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JlTal.^^ 2'^<J3
\
OCT 1 2 1908
f^arbarli College l^ibrars .
FROM THE
J. HUNTINGTON WOLCOTT FUND
Established in 1891 by Rogbr Wolcott (H. U. 1S70), in
memory of bis fatber, for " tbe purcbase of books of
permanent value, tbe preference to be given to
Works of History, Politicai Economy, and
Sociology,'' and increased in 1901 by
a bequest in bis will.
>
ALESSANDRO GIANETTI
TRENTAQUATTRO ANNI
DI
CRONISTORIA MILANESE
(1825-1859)
VOLUME PRIMO
1825-1838
MILANO
Tipografia Editrice L. F. Cogliati
Cono P. Romana, 17
igoji
^ ^ Harvard Oùìhv : ■ ^ ■ 'br ary
Vvclcott r.-- .
PROPRIETÀ LETTERARIA
\
ALLA MEMORIA
DEL
Marchese FRANCESCO CUSANI
AUTORE
DELLA Storia di Milano.
/
r^D^ f^ l'I^T'^^^r-^-^ -,- .^-
Alessandro Qirnetti
-oc
Trentaquattro anni
di
Cronistoria milanese
'^^ —
VOLUME PRIMO
(1825-1838)
niLANO . .
I P Cnnì IATI
Tip. Edit. L. F. COQLIATI - Milano, Corso P. Romana, 17.
Anzoletti Luisa. — M. Gaetana Agnesi e il suo tempo,
pag. 495 L. 4 50
Arpesani Ercole. — 11 dottor Paolo Arpesani e te sue
vicende potitiche (1848). pag. 62 „ i —
AvANCiNi AvANCiNio. — Polvcrc ed ombra, romanzo sto-
rico (1859), pag. 530 , I» 4 -
Barriera Raffaello. — Immortali e dimenticati, pa-
gine vii-488 i»4 —
Bellezza Paolo. — Genio e follia di A. Manzoni, pa-
gine 251 ,, 5 -
Bonghi Ruggero. — Le Stresiane, annotate da G. Mo-
rando, pag. 200 „4 —
BoNOLA Giulio. — Lettere inedite di Rosmini e Man-
zoni, pag. 608 „4 —
Bonomelli mons. Geremia. — Tre mesi al di là delle
Alpi, pag. viii-464, 2.' edizione » 3 50
BouRELLY magg. cav. Giuseppe. — La Battaglia di Abba
Garima, pag. xvi-693 » 5 —
Capecelatro card. A. — U amor della patria e gli ita-
liani, pag. 30 « •- 50
Gargano Giulio. — Memorie di grandi e d'amici, Biogra-
fie e commemorazioni edite ed inedite, pag. 592 . „ 4 —
Del Lungo Isidoro. — Conferenze fiorentine, p. 200 ,,2 —
Fabris Cristoforo. — Memorie Manzoniane, p. 200. „ 2 —
Fogazzaro Antonio. — Discorsi, pag. 246 . • . . „ 3 50
G1AC0SA Giuseppe. — Novelle e Paesi Valdostani, illu-
strato, pag. viii-304 • . „ 5 —
GiovANNiNi Magonio Gemma. — Le donne di Casa Savoia,
pag. 440 con 32 ritratti » 3 —
A. Luzio. — li processo Pellico-Maroncelli secondo gli
alti officiali segreti, con illustrazioni e fac-similì „ 6 — •
Panzacchi Enrico. — Conferenze e Discorsi, p. 300 ,. 3 —
Prina Benedetto. — Glorie patrie, p. 350 con ritratti. .. 2 50
Stoppani ab. Antonio. — Il bel paese. Conversaziom suite
betlezze naturali^ ta geologia e la geografia fisica d'Italia
51.* ediz., pag. 600 „ 2 —
Visconti- Venosta Giovanni. — Lo scartafaccio dell'amico
Michele, illustrato, pag. 308 2 50
In preparazione : T>J Ettore Verga. — 11 primo esilio di Nicolò
Tommaseo (Lettere inedite di Tommaseo a Cantù, 1834-1839)
E un errore il credere che la nostra città, dopo
il fallito tentativo del 1821, sia rimasta inerte
spettatrice del sistema di governo che in ogni
modo r opprimeva. Se una parte del popolo si
divertiva ai teatri ed alle feste, si sarebbe ben
guardato dall* inneggiare all'oppressore, e dall' ap-
provare le misure poliziesche di cui faceva sfog-
gio. Vi erano ben pensanti che affilavano neU
l'ombra le spade^ e che tenevano accesa ed ali-
mentavano la fiamma, che un dì avrebbe dato
fuoco a quell'edificio in apparenza così ben ar-
chitettato e poggiato sovra basi così solidi, che i
nostri padroni ritenevano senz'altro, incrollabile.
Se vi furono degli istanti in cui parve che il
popolo scendesse ad atti di soverchio servilismo,
forse nella sua coscienza, trovava un'attenuante
nel pensiero che tali atti avrebbero procurato
qualche mitigazione di pena ai nostri patriotti
— vin —
chiusi nelle segrete dello Spielberg, o qualche
concessione speciale pel bene della città, giacché
è noto che il ritomo degli austriaci nel 1814, era
stato preceduto da larghe promesse. Ma allorché
vide che anche le apparenti dimostrazioni d' af-
fetto, a nulla valevano, che le delusioni si mol-
tiplicavano, che anche le più lievi speranze sva-
nivano, mutò sistema. Richiamò al suo penskro
i giorni fortunosi della rivoluzione francese, la
quale se non gli aveva insegnato l'arte di gover-
narsi, l'aveva scosso come a un tocco elettrico...
Ed in vero al cadere del colosso napoleonico, i
nostri avi si ridestarono come da un sogno di
grandezza e di potenza, e la memoria di quel
sogno rimase indelebile nel loro cuore. I trattati
avevano ridotto T Italia ad un'espressione geogra-
fica, sbocconcellandola in staterelli e dandola in
retaggio a principotti, ma un'Italia politica era
entrata nella coscienza degli italiani e nessuna
mano straniera avrebbe potuto cancellarla (i).
Ed allorché non bastò la satira, si mantenne
in un dignitoso silenzio, soffrendo e facendo voti
di giorni migliori. Assistette fremendo ai processi,
ai costituti, alle condanne di quell'infausto 1821 ;
sperò invano dieci anni dopo; s'illuse ancora che
(i) TuLLO Massaràni - Studi di storia e di politica.
un imperatore austriaco potesse mantenere quanto
aveva solennemente giurato nel 1838, ed abban-
donata ogni speranza, trasse ancora per dieci anni
una vita di raccoglimento, preparandosi a quella
leggendaria lotta che è una delle pagine più bril-
lanti della sua storia.
Furono lampi di luce, furono giorni di gioia,
di suprema ebbrezza, ma sparirono troppo presto,
e settimane, e mesi^ ed anni e lustri dovevano
seguire que' bagliori, e il breve contento esser
pagato caramente, sopportando un governo raffi-
nato nel trovare i modi più crudeli per oppri-
mere, una polizia, che avrebbe incriminato per-
fino l'aria che si respirava, pur di avere motivo
per inquisire, processare, imprigionare, condan-
nare.
Ma le nostre grida di dolore furono intese :
Personaggi di grave senno politico ci commise-
rarono, parlarono alto dei nostri casi pietosi e ci
fecero intravedere la liberazione dallo straniero:
un' era nuova di libertà. Ai dibattiti diplomatici
subentrarono le armi, corsero rivi di sangue, ma
la gramaglia fu strappata per sempre al vesillo
tricolore ed esso sventolò ancora segnacolo di
vittoria sulla nostra città, evocando le ore entu-
sistiche della partenza degli eserciti austriaci dopo
le cinque giornate del 1848.
— X —
Circa il periodo che svolgeremo in questo
primo volume, sebbene per un seiennio esso
non presenti un grande interesse storico, ser-
virà tuttavia a dimostrare come di fronte alle
ripetute misure respressive della polizia, il senti-
mento dell'indipendenza sia sempre stato vivo
nel cuore dei nostri avi.
Il Cusani, del quale abbiamo inteso, in certo
modo, di continuare la storia, quantunque V ot-
tavo ed ultimo volume sia stato stampato nel
1884 ed anche questo messo insieme per cura dei
suoi amici, ci lascia col racconto nel 1825, mentre
r imperatore austriaco Francesco I compie il suo
giro per la Lombardia. Noi completeremo l'anno
e continueremo, mantenendo le promesse fatte
dalla spettabile Ditta editrice.
Ci si vorrà tuttavia usare indulgenza se quanto
offriremo non sarà che una semplice cronistoria,
come l'abbiamo intitolata, sembrandoci star troppo
a disagio il pomposo nome di storia a scarse
racimolature annuali. Ci lusinghiamo però che
questi appunti; oltre riempire la lacuna cui ab-
biamo accennato, serviranno a conoscere un po'
di vita milanese, a farci meglio apprezzare le sof-
ferenze dei nostri babbi, * a ricordare agli svo-
gliati dell'oggi, le miserie e le fatiche della vi-
gilia, affinchè valutino il pregio di quella libertà
— XI —
recente e di quella più recente indipendenza che
non tengono abbastanza in conto » (i).
Valgano i nostri sforzi ad allettare qualcuno
migliore di noi, perchè questo lavoro possa ele-
varsi alla dignità di storia; saremmo paghi di
aver concorso in qualche modo al lustro della
nostra città, che nel diadema italico brilla di par-
colare splendore.
Milano, l'aprile del 190J.
Alessanro Gianetti.
(i) Massarant, libro citato.
INDICE
1825
CAPITOLO I
Fonti da cui si trasse questa cronistoria. — Periodici poli-
tici e letterari. — Censura. — Ricordi dello Spielberg.
— Mettemich. — Le Società Segrete. — Italiani al
servizio dell'Austria. — Reggimento della città di Mi-
lano. — Vita Milanese. — I funerali del generale
Bubna. — Scopi del viajg^gio imperiale. — Onorificenze
e feste. — I Pellegrini bianchi. — Misure repressive. —
Porto d'armi. — Ristabilimento della congregazione dei
PP. Barnabiti. — I feudi. — Il poeta Leopardi. Pag. i
i8a6
CAPITOLO II
Caduta di Missolungi. — Le cartelle del debito pubblico.
— Edilizia. — Lo stato pontificio ed i ducati. — Ma-
lattia e guarigione dell'imperatore. — Nascita di un ar-
ciduca. — Il Corfus Domini, — Istruzione. — Un ri-
cordo di giovinezza. — Stampa. — Spettacoli. — An-
cora Metternich. — Il Viceré. — La polizia. — Tullio
Dandolo ed altri. — Lo spirito pubblico. — Necrologio.
fo.g' 31
1827
CAPITOLO III
Movimento politico e sua influenza nel Regno Lombardo-
Veneto. — Ancora le società segrete. — Roma e le Ro-
magne. — L'oratore sacro Barbieri. — Il segreto po-
stale e la stampa. — Feste e beneficenze. — Edilizia.
fc-o^p^
— XIV
Il Viceré. — Feste religiose. — La stampa. — Arti e
Industrie i^ag 52
i8a8
CAPITOLO IV
Le Romagna e il Napoletano. — Misure coercitive. — Lo
Stendhal a Milano. — Feste religiose. — Il conte Ba-
thiany e la Samoyloff. — Divertimenti. — Un altro fi-
glio del viceré. — Edilizia e pompieri. — Stampa. —
Accademie. — Necrologio Pag. yi
1829
CAPITOLO V
Armamenti austriaci e repressioni. — I titoli nobiliari. —
Giornali esteri. — Il Piemonte. — Restrizione dei
permessi di porto d'armi. — Il contrabbando. — Roma
e le legazioni. — Il generale Sebastiani. — Uno sguar-
do al resto d*Italia. — Vita milanese. — Il lotto. —
Papa Leone XII e il nuovo Pontefice Pio Vili. — Vi-
site ufl&ciali e spettacoli, Giuditta Pasta. — Stampa. —
Edilizia. — Necrologio Pag. 88
1830
CAPITOLO VI
I detenuti dello Spielberg. — Francia e Italia. — Giudizi
di Chateaubriand. — Ciro Menotti, il duca di Modena
e il generale La Fayette. — Misure repressive e gior-
nali esteri. — Gli stampati della tipografia elvetica. —
Milano e la Lombardia. — Viceré e governatore. — Ri-
forme. — Religione e beneficenza. — Il quarto cente-
nario del toson d'oro. — Lettere, industrie ed arti. • —
Necrologio Pag. 113
183 1
CAPITOLO VII
Aspirazioni patriottiche. — Giuseppe Mazzini. — Mette r-
nich ed il progettato moto insurrezionale. — Sommosse
— XV —
di Roma e delle Romagne. — Fatto d'arme di Otricoli.
— Il ducato di Parma. — Morte del duca di Reichstadt.
— La Lombardia e lo storico Gualtiero. — Errori del-
l'Austria ed apprezzamenti. — Misure coercitive. —
Milano. — Teatri. — Cholèra. — Edilizia. — Stampa.
— Il grande globo terrestre a Brera. — Necrologio. —
Fenomeni metereologici Fag. 136
183J
CAPITOLO Vili
Avvento al trono di Carlo Alberto. — Pensionati ed emi-
grati. — La Giovane Italia a Milano. — Radtzky nelle
Legazioni. — Tranquillità apparente e 4'attentato di
Baden contro il futuro imperatore Ferdinando. — An-
cora il timore del cholèra e la cometa di Biela. — Spet-
tacoli e feste. — Edilizia. — La galleria De-Cristoforis.
— Stampa. — Beneficenza. — Necrologio. Pag. 159
1833
CAPITOLO IX
La Giovane Italia, — Inquisizioni ed arresti. — Sicurezza
pubblica. — Giudizio statario. — Dimostrazioni abor-
tite. — Misure repressive. — Cesare Cantù. — Ancora
il principe ereditario. — Feste civili e religiose. — Il
ballo pubblico nella Galleria De-Cristoforis. — Isti-
tuzione del Collegio delle dame inglesi. — Istruzione.
— Arti e lettere. — Il pittore Victor. — Necrologio.
, Pag. i^Z
1834
CAPITOLO X
Le persecuzioni continuano. — Estradizioni. — Idee del
conte di Spaur. — Torbidi nella Polonia e negli Stati
tedeschi. — Feste e carnevale. — I pompieri all'opera.
Piene di fiumi. — Edilizia e monumenti. — Istruzione.
— Stampa. — Beneficenza. — Necrologio. . Pag. 207
1835
CAPITOLO XI
Conseguenze della spedizione mazziniana. — Demoralizza-
zione nelPesercito. — I cospiratori della Giovine Italia.
— Alessandro Dumas. Le armi a vento ( !). — Con-
danne. — Feste. — Morte dell'imperatore. — Condo-
glianze ufl5ciose ed ufl&ciali. — Esequie. — Il nuovo
imperatore. — Spettacoli. —, Timori di cholèra. —
Istruzione. —Edilizia. — Arti. — Monumenti.— Stampa.
— Necrologio Pag, 247
1836
CAPITOLO XII
Echi della morte del sovrano. — Restrizioni poliziesche
alla grazia imperiale. — Società segrete, inquisizioni
ed arresti. — ^, Vita milanese. — Leggi e regolamenti. —
Meteore. — Cholèra. — Visite principesche. — Il pri-
mo asilo infantile. — Istruzione. — Lettere, arti, edi-
lizia, monumenti ed industrie. — Necrologio. Pag. 295
1837
CAPITOLO XIII
I ricordi di Rivoli ed Arcole. — Nicolò Vettolini. — I Co-
mitati di Bastia e di Genova. — Virtuosi da teatro e
fuggiaschi. — Gli emigrati lombardi e l'amnistia im-
periale. — Gino Capponi e il conte Paolo degli Emilii.
— Le memorie di Andryane. — Vita milanese. — La
crisi delle sete. — Feste e beneficenza. — Istruzione.
— Stampa. — Balzac a Milano. — Arti ed industrie. —
Edilizia. — Necrologio Pag. 343
1838
CAPITOLO XIV
Fervei ofus. — Dolenti note. — I prodromi dei festeggia-
menti. — Poesie d'occasione. — Gli imperiali nella
Lombardia ed a Milano. — Feste e ricevimenti ufl5ciali.
— Il trasporto della Corona ferrea. — L'amnistia im-
periale. — Le guardie nobili. — Esercitazioni pompie-
ristiche. — Il corso notturno. — Echi delle feste. —
Riflessioni. — Vita cittadina. — Beneficenza. — Istru-
zione. — Stampa. — Necrologio Pag. 392
1826.'
CAPITOLO I
Fonti da cui si trasseco questa cronistoria. - Periodici politici
e letterari. — Censura. — Ricordi dello Spielberg. —
Mettemich. — Le società segrete. — Italiani al servizio
dell'Austria. — Reggimento della città di Milano. -^
Vita milanese. — I funerali del generale Bubna. —
Scopi del viaggio imperiale. — Onorificenze e feste. —
I Pellegrini bianchi. — Misure repressive. — Porto
d'armi. — Ristabilimento della congregazione dei PP.
Barnabiti. — I feudi. — Il poeta Leopardi.
A ragione il Cusani lamentava la scarsità di notizie
circa la nostra storia municipale, che corre dal 1825 ai
moti politici del 1831 ; infatti, chi si fa a ricercare per
entro i periodici, che si pubblicavano allora nella
città, non può a meno di essere preso da un senso di
sconforto. La I. R. Gazzetta di Milano, sostituita nel
I geimaio del 18 16 al Giornale italiano ed al Corriere
Milanesey la quale tolto lo spirito, diremo mettemi-
chiano (i), informato ai principi stabiliti nel congresso
(i) Metternich Clemente Venceslao nacque il 15 mag-
gio 1773 e morì a Vienna il 5 giugno 1859. Era figlio del
Ministro plenipotenziario Mettemich, il quale dicesi con-
ducesse seco il giovane al Congresso di Lubiana.
GiAMCTti. Cronistoria, «
— 2 —
delle Potenze, dovrebbe servire quale documento im-
portante per la storia municipale, non si occupa quasi
che di notizie estere, ma del movimento cittadino
nulla, se ne togli qualche varietà in cui, se non si parla
di pane, si parla di spettacoli, del gran teatro e di fe-
ste ; aggiungi che Tenorme prezzo di costo di quel pe-
riodico, il quale a chi lo osserva in questi tempi di li-
bera stampa fa veramente pietà e per la sua picco-
lezza, non giungendo ad una metà degli attuali nostri
fogli, e per la parte tipografica, tutf altro che com-
mendevole, e per la carta, era ad un prezzo eccessivo
per allora, costando 50 lire di moneta austriaca al-
l'anno (circa 40 lire italiane). Ben è vero che non vi era
altro periodico politico, ma siamo d'avviso che esso
non sarà stato neppure molto diffuso fra il popolo, e
appena forse si poteva trovare in qualche caffè di
lusso e nelle biblioteche.
Quanto a giornali letterari, se le nostre ricerche fu-
rono complete, Milano contava la Biblioteca Italiana,
il Ricognitore, VApe e la Vespa. La prima formava un
grosso fascicolo mensile, datava dal i8i6evi colla-
boravano i più forti letterati d'allora, quali il Monti, il
Breislak, Pietro Giordano ed altri, sotto la direzione
d» Giuseppe Acerbi.
Trattava di scienze, lettere, arti meccaniche ed arti
belle ; quanto insomma può essere materia di buon
studio. Ci piace ricordare nel suo primo annuncio al
pubblico un bel periodo, che forse poteva dare nell'oc-
chio dei nostri padroni, ma che fortunatamente venne
lasciato correre, eccolo. «Gl'italiani, benché divisi,
hanno pure un comune vincolo della lingua, e questo
basta per ricongiungerli nell'amore e nel profitto del
sapere b. Ed ancora nel primo numero chiude l'intro-
duzione con queste altre frasi :
— 3 —
e In quella specie di comunanza di patrimonio scien-
tifico e letterario, che ogni libro filosofico deve impie-
gare, non oblieremo gianunai di essere italiani ; e se
premurosamente cercheremo i severi giudizi di critici
forastieri, lo faremo allo scopo e col desiderio di pre-
sentare una occasione, o di trame profitto, o di contri-
buire ad annullare le reliquie di una prevenzione che
confidiamo veder dissiparsi ben presto in faccia ai
lumi del secolo ». Ed il periodico mantenne il suo pro-
gramma fedelmente, si sostenne per molto tempo e
potè pubblicare nelle sue colonne molti scritti d'autori
di grido che appartengono alla prima metà del nostro
secolo.
Il quindecennale Raccoglitore incominciò nel 1 8 19 ;
è ima raccolta di viaggi, di filosofia, di storia, di poe-
sia, di eloquenza, di critica, di archeologia, di novelle,
di belle arti, di teatri e feste, di biografie e di miscel-
lanee; e pare che basti; è illustrato da incisioni.
Pare ne fosse compilatore Davide Bertolotti, autore
di qualche grido.
Nel 1825 fu pubblicato il Nuovo Ricoglitore^ altra
fimsta mensile che succedeva allo Spettatore italiano
e straniero. Conteneva letteratura antica e moderna
con recensioni e notizie di libri nuovi. Ci sembra
molto più ordinato del Raccoglitore^ già annun-
ciato, è di minor prezzo ed ogni fascicolo consta di
circa 80 pagine.
Lo Spettatore, cui abbiamo accennato, era un altro
periodico letterario di viaggi, storia, statistica, poli-
tica, letteratura e filosofia, diviso in parte straniera e
parte italiana ; era bimensile e ciascun fascicolo con-
stava di 64 pagine ; aveva principiato prima del 18 16.
UApe fa la sua prima apparizione nel 18 19 presso
Veditore Pirotta : tratta di scienze, di lettere ed arti.
— 4 —
ed alludendo al nome con cui fu battezzato, così ter-
mina il proemio del suo primo numero : « Che questo
industrioso e mirabile alato vivente, sia il punto d'u-
nione di chi ama le ottime discipline in Italia, ed al-
lora avranno pregio queste pagine, e non saranno forse
immeritevoli di passare le Alpi ed il mare, onde recar
le fedeli notìzie di noi e delle cose nostre al generoso
alemanno, al pensatore inglese, all'irrequieto francese
ed al libero americano».
La VespUy successa a questo, era un periodico tutto
a pungiglioni, quale appunto il carattere dell'insetto
di cui teneva il nome ; basti il dire che alla comparsa
della nuova edizione dei Promessi Sposi, la prima
forse che si faceva a Milano nel 1827, malgrado che
la Gazzetta di Milano avesse parlato assai bene in
parecchie appendici letterarie, la Vespa fece una tale
requisitoria, che a vero dire fa torto ai compilatori
di quel periodico, e sì che aveva per editore il Bet-
toni e direttore il poeta Felice Romani. Se vi è
un' attenuante, è la lotta che allora ferveva tra
classici e romantici, lotta dalla quale questi ultimi
dovevano riuscire vittoriosi.
Nel 1838 il dottor G. B. Bolza pubblicò a Vienna
una Rivista Viennese, Forse era suo pensiero frater-
nizzare i popoli lombardi-veneti cogli austriaci, me-
diante la lingua, e il periodico reca squarci di autori
italiani tradotti nel tedesco, metodi per lo studio di
questa lingua, i quali potrebbero essere adottati con
frutto dagli italiani, e via via. A quanto ci sembra
tale pubblicazione è assai inferiore a quelle nostrane»
e scarsissima messe può raccogliersi per la nostra sto-
ria politica.
In tutti questi periodici poi, non una pagina che
riveli la vita cittadina, non la pubblicazione di un
— 5 —
libro, di una semplice cronologia storica municipale,
non un racconto di attualità, che possa dirci come la
passassero i nostri babbi. Gli almanacchi stessi, che
pur con buon p>ensiero di alcuni si pubblicano ai
nostri giorni, potevano anche senza urtare le suscetti-
bilità della censura, esporre semplicemente in ordine
cronologico i fatti avvenuti nell'anno, eppure reca-
vano titoli leggieri e cose più leggiere ancora conte*
nevano.
Il Vallardi, l'Agnelli, il Silvestri, il Ripamonti
Carpano, il Canadelli, lo Stella, il Tamburini, citiamo
a caso, non recavano nessun giovamento alla storia.
Le avventure di Giulietta e RomeOy Le bellezze della
Storia di Milano, lo Specchio delle passioni, la Gloria
delle belle arti, il vero Rustico indovino e altri di tal
fatta non erano die o palesemente, o celatamente al-
trettanti irmi che si scioglievano in onore di chi ci
stava sul collo, ai quali certo, neppur sommessamente
si osava ripetere il motto manzoniano
. . . levate le tende
Da una terra che vostra non è.
E' bensì vero che gli scrittori erano tenuti in freno
da una censura che dopo il moto dei Carbonari, sem-
brava essersi maggiormente acuita ; che anzi, se vo-
gliamo credere allo storico Cantti, questi martiri della
scienza avevano alle volte a fare con censori ignoranti
e maligni, sicché bisognava spesso reclamare a Vien-
na, d'onde le decisioni venivano assai meno ignobili,
ma così lente da equivalere ad un divieto. Ripetiamo
però che era da compiangersi come né popolo, né
scrittori di grido sapessero anche pur lontanamente
far allusione agli infausti tentativi dei Carbonari,
— 6 -^
agli ingiusti trattamenti usati verso la maggior parte
di loro (i), ai suggestivi processi, alle pagine dei fa-
migerato Zajotti, alla nobile difesa del Misley (2).
Il tentativo del 1821 aveva popolato le segrete
dello Spielberg, e le ferrate porte sembravano murate
su quegli infelici ; e si che la città doveva ricordarsi
di parecchi di quei patrizi, che fra noi avevano dimo-
rato ed avevano procurato con ogni mes^o di solle-
vare il nostro popolo, vuoi con scritti, vuoi escogi-
tando mille spedienti, pur di non dar troppo nel-
l'occhio della vigile polizia, ma nulla. Nel libro stesso
delle Mie prigioni^ lavoro che al suo apparire aveva
fatto gran chiasso, e che, aveva contribuito a modifi-
care il sistema carcerario dell'Austria, tutti i subal-
terni, compreso il carceriere, sono dipinti come bene-
voli, ma le severità sono comandate dall'alto : il me-
dico non può concedere gli occhiali, se non arriva la
licenza. da Vienna e d'ordine di questa capitale, è
proibito ai prigionieri la lettura.
(i) A Milano in un libro dal titolo : Misteri della Po-
lizia Austriaca, che si conserva nel Museo del Risorgi-
mento, è raccontato il modo col quale il Bolza arrestò nella
sua casa in via dei Tre Monasteri, ora Monte di Pietà, il
conte Gonfalonieri.
E' noto che sua moglie Teresa Casati in occasione della
venuta in Milano di Francesco I, si era presentata personal-
mente all' imperatore per ottenere la grazia del marito, ma
ne fu respinta con quest'insulsa risposta ; Suo marita
sta bene e fa gli esercizi spirituali per la salute dell'anima.
L'infelice ed affettuosa consorte morì nel 1830 e la sua
salma riposa nelle tombe gentilizie della famiglia a Mug-
giò sopra Monza.
(2) Nota il Cantù nella sua Cron., pag. 393, «che il
Misley scriveva che a Milano lo spionaggio era organiz-
zato in modo che ogni caffè, ogni teatro, ogni piazza, ogni
chiesa, ogni bettola, ogni locanda, ogni ufficio pubblico,
insomma, ogni riunione di qualunque specie aveva 2, 4
spie ed anche più e dice anche i prezzi che ciascuna di
esse riceveva.
— 7 —
Il povero Maroncelli attende l'ordine di Viennal
per farsi amputare la gamba ; anzi, se vogliamo pre-
star fede allo storico citato, 1* Imperatore Francesco
tiensi sul tavolo la pianta dello Spielberg e ordina
quanto deve soffrire il numero 15, il numero 20, e
via ; unica designazione di quegli esseri umani, fra
cui oltre i patrizi, si contavano insigni letterati.
Sembra che pubblico e dotti non pensassero che a
darsi bel tempo ; quegli con teatri, con pubbliche rap-
presentazioni, con feste camescialesche, accalcandosi
sul lobbione ad applaudire alle cantanti, alle balle-
rine più in voga; questi a scrivere d'argomenti in-
sulsi, recensioni, storie, poesie che finivano sempre con
inni servili all'Austria ed al suo Governo. Il nostro
poeta vernacolo nel tracciare gli episodi di quel di-
sgraziato popolano, personificato in Giovannin Bon-
gecy non fece forse che ritrarre al vivo le occupazioni
del popolino in quell'epoca di bonaccia.
I giudizi poi che il ministro austriaco, il grande
Mettemich, faceva di noi, movevano certo da suoi
particolari interessi (i). Ci vilipendeva per farsi pro-
fitto di quello sprezzo, e la dura sentenza pesava so-
pra di noi, perchè non avevamo fede nella nostra po-
tenza; anzi dacché le opinioni dell'astuto diploma-
tico erano state accettate anche dagli altri potentati
d'Italia, i quali non erano nelle di lui mani che altret-
tanti automi, che egli maneggiava a suo piacere,
(i) Si vuole che Metternich desiderasse che si dessero
alle Provincie italiane delle concessioni legittime, ma an-
che il ministro aveva a fare con un sovrano di cervello
corto e cocciuto e non potea vincerlo sempre.
La Serao nella sua conferenza Vltalia di Stendhal, dice
che Mettemich resse la politica europea con una forza e
un'ostinazione fredda, che velava un temperamento caldo e
impetuoso.
— 8 —
egli credevasi in dovere di moderare a suo talento
tutte le forze del nostro incivilimento.
Fermo ne' suoi propositi che questi disegni erano di
facile riuscita, mise tutto lo studio per mescolarne il
commercio, le industrie, le lettere e le arti. Da tale
J)rincipio mossero tutte le prove che egli tentò per
ispegnere in noi a poco a poco quelle qualità che sono
della natura delle nazioni, e che direi, improntano cia-
scuna città di un carattere suo particolare.
Era opera difficilissima, ma egli sperava di sosti-
tuire colla corruttela e la passiva obbedienza dei no-
stri padri, ciò che neppur Tarmi del più ardito conqui-
statore avrebbero tentato con felice successo. In tal
Inodo incrudelirono i nostri travagli e per nostra in-
famia, dice bene, a nostro avviso, l'abate Anelli nella
sua Storia d' Italia, colle nostre stesse mani strinse
J)iù fieramente le catene del servaggio, tale che in
breve non ci rimase che ritirarci tra il dispotismo di
Vienna, la spassionatezza degli altri italiani e il di-
sprezzo di noi medesimi.
E le imperiali promesse di Francesco I ? Lo Statuto
datoci dall'imperatore, ci faceva diritto a due Rap-
presentanze, runa sovrana, Taltra nazionale; ma
desse non furono che nomi, poiché la Camera Aulica,
due parole nefaste, che ritornavano a quando a
quando sulle notificazioni del nostro governatore, il
conte di Strassoldo, moveva a suo beneplacito i no-
stri interessi e le nostre amministrazioni ; il vero co-
mando era rimasto ^ Mettemich e noi eravamo se-
parati dagli altri italiani, affinchè perdessimo per-
fino il senso della origine che ci congiungeva.
Impediti praticamente anche que'buoni effetti che
potevano conseguire dalle leggi, con im direttore di
polizia e un comandante supremo delle armi, che im-
— 9 —
punemente trascuravano le deliberazioni viceieali»
Mettemich pose a misura del suo r^[ime nuU'altro die
la sua potenza, e noi fummo oppressi e rimanemmo
senza industria e senza vita .
Malgrado questo modo di agire del supremo Mi-
lììstro, si narra cbe nel maggio del 1834, in occasione
di una festa datasi per ranniversario di questo prin-
cipe, ^li tornato a casa, trovò sullo scrittoio un bi-
glietto anonimo, tracciato alla matita, in cui era
scritto il seguente acrostico :
^ inistre heureux d'un Prince auguste,
m sprit solide et généreux,
H out un peuple fappelle juste,
H out un monde t'offre ses voeux,
m ntouré de tant de naufrages,
PS esiste longtemps aux orages,
5zJ oble appui de la Royauté
*- mitant la vertu sevère,
n hacun ìnscrit sur sa bannière :
S! onneur, gioire et fidélité. (i)
A lumeggiar maggiormente questo personaggio
tanto infausto per gli italiani e che avremo pur occa-
sione di citare più volte nel corso del lavoro, ci piace
nportare quanto ne scrive Cesare Cantù nella sua
Cronistoria :
«Clemente, principe di Metternich, era volterriano
attivissimo, eppure appassionata della vita quieta e
materiale ; amante delle arti, scettico quanto fa me-
stieri ad un diplomatico, con un sorriso stereotipato,
che poteva interpretarsi per astuzia o per bassa fles-
(i) GaÀzeita di Milano, Giugno 1834.
— IO —
sibilità ; allo sparire d'una gioventù di libertinaggio
e frivolezza, divenne noioso e dogmatico. Maneg^-
giava gli affari da uomo di spirito anziché di soda
cultura con ripieghi, piuttosto che vedute politiche
o prendendo per tali il raggiro, l'intrigo, le soppiat-
terie poliziesche e nei consigli europei conseguì a sé
stesso e all'Austria una preponderanza non propor-
zionata all'ingegno, al carattere suo, né alle forze
militari del paese. Fatto cancelliere supremo, onorato
di titoli e cordoni da tutti i potenti, spinse l'orgoglio
fino al ridicolo, consigliò e praticò una politica inerte
e passiva senza morale, senza slancio, senza vedute
d'avvenire e fu uno dei maggiori corruttori, adopran-
do lo spirito suo frivolo a pizzicare in chi lo avvici-
nava le corde interessate e volgari, e con ciò legarseli.
Il denaro proprio sperperava non meno che il- pub-
blico, ed ebbe occasioni infinite di lucrare or palese-
mente, or alla macchia ; oltre una parte del miliardo
francese per indennizzo, il re di Napoli gli conferì la
dignità di duca, l'Imperatore la signoria di Johanni-
sberg, celebre per suo vino.
Ostile ai frutti della rivoluzione francese si pro-
pose di tener difeso l'impero dal contagio delle idee
moderne e di conservare il governo assoluto come
l'unico possibile; quindi implacabilità contro ogni
resistenza ; affabile e benefico nell'Austria : duro co-
gli Ungheresi e cogli Slavi, e più cogli Italiani. Ri-
poneva la sicurezza nel soffocare ogni moto liberale,
ed arguto a colpire il lato debole delle persone di-
ceva: se scoppiasse una rivoluzione a Vienna farei
sonare la campana da pranzo ; se a Milano, vi man-
derei una cantante di cartello... Unico suo pensiero
conservarsi il posto...
Nell'interno era tutf altro e diceva a Brunner : —
— II —
e In tutte le cose che vanno male da molti anni si mette
innanzi il mio nome. Ma la sfera della mia azione è
assai più angusta che non si creda : né io vo' oltre-
passarla e lascio mi si bandisca addosso la croce, n
Non pensi però il lettore che colFarresto e la de-
portazione dei carbonari, che si erano potuti catturare»
fossero spente le società segrete ; tutf altro, anzi do-
vremo dire che esse si erano moltiplicate e circondate
da profondo mistero, perchè né fosse più difficile la
scoperta.
Lo scopo era sempre il medesimo, mantener viva
la fiamma di un amore efficace verso la comune pa-
tria, e rendersi capaci di quei grandi sacrifici, che la
salvezza di essa potesse richiedere in avvenire ; e nel
numero de'suoi affigliati si leggevano i nomi dei più
distinti ingegni d' Italia.
E il Governo aveva dichiarato tutte queste associa-
zioni cospiratrici d'alto tradimento, condannati nel
capo i loro memBri ed imposto agli altri principi ita-
liani che avessero a seguire i provvedimenti emanati
pel regno Lombardo- Veneto. Ma allorché il governo
ebbe soffocate tutte queste società, il Lombardo- Ve-
neto, anzi direi tutta Italia, divenne una sola e grande
società cospiratrice, che a visiera alzata, proclamò gli
stessi principi di libertà e di indipendenza, già con-
sacrati dal sangue di tanti martiri.
All'antica massoneria ed ai Franchi muratori, si
erano mano mano aggiunte le società dei Patrioti
Europei, dei Filadelfi, dei Decisi, dei Cavalieri
Guelfi, degli Illuminati, dei Carbonari Regolari Ri-
formati, dei Preti dell'Oratorio, dei Cattolici Aposto-
lici Romani, dei Cinque, degli Indipendenti, dei Del-
— 12 —
fici, dei Latini ; e più tardi si aggiunsero i Concisto-
riali, i figli di Marte, i Cacciatori Americani, i Veri
Patrioti, i Sanfedisti, gli Italiani in Londra, i Maestri
Sublimi di Modena, i Babbiti di Palermo, la Nuova
Riforma di Francia, gli Scamiciati, la Sacra Fratel-
lanza, la Società della Medaglia, della Gioventù rav-
veduta, dei Pellegrini Bianchi, degli Spettri riuniti
nella tomba, del Duca d'Emilia, di Ermolao, degli
Amici delle scienze, dei Comitati degli Italiani in
Parigi ; e chi più ne ha, più ne metta (i).
Nelle Figure e figurine, così il Barbiera descrive il
modo con cui si effettuava la corrispondènza segreta
tra i cospiratori italiani. Possedevano tutti questi uno
stampo speciale, per esempio, la facciata di una casa
di cartone, larga ed alta come un foglio di carta da
(i) Carte segrete, voi. 1 e li.
II professor Masi nella sua conferenza sulle società se-
grete m Romagna, narra di un tipo singolarissimo, certo
Vincenzo Fattiboni di Cesena, nelle Memorie del c[uale,
un libro scritto da sua figlia, vi è un'unità di tragedia che
veramente fa stupire : bastano le date a narrarla tutta. Nel
1811 è framassone a Milano; nel 181 5 segue l'impresa di
Gioachino Murat; nel 17 prende parte al tentativo di Ma-
cerata; nel 18 è condannato a io anni di galera; ne esce
nell'ottobre del 28 ; nel 29 è di nuovo a capo della Vendita
carbonaresca di Cesena; nel 31 decreta la decadenza del
potere temporale dei Papi coi rivoluzionari della Co-
stituente provvisoria di Bologna; nell'anno seguente va
in esiglio a Corfù; vi resta fin verso il 1848; segue coll'a-
nimo e coll'opera le immense speranze di quell'anno; non
può reggere alle profonde disillusioni del 49 e il 12 mag-
gio 1850 dispera un'ultima volta e si uccide. •;— Fin qui il
conferenziere, e questo, diciamo noi, fu vera perseveranza.
Lo storico Cantù parlando dei differenti nomi delle
sette e delle loro trasformazioni, osò dire che tutte queste .
erano invenzioni di rivoluzionari. Ma l'espediente è troppo
disinvolto dinanzi alla realtà di fatti orrendi, che i vecdii
in Romag^na, nelle Marche, nell'Umbria hanno visti coi
loro occhi e ricordano ancora.
- 13 -
lettera. Le finestre e la porta della minuscola facciata
eran tagliate fuori colle forbici. Ne risultavano dun-
que dei vani. Entro questi, i patrioti scrivevano le
cose più segrete, più pericolose e più necessarie Le-
vato il modello, riempivano il resto della lettera di
cose innocenti, cercando d'incontrare con un certo
senso quelle parole importanti. Chi riceveva la let-
tera, vi sovrapponeva il proprio modello di cartone
eguale a quello onde il corrispondente s*era servito.
E chi era appena addentro alle segrete cose, poteva
leggere come qua e là, si fosse arrestato, processato e
condannato qualcuno di tali adepti ; come il nostro
governo avesse scritto ora a Napoli, or nelle Roma-,
gne, or nei ducati, perchè si sorvegliasse il tale o tal
altro, si seguissero le traccie di questo o di quello,
giacché, come dicemmo, sembrava che a lui, dalle
Potenze sottoscrittrici del trattato di Vienna, fosse
demandata la sicurezza d' Italia.
Pur troppo però, un grave biasimo dovevasi a certi
magistrati italiani, che si chiamavano colValtisonante
nome di Governo, i quali erano sorti o per brighe di
corte, o tratti fuori tra miserabili che sospiravano di
trovare chi li comperasse. Essi non avevano di bella
che il nome della magistratura da loro occupata, ma
le opere erano malvagie, come avviene in chi per
troppo aspirare non sa di avere una patria e non fa
caso al proprio onore. Erano costoro gli esecutori de-
gli ordini mettemichiani ; sia una prova la carriera
percorsa dal famigerato Bolza, che tanta parte ebbe
nelle politiche condanne dei nostri padri e cui noi
generosamente condonavamo la vita dopo le memo-
rabili giornate del 1848.
Anche i cittadini che costituivano la Rapprcsen-^
— 14 —
tanza Nazionale, erano inceppati nell'esercizio delle
loro mansioni dalla persona che stava a capo, essendo
il presidente stesso del governo, cosicché non ave-
vano animo tanto ardito da star saldi contro il ter-
rore delle minacde, né erano tanto generosi da la-
sciarsi togliere il grado e le sostanze, anziché vendere
la cosdenza ai campioni del dispotismo. Qualche cosa
però contavano ancora la fede e la fama, e ciò ba-
stava perché fossero invisi a quel servidorame che
brulicava nelle sale governative.
E giacché parliamo di Rappresentanza Nazionale,
procuriamo di dare un'idea esatta del come era am-
ministrata la nostra città
E' risaputo che le provincie italiane soggette diret-
tamente all'Austria, costituivano il Regno Lombardo-
Veneto. Il primo, che aveva la nostra città per capi-
tale, contava 2 milioni e 600 mila abitanti, distri-
buiti in nove provincie; aveva una superficie di
20,476,981 pertiche metriche con un estimo di scudi
134,297,641, su cui si pagavano circa 22 milioni di
lire austriache (17 milioni circa di lire italiane) a 177
millesimi per scudo.
A Milano, sedeva il Viceré, un governo per l'ammi-
nistrazione politica, un magistrato camerale per l'e-
conomia, con una numerosissima gerarchia d'impie-
gati, occupati ad interpretare ed applicare i deaeti
provenienti da Vienna. La costituzione comunale era
stata rimessa sul piede del 1755 e per essa, noi ave-
vamo un Podestà provvisto di L. 7800 all'anno, assi-
stito da sei Assessori gratuiti, scelti fra quelli che
possedessero in città, almeno 2 mila scudi di estimo.
Il Consiglio Comunale eleggeva un deputato per la
città, e col resto della provincia alcuni deputati pei
nobili, alcuni pei non nobili, fra 1 censiti di oltre
— 15 —
2 mila scudi. Questi fonnavano la Congregazione
Provinciale, che durava in carica un seiennio ; allo
stesso modo fra persone censite di almeno 4 mila
scudi el^gevasi un deputato degli estimati nobili,
uno dei non nobili ed uno della città che coi deputati
delle altre provincie costituivano la Congregazione
Centrale (i), alla quale competeva ripartir le imposte
ed esporre i bisogni del paese.
La nostra città contava 190 mila abitanti e traeva
dall'estimo sugli stabili ìxn milione, e 100 mila lire
dal dazio consumo ; il resto fino a 4 milioni e mezzo
da beni propri, quali tasse, licenze, ecc Tale l'organa-
mento della cittL
Ora in mezzo a questa tranquillità che i nostri pa-
droni ci avevano creata, la nostra Rappresentanza
Comunale pensò ad aumentare la prosperità mate-
riale del cittadino, quindi migliorate le abitazioni,
esercitata una vigilanza speciale sulle acque, sulle
vettovaglie vendereccie, allargate molte vie, altre ri-
formate, tolse le imposte, le vetrine sporgenti, le bot-
teguccie, i banchi sulle piazze, poiché è a sapersi come
Fattuale piazza Mercanti era ocaipata da'librai, quella
del Duomo da fruttivendoli, rosticciai e venditori
d'uccelli e di cani, la piazza Fontana dai venditori di
(i) In un componimento scherzevole il Pecchi© scri-
veva:
Per rappresentanza nazionale
Darem una Congregazione centrale,
La qual, perchè non faccia né ben né male,
Sarà da noi prescelta e ben pagata
Per occuparsi solo di spedali.
Negli altri affari un j>oco più essenziali
Libero ognun sarà e indipendente,
Seguendo ognor il vóto ael presidente.
Cantù, Cronistoriay fag. 367.
— t6 —
tela e di poponi (i). Si levarono dal piano le inferriate
pericolose che davano luce alle cantine, si vietò di
accumulare in queste il concime, si incanalò l'acqua
dei tetti, si stabilirono i pompieri, si crebbero tutte le
comodità della vita, il gusto degli addobbi e dei iiori.
Il senatore Tulio Massarani aggiimge che la nostra
Lombardia, oltre l'ordinamento della sua costituzione
cittadina, aveva anche nei comuni rurali osato perfino
un saggio governo diretto (/ convocati) \ aveva de-
dotto dalla coesione naturale degli interessi un'ac-
concia circoscrizione per distretti, e alla costituzione
del catasto, ordinato l'ottimo istituto dei cancellieri
del censo ; aveva nelle spese obbligate inscritto sem-
pre l'istruzione primaria e il servizio medico in prò
dei poveri, e dato infine un non trascurabile esempio
di associazione spontanea coU'istituto dei consorzi,
difesa e nerbo del suo vasto sistema idrografico» (2).
I patrizi avevano pensato che coi tedeschi sarebbero
tornati i privilegi aristocratici e ne presero aria e
vanto, fino ad istituire un Casino dei Nobili, ma certe
rovine fatte dal tempo, non si possono più rialzare.
Del resto era difficile creare un'aristocrazia, dove da
un secolo era sancita l'eguaglianza in faccia alla
legge, dove si erano aboliti i maggioraschi. Milana
però ebbe sempre dei ricconi che facevano meravi-
gliare i forastieri colla loro principesca sontuosità ed
il nomignolo, divenuto popolare, di Cà Litta, ne è
una prova ; ma dopo l'occupazione francese e le nuove
leggi, alla cordialità ed alla socievolezza era suben-
trata la circospezione, e cessò pure nei ricchi quel te-
nere tavola imbandita a conoscenti ed a raccoman-
dati, specie nelle prolungate villeggiature.
a
ROMUSSI. — Milano che sfugge.
Massarani. — Studi di politica e di storia, pag. 430.
