  di  alcuni  profughi. 
Dell'affare  se  ne  immischiò,  coma  era  naturale,  il 
gran  cancelliere,  il  quale  rispondeva  categoricamente 
al  conte  di  Appony  con  un  dispaccio  redatto  in  lin- 
gua francese  che  diamo  tradotto. 

«Il  presente  dispaccio  (è  in  data  del  17  ottobre) 
traccia  esattamente  a  V.  E.  il  cammino  che  ella  do- 
vrà tenere  relativamente  agli  individui  compresi  nel 
$  5**  dell'atto  di  grazia  6  settembre,  cioè  dei  profughi 
politici  propriamente  detti.  Siccome  un  tale  atto  non 
fa  menzione  dei  deportati,  i  quali  non  sono  più  sud- 
diti dell'imperatore,  né  dei  condannati  a  morte  in 
contumacia,  che  sono  morti  civilmente,  è  necessario 
che  io  dia  a  V.  E.  istruzioni  separate  per  queste  due 
categorie,  éiffinchè  ella  possa  rispondere  esattamente 
ad  ogni  domanda*  che  le  sarebbe  o  che  potrebbe  es- 
serle rivolta. 

tUna  decisione  presa  da  S.  M.  il  15  di  questo 
mese,  in  occasione  della  domanda  formulata  da  GDn- 
falonieri,  mi  pone  in  grado  di  darle  sopra  tale  og- 
getto istruzioni  positive. 

(i)  Carte  segrete.  Doc.2452. 


—  4»  — 

t  Uimperatorc  non  potè  accogliere  fel  momen- 
to (!),  la  petizione  del  Gonfalonieri,  in  parte  preci- 
samente perchè  appartiene  ad  una  delle  due  catego- 
rie alle  quali  l'atto  di  grazia  non  è  applicàbile. 

tS.  M.  si  è  riservata  di  estendere  piii  tardi  anche 
sopra  di  lui  gli  effetti  della  sua  clemenza,  se  la  con- 
dotta politica  del  suddetto  deportato  acquisterà 
un  titolo  a  tanto  favore.  Lo  stesso  caso  è  del  conte 
Porro  Lambertenghi,  il  ricorso  del  quale  non  è  stato 
preso  in  considerazione.  neìVattuale  circostanza,  per- 
chè desso  appartiene  alla  categoria  per  contumacia, 
e  pel  momento  non  trattasi  che  di  eseguire  le  dispo- 
sizioni dell'atto  di  grazia. 

t  Infine  devo  prevenire  V.  E.  che  il  Luigi  Mon- 
teggia,  domiciliato  a  Marsiglia,  si  è  egualmente  ri- 
volto all'imperatore  per  ottenere  il  rimpatrio.  Egli 
trovasi  nella  categoria  dei  pofughiy  e  Lei,  sig.  Conte 
lo  tratterà  esattamente  sulle  norme  della  mia  circo- 
lare tedesca,  avvertendolo  per  mezzo  del  console  ge- 
nerale austriaco  residente  colà  delle  formalità;  che 
gli  incombono,  per  essere  esaudito. 

€  Prego  poi  V.  E.  ogni  volta  che  sarà  il  caso,  di 
rilasciare  un  passaporto  ad  un  rifugiato  politico,  di 
darne  avviso  al  governo  a  Milano  (i). 

Come  ognun  vede,  anche  senza  essere  consumato 
leguleio,  il  dispaccio  del  gran  cancelliere  era  molto 
insidioso,  e  tendeva  ad  attraversare  il  progetto  di 
quell'atto  di  clemenza  di  cui  il  novello  monarca  vo- 
leva fruissero  i  sudditi  del  regno  L.  V.  A  che  tante 
distinzioni,  cui  lo  stesso  sovrano  non  aveva  accen- 
nato ?  Mi  sembra  che  la  redazione  dell'atto  imperiale 
espresso  in  termini    così   laughi,    dovesse   suggerire 

(i)  Carte  segrete.  Doc.  453. 


—  421  — 

al  potere  esecutivo  maggior  ampiezza  di  vedute,  mag- 
gior serenità  di  interpretazione,  minor  astio  personale 
verso  quei  poveri  rifugiati,  deportati  o  condannati 
in  contumacia. 

TrattaA^asi  di  un  tentativo  o  di  tentativi  abortiti, 

una  pena  quegli  infelici  l'avevano  già  scontata,  ed 

alcuni  abbastanza  lunga  o  rimanendo  lontani  dalla 

patria,  o  passando  parecchi  anni  in  carcere  :  in  fondo 

dunque  em  già  una  grazia  dimezzata  ;   pur  si  volle 

cosi  daironnipotente  Cancelliere,  cui  venivano  senza 

dubbio  abbassate  tutte  queste  suppliche.  La  storia 

però  registrerà  anche  questo  fatto,  che  non  torna  certo 

ne  ad  onore  della  cancelleria  austriaca,  né  del  sovrano. 

Il  governatore  di  Venezia,  rimise  alla  Direzione 

della  Polizia  dispaccio  consimile  raccomandando  la 

più  rigorosa  sorveglianza  sui  profughi  in  discorso,  ed 

obbligando  a  riferire  tanto  intorno  alla  condotta  dei 

rimpatriati,  quanto  al  modo  con  cui  venne  accolto 

Tatto  sovrano  (i). 

Era  jBinita  la  detenzione  e  l'esiglio,  ma  durava  la 
rigorosa  sorveglianza,  la  persecuzione  diremo  la  qua- 
le pel  più  piccolo  incidente  poteva  cambiarsi  di  nuovo 
ia  detenzione  od  esiglio!.,. 

Un*altra  concessione  dell'imperatore  fu  il  famoso 
Istituto  dei  giovani  nobili,  già  chiesto  dalle  deputa- 
zioni delle  Congregazioni  Centrali. 

Ecco  il  tenore  dell'atto  : 

«Avendo,  i  fedeli  sudditi  del  nostro  regno  L.  V. 
a  mezzo  delle  Congregazioni  Centrali  di  Milano  e  di 
Venezia  loro  rappresentanti,  e  per  locaisione  della 
nostra  incoronazione  in  questo  regno,  subordinata  a 

(i)  Carte  segrete.  Documento  454. 


i 

J 


—  423  — 

noi  rumilissima  supplica  per  la  graziosissima  conces- 
sione del  permesso  di  istituire  e  di  mantenere  stabil- 
mente una  Guardia  del  Corpo  da  scegliersi  nel  loro 
seno,  per  la  custodia  della  nostra  persona,  e  avendo 
noi  in  proposito  già  determinato  colla  nostra  risolu- 
zione del  30  giugno  dell'anno  scorso  di  autorizzare 
la  formazione  nella  nostra  residenza,  di  una  Guardia 
del  Corpo,  composta  di  60  giovani  nobili  lombardi  e 
veneti  in  numero  eguale,  colla  concessione  alla, mede- 
sima delle  prerogative  pari  a  quelle  delle  altre  nostre 
guardie  del  Corpo,  di  custodia  noi  e  la  nostra  fami- 
glia imperiale,  e  di  accrescere  lo  splendore  della  no- 
stra corte  in  tutte  le  pubbliche  solennità  ; 

f  Noi  intesi  ad  accondiscendere  graziosamente  an- 
che all'ulteriore  supplica  dei  nostri  diletti  e  fedeli 
sudditi  lombardo  veneti,  troviamo  di  dichiarare  so- 
leimemente,  che  l'istituzione  ed  il  successivo  manteni- 
mento di  questa  guardia  viene  da  noi  clementemente 
accolta  qual  dono  d'Incoronazione  offertoci,  secondo 
l'uso  antico  degli  altri  nostri  regni,  dai  sudditi  del  re- 
gno L.  V.,  in  manifestazione  del  fedele  loro  attac- 
camento alla  nostra  persona,  e  perciò  a  noi  particolar- 
mente gradito. 

€  Nello  stesso  tempo  noi  ordiniamo  che  gli  statuti 
già  progettati  da  un'apposita  commissione  politico- 
militare  ed  esaminati  dalle  Congregazioni  Centrali 
del  regno  L.  V.  vengano  immediatamente  riveduti, 
discussi  e  sottoposti  nelle  vie  regolari  alle  nostre  de- 
terminazioni, affinchè  essi  sieno  muniti  della  nostra 
sanzione,  e  quindi  la  medesima  Guardia  Nobile  del 
Corpo,  entri  in  attività  colla  maggior  possibile  solle- 
citudine. 

tll  servizio  dei  membri  di  questa  Guardia  ed  i 
loro  doveri,  nei  quali  noi  vogliamo  specialmente  ve- 
der compresa  l'opportuna  istruzione  per  la  carriera  mi- 


—  423  — 
litare,  (X)me  pure  le  loro  prerogative  d'onore  e  gli  an- 
nessi vantaggi,  verranno  recati  a  notizia  delle  parti  in- 
teressate, mediante  Regolamento,  che  sarà  compilato 
a  questo  fine,  dopo  seguita  la  nostra  sanzione  agli 
statuti  accennati...  » 


Meglio  però  di  tante  smancerie,  registriamo  due 
notizie  che  illustrano  la  nostra  Milano  benefica.  Un 
signore  milanese,  di  cui  la  cronaca  non  può  notare  il 
nome,  perchè  volle  serbare  l'incognito,  in  occasione 
delle  feste  imperiali,  offerse  al  Proposto  di  S.  Babila 
5CX)  lire  perchè  fossero  distribuite  lai  poveri  ed  agli 
infermi  della  parecchia  e  dalla  sagristia  di  Santa 
Maria  dei  Servi  cosi  furono  per  la  tale  ragione  distri- 
buite 800  razioni  di  riso  e  di  pane  bianco  ai  poveri. 
Più  tardi  un  altro  incognito,  consegnò  ai  singoli  di- 
rettori delle  pie  case  di  Industria  e  di  Ricovero,  qua- 
ranta pezzi  da  venti  franchi  perchè  fossero  impiegati 
nell'acquisto  di  materassi  a  favore  di  quei  ricoverati  ; 
più,  altre  cinquecento  pagnotte  di  pane  di  frumento 
per  mano  di  un  sacerdote  e  finailmente  590  lire  da 
altro  signore  da  erogarsi  in  sussidi.  E  questa  era  dav- 
vero fior  di  carità. 


I  giorni  che  trascorsero  fra  l'entrata  imperiale  e 
l'incoronazione,  non  passarono  infruttuosi.  L'impera- 
tore e  l'imperatrice  si  diedero  attorno  a  visitare  i  no- 
stri stabilimenti  di  beneficenza,  le  nostre  industrie,  la 
mostra  annuale  di  belle  arti  a  Brera,  lo  studio  di  pa- 
recchi artisti,  riportandone  dapertutto,  come  narrano 
i  periodici  d'allora,  le  più  care  e  le  più  liete  impres- 
sioni, che  forse  creavano  nel  cuore  dei  poveri  nostri 
babbi  tante  belle  illusioni  per  l'avvenire. 


^--  ^*«^ 


ì-  i«i  lino  stupendo  giovedì  di  settembre  e  ndla 
ni.)::inii  :%iui  Maestà,  preceduta  dalle  grandi  dignità 
li»  i  li  >».ìh»  r  dai  più  cospicui  magistrati,  usd  dal  Pa- 
l.t.^4  Rciiìc  e  SI  rese  sotto  baldacchino  alla  vidna 
\us»o,v..i:.uw  àovt  avuta  l'acqua  benedetta  da  S.  E. 
»  lu  j,:.  \Tnnr  incontro  col  clero,  si  avviò  al  Trono 
jn:,v\„.(r  Dìì  qui,  dopo  breve  orazione  si  accostò  al- 
^::„lr  e  srJottc  presso  l'ultimo  gradino,  dove,  fatta 
;..  ,\'t^^ij:,»,  umr  e  l'ammonizione  da  S.  E.  s'inginoc- 
,  l.\.  ir^^  il  -ìurr.mcnio  e  toccò  i  Santi  Vangeli  pro- 
;:..ì.  .,.!M*^  hi  snvTa  f  ormola  :  Così  Dio  ci  ajuiiW 
K  ir  .•  .n:n»ìn.  Ir  litanie,  durante  le  quali  S.  M.  ri- 
j.i..^    .].  ^.:kv.  Ilio  col  capo  chino. 

v,^..n...  ^  V.  scilrue  innanzi  alPaltare  e  S.  M.  gli 
X,  *..^  ..\N».].i;.  d..\T.nti  :  i  Gran  Ciambellani  gli  le- 
^'  ♦' .*.  .'  J..,.:::<^  :r.:lci,  aprendogli  eziandio  gli  abiti, 
i^      \"»  \r>,\  \o  lo  imsc  col  Sacro  Crisma,  quindi  S. 

"^ ^>^.   nr,  J\:dit;lione  riprese  le  collane  degli 

<^  \.^:.  .\  r.u.i-^io  Reale,  intanto  S.  E.  vestì  alla 

>♦...  \.^  ,^  j^..  „:^  :.  ;x^n:il:cali  ]ia:  la  celebrazione  della 

A  ,  :\.  >:.  ,..  .:  l\ìn-iarca  di  Venezia  (i)  ed  i  Ve- 
^.  \    ,.xs>;.\v..  ,.c.\v- papparono  S.  M.  dal  trono  im- 

•^ *"* -  •'5*,  òo\e  s'inginocchiò  sul  più  altogra- 

.,.:,.\  ..  \.  ,.:.,. ,ìi„. e  p:-escn:ò  all'imperatore  la  spada 
Ni,.*,,  :\..:.\  vì'j^  !;.\vv;a  nella  guaina  dal  gran  scudic- 
Kv  lu  e:,  i^-^\  v^  \\.>xv.a  a  S,  E.,  che  ne  cinse  S.  M.,  il 
o;.,^.>.  .Niv,ui..:..^ì  iv.KAamente  tornò  ad  ingiiKxchiarsi. 
A,!.^Ia  il  r.o>:iv>  Arcivescovo,  prese  la  corona  fenea, 
t\l  a^i>:jio  dal  painarca  di  Venezia,  la  pose  sul  capo 


(O  Da  una  nota  della  Cancelleria  Vicereale,  rileviamo 
che  1  Cappellani  della  Corona  sono,  TArcivescovo  di  Mi- 
lano  e  il  Patriarca  di  Venezia.  Arch.  di  stato. 


—  4*5  — 
dell'imperatore.  Le  campane  della  cattedrale  e  quelle 
di  ttttte  le  chiese  ed  il  rimbombo  delle  artiglierie  an- 
nunziavano l'avvenimento.  Intanto  il  Patriarca  pose 
lo  scettro  nella  destra  di  S.  M.  ed  il  nostro  Arcive- 
scovo il  globo  imperiale  nella  sinistra  :  il  Grande  Scu- 
diero gli  scinse  la  spada  e  gliela  portò  innanzi  sguai- 
nata per  tutto  il  (rimanente  della  cerimoniaL 

Il  monarca  alzatosi  dall'altare,  si  avviò  al  trono 
reale,  e  vi  si  assise  :  il  Gran  Maggiordomo  voltosi  al 
popK)lo,  gridò  ad  alta  voce .-  Vii^a  Ferdinando  Impe- 
ratore e  Re  nostro  :  e  questo  grido  venne  ripetuto  dal- 
la massa  di  popolo,  accompagnato  da  applausi,  dal 
suono  delle  campane  e  dal  rumore  delle  artiglierie. 

Si  intuonò  il  Tedetim  e  quindi  continuò  la  messa. 
All'offertorio  S.  M.  venne  all'altare  e  quivi  offerse 
al  celebrante  sopra  un  piatto  d'oro  una  grande  me- 
daglia parimenti  d'oro  espressamente  coniata,  poi 
tornò  al  trono.  Alla  Comunione  l'imperatore  acco- 
stossi  di  nuovo  all'altare,  ed  inginocchiatosi  a  testa 
nuda  si  comimicò  (sotto  le  due  specie)  e  restituitosi 
al  trono,  rimesso  il  diadema,  vi  si  tenne  fino  alla 
fine  della  fimzione,  dopo  della  quale  ritornò  al 
Palazzo. 

Il  grande  banchetto  ebbe  luogo  nella  sala  delle 
cariatidi  disposta  ed  addobbata  per  la  circostanza. 
Sopra  un  grande  assito  coperto  di  tappeti  turchini  e 
gialli  s'imbandì  una  tavola  sormontata  da  un  bal- 
dacchino. L'imperatore  senza  mutar  d'abiti  ne  to- 
gliersi la  corona  entrò  nella  sala,  circondato  dai  di- 
gnitari dell'Impero.  Quando  si  fu  assiso  gli  venne 
levata  dal  capo  la  corona  e  posta  su  d'una  tavola, 
dove  pure  furono  collocati  gli  altri  ordini  cavalle- 
reschi ;  colà  rimase  a  guardia  il  gran  ciambellano 
durante  tutto  il  banchetto. 


L^  ■■■>")      ''t»?. P^l^rfl 


-486- 

Nella  sera  la  città  fu  brillantemente  illuminata 
e  le  feste  private  si  prolungarono  gran  parte  della 
notte  :  il  popolino  si  divertiva  un  mondo  ai  bacca- 
nali dei  giardini  pubblici,  dove  erano  date  rappresen- 
tazioni gratuite,  e  gratuito  pure  era  l'ingresso  come 
avvenne  in  vari  teatri  e  circhi. 

Alla  sera  del  giorno  seguente  ebbe  luogo  al  pa- 
lazzo di  Corte  un  concerto  di  musica,  offerto  dai  pro- 
fessori e  dagli  allievi  del  Conservatorio^  di  cui  si 
dissero  meraviglie.  Il  giorno  dopo  fu  la  volta  della 
visita  alla  Basilica  di  S.  Ambrogio,  che  come  si  disse, 
aveva  diritto  di  fregiarsi.delFaquila  imperiale 

Il  capitolo  con  a  capo  il  suo  proposto  attendeva 
S.  M.  nell'atrio,  presso  ai  gradini.  Sulla  piazza  da- 
vanti alla  chiesa  stavano  schierate  le  truppe  per  le 
consuete  salve.  Si  celebrò  la  messa  in  canto,  quindi 
si  intuonò  il  te  deum  colla  massima  pompa,  essendo 
stato  l'imperatore  seguito  dalla  sua  Corte. 

Nell'andata  furono  percorse  le  stesse  vie  che  per 
solito  percorreva  la  processione  del  Corpusdomini  ; 
nel  ritorno  il  corteo  passò  per  porta  Vercellina  (Ma- 
genta), S.  Giovanni  sul  Muro,  Foro  Bonaparte,  via 
Cusani,  Ponte  Vetero,  Orso,  Monte  Napoleone  e  cor- 
sia dei  Servi  (^corsia  del  Duomo)  (i) 

In  questo  giorno  stesso  seguì  il  solenne  trasporto 
della  corona  ferrea  a  Monza  ed  insieme  alla  corona 
vennero  pure  trasportati  colà  la  spada  ed  il  manto, 
che  servirono  per  la  cerimonia  dell'incoronazione, 
mentre  lo  scettro  ed  il  globo  furono  regalati  a  Ve- 
nezia, dove  si  custodiscono  nel  tesoro  di  S.  Marco. 

Nella  sera  del  9,  a  spese  del  nostro  municipio 


(i)  Da  una  nota   manoscritta   alla   biblioteca  Ambro- 
siana. 


—  427  — 
ebbe  luogo  una  gran  festa  da  ballo  al  teatro  della 
Scala, 

E  noti  il  lettore  un  sublime  atto  di  piaggeria  :  il 
palcoscenico  rendeva  l'immagine  di  un'ampia  sala  eh* 
al  comparire  dei  sovrani  presentò  sulla  scena  la 
veduta  di  Borgo  Vico  col  palazzo  deWOlmOj  allog*^ 
gio  della  coppia  imperiale,  come  abbiamo  accennato, 
durante  il  suo  soggiorno  sulle  sponde  del  Lario. 

Un  ampio  scalone  guidava  dalla  platea  al  palco 
scenico  ed  altro  consimile  dava  adito  a  scendere  dal 
palco  di  Corte  in  platea.  Non  parliamo  di  toelettes, 
di  abbigliamenti  sfarzosi,  di  scintillio  d'oro,  di  dia- 
manti, di  giojelli  d'ogni  specie. 

La  grande  manovra  ebbe  luogo  il  io,  in  occasione 
dell'inaugurazione  dell'Arco  della  Pace.  Vi  assiste- 
vano la  corte  imperiale  e  parecchi  dignitan  del  Regno. 
Il  governatore  Hartig,  presentò  a  S.  M.  il  cav.  Lon- 
donio,  preside  dell'Accademia  di  belle  arti,  il  quale 
era  anche  incaricato  di  leggere  il  discorso  :  fu  un'al- 
tro dei  tanti  sproloqui,  e  delle  tante  umiliazioni  in- 
flitte alla  nostra  città  ;  dopo  questo,  ebbero  luogo  le 
esercitazioni  della  divisione  d'infanteria,  alla  quale 
tenne  dietro  lo  s&lamento.  Seguirono  quelle  di  cavai- 
leria,  la  quale  alla  sua  volta  sfilò  davanti  all'impe- 
ratore,  all'imperatrice,  alle  dame  di  palazzo,  al  Feld 
Maresciallo  ed  a  tutto  lo  Stato  maggiore. 

Il  programma  delle  feste  doveva  terminare  con 
quella  all'arena,  ma  dopo  le  evoluzioni  militari» 
il  tempo  si  oscurò  e  ruppe  in  pioggia. 

Il  mattino  seguente  si  visitò  il  santuario  di  S. 
Celso,  dove  le  loro  Maestà  assistettero  alla  S.  Messa 
celebrata  all'altare  della  Vergine  ;  verso  mezzogior- 
no l'imperatore  colla  viceregina  si  recarono  al  collegio 
della  Guastalla,  e  nella  sera  ebbe  luogo  una  festa  da 


ballo  al  palazzo  di  governo,  dove  intervennero  pure 
le  loro\maestà 

Il  giorno  dopo  Timperatore  ed  il  viceré  si  recarono 
a  visitare  il  liceo  di  S.  Alessandro,  l'unita  chiesa,  la 
biblioteca  Ambrosiana,  la  straordinaria  esposizione 
industriale,  allestita  per  Toccasione  nel  palazzo  di 
Brera,  cui  intervenne  anche  il  principe  di  Mettemich. 
Nella  sera  la  società  del  giardino  aveva  offerto  una 
sontuosa  festa  da  ballo. 


Ne  dalle  manovre  andò  esente  il  corpo  dei  no- 
stri civici  Pompieri,  una  utilissima  istituzione  che  dar 
tava  già  fin  dal  1811  inaugurata  da  un  decreto  vice- 
reale. Prima  di  allora  Milano  era  provveduta  di  al- 
cune pompe  idrauliche,  ma  il  loro  servizio  era  assai 
irregolaare  ed  imperfetto.  Allo  scoppiar  di  un  incen- 
dio si  avvertiva  il  Municipio,  suonava  a  stomo  la 
campana  del  comune  ;  il  custode  conduceva  le  pompe 
in  luogo,  le  quali  erano  poste  in  moto  da  un  perso- 
nale avventizio. 

Nell'epoca  in  cui  siamo  colla  storia,  il  corpo  dei 
pompieri  era  composto  di  84  individui,  compreso  un 
capitano  comandante,  un  tenente,  un  foriere  ed  un 
guarda-magazzeno,  tutti  dipendenti  dagli  ordini  della 
Polizia! 

Milano  possedeva  buon  numero  di  pompe  di  varia 
portata,  molte  utili  innovazioni  vennero  fatte  negli 
attrezzi  e  nei  mezzi  di  difesa  ;  tra  essi  notiamo  l'a- 
bito di  ammianto  ricoperto  di  maglia  metallica,  in- 
venzione del  cav.  Aldini. 

Il  tema  della  esercitazione  offerta  in  questa  circo- 
stanza era  il  salvamento  dall'incendio  delle  masseri- 
zie di  alcune  aWtazioni  e  di  parecchi  individui,  im- 
potenti per  malattia  ad  uscire  illesi  dalle  fiamme,  che 


—  429  — 

si  suppjonevano  cagionate  dallo  scoppio  di  un  ful- 
mine in  una  vecchia  torre  dove  erano  raccolte  muni- 
zioni di  guerra.  Ecco  ora  come  fu  svolto. 

Un   grosso  razzo,  sprigionandosi  impetuoso  dal- 
l'alto della  chiesa  delle  Grazie  verso  il  caseggiato  che 
ne  fiancheggia  la  piajzza  a  sinistra,  andò  ad  investire 
una  piccola  torre  di  legno  posticcicL,  e  alquanto  ri- 
levata sul  letto.  Allo  scoppio  rumoroso,  allo  sfasciar- 
si della  torricciola,  al  fumo  che  già  incominciava  a 
svolgersi,  si  chiamano  al  soccorso  i  pompieri  mediante 
un  incessante  toccar  di  tamburo.  Questi  accorrono 
sollecitamente,  e  si  mettono  all'opera  dell'estinzione  : 
alcuni  tentano  per  le  interne  vie  della  casa  di  gua- 
dagnare la  sommità,  altri  trasportando  scale  a  pioli 
le  appoggiano  al  muro  e  le  uniscono  con  facile  mec- 
canismo affine  di  penetrare  dalla  parte  esterna  negli 
appartamenti  minacciati. 

Allora  vengono  condotte  in  faccia  all'incendio  le 
pompe  seguite  da  una  schiera  di  facchini,  (i  brenta- 
àoy)  ai  quali  incombeva  di  portare  l'acqua.  Intanto  i 
primi  pompieri,  già  pervenuti  sulle  rovine  della  torre, 
gettano  abbasso  parecchie  grosse  funi   per  sollevare 
in  alto  le  scale  di  corda,  i  tubi  pel  condotto  delle 
acque,  per  agevolare  ai  compagni  la  salita  e  prepa- 
rare un  mezzo  di  scampo  a  tutti,  ove  le  fiamme  consu- 
massero ogni  appoggio  interno.  Ma  una  densa  nube 
di  fumo  solcata  da  fiamme  s'innalza  vorticosa  verso 
il  cielo  ;  frequenti  detonazioni  entro  l'edifizio,  un  ru- 
more confuso,  assordante,  annunziano  che  il  fuoco 
va  dilatandosi.  Sono  poste  in  movimento  le  trombe  e 
frequeijti  sono  gli  zampilli  d'acqua  ;  dai  tetti  precipita 
una  pioggia  stemperata  come  quella  di  un  temporale  : 
I       dovunque  è  un  affaccendarsi,  un  salire,  uno  scender 
che  rapisce. 

L'incendio  cedendo  a  poco  a  poco  sotto  quegli 


i^ 


-  430  — 

sforzi  ripetuti,  lascia  un  po'  di  tregua:  si  scom- 
pongono le  scale,  si  aggomitolano  le  corde,  si  raccol- 
gono gli  attrezzi,  sono  presso  a  ,condursi  via  le  mac- 
chine, quando  d'improvviso  si  ascoltano  alcune  grida 
di  donne,  di  vecchi,  di  fanciulli  chiamar  disperata- 
mente soccorso!... 

Il  fuoco,  che  covava  inosservato  in  alcune  camere 
di  persone  immerse  nel  sonno,  riscoppia  con  maggior 
violenzcu  Dalle  j6nestre  escono  fianime  spaventevoli  ; 
a  tal  vista  i  pompieri  retrocedono  e  ripigliano  le  ope- 
razioni. I  più  coraggiosi,  saliti  su.  per  le  interne  scale, 
sfondano  gli  usci  a  colpi  di  scure,  e  di  mezzo  al  fumo 
ed  alle  fiamme  si  affrettano  a  porgere  aiuto  a  quei 
meschini,  i  quali  vengono  calati  a  terra  entro  sacc/ii 
di  soccorso;  anche  i  pompieri,  salvate  le  suppellet- 
tili, spento  «del  tutto  il  fuoco,  si  calano  da  una  fine- 
stra per  mezzo  di  una  grossa  tela  afferrata  e  tesa  ver- 
ticalmente da  una  forte  schiera  de*  loro  compagni. 

Inutile  dire  che  Tesercizio  ebbe  il  plauso  di  quanti 
vi  jissistettero. 

'Terminata  la  manovra  le  LL.  MM.  passarono  al 
refettorio  del  convento  delle  Grazie  per  ammirarvi  il 
capolavoro  vinciano.  Nel  dopo  pranzo  fu  aperta  l'A- 
rena per  uno  spettacolo  straordinario,  nel  quale  dopo 
parecchi  giuochi  acrobatici,  ebbe  luogo  uno  splendido 
fuoco  d'artifizio  in  cui  brillarono  la  corona  fenea  e 
gli  stemmi  del  Regno  L.  V- 

Nella  sera  ricevimento  dal  gran  Cancelliere  e  dalla 
sua  consorte,  dove  si  ballò  fino  a  tarda  notte. 


La  mattina  del  giorno  seguente  ebbero  luogo  le 
udienze  di  congedo  per  gli  alti  funzionamenti  civili, 


—  431  — 

ecclesiastici  e  militari  e  nel  pomeriggio,  la  presenta- 
zione delle  Dame  di  cotte  (i). 

La.  sera  fu  occupata  dal  famoso  corso  notturno 
pel  quale  si  sprecarono  somme  allora  favolose,  e 
tanto  tempo  di  apparecchio. 

La  corsia  dei  Servi,  il  corso  di  Porta  Orientale, 
i  bastioni,  di  Porta  Nuova,  di  Porta  Comasina  (Ga- 
ribaldi), di  Porta  Tenaglia,  splendevano  per  non  in- 
terrotta illuminazione  fino  alla  piazza  d'armi,  dove 
si  apriva  una  scena  ammirabile,  che  sarebbe  stata  ve- 
ramente magica,  ove  la  pioggia,  che  verso  sera  comin- 
ciò a  cadere,  non  ne  avesse  scemato  l'effetto. 

Tutta  la  piazza  era  seminata  di  obelischi,  di  vasi 
etruschi  trasparenti,  di  tripodi  ardenti  cogli  stemmi 
imperiali  e  cittadini.  L'arco  della  pace  sorgeva  mae- 
stoso cogli  ampi  laterali  fabbricati,  fra  le  mille  faci 
accese  sulle  piazze  e  quelle  che  brillavano  sullo  stra- 
done jestemo  vagamente  illuminato.  Di  molta  luce 
fiammeggiava  pure  la  fronte  del  castello,  che  pro- 
spettava l'arco  e  tutto  l'ambito  dell'Arena,  in  faccia 
alla  quale  era  stato  eretto  un  grandioso  fabbricato 
rappresentante  illuminata  la  Villa  di  Schònbriinn. 

Erano  pure  illuminate  le  torri  delle  chiese,  l'agu- 
glia  ed  il  fianco  del  Duomo  e  tutti  gli  edifizii  che 
potevano  offrirsi  allo  sguardo  di  chi  si  trovava  sui 
bastioni  o  sulla  piazza  d'Armi.  In  mezzo  a  questa  .sor- 
geva poi  un  vasto  padiglione  che  ora  chiameremo  fe- 
stival, dove  diverse  bande  musicali,  opportunamente 
distribuite,  animavano  il  pubblico  tripudio,  cui  non 
mancò  pure  l'allettamento  di  fuochi  (d'artifizio  ai 
fianchi  del  castello. 


(t)  Non  pensi  il  lettore  che  questa  fosse  una  carica 
onorifica:  esse  percepivano  un  assegno  di  tremila  fiorini 
annui.  Cancelleria  Vicereale  Are  di  stato. 


_  432  - 

Malgrado  il  cattivo  tempo  la  coppia  iinp)eriale  per- 
corse in  tutta  la  sua  estensione  il  corso  notturno  -.  inu- 
tile dire  che  giungendo  il  corteo  in  piazza.  d'Armi, 
venne  suonato  l'inno  imperiale. 

E  mentre  a  Milano  ferveva  il  corso  notturno,  si 
disponeva  una  illuminazione  all'abitato  di  Loreto  ed 
a  quello  della  Cascina  dei  Pomi  ed  il  Comune  dei 
Corpi  Santi  fece  per  la  stessa  sera  erigere  in  vici- 
nanza, dell'Arco  della  Pace  una  grande  colonna  sfol- 
goreggiante  per  dovizia  di  lumi,  volendo  altresì  che 
venisse  illuminato  lo  stradone  di  fronte  all'arco  stesso, 
tutto  ciò  in  gran  parte  a  spesa  dei  singoli  proprietari. 