— 17 —
Pochissimi poi davansi alla milizia ed alla prela-
tura ; non distratti dalle preoccupazioni politiche,
ognuno attendeva personalmente ai propri interessi
con una certa abitudine d'ordine e le campagne
Ideila Brianza e del Varesotto, non si popolavano solo
per la delizia della villeggiatura, ma anche pei la-
vori dei campi, giacché correndo poche carte pubbli-
che ed azioni industriali, poco si praticavano i giuo-
chi di borsa, e chi teneva denaro, volontieri lo inve-
stiva in terreni, o lo poneva nel commercio.
La principale attività si esercitava nel traffico delle
sete, di cui Milano era l'emporio : si esportava per
7 milioni e mezzo dì libbre di greggia e tre e mezzo
di torta, oltre quella che consumavasi in luogo, ca-
vandone un valore di oltre im centinaio di milioni.
Quanto a beneficenza, fu il 6 giugno del 1825 che
si sciolse la Congregazione di Carità e vi subentrò
l'Anmiinistrazione dei Luoghi Pii Elemosinieri, dove
furono concentrate tante beneficenze per 18 milioni.
Essa erogava annualmente un milione e 200 mila lire
in sussidi, doti, pensioni a vedove e studenti ; e si
calcolava che avesse un capitale di 54 milioni.
Ora ritorniamo alla stona al punto in cui l'ha la-
sciata il nostro Cusani (i).
Qualche giorno prima che l' Imperatore Francesco
lasciasse la città, era morto quasi improvvisamente il
generale conte Bubna, e un grande servizio funebre
si preparava in piazza d'armi. Il vestibolo del pulvi-
nare della nostra Arena, era stato trasformato in cap-
pella ardente con sontuosi addobbi, che maestosi
scendevano a coprirne le pareti ed i pilastri.
(0 Vedi voi. Vili, Cap. XLVITI.
GiANETTi. Cronistoria. 2
— i8 —
Tutto il presidio aveva formato un grande qua-
drato, che si estendeva sul largo della piazza: era
pure stato eretto un grande mausoleo a foggia di
piramide nel cui basamento furono praticate quat-
tro porte che mettevano nell'interno della cella illu-
minata da lampade sepolcrali : qui fu deposto il fe-
retro. Fiancheggiavano il grandioso catafalco tripodi
formati di fucili, pistole e lancie. Il disegno era del
scenogfrafo Sanquirico, colui che aveva pure eseguito
il progetto per gli addobbi in occasione dell'entrata
dei Sovrani (i).
Alla cerimonia, oltre il fratello deir Imperatore
Francesco Carlo, assisteva lo Stato Maggiore del pre-
sidio.
Compiuto Tufficio divino, il sacerdote funzionante
e tutti gir intervenuti, seguirono il feretro al Campo-
santo di Porta Renza (ora Venezia) dove la salma
riposava in un gran tumulo di pietra su cui leggevasi
la parola BVBNA.
La vita di questo generale si volle compendiare in
una breve iscrizione, che sarebbe pur bella, se oltre la
dizione, avesse avuto il merito d'essere veritiera ; ec-
cola :
Comes berdtnandus Buòna in Regno Longobardo
Supremum copìarum dux-Civis integer, — In bello
f Ortis. — Moderator. — Sapiens.
Otto mesi dopo il nostro scultore Pompeo Marchesi
ne esegui il busto in marmo.
Circa questo conte generale, ricordi il lettore esser
stato quello che a Modena scherniva il re Carlo Al-
berto, il quale si presentava a suo zio Carlo Felice,
(i) Il Vallardi pubblicò alcune incisioni relativamente a
questi funerali nel I. tomo della Italia nei cento anni.
— 19 —
dopo essere stato obbligato a ritirare le franchigie
concesse al Piemonte, quale luogotenente del re : tro-
vandosi presso il duca l'aveva salutato qual re d* I-
talia: e chi avrebbe detto che questo motto appunto
doveva avverarsi pel figlio Vittorio !
La morte improvvisa di Bubna aveva destato qual-
che dispiacere fra i lombardi, per quanto poco potes-
sero dimenticare le aspre e severe misure di che fece
uso nella nostra città. Un lungo soggiorno in Italia
l'aveva posto in grado d'imparare a conoscere il ca-
rattere e i desideri della nazione ed escogitare i mezzi
onde estirpare il germe di un legittimo malcontento ;
anzi alcuni giorni prima che l'imperatore giungesse
a Milano, il generale aveva annunciato delle riforme,
che gli cagionarono personali dispiaceri. Egli fin dal-
l'anno precedente aveva incaricato segretamente al-
cuni uomini di merito di compilare un progetto di
costituzione del regno Lombardo- Veneto, ma desso
non incontrò le simpatie della Camera Aulica e non
se ne parlò altro, (i)
Ora il viaggio imperiale aveva avuto qualche scopo
politico? Il diario milanese smentisce quanto dai fo-
gli esteri, specie francesi, si vorrebbe asserire ; in
ogni modo è noto che durante il suo soggiorno a Mi-
lano, e precisamente il 28 maggio, fu conchiusa una
convenzione col re delle Due Sicilie sulla durata di
un corpo di truppe austriache in quel regno e sulla de-
(i) La tomba del Bubna rimase fino a qualche anno fa
nello squallido ed ora distrutto cimitero di S. Gregorio ;
quindi le sue spoglie furono secondo il desiderio dei super-
stiti mandate in Boemia. Lo Stendhal dà di questo ^ene-
rale il seguente giudizio : Cesi un homme très-fin qut a le
secret de se faire bien vouloir, tout en étant le chef 4^ fa
tyramnie "étrangère.
— 20 —
terminazione della forza del medesimo. Tale docu-
mento reca la firma di Fiquelmont per TAustria e del
cav. Medici pel re delle Due Sicilie. Fu pure durante
questa permanenza che si pensò di stendere un piano
relativamente all'istituzione delle guardie forestali
(7 giugno).
Inutile dire delle feste che si fecero a Monza ed a
Como per la venuta delFimperatore, delle visite fatte
al tesoro monzese, agli stabilimenti industriali ; i
giornali d'allora sono pieni di spudorate adulazioni
verso chi ci teneva schiavi. Potremmo pure citare che
nella illuminazione del lago e dei colli circostanti a
Como, molte di quelle ville si distinsero, diremo 'ora
l^er sentimenti reazionari, ma temeremmo di offendere
i nipoti di quei patrizi eredi del loro nome e delle
loro ricchezze ; ci basta accennare come tanto era Vaf-
ietto, o forse il desiderio di ottenere qualche conces-
sione, che, malgrado alcune città fossero state trala-
sciate nell'itinerario, si facessero premura di mandare
Commissioni per felicitare i Sovrani, cosi avvenne di
Sondrio (Valtellina) dove il municipio incaricò uffi-
cialmente alcune persone che si recassero a Como per
umiliare^ era il vocabolo prediletto, gli omaggi di
quella città. E piìi tardi il P. M. Rusconi, professore
di disegno nella scuola di quella città, pubblicò una
ode stata scritta per la sperata venuta dell'impera-
tore ; anzi nella nuova piazza che si stava allora co-
struendo, Sondrio volle a perenne memoria erigere un
monumento per il sospirato e non compiuto avvento ;
non sappiamo se esso esista ancora.
A pascere la vanità di coloro che si distinsero nelle
costosissime feste e che maggiormente avvicinarono
la coppia imperiale a Milano, Francesco fu Jargo di
— 21 —
parecchie onorificenze^ e perchè la storia possa tener
conto anche di esse, notiamo le principali
Fu conferito Fordine del toson d'oro al conte Gil-
berto Borromeo, la gran croce al conte Alfredo Casti-
glioni, la piccola croce al conte Febo d'Adda (i) ed a
Marsilio Ben^oni ; Tordine della Corona d' Italia al
cardinale arcivescovo, al governatore Strassoldo, al
marchese Luigi Gagnola ed all'abbate De Cesaris,
astronomo dell'Osservatorio di Brera. Furono pure
nominati ciambellani il duca Visconti di Modrone, il
marchese Muzio Pallavicini ed il conte Gabriele Verri.
Né solo vennero favoriti gli uomini, ma si solle-
ticò ancora la vanità femminile ed un'ondata di donne
entrò a far parte delle dame di palazzo. Furono, la
contessa Leopolda Armoni, nata Cicogna, la marchesa
Francesca Gagnola, nata d'Adda, la marchesa Leo-
polda d'Adda, nata Kevenkiiller-Metsch, la duchessa
Camilla Litta, nata Lomellini, donna Maria Maineri
Andreani, la marchesa Lucia Pallavicini, nata Ala-
Ponzoni, la contessa Francesca Scotti, nata Guerrieri,
la contessa Vincenza Verri, nata Melzi, la duchessa
Maria Visconti Modrone, nata KewenkuUer-Metsch.
Anche i poveri non furono tralasciati, e quantunque
la cifra regalata non rappresentasse che una piccolis-
sima frazione di quanto Milano aveva speso (2), pure
dalla sovrana munificenza vennero destinate in ele-
mosina 60 mila lire austriache.
Lasciata Como, la coppia imperiale fu a Bergamo,
(1) II Cantù nella sua cronistoria lo chiama un onesto
uomo, ma debole ed incapace di non volere cosa che vo-
lesse il padrone.
(a) La sola festa datasi al teatro alla Scala importò la
spesa di L. 52.302,81. La Garnerin nella sua ascensione in
pallone pretese 11.500 lire. — Arch. Civico Cart., 19.
— 22 --
Brescia, Mantova, quindi a Legnago ed a Venezia ;
dappertutto feste, luminarie, spettacoli di gala, ban-
chetti, profusione di denaro.
Mentre però l'imperatore riedeva alla sua resi-
denza, qualche nube vagava ancora per Tltalia ; era
la. Società dei Pellegrini Bianchi, cui abbiamo accen-
nato più indietro passando in rivista le società se-
grete. Inutile il dire che a Vienna, appena se ne
ebbe sentore, si eccitarono gli Stati formanti quello
stivale a piti colori, sì ben descritto dal poeta pescia-
tino, perchè si ricercassero e fossero arrestati, ciò che
avvenne appunto a Roma, qualche tempo dopo la par-
tenza del monarca.
Sono curiosi alcuni particolari intomo a questa
setta di nome così strano. Per darne un'idea al lettore,
ecco una nota diretta dalla Segreteria di Stato della
Polizia generale a S. E. il barone Frimont, principe
di Antrodoco, generale capo dell* I. R. armata au-
striaca a Napoli.
tEccelletiBa,
t Sull'arresto dei nuovi settari di cui ebbi già l'onore
di darle notizia, non ometto di parteciparle, giusta la
promessa, alcuni cenni delle particolarità essenziali,
che riguardano gli arrestati.
t Essi sono undici, colpiti dall'imputazione di for-
mar parte di nuova società criminosa col nome di
patriotti europei, ossia Pellegrini Bianchi.
«Presso ai medesimi la polizia ha sequestrato di-
versi oggetti settari, sec(yndo la seguente descrizione :
« Uno aveva due f ascie tricolori, cioè rosso, celeste
e nero, avente all'estremità una coccarda nera e nel
- 23 —
centro lo chantillon (sic) di metallo bianco ; un dia-
logo del primo grado della setta ; le formolo dei giu-
ramenti.
cUn altro, congiunto e coabitante col primo, rite-
neva i rimasugli delle f ascie suddette ; un somigliane
to chantilloHr una croce di pietrina rossa, con pietra
simbolica nel centro, una spilla con segni settari, dei
peaizi di carta, anche con segni e parole allusive non
meno alla setta che ad alfre prescritte unioni.
€ Il terzo era detentore di una croce di legno, rozza-
mente lavorato, con purità di ferro sotto al piede, col-
tello ad un taglio con roderò, uno sgabello con goc-
ciole di cera.
e Erano presso a due altri rispettivamente, uno stile
con fodero, una pistola carica a palla e con pietra fo-
caia, de' cartocci a polvere nitrata e dei proiettili di
piombo.
€ Si sorprese ad un altro nel dito medio un anello
d^acciaio con piccolo bassorilievo al disopra, ove si
veggono incise le lettere 5. B,
cFu riconosciuta nell'abitazione di un altro l'esi-
stenza di controfoderi di burs, (sic) appositamente
fatti per l'occultazione di oggetti settari, e di un cro-
cifisso.
€ Presso a due coniugi si sequestrarono un bastone
con lama di ferro e due libri della Costituzione della
Repubblica romana emanata nel 1798.
« Infine in casa di due donne si rinvennero quattro
disegni del sole, per uso della indicata setta.
cGli ometti dinotati coincidono precisamente colle
nozioni preliminari, che si erano raccolte dalla poli-
zia, cosi per la rispettiva detenzione, come per l'uso
che ne facevano i settari.
t Quando la polizia ebbe i primi indizi, non altro
- 24 ~
potè impiegare che un'accorta vigilanza, perchè trat-
tavasi di meri sospetti. Seguendo con circospezione
l'andamento di tali individui, appena riusci di rac-
cozzare le notizie, che poi Thanno condotta a questa
operazione
e I risultati che hanno prodotto Tassicurazione le-
gale di tanti oggetti settari, già offrono l'impronta in-
n^abile del corpo del delitto, ossia stabiliscono la
prova generica, da cui emana il primo elemento della
reità di ciascuno.
«L'istruzione del processo poi, che fo accelerare
colla maggior premura, presenterà il compimento
della convinzione, onde sottoporsi gli accusati al giu-
dizio della Commissione Militare, a cui per legge
compete il riconoscimento di somiglianti reati.
«Mi prevalgo di questa opportunità per attestare
a V. E. i sentimenti della più alta stima e considera-
zione.
Il ministro segretario di Stato della Polizia gene-
rale.
«firmato Intonti (i).»
In seguito a questi fatti, si richiamarono in vigore
alcune misure repressive, che per quanto dessero poco
nell'occhio del popolo, vi comprendeva però chi leg-
gesse fra quelle righe di color oscuro. E primo fu
una multa speciale di lire tre per ogni lettera illegit-
timamente trasportata da persone non appartenenti
all'amministrazione delle IL RR. Poste, anzi vi si
aggiungeva che la persona colta in flagrante, doveva
oltre la multa, pagare la tassa di porto spettante a te-
nore della relativa tariffa, a ciascuna lettera, e l'ufficio
(i) Carte segrete, voi. L
-es-
postale sarebbe obbligato di accusarne ricevuta Sul-
l'indirizzo delia missiva Affine poi di poter adescare
il consueto stuolo di spie, la notiUcazione governativa
conchiudeva, che l'importo delle multe si devolveva
per metà all'Amministrazione delle Poste, per l'altra
al denunziant&
Altra misura restrittiva fu presa relativamente alla
stampa, e cioè si vietò di stampare all'estero qualtm-
qua scritto che non avesse riportato la preventiva ap-
provazione della censura, e tale divieto si estese pure
agli atti delle cause, ad articoli o lettere che si voles-
sero inserire nei giornali stranieri.
A maggiore schiarimento ed a miglior conferma
della restrittività della legge, si aggiunse che la
pubblicazione anche litografata di un'opera stampata,
doveva essere considerata come una ristampa di opera
vietata e trattata quindi nello stesso modo.
Come il lettore può vedere la prima parte di que-
sta disposizione era affatto ridicola ; chi mai avrebbe
pensato di ottenere il visto della censura per un
articolo od un lavoro, che dovea stamparsi fuori del
Lombardo Veneto? Se era pubblicato all'estero, ciò
facevasi appunto perchè non si potevamo non si sa-
rebbe permesso nei domini austriaci.
Altra restrizione riguarda il porto d'armi. In ge-
nerale, all'epoca in cui siamo con questa storia, esso
era concesso facilmente ; forse il soverchio numero di
malviventi che giravano per le strade, specie i not-
tambuli, avevano spinto il Governo ad essere un po'
largo, ma dopo i fatti raccontati, un'ordinanza go-
vernativa (i I novembre) dispose che il detentore di
armi, il quale avesse commesso qualche ferimento, do-
vesse, subita la pena criminale che gli era inflitta, es-
ser consegnato per l'ulteriore procedimento all'auto-
— 26 -
rità incaricata di punite la contravvenzione ; e questa
autorità nella applicazione della prescritta pena le-
gale, doveva aver riguardo non solo alla durata, ma
anche al grado di rigore della pena già sofferta dal
reo, specie se trattavas' di armi proibite.
I
E tutte queste misure di repressione, erano coperte
dal manto religioso. Dopo qualche tempo infatti, del
ritomo, rimperatore ammalò leggermente a Pre-
sburgo : si fecero preghiere per ottenergli la salute e
si cantarono tedeunt per la sua gfuarigione.
Una grande solennità chiesastica avvenne pure
nella nostra città verso la metà di quel novembre ;
fu il ristabilimento dei padri Barnabiti nelle loro an-
tiche case di Milano e di Monza, con dichiarazione
esplicita che il vero scopo del concesso ristabilimento,
fosse la coltura (educazione) della gioventù e che a
questa dovevano applicarsi tostoche riconosciuta re-
sistenza di un sufficiente numero di abili Membri^
S. A/, crederà bene di commettere loro alcuni stabili-
menti distruzione o di educazione (i).
Per l'imponente cerimonia fu scelta la chiesa di
S. Alessandro, che l'imperatore ridonava all'orbine
unitamente al locale della parrocchia.
(i) Il ristabilimento di questa corporazione religiosa era
già stata preconizzata dal nostro poeta vernacolo Carlo
Porta in una terzina di un canto a don Rocch Tajana in
data 19 ottobre 18 18 :
Se dis che hin quatter i corporazion
Che tornaran in flora come prima,
Barnabita, Somasch 0 Oblat....
Il prof. Mocchetti di Como che impareremo a conoscere
nel corso di quCvSta storia, scrisse sotto il pseudonimo di Fi-
larctc Larionse un'epistola in versi a questo proposito.
Vedi Bib. Amb. opuscoli poetici.
- 27 —
L'Arcivescovo, che aveva avuto gran parte in que-
sto affare, fu ricevuto all'ingresso del tempio sfarzo-
samente addobbato, da quei sacerdoti ed accompa-
gnato all'aitar maggiore. Quivi dopo qualche ora-
zione, sedette sul trono preparato, intomo al quale
in bella corona si disposero i religiosi di S. Paolo.
Il cancelliere arcivescovile lesse l'atto di ripristina-
mento, cui tenne dietro una breve allocuzione del Car-
dinale, quindi l'arciprete cantò Messa, dopo di che
seguì il tedeum e la benedizione ; inutile aggiungere
che anche il Capitolo metropolitano vi assisteva in
forma solenne.
La chiesa era stipata, e moltissimi appena pote-
rono vedere la cerimonia dai gradini e dalla piazza.
Mantenevano l'ordine gli allievi del collegio mili-
tare di S. Luca. Nella sera una brillante luminaria
cui concorsero largamente i parrocchiani mise un po'
di movimento n€;lla città.
Ecco riscrizione che leggevasi esternamente sulla
porta del tempio :
DEO VIVIFICATORI ìETKINUM VIVENTI
FRANCISCUS I MAXIMUS C(ESARUM
CUIUS PRIMA IMPERANDI LEX RELIGIO
KAROL. CAIET DE GAISRUCK CARD. ARCH. INCOMPARABILI STUDIO
AMPLISSIMORUM REGNI PROCERUM MAGNIFICORUMQUE CIVIUM VOTIS
QUAM LUBENTISSIME OBSEQUNTUS
'ORDINEM CLERICORUM REGULARIUM A S. PAULO
JAMPRIDEM M^RENTIBUS BONIS EXTINCTUM
IBIDEM NOV. ANNI M.DCCC.XXV
VELUTI EX FUNERE EXCITAVIT
AC. MEDIOLANI MODICLE ANTIQUIS IN EDIBUS RESTITUERIT
REA^VISC^NTES EIUSDEM ORDINIS SODALES
GRATIARUM AGENDUM ERGO
SOLEMNIA
TOTO EX ANIMO PLAUDENTE CIVITATE.
G. P. B. (l).
(i) A Dio vivente, vivificatore, eterno — Francesco I
-28-
E ci rincresce di questo sproloquio, che il buon
Barnabita, forse il Padre Giuseppe Perabò, che al-
lora appunto fungeva da Superiore di quell'ordine,
abbia voluto fare del cardinale Arcivescovo, poiché
è constatato che il merito maggiore di questo ripri-
stinamento è dovuto all'opera del conte Gian Maria
Andreani, precisamente abitante in quel palazzo sul
corso dell'attuale Porta Vittoria, che trovasi in an-
golo di via Guastalla.
Egli infatti, a tutte sue spese aveva fatto acquisto
della chiesa, e del convento di S. Barnaba.
Notiamo una nuova disposizione circa i feudi.
Questa legge, che si riteneva messa nel dimentica-
toio, venne richiamata a vita, ed una disposizione go-
vernativa emanata verso la metà di ottobre, avvisava
tenersi obbligo di denuncia i possessori di beni o
redditi provenienti da dotazioni, o donazioni fatte
dal Principe, le quali sieno di lor natura riversibili
allo Stato ; più quelli che posseggono beni o redditi
procedenti da investiture a titolo di feudo e sub-
feudo, concesse da Vescovi o dalle Curie ecclesia-
stiche...., i possessori di beni vincolati a feudo impro-
prio o censo feudale, o per altri titoli, sottoposti al
diretto dominio o riversibilità allo Stato... Avverte
poi che le denunzie dovranno essere presentate all'I.
massimo cesare — cui religione è prima legge d'impero —
per opera deirincomparabilc arcivescovo Carlo Gaetano
di Gaisruck — pei voti dei cittadini e dei patrizi che seguì
di buon grado ; — l'ordine dei chierici regolari di S. Paolo
— da tempo pianto estinto; nella stessa città il novembre
del 1825 — quasi da morto risorto — restituì alle antiche
sedi di Milano e di Monza — tornando a vita i sodalizi
dello stesso ordine — esultante la città — rende solenni
ringraziamenti.
- 29 —
R. Governo o alle RR. Delegazioni delle rispettive
Provincie, corredandole dei voluti documenti.
In caso di mancanza, o di ritardo, si dichiarano
fin d*ora applicabili ai contravventori le sanzioni
portate dalla patente 3 maggio 181 7.
Chiudiamo questo primo capitolo colFaccenno alla
venuta del poeta Leopardi nella nostra città
Era stato chiamato dal tipografo Stella per valer-
sene in certe edizioni di classici, che si volevano
stampare. Aveva soli 27 anni. Lo Stella aveva già
fin dal 1816, pubblicato diversi suoi lavori nello
Spettatore.
Quando gli fece l'invito di venir a Milano, ed. of-
ferto il vivere in casa sua, Giacomo gli rispose che
« sperava di trovare in lui e nella sua famiglia que-
gli affettuosi e cari amici che gli prometteva. Che dal
canto suo avrebbe trovato un cuore sincero, retto,
sensibile e capace di amicizia vera e tenace » ; dice
poi d'aver scritto a Roma per avere il passaporto
dall'ambasciata.
Ottiene dal padre il permesso, ma a Bologna ne
è quasi pentito, essendo stato ricevuto da certo avvo-
cato Brighenti, amico della famiglia, presso cui ebbe
a vedere la figlia Maria abile nella musica, nel canto
e gentile, simpatica, ma un corrispondente dello
Siella gli fa presente quanto sarebbe rincresciuto
air editore la sua mancanza di parola, e si ras-
segna. Arriva a Milano il 30 luglio, e la città
fa subito al Leopardi un'impressione sfavorevole;
lo dice in una sua lettera al fratello Carlo. Poco
piii di qualche mese dopo si ricrede, e la descri-
zione si modifica. I suoi lavori letterari dallo Stella
si limitano però a' poco, riducendosi nel combinare
- 30 -
gli elementi di un'edizione latina e di una latina-
italiana di tutte le opere di Cicerone, ma dice che
non vi è città peggiore di Milano, meno studiosa del-
l'antichità....
Il Leopardi conobbe il Monti, ed andò a trovarlo
in via S. Giuseppe : còsTchè scrivendone ad Antonio
Papadopoli, da cui aveva avuto incarico di salutarlo,
dice che il poeta lo vide molto benignamente, e gli
diede licenza di venire a trovarlo spesso.
Il Leopardi lasciò ne suoi Pensieri di varia filo-
sofia e di bella letteratura un giudizio molto severo
del Monti (i). E* curioso però come il Recanatese,
che alcuni anni prima era stato notato sul libro nero
della polizia per la canzone ad Angelo Mai, non ab-
bia avuto disturbi durante il suo soggiorno a Milano.
Qui aveva pure pubblicato le sue Operette morali
che si leggevano due anni dopo insieme ai Promessi
Sposi. S'ignora però in qual punto della città abbia
dimorato il Leopardi, a meno che lo Stella in Santa
Margherita oltre la bottega vi avesse anche l'abita-
zione.
(i) Tutte le opere letterarie d'oggidì sono inanimate,
esangui, senza moto, senza calore, senza vita (se non al-
trui). Il più che si possa trovar di vita in qualcuno, come
in qualche poeta, è un poco d'immaginazione. Tale è il
pregio del Monti. (Firenze 1898, II volume, pag. 152).
18d6.
CAPITOLO II
Caduta di Missolungi. — Lq cartelle del debito pub-
blico. — Edilizia. — Lo stato pontificio ed i ducati. —
Malattia e guarigione dell'imperatore. — Nascita di
un arciduca. — Il Carfus Domini, — Istruzione. —
Un ricordo di giovinezza. — Stampa. — Spettacoli. —
Ancora Metternich. — Il Viceré. — La polizia. —
Tullio Dandolo ed altri. — Lo spirito pubblico — Ne-
crologio.
La cronaca degli avvenimenti di quest'anno è as-
sai arida. Nessuna novità in politica, se ne togli la
caduta di Missolungi, ma essa, almeno apparente-
mente, non fece alcun colpo sui cittadini, quantun-
que è da supporre che anche i milanesi nutrissero se-
grete simpatie per la Grecia, e che forse qualcuno
anche dei nostri, si trovasse tra le file dei combat-
tenti.
Nel Lombardo-Veneto, affine di accaparrarsi il fa-
vore dei capitalisti, il Governo aveva messo un po'
d'ordine al debito dello Stato, specie alle Cartelle,
così dette del Monte, le quali, malgrado il prezzo
tutf altro che basso, in cui si trovavano allora, rap-
presentavano una rendita sicura, cosicché anche per
consiglio governativo, che in seguito si tramutò in
~ 32 —
ordine, in esse erano impiegate le piccole e le grandi
sostanze dei minorenni, e degli Istituti di beneficenza.
Il 31 agosto di quest'anno, lo Stato potè mettersi
in grado di pagarne gli interessi, con quanto contento
dei nostri babbi, ognuno lo può immaginare.
L'edilizia potè vantare la restaurazione della cap-
pella della Madonna del Carmine, aperta precisa-
mente quest'anno in occasione della solennità del lu-
glio, che fu celebrata con pompa straordinaria e si
vagheggiava pure la speranza della erezione di Porta
Orientale (Venezia) essendosi nel giugno bandito un
regolare concorso.
A proposito poi di novità religiose è a notarsi la
pubblicazione del Giubileo, indetto dal nuovo papa
Leone XII, e pubblicato con una pastorale del nostro
arcivescovo Gaisruck, poco prima della festa del-
l'Annunciazione, la quale come è risaputo ha luogo
con speciale solennità, negli anni pari in Duomo e
nei dfspari all'ospedale, accompagnata in quest'ul-
timo dell'esposizione dei quadri rappresentanti i be-
nefattori dell'Istituto .
Correva appena il secondo anno del pontificato di
quieto papa, la prima accoglienza era stata più che
trcdda, il Pasquino recava volta a volta satire abba-
stanza pungenti. Una mattina tra l'altre, lo si vide
che teneva sotto le ascelle fascicoli di carte : si leg-
geva su quelle a destra ordini; su quelle a manca,
contrordini; in capo poi ve ne erano altre colla scritta
coglionerie. Un' altra satira alludendo allo stato ac-
ciaccoso di salute di sua Santità, la statua mutilata
recava questa orazione:
San Pasquale benedetto,
Fa che il Papa dal suo letto.
Ove perse l'intelletto
Torni presto al cataletto.
- 33 -
Pensi ora il lettore come doveva trovarsi il popolo,
come potevano essere governati quegli Stati e con
quanto mal animo potevano ciò vedere le potenze
sottoscrittrici dello sbocconcellamento dltalia.
E neppure nei vicini Ducati le cose camminavano
meglio : dapertutto freddezza verso i governanti,
anzi nel modenese i possidenti erano ridotti a tal se-
gno da offrire le proprie derrate in natura, in paga-
mento delle pubbliche imposte, tante erano le tasse
da cui erano gravati.
L'imperatore che da qualche tempo teneva sospesi
gli animi dei cittadini per la sua salute e per le no-
tizie poco veritiere che provenivano anche dai fogli
esteri (i) era guarito, quindi feste religiose e baldorie.
La nostra Congregazione Municipale fece cele-
brare nella chiesa di b. Celso una grande festa in
rendimento di greizie, cui furono invitate le autorità
cittadine e governative. Sulla porta della chiesa leg-
gevasi un gran cartello, in latino, che recava questa
epigrafe :
DEIPARiE SIDERIBUS RECEPTE
TUTELA DOMUS AUSTRIACHE
CUIUS PRiESENTE OPE
FRANCISCUS I CiESAR AUGUSTUS
PARENS PUBLICUS
INGRAVESCENTIS MORBI DISCRIMINE
EVASrr
ORDO POPULOS QUE KEDIOL.
VOTORUM COMPOTES
SOLEMNES GRATIARUM ACTIONES.
PERSOLVUNT
CIVLTATE UNIVERSA IN LìETITIAM.
(i) La Quotidienne del 5 giugno recava che, lo stato
di salute indebolito di S. M. Timperatore d'Austria, ispi-
GiANBTTi. Cronittoria, 3
- à4 -
Per chi desidera sapere come mai si prescegliessè
la chiesa di S. Celso, risponderemo una volta tanto,
che essa aveva la protezione speciale del Governo,
anzi più tardi, per la prosperità di casa d'Austria si
istituì una novena annuale.
Ed allegrie più o meno schiette si rinnovarono ^n-
che in occasione della nascita del terzo figlio del Vi-
ceré, l'arciduca Sigismondo, nato ai primi giorni di
quest'anno e battezzato, lo si può immaginare, con
tutto il lusso che richiedeva la famiglia, nella Cap-
pella privata di Corte.
E feste ancora per l'onomastico imperiale con
grande funzione religiosa in Duomo, spari, riviste,
spettacoli di gala alla Scala ed alla Canobbiana.
Chi legge le descrizioni di quel tempo, troverà
qualche cosa di spettacoloso anche la processione cosi
detta del Corpus Domini, per lo sfoggio, che le
singole parrocchie facevano in tal giorno dei
loro arredi e de' lor paramenti sacri, precedendo il
baldacchino. In coda a questo, sorretto dai più il-
lustri del patriziato lombardo (i), segui vario in sma-
glianti divise ed acconciature il Viceré colla sua Casa,
le alte Magistrature, lo Stato Maggiore, i Trabanti,
guardie speciali di Corte, armate di labarde e ve-
stite bianco ed oro, e tutti gli impiegati civili e gover-
nativi. Ed avverta il lettore che lo spettacolo di questi,
non era solo il veder succedersi una sfilata di giubbe
nere, di cravatte e di guanti bianchi ; ciascun impie-
gato recava la propria uniforme speciale, più o meno
decorata, con ricami in oro od argento alla baverina
rava timori, ed i bollettini medici erano di un tenore al-
larmante, facendo prevedere una prossima catastrofe.
(i) Le persone erano designate dal governo e si mu-
tavano ad ogni tratto di via.
- 35 ~
é<J alle maniche, con striscie speciali nei pantaloni
bianchi, e ciascuno portava al lianco il suo bravo spa-
dino, colFelsa piti o meno lavorata, secondo il grado
che occupava nella scala governativa. Pensi il let-
tore quale effetto teatrale.
Un gran cartello sulla porta maggiore della cat-
tedrale, recava le frasi più altisonanti. ìlcco per
esempio quello di quest'anno :
BONI SUCCEDITE CIV^S
DUMQUE REX REGUM
DEUS HOMO MISTERUS ABSCONDITUS
ANNUO SOLEMNI RITU
LATE URBEM PERLUSTRAT
IO CANITE TRIUMPHE
RAINERII ARCHI D. PROREGIS NOSTRI
EXEMPLO PIETATI
OBSEQUENTES.
E il percorso di questa solenne processione era
abbastanza lungo : dalla cattedrale si doveva recare
a cantar messa a S. Ambrogio, percorrendo Fattuale
via Torino, il Carrobio per svoltare poi al Torchio,
S. Bernardino (ora Lanzone) e piazza S. Ambrogio,
ritornando poi per altra parte in Duomo. Ciò che
attraeva ancora la curiosità dei nostri babbi, era il
pesante gonfalone di S. Ambrogio, sorretto da se-
dici facchini della Palla, nome che si è conservato
ad una delle vie laterali del corso Torino, che mette
a S. Alessandro, vestiti del costume medioevale, i
quali a stento si facevano largo fra una ressa di po-
polo che da tempo aveva occupato il lungo passag-
gio e procurava, colle buone o colle brusche, di man-
tenerselo.
- 36 ^
Si aggiunga che le vie per cui doveva transitare
il corteo erano addobbate a festoni ed a fiori, le fine-
stre ed i balconi sfoggiavano ricchi tappeti ed erano
stipate di gente ; al monello poi ogni mezzo tornava
buono, pur di poter godere anche lui dello spetta-
colo : pali, impalcature di fabbriche, alberi, e se oc-
correva prendeva posto su qualche tetto tenendosi
saldo ai comignoli.
Lo spettacolo migliore poi si godeva sulla piazza
di S. Ambrogio, dove la "musica militare, prover-
biale per la sua precisione nell'esecuzione, a quando
a quando rallegrava il pubblico e la numerosa truppa
che seguiva armata, qtiale scorta d'onore, l'annuale
processione ed al comando dei capi, eseguiva sulla
piazza anche salve di moschetteria (i).
(i) Nel fascicolo 13 e seguenti del periodico « TEspo-
sizione Eucaristica » pubblicato nel 1895, trovasi una lun-
ga monografìa intorno a questa processione, elaborata sui
documenti che si conservano nell'archivio municipale di
S. Carpoforo. Essa dopo aver notato il cerimoniale vera-
mente splendido colla quale aveva luogo durante i primi
anni, viene mano mano accennandone le vicende fino al-
l'anno 1865, in cui una nota della R. Prefettura in data
del 31 Maggio di quell'anno la sopprimeva. Essa è di-
retta al Sindaco ed al Capitolo. Ecco le testuali parole :
« Mi h noto che sulla domanda delPapparatore Guerra
pel collocamento di antenne lungo le vie della città per
la processione del Corpo del Signore, l'on. sig. Sindaco
propose a codesto Ven. Capitolo Metropolitano il tema
in punto alla convenienza di circoscrivere tale funzione
all'interno del tempio cattedrale. Quantunque sia facolta-
tivo di far luog^o all'andamento anche esterno della pro-
cessione preindicata, non posso non valutare i motivi dello
avvisamento espresso dall'on. sig . Sindaco e pregare co-
desto Ven. Capitolo Metropolitano a compiacersi di pon-
derarli sotto tutti i delicati rapporti che vi possono essere
attinenti.
Il cenno di riscontro che gradirò dalla compiacenza
di codesto stesso Ven. Capitolo Metropolitano, varrà di
norma per le disposizioni di prevenzione che sono doman-
•^ 37 —
Ed il clero era tenuto in gran conto dal Governo,
ne è prova una circolare ai parroci, i quali sono au-
torizzati a prevalersi delle Autorità pubbliche^ onde
obbligare i parrocchiani renitenti a presentarsi ai me-
desimi per oggetti concernenti la cura d'anime.
Giudicata per sé stessa la cosa, come si vede, era
un menomare la libertà individuale, ma chi poteva
parlare di libertà sotto il regime austriaco, specie al-
lora che da poco era passato sul capo dei nostri babbi
quell'uragano funereo, come lo chiama il Barbiera,
dhe fu il processo dei Carbonari !
La istruzione camminava come poteva e come vo-
levano i nostri padroni. Fm dai primi del 1826 una
noti&cazione governativa vietava che i figli di pa-
recchi, che non godevano la nazionalità austriaca, po-
tessero essere ammessi negli istituti del regno, senza
una permissione speciale dell'autorità ; un'altra, e
questa era forse un bene, ordinava che ogni scolaro,
il quale avesse studiato privatamente in una scuola
elementare, non potesse venire ammesso al ginnasio,
non esisteva ancora la scuola tecnica, se non avesse
dato un esame speciale presso la I. R. Scuola Nor-
male al piazzale delle Galline, l'unica che fosse au-
date dalPautorità in linea d'ordine pubblico, nel dovere e
nel desiderio di provvedere a che inconvenienti non av-
vengano da qualsiasi parte e per qualsiasi titolo.
Il Prefetto
-Di VILLAMARINA. »
I documenti pubblicati intorno a codesta processione
e che possono riscontrarsi all'archivio municipale inco-
minciano dal 1802 Anno i. dell'era repubblicana e seguono
quasi ininterrottamente fino al 1865. Fer chi è vago di co-
noscerli ?o rimandiamo alla citata pubblicazione.
-38-
torizzata a tale scopo, perchè di fondazione governa-
tiva. Inutile il dire che si pagava una tassa dì sei
lire austriache, e che gli esami erano piuttosto facili,
e ciò dico per esservi stato in causa, avendoli a' miei
tempi subiti, giacche quel regolamento durò fino
al 1859.
Oltre il ginnasio di Brera e di S. Alessandro (ora
Beccaria), nel palazzo di Brera, i cui portici inferiori,
che girano intomo alla prima corte, davano nelle
aule ginnasiali, erano pure le scuole d'ornato, di ar-
chitettura, di pittura, ecc. In queste ultime dopo la
annuale distribuzione dèi premi, cui assisteva per so-
lito il Viceré, il governatore, l'Arcivescovo, le magi-
strature e le autorità cittadme, si esponevano pel giu-
dizio del pubblico i temi svolti nei concorsi e nelle
sale della pinacoteca dei portici superiori, aveva luogo
la mostra dei quadri, alla quale si accedeva gratuita-
mente : essa rimaneva aperta tutto il mese di settembre.
Alla pubblica mostra, nell'anno in cui ci troviamo
colla storia vi figuravano dipinti dell'Appiani, del
Palagi, del Migliara ; paesaggi del Moja, del Del-
TAcqua, del Bisi, del Gozzi, del Sogni ; scolture del
Marchesi, oltre molti lavori di dilettanti.
Alla scuola di Belle Arti, dobbiamo aggiungere
quella di veterinaria, per la quale sembrava che il
Governo avesse una speciale predilezione, poiché
ogni anno all'insegnamento, che cominciava nel no-
vembre e finiva all'agosto, seguiva un'imponente acca-
demia, resa ancor più solenne dall'intervento delle
alte autorità. In tale occasione oltre a premiare nei
diversi corsi gli allievi che si distinguevano, si ac-
cordavano le lauree ai licenziati, sicché potevano
aspirare ad esser nominati medici veterinari presso
un Comune.
— 39 —
Aveva pur luogo un'imponente solennità al Con-
servatorio, col solito cerimoniale e con un'accademia
spacciale di canto e musica; e il diario ufficiale in
prolissi articoli, dava i particolari delFavvenimento,
notando gli scolari e le scolare che vi si distingue-
vano, non che i licenziati.
Bruivano poi altre accademie di minor conto,
quali quella del Calchi-Ta^gi, di S. Alessandro, di
S Marta, allora ginnasio civico, dove era inevitabile
la presenza dell' Ispettore Canonico, cavalier don Pa-
lamede Carpani, un vecchietto arzillo col volto tutto
a rughe, che pareva creato appositamente per ingan-
nare con quel sorrisetto, che sempre gli aleggiava in
viso, il più astuto degli scolari, né mancava il buon
Francesco Cherubini, direttore delle I. R. Scuole ele-
mentari e maestro di rettorica, un vero galantuomo,
che in mezzo a quell'areopago ibrido, era una mosca
bianca.
Talvolta la distribuzione dei premi, si faceva coin-
cidere in qualche giorno speciale, come avvenne in
quest'anno, scegliendosi appunto per la solennità, l'o-
nomastico dell'imperatore (4 ottobre).
Su quali basi era stabilito il personale insegnante
nelle scuole, ce lo dice una Nota di questo stesso
anno, e cioè i maestri e i professori nelle pubbliche
scuole, erano nominati per un triennio, durante il
quale, se davano buona prova, venivano confermati
ed il triennio di esperimento era computato negli anni
di servizio per la pensione cui avevano diritto dopo
i quarant'anni di esercizio.
E di buoni insegnanti non era penuria, cito quelli
che ancora rimanevano in carica quando io entrai nel
ginnasio, e che la storia della pedagogia ricorda be-
nevolmente. Del Cherubini, già direttore dell'I. R.
- 4^^ ~
Scuola Normale, distinto filologo, studioso dei dia-
letti ed autore di un ottimo dizionario milanese-ita-
liano, che stette fino al 1840 e più oltre, abbiamo già
accennato ; aggiungiamo, il prete don Alberto Pa-
rola, fratello all'avvocato, nominato quest'anno vice-
prefetto degli studi nel ginnasio di Brera. Noto
per incidenza che le due cariche di prefetto e vice-
prefetto del ginnasio, tenevano il loro ufficio a capo
dei due scaloni che si trovano in fondo al primo cor-
tile del palazzo. L'incarico del primo era la suprema
direzione, la tenuta dei registri, il rilascio degli atte-
stati, e le ramanzine di quando in quando secondo
il rapporto dei professori ; quello del secondo, so-
stituiva i primi nelle assenze, e suppliva alle evoi-
tuali lezioni dei singoli insegnanti, sicché possedeva
una certa coltura generale
Il professore Rovida insegnava matematica al li-
ceo di Porta Nuova (attuale palazzo del Collegio Na-
zionale Longone). Scarenzio era alFUniversità di
Pavia ; al sacerdote don Cipriano Valassina, già
professore di rettorica e catechista neiri. R. Ginnasio
di Brera, succedeva don Giacomo Baldoli, uomo giu-
sto, ma estremamente rigoroso, che a noi poveri sco-
laretti, giacche una ventina d'anni dopo, ebbi la sfor-
tuna di averlo, incuteva un timore veramente ecces-
sivo. Guai se qualcuno avesse avuto la disgrazia di
essere in nota sul suo libretto ; egli era onnipotente,
e il povero diavolo poteva certamente dire di esser
spacciato ; il meno che poteva accadere, era una chia-
mata od un'ammonizione coi fiocchi dal prefetto, e
più tardi, alcuni parenti ebbero anche inviti alla
polizia
Di una salute ferrea, era ben rado che mancasse
alla sua lezione, ed assicuro il lettore che in quelle ore
— 41 —
(due per settimana) la scuola si manteneva in una
disciplina esemplare. Il Baldoli carico d'anni, tro-
vavasi ancora nelFinsegnamento nel 1848, quindi si
ritirò alla campagna, a Carella, grazioso paesello
della Brianza, vicino a Cornano presso Erte, dove,
a quanto narrano ancora i terrazzani, fece molto bene
alla popolazione, poiché oltre sussidi in denaro, si
prestò sempre gratuitamente per le funzioni di chiesa,
celebrazione di messe, spiegazione di vangeli, di dot-
trina e fece anche un po' di scuola.
Nel Cimitero di Comeno di fronte al cancello d'en-
trata a mano destra è una lapide in marmo nero sor-
montata da una travata in marmo bianco su cui sono
segnati gli emblemi sacerdotali. Sulla breve lapide
nera leggesi la s^uente iscrizione :
IL SACERDOTE
GIACOMO BALDOLI
GIÀ CATECHISTA
IMPLORA IL SUFFRAGIO DEI FEDELI
A REQUIE dell'anima SUA
COSÌ PER TESTAMENTO.
11 seppellitore che mi intrattenne a lungo in-
tomo al tanto bene che fece vivente il buon profes-
sore, ci disse ancora che lino al 1894 qualcuno ve-
niva a visitarlo, anzi precisamente a quell'epoca fu
provveduto alla pulitura della lapide, ma d'allora
al presente, nessuno più comparve.
Quanto a produzioni letterarie, oltre quanto già
scrisse il Cusani nel Capitolo L, dell'ultimo volume
della sua storia, scarsa è la messe di quest'anno, se
ne togli le pubblicazioni ebdomadarie o mensili, cui
— 42 —
abbiamo accennato nel capitolo precedente, e qualche
discreta appendice nel foglio quotidiano. Racco-
gliamo tuttavia qualche dato.
Il barone Custodi continuò la Storia di Milano
del Verri, il Vaccani pubblicò la sua Storia delle
Campagne e degli assedi degli italiani in Spagna;
vennero i Lombardi alla prima crociata del Grossi,
cui il Manzoni aveva gfià divinato, che dovevano fare
un bel rumore^ e la predizione si avverò, poiché il
Diario Cittadino^ cui stava a capo il Pezzi, classsicista
hn nel midollo delle ossa, con maligna insinuazione,
scriveva che sul conto del Grossi, girava già da qual-
che tempo per le mani di molti un opuscolo a forma
di dialogo, in cui le censure si tramutavano sovente
in diatribe. Si diceva, perfino che il Cantor dei Lom-
bardi, avrebbe sfrondato gli allori del Goffredo (i).
Oltre il carattere romanzesco del poema grossiano,
forse l'indole del tema si prestava a qualche lontana
allusione politica. Gli almanacchi, che allo spirare
d'ogni anno servivano, se non a tener vivo il senti-
mento patrio, almeno ad alimentare la libertà della
favella, avrebbero avuto maggior merito, se invece di
argomenti frivoli avessero trattato qualche cosa di
pili importante. Giudichi il lettore dai titoli di al-
cuni : Avventure di Giulietta e Romeo - Le bellezze
della Storia di Milano -Lo specchio delle passioni
'Le glorie delle belle arti, ecc. Ma forse inceppati,
come si era dalla censura, non si poteva fare di più.
Ricca al contrario è la rivista teatrale. Abbiamo
già notato quali erano i teatri aperti nelle diverse
stagioni dell'anno ; ora ecco qualche accenno spe-
(i) Vedi la Gazzetta di Milano delPanno.
— 43 -
ciale circa le rappresentazioni, gli attori ed i sceno-
grafi, ecc.
Nei primi di marzo aveva luogo alla Scala la prima
rappresentazione del Crociato in Egitto, del Meyer-
beer, e le scene erano dipinte dal Sanquirico; nel
mese seguente vi cantava quella strenua artista, che
era la Boccabadati, moglie al compianto Varesi,
un'altra macchietta che ebbi il bene di conoscere ne-
gli ultimi anni di sua vita ; vi si produceva pure, la
Fabbrica ed il Santini nella Giulietta e Romeo ; più
tardi abbiamo la Margherita (TAnjou ed un ballo,
VOtello.
Il IO aprile grandi corse di cavalli in piazza d'armi,
e se crediamo al Diario, quantunque non vi fossero
né bookmakers, né scommettitori, ne tutto quello
sportismo, di cui si fa sfoggio oggidì, il popolino vi
godeva un mondo e le famiglie erano a festa.
Diamo il nome di alcuni corridori che la cronaca
ci ha serbato. Vi era il Tarara del Valmoden, il Fala
del conte Agosti, il Flint del Cicogna, il Morwick
del conte Gritti.
Per le altre classi vi erano feste alla Società del
Giardino, serate di scherma al teatro di S. Rade-
gonda, oltre i balli ed i concerti presso qualche fa-
miglia patrizia. Abbiamo obliato che il Moncalvo co-
minciava già a divertire il pubblico al teatro Len-
tasto (i).
Si poteva dunque inferire che i nostri babbi amas-
sero i divertimenti, sopratutto gli spettacoli teatrali,
(i) La ubicazione di questo era in un tratto di via
poco lungi da Rugabella sul corso di Porta Romana : l'in-
dicazione era un gran cartello in legno tenuto steso pel
tratto della larghezza della via chiusa, con due catene di
ferro.
— 44 —
e il Governo di Vienna assecondava questa inclina-
zione, profondendo al maggior teatro, come per an-
tonomasia si chiamava allora la Scala, ricche doti,
che non erano poi mai sufficienti, e che gli impresari
facevano aumentare con laute appendici, le quali non
erano mai rifiutate ; paghi il popolo, e si divertano
i signori.
UAzeglio ne' suoi Ricordi^ dopo aver accennato
alla finezza ed all'avvedutezza del governo austriaco,
asserisce, che egli governò per tanti anni la Lombar-
dia per mezzo del teatro alla Scala, e bisogna dirlo
che fino ad un certo punto vi è riuscito bene (i).
Metternich in un suo memoriale diretto a France-
sco I, da Gratz nel 1817, mostrava al Sovrano la
necessità di scendere ad altre concessioni per appa-
gare lo spirito pubblico e Tamor proprio delle Provin-
cie lombarde, dando a queste un'amministrazione la
quaTe « provasse agli italiani, che non si voleva trat-
tarli alla medesima stregua delle provincie tedesche,
e che non si voleva fonderle con esse 1 (2). Ma i
fatti successivi dimostrarono quale esito avesse avuto
questo reclamo, che pure partiva dal potente cancel-
liere.
Il Viceré intanto co' que' suoi modi sempre ten-
tennanti, quando si trattava di accordare qualche lar-
ghezza, con quel suo « farò, dirò, tutto quello che
potrò 1 passati in proverbio fra il popolo, procurava
(fj Barbiera. Salotto Maffei, pag. 75.
(2) La signora Matilde Serao m una sua conferenza
sopra Stendhal, accenna all'affetto con cui questo inglese
amò l'Italia, dice con quale entusiasmo parla di Muano
dove non si sazia di ammirare il nostro maggior teatro,
la nostra Brianza ed i nostri laghi. Egli fu appunto in que-
sta città nel 18 17.
- 45 -
di dare un colpo al cerchio ed un altro alla botte,
tentando ogni sforzo perchè Tacqua andasse senza
rumore verso la china.
Abbiamo notato come egli si facesse un dovere di
assistere a tutte le inaugurazioni ed a tutte le Acca-
demie, che si davano nei pubblici o nei privati stabi-
limenti di istruzione ; ora egli mostrava interessarsi
anche delle industrie. Nel maggio visitò la manifat-
tura Treviganti, Galletti e C. ; più volte fu nello
studio dello scultore Marchesi, né lasciò pure senza
una sua visita parecchi studi di pittore, e dovunque
prodigava lodi, incoraggiamenti e favoriva privilegi,
brevetti d'invenzione a tempo determinato, e tutte
queste concessioni facevano affluire denaro all'erario
ed egli otteneva lode di saggio e provvido ammini-
stratore.
Né si pensi intanto che in fatto di politica, il go-
verno stesse colle mani alla cintola. Abbenchè il pe-
riodico ufficiale nulla accenni a sommosse, non la-
sciava di sorvegliare chi gli poteva dar menomamente
ombra. Il giovane Tullio Dandolo, che da Como,
dove si trovava, aveva chiesto un passaporto per Ve-
nezia, onde recarvisi a regolare alcuni interessi di
famiglia, vien subito preso di mira. Quella I. R. De-
legazione avvisa la Direzione della Polizia a Milano,
e questa la notifica immediatamente a quella di Ve-
nezia
Ecco il testo del documento :
€ Al barone de Kiibech I. R. Consigliere aulico di-
rettore generale della Polizia a Venezia (Riservata).
e UI. R. Delegazione provinciale di Como mi av-
visa di aver accordato al giovane Tullio Dandolo
-46-
un passaporto per codesta città, ove è chiamato da
affari suoi particolari.
« Sebbene la condotta attuale del Dandolo non
offra titoli a speciali osservazioni, tuttavia i principi
politici che dallo stesso si professarono, i di lui viaggi
clandestini all'estero, e le relazioni coltivate qui ed
a Parigi con persone sotto questo rapporto sospette,
lo resero soggetto a particolare vigilanza ; ed è j>er-
ciò che io mi permetto, signor Direttóre Generale, dì
richiamare sul medesimo la speciale di lei attenzione
della quale amerò di conoscere a suo tempo il risul-
tato dalla di Lei compitezza. »
Milano, 15 gennaio 182Ó.
Sott. TORRESANI (i).
E la vigilanza non risparmia neppure i forastieri.
Robertson, autore di una Storia (HAmetica^ pubbli-
cata poco più di un lustro prima dal nostro Bettoni,
è vigilato dalla polizia ed in base ad una lettera con-
fidenziale (i) il Ministro degli esteri scriveva da Na-
poli al principe di Castelcicala, ambasciatore a Pa-
rigi, affinchè negasse allo storico, che allora trovavasi
in Francia, il passaporto per entrare nei domini reali.
Nè essa limitavasi solo alle personalità spiccate del
partito avversario, ma tormentava in certo modo an-
che chi per malattia recavasi a riposare dalle diuturne
cure della città, o rinfrancarsi la salute alle acque.
Uno zelante confidente, che teneva questo incarico,
mandava da Venezia nell'agosto alcune osservazioni
a proposito delle persone che frequentavano Valda-
gno e Recoaro. Forse non erano che impressioni tut-
t'affatto soggettive, ma intanto alla Polizia bastavano
(i) Dalle carte segrete Doc. 330.
-41-
pet trame induzioni, per sospettare di un suddito,
per assoggettare la sua casa a perquisizioni.
Uno dei confidenti più in auge era certo Brembilla,
noi non possiamo asserire che la lettera da noi letta
in proposito sia opera sua, mancando la firma per
intero, tuttavia il B. maiuscolo con cui è sottoscritta
ce lo fa supporre.
Questi dunque scrive a Vienna che in quell'anno,
l'affluenza alle acque termali era maggiore di quegli
scorsi tanto pel numero di individui, non minore, quan-
to di persone aistinte.t Trovandosi poi a Recoaro, con-
tinua, molti lombardi nel momento che venne annun-
ziato il passaggio da Vicenza di S. E. il conte di
Strassoldo per Milano, onde riassumere le proprie
mansioni, fu generale il dispiacere perchè non fosse
stato sostituito da altro soggetto. Un tale sentimento,
quantimque pronunziato con riserva, venne annun-
ciato senza equivoco, e si osservò pure dispiacere
per la partenza per Vienna di S. A. il Viceré.... (i) »
Ne le rivelazioni di quel zelante confidente si ar-
restavano alle generali, ma venivano anche a sinda-
care quasi la vita intima di persone ragguardevoli.
Il consigliere aulico Bennoni era stato da poco tempo
privato della sua carica ; or ecco come ne parla il B.
« Ebbi occasione a Recoaro di avvicinare il con-
sigliere Bennoni.:. e mentre pochi tirolesi, e taluno
di coloro che provano sempre piacere nel far la cri-
tica alle misure superiori, affettavano di compian-
gerlo.... tutta la società non faceva che applaudire
alla forza di volontà della M. S., caratterizzandola
come grande atto di giustizia....
« Più volte esso consigliere manifestò di non co-
(i) Carte segrete, Doc. 162.
. -48-
noscere il vero ìnotivo della sua disgrazia, non senza
però additare come presunte cause quella di aver
proferito un voto favorevole per un prevenuto di cor-
• reità settaria, e l*altra di aver potuto cooperare cx>n
insinuazioni e raccomandazioni al rapido avanza-
mento di vari suoi colleghi."., i
E riferendosi ai commenti che l'ex consigliere fa-
ceva a queste osservazioni, il B. dice che, dovette j>er-
suadersi che il detto individuo nutre nell'animo vi-
vissimo risentimento... e che le sue massime politiche
tendevano al liberalismo... (i). Davvero che il Go-
verno era ottimamente servito da questi zelanti.
E non solo TAustria pensava alla sorveglianza del
suo Stato, ma affine di prendere in ora ed in tempo
quelle misure che potevano essere del caso, deside-
rava sapere come si conducessero gli Stati limitrofi.
Aveva già qualche anno prima mandato confidenti
a scrutare come la pensassero i suoi sudditi circa le
notizie politiche che córrevano in quel tempo (2). Ora
era la volta degli Staterelli che costituivano la parte
pili settentrionale dell' Italia centrale (3). E sa il
lettore come agiva ? Da una parte vedeva con com-
piacenza là trista condizione di essi per fatto dei loro
governi e la fomentava, consigliando misure feroci
ed impolitiche, affinchè il Lombardo-Veneto sem-
brasse al confronto il meglio amministrato ; dairal-
tra, aveva sempre in pronto, alla più piccola rivolta,
im esercito da spedire in aiuto del Principe minac-
ciato.
Questa politica raggiratrice di mantenere le discor-
die fra i vari Stati d'Italia, onde aumentarne la de-
(i) Carte segrete, Doc. 131.
(2) Carte segrete, Doc. 125.
(3) Carte segrete, Doc. 135 e seguenti.
— 49 —
bolezza, ed affine di essere chiamata a comprimerne
i moti rivoluzionari, dimostrava come l'Austria esten-
desse l'alta ispezione della sua polizia anche su terre
non sue.
Malgrado tanta sorveglianza, nel gennaio giunse
avviso alla nostra polizia, che a Napoli si era costi-
tuita una nuova setta sotto la denominazione degli
Spettri riuniti nella tomba, e di questa setta, si man-
davano da Vienna ; particolari (i).
A chiudere la cronistoria dell'anno, noteremo la
morte di alcuni cittadini, o celebrati per le loro virtù,
o noti per il grado che occupavano nella società.
Nel febbraio fu tolto ai vivi DON OTTAVIO Morali,
bibliotecario presso l'I. R. Biblioteca Nazionale, pro-
fessore al Liceo di S. Alessandro, autore di scritti
pregevoli e di un'edizione speciale dell'Ariosto ad
uso dei giovani studiosi.
Il geologo Scipione BREISLAK, ispettore alle pol-
veri e nitri. Nacque a Roma verso il 1748, e fin da
giovinetto mostrò disposizione per le scienze fisiche.
Fu eletto professore a Ragusa, imprese parecchi
viaggi nelle montagne, e ne pubblicò le relazioni. Tra
esse sono apprezzate quelle della Campania. Molte
società scientifiche e letterarie si recarono ad onore
di ascriverlo fra suoi membri. Un lavoro di
polso, fu la Descrizione geologica della -provincia
di Milano, pubblicata nel 1822. Possedeva un ricco
gabinetto di storia naturale messo insieme appunto
durante questi viaggi, che alla sua morte lasciò alla
casa Borromeo. Di lui esiste pure un'opera incom-
(i) Documento 240.
GiANETTi. Cronistoria, 4
— 50 -
pietà che illustra quel tratto di paese che trovasi fra
il Verbano ed il Lario.
Spegnevasi pure in quest'anno l'astronomo Piazzi.
Era nato nel 1746 (16 luglio) a Ponte (Valtellina),
ebbe l'istruzione al collegio Calchi-Taeggi, e la com-
pletò a Brera. Nel 1761 vesti l'abito teatino in S. An-
tonio a Milano, studiò teologia a Roma ed a Ra-
venna, dove pubblicò parecchie tesi filosofiche e ma-
tematiche che gli fruttarono più invidia che onore.
Fu quindi a Roma lettore in teologia dogmatica, ed
ebbe per collega il Chiaramonti, salito poi papa col
nome di Pio VII.
Nel 1770 ebbe la cattedra di matematica sublime a
Palermo, fu direttore di quell'osservatorio, stabilito
sette anni dopo, ed affine di meglio onorare la ca-
rica, fece un viaggio a Parigi, e si mise in corrispon-
denza coi sommi in materia ; partecipò alla Commis-
sione per stabilire la differenza dei meridiani tra
Greenwich e Parigi, e nella prima città osservò pure
l'eclisse solare del 1788, intomo al quale scrisse.
Nel 1790, essendosi per ordine di Re Ferdinando di
Napoli costrutto un osservatorio a Palermo, ne ebbe
la direzione Scoperse il pianeta Cerere, rifiutò la me-
daglia d'oro che il principe voleva fosse coniata in
suo onore, desiderando che il prezzo di essa si vol-
gesse all'acquisto di oggetti per la specola. Pubblicò
diverse opere relative a' suoi studi, e fu insignito di
onori da università italiane e straniere. Ultimamente
era ritornato da Palermo a Napoli, da circa un anno,
ed aveva escogitato una nuova legge sui pesi e sulle
misure, anzi era già molto avanti nel lavoro, ma in-
debolito dalle fatiche e dall'età (80 anni), il 22 lu-
glio spirò dopo breve malattia. La sua salma riposa
nella chiesa di San Paolo dei padri Teatini, Mi-
-Si-
lano gli eresse una statua colossale nel palazzo di
Brera.
Dobbiamo pure aggiungere a questi morti quella
del giureconsulto ANTONIO BATTAGLIA, del marchese
Carlo del Magno vice-presidente del Governo di
Lombardia, del prof. VINCENZO FEDERICI, insegnante
al Conservatorio ed autore di commedie, e di CO-
RELDI Clotilde cantante parigina di grido, che si
produsse anche sulle scene del nostro maggior teatro.
18S7.
CAPITOLO III
Movimento politico e sua influania nel Regno Lombardo-
Veneto- — Ancora le società segrete. — Roma e h:
Ron>agne. — L'oratore sacro Barbieri. — Il segreto
postale e la stampa. — Feste e beneficenza. — Edi-
lizia, — Il Viceré. — Feste religiose. — La stampa, —
Arti e industrie, ^
Le speranze della pace cominciavano ad affievo-
lirsi mano mano che le relazioni polìtiche sembravano
spiegassero le diverse tendenze dei gabinetti d* Eu-
ropa.
La Francia non pareva pronunciarsi troppo chiara-
mente circa il riconoscimento del sistema costituzio-
nale portoghese : Russia ed Austria nicchiavano :
Prussia ed Inghilterra al contrario per loro interessi
particolari riconoscevano e sostenevano apertamente
il nuovo ordine di cose : la Spagna era tranquillaf
ma per quanto però si temesse» tutti desideravano la
pace.
I rapporti conhdenziali fatti al nostro Governo,
aggiungevano che quanto agli avvenimenti politici,
ben pochi nel contado vi fermavano la loro atten-
zione, e nessuno lasciava intravedere il desiderio di
- 53 -
un cambiamento di cose. La lettura dei fogli quoti-
diani, cui taluni si dedicavano, formava piuttosto un
oggetto di momentanea curiosità, anziché quello di
spiegare partiti od approfittare per spargere massime
contrarie alle intenzioni del Governo.
Solo nelle Capitali ed ai confini degli Stati di Ro-
magna, si scorgevano appena le attenzioni dei lettori
curiosi e dei partitanti sui successi del giorno.
Qui l'anonimo confidente passa in rassegna alcuni
discorsi ed alcune opinioni esternate da speciali in-
dividui che, o per l'istruzione ricevuta, o per mera
curiosità, seguivano la storia degli avvenimenti. Con-
chiude che veramente il germe della rivolta è nello
Stato papale e nelle vicine Legazioni, si presagisce
già una guerra, la quale secondo i si dice, dovrà scop-
piare tra le potenze alleate, e tale predizione si ritiene
ora maggiormente avvalorata, stante il recente sta-
zionamento di un corpo di truppe austriache nelle
Provincie lombarde.
E' facile persuadersi come tutto ciò non possa es-
sere che l'eftetto di oziose dicerie, pensa saggiamente
il confidente, ma intanto esse risvegliano argomenti
già scordati in queste provincie, pregiudicano il com-
mercio e mettono a disagio le popolazioni.
Tale il quadro, che forse anche con poca verità
vien spacciato dal satellizio governativo. Intanto
l'Austria con ogni mezzo cerca di cancellare nella
nostra città quanto poteva farci rammentare che seb-
bene soggetti allo straniero, Milano era ancora la ca-
pitale del regno Lombardo.
Già fin dallo scorso anno aveva avvisato questa
popolazione che coi primi del mese, sarebbero state
poste fuor di corso le monete di conio milanesi, e
lo fu.
— 54 —
Le società segrete non mancavano di pullulare
e di organizzarsi sul serio. Uno zelante ministro,
il Lancetti, scrive ima nota agli IL RR. Com-
missari superiori, dicendo, che alcune osservazioni
l'indussero a sospettare che, sotto il manto della fi-
Icintropia e di soccorsi alla causa dei Greci, possa
nascondersi una setta, la cui tendenza principale sia
quella dell'indipendenza nazionale, della democrazia
e del rovesciamento dei troni, e dopo aver descritto
minutamente questo nuovo club^ il quale sorse nel re-
gno delle due Sicilie sotto lo specioso titolo di Amore
dei Greciy raccomanda a chi è diretta la circolare,
che qualunque rilevante osservazione potesse emer-
gere in argomento, fosse portata senza indugio alla
sua cognizione (i).
E nelle Romagne rumoreggia un sordo tuono, che
minaccia a quando a quando di scoppiare, e il go-
verno austriaco lo sa, perchè ne è edotto dalle let-
tere confidenziali (2).
A Roma infatti un editto della Segreteria di Stato
aveva promesso perdono ed assoluzione da qualun-
que pena incorsa fino a quell'epoca, tanto ai rei dei
delitti contemplati nell'editto, quanto a quelli cui,
sebbene fosse nota l'esistenza di qualche società se-
greta, non l'avevano denunciata. E questa larga con-
cessione era pure estesa a tutte le Legazioni con in-
carico ai presidenti delle Commissioni speciali di ri-
cevere le spontanee abdicazioni e le denuncie da
chiunque volesse presentarsi (3). Sembra però che po-
chi avessero ottemperato all'ingiunzione.
E non basta ciò. Da Milano il conte Torresani
(i) Carte segrete, Doc. 163.
(2) Carte segrete. Doc. 148, 149.
(3) Carte segrete. Doc. 207.
Ito
— 55 -
scriveva alla Direzione della Polizia a Venezia (i)
che le solite notizie confidenziali giunte dalla linea
di confine dello Stato pontificio, recavano che a Ra-
venna era stata scoperta una nuova società segreta,
sotto la denominazione di Società del Duca £Emi-
lia una ed indivisibile ; aggiungeva che quel Monsi-
gnor Invernizzi, presidente della Commissione spe-
ciale aveva fatto trarre in arresto una sessantina di
individui che facevano parte di quella setta, e che
su tutto ciò richiamava l'attenzione della autorità di
Polizia (2).
E questa non la perdonava neppure alla veste ta-
lare del sacerdote. E' noto come Tabate Barbieri de-
stasse qualche entusiasmo nelle diverse chiese di Mi-
lano dove teneva conferenze ; non stiamo ora ad esa-
(i) Da Venezia era partito governatore a Briinn l'In-
zaghi, grande amico di casa Gonfalonieri \ a questo pure si
raccomandò la povera Teresa per qualche addolcimento di
pena, riguardo al marito^ ma nulla potè ottenere. Tuttavia
si riesci a stabilire un carteggio segreto, onde apprestare i
mezzi di fuga dal carcere, mercè la cooperazione del vecchio
Schiller, nome non ignoto ai lettori delle mìe prigioni. Quel
progetto abortì per allora. Lo si riprese nel 1829, ma Fe-
derico vi rinunciò generosamente, preferendo sopportare
coi compagni le durezze del carcere : ciò appare dalle me-
morie di Àndryanne. Né qui finirono le pene dell'infelice
sposa, poiché nel 1830, in occasione del natalizio imperiale,
fu nuovamente presentata una supplica all'imperatore, il
cui testo dicesi fosse dettato dal giovine Alessandro Man-
zoni, ma ebbe la sorte delle altre sollecitazioni. Teresa
Casati, maritata Gonfalonieri morì in questo anno stesso
il 27 settembre. Gosì il D'Ancona nel suo lavoro su Fe-
derico Gonfalonieri.
(2) Documento 207 delle carte segrete.
Notiamo qui di passaggio che il Cardinale Invernizzi
succedeva al Rivarola venuto in Romagna nel 1824, una
specie di duca d'Alba, il quale con una sola sentenza con-
dannò quali cospiratori 508 persone. Gosì leggo nel secondo
volume delle conferenze fiorentine intorno al risorgimento
italiano.
_ 56 -
minare se tale dimostrazione di stima fosse più o
meno giustificata letterariamente, che non sarebbe qui
il luogo ; solo ci preme di notare con quali foschi co-
lori veniva descritto al Viceré.
« Il Barbieri, ex-professore presso Tuniversità di
Padova, spinto talvolta dalla sua poetica fantasia,
non serba il più riservato (sic) nel suo modo di scri-
vere, come non è il piii castigato in quanto a con-
dotta morale ; egli appartenne alla Loggia masso-
nica di Padova (!) e si dimostrò fanatico pel ces-
sato governo e fu sempre soggetto alla più rigo-
rosa sorveglianza. »
Qui l'abile confidente viene ad accennare ad al-
cuni episodi di sua vita privata, gettandovi indegne
insinuazioni, che non dovrebbero neppur passar per
la mente (i).
E se non basta, gli integerrimi ed impeccabili ma-
gistrati, sanno anche violare il segreto postale, e sco-
prire i pensieri più reconditi e le espansioni del cuore
verso un amico ; e qualche anno dopo infatti si scri-
veva alla Autorità che « per effetto della sorve-
glianza politica esercitatasi su questo individuo, si
sono potute ispezionare due lettere, scritte al conte
Grilli di Firenze ed al prof. Tonelli di Reggio.
Nella prima viene espresso il desiderio di ritornare
in Toscana, dove fu a predicare la scorsa quaresima ;
nella seconda il Barbieri accorda al Tonelli di poter
far ristampare all'estero il suo poemetto le stagioni. »
Ma non basta ancora per quel solerte funziona-
rio l'aver letto quelle lettere, egli ne trae anche co-
pia per uso dell'Autorità, e vi aggiunge commenti.
Osserva come nella lettera al Conte, il professore
universitario, si riservi di scrivere, ma non manderà
(i) Carte segrete, Doc. 331.
— 57 —
per mezzo postale, al conte di S. Leu (Luigi Bona-
parte).; ed al professore Tonelli, dimostra enfatica-
mente come egli sopporti assai male il sistema poli-
tico attuale in Italia (i).
E tutto questo procedere dei nostri padroni lo si
copriva col manto della religione. Si scriveva da Ve-
nezia essere a cognizione, come uno degli uffizi di
revisione dei libri nella monarchia, siasi reso colpe-
vole di aver rilasciato ad un libraio di Stuttgard
alcuni esemplari di Bibbie, provenienti da quella
Stamperia sociale ; si richiama quindi la prescrizione
che « vieta qualsiasi diffusione di tali libri e ne rende
avvisati gli ordinariati diocesani » (2).
Si era in carnevale, e malgrado la cappa di piombo
che opprimeva, i nostri babbi pensavano a metter per
un po' di tempo a parte i fastidì e darsi all'allegria.
Ora eccoti una nota governativa che ingiunge « esser
vietate le feste da ballo dall' Epifania a tutta la do-
menica dopo Pasqua, ed anche negli altri tempi, dice
la nota, i permessi saranno ristretti ; e tutto ciò sotto
pene severissime ». Fortuna che si trattava di feste
pubbliche, poiché privatamente se ne facevano an-
che di troppe.
Giacche siamo sul capitolo dei divertimenti, vo-
gliamo far menzione speciale del volo aereo, che
offrì rOrlandi nel nostro anfiteatro dell'Arena sullo
scorcio del marzo.
Questo areonauta si proponeva di percorrere le re-
gioni dell'aria sulle norme del sistema Zambeccari,
voleva manovrare coi remi e colla vela per esser pa-
drone della sua macchina. Era un tempo splendido
(i) Carte segrete, Doc. 332.
(2) Documeiito 347, Carte segrete.
-58-
e dopo che l'areostato ebbe fatto il giro deiranfiitea-
tro, tagliate le corde si spinse verticalmente nello
spazio e vi rimase immobile per pochi minuti, poi
procedette orizzontalmente ; fu allora che si scorse
la mossa dei remi e della vela. Era pensiero dell'areo-
nauta di rimanervisi, aggirarsi e dirigersi per quanto
era possibile neiraria, ma un caso impreveduto vietò
l'effettuazione del progetto.
L'areonauta, affine di scemare la forza ascensiva,
per scandagliare la distanza della terra ed ancorarsi,
impiegava una grossa palla di ferro raccomandata
ad una fune. Egli calava questo globo da un buco
della galleria ; ora avendo esso toccato un pergolato
che sporgeva dal tetto di una casa fuori di Porta
Comasina (Garibaldi) ed essendosi per la forza del
peso incastrata fra i pali incrociati del pergolato
stesso, per quanto sforzo operasse Tareonauta, fu
impossibile estrarnela ; si aggiunge che un grosso
gruppo di curiosi aveva circondato la macchina in
modo che non fu più possibile continuare Tascen-
sione.
Non mancarono altri spettacoli diurni, tra cui è a
notarsi quelli che il celebre Alessandro Guerra (i)
dava ai giardini pubblici, dove era un gran teatro
in assito, una specie di Pezzana di buona memoria.
Talvolta questi spettacoli decorati con un certo
sfarzo, erano anche dati nel nostro anfiteatro.
Né dobbiamo dimenticare la proverbiale benefi-
cenza dei milanesi, ed una che venne esercitata so-
(i) Questo cavallerizzo, se la memoria non ci tradisce,
fu vittima nell'esercizio della sua professione, per una ca-
duta da cavallo. Per molto tempo potemmo ammirare nel
cimitero di S. Gregorio una bella croce in ferro dorato, nel
mezzo della quale un bassorilievo in bronzo ritraeva l'abile
cavallerizzo nell'esercizio della sua professione.
- 59 -
pra larga scala, fu quella in occasione deirincendio
cii Saronno, un grosso borgo a una diecina di chilo-
metri da Milano, cui accenna il Cusani nel capo
XLVIII della Storia.
A provvedere alle occorrenze più pressanti dei
danneggiati, si spedirono a quel borgo da ogni parte
molte suppellettili e abiti, oltre sacchi di grano, le
quali cose tutte furono distribuite alle famiglie più
indigenti. Poco appresso i milanesi organizzarono
uno spettacolo straordinario al teatro della Scala e
la direzione, gli artisti, l'orchestra, la truppa si pre-
starono gratuitamente. Seguì una gran festa all'Are-
na e per maggior attrattiva; si chiamò la celebre areo-
nauta, Elisa Garnerin, che infelice prova aveva dato
in occasione delle feste per la venuta dell'imperatore
Francesco I. Questa volta però le cose camminarono
meglio, poiché l'ascensione fu senza inconvenienti e
dopo tre ore discese, pure senza pericolo, nel sob-
borgo di porta Tenaglia, sicché potè ancora mostrarsi
nell'anfiteatro, prima del termine dello spettacolo. Si
poterono introitare 14.785,75 lorde, un decimo delle
quali, come era già stato stabilito preventivamente,
furono cedute pei danneggiati dell'incendio.
Si constatò poi che dal 21 marzo, ossia due giorni
dopo l'incendio, al 17 luglio si raccolsero in effettivo
denaro lire 87.514,19, alle quali, se aggiungesi il va-
lore delle granaglie e delle suppellettili, raccolte a
Milano ed a Saronno, il prodotto di tali largizioni
salì alla bella cifra di L. 89.668,44.
E possiamo garantire l'autenticità di tali cifre, ooi-
chè una apposita Commissione ne sorvegliò scrupo-
losamente il riparto. Il lavoro era stato affidato a per-
sone ineccepibili, possidenti nel borgo, quali il Pro-
posto parroco sig. Bellani ed il suo coadiutore si-
gnor Catena, cui si unirono i signori Giambattista
- 6o —
Viglezzi, Flaviano Banfi e Carlo Maria Rampoldi,
tutti di Saronno. La quantità dei sussidi raccolti fece
sì che tutti i danneggiati bisognosi poterono conse-
guire un sufficiente compenso dei danni patiti nella
misura graduale di 2/3, 1/2, 1/3, 1/4, 1/5 del totale (i).
E la nostra Delegazione fu larga alla Commis-
sione di quelle lodi, di cui si meritava. Fu poi tanto
il denaro raccolto che oltre indennizzare in gran parte
le famiglie disgraziate si poterono rifabbricare i 19
mila metri quadrati distrutti e avanzare tanto denaro
da poter erigere sulla piazza della Chiesa del Borgo
una bella statua in marmo a ricordo della cospicua
beneficenza (2).
(i) Vedi il nostro Archivio municipale e quello di Sa-
ronno.
(2) Questa statua chiamata la Riconoscenza foggiata in
una donna riccamente drappeggiata ergesi dal 1830 sulla
piazza della Chiesa maggiore di Saronno e può vedersi tut-
tora. Il disegno è dell'architetto Durelli, già professore di
prospettiva nelle Scuole di Brera, l'esecuzione dello scul-
tore Gaetano Motelli.
Sulla fronte del basamento leggesi la seguente iscri-
zione :
ANNO MDCCCXXVII XV KAL APRILIS
DIRA FLAMMARVM VIS
PRiECIPITI AQVILONE FVRENS
OPPIDANOS SUPRA DCCC
QVASSATIS DOMIBVS C O N F L A G R A T I S V I
ESPVLIT SVB DIO
MEDIOLANENSIUM PIETAS
AERE MAXVMO INFRA MENSEM CONLATO
REM PENE RESTITVIT
DISCAT GENUS OMNE POSTERUM
VRBI MATRE ALMAE
MAIORUM GRATIA ET AMORIS SACRAMENTUM
SERVARE QVA POTIS EST
— 6i —
Né fra le beneficenze devesi dimenticare la crea-
zione del Pio Istituto Filarmonico. Esso era stato fon-
dato nel 1783, sotto gli auspici di Giuseppe IL Gli
ascritti non potevano essere che professori, artisti di
musica nazionali, i quali erano obbligati a non ab-
bandonare il paese, dovendo prestar Topera nel tea-
tro stesso in qualunque occorrenza e sempre gratui-
tamente, qualora trattavasi pel bene dell' Istituto. La
istituzione soccorreva ai malati indigenti ed ai vecchi
resi inabili all'esercizio : i prodotti si ricavavano dalle
serate annuali concesse a tale scopo (i).
Intanto il progetto circa la nuova barriera di porta
Orientale (Venezia) era passato allo stato di attua-
zione, essendosi trascelto fra i disegni presentati a
concorso quello di certo architetto Vantini.
Il viceré Raineri ci regala un quarto figlio, l'arci-
duca Ferdinando ; solite feste, soliti baciamani e lu-
minarie al teatro ; cosa che si ripete anche nel mese
A tei^o di questa si legge:
all'incuta MILANO
CHE
DISTRUTTE IN QUESTO COMUNE
OLTRE A XXX ABITAZIONI
PEL FERALE INCENDIO
DEI XVIII MARZO MDCCCXVII
CON LARGIZIONI MAGNIFICHE
CONFORTO SOTTRASSE ALL'INFORTUNIO
CL FAMIGLIE
I SARONNESI PONEVANO
DI GRATITUDINE DI AMORE
MONUMENTO PERENNE.
M, Oggi un grande stabilimento fondato a spese del-
resimio Maestro Giuseppe Verdi raccoglierà i cantanti ina-
bili.
I
— 62 —
seguente (febbraio) ricorrendo Tanniversario impe-
riale ; anzi pare che appunto allora si inaugurasse
quella festa speciale a S. Celso, di cui abbiamo fatto
cenno nel capo precedente. Era una specie di triduo
o novena, la quale si rinnovava annualmente per in-
vocare su casa d'Austria le benedizioni dell'AItis-
simo ; ed a questa cerimonia interveniva tutto il
mondo ufficiale con a capo il viceré ed il governa-
tore.
Intanto la letteratura, malgrado lo strettoio in cui
era tenuta, faceva qualche passo avanti. Il Grossi
pubblicava i Lombardi alla pruna Crociata, l'abate
Cesari le sue Prose scelte, i Promessi Sposi avevano
messo a rumore il campo letterario, specie dopo le
recensioni pubblicate nella Gazzetta ujficiale, mal-
grado le pimture cui tentò infligger loro la Vespa.
Ecco come la Gazzetta di Milano si esprime circa
la Vespa,
« Nell'atto che pubblicavasi a Milano un foglio
letterario nuovo, lo scrittore prometteva di non aver
nulla di comune col vecchio da cui derivava ; anzi
come pegno d'indole totalmente mutata, scambiò il
titolo d'Ape in quello di Vespa.
e Ora esce alla luce il primo numero, ma si rav-
visa che se la Vespa cominciava a vivere, YApe non
era morta; mentre Tuna pioveva miele, l'altra scoc-
cava pungoli.... Ella scelse a scopo del suo pungolo
un^opera che sembrava in salvo da ogni assalto, sotto
Tegida della pubblica opinione.... E' vero che la cri-
tica è nata colle produzioni dell'umano ingegno....
ma ci ha modo e modo di usarne....
f Siamo nel caso del romanzo storico del Manzoni,
cui la Vespa andò punzecchiando qua e là ; eppure
ledìzione fu esaurita in pochi giorni : anche i fogli
- 63 -
esteri ne fecero Telogio, si sta preparando una ri-
stampa e si domanda il permesso di tradurla... »
K qui viene ad analizzare minutamente dove mi-
rano e con quanta ragione le ferite della Vespa, ter-
minando colle seguenti riflessioni :
« Se la Vespa voleva di botto veramente dare nel
segno col pungolo, Topera del Manzoni presentavale
un lato vulnerabile in alcune prolissità, in certe mi-
nutezze ed in parecchie locuzioni non lodevoli ; le
quali cose, quantunque possano riguardarsi come lievi
macchie in molta luce, sarebbero da sopprimere o da
emendare.
« Del resto sul conto di questo Romanzo o Storia
che voglia dirsi, avendo noi già fatta pubblica la no-
stra opinione, correvaci debito di sostenerla contro un
avversario, che non possiamo certo confondere con
quelli immolati al silenzio o allo spregio. Costoro
non sanno che il linguaggio dei trivii : colla Vespa,
benché abbia acuto il pungolo, si può senza derogare
scontrarsi (i). »
Certo C. Dupuy rassegna air I. R. Governo un
trattato di stenografia, di cui si dice molto bene ed il
diario milanese ne dà un accurato esame. Come prova
di tale scienza affatto nuova, vengono stenografate
e stampate alcune orazioni sacre di autori ed un ti-
pografo di Firenze pubblicò le tragedie dell'improv-
visatore Sgricci raccolte appunto colla stenografia.
Anche gli almanacchi abbondano. La ditta Pietro
e Giuseppe Vallardi pubblica : Le glorie delle belle
arti air esposizione di Brera, una specie di elenco, piut-
tosto che una recensione critica, cui molto meglio
provvedevano le appendici della Gazzetta milanese.
Le donne più illustri del regno Lombardo-V eneto e
(i) Gazzetta di Milano, 15 ottobre 1827,
-64-
avvertimenti alle belle; altro almanacco del Pirotta
k La Giraffa ( !) ; Un quarto (Tona a Talia è il titolo
di un altro che si distribuisce all'ufficio dei giornali
teatrali, cui deve aggiungersi Mayr e la Musica, pub-
blicato dairArtaria. Lo Stella ha La galleria del
mondo in cui riproduce in compendio Topera del Fer-
rari Usi e costumi; la storia di Milano in compendio
è pubblicata dalla tipografia dei Classici italiani, e
degli stessi editori è pure // Primo Navigatore ed
Elfrida e Lionello; il Bernardoni pubblicò Milano
nei secoli passati; il Bonfanti La galleria degli ori-
ginali, la prova, una raccolta di parecchi racconti;
i fratelli Ubicini, L'esposizione di Brera del 1827;
gli editori degli annali universali ne pubblicarono
tre : // colpo d'occhio sullo stato attuale delle belle
arti in Lombardia, La donna nelle cinque parti del
mondo. Le arti e le industrie in Francia; il Bernar-
doni a quanto già abbiamo detto più sopra aggiunge
la Cronologia Storica della Francia e il 'Novelliere
piacevole. Gaspare Pozzoli coi tipi del Ferrano pub-
blica Le nozze di tutti i popoli del mondo ed il Pi-
rotta Larte di mettere la propria cravatta in tutte
le foggie conosciute e di uso, insegnata e dimostrata
in sedici lezioni ( !). Se non è ridicolo e scipito, do-
vrebbe essere una lettura assai curiosa.
Anche nelle industrie e nelle arti qualche cosa vi
è da spigolare. Mentre il Marchesi continua ad atti-
rare forastieri nel suo studio, il nostro diario ci parla
di indagini fatte fin d'allora nel lago di Nemi per
estrarre gli oggetti antichi dalla barca affondata di
Tiberio; prodiga elogi sperticati al nostro orefice
Brusa pe' suoi lavori in argento, e nell'ottobre
il popolino si accalcava ai parapetti in legno del na-
viglio grande per vedervi passare la immane zattera
-65-
SU cui era stata collocata la seconda delle colonne di
granito destinata pel S. Paolo di Roma. Era della
lunghezza di oltre 1 1 metri/con un diametro di oltre
un metro.
Tra le morti illustri, notiamo in prima linea quella
del fisico Alessandro Volta, avvenuta a Como il
sei marzo (i). Nacque egli in questa città nel 1748
da nobile famiglia di antica prosapia ed a quanto
dicono i suoi biografi, sembra che fin da giovinetto
mostrasse grande inclinazione per le scienze fisiche e
chimiche, specie per la elettricità, che appena allora
Galvani, professore all'università di Bologna, aveva
annunziato ai dotti colle sue esperienze sulla rana.
Tra i diciotto ed i ventiquattro anni, pubblicò una
dissertazione latina in materia (De vi attractiva ignis
electrict). Non è gran cosa, poiché non contiene che
imperfettamente qualche spiegazione dei fenomeni
(i) La sua salma riposa nel Cimitero di Camnago, poco
distante da Como. Alla croce di legno eretta subito dopo il
decesso e che recava la semplice scritta : Qui giaciono le
spoglie del Cav. Conte Alessandro Volta tolto ai vivi alli
5 marzo J82J d^anni 82, fu nel nuovo cimitero, dove venne
trasportata la salma quattro anni dopo, sostituito un tem-
pietto rotondo che sulla porta reca scolpito : Ad Alessandro
Volta la vedova ed i figli. Lateralmente alla soglia vi sono
due statue che figurano donne piangenti, lavoro di un Ar-
genti di Viggiù, scolaro del Marchesi ; all'intorno alcuni
bassorilievi raporesentanti gli strumenti di fisica inventati
dal Volta ; nell'interno in una nicchia è il busto del fisico,
lavoro del Comolli.
La statua sulla piazza omonima fu votata nel 1827, ma
nel 29 non si era fatto ancor nulla, sicché Cesare Cantù che
allora trovavasi professore a Como, gridò contro questo
oblio, poiché mentre si poneva una lapide vivente la can-
tante Pasta, nulla si faceva per chi aveva tanto illustrato
la scienza. Nel 1834 finalmente si pose la prima pietra e
4 anni dopo si fece l'inaugurazione (15 agosto). E' opera
del Marchesi.
GiANETTi. Crontstona. 5
[
^^ ^^^m
— 66 —
elettrici ; anzi è a notarsi che in generale, Volta non
mostrò mai ne' suoi scritti quel carattere filosofico,
quello spirito che rende capaci di fondare teorie vi-
gorose, quantunque la sua perspicacia lo guidasse
sicuro nella deduzione dei fatti che poteva provare
con esperimenti.
Nel 1775 costrusse \ elettroforo, e cinque anni dopo
il condensatore elettrico y per mezzo del quale le più
piccole quantità di elettricità che emanano da una
sorgente costante, vanno a fissarsi e condensarsi in
un disco conduttore, in virtti dell'attrazione momen-
tanea di una elettricità di varia denominazione alla
quale vengono sottratte, quando si vogliono rendere
sensibili e sottoporle ad osservazione. A Volta pure
è attribuito \ eudiometro elettrico e la fistola ad aria
iniiammabile, che porta il suo nome.
La scoperta però che formò un'aureola speciale in-
torno al sommo fisico, fu quella dello svilupparsi del-
Telettricità pel mutuo contatto dei corpi, principio al-
lora assolutamente nuovo, che Volta divinò con gran
sagacità e mise in piena luce con una serie di espe-
rienze condotte abilmente. Ciò deve ascriversi al 1789.
Era egli da 15 anni professore a Pavia, essendogli
tale.cattedra stata conferita nel 1774. Alle esperienze
delle rane di Galvani, rispose con altre esperienze,
dimostrando che il modo di svilupparsi dell'elettri-
cità per semplice contatto, non si applicava solo ai
metalli, ma a tutti i corpi eterogenei con gradi d'in-
tensità diversissimi, secondo la loro natura.
Su questo principio costrusse la famosa pila, che
da lui ha il nome, ed in seguito a questa scoperta ne
tennero dietro altre tanto importanti, quanto inaspet-
tate:
Le prime ricerche del professore comasco sullo svi-
luppo della elettricità nel contatto dei corpi furono
V
k
-67-
da lui dedicate alla Società Reale di Londra nel
1792, precisamente un anno dopo la pubblicazione
dell'opera di Galvani suirelettricità animale; nel
1800 offerse pure alla stessa Società l'elettromotore.
Già nel 1794 aveva ottenuto la medaglia d'oro.
La Francia non conobbe i progressi di questa
scienza che dopo la conquista d' Italia, cioè nel 1801.
Fu allora da Napoleone Bonaparte chiamato a Pa-
rigi dove ripetè le sue esperienze davanti ad un pub-
blico dotto e numeroso : si propose di conferirgli la
medaglia d'oro dell'Istituto, e nei comizi di Lione
verme eletto deputato di Pavia, quindi fu addetto al
collegio dei Dotti, creato senatore e conte, mentre la
classe delle Scienze l'aveva nel 1802 scelto quale so-
cio corrispondente.
Potrebbe forse far stupire che dopo l'importante
scoperta cui accennammo null'altro abbia prodotto,
ma dicesi che verso la fine di sua vita la di lui mente
indebolita non gli permettesse più di occuparsi di
scienza.
Le sue opere furono pubblicate molto tempo prima
della sua morte, a Firenze, nel 18 16.
Aggiungiamo alcuni episodi pili salienti della sua
vita.
Degne di nota sono le parole che scriveva al pro-
fessor Barletti nel 1777, presentendo 60 anni prima
le invenzioni di Morse. « Quante belle idee mi van
ribollendo in testa, eseguibili con questo stratagemma
di mandar la scintilla elettrica a far lo sparo della
mia pistola a qualunque distanza ! Sentite : Io non
so a quante miglia un fil di ferro tirato sul suolo, che
si ripiegasse indietro, o incontrasse un canale d'acqua
di ritomo, condurrebbe la scintilla commovente. Pre-
veggo che la terra bagnata devierebbe il corso del
fuoco elettrico, ma se il filo fosse sostenuto da pali,
- 68 -
per esempio, da Como a Milano, e venisse indietro
al mio lago pel naviglio, non credo impossibile di
far lo sparo della pistola a Milano con una boccia
di Leida scaricata a Como. »
E più tardi studiando il gas infiammabile, il Volta
presagisce pure il processo della illuminazione a gas ;
ecco le sue parole : e Ho talvolta pensato, scrive al
padre Campi, se vi fossero mezzi di fare un uso eco-
nomico dell'aria infiammabile (idrogeno) sostituen-
dola airolìo. Basterebbe distillare o abbruciare in
vasi chiusi i corpi che, venendo bruciati all'aperto,
possono ardere con fiamma ; e raccogliere in boccie
piene d'acqua le emanazioni che ne sprigionano. »
Napoleone dopo averlo creato conte e senatore non
voleva in nessun modo che si ritirasse dall'insegna-
mento ; l'imperatore non ha occhi che per lui quando
interviene alle sedute dell' Istituto. — « Faccia, dice,
anche una sola lezione all'anno, ma l'università pa-
vese sarebbe colpita al cuore, se permettessi che si
ritirasse \ del resto soggiunge un bon general doti
moiinr mi champ d honneur ».
Terminiamo con una frase di Humboldt, il quale
scrivendo al nostro professore gli diceva : « Vous
avez étonné le monde » (i).
Un altro letterato era morto pure in quest'anno
(giugno), Io storico cavalier CARLO DE ROSMINI. Era
nato a Rovereto il 26 novembre del 1763 e non 67,
come scrive il Cusani nel Capitolo L. Circa la sua
biografia, rimandiamo il lettore al citato capitolo.
Mancò pure ai vivi il sacerdote D.r PIETRO Tam-
BURINij preside della facoltà legale di Pavia. Era
nato a Brescia il gennaio del 1737, dove compì i suoi
(i) Dalla conferenza su Volta, tenuta a Firenze dall'on.