Nel  mattino  del  giorno  seguente  le  UL.  MM.,  u- 
nitamente  al  viceré,  si  misero  in  viaggio  per  Pavia, 
passando  da  Porta  Ticinese,  dove  li  avevano  già  pre- 
ceduti il  governatore  Hartig  e  il  feld  maresciallo 
Radetzky. 

Quale  strascico  alle  feste  imperiali,  accenneremo 
alle  beneficenze  lasciate  dai  sovrani,  ai  doni  dei  mi- 
lanesi, alle  poesie  di  diversa  forma  cui  le  solennità 
diedero  luogo. 

Lasciando  la  nostra  città,  l'imperatore  dispose  a 
fa\  ore  dei  supplicanti,  che  presentarono  petizioni  du- 
rante il  suo  soggiorno  tra  noi,  sessanta  mila  lire  au- 
striache e  due  mila  per  gli  asili  infantili  (i).  Lo  sculto- 
re Manfredini  per  commissione  di  alcuni  milanesi,  mo- 
dellò i  due  busti  di  Metternich  e  di  Kollovart,  che  in 


(i)  Da  uno  specchio  riassuntivo  generale  delle  delibe- 
razioni prese  dalle  città  e  dai  comuni  foresi  della  Lombar- 
dia per  la  celebrazione  delle  feste  imperiali,  consta  che  le 
spese  salirono  a  8.262.249  e  17  lire  austriache.  La  sola 
Milano  ne  spese  252  mila.  Archivio  Civico. 


—  433  — 
seguito  furono  spediti  a  Vienna.    Sotto  quello   del 
primo,  si  leggeva  questa  iscrizione  latina  v 

BONARUM  ARTIUM  ET  LITTERARUM   PATRONO 

PAaS  REGNI  ADSERTORl 

NONULLI  EX  LONGOBARDORUM   ORDINE 

IN   OBSERVANTIAE  ET  MEMORIS   ANIMI  SIGNIFICATIOKE 

D.    D.    D. 

SEFTEMBRI  A.    MDCCCXXXVHI, 

Gli  agiati  suburbani  di  Milano  eressero  fuori 
di  Porta  Ticinese  un  arco  che  recava  la  seguente 
iscrizione  : 

A   FERDINANDO   I 

IMPERATORE  E  RE  CLEMEN"!  ISSIWO 

CHE   I  DELITTI  DI  OFFESA  MAESTÀ   PEltDONANDO   RIVENDICA 

E  A   SOSTEGNO  DEL   TRONO 

LA    FORZA  dell'armi  E   LA   ONNIPOTENZA    TìI-XL'oPINIONE 

CONGIUNGE 

ALLA   PIA  CONSORTE   ANNA   MARIA   CAROLINA 

dell'antica  REGINA  DEI  LONGOBARDI   SPLENDIDA   IMMAGINE 

TEODOLINDA  NOVELLA 

I   SUBURBANI  DI  P.   TICINESE 

UN   PROSPERO   VIAGGIO   COLL' EFFUSIONE   DEL   CUORE 

AUGURANO  IMPLORANO 

E 

LAMENTANDO   LA   AHI  1   TROPPO   CORTA    PARTENZA 

dell' AUGUSTIA  COPPIA 

IL  DOLORE   NE   ATTEMFRANO 

COLLA  SPERANZA 

DI     VICINO     RITORNOé 

GiANBTTi.  Cronistona.  li 


-434- 

Nè  bastò  ancora.  Si  coniarono  medaglie  comme- 
morative d'ogni  metallo,  che  ancora  figurano  nelle 
bacheche  dei  collezionisti  e  nel  medagliere  del  nostro 
Risorgimento.  Peccato  che  non  fosse  l'epoca  de'  fi- 
latelici per  incidere  anche  francobolli  e  cartoline  com- 
memorative. Si  mando  ancora  a  Vienna  un  grande  al- 
bum illustrato,  contenente  le  vedute  degli  spettacoli 
dati  nelle  diverse  città:  il  Sanquirico  vi  aveva  già 
spedito  i  disegni  del  padiglione  di  Loreto,  delle  de- 
corazioni a  Porta  Orientale,  dell'atrio  esterno  e  del- 
l'addobbo del  Duomo. 

Sono  sproloqui  e  fatti,  che  non  si  immaginerebbero 
neppure,  se  la  cronaca  non  li  avesse  registrati. 

Giacché  siamo  a  parlare  di  monumenti  eretti  in 
tale  circostanza,  permetta  il  lettore  che  accenniamo  a 
quello  di  Sondrio. 

E'  da  sapersi  che  questa  città  subì  nedl'^grost» 
del  1834  gravi  disastri,  già  da  noi  descritti  nel  Ca- 
pitolo X,  in  causa  dello  straripamento  del  torrente 
Mallero  :  dicesi  che  in  tale  occasione  quella  città  ri- 
corse direttamente  a  Vienna  per  un  sussidio  e  l'ebbe 
quanto  fu  sufficiente  per  riparare  le  dighe  del  fiu- 
me. Ora  si  venne  in  pensiero  di  erigere  un  monumento, 
che  ricordasse  il  fatto  e  se  ne  affidò  l'incarico  allo 
scultore  Croff.  Il  lavoro  era  in  forma  di  obelisco  so- 
pra altissimo  piedistallo  in  marmo,  sostenuto  da  una 
base  praticabile.  Su  di  esso,  corrispondenti  ai  risp>et- 
tivi  lati,  sorgevano  in  piedi  nobilmente  panneggiate 
e  maggiori  del  vero  quattro  statue  saggiamente  va- 
riate nella  loro  uniforme  azione  e  significate  dai  loro 
emblemi:  la  Munificenza,  la  Religione,  la  Giustizia 
e  la  Pace.  Due  lati  opposti  del  piedistallo  portavano  : 
l'uno  lo  stemma  della  città  e  gli  altri  due  altrettante 


—  435  — 

iscrizioni.  Riportiamo  quella  che  riguarda  Vimpcra- 
tore  e  il  viceré  che  assistette  alla  inaugurazione. 

IMP.    ET   REGI 

Ferdinando  I  Francjsgi  Aug.  Fil*  Augusto 

PARENTI    PUBLICO 

QUOD    AD    HUJUg    EJIAH   CTVTTATIS   TUTELASI 

rURENTEM    MALLERUM 

OEIFRENATIS   VORTICIBUS  AOROS   AEDESQUE  RAPIENTEM 

CONTRACTO  ALVBO    MOLIBUS    OPPOSITIS 

PERPETUO   DOMUERIT 

SONDRONIENSES 

AB  INTERITU   VINDICATI 

AUSPICE  RAINERIO    AUGUSTI  PATRUO  VICE  SACRA 

LANGOBARDOS   VENETOSQOE    RÈGENTE 

SOSPIRATORI   MUNlFlCENTlSSmO 

DEDICAVERE. 

A  tanti  avvenimenti  la  poesia  non  rimase  silen- 
ziosa e  chi  per  poco  sfoglia  i  periodici  deH'annOj  ol- 
tre quelle  che  abbiamo  accennato^  ne  trova  in  ogni 
lingua,  in  ogni  metio^  di  ogni  valore,  che  ripetono 
però  sempre  i  soliti  , salamelecchi,  le  solite  umilia- 
zioni. Il  presidente  della  Corte  d'Appello,  Antonio 
Mazzetti  scrisse  un'ode  in  abbastanza  buon  latino 
col  titolo:  Gratidatio  Antonio  Mazzetti  inifeTatori  et 
regi  F trainando  i  ad  coronam  ferream  suscipien- 
dam  augusto  conspectu  Mediolanum  exìdtanii;  al- 
tra ode  francese  firmata  S.  A.  D;  M.  ;  un  prete,  certo 
Bernardo  Bellini,  professore  di  storia  universale  nel 
liceo  di  Cremona,  scrisse  una  cantica  in  cui  si  raiìì- 
gura  un  sacerdote,  che  predice  a  Rodolfo  d'Asburgo 


—  43^  — 
le  glorie  di  casa  d'Austria,  per  saggio  diamo  il  coro, 
che  fa  preludio  : 

Fa  che  splenda  Tinsubre  corona 

Che  sul  crin  la  tua  mano  gli  pose 

Come  splende  la  fulgida  zona, 

Di  che  cingi  i  tuoi  soli  nel  ciel. 

L'estensore  della  Gazzetta  di  Milano  dopo  averne 
pubblicate  diverse,  confessa  che  è  costretto  rifiutarne 
una  gran  quantità,  che  giunsero  troppo  tardi  per  es- 
sere pubblicate.  ,  ,,     o      •     ^    j  ' 

11  cav.  Andrea  Maffei,  pregato  dalla  Società  de 
filodrammatici  di  scrivere  una  scena  lirica  per  la  ri- 
correnza dell'incoronazione,  compose  una  cantata,  che 
intitolò  la  Pace,  la  cui  azione  semplice,  è  piena  di 
belle  immagini,  espresse  con  quella  grazia  di  stile 
che  gli  era  tanto  famigliare. 

Un  lungo  componimento  poetico  dialetta.le  leg- 
gesi  nella  rivtsfa  viennese  diretta  dal  dottor  Bolza. 
Dopo  aver  descritto  le  sontuose  feste,  l'allegria  schiet- 
ta della  città,  termina  con  questa  ottava  caratteri- 
stica : 

«  Quii  to  car  milanes  in  de  sti  di 

Squattrinen  tucc  per  pareggiatt  quai  coss 

E  quai  cossa  vorrav  offritt  anch  mi: 

Ma  santo  ciel!  Oftritt  quell  che  no  poss? 

No  gh'hoo  de  datt  che  on  coeur  ch'el  var  per  des, 

El  coeur  tener  e  dolz  d'on  milanes.  (i)  " 

Ed  ora  cessato  il  plauso,  subentrata  la  calma  nella 
città,  intanto  che  manovali  ed  appaltatori  sono  intenti 

(i)  Dubitiamo  appartenga  a  certo  De  Toma  fabbro  ter- 
rario  a  S.  Giovanni  sul  muro,  di  cui  avremo  occasione  di 
intrattenerci  in  altro  volume. 


—  437  — 
2L  sparecchiare  ed  a  sorvegliare,  procuriamo  di  riflet- 
tere se  era  ragionevole  tanto  chiasso  e  tanto  fasto.  E 
prima  di  tutto  una  parola  su  quanto  scrissero  i  corri- 
spondenti  dei  giornali  esteri  venuti  fra  noi  \ia:  la  cir- 
costanza. 

Eoco  come  si  esprime  Guéroult.  Dopo  aver  de- 
scritto un  po'  satiricamente  lo  spettacolo  generale 
della  cerimonia,  che  non  trova,  né  abbaistanza  ricco, 
né  variato,  non  vede  pure  la  moltitudine  troppo  en- 
t  usi  asta,  ma  neppure  vi  scorge  fra  essa  f  accie  di  con- 
giurati, dice  che  il  nostro  paese  è  ricco,  somma- 
TTuente  ricco,  e  aiSsai  bene  amministrato  ;  i/  engrais- 
se  dans  le  sonimed  de  l'inieUìgcnce  :  e' est  un  éiat  d as- 
so upissemenl  asseB  keureux. 

E  parlando  della  serata  di  gala  datasi  al  teatro 
della  Scala,  la  chiama  qualche  cosa  di  féerique  e  si 
mostra  pure  entusiasta  di  quella  datasi  al  giardino  e 
nella  sala  delle  cariatidi. 

Più  avanti  dopo  aver  raccontato  la  cerimonia  del- 
rincoronazione  in  tutto  il  suo  sfarzo  conchiude  :  «  Se 
considero  l'assieme  posso  dire  clie  fu  una  funzione 
delle  più  imponenti.  Le  persone  che  vi  erano  spetUi- 
trlci,  si  trovavano  pienamente  soddisfatte  ;  gli  ita- 
liani per  l'amore  ai  pubblici  spettacoli,  gli  austriaci 
per  quel  sentimento  attinto  ai  loro  principi  .monar- 
chici, E  noi  francesi,  se  dimentichiamo  per  vm  istante 
i  nostri  istinti  rivolu7ÌonarÌ„,  siamo  costretti  a  con- 
fessare che  fu  un'imponente  solennità  piena  di  impres- 
sione...» 

Giulio  Janin,  in  altro  giornale  francese,  dà  que- 
sti curiosi  particolari  della  I^mbardia.  «L'erba  cresce 
nelle  città,  i  villaggi  sono  pieni  di  miseria.,  si  vedono 
vecchie  carrozze,  una  volta  dorate,  cui  sono  attaccati 
con  funi  (!)  cavalli,  che  ti  mostrano  la  fame  sofferta. 
e  ad  ogni  passo,  il  viaggiatore  incontra  la  più  squal- 


-  433  - 

lida  mediocrità  italiana!,  (i)  Davvero  non  si  saprebbe 
capacitarsi  dove  mai  il  reporter  abbia  trovai»  tutto 
questo. 

I  Debats  lodano  Fanmistia,  ed  il  Commercio  ag- 
giunge, che  fu  esplicita  volontà  dell'imperatore,  ed  a 
lui  si  deve  anche  la  mitigazione  delle  pene  pei  condan- 
nati allo  Spielberg. 

Ed  in  proposito  alla  liberazione  dei  rifugiati  po- 
litici, un  altro  giornale  francese  scrive  <:he  molti  di 
questi  avevano  preso  a  dimora  non  solo  la  Toscana, 
il  principato  '  di  Lucca,  i  contorni  della  Svizzera, 
ma  ben  anche  le  vicinanze  di  Brescia  e  di  Milaino. 
Ora  usciranno  dai  loro  nascondigli.  La  popolazione 
è  troppo  intelligente,  perchè  non  debba  ascrivere 
Taronistia,  al  benefico  cuore  del  sovrano  e  della  sua 
famiglia.  Gli  ordini  imperiali  furono  eseguiti  finora 
con  molta  leberalità  (!...)  e  la  restituzione  dei  beni 
confiscati  si  succede  senza  difficoltà  (!...)  Il  numero 
dei  detenuti  rilasciati  liberi  non  è  più  grande  di  quello 
che  si  sarebbe  creduto.... 

Cosi  i  cronisti  dei  periodici  esteri,  che  in  quelle 
giornate  di  baldoria,  erano  venuti  a  Milano  a  spas- 
sarsela alle  spalle  delle  loro  redazioni,  e  secondo  lo 
spirito  o  il  partito  al  quale  apparteneva  il  foglio,  scri- 
vevano le  loro  impressioni.  Ma  la  storia  maestra  se- 
vera, e  che  dovrebbe  servire  d'insegnamento  alle  na- 
zioni, ecco  come  si  pronuncia  a  feste  finite,  o  meglio 
con  una  frase  felicissima,  a  lumi  spenti. 


(i)  Questi  apprezzamenti  produssero  nella  nostra 
stampa  un  battibecco,  che  non  si  finì  così  preso,  e  nel 
1839  riempì  anche  parecchie  appendici  del  nostro  diario. 
L' Echo  fran^a:Sy  si  fece  paladino  di  Milano  e  difendeva 
a  spada  tratta  in  una  lunga  corrispondenza  francese  le 
insulsaggini  scritte  da  Janin.  Vedi  Gazzetta  di  Milano, 
1838, 1839,  22,  23,  a3  Dicembre. 