Colombo.
-69-
studi e professò per 12 anni prima la filosofia, quindi
la teologia ; fu a Roma per un seiennio rettore degli
studi nel Collegio irlandese, quindi a Pavia, dove
era anche censore per la stampa. Nel 1795 fu pensio-
nato, ma dopo due anni riassunse la cattedra di filo-
sofia e di diritto, finché soppressa questa, organizzò
a Brescia il liceo.
Il barone GIOVANNI Bazzetta, vice-presidente del
governo di Lombardia. Aveva sortito i natali a Mi-
lano nel febbraio del 1753. A 33 anni fu nominato
consigliere di Tribunale, quindi giudice d'Appello,
poi di revisione e di Cassazione ; fu pure Consigliere
di Stato e presidente della Commissione legale.
Nel 18 14 entrò a far parte della reggenza provvi-
soria e nel 18 16 fu nominato consigliere di governo,
con incarico di presiedere la Commissione diploma-
tica pel debito pubblico italiano.
Fu decorato della corona ferrea e nominato vice-
presidente di governo. A S. Babila dove furono ce-
lebrate le esequie si leggevano grandi cartelli pieni
di lode.
Una persona pure appartenente a famiglia illustre
spegnevasi Tultimo mese di quest'anno a Milano ; il
conte Francesco Taverna, già consigliere intimo di
Stato, che si dedicò per tempo allo studio delle let-
tere e delle scienze, specie della giurisprudenza. Nel
1783 ottenne la laurea nella università di Pavia e
sette anni dopo fu dall'Imperatore Leopoldo II pro-
mosso a consigliere d'appello, quindi chiamato a far
parte del tribunale di revisione, dove rimase fino al
1807, epoca in cui venne nominato primo presidente
alla Corte d'Appello in Milano.
In tutti questi impieghi, egli si distinse sempre per
integrità, per dottrina e per assiduità nell'adempi-
mento de' suoi doveri.
— 70 —
Cessata quest'ultima magistratura, essendosi isti-
tuito ri. R. Tribunale d'Appello generale nel 1816,
chiese il riposo reiteratamente ed infine l'ottenne.
Alle doti dell'ottimo magistrato, si associavano nel
conte Taverna le più belle qualità di mente e di
cuore, rese ancora più pregevoli per la sua modestia-
Penetrato dai sensi della vera e soda religione,
si studiò in tutto il corso della sua vita di osservarne
e praticarne le massime ed i precetti, cosichè la per-
dita di una persona tanto universalmente stimata ed
amata non solo afflisse la di lui famiglia, ma fu sen-
tita e vivamente compianta da tutti.
E quest'anno ancora giunse a Milano la notizia
della morte di UGO FOSCOLO (io settembre) : con-
tava 49 anni. Cinque soli amici seguirono il feretro
che fu tumulato otto giorni dopo la morte nel cimi-
tero di Chiswich. Floriana, sua figlia naturale, lo
seguì un anno dopo in una desolante povertà, soccorsa
da certo canonico Riego, ottimo cuore, al quale la-
sciò in compenso preziosi manoscritti foscoliani.
1828.
CAPITOLO IV
Le Romagna ed il Napoletano. — Misure coercitive. — Lo
Stendhal a Milano. — Feste religiose. — Il conte Ba-
thiany e la SamoylofF. — Divertimenti. — Un altro
figlio del viceré. — Edilizia e pompieri. — Stampa. —
Accademie. — Necrologio.
Oli sguardi dei nostri babbi sono ancora rivolti a
Roma ed alle Legazioni : le descrizioni che se ne fan-
no sono tristissime. Anche nel napoletano le cose non
camminano come vorrebbe il governo austriaco, poi-
ché tratto tratto si scoprono settari.
11 IO marzo, il solerte Lancetti ordina al consi-
gliere delegato a Verona ed ai Commissari superiori
nelle altre provincie che « ove taluno dei molti set-
tari scoperti, avesse a penetrare nel territorio di que-
ste Provincie, sia respinto, qualora mancasse di rego-
lari recapiti ; e sia assoggettato a rigorosa sorve-
glianza, se si trovasse in piena regola, riferendo senza
ritardo, ecc * (i). Unito poi a questa nota^ il ministro
manda un elenco di tali adepti.
(i) Documento 165, Carte segrete.
— 72 —
Intanto con grande dispiacere della cittadinanza,
sono destituiti dalle loro cattedre, a Bologna, il pro-
fessor Tommasini, il prof. Luppi ed il prof. Ventu-
roli, tutti per accuse politiche: certo -Batucci viene
pure consegnato alle carceri di Ferrara con parecchi
altri individui ; le case sospette, dove dicevasi con-
venissero partitanti settari, fiurono rigorosamente vi-
gilate ed altri esercizi pubblici nei quali si constatò
che si tenevano discorsi sovversivi, furono chiusi (i).
Tutto ciò si doveva al Fattività del cardinale Ber-
netti, allora segretario di Stato.
Malgrado tuttavia questa solerzia, Roma, come era
centro dove convenivano parecchi forastieri, così po-
teva dirsi anche quello delle diverse sette, od almeno
dei principali rappresentanti di esse: quivi trova-
vansi Guelfi e Concistoriali, Sanfedisti e altri parec-
chi di quella lunga litania, cui accennammo fin dal
principio di questa Cronistoria (2).
La vigilanza poi del nostro governo si spinse an-
che più in là. Erasi da qualche tempo reso vacante
in Roma il posto di direttore dell'accademia francese,
ed a questo veniva nominato il pittore Vemet, il quale
naturalmente doveva trasferirvisi da Parigi. Ora sic-
come questi era conosciuto pe* suoi principi politici,
molto liberali, la suprema direzione raccomandava
agli IL RR. Commissari che venisse rigorosamente
sorvegliato, e che tale sorveglianza si estendesse an-
che a quegli allievi che fossero a lui diretti, o pro-
venissero dalla sua scuola (3).
(i) Carte segrete, Doc. 208.
(2) Il DIDIER; nella sua Rome souterraine, si trattiene
a lungo intomo alle società segrete d'Italia, ma piuttosto
in forma romantica ; è un libro che tuttavia interessa anche
pei parecchi episodi che vi si narrano.
(3) Carte segrete, D03. 333.
— 73 ~
Qualcuno però riusciva a prendere il largo, come
avvenne dei fratelli Capazzoli, compromessi negli ul-
timi moti del regno di Napoli, i quali fuggiti per
mare, riuscirono ad imbarcarsi per la Francia e V In-
ghilterra.
Anche la stampa non è lasciata in pace : fin dai
primi di quest'anno era venuto in luce a Parigi un
romanzo in quattro volumi dal titolo : Urbin F asono
ou la Jettaturay kistoìre napolitaine par M. de Cara-
dono,
Si disse che il nome delFautore fosse una finzione,
e vi si celasse un suddito italiano ; siccome poi il ro-
manzo era pieno, dicevano i rapporti del governo,
delle più infami calunnie ed oltraggi contro il de-
funto re di Napoli, contro la sua famiglia, il suo re-
gime, i suoi più fedeli impiegati ; che in una parola
spirava da ogni parte odio contro i legfittimi governi
e contro i regnanti, l'Autorità raccomandava nel
modo più rigoroso la vigilanza alla polizia di con-
fine.
€ E questo rigore si esercitasse anche sopra altro
scritto satirico, uscito quasi contemporaneamente per
le stampe a Bruxelles, che porta per titolo : Les sou-
venirs de F Europe en 1828 et leurs héritiers pr'esomp-
tifs, leurs ambassadeursy chargés d^affaires dans les
diverses Cours. Come contrassegno, il volume reca
l'effigie dei sovrani d'Austria, d'Inghilterra, di Spa-
gna e di Francia (i).
Anche lo Stendhal (Enrico Beyle) venne fatto se-
gno alla sorveglianza d«lla polizia nella sua seconda
venuta tra noi. Si trattava di punire chi aveva pub-
(i) Documento 350. Carte segrete.
— 74 —
blicato in un libro sprezzanti parole contro il governo
austriaco ed aveva raccontato sconvenienti storielle
sul conto di vari cittadini. Ecco la Nota del nostro
direttore di Polizia Torresani al conte di Stras-
soldo, conservata negli atti segreti della Polizia del
regno lombardo-veneto, in data del 6 gennaio :
« Come già ebbi ad annunciare all' E. V., arrivò
in questa città il noto francese Enrico Beyle, d'anni
44, già uditore del Consiglio di Stato sotto Bonaparte,
ed autore, per quanto ne sono stato assicurato da
prima fonte, della nota opera intitolata Rome, Na-
ples et tlorence, in cui oltre il pessimo spirito in li-
nea politica, che in essa si scopre, si permise i più vee-
menti ed audaci sarcasmi contro il governo austriaco,
né ebbe ribrezzo di compromettere moltissime per-
sone, tanto delle nostre provincie, quanto di altri
Stati d' Italia, anche colle più palesi calunnie....
« Ora essendosi egli presentato a codesta Dire-
zione per domanda di una carta di sicurezza per 15
giorni, dichiarando che viaggiava per salute e di-
porto..., gli verme ordinato lo sfratto....
« Alle sue lagnanze.... gli vennero fatti conoscere i
motivi di tale misura. Egli cercò di sostenere non es-
sere Kautore dell'opera attribuitagli, soggiungendo
che al suo ritorno a Parigi, si riservava di far qui per-
venire a mezzo dell' I. R. Ambasciata la propria giu-
stificazione, non solo per difendere l'onore, ma onde
rendersi libero il ritomo in questa città, in cui già
soggiornò dal 1816 al 1821.
« Ma egli partì nella notte dello stesso giorno, di-
rigendosi in patria per la via del Sempione.... La di
lui sorveglianza durante questa dimora a Milano non
diede adito a speciali osservazioni, poiché non fre-
quentò che la casa di certo Buzzi, nativo di Viggiù,
col quale trovavasi in stretta relazione già da tempo.
- 75 —
Kd il solerte funzionario ha modo di sapere anche
i particolari del conoscente, poiché dice che esercitava
la professione di scrivano fin dall'epoca del dominio
francese ed arricchì in seguito a speculazioni, durante
il periodo napoleonico.
Ad aggravare la posizione dello Stendhal, ag-
giunge il funzionario, che nella sua prima dimora in
Milano si fece conoscere quale uomo irreligioso e ri-
voluzionario, nemico di ogni ordine politico ed es-
sere stato anche autore di un'opera infame in politica,
stampata nel 1817 a Parigi con nome falso, che ha
per titolo Histoire de la peinture en Italie.
A completare questo episodio dello Stendhal, che
22 anni prima di morire aveva preparato l'epigrafe
per la sua tomba (i), aggiungeremo che tornato a
Parigi fu mandato console a Trieste, volle veder Ve-
nezia, ma non ne fu punto soddisfatto, forse perchè
tormentato dalla gotta. A Civitavecchia dove venne
traslocato, urtò coll'Austria nella elezione del Papa,
favorendo egli un De Gregorio contro il Cast igl ioni,
che cinse la tiara col nome di Pio Vili, ma il governo
austriaco rammentava il da fare che il Beyle gli aveva
dato, e non lo lasciava tranquillo neppure nel suo
consolato, ed insistette tanto presso il governo papale
perchè se ne disfacesse. Malandato in salute, lo scrit-
tore domandò un congedo per curarsi, ritornò a Pari-
gi, dove due anni prima della sua morte ottenne la cit-
tadinanza italiana Spegnevasi il 23 marzo del 1842(2).
Quanto a funzioni religiose, notiamo il battesimo
dato ad un ebreo dal Parroco di S. Ambrogio, Don
(i) Eccola : Enrico Beyle — milanese — visse, scrisse,
amò — quest'anima — adorava Cimarosa, Mozart e Sha-
kespeare.
(2) Barbiera, Figure e figurine.
~ 76-
Cajrlo Bianchi (i) e la chiusura della famosa novena
per Casa d* Austria a S. Celso, oltre le consuete pro-
cessioni di S. Croce e del Corpus Domìni. E il g-o verno
mostrandosi sempre vigile custode della relig-ione,
aveva quest'anno emanato un'ordinanza per la quale
era severamente vietato agli osti il vendere cibi di
grasso in giorni di magro, comminando pene da 15
a 20 fiorini, commutabili nell'arresto fino a 25 giorni.
Il carnevale però è imminente ed i divertimenti in-
cominciano. Al Casino ha luogo una serata musicale
che termina in un ballo, il quale si protrae fino alla
mattina, ed a rallegrare l'accademia vi interviene la
distinta attrice Lalande, idolo dei milanesi, che vi fu
festeggiatissima. Le sale di casa Cicogna furono pure
aperte per una grande serata di musica, terminata con
danze animatissime.
La riunione però che fece maggior chiasso e di cui
si parlò anche molto tempo dopo, fu quella data dal
conte Giuseppe Bathiany, un magiaro puro sangue,
stabilitosi nella nostra città appunto in questo car-
nevale (2).
Val la pena di dirne qualche cosa in disteso. Agi,
buongusto, gentilezza di costume e pratica del bello,
del buono, del magnifico, nulla manca in Milano, così
esordisce l'appendicista musicale nel nostro diario.
Tale fu il caso della magnifica festa a cui il conte
Bathiany invitò il fior fiore della società d'ambo i
sessi, e può dirsi che il genere di questo passatempo
fosse il solo che mancasse alla nostra città, poiché
l'idea ne fu altrettanto peregrina quanto felice. Pro-
(i) Non ci consta che avesse la denominazione di ar-
ciprete a quell'epoca.
(2) Il conte Bathiany abitava nella casa sull'angolo si-
nistro alPestremità dei vecchi giardini pubblici.
- 77 -
babilmente queirappendicista era tutto pieno ancora
delle dolci impressioni della serata, lasciamo a lui
la parola.
Ma se fu bello il pensiero del conte di offrire lo
spettacolo incantevole di un complesso di donne e di
uomini che ricordassero con tutte le particolari ca-
ratteristiche, personaggi famosi nelle antiche corti, o
nelle cronache, o negli annali, o nei romanzi, è da ag-
giungere che trovò negli invitati quanto poteva ser-
vire a dargli risalto.
Tutti si diedero la mano nell'eleganza, nella ric-
chezza, nel gusto, nell'esattezza storica, nella varietà.
Il complesso fu mirabile.
La splendida abitazione del conte, ingrandita da
sale, che il comodo dell'annesso giardino permetteva
d'allestire, si trovò come per incanto trasformata in
una specie di diorama ; tutte le Ccimere presentavano
allo sguardo scene sempre rinnovate pel movimento
sempre alternato della splendida folla, divisa e sud-
divisa in tanti quadri semoventi.
L'ingresso della numerosa coorte, continua il cro-
nista, avvenne in bella ordinanza: tutte le variate
quadriglie, già predisposte, sfilarono al suono di liete
armonie, secondo i caratteri che rappresentavano, fra
due ale d'inservienti che, tenendo nelle mani in linea
orizzontale mazze argentee, sgombravano il cammino
ai passanti, seguendoli sempre mano mano che si
avanzavano. Nel giro fatto, tutti gli astanti che non
facevano parte delle quadriglie, poterono bellamente
ammirarne il complesso ed i particolari, mentre le
quadriglie stesse nella curva che disegnavano, fa-
cendo il giro, vedevansi pure alla loro volta recipro-
camente.
Una rappresentava la corte di Francesco I di Fran-
cia ; seguiva la quadriglia di Malek-Adel, numerosa
^ 78-
di oltre 30 persone, fra cui brillavano ricche vesti e
gemme a profusione ; un'altra la Corte medicea,
quindi la quadriglia polacca, la portoghese, quella
dell'Otello, e quella che destò maggior entusiasmo,
che da poco era apparso il romanzo i Promessi Sposi,
fu la quadriglia di Don Rodrigo e dei bravi, quali
sono indicati nel libro : seguivano gli artisti più ri-
nomati di Milano sotto l'aspetto degli illustri loro
predecessori. Infine una moltitudine d'altri perso-
naggi o isolati, o a coppie, sia dei bassi tempi, sia
di altre epoche e nazioni diverse, vestiti essi pure con
grande ricercatezza.
Nello splendore di tante bellezze, di tante gemme,
di tanti ornamenti, di tante variate vesti seriche e di
oro si riflettevano torrenti di luce.
Le danze che successero al colpo d'occhio d'appa-
rato, furono interrotte dall'invito alla cena, che fu
pure allegrata da festose armonie e da brindisi in
onore dell'Anfitrione.
Così il racconto genuino dell'anonimo appendici-
sta. Quanto sarebbe stato molto più semplice l'aver
detto un ballo in costume nel quale figuravano le
tali e tali quadriglie! intanto valga lo squarcio per
saggio delle appendici della Gazzetta del PezzL
Pare che in tale occasione facesse la sua entrata
nella società milanese la contessa Giulia Samoyloff,
figlia del conte Palden (capo dei congiurati che stran-
golarono lo czar Paolo 1) allevata coi principi del
sangue alla Corte di Pietroburgo.
Essendo morto presto suo marito, ella si recò a
Milano dove era legata in parentela colla casa du-
cale Litta, dalla quale riceveva l'assegno annuo di
un centinaio di mille lire, lasciatele da un Litta, suo
patrigno, ammiraglio ai servigi della Russia (i).
(1) Barbiera, // Salotto della contessa MaffeL
- 7$-
Essa intervenne a questa festa, che poteva chia-
marsi delle nazioni, nel costume di contadina russa :
cappello dal velo piovente fino a terra, abito rosso,
maniche bianche ed attirava l'attenzione fra le altre
bellezze.
Il Barbiera ce ne fa pure il ritratto. Alta, di forme
opulente, dalle chiome corvine, dagli occhi di un co-
lor verdastro, è appassionatissima pei cani, dei quali
allevava un bel numero nel suo ricco appartamento
di via Borgonuovo ; si parlava anche di una masche-
rata di gatti che l'eccentrica contessa lanciò pel corso
un giovedì grasso, sotto un furiosissimo diluvio di co-
riandoli.
La Samoyloff non capisce nulla di musica, ma pi-
glia fuoco per ogni musicista. S'innamorò di un oscuro
baritono, certo Pery, che a Como strillò alla peggio
la parte di Carlo V nélV Emani, e volle sposarlo ;
ma la contessa fu condannata da Vienna a scontare
il suo capriccio nuziale, poiché venne esclusa da ogni
ricevimento a Corte.
Morto il baritono, per riparare allo scandalo, Giu-
lia sceglie per terzo marito un conte dal quale pre-
sto si separò ; strinse amicizia col maestro Pacini,
ma quei legami non giovarono punto all'autore della
Saito, giacché i milanesi lo punirono, fischiando le
sue opere.
Fra gli intimi della dama è da contarsi un Gian-
giacomo Pezzi, figlio al direttore del Diario milanese,
il quale era stato erede di uno zio mercante di por-
pore, che per gareggiare col lusso della Samoyloff,
sciupò tutta l'eredità, sfoggiando persino in cucina,
secchi d'argento. Essa era tanto amante dei cosmetici
e delle tinture che anche agonizzante, raccomandò alla
cameriera che dopo morta le tingesse le ciglia con ogni
diligenza, affinchè chi la vedesse non potesse accor-
gersi essersi queste incanutite.
- 8o ^
Non avendo figli, la contessa aveva adottato una
figlia del Pacini e un'altra ragazza che prima andò
sposa ad un colonnello austriaco e poi al fratello del
baritono Pery.
Molti ridevano di lei, ma molti altri la benedivano.
Nessun povero partiva dalle sue sale colle mani
vuote, tanto era proverbiale la sua generosità verso
quanti inventavano disgrazie domestiche per commo-
verla e strapparle sussidi. Essa volle perfino a scopo
di beneficenza recitare una sera al teatro Re nelle
Prime armi di Richelieu, mentre il canonico Ambro-
soli sedeva alla porta d'ingresso per raccogliere le
offerte dei generosi.
Spendendo ingenti somme in balli sfolgoranti, in
serate, giacché si può dire che le sue sale erano l'ac-
colta della brillante ufficialità austriaca e di qualche
alto magistrato italiano, la contessa si trovava alle
volte possedere pochi napoleoni d'oro, ma se Tocca-
sione le capitava, elargiva pur questi ai supplicanti.
Questa dama, che per molto tempo fece parlar di
sé la società milanese, visse fino a 72 anni e morì a
Parigi nel 1875.
Aggiungiamo questo episodio con cui il Barbiera
chiude la biografia della dama (i).
Fu colta una notte da malore mortale, e se ne stava
tutta sola nella sua camera con un cane. Questi, ac-
cortosi del pericolo (!) corse ad avvertire uno degli
amici di casa, uno dei tanti beneficati, che non vo-
lendo lasciare in balìa dei domestici la propria be-
nefattrice, dormiva in una stanza contigua, pronto ad
ogni soccorso.
L'ultimo erede fu un medico di Tolone, cui lasciò
(i) Libro citato.
— 8i —
perfino i ricami ch'ella soleva eseguire con grande
studio.
In occasione della festa del conte magiaro si scris-
sero anche poesie ; scegliamo qualche cosa perchè il
lettore possa avere un'idea dell'impressione che essa
lasciò fra i nostri babbi ; è d'un classicismo perfetto
come il giornale che la riportava, e tanto dà nel clas-
sico che a mala pena potrà essere compresa, o meglio
gustata come si poteva allora : ne giudichi il lettore.
« Tu che degli anni nel ridente aprile
Di Tea le grazie e i faretrati amori
Traesti all'Amo in riva, e il crin senil<^
Ancor di fresche idalie voci infiori.
Vieni del tuo Medoaco al queto Sile
E me, cui d'amistà candida onori,
Accogli, o Vittorelli, a pie del verde
Lauro, che per età foglie non perde
Dirò se degno tu m'inspiri il canto
Di dame e cavalier l'eccelsa schiera
Che finse volti ed usi ed armi e manto
Del secol nostro e dell'età primiera
E con sua mostra, e col vivace incanto
Allegra l'ore di festevol sera
E chiama i lieti dì, quando alle insubri
Rócche eran segno i Viscontei Colubri ».
Pare che questo Vittorelli fosse uno dei personaggi
più importanti della festa, legato in amicizia col poeta
d'occasione.
Nell'aprile si ebbe all'Arena una nuova ascensione
dell'Orlandi e dai pubblici fogli si raccoglie che l'in-
trepido areonauta si elevò all'altezza di due miglia e
mezzo, elevazione molto maggiore di quella a cui per-
venne la Gamerin, e scese in un paese distante dalla
GiANETTi. Cronistoria. 6
— 82 —
città otto miglia, al tocco dopo mezzanotte. Avver-
tiamo che era partito dall'anfiteatro alle sette di sera,
furono quindi sei ore di viaggio. Suoi mezzi di ascen-
sione furono prima il solo gas fino ad una certa al-
tezza, quindi l'accensione della lampada : mezzi di
discesa, la diminuzione dell'aria calda, aprendo la val-
vola ed estinguendo la lampada. Quindi la solita
palla da lui calata al basso.
Pochi giorni dopo altro spettacolo nello stesso an-
fiteatro, quello di una regata veneziana. Vale la pena
di dirne qualche cosa, anche perchè il lettore possa
stabilire le differenze fra le attuali feste e quelle di
oltre tre quarti di secolo fa.
Tutto il bacino era allagato, nel mezzo sorgeva un
padiglione dove si trovava la musica, ed ai suoi con-
centi rispondevano altri suonatori che vogavano in
due barche nel bacino. Parecchie graziose peote e
gondole elegantemente e riccamente addobbate vaga-
vano dolcemente sull'onde, un complesso insomma
destinato ad animare la scena prima che cominciasse
lo spettacolo.
Al suono delle trombe, partirono contemporanea-
mente quattro leggeri battelli condotti ciascuno da un
rematore : il pubblico scoppiava volta a volta in ap-
plausi e terminata la corsa si fecero alcuni giri in-
torno al bacino.
Il viceré ci regala un quintogenito, che viene al so-
lito battezzato dal Cardinale Arcivescovo ; gli sono
imposti i nomi di Antonio, Maria, Raineri, Carlo.
Inutile aggiungere i consueti baciamani a Corte e le
solite feste e luminarie ai teatri.
L'edilizia continua ad abbellire Milano ed in que-
st'anno si pensò alla nuova gradinata davanti alla
facciata del Duomo, si terminò il Cimitero di Porta
-83-
Tosa (ora Vittoria) e si cessò di usare di quello di
Porta Romana. Il corpo dei pompieri, già da alcuni
anni istituito, offre nella caserma di S. Gerolamo pa-
recchi esperimenti per l'estinzione degli incendi.
Nel marzo (9) si ebbe Tingrata sorpresa di un ter-
remoto sussultorio, che avvenne alle 3,20 del mattino.
In alcune case dondolarono letti, si screpolarono pa-
reti e tintinnarono campanelli ; tutto ciò, malgrado il
cielo d'un bel sereno. Il popolino vi fabbricò subito
notizie fantastiche di futuri eventi politici.
La messe letteraria non è troppo feconda, e, se to-
gliamo parecchie traduzioni, qualche nuova edizione
dei Promessi Sposi, ed i soliti almanacchi, i fogli
nulla ci danno.
Fra la quantità delle strenne, così si chiamavano
certi almanacchi illustrati, notiamo : La galleria del
mondo, del Vallardi ; la Scuola di Minerva, del Pi-
rotta, libretto che in piccolo rassomiglia a quello di
Gotha o al Vesta Verde, pubblicato ora dal Marchi ;
Le danze antiche e moderne, La moda e i suoi ca-
pricci, I Paralipomeni di un filosofo del Maialar,
tutti della ditta Fratelli Vallardi. U Ubicini ci diede
una novella dei tempi feudali, i Classici italiani Gon-
zalvo e Zulema, 1 Turchi e Costantinopoli ed An-
gelica Montanini di Siena; la tipografia Tinelli, Mi-
lano abbellita; la ditta G. B. Bianchi e C. pubblicò :
Un'ora nel giardino di Desio ; il Ferrano, Le nozze
di tutti i popoli deir Africa, almanacco che fa seguito
a quello dello scorso anno in cui erano pubblicate
quelle dei popoli asiatici ; il tipografo Bemardoni,
La cronologia storica della Germania e dell'impero
d! Occidente e Gli sposi crociati, novella storica del
secolo XI ; del Tenenti abbiamo // taccuino per
àuto, dedicato ai romcUitici ed ai cruscanti ; final-
-84 -
ite del Visai / fasti di Milano, Pietro Marocco pub-
lieo la Poetica di Orano, e il tipo^afo Pogliam
tIì opuscoli filosofici del Rosmini.
Inutile accennare alle consuete accademie colle
quali si chiudeva Tanno scolastico, come quella che
avveniva a Brera, cui seguiva la esposizione dei qua-
dri e delle sculhire, quella d'incoraggiamento per la
industria nazionale e quella dell* I. R. Conservatorio,
ed è pure inutile aggiungere la litania del mondo
ufficiale che ad esse conveniva ; una cosa sola note-
remo nelle industrie ed è che nella nostra città si in-
cominciavano ad usare le stoffe impermeabili intro-
dotte dalla Francia dai signori Rottier e Guibal.
H Circa ai decessi, con uno stile che certamente fa-
rebbe meravigliare qualcuno dei nostri e^iomalisti at-
tuali, la GaBseila di Milano scrive in data 13 ottobre t
« Questa mattina alle ore 6, dopo lunga e placida
agonia, passò agli etemi riposi VINCENZO MONTI, il
più gran poeta dell'età nostra, ira il compianto della
famiglia^ degli amici e degli ammiratori di si alto
ingegno, a cui fra poco risponderà quello di tutta
Italia, » Così si esprime il foglio, e nulla piii (1),
E' noto che questo poeta, uno dei campioni del
classicismo, a 16 anni scrisse la Visione di E^ctkiello
e la Prosopopea, poco dopo La bellezza dell uni-
verso. La Musogonia, L'ode in onore di Monigolfier^
il celebre areonauta, VAmor pellegrino, Il felìegrìno
apostolica ; le tragedie : Aristodemo, Manfredi, Cajo
Gracco ; quindi i Canti la Basvilliana e la MascÀe-
romana, una traduzione di Persio e quella delF Iliade,
per tacere di tanti altri componimenti di circostanza,
(i) Moriva mentre un terremoto scuoteva tutta Milano
e la sua vecchia domestica atterrita da quella morte era
colpita essa pure da insulto apopletìco.
-85-
i quali lavori meritarono al Monti il soprannome di
principe dei poeti e titoli ed onorificenze dalla na-
zione e dall'estero.
Bellissima ed incisiva fu l'epigrafe che si leggeva
in un gran cartello sulla porta della chiesa di S. Fe-
dele (abitava egli al n. 5 nella via S. Giuseppe) il
giorno in cui ebbero luogo le supreme esequie :
VmCENTIO MONTI
PCETARUM ìETATIS SUJE
AB ITALIS EXTERIS QU JE
PRINCIPI CONCLAMATO
QUI
ANNOS NATUS LXXIV
PESSIME DECESSn
UXOR ET FILIA
SUPERUM BEATlTATEM COMPRECANTUR
IN LACRYMAS EFFUS^E.
Si era creduto sulle prime che il Monti fosse na-
tivo di Fusignano nella provincia Ferrarese, ma venne
accertato esser egli nato in Alfonsine, territorio di
Ravenna, da dove la sua famiglia si trasferì a Fu-
signano ; egli trovavasi nella nostra città da oltre
cinque anni.
A questo illustre decesso dobbiamo pure aggiun-
gerne altro non meno celebre, quello di IPPOLITO
PlNDEMONTE, che avvenne il 24 del novembre verso
le 3 del mattino.
Il Pindemonte nacque in Verona nel 1753, fu col
fratello Giovanni educato nel collegio dei preti della
Congregazione di S. Carlo in Modena e ne usci che
non aveva per anco tocchi i 1 8 anni.
Fin da giovine pubblicò versi e prose anche in
latino e versioni pure dal latino e dal greco : più tardi
ni e le ]
«Só-
le prose e le poesie campestri, i sepolcri, i sermoni
^"^'SelYArminio mostrò come si potesse calzare il co-
turno ed elevarsi ai più sublimi concetti ; colla ver-
sione deir Odissea aggiunse un nuovo capolavoro
all'Iliade, quindi sonetti, dissertaziom, discorsi tea-
""^la malinconia era sua musa prediletta e pianse
con sommi versi la morte del sommo Canova.
Viaggiò in Francia, in Inghilterra, m Olanda, in
Germania e ripetutamente in Italia, lasciando ovun-
que estimatori ed amici ; e questa ricca suppellettile
di gloria era resa maggiore dalla virtù. Fu a suoi
nipoti più padre che zio, amico sincero e geiieroso e
benefattore nascosto : estimatore della vn^tu in al-
trui, né adulò, né offese : sopportò tranquillo 1 ingiu-
ria e la critica, vinse i nemici tacendo.
Fu di salute poco robusta, ma si ingagliardì col-
l'esercizio : ammalò, ma gli amici si illudevano sem-
pre : un presentimento segreto ed amaro era nel cuore
dei più affezionati. Per poco si ondeggiò fra la spe-
ranza ed il timore, finché fu vittima del crudel morbo,
un reuma catarrale. • j- • j-
« Sublimi, togliamo queste parole dai periodici di
allora, furono i suoi sentimenti fino all'estremo del
suo vivere, e la sua morte fu il sonno di chi inteme-
rato si ricongiunge all'amplesso di Dio : il Corpo
Municipale, il Consiglio del Comune, i Membri del-
TAccademia Agraria, i professori del Seminario, del
Liceo e dei Ginasii e cospicui cittadini vollero accom-
pagnarne il feretro. »
A questi decessi dobbiamo aggiungere quello del
conte ANNIBALE Visconti. Fu questi modello di virtù
cittadine e domestiche, noto per coltura di spirito e
bontà d'animo. Ebbe a genitore il conte Giuseppe, di-
k
■j|IM."ii«>
-87-
scendente da Bernabò Visconti : studiò nel collegio
di Prato, dove si distinse per ingegno alacre e cure
indefesse ; ebbe Tamicizia dei dotti : esercitò anche
la pittura e fu ascritto a quel corpo accademico ; mo-
riva la notte dal 20 al 21 novembre.
Finalmente notiamo lo scultore Giovanni Piazza,
di Viggiù, autore delle statue di S. Ambrogio, S. Ger-
vaso e Protaso che si trovano nella chiesa del Car-
mine.
1829.
CAPITOLO V
Armamenti austriaci e repressioni, — T titoli lìobiliari. —
Giornali esteri. — Il Piemonte. — Restrizione dei per-
ttìesst di porto d'armi. — Il contrabbando. — Roma e
le legazioni. — 11 generale Sebastiani — Uno sguardo
al resto d* Itali a. — Vita milanese. — II lotto. — Papa
Leone XIT e il nuovo pontefice Pio VI IL ^ Visite uf-
ficiali e spettacoli. — Giuditta Pasta. — Stampa. —
Edilizia. — Necrologio,
Il sistema del silenzio esercitato dal nostro Go
verno per tutto quanto riguardava le notizie politi-
che, sembrava non potersi piti mantenere ] i pochi
giornali stranieri di cui permettevasi l'introduzione
nella Lombardia e nel Veneto, che non tutti i fogli
esteri potevano varcare il contine (i), non potevano
smentire i fatti. Ben è vero, che il diario ufficiale tea
tava negare, tacciare di sognatori, di esagerati quei
comunicati, ma pur troppo i fatti esistevano e quasi
la smentita della Gazzetta Ufficiale equivaleva ad
ima conferma.
Verso la fine del gennaio in una corrispondenza
(i) Il Cusani nrl volume 4^^ p^g- 322, cita un brano di
lettera del Conte Pintro Verri al fratello datata del 3J di-
cembre 1792, in cui dice come a Milano non fosse permesso
di leggere il Monitrur, il quale h risaputo eissere il foglio
ufficiale francese, se non a chi siede nella Conferensa gQ-
ijcrnatii'a; egli stesso, povero vecchio giubil' *o, non po-
teva averlo nemmeno con denaro.
- 89-
da Milano ad un periodico francese, si leggeva che
r Austria armava, e che grandi concentramenti di
truppe avvenivano, specie nel Veneto. Un'altra volta
il C onstitutionnel pubblicava un fatterello di cronaca
avvenuto a MileUio. Si trattava di un suddito inglese,
il quale entrato in città, presentò il suo passaporto
alla polizia locale per la necessaria firma ; l'autorità
glielo ritornò colFobbligo di sloggiare entro 24 ore.
Il suddito estero reclamò presso il proprio console,
il quale udita la soperchieria commessa, appone sul
passaporto il bollo dell'ambasciata, scrivendovi : //
sunnominato può rimanersi quanto tempo desidera;
e la polizia a beversi in pace l'affronto, ma il diario
smentisce.
Gira pur la voce di un Congresso di principi ita-
liani che verrebbe convocato dall'Austria a Roma;
sono i fogli francesi che danno la notizia, ma al so-
lito il nostro diario nega. E un tale sistema di con-
durre avanti le cose, emerge anche da una corrispon-
denza da Milano al Journal des débats, in cui sfi^
dando tutte le smentite del diario milanese si scrive
quanto segue:
e Gli austriaci non contenti di impedire le adu-
nanze e di chiudere la bocca agli italiani, vorrebbero
incatenare i loro pensieri ; ciò che non è tanto facile
a fare come reprimere la libertà di stampa. Ma infine
con mille vessazioni diverse, essi sperano di avvici-
narsi al loro scopo. Anche ultimamente il governo di
Mila^io fece distribuire a tutti gli inquisitori la se-
guente Nota segreta :
e Noi Governatore di Milano, ecc. — Essendo stati
informati da persone che hanno tutta la nostra con-
fidenza e che sono degne di fede, che uomini male
intenzionati, già sospetti da qualche tempo, fanno uso
di segni per comunicarsi i loro progetti nelle pub-
— go —
blìche passeggiate, nei teatri ed anco nei ministeri,
sotto gli occhi dell'autorità ; noi vi invitiamo a pro-
curare segretamente e con tutta la possibile precau-
zione di scoprire il significato di questi segni che
sembrano annunziare una trama segreta, che si ordi-
sce contro il governo. Affine di mettervi in caso di
conseguire questo scopo, vi avvertiamo che le somme
che sarete obbligati dì spendere per scoprire l'oggetto
|di questa diabolica cabala, vi saranno rimborsate, e
che una generosa ricompensa sarà assegnata al vo-
stro zelo ed ai vostri servigi. »
< Per finire di rovinare il paese, si parla di intro-
durre nel milanese la carta monetata austriaca : non
si è contenti soltanto delle enormi somme che si tol-
gono al paese nel corso dell'anno, si vuole anche far
spigrire la materia preziosa, per surrogarla con carta
alla quale tosto o tardi un decreto toglierà tutto il
suo valore. Fortunatamente si sa per esperienza quale
sarà il risultato di una simile impresa,
a Ferdinando IV mise in circolazione a Napoli, ce-
dole che rovinarono parecchi. E* a sperare che con-
siderato il passato, il milanese non si lascerà pren-
dere a simile esca » (i).
Inutile aggiungere che il diario cittadino gridò
alla menzogna, alla calunnia, ma senza mai confu-
tare, né addurre prove in contrario, e poi il progresso
della storia provò che queste asserzioni erano pur
troppo veritiere.
In quest'anno era pur venuto in capo al Governo
di vietare che i suoi sudditi non potessero ricevere
titoli nobiliari da potenze estere, e di usarne nei RR.
Stati, senza previo avviso alla Cancelleria aulica.
(i) GazBCtta di Milano, 17 ottobre.
— 91 —
Pare anzi che in tale occasione si fosse ordinato alla
nobiltà lombarda l'obbligo di far riconfermare i pro-
pri titoli.
Ora a questa ingiunzione, pochissimi si sottopo-
sero, attese le enormi tasse cui dovevano sottostare
(fino a 50 mila lire). Nel 18 16 l'Arcivescovo di Mi-
lano fu costretto di ricevere l'ordine della corona di
ferro e dopo sei mesi, si vide imposto una tassa di
sette mila lire.
Forse queste notizie attinte a giornali esteri sem-
breranno esagerate: sta però il fatto che parecchie
delle nomine ad ordini cavallereschi od a dignità,
che si fanno negli anni seguenti, recano la clausola
€ con esenzione della tassa ».
E l'occhio vigile del Governo si volgeva pure al
piccolo Piemonte, particolarmente al principe di Ca-
rignano che cresceva a speranza di quell'unità d'Ita-
lia che allora, era follia sperare ; ed i giornali esteri,
siamo pur costretti ancora a spigolare fra essi, met-
tevano sull'avviso le Potenze Europee circa le mene
segrete dell'Austria ed il suo mal animo contro quel
principe (i).
Né le cose camminavano diversamente, e quasi a
mostrar contradizione colla calma affettata dal go-
verno, un manifesto proibisce l'introduzione delle
capsule chimiche per uso delle armi da fuoco a per-
cussione ; anzi comanda, che ogni fabbricatore debba
da qui innanzi imprimere sull'arme il proprio nome,
cognome e luogo di fabbrica, in modo chiaro e du-
revole ; un altro si scaglia contro il contrabbando,
che avviene su larga scala lungo il corso del Po, e
perchè sia maggiormente garantito lo Stato, una spe-
ciale notificazione ai venditori di merce soggette a
(i) Togliamo la notizia da un articolo del C onstitution-
nel^ che ha per titolo : L Austria limitrofa alla Francia.
— 92 —
dazio, o a dogana, ingiunge che essi ad ogni richiesta
della Finanza, dovranno provarne la provenienza ed
il pagamento relativo dei gravzimi, pena la confisca.
Abbiamo già detto in altro luogo come i confi-
denti avessero dipinto alla corte di Vienna lo stato
miserevole in cui si trovava la capitale degli Stati
pontifici, ora la Segreteria del conclave, raunata in
occasione della prossima elezione del nuovo pontefice,
mandò all'ambasciatore conte di Liitzow una nota
abbastanza risentita per smentire tali calunniose as-
serzioni. Eccola nella sua integrità :
«E' giunto a notizia (i) del Sacro Collegio riu-
nito in Conclave, che vociferazioni, quanto destituite
di fondamento, altrettanto esagerate dalFimportanza
che vogliono darvi gli oziosi, e fors'anco i mali inten-
zionati, serpeggiano in contrade estere, per farvi cre-
dere che in questa capitale si trovi compromessa la
pubblica tranquillità, in seguito a gravi cospirazioni,
ordite occultamente per giungere a turbarvi l'ordine
pubblico.
«Gli Em. Padri, quantunque persuasi che V. E.,
testimonio oculare della quiete pienissima e della
sicurezza perfetta di cui. Dio mercè, ci si gode, non
abbia bisogno di alcun impulso per ismentire voci as-
surde nella sua corrispondenza colla I. R. Corte, da
Lei qui rappresentata con generale soddisfazione,
hanno ciò non ostante ingiunto al sottoscritto di pre-
garla espressamente a tal fine, e di assicurarla official-
mente che l'arresto di recente seguito in Roma, ha
dato luogo a conoscere, senza dubbio di sorta, che
nella scoperta pratica carbonica (sic) non erano com-
plicati che pochi individui, per lo piìi esuli di Stati
vicini, e questi pure appartenenti all'infima società
e mancanti di mezzi, non meno che di considerazione,
(i) Documenti, Carte segrete, 393.
i
- 93 —
allo scopo di poter giungere a turbare la pubblica
pace.
€ E' poi consolantissimo per il sottoscritto di po-
ter ad un tempo accertare V. E. che, quanto sono efi&-
caci gli espedienti già presi per prevenire il ritomo
di siffatti incidenti, figli piii della follia che della
malizia, altrettanto si è già inoltrata la procedura
dei pochi, riconosciuti colpevoli, ai quali la saviezza
e la giustizia dei competenti tribunali preparano la
sorte che loro è dovuta (i).
Malgrado ciò ; il ministro Lancetti, poco dopo la
nomina del Pontefice, manda all'I. R Presidenza di
governo una nota in data i8 giugno 1829, in cui fa-
cendo il riaissunto del Grovemo delle legazioni t di-
mostra il carattere di quegli abitanti, lo spirto che
vi domina e la poca influenza che vi esercitano le
autorità e il governo ».
e Nella città di Faenza, dice la nota, vennero giorni
sono affissi dei veementissimi libelli contro il clero
ed il Governo, che furono poi ripetuti in altri luoghi,
senza alcun riguardo. Concitato però il popolo, ebbe
luogo una rissa sanguinosa tra i così detti Sanfedisti,
che sono gli individui più affezionati al governo, ed
i liberali, da cui risultò qualche grave ferimento e
qualche uccisione.
cAd Imola fu invaso e saccheggiato dal popolo
il palazzo arcivescovile, perchè quel Prelato, che do-
vette poi fuggire, non volle permettere che in occa-
sione di certa processione, si portasse l'immagine della
Madonna sotto il baldacchino, dovendo ciò farsi solo
pel SS. Sacramento.
cA Ferrara si videro pure comparire delle satire,
subito dopo il ritorno del Cardinale legato ; una fra
(i) Carte segrete, Documenti 151.
— 94 —
le altre fu diretta contro gli impiegati della Lega-
zione, accusati di arbitrio e di concussioni... In Co-
macchio furono sorpresi molti giovani scostimiati e
facinorosi, che recavano sacrileghi oltraggi ad una
immagine della B. V. collocata su d'una pubblica
via....
e A Cesena fu di notte piantato sulla piazza l'al-
bero della libertà con sovraposto il berretto tricolore
(frigio?) e con una scritta che eccitava il popolo a
rivoltarsi.
«A Bologna accaddero pure scene tumultuose,
promosse dagli studenti, che si permisero fra gli al-
tri eccessi, di insultare e schiaffeggiare il marchese
Rusconi, che poco prima aveva avuto un alterco con
un giovane studente greco....
«in seguito a si gravi disordini che mettono a
repentaglio la vita e la tranquillità dei pacifici citta-
dini, il Governo di Roma die ordini pressanti ai ri-
spettivi Legati e direttori di polizia, affinchè sieno prese
le opportune misure di rigore. Ma gli impiegati in ge-
nerale sono poco animati a favore del Governo, la
forza pubblica è scarsa e di fede sospetta ; tutti poi
temono di compromettersi, per cui gli ordini riman-
gono quasi sempre inefficaci o negletti.
«Il nuovo Papa, che ha voce di essere uomo di
molta dottrina e di giusto criterio, pubblicò poco dopo
la sua elezione, essere sua ferma volontà di favorire
le arti, il commercio, l'agricoltura e l'industria; ma
tutti aggiungono che è già troppo vecchio, che non
conosce, né può conoscere l'amministrazione di uno
Stato, e che il cardinale Albani, chiamato alla segre-
teria del governo, è pure in età avanzatissima ed in-
capace di dar vita a tutte quelle riforme salutari, di
cui tanto si abbisogna. L'Albani poi è considerato
come uno dei cardinali più devoti all'Austria e retto
- 95 -
interamente dalla costei influenza, per cui anche per
questo titolo, si mormora contro di lui. (i)
e Ultimamente fu arrestato a Cervia il conte
Claudio Rossi, suddito pontificio, ma rivestito del ca-
rattere di agente austriaco. Egli fu ripreso parecchie
.volte da quel vescovo per la di lui scorretta condotta,
e, non avendo dato ascolto a tali ammonizioni, si or-
dinò il suo trasferimento al convento dei Padri Fran-
cescani ; ciò diede luogo a sinistre insinuazioni, tanto
più che il Rossi aspirava ad essere nominato I. R.
vice-console a Ravenna...
c.Corse pur voce che a Perugia fossero seguiti de-
gli arresti per settismo (sic) politico, anche fra ca-
rabinieri pontifici, ma furono notizie esagerate ; in ge-
nerale però lo spirito che regna nelle provincie pon-
tificie, non potrebbe essere peggiore, e le violenze e
gli eccessi d'ogni specie, vi sono frequenti e giorna-
lieri. » (2).
Ora avendo Tambasciatore Liitzow mandato una
nota al cardinale Bemetti, in cui gli domandava la
lista di quei sudditi che si erano compromessi du-
rante le ultime rivoluzioni, affinchè si dovesser loro
(1) Circa la vecchiaia del papa la voce pubblica forse
non aveva torto, infatti esso non tenne lo stato che circa due
anni; del cardinale Albani era comune la voce essersi
venduto a Metternich ; del resto Roma era già esacerbata
alla morte di Leone XII e tale irritazione l'aveva espressa
in una scritta che si leggeva appicciccata alla statua di Pa-
squino.