-  439  - 
«Quando  nel   1838  rimperatore  Ferdinando  era 
venuto  a  Milano  a  prendervi  con  sacra  cerimon'a  la 
corona  dei  re  Longobardi,  vi  aveva  ottenuto  pompe  di 
ricevimento  cosi  sfarzose,  che   fecero  stupire  perfino 
i  forastieri.  Per  dir  vero  le  feste  erano  state  coman- 
date, ma  un'aristocrazia  meno  adulatrice  e  meno  serva 
dell'ozio  e  del  lusso,  lungi  di  muovere  con  t^inta  foga 
a  onorare  il  sovrano,  non  avrebbe  oltrepassata  la  ne- 
cessità dell'obbedienza.  Ma  essa  tutta  mente  e  tutto 
cuore  per  cavalli  e  teatri,  nnnegatrice  delle  più  sante 
fedi  e  per  cariche  ed  onori,  dell  amicizia,  si  levò  in- 
vece con  una  gara  ardentissiraa  di  sfoggiar  pompe, 
e  quanto  di  più  recondito  ha  il  fasto  per  abbagliare  e 
destar  meraviglia.   Riuscì  ;   e  trasportata  da  un  im- 
peto così   invincibile  di  bassi  affetti,  the  quanto  si 
potè  dire  dai  buoni  per  ritenerlo,  tornò  infruttuoso, 
furono  visti  pettoruti  i  nobili  nelle  loro  livree,  e  tutti 
beati  d'aver  più  da  vicino  Io  sguardo  ed  il  sorriso  del- 
l'imperatore, fare  al  medesimo  corteo  servile  tra  plebi 
scempiamente  plaudenti.   Uomini  smaniosi   di   mo- 
strarsi nati  a  servire,  non  avrebbero  potuto  far  peggio, 
e  l'imperatore  in  premio  di  quello  strepito  solenne 
di  riverenti  dimostrazioni,  a  richiesta  delle  congrega- 
zioni centrali,  prometteva  di  educare  a  Vienna  sotto 
assisa  militare,  sessanta  giovani  a  spese  delle  loro 
Provincie,  ma  trascelti  da  lui  medesimo  nella  nobiltà 
meno  ricca.  Costoro  ebbero  nome  di  Guardia  nobile 
italiana.  Fortunato  chi  sortisse  a  quelVonore  ;  grandi 
le  brighe  per  essere  nel  novero  ;  tutti  poi,  fra  una  ciur- 
ma di  palafrenieri  e  di  servi  imperiali,  messi  in  panni 
da  nobile,  non   crescere  da  soldato,  bensì  guastarsi 
nelle  corrutele  di  corte... 

cMettemich,  che  aveva  seguitato  in  Lombardia 
l'imperatore,  a  quello  spettacolo  di  viltà  insperate, 
avrà  potuto  osservare  quanto  bene  i  suoi  modi  di  go- 


—  440  — 

verno  riuscissero  a  cancellare  le  nostre  libertà.  Si  per- 
suase che  i  lombardo- veneti  non  bramavano  riforme, 
e.  giudicando  non  essere  dell'umana  condizione;  ne 
delle  forze  di  un  popolo  risalire  da  solo  all'altezza 
perduta,  decise  di  non  dipartirsi  dalle  antiche  mas- 
sime e  si  persuase  di  poter  trattare  indifferentemente 
da  liberi  e  schiavi  i  sudditi,  né  altro  bisognargli  che 
assicurarsi  dalle  agitazioni  della  restante  Italia. 

e  Delle  nostre  armi  non  temeva,  perchè  lontane  e 
disciplinate  a  riverire,  dopo  Dio,  il  sovrano  ;  della 
nostra  rappresentanza  nazionale  beffavasi,  perchè  sen- 
tiva, che  ove  pure  le  avesse  gettate  le  sue  scarpe  sul 
viso,  essa  ne  avrebbe  trovato  materia  di  plauso  ;  del 
consiglio  di  governo  non  si  dava  pensiero,  perchè  >Qon- 
grega  asinesoai,  fatta  a  semplice  pompa  di  monarchia, 
col  solo  diritto  di  bandire  i  suoi  ordini,  colla  sola 
consolazione  di  molestare-  fastidiosamente  i  subor- 
dinati (i). 

A  string)ere  maggiormente  al  suo  carro  trionfale 
l'aristocrazia,  che  tanto  aveva  contribuito  all'esito  del- 
le splendide  feste,  non  mancarono  dopo  la  partenza 
dell'imperatore  le  distinzioni  onorifiche, ^sparse  a  larga 
mano  fra  i  nostri  cittadini,  fors'anche  a  coloro  che 
egli  desiderava  amicarsi  con  quel  gingillo.  La  cro- 
naca si  conservò  molti  di  questi  nomi  che  trascrivia- 
mo per  salutare  lezione  al  lettore. 

Anzi  tutto  dobbiamo  notare  le  lettere  imperiali  di 
ringraziamento  al  Viceré,  al   Cardinale  .arcivescovo. 

(i)  Anelli  :  Storia  c^ Italia^  Voi.  II,  cap.  I.  L'unica   atte- 
nuante che  potevano  avere  i  milanesi  nelP apparecchio   di 
si  fastosi  ricevimenti  e  diciamo  pure  di  si  basse  adulazioni 
era,  l'abbiamo  detto,  la  speranza  di  ottenere  qualche  con- 
cessione dalla  sovrana  munificenza. 


Ut. 


J 


■l|HWl|V«il|  wjiLiti  ji-  m^m  ^  , 


—    441    — 

al  FeldL  Maresciallo,  al  governatore  Heirtig,  quindi  : 
Tordine  del  toson  d'oro  al  conte  Gaillarati  Scotti  e  la 
gran  croce  di  S.  Stefano  all'arcivescovo  di  Milano. 

Della,  piccola  croce  dell'ordine  di  Leopoldo  II 
vennero  fregiati,  il  nobile  Giuseppe  Sebregondi,  che 
taluni  dei  nostri  lettori  avranno  conosciuto  Podestà 
di  Milano,  il  consigliere  aulico  Oldof  redi,  il  cav.  Carlo 
di  Menz,  il  consigliere  di  prima  istanza  Felice  Biella, 
Yabate  oonsigliere  Gaetano  Giudici,  il  presidente  del- 
Taiccademrai  di  belle  arti  cav.  Londonio,  l'astronomo 
Carlini. 

Dell'ordine  della  corona  ferrea  di  prima  classe  : 
il  Feld  maresciallo  Radetzky,  il.  conte  Giulio  Otto- 
lini  Vimercati,  il  conte  Giacomo  Mellerio. 

Di  quello  di  seconda  classe  :  Il  conte  Luigi  Set- 
taliai,  il  conte  Ferdinando  Crivelli,  il  nobile  Paolo  De 
Capitani,  vice  presidente  della  Giunta  del  censimento, 
il  cav.  Antonio  Mazzetti,  Presidente  del  tribunale 
d'appello,  il  nobile  Giovanni  Malgrani,  presidente  del 
Magistrato  Camerale,  il  Torresani,  direttore  della 
Polizia. 

L'ordine  della  Corona  ferrea  di  terza  classe  fu 
dato  al  Canonico  Palamede  Carpani,  ispettore  delle 
scuole;,  all'arciprete  di  Monza  dott.  Samuele  Busso- 
la (i),  al  delegato  provinciale  di  Milano,  Francesco 
Ternani,  al  direttore  del  lotto,  Giulio  Pagani,  al  con- 
siigliere  d'i  governo,  Erasmo  Lucini,  al  podestà,  conte 
Gabrio  Casati,  all'ex  podestà,  conte  Antonio  Burini, 
al  deputato  della  congregazione  provinciale,  nobile 
Carlo  Villa,  a'gli  I.  I.  RR.  Ciambellani,  conte  Antonio 


(i)  L'ex  preposto  della  chiesa  della  Passione,  pel 
quale  i  nostri  milanesi,  in  occasione  della  sua  entrata,  ave- 
vano fatto  correre  la  nota  satira:  si  vende  tabacco,  sale  no, 
perche  in  Bussola  non  ce  n'  è. 


-  443  — 

Greppi.  Ottavio  Castigliom,  marchese  Lorenzo  Litta 
Modignani,  marchese  Paolo  d'Adda,  conte  Pompeo 
Litta,  al  direttore  dei  ginnasi,  Antonio  Fontana,  al- 
l'aggiunto presso  la  direzione  delle  pubbliche  costru- 
zioni. Carlo  Donegana,  alFAbate  Ferranti  Aporti 
(Cremona). 

A  conbiglieri  intimi  furono  nominati  :  il  conte 
Idelfonso  Bolognini,  il  conte  Vitaliano  Borromeo,  il 
conte  Cesare  Castelbarco,  il  marchese  Nicolò  Silva, 
vice  presidente  del  tribunale  d'appello,  il  conte  Giu- 
seppe Sormani,  il  vescovo  di  Pavia,  Luigi  Tosi. 

Vennero  decorati  del  titolo  di  consiglieri  aulici,  il 
prefetto  del  monte  L.  V.,  Paolo  Carmagnola,  il  primo 
consigliere  del  magistrato  camerale,  Giuseppe  Peco- 
roni, il  procuratore  della  camera  Pietro  Cori. 

Ebbero  il  titolo  di  consiglieri  di  governo  :  il  di- 
rettore della  contabilità  lombarda  Pietro  Pecchio  e 
l'intendente  di  finanza  Cesare  Imperatori. 

Il  titolo  di  consiglieri  della  reggenza  l'ebbero  :  il 
professore  Cesare  Rovida,  il  direttore  delle  p>oste,  no- 
bile Goffredo  de  Giuliani,  l'I.  R.  Tesoriere  Ignazio 
Frapparet,  il  commissario  superiore  di  polizia,  Gau- 
denzio Caidani. 

Ebbero  il  titolo  di  conte  :  il  consigliere  di  gover- 
no, Raffaele  Parravicini. 

La  grande  medaglia  d'oro  colla  catena.  Luigi  Sa- 
batelli  professore  all'accademia  e  lo  scultore  Pompeo 
Marchesi. 

La  gran  medaglia  d'oro  col  nastro  :  il  pittore 
Alessandro  Sanquirico,  il  direttore  degli  archivi,  Giu- 
seppe Viglezzi,  l'incisore  Luigi  Manfredini  e  l'archi- 
tetto Luigi  Gagnola. 

La  piccola  medaglia  col  nastro:  il  sig.  Pio  Ta- 
vazzi,  ispettore  sanitario,  il  ragioniere  Giuseppe  Cam- 


—  443  — 
pagnani,  il  famigerato  Giovanni  Garimbciti  ufficiale 
perlustratole  di  polizia. 

Né  mancarono  le  distinzioni  al  sesso  gentile.  Fu- 
rono nominate  dame  di  Palazzo,  le  signore  : 

Maria  contessa  Meravigli,  nata  contessa  Bissin- 
gen-Nippenburg,  Beatrice  contessa  Rasini»  nata  nob. 
Castiglioni,  Carolina  marchesa  d'Adda»  nata  nob.  Cu- 
sani, Giustina  contessa  Verri,nata  contessa  Borromeo, 
Adriana  contessa  Correr,  nata  cont  Zen,  Sofia  con- 
tessa Palfy,   nata  prmc   Jablonowska,   Clem-entina 
march.  Cusani,  nata  mar.  Botta- Adorno,  Giuseppa 
contessa  Burini,  nata  nob.  Casati,  Antonia  contessa 
Castelbarco,  nata  cont.  Litta,  Giovanna  dacK  Visconti 
Modrone,  nata  nob.  Gropallo,  Francesca  cont.  Nava, 
nata  march.  d'Adda,  Lucreziaycont.  Dolfin,  nata  cont. 
Boldu,  Maria  cont.  Giovanelli,  nata  cont  Buri,  Elena 
cont.  da  Mula,  nata  Lavagnoli,  Matilde  nob,  Carcano- 
Volpe,  nata  nob.  Barbaro,  Elisa  duch.  Melzi,  nata 
cont.  Sardi,  Giovanna  cont.  De  CapiUini,  nata  cont 
Serbelloni,  Lucia  cont  Mocenigo,  nata  nob.  Memmo, 
La  città  rientrò  nella  sua  vita  normale,  pascendosi 
delle  illusioni,  che  aveva  concepito  durante  la  visita 
e  fantasticando  forse  un  avvenire  più  lieto. 

Fu  in  quest'anno  pubblicata  la  convenzione  austro- 
sarda  per  l'estradizione  reciproca  dei  colpevoli  di 
azioni  qualificate  come  delitti  dai  codici  pena,Ii  delle 
due  nazioni.  Fu  sottoscritta  per  l'Austria  dal  cav.  Bru- 
netti, per  la  Sardegna  dal  conte  Solaro  della  Mar- 
gherita: entrò  in  vigore  coi  primi  di  luglio. 

Sembra  che  la  pubblica  sicurezza  nell'interno  della 
città  fosse  di  rado  turbata,  se  i  periodici  non  ne  fanno 
motto,  ma  quest'anno  avvenne  un  fatto  che  mise  a  ru- 
more il  popoloso  quartiere  di  Porta  Tosa  (Vittoria). 
Ecco  come  lo  riporta  il  foglio  cittadino. 


—  444  — 

In  una  sera  del  gennaio,  alcuni  malfattori  die  mi- 
ravano ad  un  furto  nella  chiesa  di  S.  Stefano,  come  le 
circostanze  indicano  a  credere  :  nel  recinto  delle  case 
attigue  uccidevano  il  chierico  incaricato  della  custo- 
dia e  ferivano  a  morte  un  soldato,  che  pattugliava  nei 
paraggi^  ed  era  accorso  alle  grida  d'allarme. 

Le  esequie  del  povero  chierico  furono  per  ordine 
di  quel  proposto  Bajssi  solenni,  ed  ai  funerali  del  mi- 
litare, oltre  una  rappresentanza  della  guarnigione 
intervenne  il  (Feld  maresciallo  Radetzki  ed  il  principe 
di  Thum-Taxis  ;  fuori  della  porta  maggiore  si  leg- 
geva il  seguente  cartello  : 

A  Giacomo  Mucha  -  Soldato  nella  terza  co7npa- 
gnia  -  Deiri.  R.  Reggimento  barone  Bakony  -  Di  buo- 
na e  dolcissima  indole  -  Che  posto  a  guardia  del  cit- 
tadino -  Nel  distretto  di  questa  parrocchia  -  La  sera 
del  g  gennaio  -  Zelante  del  proprio  dovere  -  Alle  gri- 
da promosse  da  un  sacrilego  attentato  -  Sollecito  ac- 
correndo -  Cadde  vittima^  ahi  troppo  sgraziata  -  D^ 
proditorio  colpo  -  Per  miserando  caso  -  Dolorosis- 
simi il  proposto  parroco  i  fabbricieri  ed  il  clero  -  R^^' 
dono  unanimi  questi  suffragi  -  Anime  pietose  -  Com- 
piangetelo ed  implorategli  l'estremo  riposo. 

Dei  divertimenti,  il  Listz  diede  una  mattinata  mu- 
sicale alla  Scala  ;  rimprovvisatore  Bindooci  da  Siena, 
rallegrò  gli  spettatori  del  teatro  Re  con  una  grande 
accademia  di  poesia  estemporanea.  Diamo  per  curio- 
sità alcuni  temi  :  La  Pia  -  //  poeta  innamorato  -  ^^ 
primo  capello  bianco  sul  capo  della  donna  galante  - 
U Alighieri  che  immagina  la  Divina  Comedia  -  //  ^^- 
gno  dell'ambizioso  -  Il  genio  di  Rossini,  ecc.  Altro 
concerto  musicale  nelle  sale  del  ridotto  alla  Scala, 
dato  dalla  giovinetta  Neumann.  La  signorina  Mais, 


--  445  — 

che  arriva  nella,' nostra  città,  preceduta  dalle  trombe 
della  fama,  recita  applauditissima  al  Carcano  ed  al 
Lentasio. 

Magnifiche  poi  le  feste  datesi  alla  società  del  giar- 
dino ed  anche  le  due  del  governatore  ;  applauditis- 
simai  la  serata  in  casa  Samayloff,  cui  intervenne  la 
Pasta  ;  riuscitissimi  i  veglioni  al  teatro  Massimo,  e  de- 
gna di  memoria  la  veglia  danzante  al  collegio  di 
S.   Filippo. 

Il  carnevale  che  per  un  buon  mese  aveva  tenuto 
il  broncio  con  un  cattivo  tempaccio,  nel  sabbato  del- 
l'ultima settimana  onorò  la  sua  vita  con  un  bel  mo- 
rire. A  dispetto  però  dei  giorni  piovosi  e  nevosi,  i  no- 
stri babbi  volevano  divertirsi  e  giovedì  stesso^  quello 
volgarmente  chiamato  grasso,  sotto  l'incessante  ca- 
dere della  pioggia;,  era  giìi  pel  corso  una  selva  d'om- 
brelli, di  carrozze  di  mascherotti,  con  getto  di  corian- 
doli in  coppia. 

Mentre  però  ci  si  divertiva  un  mondo,  Milano  non 
dimenticava  la  sua  distinta  onorifica,  la  beneficenza, 
e  ne  diede  belle  prove  anche  quest'anno. 