Siccome la morte era avvenuta di carnevale, la pasqui-
nata così si esprimeva :
Tre gran danni ci festi o Padre Santo
Accettare il papato, viver tanto,
Morire in carnevale per esser pianto.
(2) Carte segrete, Doc. 153.
-96 -
rifiutare i passaporti per gli Stati austriaci, il Car-
dinale rispondeva con una lettera riservata in cui
dice, che quantunque l'incarico sia molto dif&cile,
-* atteso che il numero di quelli che si mostrarono
partigiani ferventi della rivoluzione e la cui presenza
sarebbe pericolosa, è tale che occorrerebbe non pic-
colo volume, B tuttavia può mettere fin d'ora a dispo
sizione dell'ambasciata i nomi dei principali capo-
rioni, assicurando che alle competenti autorità delle
Legazioni verranno impartite precìse ed energiche
istruzioni, onde non sia accordato il passaporto per
gli Stati austriaci a chiunque si riconosca per ade-
rente ai principii demagogici, e molto più a tutti co-
loro, che possono supporsi capaci di movere a quella
volta con prave intenzioni „ (i).
Gli è certo poi che spinto dalle mene dell'Austria,
il cardinale Albani pubblicò un nuovo editto contro
le società segrete, editto che il solerte Lancetti si prese
cura di portar subito z, notizia dell'eccelso I. R. Pre-
sidio, facendovi anche intorno qualche chiosa, e cioè
che esso destò fra il popolo una generale impressione
di malcontento, scoprendosi l'effetto della preponde-
rante influenza esercitata dall'Austria sulla corte ro
mana, e particolarmente sull'animo del nuovo segreta-
rio di Stato. Aggiunge poi che i liberali sperano che
le rigorosissime disposizioni dell'editto non potranno
ottenere una completa esecuzione in pratica, o che sa-
ranno modificate con speciali atti di grazia, come av-
venne finora (2).
E mentre il governo vigilava sull'andamento ge-
nerale della politica, non dimenticava la sorveglianza
(i) Carte segrete, Documento 154.
(2) Idem, Documento 166.
^
— 97 —
speciale sulle persone Era la volta del generale Se
bastiani. La sua venuta fu annunciata da una lettera
della direzione della polizia di Venezia a quella di
Treviso, in cui fra Faltro, è detto che codesto gene-
rale francese, membro della Camera dei deputati, è
uno dei principali sostegni del partito dell'opposi-
zione, ben conosciuto pe' suoi principi esaltati e per
la sua tendenza al liberalismo. Raccomanda al Com-
missario di attivare sopra di lui la più scrupolosa e
segreta sorveglianza politica sulle mosse, sui discorsi,
e sulle relazioni di costui (i).
E perchè il povero generale possa essere accurata-
mente sorvegliato, ingiunge al funzionario che av-
verta in proposito anche le Autorità delle altre Pro-
vincie (2).
Ne fu questa la sola volta che il Sebastiani pro-
vocò sopra di lui la sorveglianza del governo austria-
co poiché più tardi e precisamente nel 1831, essendo
nell'animo del governatore Strassoldo insorti dubbi
sulla costui condotta politica, l'onnipotente cancel-
liere gli scriveva da Vienna: cMonsieur le Comte.
Gomme on est parvenu à trouver la clef du chiffre...
J'ai maintenant sous les yeux les rapports de ce con-
sul general et les dépéches de M. Sebastiani. Et il....
est facile de se convaincre que cet agent était en rela-
tions suivies et journal ières avec les mauvaises tétes
de la Lombardie. V. Excell. en jugera par les deux
échantillons ci-joints, que j'ai Thonneur de lui com-
muniquer pour sa connaissance personnelle et unique-
ment dans le but de la mettre en garde contre ce dan-
gereux agent f ran^ais, ecc. ».
(i) Carte segrete, Documento 334 e note.
(2) Idem.
Glanbtti. Cronistoria.
-98-
E qui cita i lunghi rapporti del console francese
Dénoix al Sebastiani (i).
Ora come correvano veramente le cose? Fin dal
1822 in un congresso tenuto a Verona, le tre grandi
potenze (Austria, Russia e Prussia) avevano stabilito
un accordo con parecchi Stati d'Italia, perchè le sette
liberali venissero vigilate, e si dovesse reprimere colla
violenza qualsiasi tentativo d'insurrezione. Ora le po-
polazioni quasi fossero strette in ta&ta lega, rinunzia-
vano ad inutili tentativi, che sarebbero terminati in
inutili spargimenti di sangue. Duravano però nei cuori
le aspirazioni degli anni precedenti, e nella memoria
risonava ancora Teco delle stragi del mezzogiorno e
de! nord d'Italia, sicché pareva che finalmente dalle
remote fortezze austriache giungessero airorecchio dei
popoli i lamenti dei carcerati ed il lugubre suono delle
catene.
Erano, o almeno sembravano tranquille le città
suddite air Austri a, ma si pensi che venuta a man-
care la fortuna delle armi rivoluzionarie, gli uomini
di qualche riputazione, si apparecchiavano alle nuove
lotte colTeducazione della mente, e la gioventù popo-
lava silenziosamente le Università, infervorandosi in
cuor suo di emulare un giorno il valore degli eroi e
saperne evitare gli errori.
E questa rivoluzione lenta e tranquilla, che pure
a quando a quando, il Governo confessava, covare
sotto la cenere, era certo tanto più pericolosa, quanto
più essa sfuggiva alle minaccie e ai processi sangui-
nosi, rimanendo in gran parte nel campo sereno delle
idee. Cosi un concetto più chiaro dei diritti dei popoli
snebbiava le menti da ogni pregiudizio : in breve, sem-
(i) Cesare Cantu', Cronistoria,
— 99 —
brava che il patriottismo fosse divenuto tranquillo e
ragionato.
Si camminava nella via del progresso ed i nostri
babbi divenivano degni di giorni migliori. Non ri-
sorgevano le città a mano armata, ma in seno alle
società segrete si svolgevano i semi di una nuova ope-
rosità, cosichè il pericolo diveniva tanto piti grande
ed irrimediabile pei nostri nemici.
Quanto dunque accade in questi anni non è rav-
vivato da commozioni né da rimpianti di popoli.
L'Austria, si sa, ha fra le mani le chiavi d'Italia : coi
suoi cannoni ne custodisce le porte ed in tal modo
crede, o pretende di aver alzata una barriera insupe-
rabile fra i suoi possedimenti e gli altri Stati italiani,
pensando che i lombardi siansi adattati finalmente a
piegare volonterosi il collo sotto il giogo della tiran-
nia. Fu un errore provvidenziale, che doveva rinno-
varsi più volte e intanto gettare le fondamenta delle
future e più fortunate rivoluzioni.
Ed ora, fattici un concetto generale degli Stati
italiani, spigoliamo per entro agli avvenimenti per
vedervi lo spirito della nostra città.
Nell'ottobre avemmo lo spettacolo di una sen-
tenza capitale. E' risaputo che fin dal gennaio 1816,
era stato proclamato il giudizio statario e, con qual-
che piccola variante, esso continuava anche nell'anno
di grazia in cui ci troviamo. Ora venne preso certo
Giuseppe Re, un volgare assassino di strada ed in
seguito a* suoi delitti, fu condannato alla morte da
eseguirsi colla forca e tale esecuzione accadde ap-
punto nel mese accennato, fuori della città nel tratto
che dal viale di Porta Vercellina (Magenta) corre a
Porta Tenaglia. Inutile aggiungere la consueta folla
— lOO —
del popolino, che quantunque Tesecuzione avesse luo-
go di buonissima ora, si accalcava per le vie che il
funebre convoglio avrebbe transitato e là fra una neb-
bia più che autunnale, attorno a quel palco di morte,
vi si facevano i piti svariati commenti. Chi ha la scia-
gura di avere un pò* di carnevali sulle spalle, saprà
che il carnefice dimorava abitualmente a Milano in
una casetta addossata al palazzo di giustizia vicino
a piazza Verziere, era la cà del boia, così l'additavano
i babbi a noi bambini.
E giacché siamo ad assassini, è bene sapere come
nel principio del marzo di quest'anno, veniva arre-
stato nella nostra città dall'agente di polizia francese
Chrétien, certo Doumas Dupin, un evaso dal bagno
di Rochefort, autore di parecchi assassini commessi
in Francia. Anzi era corsa voce all'estero che mentre
l'agente francese stava per tradurlo a Parigi, le auto-
rità italiane, arrestarono lui alla sua volta, non es-
sendo munito di mandato speciale : sembra però che
questa notizia sia stata una pretta invenzione del Mes-
sager, poiché non eravi alcun interesse speciale da
parte del nostro governo di prendere tale misura.
Anche il giuoco del lotto aveva dato occasione a
reclami, particolarmente la vendita dei così detti
storniy polizze particolari di cui il tenitore del banco
di lotto, per sbagli successi, si trovava possessore e
che rivendeva al miglior offerente nel giorno in cui
doveva seguire l'estrazione, giacché le giocate rego-
lari terminavano alla mezzanotte del giorno prece-
dente, allora era il mercoledì. Ora una nota governa-
tiva proibì agli strilloni la vendita di tali polizze, e
forti pene pecuniarie vennero comminate ai contrav-
ventori.
— lOI —
IDi mezzo a queste cure, non si tralasciava dai no-
stri padroni la festa deironomastico imperiale e la
epigrafia vi recava un largo contributo (i). Ecco
quanto leggevasi sulla porta maggiore della nostra
Cattedrale :
A MDCCCXXIX
PRIDIE IDUS FEBRUARIAS
AUSPICATISSIMA DIERUM
QUA
FRANCISCI CvESARIS AUGUSTO
Pn FLORENTIS PACIFERI
NATALITIA REDEUNT
LONGOBARDI
DEC MAGNO PROPITIO
SOSPIRATORI REGNORUM
HYMNUM GRATIARUM CANIMUS
RAINERI ARCHIDUCIS PROREGIS NOSTRI
EJUSQUE CONJUGIS
MARIiE FRANCISCUS ELISABETHìE
PRiESENTIA OPTATISSIMA EXHILARATI
Come già accennammo era morto a Roma papa
Leone XII (Annibale della Genga). Era nato il 22
agosto del 1760 nel castello omonimo, su quel di Spo-
leto. Studiò nel Collegio di Osimo, quindi in quello
di Loreto ; trovandosi all'accademia ecclesiastica, il
suo nobile contegno fece molta impressione sull'animo
di Pio VI che si recava appunto colà in visita, sicché
lo prese a ben volere e lo nominò suo cameriere se-
greto, affidandogli in seguito parecchi incarichi, fin-
(i) Ne era autore il dotto archeologo dottor Labus, no-
minato in seguito epigrafista aulico ed insignito di speciali
onorificenze.
— I02 —
che ebbe rarcivescovado di Tiro. Tali favori aumen-
tarono sotto il successore Pio VII dal quale fu creato
Cardinale, quindi vescovo di Sinigaglia, poi Vicario
a Roma.
Le fatiche gli guastarono di molto la salute Alla
morte di Pio VII venne eletto papa, sebbene parecchi
fossero i partiti in cui era diviso il Sacro Collegio (i).
Erano appena corsi cinque anni e due mesi dalla
sua elezione, e la salute andava ogni giorno deterio-
rando. Non volle per questo lasciare Tuf&cio : si era
vicino alle feste del Natale del 1828, nella sera il
Papa aveva assistito ai vesperi ed alla messa in au-
rora, quindi ricevette l'offerta ed i voti del Capitolo,
ma nel gennaio seguente continuò a peggiorare.
Pochi giorni prima della sua morte, cioè verso la
fine di quel mese, egli si intratteneva familiarmente
con alcuni prelati, ed uno di questi, manifestandogli
il suo contento per vederlo in buona salute, il papa
gli rispose scherzando « Sappiate che fra pochi giorni,
non ci vedremo più». Consegnò al Maggiordomo
l'anello, e mentre questi esitava a riceverlo — Pren-
detelo, disse Leone XII, potrebbe smarrirsi, non si
è sempre presenti a sé stessi.
Fra le sue carte, si trovò il seguente epitafio, che
egli stesso compose per la sua tomba : Leoni Magno
— Patrono celesti — Me supplex commendans —
Hic apud sacras cineres — Locum sepulturce elegi —
(i) Curiosa una poesiuccia che correva allora per Roma ;
in essa si passavano in rivista i differenti Cardinali papabili
e notavasi quanto da essi il popolo poteva aspettarsi.
Parlando del Cardinale Annibale ecco come si espri-
meva :
Chi vuol che l'ordine
In tutto venga.
Preghi che scelgasi
Il Della Genga.
— I03 —
Leo XII kumilis cliens — Hceredem tanti nomints
Minimus.
?er questa morte il nostro cardinale Arcivescovo
si apprestava a lasciare la città per recarsi al con-
clave.
Prima della partenza diresse al Clero ed ai dio-
cesani una pastorale in cui dopo averne deplorata la
immatura morte (i) ordinava che in tutte le parrocchie
avesse luogo un servizio funebre, ed ogni sacerdote
celebrasse la messa prò defuncto pontifice. Racco-
mandava poi istantemente al clero, che pregasse per
la elezione del nuovo Papa ; anzi a questo scopo in
un giorno prefisso da tutto il clero adunato nella
Cattedrale, si farebbe una solenne processione a Sant
Ambrogio, durante la quale si sarebbe cantato il Veni
Creator ; quindi giunti alla Chiesa, si sarebbero reci-
tate preci di circostanza e cantata la messa prò elec-
tione Pontificis.
€ Ciascun sacerdote, conchiudeva la pastorale, fino
ad elezione compiuta, aggiungerà alla messa quoti-
diana la colletta di rito. Invocava infine una preghiera
anche per lui, affinchè il viaggio, che stava per intra-
prendere, fosse prospero, e ben diretto e maturato il
voto che tutti i cardinali dovevano dare per la scelta
del nuovo Papa.»
Tali i concetti della citata pastorale, nulla però
che alludesse, neppur da lontano allo stato in cui si
trovava la città, ed al fermento che sordamente ser-
peggiava per ogni dove.
Pochi giorni dopo il nostro Arcivescovo scendeva
a palazzo Braschi, ed a Roma avevano luogo grandi
(i) Abbiamo più indietro notato come accogliessero la
notizia i romani.
— I04 —
festeggiamenti per la venuta degli Ambasciatori delle
diverse potenze.
Quarantotto furono i Cardinali raccolti in Con-
clave, e dopo 49 giorni di sede vacante (3 1 marzo), i
voti si raccolsero sul Cardinale Saverio Castiglioni,
che cinse la tiara col nome di Pio Vili.
Era nativo di Cingoli (Marca Anconitana) fu
creato vescovo da Pio VII nell'agosto del 1800, rele-
gato quindi per le vicende politiche nelle provincie
francesi meridionaH, dove rimase fino al 1814, quan-
do venne eletto arcivescovo di Tusculo.
In questa circostanza, il primicerio della nostra
Metropolitana, canonico Luigi Brasca, in assenza del-
l'Arcivescovo non ancor ritornato, pubblicò altra pa-
storale, in cui annunciando l'avvenuta elezione, ordi-
nava preghiere di ringraziamento, una nuova proces-
sione a S. Ambrogio, una messa prò gratiarum actione
in tutte le parrocchiali, e la colletta di rito a tutti i
sacerdoti, da aggiungersi alla messa consueta, per otto
giorni. Terminava raccomandando alle orazioni dei
fedeli iì neo -eletto.
Né sembra che la musica chiesastica fosse trascu-
rata, i^oichè in questo anno il diario cittadino, nota
grandi ovazioni fatte al giovine maestro Francesco
Almasio, che si produsse nella nostra chiesa del Pa-
radÌ5o> con una messa da lui musicata, in occasione
della festa di S. Giuseppe.
E chiuderemo codesta rassegna religiosa coirac-
cenno alla solita processione del Corpus Domini, che
quest'anno ebbe luogo con speciale solennità, festeg-
giandosi contemporaneamente e il felice viaggio ar-
civescovile, e Tesai t azione del nuovo Papa.
Perchè il lettore possa darci ragione delTasserto,
ecco il tenore dell'epigrafe che si leggeva su gran
— I05 —
cartello, collocato tra gli addobbi sfarzosi della porta
maggiore della cattedrale :
DEO
m EUCARISTICIS MYSTEROS
ANNUA LUSTRATIONE CIRCUMLATO
OBINES CIVIUM ORDINES
PRO ECCLESIiE, IMPERII ET PATRIìE
mCOLUMITATE
VOTA NUNCUPAMUS
RAINERIO ARCIDUCiE PROREGE
SUPPLICATIONEM
PIETATIS m EXEMPLUM PROSEQUENTE
CARDINALI CAROLO CAJETANO
ANTISTITO NOSTRO
AB APOSTOLICO CONCLAVIO
FAUSTE, FELICITER REDUCE
SOLEMNEM CìERIMONIAM OBEUNTE.
Che il pubblico milanese poi si prendesse pensiero
delle visite officiali che re o principi facevano al no-
stro Viceré, che alla sua volta girovagava per le no-
stre Provincie (i), non lo crediamo. Eppure fu tra
noi quest'anno il re di Baviera, la granduchessa Elena
di Prussia, il duca di Modena, la duchessa di Parma
Maria Luisa. Ed è innegabile che tali visite davano
DQOvimento alla città, lavoro agli artisti di cui visi-
tavano i laboratori, al commercio, che ad ogni occa-
sione si davano spettacoli straordinari.
E giacché accenniamo a teatri, vogliamo parlare
(i) Tra l'altre terre visitò la Brianza e salì al buco del
piotnbo, noto fin d'allora agli sportisti milanesi. Fu col-
locata in memoria una lapide del seguente tenore : S. A. I.
Princ. Kaineri viceré — Consigliere De Capitani — Ciam-
bellano conte Paur — Gli 8 maggio i82g.
mmimm
1
— io6 —
di quella provvida istituzione che fu il pio istituto
teatrale, a beneficio del personale addetto al servizio
dei RR. Teatri (Scala e Canobbiana). Tale fonda-
zione è dovuta al Duca Visconti di Modrone, impre-
sario dei teatri stessi. Dobbiamo poi aggiungere che
pittore scenografo, era il Sanquirico, e quanto a mae-
stri, mentre a Parigi al teatro dell'Opera si dava il
Freischutz di Weber, alla Scala si dava la Straniera
di Bellini ; il Pacini faceva rappresentare il Talis-
mano ed il pubblico applaudiva al Carcano la Pasta
nella Semiramide^ nélV Otello e nella Giulietta e
Romeo.
AirAccademia dei Filodrammatici si inaugurava
il busto di Vincenzo Monti (i), e la festa era prece-
duta dalla recita àeW Aristodemo e da una poesia de-
clamata da Andrea Maffei. In tale circostanza, Felice
Romani, bella illustrazione di quell'epoca, pubblicò
tre canzoni pei busti della Pasta, del Monti e d'altro
lavoro del Marchesi. E tutto questo, per tacere degli
altri teatri, in cui il popolo grande e piccolo si di-
vertiva un mondo, e delle feste private che si segui-
VcUio nelle case patrizie.
(i) Per l'esposizione del busto del poeta nel palazzo di
Brera, opera del Marchesi, il poeta Realdi scrisse la se-
guente ottava :
« Quell'omerica fronte, il maestoso
Sublime sguardo, e il grande arco del ciglio,
E quel labbro che ancor suona armonioso.
Caro alle Muse e di Latona al figlio.
Quel crin che ondeggia d'ogni fren sdegnoso.
L'intiero Monti alfin, chi dalPartiglio,
Trarre di morte, ^e vivo far potea ?
L'osaron molti e sol Marchesi il fea. »
Un vero saggio classico.
I L
— I07 —
Giacché ci capitò per incidente il nome della Pa-
sta, alla quale convergono gli sguardi de* buongustai
di musica, e che diveniva il tema favorito dei discorsi,
dobbiamo accennare ad una quistione che si era solle-
vata fra i critici teatrali.
Il municipio di Como aveva decretato una lapide
da collocarsi nell'atrio di quel teatro, quale ricordo
di lina serata datasi dall'esimia artista a beneficio dei
poveri. Ecco le parole quali ce le conservò la cro-
naca (l) :
A
GIUDITTA PASTA
per magistero e soavità di canto
meravigliosa :
per epico atteggiamento
nobilissima :
per viva espressione di affetti
inimitabile:
della senna, del tamigi, dell*istro
delizia e desiderio
CHE
LA SECONDA SERA d'aGOSTO MDCCCXXIX
BEA LE PATRIE SCENE
MODULANDO IL TANCREDI ROSSINIANO
E l'inopia INDUSTRE
CON MANO AMICA SOLLEVA
PUBBLICO DI PLAUSO E RICONOSCENZa
TRIBUTO.
L'estensore della Gazzetta, dice a buon diritto, che
l'anonimo autore avrebbe dovuto aggiungere là dove
dice della Senna, ecc., e dell' Olona, giacché le più fer-
(i) Vedi Gassetta di Milano, Anno 1829.
— io8 —
vide dimostrazioni di plauso ebbero appunto luogo a
Milano. Ora al pubblico venne il ghiribizzo di inda-
gare dove Tesimia artista avesse sortito i natali, e
come suol avvenire chi sosteneva un paese, chi un al-
tro, e la quistione, chi l'avrebbe detto, minacciava di
farsi seria.
Il Pezzi, della Gazzetta di Milano^ pubblicò una
lettera pervenutagli da un saronnese, in cui era au-
tenticamente dimostrato y che la tanto meritamente de-
cantata signora Giuditta Negri, ora maritata al si-
gnor Giuseppe Pasta era veramente nativa di Sa-
ronno (i). La notizia fece strabiliare e la si impugnò,
del resto avremo campo di intrattenerci più a lungo
in occasione della morte di questa attrice, la cui vita
fortunosa è un vero romanzo.
Diamo ora uno sguardo allo sviluppo intellettuale
deiranno.
Il primo d'aprile, il governo aperse il concorso
per la compilazione di una grammatica elementare,
mentre a Parigi si annunciava il tentativo di una orto-
grafia francese, la quale aveva per base fondamentale
lo scrivere come si parlava o quasi. Questo tentativo
ripetutosi a quando a quando fino ad ora, non
si riesci ancora a poter effettuare, malgrado gli sforzi
dell'Accademia e dei Ministri stessi dell'Istruzione (2).
Verso la fine del citato mese si aperse fra noi, e
precisamente nella parrocchia di S. Alessandro, la
prima scuola serale di carità. Nulla diremo delle
consuete solenni distribuzioni di premi agli allievi
della scuola veterinaria, a quelli dell'accademia di
(i) Vedi il citato diario 25 aprile 1829.
(2) Anche presentemente è ancora una quistione all'or-
dine del giorno.
ì
— Log —
•
belle arti, sebbene in quest'ultima potremmo notare
premiati molti dei futuri maestri che istruiraimo la
nuova generazione, quali TAiraghi per la pittura, il
Fraccaroli per la scultura, il Moja pel disegno, il
Bisi pel paesaggio, lo Zuccari per la prospettiva, il
Croff per la plastica, il Butti di Viggiù e parecchi
altri.
Anche le tipografie non rimanevano silenziose. Si
annunciava prossima la pubblicazione delle opere po-
stume di Vincenzo Monti. La litografia Ricordi pub-
blicava accurate illustrazioni litografiche dei Promessi
Sposiy delle quali era autore il Gallo Gallina ; un
canonico Taddeo Consonni pubblicava una seconda
edizione di un Nuovo sistema Steno grafico y la prima
era già stata pubblicata nel 1816 a Padova ; il viag-
giatore Champollion, reduce dall'Egitto, stendeva la
relazione de' suoi viaggi e le notizie delle sue sco-
perte. Francesco Longhena, traduceva dal francese la
Storia della vita e delle opere di Raffaello Sanzio del
Quiney. Ermes Visconti, coi tipi del Ferrario, dava
in luce i Saggi filosofici. Un trattato dì ginnastica
ad uso dei giovani era pubblicato dal Pirotta ed al-
cune norme speciali per gli esami dei candidati alla
laurea. E tutto questo di mezzo alla quantità di ro-
manzi tradotti, di novelle e delle ristampe.
E' qui il luogo di ricordare il cospicuo lascito del
barone Pietro Custodi di 20 mila volumi, oltre parec-
chi manoscritti, legati alla nostra Biblioteca Ambro-
siana. Ricca suppellettile, della quale però quei dot-
tori non entrarono in possesso che alla morte del te-
statore, nel 1842, e che si deve alla solerzia dei dot-
tori Gatti e Dozio, se parte dei libri e tutti i mano-
scritti non siano andati dispersi, poiché la baronessa
vedova al Custodi, avendo lasciata la residenza di
Galliano in territorio di Cantù, quasi subito dopo la
"F^
— no —
•
morte del marito, ed avendo confidato la casa a do-
mestici ; questi o ignoranti di lettere, o per avidità di
XucrOt vendettero parecchi manoscritti, che, se cre-
diamo al prof. Sangui orgio, il quale pubblicò un'ac-
curata biografia del Custodi, emigrarono in Francia.
Quanto all'edilizia, notiamo i lavori dell'Arco
della Pace, la cui fusione dei bronzi avvenne nello
Stabilimento alla Fontana che ancóra trovasi fuori
di Porta Garibaldi e la costruzione della barriera di
Porta Orientale, ora Venezia.
A chiudere Tanno, registriamo la morte dell'av-
vocato Marocco, nome assai distinto negli annali
de! foro ; quella dell'Intendente generale delle fi-
nanze lombarde, OdoaRDO DEL COLLE, del marchese
Annibale Soiimariva, ciambellano di Corte e capi-
tano della guardia dei Trabanti, il quale contava 77
anni di vita e 58 dì servigi militari : morì a Vienna;
quella ancora di LuiGI MARCHESI, cantante di grido,
che seppe imporsi anche al grande Napoleone, quando
lo voleva far cantare per forza. Morì pure in que-
st'anno il professore GIUSEPPE MANGILI, nativo di
Caprino Bergamasco e contava poco più di 62 anni.
Aveva studiato a Bergamo, e a soli 19 anni ne usciva
professore, A Pavia si dedicò allo studio delle scienze
fisiche e naturali, sicché vivente ancora lo Spallan-
zani, era preconizzato successore. Viaggiò nell'Italia
meridionale, fu in amicizia col Mascagni e col fisico
Fontana. Morto nel 1799 lo Spallanzani, il Mangili fu
dal governo eletto successore, anche dietro avviso
dello Scarpa. Fu membro di illustri Accademie ita-
liane ed estere, ma nel 181 5 cominciarono a venirgli
meno le forze, sopportò coraggiosamente quello stato
di debolezza, quando negli ultimi quattro mesi lo
LJ
É^^^^^^M^H
— Ili —
colpi un profondo catarro che presagiva prossima
la fine. Nel novembre fu preso da febbre veemente
e verso la metà del mese avvenne il" suo decesso.
Altra celebrità che cessò di vivere in questo anno
fu il giureconsulto letterato, GIOVANNI RISTORI. Era
nato a Firenze nel 1755, percorse gli studi universitari
a Pisa e fu eletto giudice a Bologjna. Nel 1792 stampò
il Corpus juris regestuniy lavoro di cui pubblicò un
solo volume, atteso gli incarichi che ebbe successi-
vamente dal Governo. Negli ultimi anni di vita era
giudice presso TI. R. Tribunale d'appello in Milano :
feltro suo lavoro fu la versione in latino del codice
civile austriaco. Mori a 75 anni. MELCHIORRE GlOJA,
nato nel settembre del 1767 a Piacenza, fu educato
nel collegio Alberoni, ed abbracciò la carriera eccle-
siastica. Uscito dal seminario si dedicò alle mate-
matiche sotto la direzione del maestro Fontana che
era successo al Boscowich in quell'insegnamento nella
università pavese. Nel 1796, lasciato l'abito ecclesia-
stico fu in Lombardia e continuò col maestro gli
studi di economia pubblica in cui si distinse otte-
nendo un premio speciale. Ritornato in patria fu dal
duca di Parma fatto imprigionare come sospetto di
liberalismo. Restituito a Milano, ebbe dal Bonaparte
posto onorifico nelle sedute del Consiglio legislativo.
Allontanato per gli avvenimenti politici, fu tra noi
ancora nel 1801, dove continuò i suoi studi prediletti.
Fra le molte opere da lui pubblicate noteremo la
Teoria del divorzio che gli fruttò il licenziamento
dal posto che occupava. Ritornato a Milano con per-
messo speciale del Viceré, visse del prodotto delle
sue opere. Mancante di mezzi traeva una vita molto
stentata, cui si aggiunse la malferma salute. Mori ai
primi di gennaio e fu seipolto senza pompa, nell'at-
tuale cimitero di Porta Comasina (Garibaldi) dove
— 112 —
una prolissa iscrizione latina lo ricorda tuttora ai
posteri. Abitava a Milano in via Cusani, 2, ed una
via della nostra città è pure dedicata al suo nome.
Lasciò i suoi manoscritti al consigliere aulico Gi-
roni, che li depositò alla Biblioteca di Brera, della
quale egli era direttore e conservatore. Il Pellico lo
dice il più eminente pensatore sulle scienze economi-
che che abbia avuto l'Italia in quei tempi. Fu amicis-
simo della Bianca Milesi, la quale aveva profuso le
più tenere cure al vecchio durante il tempo del suo
arresto, che fu compromesso nei moti del 21, anzi a
lei dedicò in segno di riconoscenza un'opera intito-
lata Deir Ingiuria.
1880.
CAPITOLO VI.
I detenuti dello Spielberg. — Francia ed Italia. — Giudizi
di Chateaubriand. — Ciro Menotti, il duca di Modena
e il generale La Fayette. — Misure repressive e gior-
nali esteri. — Gli stampati della tipografia elvetica. —
Milano e la Lombardia. — Viceré e governatore. —
Riforme. — Religione e beneficenza. — Il quarto cente-
nario del toson d'oro. — Lettere, industrie ed arti. — Ne-
crologio.
In quest'anno le luride casematte dello Spielberg
cominciano a rilasciare i detenuti che fin dal 1821
vi erano seppelliti. Sono tre: Silvio Pellico, Pietro
Maroncelli e Andrea Tonelli (i) di Brescia, poiché
(i ) Vedi Silvio Pellico, Le mie prigioni.
Oltre tutto quanto si scrisse intomo ai tentativi fatti
presso l'Imperatore austriaco per la liberazione del Pellico,
dobbiamo aggiungere questa lettera pubblicata dal perio-
dico la Rassegna Nazionale di Firenze, fase, del 16 ottobre
IQOO.
£' una risposta data da Metternich ad un'istanza a fa-
vore dell'illustre carcerato, presentata dal generale Ignazio
di Revel, Luogotenente generale del Regno Sardo nel 182 1.
Eccola nella sua integrità :
Signor Conte,
« Geloso di corrispondere alla fiducia che mi avete di-
mostrata coll'invitarmi a sollecitare la clemenza dell'Impe-
<3iANETTi. Cronistoria. 8
- 114 —
già fin dal 1826 erano stati prosciolti don Marco For
tini e l'avvocato Solerà.
E' davvero crudele il modo però con cui ne sono
liberati. Era, lo racconta estesamente il povero Pel-
lico nel suo libro, il primo d'agosto di quell'anno
(1830) e i due prigionieri, essendo stato loro portato
il pranzo, stavano apprestando la misera tavola con
quei cucchiai e quelle forchette di legno che costa-
ratore a favore del signor Silvio Pellico, condannato a 13
ajini di carcere, mi feci premura di sottoporre a Sua Maestà
la lettera che V. E. mi fece l'onore di scrivermi il 6 marzo,
onde S. M. fosse in grado di apprezzare, essa stessa, i mo-
tivi che vi avevano indotto a tale raccomandazione. La de-
cisione che mi proviene dall' Imperatore è concepita nei
seguenti termini :
« Voi risponderete al signor Conte Thaon di Revel che la
tranquillità de' miei stati, e quella dell'Italia in generale,
non mi permettono di usare maggior clemenza verso i Car-
bonari, 1 quali furono giudicati colpevoli dai nostri tribu-
nali di giustizia. »
« Mi duole sinceramente, signor Conte, che non mi sia
concesso di parteciparvi una decisione più conforme ai vo-
stri voti. Oso almeno sperare, che riconoscerete dalla mia
premura a fare in favore del vostro protetto un passo com-
pletamente in fuori dal cerchio delle mie attribuzioni, la più
convincente prova del mio sincero desiderio di obbligarvi.
{( Colgo quest'occasione per rinnovarvi, signor Conte.
l'assicurazione dell'alta considerazione colla quale ho l'o-
nore di essere
« Signor Conte
Vostro umil.mo ed obb.mo servo
Metternich.
Vienna, 14 aprile 1822.
Dopo quanto si scrisse di Metternich, noi dubitiamo
assai che la supplica, di cui è cenno, sia stata presentata ef-
fettivamente alrlmperatore.
In quest'anno il Corriere della Sera ne' suoi numeri del
5-6 e 12-13 gennaio pubblicò bellissimi articoli di Alessan;
aro Luzio circa i documenti austriaci sulle <c mie Prigioni
di Silvio Pellico » che gettano molta luce sulle vicende de-
gli scritti del poeta di Saluzzo.
— 115 —
rono loro tante privazioni, quando furono invitati a
recarsi dal direttore di polizia. Può immaginarsi con
qual piacere obbedissero all'ingiunzione e quale ti-
more li assalse di nuove inquisizioni. Contaro ogni
aspettativa però lo trovarono abbastanza benevolo,
e con un discorso tutto a reticenze, quasi si trattasse
di una brutta notizia, annunciò loro che S. M. aveva
fatto una grazia, ed alle ripetute domande dei due
infelici, si risolse infine di dire che era stata accor-
data la grazia a loro due e ad un terzo che fra poco
avrebbero abbracciato. Cosi furono rimandati alla
loro cella. Si presentò il terzo graziato e la commo-
zione impedì loro di continuare il parco asciolvere.
Non pensi però il lettore che pochi giorni dopo i
detenuti avessero potuto abbracciare i loro cari : oh !
i nostri padroni non avevano troppa fretta. Verso il
tramonto, furono condotti nella città, che dà l'infau-
sto nome al castello : là dovettero aspettare un com-
missario di polizia, proveniente da Vienna, che aveva
rincarico di accompagnarli ai confini. Rivestiti quindi
dei loro abiti, continuarono il viaggio, e qui ad onore
del vero, quel ritomo fu a spese dello Stato.
Il povero Silvio, mentre parla della gentilezza di
chi l'accompagnava, accenna pure al suo stato mise-
rando di salute in cui si trovava, che non gli per-
metteva tappe molto lunghe. Ma il tempo incalzava,
e siccome erasi divulgata la notizia delle giornate di
Parigi, così si temeva da un istante all'altro qualche
contrordine (i). Il triste convoglio si arrestò qualche
giorno a Vienna, dove, sempre accompagnati dal
Commissario, era rigorosamente vietato di parlare con
(i) Il Pellico dice che nello stesso giorno in cui scop-
piava c}uella rivoluzione, Pimperatore aveva firmato il de-
creto di grazia. ^
•pr-'^"*'^"«?3^i"*"H
- Tl6 —
alcuno. E qui dobbiaino r^istrare un atto di dtirezza
che certo non poteva venir in mente che ad un raffi-
nato aizzino.
Mentre i detenuti si trovavano nei viali di Schoen-
brùnni passò l' imperatore, ed il commissario li fece
allontanare, perche la vista dì quelle sparute per som
non rattristasse. Non era forse miglior avviso che
e^li potesse vederle e parlar loro? Che potesse udire
una parola di ringraziamento o di preghiera per gli
infelici che ancora colà traevano la pesante catena
in mezzo alle privazioni? Forse le loro persone, sa-
rebbero state più eloquenti di qualunque libro e di
qualunque discorso! (i)
Lasciata Vienna, dovettero sostare a Bruck ; dopo
due giorni si continuò fin nei pressi di Klagenfurt,
dove furono trattenuti altri cinque giorni per ordine
superiore. Fra il male che assai poca tranquillità la-
sciava al povero Pellico e la tema di non trovare più
i suoi cari, avvicinandosi all'Italia, si andò avanti.
A Mantova venne lasciato libero il Maroncelli, a
Brescia, il Tonelli ed ii 9 settembre, T Autore della
Francesca da Riminì, dopo dieci anni circa di lonta-
nanza, rivedeva Milano e fu alloggiato alla Bella
Venezia, dove, malgrado l'assoluto silenzio in cui si
.teneva il Commissario, venne riconosciuto dai came-
rieri dell'albergo. La voce si sparse fra il po-
polo e parecchi cittadini, nella sera gremivano la
piazza, ansiosi di poter rivedere una volta ancora il
reduce dallo Spielberg, che tanto aveva sofferto, poi-
ché anche quelle persone addette al servizio dell'al-
ai) Uepisodio è rifcritt) dal prof . Alfani in quella sua
melanconica conferenza sopra àilvio Pellico. Vedi il vo-
lume : La mia italiana del risorgimento 181 5-183 1. Firenze
"Bemporad.
ipi^ff
pigivi
- 117 —
bergo nei loro racconti, non avevano lasciato di fare
qualche appunto al sistema carcerario austriaco.
Il giorno dopo finalmente si parti per Torino, ac-
compagnato da un brigadiere, e, quasi non fossero
bastate le dure prove cui era stato soggetto nel viag-
gio, dovette sentirsi raccontare, Dio sa con qual cuore,
l'arresto dell'amico Gonfalonieri, giacché lo sgherro
apparteneva appunto alla schiera di coloro che l'ave-
vano operato.
A. S. Martino, paese di contro a Boffalora, Sil-
vio venne consegnato ai carabinieri piemontesi : a
Novara pernottò per l'ultima volta, e qui cessò an-
che l'accompagnamento, cosichè il 17 settembre, dopo
oltre un mese e mezzo che allo Spielberg gli era stata
annunciata la grazia, potè abbracciare i suoi cari.
E ci permetta il lettore che, giacché abbiamo par-
lato di Pellico, diciamo pur qualche cosa del truce
maniero che per tanto e tanto tempo servì di pri-
gione ai detenuti politici (i). Togliamo alcune linee
dalla conferenza citata :
cDi quel castello, scrive un visitatore (2), mi é ri-
masto nella mente una gran confusione come di so-
gno breve e terribile. Mi vi condusse un custode mu-
nito di una gran fiaccola e di tanto in tanto si fer-
mava per accennarmi colla muta parola del lume,
sia le pareti umide e brune, alle quali era attaccato
ancora qualche anello di catena, sia le vòlte pendenti
sui nostri capi, e poi quegli strumenti di tortura, che
parevano cose viventi e superstiti a tutte le morti da
essi prodotte. Al rapido guizzar della fiaccola, spa-
(1) Attualmente esso è adibito come caserma militare e
non si può visitare fuorché con uno speciale permesso.
(2) Il pofessore Zumbini, citato dall'Alfani nella sua
conferenza.
— Tl8 —
rivano le tenebre, e tutto diveniva più pauroso e più
orrendo. Dalle pareti, dalle vòlte, dal pavimento, da
quegli strumenti, come a Dante dalla scheggia del
suicida, pareva uscissero insieme parole e sangue....
« All'uscir di quel baratro, i miei occhi erano quasi
ottenebrati, e vedevano il sole come in ecclissi. Avevo
meco le Mie Prigioni (i), già rilette poco avanti ; le
riapersi, quasi per cercare conforto al Martire, che qui
aveva durato e vinto tanto dolore... La tomba in cui
avevo visto pendente il suo ritratto, era quella dove
lo gettarono al suo arrivo, e dove stette per qualche
tempo ; e solo quando i suoi patimenti Tebber ridotto
all'estremo, fu trasportato di sopra.»
E quando il visitatore parte sul treno di Vienna,
si volge spesso indietro, finche può vedere quella re-
liquia di martiri e monumento di patrie virtù, come
chiamava Gioberti questo castello.
« A seconda che vi morivano gli ultimi bagliori del
sole e vi crescevano le ombre, mi si facevano più
paurose le immagini, suscitate dalla sua vista. Guar-
davo e pensavo : Quanto dolore umano si accolse
colà per più secoli, e quel dolore di quanti altri af-
fanni, non fu cagione in ogni parte d'Europa!...
« E mentre il gran mostro s'involava del tutto ai
miei occhi, guardavo sempre e pensavo.... In nessun
altro paese dovette così abbondar quel dolore, come
nella patria mia, perchè italiana fu la maggior parte
(i) Più tardi il Pellico, parlando di questo libro e de'
doveri degli uomini, scrivendo a Pietro di Santarosa, si
mostra dolente che le traduzioni che se ne fecero per tutta
Europa, gli abbiano fruttato non poche villanie, satire e
beffe. Ma sempre rassegnato, aggiungeva che il mondo è
fatto così, e nel proprio paese s'incontrano più giudizi
malevoli che altrove. Ci vuol pazienza, conchiudeva, non
sgomentarsi mai e lasciar dire e fare.
— 119 —
di quelle vittime illustri. Ma pur dalla patria mia,
ti giunse, o Castello, la più terribile scossa che tu
avessi mai avuta. Fra le infinite dipinture de' tuoi
orrori, appartiene airitalia quella che, tanto più po-
tente quanto più mite, valse sopra tutto a far si che,
aboliti i tuoi flagelli, fossi aperto a quelle aure, a
quel sole, a quelle armonie del giorno, che sono come
la vita della nostra vita, insieme colla libertà!...»
Abbiamo accennato alle giornate di Francia di
questo anno, è prezzo dell'opera di gettare uno
sguardo all'Italia e vedere come nacque e si compì
quella rivoluzione.
Era campione della Corte romana Francesco IV
di Modena, carattere robusto, dice il Cantù, mente
estesa, che operava per fredda ragione, e col pro-
fondo convincimento delle idee patriarcali di un se-
colo addietro, che cioè il popolo appartenesse al prin-
cipe, e da questo dovesse aspettare il bene, ed il
principe fosse obbligato a farglielo.
Ricchissimo di patrimonio, fu il solo che alleg-
gerisse le imposte. Nella fame del 1829, distribuì cen-
tomila pesi di canape da filare, due mila e cento pesi
di farina per mano dei parroci, e 120 mila lire fra
elemosine e lavori straordinari, istituendo monti fru-
mentari per sovvenire padroni ed agricoltori. Si
amicò i nobili, che avevano perduto i diritti feudali,
compensandoli con carte pubbliche, risarcì in parte
la Chiesa dei beni confiscati, mitigò gli orrori della
giustizia punitiva ed il regime delle ipoteche. Né tra-
lasciò i buoni studi, poiché manteneva alle accade-
mie straniere giovani studenti afiinchè migliorassero
nelle arti e nelle scienze ; raccolse libri, quadri, me-
i
daglie ; lui stesso dotato di grande memoria, notava
moltissimo e si dava a lunghe dissertazioni (i).
La rivoluzione aveva scosso l'autorità, egli ado-
però ogni mezzo per ricuperarla a forza. Vigile cu-
stode degli interessi dei principi, si prese la briga di
informare i nostri padroni delle trame dei Carbo-
nari. Gelosissima era la censura della stampa, la poli-
zia oculatissima, tollerati soli gli scrittori, che si ap-
poggiavano alla causa dei troni e degli altari, come
allora dicevasi.
Uazione delle società secrete, come più indietro
notammo, non erasi mai rallentata, e pare anche ac-
certato che la rivolta di Parigi del 1830, non fosse
una spontanea levata di scudi contro le ordinanze
incostituzionali, ma una lunga preparazione delle
Sette. Quando nel 1829 il papa rinnovò l'editto con-
tro di esse, e processò parecchi carbonari. Chateau-
briand, allora ambasciatore a Roma, scriveva al Mi-
nistro a Parigi : «Leggete con cautela ciò che vi scri-
veranno da Napoli e d'altrove. Si reputa cospira-
zione il malcontento universale, il frutto dei tempi,
la lotta dell'antica colla nuova società.... Il grande
spettacolo della Francia, possente, libera, felice, col-
pendo gli occhi delle nazioni o rimaste, o ricaduta
sotto il giogo, suscita lamenti e nutre speranze. Go-
verni rappresentativi con governi assoluti, non po-
tranno durare insieme : forza è che gli uni o gli al-
tri periscano.... Questa sola è la cospirazione in Ita-
lia ; per questo l'Italia può dirsi francese.... Non sono
oscuri Carbonari, eccitati dai maneggi della polizia...
{'he faranno sollevare questo paese (2). Si danno ai
(i) Galvani Cesare, Memorie Storiche intorno alla Vita
di Francesco IV di Modena.
(2) Sono curiosissimi i numerosi documenti (dal 396 al
— 121 —
governi f alsissime idee sul vero stato, s'impedisce di
far ciò che devono per loro sicurezza.... Queste sono
le condizioni dell'Italia ; ma ciascun Stato, oltre i
dolori comuni, è tormentato da qualche malattia sua
particolare ».
« Il Piemonte in balìa di una fazione fanatica ; il
Milanese divorato dagli Austriaci ; le Romagne ro-
vinate nelle finanze ; il Duca di Modena stabilì nel
suo ducato magazzeni di merci proibite, che notte-
tempo fa entrare nella legazione di Bologna. Il go-
verno delle Due Sicilie è caduto nell'ultimo disprezzo :
il viver della Corte in mezzo alle sue guardie, sempre
sotto l'incubo della paura, rende maggiormente vitu-
perevole la monarchia agli sguardi del popolo, e la
debolezza del governo non è salva, che dalla viltà
della popolazione. La mancanza di virtiì militare
prolungherà l'agonia dell'Italia.... Le antipatie nate
dalle divisioni territoriali, accrescono le difficoltà de-
gli interni moti, ma se qualche impulso venisse di
fuori, o se qualche principe fra l'Alpi concedesse
uno statuto ai suoi sudditi, avrebbe luogo una rivo-
luzione, a cui tutto è maturo. »
Tali gli apprezzamenti dell'Autore del Genio del
Cnstìanesimo,
4n) pubblicati nelle carte segrete circa le brighe che si
diede la polizia per impedire che i moti rivoluzionari
diffusi in Italia, avessero il contraccolpo nella Lombar-
dia e nella Venezia. Essi vengono a conferma di quella
politica che sempre adoperò l'Austria in siffatte circostanze ;
p sono abbastanza conosciuti quei fatti, come gli esiti sem-
pre vani che finirono colPintervento o diplomatico, o ar-
niato deir Austria. Essa si occupava dei moti liberali in
Italia, come se fossero avvenuti in casa propria, e le mi-
^^re di polizia e i provvedimenti governativi erano tali da
Jar ravvisare in essa la vera e la sola padrona di tutta
Italia.
y^ w^
1
— 122 —
E il tempo parve venuto, allorché i Francesi, che
avevano una costituzione, e tutti i mezzi legali per cor-
reggerla e svilupparla, ruppero a rivoluzione, e nelle
giornate di luglio cacciarono la dinastia dei Borboni,
sostituendovi quella degli Orléans.