Era  giunta  notizia  che  il  Danubio  aveva  straripato 
e  danneggiato  grandemente  le  città  di  Buda  e  Pest.  I 
periodici  cittadini  facevano  appello  alla  comune  ge- 
nerosità per  un  soccorso  e,  manco  a  dirlo,  corpi  morali 
e  privati  risposero  alla  chiamata  Una  circolare  ard- 
vesoovile  fu  pure  diramata  a  tale  proposito  ai  par- 
roci della  diocesi,  perchè  si  facessero  promotori  di 
collette.  Al  Conservatorio  di  musica  fu  indetta  una 
grande  accademia,  il  cui  introito  doveva  essere  ver- 
sato a  favore  dei  danneggiati  delle  inondazioni  ;  si 
darebbero  le  stagioni  di  Haydin.  Bisogna  dire  che  la 
solennità  riuscisse  secondo  i  desideri  dei  promotori, 
poiché  essa  si  ripetè  una  seconda  volta.  Anche  nel  lo- 


—  44^  — 

cale  del  giuoco  al  pallone,  sito  a  ridosso  di  un  fianco 
del  castello,  e  che  qualcuno  dei  nostri  vecchi  avrà  po- 
tuto ancora  vedere  in  piedi,  si  indisse  una  gara  fra  i 
migliori  giuocatori,  che  fruttò  quasi  trecento  lire.  Né 
venne  meno  il  teatro  alla  Scala^,  il  quale  in  una  rap- 
presentazione datasi  allo  stesso  scopo,  potè  ricavare 
quasi  850  lire.  A  conti  fatti  in  tutta  la  Lombardia  si 
poterono  raccogliere  L.  136.809.87,  che  vennero  tra- 
smesse alla  cancelleria  di  Vienna.  Né  questa  straor- 
dinaria oblazione  impedì  alla  nostra  città  che  verso 
la  fine  dell'anno  si  continuasse  nel  lodevole  pensiero 
di  aprire  la  consueta  iscrizione  per  l'esonero  delle 
visite. 

Nell'istruzione  dobbiamo  dar  conto  anche  di  una 
nuova  classe  di  studenti  :  sono  i  bambini  degli  a- 
sili  infantili.  I  progressi  che  fece  una  tale  istituzione 
furono  davvero  quasi  incredibili  ;  basti  dire  che  nel 
primo  asilo  di  S.  Maria  Segreta  vi  si  introdusse  per- 
fino il  lavoro  manuale,  di  cui  tanto  si  strombazzò  ai 
nostri  giorni.  Erano  ben  è  vero  lavoretti  in  cordoncini, 
ma  tanto  bastò,  perchè  i  prodotti  furono  venduti  ed  il 
ricavo  andò  a  profitto  delle  famiglie  ungheresi  dan- 
neggiate. I  saggi  finali  che  si  diedero,  soddisfecero 
pienamente,  e  commovente  fu  la  prima  cerimonia  fu- 
nebre che  ebbe  luogo  nella  chiesa  di  S.  Fedele  in  suf- 
fragio delle  anime  dei  benefattori  dell'istituzione.  Vi 
intervennero  le  rappresentanze  dei  quattro  asili,  il  OO" 
alitato  promotore,  gli  ispettori,  le  visitatrici,  le  mae- 
stre ed  una  ressa  di  popolo.  Celebrava  il  parroco  Ze- 
zi,  quale  uno  dei  primi  e  principali  promotori  ;  il  par- 
roco locale.  Ratti,  recitò  un  discorso  analogo  alla  cir- 
costcìnza. 

La  statistica  delle  scuole  elementari  è  pure  con- 
fortante. Gli  stabilimenti  di  istruzione  nella  Lom- 
bardia nel  36-37    sommano   a   4531   e  raccolgono 


-  447  - 

220.I47  studenti,  di  cui  126.585  maschi  e  76.562  fem- 
mine. La  istruzione  della  donna,  come  si  vede,  era  an-  • 
coro  molto  trascurata,  molte  famiglie  rifuggivano 
dall'affidare  le  loro  figlie  alle  scuole ,  pubbliche,  e  le 
scuole  a  pagamento  sopracaricavano  di  soverchio  il 
bilancio  della  casa,  motivo  per  cui  si  preferiva  che  la 
ragazza  appena  uscita  dalla  fanciullezza,  si  adde- 
strasse in  casa  a  lavori  di  maglia  o  di  cucito,  o  si  al- 
logasse presso  le  sartore. 

E  dobbiamo  pure  registrare  qualche  buona  idea 
nata  anche  fra  privati.  In  via  Pantano,  si  aperse  una 
nuova, scuola  elementare  e  di  perfezionamento  per  la 
drammatica  e  la  musica,  applicabili  al  bel  canto,  di- 
retta dai  maestri  Trovati  e  Luraschi. 

Finalmente  in  quest'anno  si  regolò  anche  il  perso- 
nale dell'Accademia,  furono  nominati  :  Ignazio  Fu- 
magalli segretario  e  professore  di  estetica  ;  Luigi  Sa- 
batelli  per  l'insegnamento  della  pittura  ;    Pompeo 
Marchesi,  per  la  scultura  ;  Carlo  Amati,  per  l'archi- 
tettura;   Pietro  Anderloni,  /per   l'incisione;    Ferdi- 
nando AlbertoUi,  per  l'ornato  ;  Francesco  Durelli  per 
la  prospettiva  ;  Giuseppe  Sogni,  per  gli  elementi  di 
figura  ;   Antonio  Alberti,  per  l'Anatomia  ;  Giuseppe 
Bisi,  pel  paesaggio  ;  Gaetano  Besia,  aggiunto  per  l'ar- 
chitettura;  Domenico  Moglia  e  Giovanni  Chiappa 
nella  stessa  qualità,  per  l'ornato  ;  e  finalmente  Anto- 
nio e  Gerolamo  Sormani,  l'uno  conservatore  delle  gal- 
lerie, l'altro  custode  dell'accademia. 

E  giacché  verte  il  discorso  sull'Accademia,  accen- 
neremo alla  consueta  esposizione  annuale  di  belle  arti. 
In  generale  quest'anno  sono  numerosi  i  ritratti  del- 
l'imperatore, e  quelli  di  personaggi  appartenenti  al 
seguito,  o  alto  locati.  Il  Molteni  espose  oltre  il  ritratto 
di  Ferdinando,  P,  quello  dell'Arcivescovo,  del  conte 
Waimoden,  del  barone  Ciani,  del  conte  Belgioioso  e 


7j»Ji^^tHài/éà^.  "  ^  r 


-  448- 

via.  Notiamo  i  lavori  deirAzeglio,  deirinduno^  del 
Sabatelli,  dei  fratelli  Carlo  e  Giuseppe  Canella,  del 
Lucchini,  del  Benevello,  del  Narducci,  del  Premazzi, 
uno  dei  migliori  allievi  del  Migliara.  Tranquillo  Orsi 
ha  parecchie  vedute  di  Venezia,  il  Barabini,  THayez, 
il  Mensi,  il  Poggi,  il  Sogni  Giuseppe,  il  Bisi,  il  Moja  e 
la  Teodolinda  Migliara,  figlia  al  celebre  paesista  ; 
il  Valtorta,  il  Mosotti,  alcuni  studi  del  Treoourt  ;  il 
Servi,  ispirandosi  al  romanzo  del  Mairco  Visconti,  fi- 
gurò un  episodio  di  Bice  del  Balzo,  che  rivede  per 
l'ultima  volta  il  fidanzato  Ottorino  Visconti  ;  e  que- 
sto romanzo  venne  pure  illustrato  dalla  matita  di 
Roberto  Focosi. 

Applauditissimi  furono  i  quadri  della  Jaquotot,  di 
cui  abbiamo  fatto  parola  nel  capitolo  precedente,  alla 
quale  fanno  riscontro  i  lavori  del  Bagatti  Valsecchi. 

In  generale  tutti  questi  quadri  sono  soggetti  sa- 
cri, ritratti,  rare  scene  familiari  e  qualcimo  anche  di 
storiai 

Nella  schiera  degli  scultori  notiamo  il  Marchesi 
che  oltre  una  statua  al  vero  di  Francesco,  espose  la 
deposizione  della  Croce,  Benedetto  Cacciatori,  Ab- 
bondo Sangiorgio,  il  Manfredini,  il  Nencini,  il  Put- 
tinati,  i  fratelli  Monti,  Triscornia  di  Carrara,  il  Frac- 
caroli,  il  Gandolfi,  il  Luigi  Marchesi,  il  Croff,  il  Se-  . 
leroni,  il  Luigi  Ferrari  ed  il  Bartolini.  A  proposito 
di  quest'ultimo,  è  bene  sapere  che  anche  gli  stranieri 
rendevano  omaggio  ai  nostri  artisti.  Il  francese  Mery, 
trovandosi  in  Toscana,  e  precisamente  a  Firenze,  volle 
visitare  lo  studio  dello  scultore  Bartolini,  il  Fidia 
della  Toscana,  come  ^li  lo  chiamava^  e  dopo  averne 
descritto  lo  schietto  ricevimento,  ed  ammirato  con  en- 
tusiasmo i  diversi  lavori  che  si  trovavano  nello  studio. 


—  449  — 

ristette  estatico  davanti  ad  una  Baccante,  confessando 
che  non  si  poteva  fare  opera  più  perfetta  (i). 

Col  solito  cerimoniale  si  aperse  pure  la  università 
pavese,  sotto  la  presidenza  del  dottor  Chiappa  Giu- 
seppe. 

Confortante  fu  pure  il  movimento  letterario,  Mas- 
simo d'Azeglio  pubblicò  \ Ettore  Fieramosca  ;  Mau- 
ro Colonetti  la  versione  delle  odi  di  Orazio  ;  l'edito- 
re Silvestri  continuò  la  sua  biblioteca  scelta  di  ofere 
italiane  antiche  e  moderne;  il  Canadelli  mandò  in 
luce  un  ricco  Album  dell'esposizione  di  belle  arti  il- 
lustrato  ;  il  Morbio  le  Storie  dei  Municipi  Italiani  ;  il 
Paganesi,  Gli  elementi  di  filosofia;  il  Padre  Ottavio 
Ferrano  dei  fatebenef rateili,  Un  corso  di  chimica: 
Francesco  Cusani  con  Luigi  Hartmann,  un  opera  pe- 
riodica per  la  gioventù  dal  titolo,  Museo  storico  pit- 
toresco ;   Antonio  Zoncada,  un  Saggio  di  poesie; 
Zantedeschi    prof,    di    filosofia    al    liceo    di    Porta 
Nuova,  'pubblicò  varie  opere  di  metafisica  e  di  mo- 
rale ;    Tultima   delle  quali   ha   per   titolo  :    Princi- 
pii   generatori    delle   umane    cognizioni;  il  Carrera 
stampò  una  guida  della  Pinacoteca   di  Brera;    il 
Rossi,  \ Italiano  a  Londra  ed  a  Parigi;  Giacinto  Bat- 
taglia lasciando  il  giornalismo   per  la  drammatica, 
scrisse  sulle  condizioni  del  teatro  drammatico  italia- 
no e  trudusse  la  Morte  di  Wallenstein  di  Schiller,  la 
Giovanna  dt  Napoli,  che  fu  bene  accolta  a  Torino  e 
a,  Milano;    il  dottor  Molossi  continuò  i  suoi  studi 
frenologici;    il   Ferrari,    l'autore  della   Mente    del 
Romagnosiy  stamperà  la  mente  di  Giambattista  Vi- 
co.  Nel  giugno  uscì  pure  il  primo  fascicolo  del  pe- 

(i)  irdiario  cittadino  dice  che  l'avesse  abbracciata  e 
npetutatamente  baciata  ! 

GuNJKTTi.  OoniMtorta.  ag 


i 


—  450  — 

riodico  La  Bilancia,  stampato  dal  Manini,  un  gior- 
nale artistico  letterario,  ne  era  estensore  il  Turotti. 
Giacomo  Zurotti  traduce  dal  .tedesco  i  primi  tre  canti 
della  Messiade  di  Klopstock;  rarchitetto  Aluisetti 
dirige  un'importantissima  pubblicazione  e  Opere  dei 
grandi  Concorsi  premiate  daWL  R.  Accademia  delle 
Belle  Arti:  e  si  pubblicano  pure  le  antichità  di  Atene 
illustrate  dallo  Stuart  e  dal  Revetti  ;  il  dott.  Canziani 
Giuseppe  pubblica  i  principi  elementari  di  Frenolo- 
gia; il  tipografo  Pirola  un  manuale  del  Sacerdozio, 
lavoro  eseguito  sull'opera  francese  di  Guy  de  Cressé, 
ed  una  collezione  di  testi  sacri  intomo  a  svariati  sog- 
getti ;  il  professor  Pozzoni  diede  alle  stampe  un  suo 
discorso  sul  modo  con  cui  debbano  procedere  gli  stu- 
di; il  Rossari,  tradusse  un  manoscritto  di  Bianca 
Mojon,  intorno  alla  storia  naturale,  ridotta  ad  uso 
dei  fanciulli;  la  tipografia  Guglielmini  stcìmpò  in 
un  volume  i  commentari  della  vita  e  delle  opere  co- 
reo grafiche  di  Salvatore  Vigano  ;  i  fratelli  Cesare 
ed  Ignazio  Cantù  tentano  con  successo,  più  o  meno 
felice,  giornali,  storia,  traduzioni,  romanzi,  ecc  Fra 
questi  notiamo  la  Margherita  Pusterla  del  Cesare  ;  il 
Canonico  Ambrosoli  pubblica  per  dispense  la  Guida 
alla  virtù  per  la  via  del  diletto  e  V Atene  di  Bulwer  ; 
il  Mazzoni  un  volume  di  poesie  del  Byron  ;  il  Gar- 
zetti,  la  Storia  dltalia,  e  di  prossima  pubblicazione 
è  pure  una  versione  delle  memorie  di  Telleyrand  ; 
Temistocle  Solerà,  le  suq  lettere  giocose,  e  ne  fa  la 
presentazione  con  questi  versi  : 

Alcuni  mesi  sono,  anzi  egli  è  un  anno, 
Un  meschino  libercolo  ho  stampato 
Il  quale  per  maggior  malanno 
Era  %  miei  primi  canti  intitolato; 
Ebbene  il  libro  de'  miei  primi  canti 
M'  ha  fruttato  parole  e  non  contanti. 


—  451  — 

Or  se  questo  avvenisse  per  il  merito 

Intrinseco  del  libro,  non  lo  so 

AI  presente  pensiam,  non  al  preterito, 

Altro  stile  altri  modi  adoprerò 

Con  auguri  più  lieti,  più  giocondi 

Or  vi  presento,  o  donne,  i  miei  secondi, 

E  perchè  si  sappia  che  chi  scrive  non  si  fa  alcun 
scruFK>lo  di  rivelare  al   lettore  la  sua  età,  agginge: 

Mille  ottocento  sedici  fu  Tanno 

In  cui  nacqui  nell'italo  s  ti  vale  j 

E  i  genitori  miei,  che  ben  lo  s^nno, 

Mi  disser  ch'era  il  giorno  di  Natale, 

A  mezzanòtte,  propriamente  quando 

Andavan  le  campane  dindonando. 

E  cosi  via  con  questo  stile  festevole,  dice  tante 
belle  cose  e  in  buona  lingua.  E'  risaputo  che  il  Sclera 
fu  autore  dei  migliori  libretti  d'opera  musicati  dal 
compianto  Verdi,  ed  è  ancor  fresca  la  memoria  del 
comico  episodio  che  accompagnò  quello  dei  Lonibar- 
di  alla  I*  Crociata  (i)  .All'epoca  m  cui  siamo  col  no- 
stro racconto,  Temistocle  aveva  poco  più  di  ventanni, 
di  statura  piuttosto  alta,  di  aspetto  imponente,  un  oc- 
chio pieno  di  fuoco,  amabilissimo  nel  discorso,  vivo, 
senapiUce,  franco,  sciolto  da  ogni  pedanteria,  inchi- 
nevole per  natura  alla  satira,  ma  sempre  rispettoso 
dell'ingegno,  pubblicò  versi  e  prose,  lavorò  assidua- 
mente e  finì  la  sua  vita  a  Milano,  in  una  modesta  casa, 
all'alba  della  pasqua  del  1878  a  5i  anni. 


(i)  Vedi  la  Perseveranza  del  wj  gennaio  1901. 


JÉt^ 


ì 


—  452  — 

Dicesi  che  dopo  la  sua  morte  sul  suo  tavolino  da 
notte  venissero  trovata  i  seguenti  versi  da  lui  scritti . 

"  Ora  fatai  di  dubbi,  di  deliri, 

Di  gelosie,  di  colpe  e  di  lamenti, 

Di  vision,  di  spettri,  di  vampiri, 

Di  ree  memorie  e  lugubri  sgomenti. 