Non era però, scrisse a tal proposito il Cantù,
solo una rivoluzione di palazzo ; si surrogava un
capo eletto dal popolo francese ; e, a patto della li-
bertà, alla dinastia già ripristinata dai trattati, un'al-
tra che fondava i suoi diritti sulla rivoluzione.
E questa nazione così allora costituita stava sem-
pre in agguato che l'Austria sua antagonista, ingran-
disse di troppo in Italia : essa solleticava fra noi le
aspirazioni nazionali ostili all'Austria, ma non vo-
leva che vi si stabilisse uno stato forte, fomentava le
nostre rivoluzioni contro questa potenza, ma appena
esse invigorivano, le abbandonava ; sicché noi ci
chiamavamo traditi, perchè supponevamo gratuita-
mente che fosse generosità disinteressata quanto era
tornaconto nazionale.
La Francia aveva bandito il non intervento, e inni
di lode si levavano da ogni parte verso di lei, e l'Ita-
lia sognava di ricostituirsi.
L'Austria ed i Principi posti a guardia degli Stati
italiani che loro toccarono nella divisione del 1815,
sentirono il pericolo e armarono. L'interregno papale
fu pure tumultuoso anche nella stessa Roma, dove
si tentò una sollevazione per innovare il governo, isti-
gandola principalmente la famiglia Bonaparte, colà
ospitata ; ma la rivolta che era fallita nell'eterna città,
riuscì meglio in provincia.
I cospiratori, sempre tenendosi sicuri del non in-
tervento, divisavano far in ciascun Stato particolari
— 123 —
rivoluzioni, salvo poi a fondersi in un solo, che avesse
per centro Bologna.
• Menotti di Carpi, appartenente a ricca famiglia
mercantile, col pretesto del commercio, viaggiò ed af-
fiatossi colla Propaganda a Parigi e coi Bonaparte
a Roma, poi si fece intermediario di questi presso il
Duca di Modena ; si disse che Enrico Misley, rice-
vesse denari dal Duca per spiare i cospiratori a Pa-
rigi, mentre da costoro facevasi credere devoto alla
libertà (i), ma l'asserto è dubbio ed alcuni provano
il contrario. I soli Bolognesi, ad istigazione dell'av-
vocato Silvani, rimanevano perplessi, perchè non fi-
davano del duca di Modena, essendo certi, dicevano
essi, che l'opera rovinerebbe, ove ne pigliasse il po-
tere un principe, e particolarmente quel duca, che
tornava meglio piuttosto cancellare, come abbomina-
zione d'Italia. Difficile era rispondere a queste osser-
vazioni, ma Ciro Menotti, che stava fra i capi e molti
altri che erano stati tratti nella cospirazione, dimo-
stravano come questo principe fosse il solo che per
ambizione, per energia di volontà, per fierezza d'ar-
dire, poteva esser nostro capo ; che se avesse macchi-
nato tradimento o sulle persone, o sulla libertà, il
suo sangue avrebbe pagato quella vergogna.
Intanto, sull'esempio della Francia, Bruxelles,
Liegi ed Anversa sorsero in nuovo regno, cosichè la
gran macchina politica architettata al Congresso di
Vienna andava a scomporsi.
La libertà, si diceva, era diritto dei popoli ed alla
fama dei felici eventi, risorsero le ire dei polacchi ;
l'effervescenza fu vasta e terribile nelle Romagne, Gu-
glielmo Pepe spinto più da foga d'ingegno, che re-
(i) Volume citato.
— 124 "~
gelato da saggia prudenza, era impaziente di pro-
rompere. Fortuna audacis juvat, ripeteva: la Fran-
cia non può scompagnarsi da noi, senza correre pen-
colo, la Prussia se ne starà indifferente, Tlnghiltena
gode degli impicci in cui si trova Fesule Carlo X e
si vendica dei favori concessi alla Russia: questa
alla sua volta vede la Polonia invasa dalle inteme di-
scordie, e l'Austria sola rimarrà a sostenere Furto di
tutta Italia e di Francia, basta appena che noi get-
tiamo un grido. Ed anch'egli alla sua volta s'affiata
a Parigi ; dice che con 600 Córsi sarebbesi mostrato
nella Toscana, passerebbe, fulminando, attraverso gli
Stati della Chiesa, entrerebbe vincitore negli Abruzzi.
Allora tutti gli Stati sarebbero in rivoluzione, le
masse in armi, la riuscita certa.
Anima di tutto questo era Lafayette, che a Pa-
rigi fu largo di promesse, di soldati, di denari e di
lettere, che invitavano le autorità civili e militari ad
assecondare l'opera del generale. E questi si recava
in Corsica per le ultime intelligenze.
Poco appresso quegli impeti si raffreddarono al-
quanto, il Lafayette significava al Pepe che le cose
prendevano altra piega, poiché il nuovo Re di Fran-
cia, combattuto da inteme fazioni, non poteva di-
sporre presentemente di eserciti, né poteva mettere a
rischio la propria libertà per l'altrui, che lievi im-
prudenze avrebbero potuto cagionare gravi disordini ;
che dissuadeva il generale dall'impresa ; che infine
egli si offriva quale intermediario presso il re di Na-
poli, per ottenere in via pacifica, quanto forse perde-
rebbero coll'armi alla mano, ed in questo senso scri-
veva appunto a Re Francesco.
Il Re di Napoli vide in questa lettera l'armeggìo
del generale, ma finse, ed approfittando dello stato
di salute in cui si trovava, incaricò i Ministri di rin-
— 125 —
graziare il Re per i preziosi consigli, che sarebbero
stati da lui presi in considerazione, e che pel mo-
mento egli non credeva di accettare le offerte del
generale, così sfumò per allora anche il moto rivo-
luzionario nel Napoletano.
Quanto a noi milanesi, tutti i patrioti erano d'av-
viso che libertà e governo austriaco non potevano an-
dar d'accordo, che Tunica forza stava nei popoli, che
l'Italia da sola non poteva sopportare tale guerra
contro una potenza sì forte, quale l'Austria, che il
meglio fosse temporeggiare ed attendere l'opportu-
nità.
Intanto le misure repressive cominciavano. Una
nota del governo vietava che si rilasciassero troppo
frequentemente certificati e passaporti per l'estero ad
operai o garzoni artieri. Comandava che a questi si
sostituissero libretti di scorta, o di viaggi, valevoli
per tutta la monarchia.
Si restrinsero le concessioni per le licenze di porto
d'armi ed ai musei privati che ne possedevano, veni-
vano date norme speciali, sotto pena di severe am-
mende.
I giornali esteri annunciavano che un fermento
speciale aleggiava nelle provincie occupate dall'Au-
stria, mentre il diario cittadino simulava la massima
tranquillità.
Ecco la narrazione che fa dello stato di cose
presso di noi il Consiitutionnel : e La Lombardia è
assediata dai reggimenti che l'attraversano per re-
carsi nei differenti Stati d'Italia, anzi il governo di
Toscana, non avendo voluto permettere il passaggio
pel suo Stato a reggimenti ungheresi, che si recavano
a Napoli, le truppe furono obbligate di passare per
— 126 —
Bologna, ma anche in questa città il Cardinale legato
non volle loro permettere di riposarsi, quindi dovet-
tero acquartierarsi fuori. Aggiungeva p)oi il periodico,
che si lasciavano ignorare ad arte a Milano i fatti
che accadevano nei diversi Stati d'Europa, o si da-
vano notizie tutfaltro che veritiere. »
Pensi il lettore se i fogli stranieri (i) non avevano
ragioni da vendere. In questo armo stesso erano av-
venuti tumulti nella università pavese, ma il perio-
dico cittadino non se ne dette per inteso.
E continuiamo a spigolare dai giornali esteri per
avere un'idea della situazione. E' la volta del Cour-
rier Frangais. Ecco come si esprime :
«Notizie della Svizzera annunziano che il Can-
ton Ticino rifiutò Testradizione dei rifugiati piemon-
tesi reclamati dall'Austria e dal Piemonte.
« I gendarmi austriaci vi erano andati con un or-
dine per condur via i rifugiati italiani, l'autorità non
opponeva che una debole resistenza e stava già per
cedere, quando il popolo si ammutinò. I gendarmi
vollero affrontare la procella ed impossessarsi delle
vittime in mezzo alla folla, ma furono respinti vigo-
rosamente e bastonati (assommés). Saputa la notizia,
il governatore delle provincie limitrofe fece armare
all'istante i soldati che aveva a sua disposizione, ed
il Cantone si sollevò in massa.»
I Tolta forse qualche esagerazione nell'ultima parte
della notizia, il racconto del fatto ci dà l'idea della
concitazione in cui si trovavano gli animi, poiché è
I pure a notarsi che, malgrado il rigorismo dell' Au-
I stria, si potevano avere i giornali dalla vicina Sviz-
(i) I Débats ed il Constitutiomtel del settembre 1830.
l^^PUI^i _
— 127 —
zera, specie dal Canton Ticino, o largheggiando col-
Toro alle guardie dei confini, o mercè il coraggio di
qualcuno dei nostri cittadini che da Como per le
montagne, varcava i posti di guardia, o pel lago,
celato in qualche barca peschereccia o carbonaia.
Curioso il modo con cui giungevano fra noi an-
che i libri stampati nella tipografia elvetica di Capo-
lago. Certo Luigi Dottesio comasco, uno dei cospi-
ratori politici (i), aveva suggerito al giovine Ales-
sandro Repetti, suo amico, di rilevare quella tipogra-
fia, perchè divenisse la fucina degli stampati sovver-
sivi contro i governi assoluti : detto fatto.
Di notte poi i due amici recavansi con altri a Cer-
nobbio, ed ivi in fondo al giardino dell'Albergo Alla
Regina (Tlnghiltefra, si riunivéino in un padiglione
riservato. Il più curioso era questo : il padiglione con-
finava colla villa del Pizzo, allora di proprietà vice-
reale, e la villa serviva allegramente al contrabbando.
Da Capolago gli Spalloni (cosi in gergo chiamavansi
i contrabbandieri) si caricavano di notte i libri sulle
spalle, scendevano per Val denteivi, attraversavano
la villa del Viceré e li gettavano al di sopra del
muro nel giardino della villa cintata. E (sempre di
notte) quando le vetture erano pronte, il Dottesio col-
mava di libri le tasche di tutti, anche delle signore
che stavano ad aspettarli ; e via a Como ! Appena
riuscivano ad introdurli in città, li riunivano in va-
ligie, commisti a libri innocui, e li caricavano sulla
I R. Diligenza che veniva a Milano. Qui, parte erano
lasciati alla Messa lingua e parte alla Noce (due oste-
ne allora suburbane) poi a spizzico s'introducevano
nella città e si riunivano in un segreto deposito presso
(1) Barbi ERA, Figure e figurine.
— 128 ~
Tantico teatro Re : deposito che in gioventù abbiamo
anche noi visitato. E quei libri erano Le Speranze
(Tltalia del Balbo, U Assedio di Firenze del Guer-
razzi, // Primato del Gioberti ed altre opere simili
Per quanto può valere aggiungiamo la voce corsa
neirultimo mese dell'anno, di una rivoluzione che do-
veva appimto scoppiare nella nostra città : lo dice una
corrispondenza francese datata da Milano (i), e per-
chè non ci si faccia carico di fraintenderne il senso
la riportiamo nel suo testo originale.
tUne conspiration était tramée ici (a Milano)
contre le gouvemement Le signal de Tinsurrection
devait ètre donne, il y a quelques jours, dans notre
salle de spectacle, la police en fut instruite. Au le-
ver de la toile, deux régiments de grenadiers hongrois
étaient postés sur la scène, couchant en jeu les specta-
teurs. Le public s'enfuit, mais les issues du théàtre
étaient occupées par des troupes nombreuses. Le pu-
blic fut arrèté en masse et reparti dans les f orteresses
de Muncacz et de Spielberg. C'est que rinstruction
va ètre faite et que les jugements seront prononcés,
si toutefois Ton peut qualifier du nom de jugements
la volonté arbitraire des commissions autrichiennes. •
Vi sarà riteniamo dell'esagerazione nel fatto cui
allude il corrispondente milanese del giornale pari-
gino, forse anche non era che una voce fatta correre
appositamente per incutere timore, giacché ci sembra
enorme che la polizia austriaca di allora, per quanto
spietata ne' suoi mezzi di azione, abbia pur pensato
ad ima cosa simile, degna appena di briganti, come
descrive festosamente il nostro Fusinato in una sua
novella ; fors'anco vi fu il tentativo, scongiurato dalla
delazione, dall'arresto e dalla deportazione dei pa-
(i) Vedi la Gazzetta di Milano 22 Dicembre 1830.
- 129 —
trioti ; in ogni modo dalle ultime righe di questa cor-
rispondenza, scorgesi come giustamente venivano giu-
dicate le Commissioni inquisitrici austriache, e di que-
sto abbiamo più d'una prova nei processi politici del
'21 e in quelli che esamineremo più avanti.
K il nostro governo, a smentire le voci rivoluzio-
narie ed a distrarre i propri sudditi dagli avvenimenti
che succedevano in Francia e negli Stati italiani, in-
diceva le consuete funzioni religiose in Duomo per
il compleanno e l'onomastico imperiale con ricevi-
menti e grandi riviste di truppa, e questa volta la
musa venne a rallegrare le feste: fu un'ode scritta
dal nobile Ottavio Tasca, tenente nell'esercito, in oc-
casione del natalizio di S. M., che il diario cittadino
stampò nelle sue colonne ; e ciò mentre la censura ri-
fiutava il permesso ad un opuscolo in lode dell'Impe-
ratore tradotto dal tedesco, perchè confutava voci
sparse all'estero, le quali potevano ridestare nuove
polemiche (i). Notiamo poi per incidenza che tali fe-
ste erano pagate dal governo. Quella di quest'anno
per esempio costò 2366 lire austriache
Né mancò di fare eco il Collegio di S. Luca (2),
preso occasione anche dell'onomastico di quel coman-
dante, Edoardo Young.
Il Viceré ci regalò un sesto figlio, al quale nella
seguente settimana fu amministrato con gran pompa
il battesimo dal Cardinale Arcivescovo. Vien tenuto
(i) Cancelleria Vicereale. Archivio di Stato. Potenze
sovrane.
(2) E' sito di fronte alla chiesa di S. Celso, fu già re-
sidenza dei cadetti, quindi per gran tempo, collegio mili-
tare, ora trasformato in caserma.
GiANKTTi. Cronistoria, 9
— 130 —
al sacro fonte dalla contessa Maria di Castelbarco e
gli si impongono i nomi di Massimiliano, Carlo, Ma-
ria Ranieri, Giuseppe, Marcello.
Questo avvenimento trasse seco come al solito in-
viti a Corte, feste di gala, luminarie alla Scala ed
alla Canobbiana.
Intanto al conte di Strassoldo era successo nella
carica di governatore il conte Francesco Hartig, un
vero gentiluomo, che non avrebbe mai voluto gravare
la mano sui liberali, parendogli miglior politica quel-
la che regna colFamore, non colFodio, ma il terribile
Cancelliere gli abbassava ordini di un indirizzo tutto
diverso, ed egli doveva obbedire.
Una grande riforma si effettuava nelFammini-
strazione della Lombardia. Al senato di Finanza era
stato sostituito ri. R. Magistrato Camerale, nel quale
si sarebbero concentrati gli uffici del Monte lom-
bardo-veneto, la direzione delll. R. Zecca, le inten-
denze provinciali di finanza, la cassa centrale, gli
ispettorati delle fabbriche dei tabacchi, il demanio,
l'ufficio delle tasse, quello del bollo e TI. R. stamperia.
Ai medici condotti che si distinsero per solerzia
nella vaccinazione, vennero assegnati premi speciali,
così il governo si creava anche nelle campagne dei
ferventi partigiani coi denari dei contribuenti.
E le lustre religiose accompagnavano sempre i
tratti di filantropia. Nella ricorrenza del giovedì
santo, a somiglianza di quanto facevasi nella catte-
drale, anche al palazzo di Corte aveva luogo la la-
vanda dei piedi a dodici vecchi, compiuta dallo stesso
viceré. Le persone prescelte ricevevano in dono un
abito nuovo ed una piccola somma in denaro. A San
Celso si faceva la consueta funzione cui abbiamo al-
- 131 —
trove accennato. II governo poi aveva concorso ai ri-
stauri della chiesa di S. Nazaro, che si chiudeva per
non aprirsi che nel '32, e fu pure in quest'anno che
si atterrò quella di S. Maria alla Rosa, nome rima-
sto alla piazza, per ampliare la Biblioteca Ambro-
siana, il cui disegno devesi all'architetto Giovanni
Moraglia e l'esecuzione all'ingegnere Santagostino.
Una grave sciagura capitata a Vienna mise a
prova la generosità dei nostri babbi. Era giunta no-
tizia che il Danubio, straripando, aveva danneggiato
molte famiglie. Il governo fece appello alla carità
anche nelle nostre provincie, e in breve tempo si rac-
colsero per oltre cinquanta mila fiorini. Notiamo che
quella dama eccentrica, che era la contessa Samoy-
loff, udita la sciagura, preso occasione del carne-
vale, diede un gran concerto di beneficenza nel suo
palazzo. Vi intervenne molta parte dell'ufficialità au-
striaca e fu raccolta una vistosa somma di denaro.
Tra le feste, per tacere dei consueti teatri, accen-
niamo alle serate datesi dalla Società del giardino,
dalla casa Cicogna, una festa nautica-pirotecnica al
nostro anfiteatro, con corse di nuotatori, giuochi di
equilibrio, gare di piroghe, passeggiata di una ba-
lena, che, diceva il manifesto, doveva avere la lun-
ghezza di 40 braccia milanesi. Fu come al solito una
mistificazione. In ogni modo i buoni ambrosiani si
divertivano un mondo a zittire, a fischiare altamente,
e per chi occupava i posti migliori era già un bel spet-
tacolo quello di vedere il vasto recinto allagato e
gremito di spettatori, come lo fu nella circostanza.
Una soleimità che non vogliamo passare sotto si-
lenzio, poiché in vero forma epoca nella storia, fu
quella dell'anniversario del quarto centenario del to-
— 132 —
son d'oro, il quale, come ognuno sa, era raffigurato da
un agnellino di tale metallo, sostenuto per mezzo al
corpo da un nastro.
La istituzione di tale ordine risale al 1430, e sem-
bra doversi ascrivere a Filippo il Buono, duca di Bor-
gogna, e CIÒ fece in onore di Maria Vergine e dell'apo-
stolo S. Andrea, in occasione' de' suoi sponsali col-
rinfante Isabella di Portogallo. Negli Statuti era un
articolo, il quale diceva, che ove la casa di Borgogna
non lasciasse eredi maschi, lo sposo della figliuola
erede dell'ultimo sovrano, sarebbe il capo deirordine.
Dopo la morte di Carlo il Temerario, l'unica di lui
figlia tolse in sposo Massimiliano, arciduca d'Au-
stria, che fu poi imperatore di Germcinia. E per ra-
gione di questo parentado il dominio dei Paesi Bassi
col gran magistero dell'ordine, passò alla casa au-
striaca, quantunque la Spagna tentasse rivendicarne
la sovranità dopo la guerra di successione.
Tale controversia pare rimanesse sempre indecisa,
sicché nel 1721 Spagna ed Austria si arrogarono la
facoltà di concedere tale distinzione.
Altra legge statutaria dell'ordirle era che gli iscritti
fossero cattolici. L'ufficio si componeva di un can-
celliere, un segretario ed un re d'armi, o araldo. Una
volta questi cavalieri recavano sempre il collare fi-
gurato col motto : ante ferii qiiam fiamma micet;
oggi portano all'occhiello un nastro rosso, cui è ap-
peso l'insegna del vello còl motto : pretium non vile
laboTum,
Alla chiusura dell'anno scolastico ebbero luogo
come al solito le consuete accademie finali nel pa-
lazzo di Brera, alla Scuola di veterinaria, al Conser-
vatorio di musica ed una distribuzione di onorifi-
cenze per incoraggiamento all'industria.
.w ìrlii
— 133 —
Notiamo un Vanossi milanese, fabbricatore di
tele d'amianto, che diede pubblico esperimento di un
vestito incombustibile da lui immaginato per difesa
dei pompieri. E fu in quest'anno che la scuola dei
Sordo-muti venne elevata al grado di regia. Ad ar-
ricchire la nostra Biblioteca nazionale concorse il si-
gnor Acerbi, console generale austriaco in Egitto, re-
galando una mummia, diversi papiri, un manoscritto
arabo ed un bel volume stampato al Cairo.
Né le arti rimasero indietro, poiché si progetta-
rono due monumenti importantissimi, l'uno a Cesare
Beccaria, l'altro a Giuseppe Parini, saranno eseguiti
dal nostro Marchesi. E perchè possa aumentarsi il
numero dei sottoscrittori, le azioni si fissarono a 15
lire austriache cadauna. Intanto alla mostra di que-
st'anno a Brera, i visitatori si accalcavano davanti
alla colossale statua di S. Ambrogio, opera anch'essa
del Marchesi, che doveva essere collocata nella nicchia
dell'antica piazza de' tribunali, in sostituzione come
è risaputo di quella del re Filippo di Spagna o del
repubblicano M. Bruto, come narra il Manzoni nei
suoi Promessi Sposi,
Fra le pubblicazioni notiamo : Un Dizionario de-
gli architetti^ pittori ed incisori in ramey di Stefano
Ticozzi ; una Storia dei progetti e delle opere per la
navigazione interna del milanese^ lavoro di Giovanni
Bruschetti ; alcuni articoli critici sui dipinti dell'Ha-
yez e del Molteni (i) ; la Biografia del maestro di
musica Benedetto Marcello, cui si aggiunge la solita
litania degli almanacchi, o strenne.
(i) Appendice della Gaaaetta di Milano^ 20-26 Settem-
bre 1830.
* — 134 —
I
Tra i decessi degni di menzione avvenuti fra
Tanno segnaliamo, il cardinale Giulio Maria jyEJJLA
SOMAGLIA, decano del Sacro Collegio, nato a Pia-
cenza nel 1744, levato al Sacro fonte dal cardinale
Giulio Alberoni da cui ebbe il nome, studiò nel col-
legio Nazareno di Roma e vestì Tabito ecclesiastico,
dando in seguito saggio di bell'ingegno in differenti
occasioni.
Nel 1760 fu da Clemente XIV nominato came-
riere segreto e piti tardi prelato domestico. Pio VI lo
chiamò al segretariato della Sacra Congregazione dei
Riti e quindi gli venne conferito il patriarcato di An-
tiochia. Più tardi fu annoverato nell'ordine dei preti
ed eletto Vicario generale. Subì con Pio VI l'esiglio
e nel 1809 venne relegato in Francia. Ritornato a
Roma dopo cinque anni, fu nominato vescovo di Fra-
scati ed arciprete della Basilica lateranense. L'anno
dopo Pio VII, essendosi dovuto allontanare per 3
mesi da Roma, vi lasciò una Giunta di Stato sotto
la presidenza del Cardinale della Somaglia ; nel 1820
questi fu trasferito al vescovado di Ostia e di Vel-
letri e divenne decano del S. Collegio.
Il successore Leone XII lo scelse a suo Segreta-
rio, finché nel giugno del 1828 offerse le sue dimis-
sioni. Il cardinale della Somaglia era anche cavaliere
della SS. Annunziata. Maestoso della persona, con-
servò fino a 86 anni una salute veramente invidia-
bile. Sorpreso il 30 del marzo da forte febbre, vide
con tranquillità avvicinarsi l'ultima sua ora. Spirò il
2 aprile. La salma venne sepolta nella chiesa di
S. Maria sopra Minerva.
Un'altra morte che pianse Milano fu quella di
D. Gaetano Franchetti, nobile da Ponte, modello
dei figli, dei mariti, dei padìri, scrivono i periodici del
tempo. Ebbe incombenze pubbliche e gratuite, che di-
- 135 —
simpegnò colla massima alacrità. Fu autore di una
Storia del nostro DuomOy riputata fra le migliori :
egli può considerarsi come uno di quei cittadini, sul
conto dei quali Tinvidia o la maldicenza non ebbero
mai presa. Sempre di umore equanime, recava nel
consorzio civile, lo spontaneo tributo dei modi piìi ur-
bani e colti ed una fisonomia animata da un sorriso
simpatico.
Né dobbiamo tralasciare il Conte di Strassoldo,
presidente deiri. R. Governo di Lombardia, al quale,
dopo due anni, le sorelle disposero, perchè si erigesse
nella chiesa della Passione un monumento alla sua
memoria, opera dell'architetto Durelli. L'iscrizione
che vi si legge è del consigliere Gironi : essa ci dice
in quale stima il defunto era tenuto nella nostra città.
JULIO STRASOLDI GOMITI
PRiESIDI REI GERUNDiE IN LANGOBARDIA
QUI MAGNITUDINE MENTIS PRUDENTIA AGENDI
VIR ANIMO FORTI IN EXEMPLUM INTEGER
PIO EXITU CiELEBS DECESSIT
IV. NON. MAI A. MDCCCXXX ANNOS NATUS LVII
PERMAGNUM SUI DESIDERIUM RELIQUENS
JOSEPHA ET THERESIA
FRATRI MERITISSIMO POSUERUNT.
Finalmente notiamo il Conte Giuseppe Luosi.
Nato nel settembre del 1755, fu nel 1796 membro
della Giunta di difesa, ebbe vari incarichi da Napo-
leone Bonaparte e giunse perfino alla Consulta di
Stato. I suoi funerali furono celebrati a S. Eustor-
gio, ed una ben elaborata iscrizione latina che si leg-
geva sul cartello posto sulla porta maggiore di quella
basilica, ne disse le lodi.
1881.
CAPITOLO VII
Aspirazioni patriottiche. — Giuseppe Mazzini — Metter-
nich ed il progettato moto insurrezionale. — Sommosse
di Roma e delle Romagne. — Fatto d'arme di Otri-
coli. — Il ducato di Parma. — Morte del duca di Rei-
clìstadt. — La Lombardia e lo storico Gualtiero. — Er-
rori dell'Austria ed apprezzamenti. — Misure coerci-
tive. — Milano. — Teatri. — Cholèra. — Edilizia. —
Stantìa. — 11 grande globo terrestre a Brera. — Ne-
crologio. — Fenomeni metereologici.
Quest'anno sorgeva pieno deHe più rosee spe-
ranze per ritalia e, benché nulla ci rivelino le co-
lonne del nostro diario politico, possiamo, forse senza
tema di errare, dire che anche gran parte dei mila-
nesi che si interessava di politica, volgeva lo sguardo
alle Romagne, ai ducati, al Napoletano e forse an-
che alla Francia, poiché di là doveva venire quel-
l'esercito, che avrebbe cacciato da casa nostra l'Au-
striaco e liberati per sempre dalla sua schiavitù.
Non sarà inutile notare come le autorità di po-
lizia si interessino del movimento. Dai confini delle
Legazioni scrivesi alla Direzione generale a Venezia,
essere comune colà la notizia della insurrezione scop-
piata a Bologna, Ravenna e Ferrara, sebbene se ne
preveggano indarni conati.
— 137 —
Si notano tutti i passi sospetti sul Po, con desi-
derio espresso che si debbano afforzare per mezzo
di linee di truppa, si accenna in particolare a certo
Massa fiorentino, già segretario di Finanza in Ro-
vigo, grande agitatore politico, che si recò a Chiog-
gia. E ri. R. Commissario distrettuale Pasqualigo,
riferisce le ultime notizie che girano intorno alla ri-
voluzione, fra le quali molte chiacchiere.
Scrive dunque il solerte funzionario, correr voce
che il duca di Modena siasi stabilito a Mantova ; che
i rivoluzionari assoldino a 4 lire pontificie al giorno,
soldati ; che il nuovo pontefice debba passar a Ve-
nezia ; e che nell'ultimo viaggio la corriera del Po,
diretta per Venezia, doveva esser requisita dalle
truppe austriache stazionate sulla linea (i).
Allora ordini severi di quella polizia al Commis-
sario distrettuale di Ariano, circa i punti di passag-
gio per le legazioni (2) e relativo scambio di di-
spacci (3).
Il giovane Giuseppe Mazzini, genovese, si era già
distinto per ingegno, calda parola e sincero amor pa-
trio. Nel 1828 aveva pubblicato un foglio letterario,
^Indicatore genovese, che Tanno dopo tramutò in
quello di livornese. Ma i suoi scritti non tornavano
troppo graditi e furono dal governo vietati.
Nel 1830 scoppiò la rivoluzione francese e la po-
lizia insospettita di vedere questo giovane tutto solo
€ pensoso, lo arrestò, ne istruì il processo e lo con-
dannò a cinque armi nel forte di Savona.
Correva voce che il Cancelliere austriaco avesse
dichiarato al neo eletto Luigi Filippo di Francia, che
SI astenesse da ogni atto il quale potesse sommovere
(1-2-3) Carte segrete. Doc. 412, 413, 414, 415.
-138-
i f)opoIi italiani, e che gli avesse pure fatto baie
nare il probabile risorgimento del bonapartismo in
Francia ed in Italia, alloggiando appunto TAtistria,
come è risaputo, fra le. sue mura il figlio del primo
Bonaparte, E questo secondo asserto non era privo di
fondamento, poiché Giuseppe Bonaparte, si era of-
ferto al Governo austriaco di ricondurre in Francia,
il Duca di Reichstadt e la figlia di Elisa Bacciocdii,
t era corsa a Vienna, aveva potuto vederlo e parlargli
Anzi Mettemich, a maggiormente spaventare re Fi
lippo, aveva finto, tutto era buono per lui, scritti di
rivohizionarì romagnoli, che salutavano il duca pri-
gioniero, re d'Italia.
Gli agitatori politici, malgrado le cose prendes
sero una sinistra piega e presentassero poca proba-
bilità di riuscita, accelerarono il moto insurrezionale,
sperando che, vittoriosi nelle Romagne e nei ducati,
|X)tessero entrare nella Lombardia dove avrebbero
trovalo grosse somme di denaro, poiché il marchese
Rosai es, di cui abbiamo detto nella monografia del
Ciìstello dì Monguzzo (i) dichiarava francamente ai
suoi correligionari politici, raccolti in quella villa, che
avrebbe sborsato trecento mila lire per Tindipendenza
italiana, ed era uomo da mantenere la promessa.
A prova di ciò, è noto che certo Antonio Pi^i
nell'inverno di questo anno era penetrato in Loda-
bardia per raccogliere denaro, il quale doveva ser-
vire a diffondere e sostenere la rivoluzione di tutta
Italia, e tali somme le somministrava il Rosales.
Ma come si disse, tutte le buone idee naufraga-
rono pei susseguiti tradimenti, ed il duca di Modena,
la mattina seguita a quella notte infelice pei congiu-
(i) Editore Dumolard. Vendibile dalla ditta L. F. Co-
gliati.
— 139 -
rati, potè scrivere al governatore di Reggio : 1 1 co-
spiratori sono nelle mie mani, mandatemi il boia.»
Il carnefice venne, ma il Duca intimorito dai moti
scoppiati a Romei, dopo la morte del pontefice Pio
Vili, non sapendo a chi fidarsi, fuggì.
E non aveva torto Francesco, che gli abitanti di
Roma alla morte del Papa credettero giunta Torà del
riscatto. Si concertava di occupare Castel Sant'An-
gelo, ma un altro tradimento mandò a vuoto il ten-
tativo, anzi si arrestarono coloro stessi che pensa-
vano diventarne padroni. Bologna si sollevò pure e,
malgrado le riluttanze del pro-legato Claretti, si no-
minò fra i cittadini una Commissione di governo.
Pensarono i Cardinali che col nuovo Papa i tu-
multi avrebbero termine e se ne sollecitò l'elezione.
Fu Mauro Cappellari della Colomba, che cinse la
tiara col nome di Gregorio XVI, ma per quanto la
notizia giungesse presto a Bologna, la rivolta con-
tinuò. Un generale polacco, il Grabinski, ne ebbe la
direzione, mentre i triumviri Bevilaqua, Orioli e Sil-
vani prendevano le redini dello Stato, dichiarando
abolito il potere temporale e richiedendo la rinnova-
zione del giuramento alle magistrature delle Lega-
zioni.
Spaventati dai passi giganteschi ed arditi che inr
sì pochi giorni faceva la rivoluzione, il presidio di
Ancona si arrese ed il governo pontificio pubblicò
due editti ; Tuno ordinava ai non appartenenti allo
Stato di dare alla polizia il proprio nome ed indi-
care il motivo del loro soggiorno nelle Romagne;
l'altro, accusando le sinistre intenzioni di certi ri-
baldi di aprofittare dei divertimenti carnevaleschi per
suscitare tumulti, prescriveva ad ogni parrocchia di
— 140 —
armare un centinaio di cittadini ben conosciuti onde
provvedere co' soldati al mantenimento deirordine.
però anche questa misura non raggiunse lo scopo, e
si convenne di proibire il Carnevale.
Il nuovo Pontefice mostrò desiderio al Collegio
de' cardinali di far qualche concessione, non trovò
chi lo incoraggiasse, anzi fuvvi chi lo spinse a non
menomare neppur d'una linea la sua suprema auto
rità. Gli si diceva essere solo pochi perturbatori del-
l'ordine, i quali potevano spegnersi coll'armi, mentre
il rigore ed i castighi avrebbero messo al dovere il
popolo, ed in questo senso si costrinse Gregorio a
sottoscrivere un proclama al popolo.
Era notte, quando l'avviso fu pubblicato ; il pò
polo rimase indifferente, un giovinetto d'animo bol-
lente, e ci è forza raccontare un caso di piccol mo
mento per dire come andassero le cose, uscendo da
un caffè forse anche alterato dalle soverchie bibite,
incontra un operaio ; fermarlo, prendergli stretta-
mente il braccio e gridargli : da chi tieni ? fu un punto
solo. L'altro, preso lì per lì, non sa che rispondere
— Ebbene, gli dice concitatissimo il giovine — grida:
viva la costituzione, e sì dicendo, scarica in aria
un'arme da fuoco.
Quel colpo è creduto un primo segno di rivolta.
e le pattuglie arrestano quanti trovano armati fra il
_.£OE2ls»-£Ì'^sagerando l'impresa, vengono ordinate
pubbliche grazie per lo scampato pericolo, e il Fon
tefice stesso esce da palazzo per compiere la solen
nità. E in questa circostanza benignamente interpre
tando l'entusiasmo col quale era ricevuto dai sudditi.
giacché dicesi che perfino si staccassero dalla car-
rozza i cavalli, e questa fosse tratta a braccia dalla
moltitudine, scese nuovamente a miti consigli, che
come la prima volta, non furono accolti da' ministri,
— HI
anzi tanto insistette il cardinal Albani, che furono
chiamati in aiuto i tedeschi.
Sicuri dell'intervento straniero, ministri e legati
pontificii inveirono contro gli insorti : si diede bat-
taglia presso Otricoli e fu una zuffa accanita. A
capo delle schiere liberali il Sercognani (i) si avan-
zava vittorioso, sicché Bologna ne andò superba.
La fama dei successi si sparse nei ducati, e Ma-
ria Luigia, che già si era resa poco benevola per le
soverchie spese e gli aggravi, di cui caricava lo Stato,
&no a crearvi la carta-moneta, obbligando il pub-
blico ad averla come denaro, visto che non poteva mi-
surarsi co' cittadini, atteso le scarse milizie di cui
disponeva, si rivolse al presidio tedesco di Piacenza.
Questi, fossero ordini superiori ricevuti, o fosse per-
chè si voleva ridurre la principessa agli estremi, ri-
fiutò. Lo seppero i cittadini, ne imbaldanzirono e
ruppero in piena rivolta. Non avendo potuto la forza,
(i) Il Prof. Masi, nella sua conferenza sulla rivoluzione
delle Romagne, scrive che in questo scontro di Otricoli o
S- Lorenzino, come alcuni lo chiamano, cui partecipava il
giovane Luigi Napoleone, questi nel dar la caccia ad una
torma di briganti ciociari, colla pistola in pugno, fé' ca-
dere di mano il trombone ad uno che lo aveva preso di
naira e passando oltre gli disse : va, che ti dono la vita. In
quella un altro ciociaro, raccolto il trombone, lo appuntò
alle spalle del futuro imperator de' francesi e se non era un
wiaresciallo dei carabinieri, certo Martelli, che con un colpo
01 sciabola lo mandò all'aria, quel primo fatto d'armi di
^-uigi Bonaparte, poteva essere anche l'ultimo, ed Otricoli
avrebbe impedito Magenta e Solferino.
Tale il racconto del conferenziere, che non troviamo con-
fermato però nei particolari da altro cronista. L'ab. Anelli,
^ella sua storia, voi. I, capo VI, parlando di questo scontro,
^'ce solo che nelle schiere del Sercognani combattevano
due Bonaparte, di cui uno cadde e l'altro (Luigi) si salvò
^oila fuga.
— 142 —
la principessa tentò muovere a compassione il popolo.
e dal balcone si presentò, dicono, le vesti dimesse.
scarmigliate le chiome e ginocchioni implorando tre
gua al furore : non perdonò però il popolo e gridò
anzi contro. Allora i soldati deposero l'armi e Maria
Luisa, che poteva considerarsi come prigioniera, tutto
concesse, chiedendo di ritirarsi a Vienna a vita pri-
vata. Le fu accordato, anzi fino a Piacenza venne
accompagnata da una scorta d'onore.
Era da aspettarselo ; quando si trovò in sicuro
nella capitale austriaca, e che ebbe ottenuto quanto
desiderava, cioè che in ogni caso, le baionette dei no
stri padroni l'avrebbero riaccompagnata là d'onde era
partita, rinnegò le concessioni fatte, ed il generale
Geppert battè a Firenzuola l'ultimo pugno di prodi,
che aveva creduto nelle promesse della moglie di un
imperatore. Rientrò la principessa in Parma fra il si-
lenzio della popolazione, la quale, almeno con ciò.
mostrava quanto fosse lo sdegno, ed ella di ricambio
si sfogò in vendette, in punizioni di ribelli e di libel-
listi, poiché anche il suo viver poco corretto faceva
molto parlare.
Ma v'ha un Potere contro cui non valgono né arti,
né armi. Era appena abbattuta quella superbia fem-
minile dall'affronto per la maestà sprezzata, che f«
avvisata da Vienna, il figlio, essere in fin di vita.
Unico avanzo di quello che lei fu, lo amava pure con
tenerezza di madre, e il vedeva con dolore strappato
alle di lei cure, alloggiato nella reggia dell'avo, e
chiamato con nome straniero in odio al paterno : sfor-
tunata madre, Dio la punì! Per quanto il viaggio
fosse stato accelerato, essa non potè che raccoglierne
Testremo sospiro. Così spegnevasi dieci anni dopo il
r
- 143 —
padre, il figlio, chiamato col pomposo titolo di re di
Roma (i).
In tal modo terminò la rivoluzione delle Romagne
in cui la più bella pagina fu la battaglia datasi dal
(i) Un libro raro pubblicato a Vienna contiene la cor-
rispondenza inedita di Maria Luisa dal 1799 al 1847, diretta
alle contesse di Colloredo e di Henneville, da dove appare
che TafFetto pel figlio sembra diminuire in ognuna, finché
dopo morte non è più alcun accenno.
Il Marmont, ci dà del duca di Reichstadt questo ri-
tratto : (c Ha venti anni, io ritrovo in lui lo sguardo di suo
padre, ed è in ciò che egli gli rassomiglia veramente. I
suoi occhi, sono meno grandi di quelli di Napoleone, più
incassati nella loro orbita avevano però lo stesso fuoco,
la stessa energia. Anche la fronte e il mento, ricordavano
suo padre. Infine il suo colorito era quello di Napoleone
quand'era giovine : lo stesso pallore e lo stesso colore della
pelle. Tutto il resto della figura ricorda invece sua ma-
dre e la casa d'Austria.»
Egli amava la caccia, era fortissimo in sella e caval-
cava con grazia. A corte era sempre prudente e riseryatis-
simo. Morì il 22 luglio del 1832 nella camera stessa che
aveva occupato Bonaparte trionfante. Le sue ultime pa-
role furono : Io soccombo I io muoio ! {Ich gehe unterì) »
poi : (( Mamma ! mamma mia ! »
Dopo l'autopsia, il vaso che conteneva i visceri del
morto fu deposto nella tomba dell'antica basilica di Santo
Stefano. Il cuore, rinchiuso in un cofano d'argento, fu de-
posto nella chiesa degli Agostiniani, presso la tomba di
Leopoldo II, e poco lungi dal mausoleo di Maria-Cristina,
delicata concezione del genio di Canova.
Sulla tomba in cui riposano le sue reliquie, si legge la
seguente epigrafe, dettata in latino : « All'eterna memoria
di Giuseppe-Francesco-Carlo, duca di Reichstadt, figlio
di Napoleone, imperatore dei Francesi, e di Maria-Luisa,
arciduchessa d'Austria, nato a Parigi il 20 marzo 181 1. Sa-
lutato nella sua culla col nome di Re di Roma. Nel fiore
della sua età, dotato di tutte le qualità dello spirito e del
corpo; d'una imponente statura; di aspetto nobile e pia-
cevole, d'una grazia squisita di linguaggio; notevole per
la sua istruzione e la sua attitudine militare. Colpito dalla
tisi, fu rapito dalla morte nel castello degli imperatori, a
Schoenbrtlnn, presso Vienna, il 22 luglio 1832. »
— 144-
generale Zucchi il 25 marzo, che terminò colla costui
capitolazione. Il citato conferenziere è d*avviso, come
abbiamo già detto, che tutto il torto dei liberali fu
quello di aver creduto alla Francia. Intanto il povero
Zucchi, essendo stato preso a tradimento dall' Austria,
per poco non corse rischio di scontare colla morte il
suo valore. Fini per intromissione della Francia nel
forte di Palmanova (i).
Non parleremo degli inutili tentativi avvenuti in
Piemonte sotto il regno di Carlo Felice: ci basti il
dire che la politica del non-intervento proclamata
dalla Francia, scompigliò e snervò le forze italiane
Ma perchè, si domanda il conferenziere, non cer-
cò di afforzarsi seguendo i progetti del Menotti, che
moriva fatto strangolare a Mantova dal duca di Mo-
dena? Perchè oltre all'accennato principio del non-
intervento occorre riflettere che questa rivoluzione del
'31 fu da Bologna a Rieti una riscossa di Mimicipii,
come quella del '48 una rivoluzione di Stati e quella
del '59 una riscossa dell'intero popolo italiano. In
ogni modo una rivolta che ebbe il suo battesimo di
sangue in faccia agli austriaci, non merita né con-
danne, né ironie, né dispregi (2).
E per qual motivo il regno lombardo-veneto non
vi prese alcuna parte ?
La rapidità colla quale avvennero i moti a cui ac-
cennammo e che furono repressi dal ferro austriaco,
impedì certo ai nostri babbi di prendervi parte come
indubbiamente avrebbero fatto, quando tali rivolte
avessero dato qualche speranza di successo ; cosi
niuna di queste provincie fu compromessa e il go-
verno non trovò materia per esercitare altre vendette.
(i) Fu liberato da quella fortezza nel 1848.
(2) Masi nella citata conferenza.
PPJW^IN>qfW|!» 4%"
— 145 —
\nzi (i), considerando questa inazione de* sudditi
rome effetto di paurosa pusillanimità, anziché di pru-
ienza sagace, esso non ebbe più alcun ritegno neirap-
Dlicazione del sistema oppressivo, onde aveva acqui-
stato un titolo d'infamia presso TEuropa civile, e ra-
gioni d'odio presso i popoli martoriati.
Uno storico italiano, assoggettando ad un esame
critico gli atti del governo austriaco nel regno lom-
bardo-veneto dopo il 1831, segnala tre principali er-
rori commessi dall'Austria nel governo di queste Pro-
vincie. Il primo di trattare il paese peggio che se fosse
stato frutto di conquista e piuttosto come proprietà,
anziché facente parte dell'impero ; secondo, di eser-
citare una pessima amministrazione della giustizia
per tutto quanto riguardava gli interessi fra sudditi
e Stato. Infatti il presidente era abilitato nelle cause
criminali di costituire l'aula a suo' beneplacito, e per
conseguenza, quando trattavansi cause politiche, il
tribunale riusciva talvolta composto di giudici non
italiani ; il terzo stava nel suo sistema finanziario.
Pensi il lettore che un buon quarto dei reddfti dell'im-
pero era fornito dal regno lombardo-veneto, il quale,
relativamente a popolazione, non formava che l'otta-
va parte, quindi in tal ragione pagava precisamente il
doppio ingiustamente, e riguardo a superficie, non
era che la diciottesima parte.
Fu dimostrato come il ricavo netto, che il governo
traeva da questo nuovo regno aggiunto alla monar-
chia austriaca, ascendeva annualmente a 56 milioni e
mezzo, di cui 3 1 e mezzo erano fomiti dalla Lombar-
dia, e 25 dal Veneto.
(i) Togliamo questi riflessi dal Bartolini nella sua
storia.
GiAKETTi. Cronistoria. io
— 146 —
Può dunque asserirsi, che se non fosse stato il cre-
scente sviluppo della industria serica, e il credito che
questa mercanzia acquistò in Europa, la Lombardia
non avrebbe potuto sopportare i pesi, che le erano
imposti.
Questi errori segnalati dallo storico degli Ultimi
rivolgimenti italiani, sono indubbiamente veri, ma
essi non furono i soli commessi dalFAustria nel go-
verno delle nostre provincie. Un quarto e più grave
di tutti fu il sistema unitario, che si volle adottare
in uno Stato composto dei piìi svariati elementi etnici,
privi di ogni coesione fra di loro e di ogni possibi-
lità per conseguirla.
Ora un impero costituito dall'aggregazione acci
dentale di popoli, di razze differenti, d'indole, di ci-
viltà, di costumi, mancava anzitutto della più neces-
saria condizione legislativa, cioè dell'unicità Gli è
perciò che il sistema adottato, mentre per una parte
contradiceva al principio storico, da cui traeva ori
gine l'impero, dall'altro aggravava il carattere di vio-
lenza che esso aveva vestito fin dalla sua origine. Da
qui un nuovo e forte fomite al malcontento dei po-
poli, e quindi la ragione principale di loro inquie-
tudine e dei loro sforzi per scuotere un giogo, che
si era reso insopportabile a tutti. Ma il governo au-
striaco, mostrandosi ignaro perfin dell'esistenza del
diritto popolare, non vedeva nella nazione a lui sog-
getta che sudditi da dominare, non trasse alcun am-
maestramento dai moniti che erangli pòrti, e rimase
fermo nel funesto sistema.
Quanto alle nostre provincie non è a dimenticarsi
anche l'altro gravissimo errore ; fu di aver costituito
la polizia a perno ed anima di tutto l'organismo am-
miri mtrativo, affidandole quasi il speciale mandato di
BenìirifttT la corruzione nei governati e di compromet-
ì
— 147 —
terli collo spionaggio. E' indubitabile che questo si-
stema turpe ed abbominevole, degno solo di governo
straniero, doveva pur sortire qualche effetto, e le fu-
neste conseguenze non si fecero troppo aspettare.
Anzitutto esso avvilì l'animo del cittadino, po-
nendo la paura in cima ad ogni pensiero. Ma dall'av-
vilimento alla corruzione c'era ancora gran tratto, e
la Dio mercè i nostri babbi non fecero alcun passo
decisivo su questo pendio, sebbene qualche storico
opini diversamente (i), adducendo in prova la pro-
pensione dei lombardi alle opinioni estreme, anziché
alle moderate ( !).
Ci riesce però diffìcile approvare in tutto e per
tutto il pensiero dello storico e non sapremmo come
possa sostenerlo coi fatti. Ciò che possiamo affer-
mare si è che la nostra popolazione pel retto senso
che aveva delle cose, non poteva comprendere come
la libertà dovesse andar soggetta a restrizioni, e che
l'aspirazione a conseguirla fosse efficace solo allor
quando non venisse a quella vincolata ; ed è risa-
puto che questo popolo, data l'occasione, insorse con-
tro l'oppressore e da sé solo bastò a cacciarlo.
Il merito dei lombardi sta in questo, che la cor-
ruzione non prevalse, sebbene ricevesse un forte in-
centivo, quindi se da una parte si videro nobili brut-
tarsi di atti servili verso il governo oppressore; se
ne videro altri sostenere anche con pericolo, l'onore
nazionale ed aumentarlo con opere altamente umani-
tarie. Lo stesso Gualterio é costretto a confessare,
parlando di Milano, che in ninna altra città d'Italia
gli asili infantili furono più numerosi, meglio diretti
e più saggiamente vigilati ; e che il lavoro del conte
Pompeo Litta sulle famiglie celebri italiane é un
(i) Gualtiero. Gli ultimi rivolgimenti italiani.
— 148 —
vero monumento di codesta classe, che ogni città po-
trebbe invidiarle.
Ed altro vorremmo dire in confutazione di co-
desto storico, ma ci pare già èssere trascorsi di trop-
po ; rimettiamoci in cammino.
Che veramente giungesse a cognizione della no-
stra Milano la notizia delle rivolte alle quali accen-
nammo, si può argomentare dalle notificazioni proi-
bitive circa la introduzione di armi da fuoco e da
taglio, le munizioni di guerra : la esportazione di ca-
valli pel regno di Polonia e Taltro divieto circa il
transito delle armi per gli Stati pontifici e il ducato
di Modena e, circa la delimitcLzione della navigabilità
del Po.
E il divieto di esportazione d*armi fu pure esteso
alla Moldavia, alla Valacchia, alla Podolia, ecc. Con-
temporaneamente furono minacciate pene severissime
contro i disertori.
E più chiaramente si poteva dire che la rivolu-
zione era alle porte, quando si seppe della partenza
clandestina da Milano del generale Zucchi, il quale
si recava a Parma per unirsi agli insorti ; quando
parecchi contadini sparsero proclami rivoluzionari
recati da Bologna ; quando un certo vetturale, che
trovavasi a Parigi nelle giornate della rivoluzione riu-
scì ad affiggere qualcuno di tali proclami alla porta
del Farci vescovado ; quando infine dappertutto si udi-
vano cantare inni patriottici sull'aria della Marsi-
gliese (i).
Inutile dire che la polizia stava sull'attenti, che
(i) Sono notizie attinte dai fogli francesi, e smentite al
solito dal nostro periodico.
■ MIJJI««ff^CJ
— 149 —
un certo successo pqr le allusioni politiche ave-
vano destato le tele delFHayez, / profughi di Parga,
e delFAzeglio, // campo della disfida di Barletta e
dove poteva, arrestava, e parecchi che recavano pro-
clami o gettavano grida sediziose per le vie, furon
messi in prigione, e si prendevano pure tutte le misure
più opportune, perchè la rivolta non solo non entrasse
nel lombardo- veneto, ma venisse pure soffocata e com-
battuta negli Stati limitrofi.
Era corsa voce, come già a Roma, che in occa-
sione del carnevale, in cui sembra che la maschera
offra maggior libertà, avrebbe avuto luogo qualche
dimostrazione liberale, ed il governo proibì le ma-
schere ed i corsi della settimana grassa. Il servizio
militare nella città era aumentato ed il generale di
cavalleria, barone Frimont, veniva incaricato di re-
carsi con truppa negli Stati pontifici per pacificare
i torbidi (i). Eppure malgrado quanto si vedeva e
quanto si intravedeva, il nostro diario politico, con
una imperturbabilità degna di miglior causa, dà le
nuove più tranquillanti.
Chiudiamo questa breve rassegna dello stato po-
litico della nostra città con una notizia, che togliamo
ancora dal Constitutionnel di quell'epoca. Certo Mi-
liani, rifugiato politico degli Stati romani, nel re-
stituirsi in patria, giunto a Milano, vi fu arrestato,
e gettato in una segreta, dove rimase per 28 giorni a
pane ed acqua (carcere duro), quindi fu scortato a
Lugano, da dove era venuto. Del resto non è certo a
meravigliajsi, riflettendo come furono trattati i nostri
prigioni dello Spielberg.
(i) Il proclama che questo generale diresse ai sudditi
pontificii alla sua entrata, porta appunto la data di Mi-
lano del 19 marzo.
- rso -
Cuiioso poi un biglietto a stampa rinvenuto sulla
piazza di S. Marco a Venezia da un sergente furiere,
e di cui si fece rapporto alla polizia. Ecco quanto
venne scritto in proposito ai Commissari superiori dei
sestieri.
€.E* stato rinvenuto un bigliettino a stampa, su
cui erano le seguenti parole :
Signore !
Favorisca una presa
di Tabacco
Atteso che tali ed altri consimili vigliettini servi-
vano in altri tempi quali mezzi di segreto riconosci-
mento tra gli affigliati a società segrete, devesi rac-
comandare al sig. Commissario, cui si porta a riser-
vata notizia una simile scoperta, tutta la maggior vi-
gilanza in proposito, procurando al caso di qualche in-
dizio, di rilevare da chi vengono stampati e diffusi
per le ulteriori necessarie disposizioni (i) ».
Forse era una pretta invenzione della polizia, per
tenere desto il commissariato, poiché, dice il docu-
mento, che il bigliettino trovato dal furiere Eiben-
stein presso gli stendardi di S. Marco, fu dallo stesso
lacerato e disperso.
Un avvenimento che doveva forse destare qualche
favilla di speranza nel cuore dei nostri avi, se fosse
stato un anno diverso, fu il solenne ingresso in Mi-
lano della sposa del futuro imperator d* Austria, Fer-
dinando re d'Ungheria. E' noto che la scelta era ca-
(i) Carte segrete doc. 352.
— 151 —
duta sopra una figlia di Vittorio Emanuele I, re di
Sardegna, Maria Anna. Uinfelice avrà certamente
sentito stringersi il cuore, pel glaciale silenzio, e il
freddo contegno con cui venne ricevuta dagli abi-
tanti, mentre tuonavano le artiglierie e le campane so-
navano a distesa. Percorse come al solito il corso Ve-
nezia per recarsi a corte. E f uronvi feste e luminarie
forzate, e profusioni di onorificenze da parte del Pie-
monte per ingraziarsi le popolazioni del Lombardo-
Veneto. Accenniamo alle principali : Al conte Giberto
Borromeo fu conferito il collare dell'Annunciata ; ai
conti Hartig e Settala la gran croce dei SS. Maurizio
e Lazzaro ; Tordine dei suddetti santi, ai conti Vita-
liano Borromeo e Greppi, al Marchese d*Adda ed al
conte Francesco Oppizzoni.
Vietato il carnevale nella città, anche le feste pub-
bliche e private languirono, eppure alla Scala, dove
THayez ed il Sanquirico avevano ristaurato, si dava la
Norma del Bellini colla Pasta ; il Barbiere di Siviglia
colla Schulz e la prima déìVEnrico di Monfort del
Coccia ; alla Canobbiana la prima del Disertore Sviz-
zero del maestro Pugni, la Isleve del maestro Ricci
colla Corradi, la Reina, la Frezzolini, il Giordani ; al
Re, YElisa e Claudio del Mercadante colla Comelli,
il Roncoroni ed il Cambiaggio ; al Carcano la Son-
nambula con libretto del Romani. Né mancarono le
rappresentazioni al nostro anfiteatro e per tacere di
quelle date dal cavallerizza Guerra, diremo di uno
spettacolo in cui era annunciato il combattimento,
bombardamentoi espugnazione ed incendio del castel-
lo Rokbey, ma poco mancò che la commedia si cam-
biasse in tragedia. Fosse che lo spettacolo non rispon-
desse alla generale aspettazione, fosse che qualche
- 152 —
gruppo di patriotti avesse colto questa occasione per
far man bassa sulla truppa, fatto si è che ad un certo
punto il pubblico, che vi era accorso numerosissimo,
diede in grida e fischi : si spezzarono sedie, si fecero
volare le tavole ond'erano coperte le gradinate, e il
popolo tentava di irrompere nel mezzo per distrug
gere il finto castello ; a stento la truppa, collocata pel
buon ordine, potè impedire quell'invasione; corsero
tuttavia sassate e schioppettate ; fu un fuggi fuggi
generale. Del popolo uno fu disteso morto, e dieci fé
riti più o meno gravemente.
Intanto si era sparsa voce che per la monardiia
serpeggiava il choléra morbus, e forse il governo diede
maggior ansa alla triste nuova, facendo che il diario
cittadino si interessasse del fatto, riempiendo le sue
colonne dei caratteri, dei sintomi e dei rimedi più op-
portuni per combatterlo.
Una Conmiissione governativa partì dalla nostra
città per Vienna allo scopo di studiare Tandamento
della malattia, mentre le misure preventive veni-
vano estese, non solo a Milano, ma in tutte le Provin-
cie italiane. Apposite conmiissioni locali di sanità si
crearono nei capi luoghi, pene severissime furono com-
minate a que' medici, che non si prestavano pei col-
piti del male ed un grande manifesto della nostra I.
R. Delegazione provinciale dava norme speciali in-
torno alla cura.
E a questi timori, come dicemmo forse troppo esa-
gerati, incominciavano a piovere generpse offerte di
persone benefiche. Un farmacista Ferretti, parrocchia
no della cattedrale, offriva di somministrare gratuita
mente tutti i farmachi occorrenti per la cura di cin
quanta ammalati poveri della sua parrocchia, caso i
wv^y^wj.^f-^^ ■■■■■
— 153 —
morbo scoppiasse. E il governo da parte sua pubbli-
cava pene severissime relativamente ai trasgressori
delle prescrizioni al cordone sanitario.
Cosi si tràscinajrono per ben sei mesi le cose dal-
l'agosto cioè al dicembre, quando il morbo però scop-
piato così lontano da noi, rallentò di forza, e conse-
guentemente sfumò il timóre di un'invasione nella no-
stra città, almeno per quell'anno.
Né, per quanto preoccupati dal timore del morbo,
i nostri babbi tralasciarono le opere edilizie, ed una
importantissima fu il compimento dell'acquedotto che
dal Carrobio andava a S. Lorenzo.
Non era che da pochi mesi morto il celebre incisore
Longhi e nell'aprile di quest'anno si progettò di eri-
gergli un monumento nel nostro palazzo di Brera ; ed
un fatto, che leggeranno con piacere i nostri concitta-
dini, fu la comparsa nelle acque del nostro Naviglio
grande del battello a vapore V Otello, proveniente da
Venezia. Era giunto il 9 novembre e ripartiva il 21 ;
nel frattempo che si trovò nelle nostre acque, aveva
fatto una gita fino ad Abbiategrasso.
Quanto a produzioni letterarie, un libro pubbli-
cato in questo anno dà le norme per Vuso delle cal-
daie a vapore sui battelli per garanzia dei passaggeri ;
Paolo Sangiorgio pubblica per la tipografia Visai i
Cenni storici sulle due università di Pavia e di Mi-
lano ; il Biorci, dà alle stampe un libro sui migliori
quadri di pittura e di scultura esposti a Brera. In oc-
casione degli sponsali del conte Castelbarco colla si-
gnora Antonietta dei Marchesi Litta, Rosmini pub-
blica i princìpii della scienza morale.
E' pubblicata pure la seconda edizione della Ca-
5?-»-
— 154 —
terina da Broni del Mauri, assai lodata dai diarii del
tempo ; ed accenniamo solo a questo per tacere dei
consueti almanacchi, e delle solile accadenaie scola-
stiche annuali.
Un avvenimento però che non possiamo lasciar
passare sotto silenzio è la collocazione in una delle
sale della nostra biblioteca nazionale del grande
globo terestre che ancora si ammira. Fu esso princi-
piato nel 1819, e finito dieci anni dopo ; è nel rap-
porto da I a 10.000.000. Parecchi concorsero alla sua
confezione: l'artefice Ubaldo Villa attese all'esatta
costruzione della sfera, il macchinista Carlo Grindel a
quella dei circoli, che servono di sostegno e dove sono
segnati i punti di divisione per le longitudini e le la-
titudini : certo ingegnere Gaetano Bel lati, un suo fra-
tello pittore e l'incisore Stucchi, si occuparono del di-
segno ; l'astronomo Carlini ed il dottor Paolo Fri-
siani dell'osservatorio, ebbero la direzione del lavoro ;
il chimico Kramer si incaricò di stendere su tutto il di-
segno una vernice di sua composizione perfettamente
bianca e diafana che lo garantiva dall'umidità e dalla
polvere.
Ai necrologi principeschi del Re CARLO FELICE
di Sardegna e del Granduca Costantino di Russia,
pei quali la corte prese il lutto di parecchie settimane,
dobbiamo aggiungere le morti di cittadini, che col
loro ingegno, colle loro opere illustrajono la nostra
città ; atteniamoci alle principali :
Primo ci si presenta l'incisore GIUSEPPE LONGHI
monzese. Era nato nel 1766, fu istruito nel seminario
di Monza ed assai per tempo si sviluppò in lui l'amore
al disegno : parecchi ritratti dei suoi condiscepoli ne
li^^k^^dìtaik.^ .
- 155 -
furono la prova. Ultimati gli studi filosofici, fu a
Milaxio, dove attese ad eseguire a matita, a pastello
ed in miniatura, molti ritratti dal vero.
Malgrado dunque il desiderio de' genitori, che
del loro Peppino avrebbero voluto fare un prete, un
medico, un avvocato od un commerciante, egli si ap-
plicò all'incisione e fu scolaro del Vangelisti. Più
tardi andò a Roma per studiare l'anatomia in quello
spedale, e per dis^nare i dipinti di Raffaello e di
Michelangelo.
Morto il Vangelisti fu sostituito in quella scuola
pubblica di disegno da poco fondata, dove rimase
per ben 30 anni. Viaggiò in Francia e studiò ed am-
mirò i capolavori dell'arte. Fra le più celebrate in-
cisioni che formano una grande raccolta nella nostra
Biblioteca Ambrosiana notiamo : // riposo in Egitto
(Procaccini) — La visione di EzechieTlo (Raffaello),
parecchi dipinti del Rembrandt, la Galatea (Albano),
La Deposizione nel sepolcro (Crespi) — la Madda-
lena (Correggio) — Lo Sposalizio della Vergine (Raf-
faello), ecc.
Stava incidendo il Giudizio di Michelangelo^ e
dando alle stampe gli Insegnamenti sulVarte delVin-
cisore, quando venne rapito dalla morte.
Imponenti funerali ebbero luogo nella chiesa di
S. Fedele, sulla porta della quale leggevasi un'ele-
gante iscrizione latina dettata dal dottor Labus, la
quale additando i funerali mestamente celebrati dalla
(fognata e dal nipote di Giuseppe, figlio di Carlo
Longhiy nativo di Monza, lo chiamava incisore e ri-
stauratore prestantissimo dell'arte sua, socio del ce-
sareo regio istituto e d^altre illustri società europee
di scienze, lettere ed arti; e dopo aver detto che
fu uomo religioso, sotto il cui magistero divennero
- 156-
chiari molti allievi, invitava il popolo a pregar pace
all'anima del defunto.
Inutile aggiungere che gli scolari in massa vol-
lero accompagnare la salma all'ultima dimora non
solo, ma portarne a spalle la bara.
Il Longhena vi fece un commovente discorso,
stampando anche in un opuscoletto i particolari della
mesta cerimonia.
Verso la metà del gennaio spegnevasi pure il conte
Gianmaria Andreani, che il nostro lettore non avrà
dimenticato, come quello che nel 1825, redense cott
fondi propri la chiesa e l'unito convento di S. Bar
naba, e tanto si interessò per la ristaurazione dei P.P.
Barnabiti.
Era pio, senza darsene l'aria, benefico e liberale,
senza ostentazione, nobile senza fasto, modesto senza
affettazione, cortese senza adulazione ; più facile pet
animo buono a compatire, che a censurare le altrui
debolezze ; piacevole nel conversare, affabile e gen-
tile ; riuniva insomma le qualità che rendono un uomo
caro a tutti e che gli conciliano la stima ed il rispetto.
Fu amministratore del nostro nosocomio, del
Monte di Pietà, dei Luoghi piti elemosinieri, e del R
collegio della Guastalla. Creato ciambellano di S
M., ebbe l'ordine della corona ferrea, q venne pure no
minato Consigliere intimo.
Morendo, lasciò un legato ingente ai Barnabiti
perchè provvedessero al collegio di Lodi, da poco
tempo aperto; regalò il seminario di quella città:
provvide con largo assegno allo spedale delle fate-
bene sorelle, già fondato nella nostra città ; e pensò
pure allo stabilimento delle suore della carità, desti-
nato per le fanciulle povere, istituendo anche borse
speciali per giovani studenti. Accenniamo solo a tali
disposizioni, per tacere delle numerose elemòsine elar-
— 157 —
gite ai poveri, di cappellanie istituite, ecc. Aveva la-
sciato suo esecutore testamentario il conte Mellerio(i).
Un'altra morte che fece rumore nella nostra città,
fu quella di FRANCESCO PEZZI, il direttore della Gaz-
zetta privilegiata.
Era nato a Venezia, aveva studiato nel coll^io di
Treviso, dove si era assai distinto. Fu scrittore di com-
medie, ma poco fortunato, poiché il suo primo dramma
cadde la prima sera chq venne rappresentato. Allora
si rivolse alle muse, le quali ancora sembra non gli
fossero troppe generose. ,
Viaggiò in Francia, dove rimase parecchio tempo,
quindi fu nella nostra città e vi diresse il Corriere Mi-
lanese ; collaborò col Monti, col Perticari e con altri
nel Poligrafo e fu per ultimo Yestensore, così sotto-
scrivevasi, della nostra Gazzettay che infiorò di un'ap-
pendice letteraria assai in voga allora. H nostro Porta
non gli risparmiò le sue frustate, forse non pel suo in-
gegno, ma per la sua presunzione, e perchè apparte-
neva ad una scuola differente, essendo sostenitore dei
classici. Il poeta milanese, scrivendo a proposito della
caduta del classicismo, la morte di Apollo, dice : fropi
robba de mett in sul Glisson scientifegh letterari.
Deve rammentare il lettore che il motto francese era
l'epigrafe con cui il Pezzi contrassegnava le sue ap-
pendici letterarie.
Tuttavia era di temperamento buono, e sofferse
con tranquilla rassegnazione una malattia che durò
ben due anni ; moriva il penultimo di gennaio.
Suo figlio, lasciati gl'i studi, fu al letto del padre
e disimpegnò pure il suo incarico all'ufficio del gior-
(i) Così rileviamo da una lettera stampata nel libro:
Carteggio di A. Mamofii ed A. Rosmini. Tip. Edit- L. F.
fogliati, 1901.
Il .11 lUPpiHmipB^^
-158-
naie. Alla sua morte, scrisse un lungo componimento
in versi sciolti, che risparmiamo al lettore, ma chi ne
è vagOj può leggerlo nel Numero 56 della Gazzetta dì
Milano.
E* degno di osservazione un articolo che com-
parve nel maggio nel diario cittadino, intitolato:
Drammi moderni contro il Romanticismo, in cui è
detto che desso e la rivolta applicata alla letteratura,
la quale rivoluzione lavorò ad abbattere con ardore
dò che esisteva, sicché i novatori demolirono la statua,
ma non ne sostituirono altrafe paragona questi ai no-
vatori politici, conchiudendo che nelVordine lettera-
rio si ha una nullità drammatica che dispiace, una
tragedia che annoia, ed un dramma che disgusta;
e questo seri ve vasi meno d'una settantina d'anni fa.
Malgrado però la morte del Pezzi, sembra che il dia-
rio cittadino non siasi punto convertito.
Altre morti segnaliamo, il barone ANTONIO SmaN-
CINI, nato a Pizzighettone nel 1776, già magistrato
nella Cisalpina e consigliere di Stato nel regno ita-
lico, prefetto a Verona. GIOVANNI MAESTRI, nativo di
Rosate, prefetto del Monte Napoleone, giureconsulto
ed economista. TEODORO Matteini, pistoiese, eminente
pittore, maestro ad Hayez. Il Conte SANTE ALARI, già
scudiere del Viceré Eugenio e suo ufficiale nella cam-
pagna di Russia.
Due avvenimenti meteorologici dobbiamo pur no-
tare quest'anno, la sera del 7 gennaio, l'apparizione di
una meteora luminosa in una zona assai ampia al no-
stro settentrione: E nel 31 dicembre verso le 3 1/2 po-
meridiane lo scoppio violento di un fulmine sopra
una casa in porta Vercellina (Magenta), distante 14
metri circa dal naviglio, nessuna vittima, eccetto i
{Ianni alla casa.
tt^tmwm^
1832.
CAPITOLO Vili
Avvento al trono di Carlo Alberto. — Pensionati ed emi-
grati. — La Giovine Italia a Milano. — Radetzki nelle
Legazioni. Tranquillità apparente e l'attentato di Ba-
den contro il futuro imperatore Ferdinando. — Ancora
il timore del cholèra e la cometa di Bici a. — Spetta-
coli e feste. — Edilizia. — La Galleria De Cristoforis.
— Stampa. — Beneficenza. — Necrologio,
€ Dio è nel Cielo, e Carlo Alberto sulla terra!
Respingete l'Austria, lasciate addietro la Francia, e
stringetevi a lega l'Italia ; ponetevi alla testa della
nazione e scrivete sulla vostra bandiera, Unioney Li-
bertày Indipendenza! Proclamate la santità del pen-
siero, liberate l'Italia dai barbari, date il vostro nome
ad un secolo, siate il Napoleone della libertà italiana.
A che temete?... il tedesco?... Gridategli guerra, ar-
dite guardar da vicino questo colosso eterogeneo,
forte solo, perchè altri è debole. Una voce ai vostri,
una voce alla Lombardia e avanti. Là nella terra lom-
barda hanno a decidersi i fati dell'Italia ed i vostri ;
nella terra lombarda, che non appetta se non un reg-
gimento ed una bandiera per levarsi in maissa, ma
siate forte e deciso ; rinegate i calcoli diplomatici,
gl'intrighi dei gabinetti, le frodi dei patti. La salute
— i6o —
per voi sta sulla punta della vostra spada.... Se non
fate» altri faranno, e senza voi, e contro voi....i
Tale era rindirizzo di un italiano che girava fra
il nostro popolo allora dell'avvento al trono sabaudo
del principe di Carignano, ramo cadetto che succedeva
al re Carlo Felice, il quale non ebbe figli, e spegnevasi
appunto nel 1831. Ma Carlo Alberto re, vedeva diver-
samente delTantico granmaestro d'artiglieria, e co-
nobbe che un movimento avrebbe compromesso l'in-
dipendenza del suo paese, determinando una nuova
invasione austriaca. In luogo di parlar di costituzione,
non concesse neppur l'amnistia ; nominò un consiglio
di Stato, facendo intendere che voleva far migliora-
menti, ma, « senza scostarsi dagli esempi lasciati dai
suoi maggiori n e conservando inalterata la dignità
della corona (i). I tempi non ercino ancor maturi, in-
tanto si disperò anche di questo lampo di luce, die
era per un istante balenato ; onde molti si affrettarono
a ricoprire la polvere di carbone colla polvere delle
anticamere, altri si arrolarono nelle società sarete, e
l'Austria continuò a ribadire le catene della sdiia-
vitii.
Una disposizione governativa sosj>endeva la pen-
sione od un assegno qualunque pagabile sulla cassa
delTerario, a quelle persone che erano state inquisite
per delitto, o per grave trasgressione politica. Se altri
per timore, aveva emigrato, veniva pubblicata una
legge speciale sull'emigrazione la quale conteneva ar-
ticoli severi per coloro, che senza speciale permesso,
si erano allontanati dagli IL RR. Stati e sollecitazioni
agli assenti perchè avessero a rientrare in un dato pe-
(1) Cantu'. Storia degli lUiliani.
— i6i -
riodo di tempo. E la I. R. Delegazione moltiplicava i
suoi editti intimando il rimpatrio ai profughi dottor
Angelo Zappelli fu Antonio, Arese Lucini, France-
sco di Marco, De Luigi Pietro e Francesco Pensa di
Francesco.
Era da poco stata fondata da Mazzini la nuova
Società della Giovine Italia e nella nostra città erano
propagatori di essa, Vitale Albera e Luigi Tinelli,
entrambi già coinvolti nei processi del '21. L'Albera,
d*instancabile attività, amico di signori e dotti, di
popolani e buli, come dicesi da noi, disposti a me-
nar le mani, a questi portava la parola e gli ordini di
quelli, e credeva disporre di migliaia di braccia.
Il Tinelli, già profugo in Spagna, rimpatriato,
attendeva al commercio, specie alla fabbrica di por-
cellana a s. Cristoforo, pei servigi della quale spesso
doveva recarsi all'estero, particolarmente in Francia.
Costoro diffondevano s'intende clandestinamente,
tra noi il giornale della Giovine Italia e redigevano
il Tribuno, nel quale si discutevano più particolar-
mente le cose della Lombardia, con molta esagera-
zione e non poche menzogne ; e vi ebbero principale
importanza l'uccisione dell'Ercolani, una lista di spie
e il duello del giovine Carlo Dembowski coll'uSS-
ciale Grisoni, avvenuto nei primi di marzo a Gorla,
presenti il conte Giovanni Resta, Massimiliano Mai-
noni ed Antonio Belgioioso. Dopo l'uccisione del Gri-
soni, le signore Milanesi vollero scrivere una lettera
di condoglianza alla di lui madre e fu incaricato Ce-
sare Cantù di redigerla (i), ma fu trovata troppo af-
fettuosa e se ne mandò una più arida. L'uccisore esulò
e fini còl suicidarsi.
E malgrado l'oculatezza della polizia, anche fra
(i) Canto'. Cronistoria.
GuMKTTi. Cronistoria, 11
— 102 —
noi preparavansi armi ; un certo Pellegatta ebbe com-
missione per 600 bastoni con stocchi ; il negoziante
Bettoni fu interpellato quanti fucili poteva sommini-
strare, rispose che poteva fornirne da 200 a 300 al
mese ; molte canne erano giunte a Milano e furono
montate dalFarmajolo Ricci Giovanni. Tutto ciò ri-
sulta dai processi (i).
E correva pure voce che si disponesse di grosse
somme : il conte Resta aveva dato 40 doppie di Ge-
nova, il Rosales, già citato, 300 mila lire, un Pietro
Marozzi di Pavia 220 napoleoni d'oro. Uno scono-
sciuto si era presentato al conte Cicogna per offrirgli
una carica, a patto che abbracciasse la buona causa :
il conte gli rispose che non era ambizioso, ma quando
sarebbe venuto il momento li avrebbe seguiti con un
fucile; e gli consegnò qualche somma. UArchinti
interrogato alla sua volta se volesse disporre di de-
naro, rispose che avrebbe dato fino a 100 mila lire,
quando gli fosse presentata occasione sicura di un
movimento italiano, ma che col presente orizzonte,
era vera follia il lusingarsi, e che ogni illusione po-
teva tornar funesta al nostro Paese.
Forse le somme citate sono alquanto esagerate ed
il Cantti stesso, dal quale come notammo prendiamo
le notizie, non vi presta troppa fede. Ecco infatti
quanto racconta lo storico, e Quando l'Albera fuggì,
ebbe la fiducia di far consegnare a me la cassa dal-
l'ingegnere Balzaretti : essa consisteva in 45 lire(!)
Il primo cenno della cospirazione alla polizia mi-
lanese provenne da Gaetano Rolla di Vailate, ca-
detto nell'esercito che comunicò la formola del giu-
ramento a due preti di Turro, i quali si credettero in
dovere di palesarla all'autorità militare, quindi ar-
(i) Cantu'. Cronistoria,
— i63 —
esti, processi e creazione di nuove spie per invigilare
; riferire.
Né si badava tanto pel sottile per la scelta di
queste in fatto di istruzione, ed il citato storico ci con-
servò una lettera di certo Doria, delatore patentato
che fini a Klagenfurt con un sussidio di 60 lire al
mese, in cui dà notizia al nostro direttore di Polizia
dei carbonari di Piemonte. Eccola nel suo bel testo
ortografico :
« Già sonno bari gurni che mi presse la livertà di
spedire all'È. V. delle propossisioni che li credeba di
un qualche bantaggio, tendentti a ssorprendere le ma-
chinasioni dei carvonari di Piamonte, i quali anda-
menti faccio vigillare per il mio secrett. G. Caval-
ieri. 3
E alle denunzie seguirono arresti di persone Una
teresa Kramer Berrà in voce di essere ascritta alla
Giovine Italia è arrestata e la polizia cui è affidata
l'istruzione del processo, scrive che guesta giovine è
esaltata ne' suoi principi politici, di modo che non si
fa alcun riguardo di mostrare la sua avversione al
presente ordine di cose e di desiderare la conoscenza
e l'amicizia di chi professa con entusiasmo il moderno
liberalismo.
Esaminata la Kramer, ammise la conoscenza del
Rosales, riconobbe un suo biglietto sequestratole, in
cui si trattava di far passare soccorsi ad un detenuto
della Casa di Correzione (i).
Altra perseguitata fu la moglie del Tinelli che là
a s. Cristoforo accoglieva parecchi mazziniani, e pro-
curava di stornare i sospetti delle spie. E qui si da-
(i) Estratti ufficiali dei processi della Giovine Italia,
nas. alPArchivio di Stato, citati da Raffaello Barbiera, pa-
gina 227 Figure e figurine.
— id4 —
vano la posta il Piazzoli di Val dlntelvi, il milanese
Simonetta ed altri.
E malgrado il vigilare della polizia, amdiemoKt
signore congiunivano in quel tempo, ascritte alla so-
cietà mazziniana, quali la Ruga, donna Gara Cai-
pani, sorella del cav. Londonio, preside della nostra
Accademia di belle arti, e distintissimo pittore di pae-
saggi Riceveva questa nelle sue sale il generale Gi»i-
lay, ma vi andavano anche i liberali, per ottenere col
suo mezzo qualche agevolezza a favor dei profughi:
la Giuditta Sidoìi, sorella a! cospiratore Eallerio, U
Cristina Belgioioso, di cui leggemmo assennati arti-
coli nel foglio VlialtÉ (i), la Laura spinola di NegK?
ed altre,
E il citato Cantò, spigolando per entro gli atb
processuali della polizia, nota come in quest'anno.
la dogana di Genova sul vapore Sully, proveniente
da Marsiglia, perquisiva un baule diretto a sua madre
dall'avvocato Mazzini.
Esso conteneva abiti usati, ma nel doppio fondo
si scopersero scritti sovversivi, parecchie lettere ed
una istruzione speciale pei congiurati : era a firma
Filip|x> Strozzi. Le lettere erano commendatizie per
Napoli e Palermo ; altre dirette ad un fratello, che si
suppone il dottor Ruffini, l'informavano aver cen-
tralizzate le sette di Lombardia e del Piemonte ed ag-
giungeva che la direzione in Napoli sarebbe affidata
al Marchese Antonio Busca, o meglio Bocca, scrive
il Cantù. E negli atti leggesi l'inventario dei libri,
delle carte e delle lettere che si trovarono.
Un fattore dì casa Parravicini di Albese è arre-
stato alle porte di Milano con un paniere di libri proi^
(t) Scrisse éì essa in questo anno 1902 un^erudita aio*
nografia il cav. Raffaello Barbiera. — Tip, Treves.
-i65-
Diti : egli sostiene che gli furono consegnati da trn
zontrabbandiere sconosciuto (i).
K copiosa è la messe che potremmo continuare a
fare anche solo scorrendo le pagine di questo libro.
Qualche volta poi il troppo zelo della nostra po-
lizia la obbligava a disdirsi. Una nota (2) diretta dal
conte Torresani alla Direzione della polizia a Ve-
nezia, così si esprime :
« Sino dal mese di agosto 1831 S. E. il conte Sed-
Initzki mi trasmise Telenco a stampa dei decorati di
luglio, che comprende gli individui i quali maggior-
mente si distinsero in quell'epoca fatale, ordinando
che venga disposto il rinvio di tutti costoro qualora
si presentassero al nostro confine.
€ Alcune considerazioni e tra le altre quella che
si trovavano compresi in quell'elenco anche il presi-
dente del Consiglio de' Ministri Perìer, ed altri pri-
mari funzionari francesi, mi determinarono di so-
spendere le ordinate disposizioni, rassegnando sin
d'allora rispettosa consulta in proposito, che rimase
fino ad ora inevasa.
« Nella supposizione che anche codesta Direzione
generale sarà stata provveduta d'un simile elenco,
così onde assoggettare ad un conforme trattamento
le persone suddette, mi permetto di pregarla a vo-
lermi esser cortese di riscontro su ciò che venne da
codesta I. R. Direzione disposto in argomento. »
Nelle Romagne, malgrado gli inviti a tranquillità,
le cose non camminavano troppo liscie. Le promesse
deluse invelenirono gli animi, si ripigliarono le coc-
(i) Cantu'. Cronistoria.
(2) Carte segrete. Doc. 431
— i66 —
carde tricolori ; la guardia urbana, che tenevasi an-
cora in arme per tutela della pubblica quiete, si fece
deliberatrice : una deputazione cittadina si recò a
Roma per chiedere i desiderati miglioramenti ; ma
contrariamente a quanto aspettavasi, furono aumen-
tate le imposte ed ordinato il disarmo delle Legazioni.
Alle guardie urbcine si surrogarono corpi di volon-
tari, cerniti alla peggio, che diventarono tiranni e la-
dri (I).
Nacque naturalmente conflitto fra le guardie e
questi ultimi, sicché le Legazioni furono in sommossa.
Allora il governo pensò di chiamare gli austriaci, che
per vero dire stavano tutt'occhi per vedere come sa-
rebbero terminate le cose. Fu scelto una nostra cono-
scenza, il generale di cavalleria Radetzki, il quale con
un corpo di truppe entrò in Bologna. E' prezzo del-
l'opera notare il proclama che diresse a quegli abi-
tanti : è datato da Milano ed era così espresso :
IL Bolognesi!
V. Abitanti delle Legazioni,
« Le II. RR. Truppe sotto i miei ordini, colFintel-
ligenza delle Alte Potenze che hanno guarentito alla
S. Sede Apostolica la piena integrità de' suoi Stati,
rientrano ne' medesimi a richiesta di sua Santità, vo-
stro legittimo Sovrano. S. M. l'Imperatore mio augu-
stissimo sovrano prestando come vicino ed alleato
la protezione delle sue armi al Sommo Pontefice, non
ha altro scopo che quello del mantenimento del buon
ordine e del legittimo potere.
(i) Cantu'. Storia degli Italiani.
— 167 —
e L'esperienza tuttavia presente alla vostra me-
moria, Vins^na quello che avete diritto di aspettare
dalle truppe del mio sovrano, cioè, la disciplina la
più severa, il mantenimento della pubblica tranquil-
lità e la protezione sicura a tutti quelli che presteranno
obbedienza ed il dovuto rispetto alla legittima auto-
rità. B
Manco a dirlo il proclama fece il suo effetto, la
guerra combattuta, se pur poteva dirsi tale, fu vitto-
ria, e a noi che scriviamo dei fatti di Milano non vale
certo la pena di parlarne : l'Austria aveva otte-
nuto il suo intento, metter pace tra i popoli circonvi-
cini e togliere il pericolo che i Lombardi potessero le-
varsi in arme dopo la burrasca del 1831 : era quanto
desiderava.
Dunque la tranquillità regnava su tutta la linea,
ma le società segrete continuavano nel silenzio l'o-
pera loro, né per quanto vigilate ed ostacolal:e in ogni
modo si lasciavano impaurire. Disseminate non solo
nel milanese e nell'Italia, si erano diffuse per tutta la
monarchia: dovunque trovavano adepti, che sfida-
vano la vigilanza e il satellizio del governo. Ne fu
prova la notizia di un attentato alla vita dell'Arci-
duca Ferdinando, il futuro erede al trono.
Come ciò avvenisse, gli è ancora un mistero, il
fatto si è che il tentativo avvenne a Baden, e ai nostri
babbi non rimase che la consolazione di recarsi nelle
chiese designate a cantare solenni tedeum per la sal-
vezza dell'imperiale persona.
Una fra le chiese designate, racconta il nostro
diario, fu quella di S. Ambrogio, dove intervennero
le alte cariche governative ; e come il splito, una re-
— i68 —
beante iscrizione stava sulla porta della chiesa, ne
giudichi il lettore
DEO MAGNO VINDICI
PROVIDENTISSIMO QUOD
FERDINANDI PH DESEDERATISSIMI
A PERDUELLI NEFARIO PARRICIDA
SALVUM
PARENTI AUGUSTO DOMINO NOSTRO
CUNCTISQUE AUSTRIACE DITIONIS POPULIS
OB OPTUm PRINOPIS VIRTUTES
JAMDIU IN SPEM ERECTIS
PRiESENTI NUMINE SUO
RESTITUERIT
MEDIOLANENSES OMNIUM ORDINUM
SOLEMNIA EUCARISTICA VOTA
LUBENTES MERITO PERSOLVIMUS
TAMQUE CARI CAPITIS INCOLUMITATE
IMPERn ìETERNITATEM
AUSPICAMUS
Questa funzione fu a spese municipali, ed a ca-
rico pure della nostra amministrazione aveva già
avuto luogo nella stessa chiesa un solenne tedeuni
per la prosperità di casa d'Austria, e nella piazza
d'armi una messa di campo, celebrata dal cappellano
del reggimento, assistendovi l'intera guarnigione.
Intanto duravano le misure preventive per timore
dell'invasione colerica, la quale faceva di nuovo ca-
polino ; anzi se vogliamo credere a corrispondenze
da Vienna, dicevasi che il morbo era realmente scop-
piato a Milano, ma il diario cittadino smentiva reci-
samente la notizia, e questa volta ci crediamo.
- i69-
A tenere però in apprensione il popolino, che dai
fenomeni metereologici argomenta talora ai fatti
che devono avvenire, accenniamo alla famosa cometa
di Biela apparsa sullo scorcio dell'ottobre.
Malgrado questo però non si tralasciarono i di-
vertimenti Notiamo l'opera la Vendetta del maestro
Pugni datasi per la prima volta alla Scala ; Elena e
Malvina di Francesco Schira. Emma di Fondi del
dilettante Pietro Antonio De Moiana datasi al Car-
cano, dove ebbe pure luogo un dramma, la Norma del
pubblicista Regli.
Al Re, oltre le recite della Marchionni, vi attira-
vano gente gli improvvisatori Bindocci e Rosa Tad-
dei. Alle accademie della Società del Giardino bril-
lavano le signore Blasis, le sorelle Brambilla ed i si-
gnori Cambiagio, Antoldi e Spech. Le appendici del
diajio cittadino sono piene di lodi per le cantanti
Brambilla, specie la Marietta, emula della Pasta:
tutti insomma concorsero a render gradita ed inte-
ressante la bellissima ricreazione
La festa che attrasse però l'attenzione dei nostri
babbi e di cui si parlò per molto tempo nei crocchi,
e nelle serate aristocratiche, e dal nostro popolino, fu
quella data da quell'eccentrica signora, di cui ab-
biamo già altre volte avuto occasione di parlare, la
contessa Samayloff.
Non vogliamo defraudare i nostri lettori di un
articolone, che forma un appendice del nostro dia-
rio cittadino (i).
tLa notte del 9 maggio sarà memorabile sempre
nella grata ricordanza di que' distinti milanesi, che
(i) Vedi Gazzetta di Milano dell'epoca.
— 170 —
fino a chiaro giorno la protrassero, vegliando in seno
alla più generosa ospitalità e framezzo alla più pura
gioia, radunati in ampie e magnifiche sale da gra-
zioso invito di quella nobilissima donna
« Che dai rimoti lidi,
« Della gelida Ne va
(( D'Italia nostra a respirar sen venne
« La bell'aura gioconda,
« E sull'amena sponda
« Della fertile Olona
« Rattenne i passi e vi fermò suo seggio,
« Il nobile corteggio
c( Delle Bell'arti a se chiamando intorno,
« Onde fregiato e adorno,
<( Di maraviglia obbietto,
« Va sopra gli altri il suo sublime Tetto, n
« Il SUO palazzo, da poco acquistato, di tutta ma-
gnificenza e vaghezza adomo, sotto la direzione del
chiarissimo pittore architetto Sanquirico si riaperse a
nuovo splendore racchiudendo nel suo intemo tutto
ciò che sono capaci di raccogliere l'opulenza, il ge-
nio ed il buon gusto. Spingendo su quella soglia il
piede, stupefatto lo sguardo non sa ove meglio fer-
marsi, tali e tanti sono gli oggetti che arrestano l'am-
mirazione, o, sia che guardi alla nuova o variata ar-
chitettura delle stanze, modellate quale all'etrusa,
quale alla gotica e quale alla pompeiana; 0 miri
agli ornati ed alle pitture delle vòlte, ai finissimi
arazzi : ai rabescati tappeti : alle istoriate e lucide
pareti ; ai larghi cristalli, agli aurei e peregrini ar-
redi ed alle tante preziose suppellettili, non solo stra-
niere, ma anche nazionali, di cui è pur maestra Mi-
lano. E ricca e bella mostra ne fanno quegli apparta-
menti e i marmorei tavolieri. Ma le vaghe stanze pren-
dono maggior risalto e di maggior luce brillano in
— 171 —
quella lietissima notte, illuminate da tanti doppieri
e da tante fiaccole appese alle pareti appesi, e pen-
zoloni dalle alte volte, il cui sfavillante bagliore,
moltiplicandosi nel fulgido oro, e nei limpidi cri-
stalli, si diffonde per ogni intorno, pareggiando la
luce del sereno meriggio.
«Giunto intanto l'ora del convegno, arrivavano
da ogni parte della città alla parte dell'illuminato
palazzo, numerose e sfolgoranti carrozze, gravi di
vaghe signore e di eleganti cavalieri ; e su per le
ampie scale, sui ricchi e variopinti tappeti coprivano
i gradini, e scelti vasi di mille olezzanti fiori face-
vano graziosa e brillante spalliera, vedevansi salire
a stuolo a stuolo i numerosi invitati, che, recandosi
prima di tutto ad ossequiare la regina della festa, ve-
nivano tutti da lei accolti con quell'aria di urbanità
e di gentilezza, che vieppiù rialzano il lustro di sua
nobiltà e la rendono così amabile e cara. Una scelta
musica invitò alle danze ; e le dame e i cavalieri ani-
mosi e lieti entrarono tosto nell'ambito arringo, e
allora fu che i vezzi e le attrattive di tante leggiadre
forme, non che lo sfarzo degli abbigliamenti si mo-
strarono in tutta la loro pompa.
«Ma l'eletta e folta schiera degli invitati abban-
donandosi al solazzo ed alla gioia, non dimenticava
mai di rendere onore alla datrice della festa Che
tratto tratto vedevi cento pupille rivolgersi verso di
lei, e colla muta eloquenza degli sguardi, ripeterle
cento volte l'espressione della riconoscenza per tante
largite gentilezze e cortesie. »
Qui dopo aver detto che anche le belle arti nel
loro muto linguaggio plaudivano alla nobile^ dama,
conchiude che la divina arte del canto pure, «emù-
ji ^mui.^ii
1
— 172 —
landò le altre sorelle, si presentava alla Diva della
festa, e sull'eburnea cetra volar facea quesf Inno:
« D'un sì bel dì festevole
A parte vengo anch'io
E come l'estro ispirami
Intona il labbro mio
Sull'auree corde armoniche
Un inno alla beltà.
E' la beltà del Cielo
Un raggio che innamora
Colla sua man benefica
Di rose e gigli infiora
I dì che passan rapidi
Della fuggente età.
O tu cui la freschissima
Aura di primavera
Sul tuo bel volto ingenuo
Aleggia lusinghiera'
Or che sorride amabile
Di tua bellezza il fior.