Ora,  in  cui  si  scatenano  più  diri 

Dell'alma  e  della  carne  i  pentimenti  : 

Ora  di  santa  o  d' infemal  congrega  ; 

Ora  infine  in  cui  l'uom  bestemmia  e  prega  (i)   ». 

Che  ne  dice  il  lettore  di  questo  combattimento  de- 
scritto così  al  vivo  ? 

Continuiamo  le  pubblicazioni  :  Il  tipografo  Pirot- 
taj  stampa  alcune  lettere  da  Monaco  di  Baviera,  di 
cui  è  autore  Gian  Luca  Della  Somaglia  ;  il  Marietti, 
le  Massime  di  perfezione  del  Rosmini  ;  lo  Stella  gli 
Aforismi  della  scienza  prima^  di  cui  è  autore  il  Tom- 
maseo, il  libro  è  dedicato  al  Rosmini,  che  già  aveva 
scosso  il  mondo  filosofico  col  suo  saggio  sulV origine 
delle  idee,  e  per  cui  gli  avversari  si  preparavano  a 
movergli  guerra  accanita  e  diuturna,  lotta  confermata 
anche  dal  Cantù,  in  una  sua  lettera  allo  stesso 
abate  (2). 

Il  Bravetta  pubblica  un  buon  libro  con  titolo  mo- 
desto, ma  giustificato  di  Fiori  ed  arti  di  lettere  ita- 
liane ;  il  BonfcUiti  ha  incominciato  la  seconda  serie 
del  Museo  drammatico  del  Battaglia,  e  la  Storia  della 
sollevazione  e  della  guerra  di  Spagna  per  cura  di  Er- 
cole Marenesi. 


(i)  Il  Barbiera  a  p.  31^  delle  sue  figure  e  figurine,  ha 
una  lunga  biografia  del  Solerà. 

(2)  Vedi  Carteggio  tra  Rosmini  e  Manzoni  pag.  343. 
(Cogliati  1901). 


ivr*" 


-  453  — 

Tien  dieftxa  a  queste  pubblicazioni  una  serqua  di 
strennei,  in  parte  buone,  in  parte  mediocri  e  talune 
anche  inùme. 

Eccone  qualche  titolo  : 

L'editore  Sonzogno  (Lorenzo)  :  La  Strenna  pitto- 
resca illustrata,  Viride  o  il  dono  di  moda,  VApe 
delle  strenne,  il  Linguaggio  dei  fiori,  la  Botanica  dei 
fiori,  le  donne  e  i  fiori,  il  paniere  di  frutta,  Vama- 
nuensCy  il  mercante  di  cavalli,  le  avventure  di  Fede- 
rico ed  Elisa,  parecchi  volumetti  di  racconti,  il  mae- 
stro di  disegno,  quello  del  dipingere,  quello  di  pro- 
spettiva, Enrico  o  la  famiglia  dello  zoccolaio,  aned- 
doti cristiani  :  la  morale  in  pratica,  il  tesoro  dei  fan- 
cìidli,  le  bellezze  della  storia. 

Le  industrie  risentono  di  questo  comune  risve- 
glio. I  fratelli  Barigozzi  trovano  un  nuovo  metodo 
IDer  fondere  le  campame  ;  Francesco  Burdin  impianta 
nel  vicolo  dei  Cappuccini  uno  stabilimento  agrario- 
botanico  assai  rinomato.  I  fratelli  Scorzini  espongono 
lavori  d'oreficeria  celebratissimi.  Accenniamo  ad  al- 
cuni speciali  Un  bacile  tondo  del  diametro  di  once 
1 3  milanesi  (metri  0.644)  di  ornato  grottesco,  reca  nel 
mezzo  una  medaglia  rappresentante  il  Crocifisso,  a 
piedi  del  quale  si  vede  la  Maddalena,  a  destra  la  B. 
V.  ed  a  sinistra  S.  Giovanni  :  le  dette  figure  sono  la- 
vorate con  tutta  diligenza.  Un  altro  vassoio  di  simile 
diajnetro,  e  d'ornato  greco  rappresenta  la  cena  in 
Emaus  :  serena  è  la  fronte  delle  tre  figurine,  sul  cui 
volto  riposa  una  sublime  tranquillità  ;  i  contorni  poi, 
i  muscoletti  e  le  attitudini  di  cui  si  compone  il  grup- 
po, sono  lavori  eccellenti. 

Altri  due  vassoi  quadrilunghi  ottangolari  del  dia- 
metro di  0.644  di  altezza  e  di  0.519  circa  di  lun- 
ghezza, recano  in  mezzo  ad  un  bellissimo  ornato  grot- 


-  454  - 

tesco  varie  teste  di  cherubini  assai  bene  eseguite  ;  nel 
primo  de*  vassoi  è  effigiata  la  cena  ordinata  da  Dio 
a  Mosè  poco  prima  delFuscita  degli  ebrei  dall'Egit- 
to ;  nel  secondo  Melchisedech  Re  e  Sacerdote,  che  va 
ad  incontrare  Abramo  reduce  dalla  strage  di  Cader 
e  gli  offre  del  pane  e  del  vino. 

Altri  due  vassoi  ellittici  del  diametro  di  0.644 
per  0.495  3.1  la  cui  forma,  quasi  cornice,  fa  corona  un 
seguito  leggiadro  di  ornati  in  cui  consiste  il  mag- 
gior pregio  del  lavoro,  rappresentano  nel  mezzo  bel- 
lissime medaglie  ;  nella  prima  Achimelech,  che  die- 
tro domanda  di  Davide;,  gli  offre  i  pani  della  propo- 
sizione e  la  spada  del  gigante  Golia  ;  nella  seconda 
la  manna  mandatai  da  Dio  nel  deserto. 

Anche  le  anfore  dell'altezza  di  0717,  ornate  da 
teste  di  cherubini^  il  vaso  etrusco  di  oltre  im  metro 
d'altezza  con  medaglia  rappresentante  un  angelo,  che 
compare  ad  Elia  presentandogli  un  pane  cotto  sulla 
cenere  ed  un  vaso  d'acqua,  sono  lavori  finitissimi. 
Tali  argenterie  furono  inaugurate  nella  nostra  catte- 
drale in  occasione  della  incoronazione  dell'impera- 
tore ed  ora  servono  di  ornamento  nelle  grandi  solen- 
nità a  decorare  la  credenza  che  trovasi  a  destra  del- 
maiggior  altare. 

Fra  le  opere  edilizie  incominciate,  notiamo  l'in- 
grandimento della  chiesa  di  S.  Pietro  in  Sala,  che 
verrà  solennemente  benedetta  nel  prossimo  anno  nella 
festa  della  dedicazione,  e  la  ricostruzione  del  Colle- 
gio di  Porta  Nuova*  coll'annesso  liceo.  La  spesa  di 
quest'Ultimo  era  preventivata  in  L.  407.571,50  e  fu  a 
carico  dell'erario.  Sullo  scorcio  dell'anno  fu  pure  col- 
locata la  prima  pietra  per  l'erezione  del  nuovo  tem- 
pio di  S.  Carlo  al  corso,  in  sostituzione  dell'apatica 
S.  Maria  dei  Servi.  Fu  una  solenne  cerimonia,  cui  in- 
tervenne anche  il  Viceré. 


:  '.■n^'TTLT^'^i' 


—  455  — 

Il  Parroco  lesse  un'allocuzione  latina  che  diamo 
in  nota  (i),  quindi  presentò  agli  invitati  le  medaglie 
e  le  monete  destinate  a  seppellirsi  nelle  fondamenta, 
oltre  quattro  anfore  contenenti  olio  e  vino.  L'epi- 
grafe scx^lpitai  sopra  la  lapide  è  lavoro  del  dottor 
Labus,   eccola  : 

IMP.   REG.   FERDINANDO    I.   P.   F.   AVG. 

ET 

MARIA  ANNA  CAROLINA  AUGUSTA 

POPULOS     LANGOB.     ET     VENETIAE 

MrriSSIMO  IMPERIO   BEANTIBUS 

TEMPLUM 

D.  O.  M. 

IN     HONOREM 

MARIAE  VTRGINIS  ET   SANCTI  CAROLI 

PATRONI     COELESTIS 

A  SOLO  INCHOATUM 

CELLA  IMPERIALIS   CONSTITUTA 

IV.    KAL.   JAN.   ANNO  MDCCC   XXXVIII 

RAINERIO.   AUG.   PATRONO  ARCHID.   AUSTRIACO 

PnSSIMO  PRINCIPE  VICE   SACRA 

LAPIDEM   AUSPICALEM   STATVENTE 

QUAM 

CAROLUS   CAJETANUS   GAISRUCHIUS 

S.    B.   E.   CARDINALIS  ARCHIEPISCOPUS   MEDIOL. 

RITE  LUSTRAVIT 

CURANTIBUS   OPERIS   NOUTIONEM 

fflACINTHO  AMATO    CURIONE 

JOSEPHO   FRANCIA 

ALOISIO   BROCCA   CAROLO  UBICINIO  JOAN.  BAP. 

GAVAZZI© 

NEOCORIS 

CAROLO   AMATO  EQ.   ARCHITECTO 

(i)  «Antequam  historica  inscriptio  ad  aevum  tradenda, 
lecta  prodeat;  et  lapis  auspicalis  in  fundamentis  jacta  sit 
ad  inchoandum  tcmplum  Sancto  Carolo,  ex  perillustri  Ber- 


-  456  — 

Le  medaglie  commemorative  distribuite  e  vendu- 
te per  la  droostanza,  furono  lavooro  del  nostro  Brog- 
gi.  Esse  recavano  da  una  parte  Teffige  di  S.  Carlo  col- 
lo stemma  dei  Borromei,  ed  in  giro  le  parole  Sanctus 
.  Carolus  Patronus  coeUstis,  dall'altra:  Templum  a 
solo  inchoatum  -  cella  imperialis  constituta  -  IV.  Kal. 
Jan.  an.  MDCCCXXXVIII. 

Aggiungiamo  che  all'erezione  di  questo  tempio, 
il  consiglio  comunale  concorse  per  300  mila  lire,  e 
nell'occasione  della  cerimonia  da  noi  descritta^  per- 
vennero pure  alla  chiesa  moltissimi  donativi. 

Di  monumenti,  si  progettò  quello  a  Giovanni  Mi- 
gliara,  e  si  inaugurò  a  Como  quello  di  Alessandro 
Volta.  Una  vera  festa  cittadina  che  fece  accorrere 
molti  milanesi  Vi  lesse  il  discorso  il  Mocchetti,  pro- 
fessore di  fisica  e  di  storia  naturale  in  quel  liceo.  An- 
che qui  furono  distribuite  medaglie  commemorative, 
lavori  del  Puttinati  ;  da  una  parte  recavano  l'effigie 
del  Volta  colla  leggenda  :  Alexandro  Voltae  Novoco- 
mensi.  V.  C;  dall'altra:  Arcanis  naturae  detecits  si- 
mulacrum  in  foro  patriaededicatum  an,  MDCCCXXXVIII. 

Fra  i  decessi  dell'anno,  notiamo-  : 

Il  sacerdote  LUIGI  PORTIRELLI  di  Lonate  Toz- 
zolo. Fece  i  primi  studi  a  Brera^  dove  ebbe  a  maiestro 

romeonim  stirpe  dicatum  :  veniam  peto  Celsitudini  Tuae 
(era  presente  come  si  sa  il  cardinale  Arcivescovo)  si  meo 
et  sacrae  aedis  curatorum,  populique  universi,  mediola- 
nensis  nomine,  Tibi  quamplurimas  referam  gratias,  quod 
benignitat:,  munificentia,  dignatione  tua  factum  sit,  ut  tem- 
plum, votis  f ervidissimis  expetitum,  praesentia  tua  auspice- 
tur,  atque  Augustae  Austri  ae  Domus  Patrocinio,  perpetuo 
siet. 

Tibi  quoque  eminentissime  Antistites  sint  grates,  quod 
praecantibus  nobis  benignas  aurespraebuisti,  novaque  tem- 
pli extructio  Divo  Carolo  Patrono  cuius  sanctum  no- 
men  defers,  dicare  dignatus  es  :  atque  haec  prima  so- 
lemnia  ecclesiastico  ritu  sacrare.  ,, 


-  457  - 

e  più  tardi  amioo  il  Parini.  Ordinato  Sacerdote  venne 
impiegato  nella  nostra  Curia  come  segretario  di  mon- 
signor Gambarana,  quindi  nominato  parroco  a  Lo- 
nate.  Passò  jx)i  quale  ins^nante  in  quelle  stesse  aule 
ove  era  stato  scx>laro.  Annotò  la  Divina  Comedia,  che 
uscì  nel  1804,  l'Arcadia  del  Sannazzaro  ed  il  Mal- 
mantile  del  Lippi.  Nel  18 16  fu  nominato  prefetto 
degli  studi  ed  in  tale  carica  durò  20  anni.  Si  dimise 
e  morì  verso  la  fine  del  gennaio.  Nel  mese  seguente  i 
colleghi  e  gli  allievi  si  raccoglievano  nella  chiesa  di 
S.  BabLla  a  rendergli  gli  estremi  onori. 

Antonio  CaccIANINO,  colonnello  del  genio.  Nac- 
que in  Milano,  si  laureò  ingegnere  e  frequentò  la 
scuola  di  Modena^,  dove  diede  subito  prove  di  bella 
intelligenza,  sicché  venne  chiamato  all'insegnamento. 
Soppressa  la  scuola  ottenne  il  riposo  e  d'allora  visse 
ritirato,  meditando  e  conversando  con  pochi  ma  scel- 
ti amici. 

Da  molti  anni  afflitto  da  lenta  malattia  cerebrale, 
fu  colpito  da  apoplessia,  che  nel  secondo  mese  di  que- 
st'anno lo  trasse  al  sepolcro. 

Fra  le  opere  che  ci  lasciò,  notiamo  un  opuscolo  di 
matematica,  uno  sul  Calcolo  differenziale  e  cin- 
que, altri  lavori  inediti,  che  lasciò  all'ingegnere  Sal- 
vatore, suo  nipote. 

Il  professore  abate  SEGALINI.  Nato  nel  1778,  stu- 
diò presso  i  barnabiti  e  più  tardi  entrò  nell'ordine. 
Fu  a  Milano,  quindi  a  Casalmaggiore  come  profes- 
sore di  lettere.  Tornato  a  Crema,  dopo  qualche  anno, 
vi  ebbe  la  cattedra  di  sacra  eloquenza  e  passò  al  gin- 
nasio. Colpito  da  malattia  alle  gambe,  diede  le  sue 
dimissioni,  e  nel  luglio  del  '36  ritornò  fra  suoi  con- 
fratelli barnabiti,  dove  morì. 


-458- 

Nell'aprile  cessava  di  vivere  il  sacerdote  cav.  Ro- 
BUSTIANO  Gironi,  bibliotecario  di  Brera.  Era  nato 
a  Gorgonzola  nell'ottobre  del  1769.  Ordinato  sacer- 
dote, fu  ascritto  alla  congregazione  degli  oblati,  e 
passò  dal  collegio  di  Gorla  alla  braidense,  dove  per 
le  sue  estesissime  cognizioni,  fu  di  grande  utile  agli 
studi  ed  agl^  studiosi.  Benefico  verso  i  suoi  molti, 
non  ricchi  congiunti,  e  verso  il  bisognoso,  che  a  lui 
ricorreva,  era  cortese,  mite,  semplice  con  tutti,  sempre 
pronto  a  spendere  la  sua  opera  a  favore  della  per- 
sona meritevole  che  lo  invocava. 

Nell'aprile  pure  sp^nevasi  la  vita  del  cav.  CARLO 
Bellani,  già  procuratore  generale  alla  corte  di  giu- 
stizia ed  amministratore  dei  luoghi  pii  ;  la  iscrizione 
che  leggevasi  sulla  porta  della  chiesa  di  S.  Babila 
basterà  a  darci  un'idea  delle  sue  domestiche  e  citta- 
dine virtù. 

Carolo  Joan.  Bapt.  Fil.  Bellanio 

Domo  Modicia 

equiti.  cor.  ferr. 

curatori  sacrae  aedis  nostrae 

praefecto  rei  gerundae  nosocomi  maioris 

industrio  sedulo  providentissimo 

QUI 

gravioribus  muneribus  vario  reipub.  sta.t. 

nitide  sacteque  perfunctus 

recti  tenax  pius  integer  comis  beneficus 

reugiosus 

morbi  diutini  vim  animo  invicto 

perpessus 

mortem  oppetiit  vitae  consentaneam 

Petrus  frater  qui  et  haeres 

maestissimus 

RAEQUIETKM    qui   BEATI   ADPRECATUR. 


-  459  - 

Pasquale  CITTELLI,  nato  a  Milano  aeJ l'ottobre 
(29)  del  1777.  Fin  da  suoi  anni  giovanili  si  de- 
dicò alTesercizio  della  meccanica:  durante  l'inva- 
sione francese,  fu  per  alcuni  anni  soprintendente  alla 
fabbricazione  dei  proiettili  in  Bongo,  Ridottosi  a 
Milano,  continuò,  e  tanto  si  distinse  nella  professio- 
ne da  essere  designato  dal  genio  militare  quale  unico 
fornitore  di  strumenti  meccanici. 

Ed  a  questa  scienza,  aggiungeva  anche  un  bel 
cuore.  Ottimo  padre  e  marito»  formava,  Taffetto  della 
sua  famiglia.  Assalito  da  fiera  malattia  nei  primi 
d'aprile  (7),  a  nulla  valsero  i  rimedi,  poiché  neppure 
un  mese  dopo,  fu  da  morte  colpito. 

Nell'antico  camposanto  di  P.  Venezia  (S.  Gregorio} 
si  leggeva  la  seguente  epigrafe  sepolcrale  : 

A  PASQUALI^  CO' IELLE 

DI  MATEMATICr   ST RUMENTE 

ESIMIO  FA  DB  aie  A  TORE 

J>KGU   AMICI  DELIZIA 

DELLA   FAMIGLIA   AMORE 

DELLA    PATRIA   DECORO 

LA   MOGLIE   E    LA   FIGLIA  INCONSOLABILI 


NATO   IL  29  OTTOBRE    IJ'fJ 
MORTO    IL   29   APRILE    1838. 

Un  altro  DecristofoHIS  GIAMBATTISTA  SÌ  ^Spense 
in  quest'anno.  Era  professore  di  storia  e  filolo- 
gia nel  liceo  di  S,  Alessandro.  Nato  nel  1785,  fece 
i  primi  studi  al  collegio  Longone  e  fu  laureato  in 
Isvizzera.  A  21  anno  era  chiamalo  al  Consiglio  di 
Stato,  e  4  anni  dopo  nominato  sottoprefetto  a  Salò. 
Ritornati  gli  Austriaci,  gli  venne  offerta  la  cattedra 
di  eloquenza,  incarico  che  disimpegnò  con  vero  at- 


—  4^  — 

fetto,  sì  da  meritarsi  la  stima  e  Tamore  d^li  scolari 
e  de'  superiori.  Nella  lunga  malattia,  ebbe  le  assidue 
cure  della  sposa,  dei  parenti  e  degli  amici,  sopportò 
con  eroica  pazienza  i  dolori  che  la  precedettero  e  mo- 
rì come  visse,  prescrivendo,  cosa  che  fin  qui  non  ci 
fu  dato  notare;,  che  le  sue  esequie  si  enunciassero  in 
queste  umili  painole  «Pinegate  pace  per  Tanima  di 
Giambattista  De  Cristo foris  ». 

Il  conte  Achille  FONTANELLI  modenese,  grande 
ufficiale  della  legion  d'onore.  Fin  dal  1796  trovavasi 
nella  carriera  delle  armi,  era  colonnello  a  25  anni, 
a  28  ajutante  di  campo  di  Napoleone,  a  35  ministro 
della  guerra  del  regno  d'Italia  Divenuto  uomo  di 
Stato,  il  Fontanelli  salì  molto  piìi  alto  nell'ammira- 
zione del  posteri,  indefesso  al  lavoro,  fino  al  punto 
di  abusaire  della  sanità  che  godeva. 

Sotto  il  dominio  austriaco,  egli  fu  creato  tenente 
maresciallo  ;  e  in  seno  alla  famiglia,  tra  le  benefiche 
cure  pei  contadini,  tra  le  faccende  di  economia  e  di 
idraulica  Turale,  che  imprendeva  spesso  per  solo  og- 
getto di  spargere  le  sue  beneficenze  fra  i  poveri,  traeva 
un'esistenza  lieta  di  affetti,  di  opere  filantropiche  e 
di  soddisfazioni  intellettuali. 

Mortagli  la  consorte,  egli  divenne  di  cagionevole 
salute.  Aveva  ultimamente  fermato  stanza  a  Milano, 
ma  ne  gli  amici,  né  le  cure  de'  medici,  valsero  a  porre 
un  argine  al  morbo  che  lo  minava  e  la  sua  vita  fu 
una  serie  di  spasimi  e  di  vicende  dolorose. 

Il  prof.  GIOVANNI  Pozzi  ;  era  nato  il  21  luglio  del 
1769.  Fu  da  giovinotto  educato  ed  istruito  nelle  scien- 
ze fisiche:  nel  1792  conseguì  la  laurea  all'università 
pavese,  e  co'  viaggi  aumentò  grandemente  le  cogni- 
zioni acquistate.  Vide  la  Francia,  l'Inghilterra,  la  Ger- 
mania, L'Ungheria,  la  Spagna,  facendo  lunghe  fer- 


^mmm^^m 


—  461  — 

mate  nelle  capita] i.  visitando  stabilimenti  sanitari, 
frequentando  le  scuole  più  acclamate  e  legandosi  in 
amicizia  coi  sommi  che  allora  vi  si  trovavano-  Rimpa- 
triato, esercitò  la  medicina!  e  la  chirurgia  nell'esercito 
francese:  gettò  !e  fondamenta  e  diresse  la  nostra 
scuola  di  veterinaria.  Stampò  molte  opere  affini,  men- 
tre la;  sua  vita  si  divideva  tra  Tistruzione  pubblica  e 
l'esercizio  della  su  ai  professione.  L'apoplessia  venne 
a  coglierlo  in  mezzo  alle  sue  occupazioni  letterarie, 
mentre  stava  dando  in  luce  un  dizionario  di  fisica. 

Gian  LUCA  Gavazzo  conte  della  Soma  gli  a,  ciam- 
bellano di  S.  M.  Era  nato  da  illustre  ed  antica  stir- 
pe, e  fin  da'  primi  anni  affidato  per  l'istruzione  ai  pp. 
Barnabiti  del  Collegio  Longone.  Ultimati  gli  studi 
filosofici,  si  laureò  a  Pavia  nelle  scienze  legali,  quin- 
di ascritto  al  collegio  dei  Dottori ^  si  mise  a  disposi- 
zione dello  Stato. 

Le  mutazioni  però  avvenute  nel  pubblico  reggi- 
mento di  Lombardia!  lo  consigliarono  di  volgersi  ad 
e  altro  oggetto,  si  mise  a  coltivare  le  belle  arii, 
incoraggiato  anche  dall'abate  Bianconi,  che  in  quel 
torno,  di  tempo  era  segretario  di  quell'Accademia. 
Per  compiere  lai  sua  istruzione  viaggiò  in  Italia  ed  in 
Grecia,  nella  Francia.  nelTlnghilterra,  nell'Olanda  e 
nella  Germania.  Ritornato  in  patria  vi  rifulse  per  le 
opere  architettoniche,  ne  fu  testimonio  fra  noi  il  gin- 
nasio di  S.  Martai  (i)  e  parecchi  altri. lavori  In  chiese 
e  ville  fuori  di  Milano,  Fu  ascritto  al T Accademia  di 
S.  Luca,  lavorò  al  disegno  del  cimitero  monumentale, 
che  fin  dalTallora  era  in  istato  di  progetto. 

Ebbe  pure  incarichi  onorifici,  e  cioè  fu  amministra- 
li) Era  Tantico  ginnasio  comunale,  sull^areii  del   quale 
venne    costruito   1*  attuale   Istituto   Tecnica,    sulla   piazza 
Mentana. 


I 


-  utmm^i  j    1-1 


—  462  — 

tx>re  della  fabbrica  del  Duomo,  curatore  del  Collegio 
della  Guastalla,  di  cui  procurò  Tingrandimento.  Scris- 
se anche  un  compendio  della  storia  di  Milano  che  de- 
dicò a  quella  direttrice  ed  alcune  lettere  su  Monaco 
di  Baviera. 

Nella  vita  privata  si  distinse  pel  suo  contegno 
senza  fasto  e  per  la  sua  affabilità  cosichè  riesci  caro  a 
tutti.  Soprafatto  da  fierissima  malattia,  spirò  il  7  di 
agosto  toccando  i  78  armi. 

Francesco  Bentivoglio,  Prefetto  emerito  della 
biblioteca  ambrosiana,  colpito  da  lenta  infiammazio-* 
ne,  malgrado  le  cure  mediche  e  lo  stato  di  riposo  in 
cui  si  trovava,  fu  vittima.  Da  semplice  scrittore  della 
Biblioteca  pervenne  alla  piìi  alta  carica. 

Fu  rinomato  per  ampio  corredo  di  cognizioni  bi- 
bliografiche, pei  suoi  giudizi  pratici  intorno  al- 
l'epoca, al  merito  dei  codici  e  delle  edizioni.  Commen- 
devolissime  sono  le  fatiche  che  sostenne  per  Tedizione 
delle  lettere  Ciceroniane,  che  dispose  secondo  Fordine 
dei  tempi,  ed  accompagnò  di  prefazioni  erudite. 

Due  anni  dopo  la  sua  morte  una  lapide  lo  ricor- 
dava nel  Cimitero  di  Porta  Magenta. 

fkQues filmile  pietra  -  ricordivi  0  buoni  fedeli  - 
Francesco  Bentivoglio  -  sacerdote  di  incomparabile^ 
vita  -  che  custode^  dottore,  prefetto  -  della  biblioteca 
ambrosiana  -  inerito  pubblica  rinomanza  -  di  sapere 
e  modestia  -  morì  ai  16  nov.  1838,  d!anni  ^^  -  la  so- 
rella inconsolata  p.  MDCCCXXX. 

Mazzola  Giuseppe,  pittore.  Nacque  in  Valdug- 
gia  nel  dicembre  del  1748,  fu  allievo  dell'accademia 
di  Parma,  professore  della  nostra  accademia  di  belle 
arti  ed  ispettore  della  pinacoteca  di  Brera,  carica  che 
ottenne  per  un  quadro  rappresentante  una  sacra  Fa- 
miglia. 


—  4^3  — 
Nel  cimitero  detto  della  Mojazza  a  P.  Comasina 
(Garibaldi)  sorgeva  un  monumento  che  recava  la  se- 
guente iscrizione  : 

ALL' onorata  memoria  -  dì  -  Giuseppe  Mazzola  - 
pofessore  di  color  ito  -  Membro  dell  Accademia  di 
Milano  e  di  Torino  -  ispettore  delle  L  R^  Gallerie  di 
brera  -  morto  il  giorno  2^  novembre  iSjS  -  di  sua 
età  go  -  i  nipoti  -  questo  posero  monumento  -  di  do- 
lore e  di  riconoscensa. 

E  Taccademia  di  Brera  nella  parete  della  seconda 
rampa  dello  scalone  a  sinistra  collocò  quest'altro  ri- 
coardo  : 

Alla  memoria  -  del  professore  di  colorito  -  in  q Sie- 
sta -  I.  R.  Accademia  di  belle  arti  -  Giuseppe  Maz- 
zola -  il  nipote  dottor  fisico  -  Pietro  Mazzola  -  inau- 
gurò -  Vanno  MDCccxxxxiv. 

Interessante  il  giudizio  che  diede  del  Mazzola  il 
Caimi.  «Questo  accurato  e  diligente  pittore,  che  pare 
si  fosse  formato  anche  alla  scuola  del  Mengs,  com- 
pare sull'orizzonte  artistico  di  quella  età^  come  una 
pallida  meteora,  senza  influsso,  straniera   al   movi- 
mento contemporaneo,  incapace  e  non  desiderosa  di 
riscaldarsi  e  di  rifletter  miglior  luce  al  contatto  dei 
più  luminosi  astri.  Il  Mazzola  nel  corso   della  sua. 
quasi  secolare  esistenza,  rimase  inerto  spettatore  del 
fermento  e  dello  sviluppo  che  veniva  successivamente 
operandosi  nell'arte,  e  si  mantenne  sempre  lo  stesso. 
Pittore  senza  slancio,  senza  fermezza  di  disegno,  lan- 
guido nel  colorito,  impacciato  nel  pennello,  pur  giunse 
ad  ottenere  con  ostinata  perseveranza,  e  colla  calma 
della  riflessione  que'  risultati,  che  altri  dì  primo  tratto 
raggiunge  colla  perizia  della  mano  e  prontezza  della 
niente. 

Certi  suoi  quadretti  di  soggetto  sacro,  tuttoché  ac* 
casino  la  fatica,  sono  improntati  di  grazie  tanto  soavi 


À 


—  4^4  — 
e  caste,  da  mostrare  come  Tanirno  suo,  d'ordinario 
freddo,  non  fosse  inaccessibile  alle  fervide  aspira- 
zioni religiose.  La  sua  vita  è  stata  funestata  da  una 
deplorabile  sciagura,  che  avrebbe  resa  insoffribile 
resistenza  a  qualunque  artista,  dotato  meno  di  lui  di 
filosofica  rassegnazione  e  di  temperamento  tranquillo. 
Avendo  dovuto  subire  l'amputazione  della  mano  de- 
stra a  40  anni,  egli  esercitò  con  imperturbata  alacrità 
la  mano  sinistra  al  maneggio  della  matita  e  del  pen- 
nello, e  per  ben  mezjzo  secolo  ancora  attese  alFar- 
te  sua  ». 

Dopo  il  1807,  e  quindi  dopo  la  succitata  sciagura, 
riprodusse  in  tela  i  ritratti  del  Duca  Melzi  guarda- 
sigilli del  regno  italico,  del  professore  Albertolli,  del 
principe  Rinaldo  Belgioioso,  dei  conjugi  della  So- 
maglia  e  di  vari  altri  personaggi. 

Stefano  Luoghi  di  origine  tirolese,  nacque  a  Ri- 
mini nel  1782  da  genitori  non  troppo  agiati  :  fu  ini- 
ziato ancor  giovane  nei  pubblici  incarichi  e  le  diffe- 
renti missioni,  che  gli  vennero  affidate,  gli  valsero  il 
grido  d'incorrotto  ed  avveduto.  Fu  dal  proprio  go- 
verno eletto  amministratore  dei  beni  ecclesiastici  a 
Forlì,  ma  presto  chiamato  a  Milcino  per  far  parte  della 
Commissione,  la  quale  in  concorso  con  altri  plenipo- 
tenziari doveva  constatare  le  ragioni  del  pubblico  cre- 
dito. Rapito  presto  alle  affezioni  domestiche  per  la 
morte  della  moglie  e  di  due  figlie,  egli  cercò  un  sol- 
lievo al  dolore  nell'affetto  degli  amici.  Negli  ultimi 
mesi  di  vita,  colpito  da  malore,  fu  assai  offeso  n^li 
organi  della  voce.  ]Sorì  nel  dicembre. 

Ignazio  Prinetti,  nacque  in  Milano  nel  novem- 
bre del  1754.  Fin  dalla  sua  giovinezza  esercitò  la  mer- 
catura e  aperse  una  casa  commerciale,  che  presto  go- 
dette moltai  fama  in  paese  e  fuori.  Durante  il  regno 


—  465  — 

italico  ebbe  posto  nel  collegio  elettorale  dei  commer- 
cianti  e  presiedette  alla  Borsa  col  titolo  di  Sindaco. 
Dove  p>erò  si  potè  scorgere  quanta  autorità  avesse  il 
suo  nome,  fu  nelle  occasioni  in  cui  veniva  chiamato 
arbitro  in  spinose  controversie. 

Fu  anche  lieto  di  numerosa  fa^niglia  che  g^Ii  prò- 
diga.va  le  più  affettuose  cure.  Morì  in  questo  mese 
nella,  bella  età  di  85  anni. 

GIUSEPPE  Campeggi,  presidente  di  Tribunale 
Era  nato  a  Pavia  ne!  i^ó^,  studiò  in  quella  città  e  vi 
conseguì  anche  la  laurea  dottorale.  Tra  furtonosis- 
simi  tempi,  passò  intemerato,  stimato  ed  on orato,  e 
percorsi  tutti  i  gradi  degli  impieghi,  fu  nel  181 5  no- 
minato consigliere  e  qumdi  presidente  al  tribunale 
d'appello.  Nel  1835  fu  messo  a  riposo  e  moriva  nel^ 
l'ultimo  giorno  di  qu^t'anno. 


FINE    DEL    VOLUME    PRIMO- 


GiANETTi.  Cromttorin 


^^ 


Indice  alfabetico  dei  Necrologi 


Alari  Sante Arino  1831 

Alborghetti  Luigi »  1835 

Aldini »  1834 

Allocchio  Antonio »  1837 

Andreani  Giammaria »  1831 

.\rici  Cesare »  1836 

». 

Bagutti  Giuseppe Anno  1837 

Balduzzi  Antonio                     ...  »  1834 

Bargnani  Giulietta »  1835 

Battaglia  Antonio »  1826 

Battaglia  Luigia n  »  1836 

Bazzetta  Giovanni    ......  »  1827 

Bellani  Carlo »  1838 

Bellini  Vincenzo »  1835 

Bentivoglio^Francesco »  1838 

Borda  Andrea »  1833 

Bordiga  Gaudenzio »  1837 

Borromeo  Giberto    ". »  1837 

Bossi  Luigi »  1835 

Breislak  Scipione »  1826 


Pag.  154 
»  287 
»  234 
»  387 
»  154 
»     359 


Pag.  388 

»  240 

D  290 

»  50 

»  34^ 

»  69 

»  458 

»  292 

»  462 

»  290 

»  382 

»  383 

»  286 

»  49 


j 


-467 

— 

e. 

Cacci  ani  no  Antonio 

Anna 

1838 

P^g    457 

Cagnoìa.  Luigi 

Ì> 

1S33 

n      204 

Caleppio  Pietro   .     ,     *     , 

ìì 

IS34 

'^     23g 

Campeggi  Giuseppe.     ,    , 

il 

1838 

^     4^5 

Carizzoni  Antonio    .     . 

j. 

1836 

^     333 

Carrozzi  Giuseppe    .     . 

}] 

1834 

''    ^39 

Casti  gli  0  ni  Alfonso  .     . 

i. 

1834 

^    2?S 

Casti  gì  ioni  Li]igi ,     . 

iì 

l8?2 

>i     180 

Cavalieri  GìambLittista  . 

JJ 

IS36 

«    333 

Cesari  s  Angelo         .     . 

)) 

1832 

B     179 

Cesarotti  Ilario    .     .     . 

J] 

1834 

»    343 

Cittelli  Pasquale  .     .     . 

li 

J838 

"'     459 

Cognetti  Giovanni    .     . 

h 

IS3S 

i)    291 

Come  rio  Agostino    .     . 

» 

1834 

)j    237 

Coraldi  Clotilde  .     ,     , 

ii 

1825 

j^       SI 

Costa  Paolo    .    .     ,     * 

ti 

1836 

»'     ?4^ 

11, 

D'Adda  Febo ,    .    . 

Anno 

1826 

Pag.     11 

Dar!  Luigi .     .     .     ,     *         <     . 

n 

1837 

u     390 

De  Carli  Felice 

ft 

^834 

li    236 

De  Cesari  s  Angelo  .          .     .,    i 

» 

1832 

*.   179 

Del  Colle  Edoardo 

n 

1829 

i>      no 

De  Cristoforis  Giambattista   .     . 

ti 

1838 

''     459 

De  Cristoforis  Giuseppe    -     .     , 

iì 

1837 

y,     390 

De  Herra  Giambattista      ,     . 

a 

1832 

*,     204 

Del  Magno  Carlo     ,     >     .    .    * 

H 

1826 

ij       51 

De  Rosmini  Carlo 

D 

1827 

^       68 

Della  So  magli  a  Gian  Luca    .     . 

ìi 

1833 

^i     461 

De  Vecchi  GìuscDoe 

iì 

1836 

)  18(26 

"     34^ 
Pag,     SI 

F. 

Federici  Vincenzo 

AdDc 

Fontanelli  Achille    .    . 

k     .    . 

A 

1838 

à      460 

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P*      389 

»           18312 

.         178 

»           II^ 

»         179 

»           IS55 

»        293 

»            1837 

»        390 

>           18^ 

•         338 

»            I83I 

»        154 

»            183? 

»        464 

»           1830 

•        135 

M. 

Mabil  Luigi Anno  1836  Pag.  336 

Maestri  Giovanni »      1831  »     158 

Maffei  Filippo »      1836  »    339 

Mangili  Gìu8q>pe )>      18&9  »    iio 

Manio  Paolo »     1831  »    391 


Marcliesi  Luigi  . 
Marocco  .  ,  . 
Matteini  Teodoro 
Mazzolai  Giuseppe 
Migliora  Giovanni 
Molana  Ambrogio 
Mond  Vincenzo  , 
Morati  Ottavio    . 


-469- 


Anno  1829 

Pag. 

110 

Ki  1B29 

n 

no 

»  1&31 

j> 

158 

»   183S 

39 

462 

^   1S37 

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3PS 

«   183S 

n 

=.85 

»   iSaS 

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84 

n      1826 

b 

49 

3 


Ne^prì  Aiitcmio     .    .    .    ,    ^    ,    .        Anno  1836 

Oriani  Barnaba Anno  1832 

Pagani  Felice Anno  1834 

Pagani  Giuseppe »  1835 

Paletta  Giovanni  Battista  ^     .     .     .  h  1832 

Parca  Carlo     ..,,**.,  w  1834 

Peli  egatti  Visconti  Gio,  Battista      .  *  1736 

Pezzi  Francesco    .,*.,..  p  1831 

Perego  Giuseppe »  1834 

Piazza  Giovanni  .......  »  1827 

Piazzi     ,     i     .......     .  n  1826 

Pindemonte  Iprolito »  1828 

Pirotta  Giovanni.    ,,,,..  a  1834 

Porcù  Alfonso  Gabriele    ....  »  183; 

Porta  (Della)  Pietro ?>  1834 

Portirelli  Luigi     .,...,*  »  i8jj8 

Pozzi  Giovanni     .**....  »  18  j8 

Predabissi  Francesco      .     ^     ,     .     .  »  1S35 

Pdna  Luigi 31  1S33 

Prinetti  Ignazio   ,,,....  »  1836 


Pag.  334 


Pag.  r8i 


Pag.  242 
»    287 

)]     18] 
»    237 

34J 

^57 

239 

87 

SO 

8s 

334 
286 

243 
456 

460 

464 


—  47^  — 


Ranieri  Girotti Anoo  1833  Pag.  206 

Rasorì  Giovanni »      1837  »    3(82 

Ristori  Giovanni m.      1829  n     iii 

Romagnosi  Domenico »      1833  »    287 

Rusca  Emesto .  »      1834.  »    241 

Rusca  Luigi »      1834  b    242 


S. 


Sacco  Luigi Anno  1836  Pag.  342 

Sala  Viule »  1835  »  290 

Sangiuliano  Antonietta      ....  »  1835  »  284 

Saurau  (Di)  Francesco »  1834  »  241 

Schizzi  Lodovico »  1836  »  338 

Segalini »  1838  »  457 

Serbelloni  Rosa »  1837  »  385 

Smancini  Antonio »  183 1  »  158 

Somaglia  (Della)  Giulio    ....  »  1830  »  134 

Sommari  va  Annibale »»  1829  »  no 

Sormani  Andreani  Gabriella       .     .  »  1836  »  339 

Strassoldo  Giulio  .        .     .     .    ,     .  »  1830  »  135 

Strigelli  Antonio j)  1835  »  283 


Tamburini  Pietro Anno  1827  Pag.    68 

Taverna  Giuseppe »      1833  »    203 

Taverna  Francesco »      1827  »      69 

Ticozzi  Stefano »      1836  »    341 

Tordorò  Luigi »      1836  »    333 


—  471   - 


Viviani  Quirico Anno  1835  Pag.  294 

Visconte  duca  di  Modrone    ...  »      1836  »     335 

Visconti  Annibale »      1828  »      89 

Volta  Alessandro »      1827  »      65 

Z. 

Zuccaia  Giovanni      - Anno  1836  Pag.  334 


.L. 


TRENTAQUATTRO  ANNI  DI  CRONISTORIA 


VOLUME  II 
(1839-1848) 

1839 

Capitolo  I.  —  Due  parole  d'introduzione  —  La  Società  gli  In- 
^enu'\  —  Ancora  i  profughi  politici.  —  Le  Bibbie  inglesi.  —  Banchieri 
e  professori.  —  La  Rosmunda  del  Niccolini.  —  Abbellimenti  di  Mi- 
lano. —  L'ordine  Gerosolomitano.  —  Soppressione  del  collegio  di 
S.  Luca.  —  All'Anfiteatro  dell'Arena.  --  Giuseppina  Strepponi  alla 
Scala.  —  Meteore.  —  Istruzione,  accademie  e  belle  arti.  —  Dague- 
rotipo.  —  Mostra  industriale.  —  Stampa.  —  Edilizia  e  monumenti.  — 
Necrologio. 

1840 

Capitolo  li.  —  Biblioteche  mutuarle  e  Società  private.  —  Gli 
ebrei,  —  Società  segrete.  —  Rifugiati  politici,  Arrivabene,  Porro,  Ti- 
nelli. —  Il  tentativo  di  Boulogne.  —  Vita  milanese  ;  ordinamenti  in- 
temi e  guardie  nobili.  —  Visite  principesche  ed  anniversari  imperiali. 

—  Teatri  e  feste.  —  Il  Corpus  domini  e  il  carnevale.  —  Beneficenza. 

—  Istruzione.  —  Stampa.  —  Belle  arti  ed  Industrie.  —  I  nuovi  ten- 
tativi dell'Andreani  nell'areostatica.  —  Strade   ferrate.  —  Necrologio. 

1841 

Capitolo  III.  —  Conseguenze  del  tentativo  di  Boulogne.  —  I  ri- 
tratti del  Bonaparte  e  la  stampa.  —  Passaporti  per  le  lìomagne.  — 
Il  nuovo  governatore  Spaur.  —  Fiscalità.  —  Ordini  cavallereschi.  — 
Festa  militare.  —  I  giuochi  d'azzardo.  —  Il  duca  di  Canizzaro.  — 
Visite  principesche.  —  Spettacoli,  feste  e  concerti.  —  Beneficenza  — 
Visita  cardinalizia.  —  Istruzione  e  congressi.  —  Stampa.  —  Belle  arti 
ed  industrie.   —  Necrologio. 

1843 

Capitolo  IV.  —  Non  sempre  il  bel  tempo  si  può  giudicare  dalla 
mattina.  —  I  confederati,  —  La  principessa  Belgioioso.  —  Gli  studenti 
e  la  stampa.  —  Misure  repressive.  —  Feste  militari  e  religiose,  il 
manzoniano,  chi  dell'  erbe  lo  stelo  compose.  —  Le  nozze  di  Vittorio 
Emanuele.  —  Eclisse  solare.  -  Il  corso  della  domenica.  —  Spettacoli 
e  feste.  —  Lo  Stabat  Mater  rossmiano.  —  Istruzione.  —  Stampa.  — 
Edilizia.  —  Belle  arti.  —  Necrologio. 

1843 

Capitolo  V.  —  Continua  la  caccia  alle  Società"  segrete.  —  Il 
prete  Vannucci  e  Domenico  Salvadori.  —  Giudizi  suìV Arttalao  da  Brescia 
ed  altri  libri.  —  Attentato  contro  il  viceré.  —  L^gi  e  regolamenti. 
—  Il  gas.  —  Pubblici  passeggi.  —  Spettacoli,  concerti  e  feste.  —  Be- 
neficenza. —  Istruzione.  —  Stampa.  —  Edilizia  e  monumenti.  —  In* 
dustiie.  —  Necrologio. 


i844 

Capitolo  VI.  —  Ritorno  dei  gesuiti  a  Venezia.  —  Ancora  le 
Società  segrete.  —  Disordini  a  Roma,  arresti  e  condanne.  —  La 
stampa  rivoluzionaria  di  Parigi.  —  I  confidenti  fratelli  Grandara.  — 
Disposizioni  governative  e  municipali.  —  Commende  e  dame  della 
croce  stellata.  —  Echi  del  tiro  federale.  —  Spettacoli  e  feste.  —  Be- 
neficenza. —  Istruzione  e  Congresso  degli  scienziati.  —  Stampa.  — 
Edilizia  e  monumenti.  —  Necrologio. 

1845 

Capitolo  VII.  —  Timori  di  rivolta  ed  operosità  della  polizia.  — 
Il  conte  Arrivabene.  —  Fatti  di  Rimini.  —  Leopardi  fabbricatore  di 
prodotti  chimici.  —  La  propaganda  di  Parigi.  —  Nelle  Romagne.  — 
Emigrati.  —  Leggi  e  regolamenti  interni.  —  Illuminazione  a  gas.  — 
Visita  principesca.  —  Teatri,  concerti  e  feste.  —  Un'avventura  di 
Verdi.  —  La  nuova  compagnia  drammatica  lombarda.  —  Le  suore 
al  nosocomio.  —  Una  poesia  al  futuro  arcivescovo  Romilli.  —  Echi 
del  Congresso  degli  scienziati.  —  Stampa.  —  Edilizia.  —  Necrologio. 

1846 

Capitolo  VIII.  —  Libri  ed  autori.  —  Per  l'introduzione  di  opere 
vietate  dal  governo.  —  Circoli  rivoluzionari  fra  gli  studenti  delle  uni- 
versità. —  Immigranti  svizzeri.  —  Nella  Polonia.  —  Roma  e  le  le- 
gazioni. —  Elezione  di  Pio  IX  —  Mazzini  e  Gustavo  Modena.  — 
Dimostrazioni  a  Milano  e  nel  Veneto.  —  La  morte  di  Gonfalonieri.  — 
Il  Piemonte  e  la  politica  di  Mettemich.  —  Avvenimenti  di  Francia.  — 
La  quistione  del  seminario  dì  Folleggio.  —  Morte  dell'are.  Gaisruk.  — 
Vita  milanese.  —  Teatri  e  feste.  —  Nuove  dame  della  Croce  Stellata. 

—  Meteora.  —  Istruzione,  accademie  e  congressi.  —  Mostra  artistica 
e  scienze.  —  Stampa.  —  Edilizia  e  monumenti.  —  Necrologio. 

1847 

Capitolo  IX.  —  Sette  politiche  e  società  ginniche.  —  Reazione 
polacca.  —  Congresso  degli  scienziati  a  Venezia.  —  La  stampa  clan- 
destina. —  Ovazioni  al  pontefice,  dimostrazioni  e  repressioni.  —  L'oc- 
cupazione di  Ferrara.  —  Il  giudizio  di  un  commissario  di  polizia.  — 
Il  nuovo  arcivescovo.  —  Disordini  in  piazza  Fontana  —  La  mozione 
Nazari.  —  Moda  italiana.  —  Carestia  e  beneficenza.  —  Cerimonie  re- 
ligiose. —  Teatri  e  feste.  —  Istruzione,  accademia,  mostra  e  stampa.  — 
Edilizia  e  monumenti.  —  Moniti  del  Comitato  d'Azione.  —  Necrologio. 

1848 

Capitolo  X.  —  Due  parole  d' introduzione.  —  Il  tre  gennaio.  — 
Reclami,  arresti  e  processi.  —  Il  clero,  —  A  Venezia  e  negli  altri 
Stati  d'Italia.  —  La  legge  marziale.  —  La  studentesca  ed  i  funerali 
del  Ravizza,  —  L'aurora  boreale.  —  Spavalderie  militari.  -^  Prodromi. 

—  Le  cinque  giornate.  —  Gli  ostaggi  ed  una  lettera  di  'Alessandro 
Manzoni.  —  Milano  libera.  —  Nel  Piemonte  e  nella  Francia.  —  Il 
governo  provvisorio.  —  La  guerra.  —  Ritirata  su  Milano  e  armistizio 
Salasco.  --  Garibaldi  e  il  tentativo   di   Val   d'Intelvi.  —  Riflessioni. 

—  Gli  ultimi  mesi.  —  Nuovi  governatori,  contribuzioni,  dimostrazioni 
e  condanne.  —  Abdicazione  imperiale.  —  Vive  ancora  il  sentimento 
/i*.n»  indipendenza.  —  Necrologio. 


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