Accogli il puro omaggio
Che in così lieto giorno
Tutti con me ti rendono
Raccolti a te d'intorno
Tutti con me ti giurano
Riconoscenza e amor. )>
«A rinfrescare gli aneliti e i sudori e ad accrescere
lena alle membra, da tutti i lati venivano senza tre-
gua e risparmio, raccolti in neve o in gelati: la fra-
gola primaticcia, il salutare limone, il molle latte e
il fumante caffè. Chi poi appettiva a più solido cibo
siedeasi a libero desco e de' più squisiti sapori bea-
vasi il palato, mescendo il nettare coll'ambrosia
<r Così la festa venne nel gaudio e in un decoroso
• tripudio prolungata con uguale ardore fino a chiaro
giorno ; e dentro a quelle incantatrici stanze ci avreb-
be il sole sorpresi pur anche, se una saggia modera-
zione nei piaceri non fosse venuto a congedar la bella
- 173 —
e folta comitiva, la quale dileguandosi in allora e
scomparendo portava tuttavia seco indelebilmente
scolpiti nell'animo verso così gentile e graziosa si-
gnora i sensi di gratitudine e riconoscenza, dei quali
io ho Tonore di farmi interprete ».
Chi desiderasse conoscere l'autore di tal mirabo-
lante cuticolo è il noto Biorci, che, non contento di
questa recensione, dice in una nota, che a suo tempo
descriverà partitamente lo splendido palazzo Samay-
loff.
Per la storia aggiungiamo che le sue sale furono,
dopo la festa suddetta, aperte al pubblico per ben
tre giorni e durante questo tempo era grande con-
corso di gente (i).
E in questo anno dobbiamo pur segnalare diversi
provvedimenti edilizi e costruzioni di pubblica utilità.
Abbiamo detto più sopra come la nostra piazza
del duomo fosse fino ad ora ingombra di trabacche
d'ogni sorta che facevano il paio col famoso coperto
de' Figini ; ebbene un ordinanza della nostra Rap-
presentanza Comunale, ingiunge che parecchie di
esse, forse le piti mostruose, abbiano a levarsi, affin-
chè la circolazione sia più libereu
(i) Sembra che questa festa, data in un modo cosi spet-
tacoloso, sia stata l'ultima, perchè o vuoi per l'eccentricità
della contessa, o per le sue matte spese, essa venne dai tri-
bunali di Pietroburgo dichiarata interdetta, e ad amministra-
tore della sua sostanza fu nominata la banca Balabio e
Besana, notissima a quei tempi nella nostra città. Infatti
leggiamo nell'anno seguente un avviso nella Gazzetta uf-
ficiale, in cui i signori Balabio e Besana, richiamandosi ad
un decreto dello Czar del 27 novembre di quest'anno circa
l'interdizione della contessa Samoyloff, affermano che la
suddetta non ha più facoltà di contrarre alcun intfegno pe-
cuniario, né di emettere alcun titolo obbligatorio.
— 174 —
A decorare il maggior corso che conduceva alFat-
tuale porta Venezia e che allora chiamavasi Corso
Francesco in onore del monarca, pensarono i ricdiis-
simi fratelli De Cristoforis, progettando l'apertura
di una gran galleria coperta in vetri, dove sorgevano
un albergo, un caffè, un teatro meccanico, botteghe
ed appartamenti grandi e piccoli : e l'architetto An-
gelo Pizzala presentava appunto opportuno disegno ;
dava mano all'esecuzione e la contrada di vetro sorse
meraviglia dei milanesi, e rimase tale fin che non
venne eclissata da quella intitolata al nostro Re ga-
lantuomo.
La galleria Decristoforis solleticò pure l'estro
poetico di parecchi, e lungo sarebbe il narrare le di-
verse produzioni, che si stamparono in proposito;
basti dire che l'improvvisatrice cui abbiamo accen-
nato, la Rosa Taddei, s'interessò anch'essa di tale
costruzione. Il tema era :
Un milanese del 1500 alla Galleria De Cristofo-
ris, Ecco i versi declamati al nostro vecchio teatro Re
Dal lungo ferreo sonno
Risorge un milanese,
E al suo gentil paese
Tosto rivolge il cor.
Tornar egli vorrebbe
Ai suoi costumi antichi ;
Ei li ricerca invan.
Bella Milan fu sempre,
Ma par che acquisti ognora,
E chi la vide allora
Egual sembrar non può
Ma seguiam lo spirito
Nel lungo suo cammino,
A lui sempre vicino
Udrò quel che sa dir..,.
ki
- 175 —
Non riconosco affatto
Il mio gentil paese ;
Sol nel trattar cortese
Sempre l'eguale egli è....
Così vedessi un giorno
Nel portico d'Atene,
Se dirlo pur conviene
La turba a passeggiar....
Giunto al confin del portico,
Quel uom del tempio vecchio
Vede grazioso specchio
Se stesso replicar....
E sia detto per incidenza, la Rosa Taddei sba-
lordiva addirittura colle sue composizioni improvvi-
sate, talora anche obbligato ad un ritornello di due
o più versi. Se la Stael avesse udito questa poetessa
prima di scrivere la Corinna forse avrebbe aggiunto
una pagina di più nel suo lavoro in favore deiritalia.
Il citato Biorci scrisse più tardi sullo stesso sog-
getto un poema in ottava rima di 85 ottave. Permetta
il lettore che citiamo le ultime due.
Giunto il poeta vicino al caffè che sorgeva nel
centro della galleria, dove si trovano i quattro spec-
chi, ecco come si esprime :
Veggo nei tersi sfolgoranti specchi,
Onde coperte son quell'alte mura.
Femmine vane e ambiziosi vecchi
Soffermarsi con aria di paura;
E sbirciando gli sguardi di sottecchi,
Mirar degli anni la fatai jattura;
£ con l'accorta man tentano indarno
Coprir le guance crespe e il petto scarno.
E quei che dell'età si vede asceso,
Senz'accorgersi al colmo, incerto il ciglio
Arresta, e all'aria lo diresti inteso
Dal fido vetro a chiedere consiglio.
— 176 —
Mira un fiocco di neve al crin disceso
E svanir delle rose il bel vermiglio....
Ahimè si turba e guatai... Il fido speglio
Par che dica : Amico, omai sei veglio.
Il direttore del diario cittadino, per quanto amico
dell'autore non potè a meno di chiudere la recensione
con queste parole : Forse dovremmo consigliare FA
a limare con maggior attenzione i suoi scritti, ricor-
dandogli che appena appena chi ha Tobbligo di scri-
vere sollecitamente, è scusato di qualche trascura-
tezza.
Si aggiunga, che venne compiuta la barriera di
porta Orientale, ora Venezia ; si restaurò interna-
mente la chiesa di S. Stefano, mentre Tarchitetto Giu-
seppe Tazzini dirigeva la fabbrica della nuova fac-
ciata di quella di S. Antonio. Alla fonderia Manfre-
dini si gittava in bronzo un cavallo modellato in
gesso dallo scultore Sangiorgio, il quale doveva ser-
vire con altri per decorare VArco della pace (i). In-
tanto dal Lago Maggiore pel nostro Naviglio Gran-
de, arrivava il marmo che doveva servire per la sta-
tua di S. Ambrogio da collocarsi nella nicchia della
torre dell'orologio in piazza Mercanti ; ed i buoni
milanesi speravano vederla terminata per la sua fe-
sta^ sempre popolare per la fiera che aveva luogo nelle
domeniche di avvento, la quale allora come sapranno
chi conta i carnevali che noi abbiamo sulle spalle,
si faceva in piazza Mercanti (2).
(i) Questi cavalli in gesso, sono ancora conservati nella
nostra Pinacoteca.
(2) Dicesi che in quest'anno l'ingegnere Gaetano Brey
illuminasse la propria casa (via Monte 5555) atrio, porti-
neria, botteghe, scala con un gas prodotto da una piccola
macchina di sua invenzione.
(COMANDINI. Lltalia nei cento anni voi. II fase. 31).
— 177 —
Anche la vita intellettuale ed artistica ha qual-
:he risveglio. Il nostro storico Cesare Cantù, è pro-
nosso dal Ginnasio di Como a quello di S. Ales-
sandro (Beccaria) a Milano. I suoi Ragionamenti
sulla storia del secolo XVII, che servono ad illustra-
zione dei Promessi Sposi, erano pubblicati per la
prima volta nelllndicatore Lombardo (i).
E' pubblicata pure un'importantissima relazione
di viaggio per V esplorazione del corso e delle foci
del Niger.
I quadri dell'Azeglio destano rumori, e se ne
parla assai favorevolmente nei periodici letterari e
nel nostro diario cittadino. Il pittore Londonio è no-
minato presidente deiri. R. Accademia di belle Arti,
posto occupato provvisoriamente dal prof. Giocondo
Albertolli.
Fra gli almanacchi pel nuovo anno, oltre la pas-
seggiata deirUomo di Pietra nella Galleria De Cri-
sto foris, edito dal Canadelli e il Non ti scordar di me,
del Vallardi, notiamo del Canadelli stesso, la gal-
leria teatrale d'Italia. Il buon capo d!anno pei
fanciulli ed il 'Novelliere francese, degli editori de-
gli annali universali ; le Glorie delle belle Arti e
Amore e viaggi del Vallardi, quindi una Serata di
Carnevale dell'Artaria, che è una raccolta di balla-
bili per pianoforte.
Una innovazione molto utile, a cui dobbiamo ac-
cennare, e che fu origine di molte consimili, che ve-
diamo fiorire anche al presente, fu l'idea, che le visite
di etichetta o di convenienza, compiute per solito sullo
scorcio dell'anno, potessero esser fonte di provviden-
ziali benemerenze. A tale scopo si decise che a queste
(i) Fascicolo XXXIII.
Ounc:tti CrontstQria- la
— 178 —
visite si surrogassero offerte in denaro, le quali dove-
vano consegnarsi alla nostra cassa di rispannio, e si
convenne che tali offerte non dovessero essere da
meno di un -fiorino, moneta allora in corso. La bene-
ficenza mai non mancò nella nostra città, e forsanche
per alcuni il piacere ii veder pubblicato il proprio
nome nel diario cittadino, spronava ad offrire, ed il
foglio di quell'ultimo mese di dicembre ha una pa-
gina di nomi benemeriti. Tali somme poi erano de-
volute ad istituti di beneficenza, secondo quanto de-
cidevasi da chi doveva sorvegliare Terogazione.
Il necrologio di quest'anno oltre le famiglie prin-
cipesche, ha nomi di personaggi, molti dei quali sono
una vera gloria italiana.
Tra le famiglie sovrane notiamo : l'Arcidudiessa
Maria Anna Carolina, granduchessa di Toscana;
S. M. Maria Teresa regina, vedova di Sardegna; 1 ar-
ciduchessa Carolina, moglie di Federico Augusto, re
di Sassonia ; S. A. Francesco Carlo, duca di Reich;
stadt e S. A. Amalia Federica, vedova, margravia di
Baden.
Fra i decessi cittadini, il conte ALBERTO LlTTA.
consigliere e ciambellano di S. M. Aveva studiato
nel Collegio dementino di Roma e compiuto il ti-
rocinio scolastico nella Università di Pavia, dove fu
pure laureato.
A 26 anni fu nominato sotto intendente, ed in ap-
presso intendente politico della provincia milanese.
dal qual grado passò alla direzione della Camera dei
conti, e quindi a consultore legale presso il Governo
lombardo. Rettitudine di mente e di cuore, avvedo
tezza, prudenza, efficacia nel prevenire, consigliare,
operare, gli procacciarono il titolo di buon cittadino
— 179 —
e di ottimo magistrato. Sopravvenuti i mutamenti ed
i trambusti politici, dopo aver per parecchio tempo
emigrato, si ritirò a vita privata.
Nel 1814 ebbe posto nella reggenza provvisoria
di Lombardia, e fu trascelto a prestare il giuramento
di fedeltà, a nome dei concittadini, a S. M. Timpera-
tore ; collocato a capo del Municipio, si dimise presto
per la malferma salute.
Nutrito di buoni studi, era desiderato nelle adu-
nanze, e carissimo nel breve circolo degli amici e della
famiglia ; elegante senza fasto, splendido senza pro-
fusione, lasciò prova di questo nella sua villa di Ve-
dano. Quanto egli fosse benefico lo conobbero gli
amici che a lui ricorsero non invano. Sopportò con ras-
segnazione una malattia, che lo travagliò per ben sette
anni. Morì a 73 anni.
Angelo de Cesaris, cavaliere di II classe del-
l'Ordine Austriaco della Corona di ferro, e primo
astronomo dell'I. R. Osservatorio di Milano.
Nella pubblica carriera di tanti anni seppe meri-
tarsi collo zelo e coll'assiduità la soddisfazione dei
superiori e la stima dei cittadini.
Le effemeridi astronomiche di MiianOy che da
molti anni compilava, le memorie della società ita-
liana e quelle dell'I. R. Istituto, contengono molte
sue dissertazioni importantissime. Moriva nell'Apri-
le (18) a 82 anni.
Mons. Girolamo Litta fu canonico della nostra
metropolitana e cavaliere g,erosol imitano. Educato nel
Collegio dementino romano, si laureò a Pavia. Con-
sacrato sacerdote, visse coll'animo di continuo rivolto
al cielo ; ne lo splendore dei natali, né la dignità
del casato, ne gli agi delle dovizie, ne le speranze, né
le lusinghe e le adulazioni lo tolsero dai doveri del
ministero. Umile di se medesimo, mal sopportava ogni
- i8o —
parola di elogio che a lui si riferisse ; il portamento
dignitoso e la coltura dei modi lo scoprivano quel
gentiluomo che era. Aveva corso gran parte dell'Eu-
ropa e visitata accuratamente l'Italia. Benefico, non
negò mai il soccorso al povero e sopportò con cri-
stiana rassegnazione una lunga infermità. Moriva a
72 anni.
Luigi Castiglioni, nacque in Milano il 3 otto-
bre 1757. Ebbe la sua educazione nel Collegio dei no
bili, allora diretto dai P.P. Barnabiti. Compiuti gli
studi filosofici e sentendosi inclinato alla storia natu-
rale, particolarmente alla botanica, attese allo studio
di tale scienza. Nel 1779 fu decorato della croce di
S. Stefano di Toscana, più tardi visitò la Francia e
ringhilterra, passò a Londra Tinvemo del 1783, fu
quindi in America, sempre occupandosi della flora di
quei luoghi ; visitò pure la Spagna, ritornò a Milano,
e fin dove fu possibile, procurò di attuare quelle idee
che gli erano venute in animo, mentre viaggiava Fu
pure studioso di numismatica e la sua ricchissima rac-
colta di monete lombarde, incomincia dagli impera-
tori d'Oriente del secolo IV, e va fino a Francesco I
d'Austria ; una rara appendice a questa raccolta
fanno le monete dei Medici, dei Mandelli, dei Rusca
e dei Trivulzi. Tutto fu lasciato alla Biblioteca Am-
brosiana.
Distratto da* suoi studi nel 1796 ritornò a Milaiw
per mediazione di parecchi suoi amici e venne eletto
membro del consiglio di sanità; nel 1807 fu noroi
nato direttore della stamperia reale, e presidente del-
l'accademia di belle arti, quindi senatore, conte, ca-
valiere della corona di ferro, e ciambellano di S. M.
Affezionatissimo alla famiglia, esercitò larga-
mente la beneficenza ; nemico dello sfarzo, Icisciò che
1 suoi funerali fossero assai modesti, e che una gran
~ i8i —
parte del denaro fosse distribuito fra i suoi ccntadini.
Mori neiraprile a 75 anni.
Giovanni Battista Paletta, nacque in Montecre-
tese su quel di Domodossola, fece il corso dei primi
studi nelle scuole di Neiistadt, quindi tornato in Ita-
lia fu studente di chirurgia nel collegio convitto dei
chirurghi, esistente nello stesso locale dello spedale
di Milano.
Quivi, dietro la guida dei maestri Moscati e Pa-
trini, apprese la difficile arte ed incominciò la sua
fama. Fu per ben 50 apni impiegato nell'ospedale e
si spense nella tarda età di 86 anni.
L'elenco solo delle moltissime opere da lui date
in luce, forma già per sé uno stupendo encomio della
laboriosissima sua vita.
Instancabile osservatore e profondo -conoscitore
delle umane vicende, nulla curavasi de' suoi abiti me-
schini, nulla del suo vivere, nulla delle sue ricchezze,
nulla degli onori che gli si prodigavano. Dicesi che
in fronte al suo testamento egli avesse scritto : Non
habenius hic permanentem civitatem.sed futuramqua-
nmus. Era cavaliere della corona di ferro, membro di
parecchie accademie, professore di anatomia e chi-
rurgo in capo del nostro spedale. Prestò efficacissima
opera alla corte del Viceré.
Il Conte Barnaba Oriani. Nacque il luglio (17)
del 1752 nel paese di Garegnano, vicino alla nostra
città, da poveri contadini. Fu collocato presso un mu-
ratore per apprendervi l'arte, ma alcuni certosini (i),
colpiti dalla costui intelligenza, lo accolsero nel loro
convento e dopo avergli insegnati i primi elementi, lo
mandarono a Milano perché continuasse gli studi
(i) E* risaputo che il paese di Garegnano fu già sede di
un convento di tale ordine, la chiesa sussiste tuttora, e vi
si ammirano celebrati affreschi di Daniele Crespi.
— l82 —
presso i padri barnabiti. Egli aveva fatto assai pro-
gressi nelle scienze esatte, specie neirastronomia ed in
tale qualità era entrato come apprendista all'osser-
vatorio di Brera, dove ebbe per maestri Reggio e De
Cesaris. Due anni più tardi fu dichiarato astronomo
e come tale nel 1778 coadiuvò alla pubblicazione
delle effemeridi ; conobbe più tardi l'Herschel ed
ebbe con questi una lunga corrispondenza.
Dopo la vittoria di Marengo fu incaricato di n-
organizzare le università di Pavia e di Bologna e fu
presidente della Commissione per regolare il sistema
dei pesi e delle misure; collaborò coirastronomo
Piazzi alla illustrazione del pianeta Cerere da questi
scoperto. Ebbe da Napoleone I la direzione dell'os-
servatorio di Milano, fu creato conte, senatore ed in-
signito dell'ordine della corona di ferro e della le-
gion d'onore. Per non abbandonare i suoi studi favo-
riti, rifiutò il vescovado di Vigevano, e più tardi an
che il portafogli della pubblica istruzione.
Il governo austriaco rese giustizia al merito emi-
nente di Oriani, lasciandolo fino alla sua morte di
rettore dell'osservatorio, nel qual tempo ebbe parte
alla compilazione della gran carta d'Italia, comin-
ciata sotto il governo francese. Molti de' suoi scritti
sono pubblicati nelle citate Effemeridi (1778-1831)^
quelle dissertazioni si distinguono tutte pel metodo
rigoroso con cui sono trattate. Oriani apparteneva
come corrispondente estero alla Società reale di Lon-
dra ed all'Accademia di Berlino.
Morì nel novembre ed il suo patrimonio fu in gran
parte, secondo le sue ultime volontà, distribuito m
beneficenza. Cento mila lire ebbe la nostra Biblioteca
Ambrosiana, e vistosi legati l'orfanotrofio maschile e
l'ospedale maggiore.
L
J
1838.
CAPITOLO IX
a Giovine Italia. — Inquisizioni ed arresti. — Sicurezza
pubblica. — Giudizio statario. — Dimostrazioni abor-
tite. — Misure repressive. — Cesare Cantù. — Ancora
il principe ereditario. — Feste civili e religiose. — Il
ballo pubblico nella galleria De-Cristoforis. — Istitu-
zione del Collegio delle Dame inglesi. — Istruzione. —
Arti e lettere. — Il pittore Victor. — Necrologio.
Il genovese Mazzini aveva lanciato agli italiani
l'invito per una nuova riscossa, fondando la società
della Giovine Italia ; ben presto l'Austria fiutò in essa
una nuova setta con intendimenti non dissimili da
quella dei carbonari e di cento altre, che pullulavano
in Italia e fuori, quindi inutile dire, che anche contro
di lei si diressero gli strali polizieschi.
E verso la metà di quest'anno una nota governa-
tiva agli ascritti alla Giovine Italia, commina le stesse
pene della setta dei Carbonari, dichiareuidoli rei di
alto tradimento, ordina a chi li conosce di svelarne i
niembri, denunziarne i progressi, assicurando l'impu-
nità ed il segreto ai delatori.
Ecco la nota del Conte di Spaur (i), diretta all'I.
R. Governo di Venezia in data del 5 agosto.
(i) C. Cantìi lo chiama buon uomo, ma inetto. Croni-
storia.
f.Quando la setta dei Carbonari, dodici anni sono,
minacciava la rovina di ogni ordine civile degli Stati
italiani, S. M. I. R. A., all'oggetto di premunire i suoi
sudditi contro le perniciose dottrine e la seduzione di
quella setta, ne fece colla Notificazione 29 agosto 1820
pubblicamente conoscere le mire tanto criminose,
quanto pericolose per lo Stato, onde le persone ine-
sperte e leggiere alle quali i capi della setta sapevano
destramente occultarle, ne fossero informate e quindi
trattenute dal prender parte alla setta.
fOra la stessa paterna sovrana sollecitudine de-
terminò di ordinare una simile disposizione anche per
riguardo all'associazione denominata la Giovine li<^-
lia, formatasi in mezzo alle vicende di questi ultimi
tempi, la quale non meno pericolosa, spiega anzi una
iniquità più grande ancora di quella della setta dei
Carbonari.
« Lo scopo di questa società è il rovesciamento de-
gli attuali governi e di tutto l'ordine civile.
« I mezzi che adopera sono la seduzione, e persino
l'assassinio decretato dai capi occulti a forma degli
antichi tribunali segreti.
e Siccome da ciò ne consegue che chiunque, cono-
scendo quelle mire di alto tradimento siasi non ostante
aggregato alla società della Giovine Italiay a tenore
del $ 52 del Codice dei delitti si è fatto reo del delitto
di alto tradimento, e che a tenore dei $ 54 e 55 dello
stesso Codice, si rende complice di tale delitto ed in-
corre nella pena inflitta dalla legge anche a chi,
avendo già conoscenza di tali mire della setta, non ne
abbia impedito i progressi, od abbia omesso di sve-
larne i membri, così dal giorno della pubblicazione
della presente notificazione nessuno potrà più scu-
sarsi col pretesto di non aver conosciuto lo scopo pre-
ciso della società della Giovine Italia,
- i85 -
€ Però chi d'ora in avanti entra nella predetta So-
cietà, o che omette di impedire i progressi della mede-
sima, od anche di denunziarne i membri, sarà punito
a norma dei $ 52, 53, 54 e 55 del Codice stesso.
«E' applicabile alla Società della Giovine Italia
anche il $ 56 del Codice stesso, che riguarda i casi nei
quali viene ai delatori assicurata piena impunità e il
segreto del nome, siccome è dichiarato nel $ stesso (i).
In Milano, a dir vero, non vi era propriamente una
società segreta : se a taluno fosse venuto in mente di
stabilirla, scrive Cesare Cantù, il governo in meno di
un mese avrebbe potuto scoprirla. Vi era però un'edu-
cazione che datava da molto tempo, e che si poteva
dire un'ispirazione di Romagnosi, la quale tendeva
ad insinuar^ negli animi, l'amore della patria con-
giunto all'odio contro gli stranieri. Tutta quella gio-
ventù che attingeva a questi principi, formava per
cosi dire, la forza morale di un partito che, data una
occasione, si sarebbe riunito ed avrebbe anche agito
senza bisogno di essere creato.
Quest'anno però cogli arresti dell'agosto fu nomi-
nata una Commissione speciale come nel 1821. E
anima dei nuovi processi era Paride Zaiotti trentino.
Fungevano da assessori due giovinetti, Corvi e Mo-
roni ; attuario un Giuseppe Pecchio, che fu poi arre-
stato perchè avvertì l'avvocato Pompeo Ferrari di fug-
gire in tempo, diversamente la polizia l'avrebbe ac-
ciuffato.
Fra gli arrestati notiamo pure lo studente Fedele
Bono, che alla sua volta propalò nomi e fece mettere
le mani addosso ad altri ; un prete comasco, Tom-
maso Bianchi, che poco mancò non compromettesse
seriamente anche il Cantù, avendo asserito d'averlo
(i) Carte segrete, Doc. 354.
— i86 —
incontrato a Ginevra, mentre a confessione dello sto-
rico, egli non vide quella città che nel 1842. Ed altri
sacerdoti erano pure implicati : un Tosi di Cremona,
rOmboni di Pavia, un Cattaneo di Parabiago, un
Passerini di Brescia ed i due chierici Ferri e Dossena.
Il più compromesso di tutti, come già accennammo,
era il Tinelli, che si compiaceva di atteggiarsi come
capo, giacché convinto che la rivoluzione doveva riu-
scire, non si curava di mascherare né sé, né alcuno de'
suoi (i).
Le confessioni di questo aggiunsero altre rivela-
zioni. Pare che qualcuno proponesse di avvelenare le
acque del nostro castello, affinché i soldati ne moris-
sero... di arrestare il Viceré ed obbligarlo a firmare
editti di libertà... di uccidere il re di Piemonte, ecc
Sono enormità, ma bisogna pure conoscere di qual na-
tura fossero i processi che si istruivano dalla Com-
missione (2).
Quale impressione facesse poi la citata notifica-
zione sull'animo dei sudditi Lombardo- Veneti, ce lo
manifesta una nota della Polizia in cui fra l'altro è
(i) Cronistoria di Cesare Cantu'. Voi. II, p. 517. Il Ti-
nelli finì i s\30i giorni a Nuova-York nel maggio del 1873-
(2) Alcuni episodi di questi processi scritti in stile rozzo,
ma con tutta verità sono riferite in un libro assai raro dal
titolo Un anno di prigione in Milano, lavoro di certo Ago-
stino Caggioli (1886) di Valcamonica, che si annegò nel-
rOglio.
Né la si perdonava neppure agli sgherri che avessero
un po' di cuore. Fra gli inquisiti trovavasi il giovane Zam-
belli, studente di Vailate, ora mentre era accompagnato al
giudice dal gendarme Locatelli Giuseppe, questi scappò
fuori a dire che valeva meglio essere regina martyrum che
regina confessorum. Saputasi la cosa il povero gendarme
fu arrestato, inquisito ed imprigionato. Finì col suicidarsi.
(Cronistoria citata).
■T'^-"-'- — S*
— 187 —
letto che « tra i diversi sentimenti destati ed espressi,
1 più generale, il più forte ed il più sentito fu quello
ii una filiale e doverosa riconoscenza, ravvisandosi
n essa da tutti gli uomini saggi e dabbene, un
movo pegno della costante sollecitudine di S. M.
pel miglior vantaggio di questi fortunati suoi sudditi,
c^olendo l'inesauribile sovrana clemenza antivenire con
::iò tutti quei mali che potrebbero derivarne ai colpe-
voli, non solo, ma alle innocenti loro famiglie.
«Altri si mostrarono sorpresi nel vedere che nul-
Tostante le tante lezioni avute dal tempo e dall'espe-
rienza, vi potevano essere ancora uomini, cotanto scon-
sigliati e perversi da avvisare tuttora ad esecrandi
mezzi per turbare l'ordine e la pace in Italia, con tanti
sacrifizi finora mantenuta, procurando di istituire e
di fondare sette colpevoli, non meno che pericolose
allo Stato ed alla società.
«Alcuni avrebbero desiderato, stante la fortunata
ignoranza in che vivono le classi più numerose di que-
ste popolazioni, che una simile pubblicazione fosse
stata tralasciata, almeno per qualche tempo ancora,
pretendendo da un canto che giovi sempre di mante-
nere il popolo nella ignoranza di codeste tenebrose
trame, ne dovendosi d'altra parte far nascere l'idea
che il male potesse già esistere, quando si pensava ai
mezzi di porvi riparo. Altri opponevano che dal mo-
mento in cui vari fogli esteri, specialmente romani,
avevano già liberamente parlato sulle scoperte fatte
in riguardo alla nuova criminosa setta della Giovine
Italia, non era più lecito al governo austriaco rima-
nersene silenzioso....
«Del resto, la massa degli abitanti si è mostrata in-
differente, se pur non fu indignata e sprezzante per
gli sforzi fatti dai rivoluzionari, onde attentare alla
l
— i88 -
religione ed ai troni, alVombra dei quali solo vi può
essere riposo e prosperità per le nazioni (i). »
Così il governo era ancora un^ volta ingannato
sullo spirito vero della popolazione da' suoi stessi im-
piegati, giacché è noto che cosa accadde quindici anni
dopo.
E che gli ossequiosi sudditi nutrissero altri senti-
menti ed avessero vivo desiderio di riforme ammini-
strative, di sgravi d'imposte, di miglioramenti sodali,
ne è prova che non pensarono punto ad obbedire alle
ingiunzioni poliziesche, di denunciare gli addetti alla
nuova setta. Ciò malgrado fioccassero le circolari se-
grete ai commissariati generali, in cui si accennava
agli € ognor crescenti b tentativi dei settari per propa-
gare sempre piti le loro pericolose ramificazioni in
Italia ed estenderle anche nel Lombardo- Vento ; mi-
rando a sedurre i sudditi di S. M. ed associarli ai
loro piani scellerati.
E tali circolari erano di un crescendo spaventoso,
poiché raccomandavano agli impiegati « di spiegare in
quei momenti pericolosi tutta la possibile energ^ia
per iscoprire e perseguitare gli instancabili fautori
della rivoluzione, gli emissari propagandisti, i mem-
bri della criminosa setta della Giovine Italia ed altn
individui facinorosi e sospetti....
« Che gli IL RR. Commissari invigilino col mas-
simo fervore sulla condotta dei forastieri in generale,
sulle loro relazioni, tengano destramente dietro ai
passi di tutte le persone sospette, ed a quelle in specie
che, o per anteriori censurabili tendenze e perverse in-
clinazioni, o per altre cause potessero essere più facil-
mente traviate e sedotte ; rechino particolarmente at-
(i) Carte segrete. Documento 355.
J
- i89 -
ten^sione ai loro discorsi ed alle loro eventuali adu-
aanze, e procurino di coltivare in generale tutte quelle
traccia che potessero aprire la via per giungere a qual-
che utile scoperta tenendo informato il governo
prontamente e con esattezza di qualunque emergenza
in proposito, quand'anche fosse di lieve momento (i) i.
Come si vede, un vero spionaggio organizzato su
larga scala, e che prevedeva anche le più piccole man-
canze : una minuziosa linea di condotta cui si dove-
vano acconciare que* signori impiegati, se volevano
alla fine del mese riscuotere Tonorario e continuare a
mantenere la propria famiglia.
E non tardarono a seguire le visite domiciliari,
le inquisizioni e le denuncie. Prima fu certo Giuseppe
Sgarzolo di Savona, capitano mercantile, che aveva
domicilio in Sestri Ponente, già stato soggetto ad una
inquisizione in Genova nel 1818 e condannato ad un
anno di carcere. Egli aveva nel 1830 trasportato irre-
golarmente da Genova due milanesi, certi Giovanni
Albinola inquisito di Stato ed un medico, di cui la
cronaca non ci conservò il nome ; il primo venne la-
sciato a Malaga, Taltro a Rio Janeiro.... Corse pure il
sospetto, che parecchi capitani mercantili trattenes-
sero corrispondenze coi milanesi e con altri liberali
esteri.
Nel 1832 lo Sgarzolo venne arrestato a Trieste,
sotto l'accusa che a bordo del suo naviglio, lo Spar-
tano, si tenessero riunioni tra cospiratori e correva
pure voce, essersi colà tramato contro la vita del prin-
cipe Mettemich (2).
Pensare se la Commissione speciale poteva lasciar
passare liscia tale imputazione, anzi mentre già sta-
(i) Carte segrete. Documento 370.
(2) Carte segrete. Documento 353.
— 190 —
vasi per esaurire il processo contro altri detenuti di
Stato, tutto fu sospeso in attesa delle risultanze del
l'inquisizione apertasi contro il capitano suddetto.
E le ricerche non finirono qui, ma si pensò anche
ad un certo Stefano Robert, già aiutante maggiore
della piazza d'Ancona al servizio francese (i), al ca-
pitano Gelmi, ai tenenti Giambattista Zaffoni e Re
mer, del reggimento Guglielmo dei Paesi Bassi ed
all'ufficiale Bernardi, del reggimento Arciduca. Di
questi ufficiali il solerte Torresani chiede inforiDa-
zioni minute e precise al governo di Venezia (2).
E fu in quest'anno pure che l'ambasciatore au-
striaco a Torino, Bombelles, chiedeva il passo in Lom
bardia pel conte Cavour, ma il Governatore rispon-
deva che le notizie avute relative alla suddetta per-
sona, erano di natura tale da farlo considerare come
un ardente esaltato nei principi sovversivi dei liberali
e in conseguenza troppo pericoloso per essere ammesso
in Lombardia, onde pregava l'ambasciatore di rispon-
dere negativamente. Lo ebbe però tre anni dopo m
occasione del suo viaggio a Lubiana, quantunque,
scrivesse ancora il Governatore che les inforrnation^
sur san compie luì soient dèfavorables à un tris hau\
dégré.
E mentre si perseguitavano senza posa i settari à'
questa o di quella società, la pubblica sicurezza nella
città lasciava molto a desiderare, che, a confessione
della polizia stessa, le aggressioni si succedevano fe
quenti (3), arrivando persino ad introdursi per ''^'^^''
(i) Carte segrete. Documento 416.
(2) Documento 466.
(3) Documento 353.
— 191 —
lenza nelle abitagioni. Né la forza bastava a garan-
tire la sicurezza privata, e, trovando molti osta-
coli la istituzione di un corpo militare di Polizia, si
pensò di stanziare lungo le vie un certo numero di
soldati di guarnigione, che vi facevano sentinella
sotto la sorveglianza della stessa Polizia. Se a que-
sto provvedimento aggiungansi le numerose ronde,
pareva davvero che Milano, in quest'anno di grazia
1833, si trovasse in stato d'assedio.
Sembra però che tutte queste precauzioni non con-
seguissero lo scopo desiderato, e si dovette promul-
gare il giudizio statario. Si aggiunga ancora, la pre-
senza a Milano della Commissione speciale pei rei di
alto tradimento, le carceri a Porta Nuova, dove trova-
vansi molti detenuti di Stato ed il recente arresto del
capitano Sgarzolo, e si avrà argomento sufficiente di
giudicare il perchè i nostri poveri babbi dovessero
forzatamente arar dritto.
Né è a meravigliarsi di tali disposizioni, che, se
crediamo alla Gaz et te univer selle di Parigi, una cor-
rispondenza da Milano in data del 1 5 ottobre, parlava
di una rivolta che sarebbe scoppiata circa quel tempo,
auspice la Giovine Italia, anzi nella stessa si legge,
che siccome la congiura fu scoperta, molte centinaia
di persone furono arrestate e tradotte prigione.
Ciò che è positivo si è, che dalla Svizzera, mal-
grado la più severa vigilanza, giungevano libri e li-
belli stampati contro l'Austria ed il suo governo, ed
in quella libera terra, che aveva rifiutato l'estradizione
al potente impero austriaco, si trovavano parecchi emi-
grati lombardi (i).
E il governo continuava anche nelle leggi il si-
stema del rigore : si fissò la pena di tre mesi per
" (i) Vedi VOsservatore del Ceresio, anno 1833.
— 192 —
semplici mancanze di polizia ; una Noticazione go-
vernativa avvisava t che si rendeva reo di grave tra-
sgressione politica, e quindi meritevole di punizione
a norma di legge • chi, in generale, con false indica-
zioni intorno al proprio nome, luogo di nascita, alla
sua condizione, o ad altre circostanze sue proprie, in-
gannava la polizia od altra autorità pubblica, in modo
di poter indurre in errore, sia che egli desse con ciò
motivo a false indicazioni nei passaporti altrui od as-
sumesse falsamente davanti alle autorità il nome
della persona cui appartenevano, o che infine (anche
prescindendo dai passaporti e dai documenti presen-
tati), desse alle autorità direttamente false india-
zioni. 1
Tratto tratto poi qualche editto deiri. R. Delega-
zione Provinciale, richiamava il suddito austriaco emi-
grato, che si tratteneva indebitamente fuori degli il
rr. Stati, infliggendo al renitente una multa che va-
riava dai 5 ai cinquanta fiorini, e, prolungandosi l'as-
senza oltre i tre mesi, del doppio ; in caso d'insolvibi-
lità si procedeva all'arresto da tre a quattordici giorni,
con digiuno da una a due volte la settimana.
E il governo era oculatissimo anche nelle istru-
zioni che emanava, qualora trattavasi di intimazioni
a persone dimoranti fuori dello Stato, essendo noto
il luogo di dimora. « Il giudice, diceva la nota, deve
in questo caso, procurare di far eseguire Tintimazione
al reo convenuto o col mezzo di lettera requisitoriale,
diretta al giudice del luogo di dimora del reo, op-
pure mediante l'intervento delle autorità superiori: e
deve pure nominare d'ufficio al reo suddetto un cura-
tore provvisorio, che lo rappresenti, finché egli stesso
non abbia destinato ed indicato al Giudizio un pro-
curatore speciale. Qualora il giudice entro uno spazio
di tempo corrispondente, non ricevesse dal giudice
— 193 —
istero, richiesto dell'intimazione, la dichiarazione che
i^uella fosse stata eseguita, dovrà, a nuova istanza del-
l'attore, citare il reo, secondo la disposizione del re-
golamento relativo a persone delle quali è ignoto il
luogo di dimora. »
E mentre il governo accordava la cittadinanza an-
che ad una stranierci, che sposasse un suddito austria-
co, raccomandava le più grandi cautele da usarsi nel
concedere tale diritto a stranieri.
Né pensi il lettore che i fulmini lanciati contro le
società segrete, le circolari segrete ai commissariati di
polizia, sieno state proprio senza effetto ; pur troppo
confidenti e spie erano sull'attenti. Già nello scorso
anno, il prete Lammenais col conte di Montalembert,
eransi trovati a Venezia ed il governo di Milano aveva
ingiunto a quella polizia di sorvegliare accuratamente
quei due stranieri, ed ossequenti a tali ordini, l'Auto-
rità non lasciò di fedinarli, sicché potè dare le più mi-
nute informazioni perfino dei discorsi, che ebbero
luogo coi differenti personaggi che visitarono. In uno
scritto a tal proposito diretto al governatore di Mi-
lano, si legge che, per quanto si era potuto penetrare,
tali persone sembravano parteggiare per Vattuale go-
verno di FranciUy ma nel senso più monarchico della
parola.
Malgrado ciò i commissari provinciali erano ec-
citati ad usare una rigorosa sorveglianza ed a consi-
gliare a quegli stranieri il più breve soggiorno negli
Stati austriaci (i).
Non cosi avvenne del nostro storico Cesare Cantù,
da qualche anno nominato professore al ginnasio di
S. Alessandro, poiché fu incarcerato per dubbi in fatto
di alto tradimento, e non venne prosciolto che dopo
dodici mesi col soldo di giubilazione e col divieto di
mai più insegnare.
(i) Documento 459.
GuNETTi. Cronistoria. 13
— 194 —
Tale era il movimento politico nella città, quan-
tunque qualche buona legge facesse pur capolino tra
queste misure repressive. E per dar ragione al nostro
asserto, possiamo notare la disposizione governativa
che assimilava i figli adottivi ai proprii, nella divi-
sione della eredità paterna : e l'approvazione del pio
istituto pei lavoranti in cappelli di feltro.
Fosse conseguenza del fallito tentativo di Baden,
fosse una malattia naturale, fatto si è che nei primi di
quest'anno i fogli pubblicavano lo stato di salute mol-
to anormale del principe ereditario, fino ad ordinare
nelle chiese preci per la sua guarigione ; ma queste si
cambiarono presto in inni di ringraziamento per la ri-
cuperata sanità. Anche in tale circostanza si distinse
la nostra Congregazione Municipale per la particolare
solennità cui volle ufficialmente intervenire.
Alla Metropolitana grande festa religiosa coU'in-
tervento del governatore e di tutte le autorità politi-
che e cittadine : funzionava S. E. il cardinale, fu can-
tata la Messa seguita dal Te Deum,
Il gran cartello posto sulla porta maggiore re-
cava la seguente iscrizione :
PRID. ID. FEBR. AN. MDCCCXXXni
EXORATA DIES
QUA
FrANCISCI I IMPERATORIS ET REGIS D. N.
NATALES REDEUNT
DEUS OPTIME ABAETERNE
LAUDES TIBI EUCARISTICAS
LANGOBARDI CANIMUS
TU VOLENS TU PROPITIUS
SERVA IMPERIO PRINCIPEM POTENTISSIMUM
PIUM FELICEM PACIS ADSERTOREM
SERVA FAMILIAE AUGUSTAE
POPULISQUE AUSTRIACI NOMINIS
PABENTEM MAXIMUM
RELIGIONE MAGNITUDINE ANIMI
AVORUM EXEMPLA SUPERGRESSUM
M
- 195 —
L'inno Ambrosiano fu pure cantato in tutte le par-
rocchie, ed il diario aggiunge con numeroso concorso
di cittadini. Nella sera consueta illuminazione negli
ii. rr. teatri.
Kd altra festa consimile si ripetè nell'ottobre, in
occasione dell'onomastico imperiale.
In quest'anno il Cardinale Arcivescovo aveva pub-
blicata la pastorale pel giubileo, la quale importava
preci speciali, visite ad alcune chiese e digiuni. Il Cor-
pus Domini fu per tale motivo celebrato con straor-
dinaria pompa : v'intervennero il Viceré, le cariche di
Corte, i consiglieri intimi, i ciambellani ed un drap-
pello di trabanti. Pontificò S. E. ; sulla porta mag-
giore il consueto cartello. Le truppe della guarni-
gione furono allineate in parte nel tempio, in parte
accompagnarono la processione, fiancheggiando i cro-
ciferi ed i ceroferari delle singole parrocchie ed in
parte erano schierate sulle piazze del duomo, di San-
f Ambrogio, dove durante i divini uffici eseguirono re-
plicate salve di moschetteria.
E sembra che allora la nomina ai canonicati di
quesf ultima basilica dipendesse in gran parte dal go-
verno, poiché veggiamo che certi Gianorini Costan-
tino e Luigi Malacrida ; il primo coadiutore a San
Francesco da Paola, il secondo a S. Lorenzo, furono
nominati a quei posti.
E un altro prete milanese, il prevosto di S. Ste-
fano, D. Carlo Romano, fu nominato vescovo di
Como. Un*altra personalità sacerdotale che vedremo
comparire negli avvenimenti di sedici anni dopo, fu
dal governo insignita dell'ordine della corona ferrea.
Era Mons. Conte Gaetano Oppizoni, arciprete e par-
roco della Metropolitana. Forse l'oculata autorità
non conosceva di qual tempra era quest'uomo, o forse
le ripetute repressioni cui egli assistette nel lungo corso
— 196 —
di sua vita, le ingiustizie e le rappresaglie, cui ve-
deva ognora soggetti i nostri padri, ingenerarono nel
suo einimo quel sentimento di affetto verso la nostra
città, di cui diede sì bella prova.
E spettacoli e feste speciali non mancarono anche
quest'anno di allietare i nostri babbi. Nella galleria
De Cristof oris si aperse un gabinetto pittorico mecca-
nico di cui i diari dissero meraviglie ; l'improvvisatore
di tragedie Luigi Cicconi, prendendo a tema la Bea-
trice di Tenda, dato lì per lì dal pubblico, improvvisò
una tragedia in cinque atti : alcune sere dopo al teatro
alla Cannobbiana fu estratto il tema Berengario I. La
tragedia durò per ben due ore, ma sembra che non
avesse corrisposto all'aspettazione del pubblico, poi-
ché il critico del diario cittadino, raccomanda all'im-
provvisatore di studiare maggiormente la proprietà
della lingua e di attenersi alla verità storica, infine
che sia prodigo d'interessamento, ma parco di espres-
sioni. Ottimi consigli, che non sarebbero fuor di luogo
anche a qualcuno dei nostri drammaturghi moderni,
poiché infine pel Cicconi c'era l'attenuante, che egli
improvvisava.
Pei musicofili, l'Alina Bertrand, dava un concerto
d'arpa al teatro Carcano dove si rappresentava pure
la Beatrice di Tenda del Donizzetti ; alla Cannobbia-
na VElixir d'amore ed una Claudina Grandi, appena
tredicenne, offriva al teatro Re un saggio orale ed istru-
mentale di scelta musica. Notiamo per incidenza che
in quel sabbato grasso cadde a larghe falde la neve,
con gran dispiacere dei mattacchioni d'allora, che si
erano ripromessa una larga rivincita col getto dei co-
riandoli.
La festa però che maggiormente fece epoca, in
quest'anno, é quella ideata e data nella Galleria De
— 197 —
Cristof oris per iniziativa di quei negozianti e di quegli
inquilini.
Kssa doveva esser stata veramente spettacolosa se
nel febbraio di quello stesso anno fu stampato in pro-
posito un opuscoletto il quale ci dà l'idea di quello
spettacolo ; ne togliamo qualche brano, poiché da
quanto possiamo argomentare, lo scrittore fu anche
testimonio oculare (i).
« Erano le 9 di sera, ed io mi trovavo già alla porta
della Galleria colla mia tessera in mano. Ih ! ih ! quan-
ta gente assisteva al solenne arrivo degli invitati ! La
strada non ti presentava nudo un palmo di terra, e
perfino i poggi vicini, quello in ispecie della nuova
casa che sta rincontro alla meraviglia decristofoùana,
abbondava di persone ed offriva una scena più che
teatrale. Non parlo delle carrozze, che si succedevano
con uno strepito da non dire. Tiro innanzi, e subito
mi risuona agli orecchi una voce gentilissima che mi
grida : al portinaio il biglietto. Glielo consegno ; que-
gli lo guarda e lo lacera per metà e mi accenna di en-
trare.
€ Non so esprimere la viva e straordinaria impres-
sione che mi destò nell'animo. Quali splendori di luci,
quanti leggiadrissimi arredamenti ! Ardevano le con-
suete lampade, che come sole dai monti sorgono ogni
sera a rischiarar bellamente la Galleria, alle quali fu
aggiunta gran copia di braccialetti, forniti di nume-
rose candele. E le poche botteghe che non sono per
anco affittate, erano aperte a guisa di gabinetto, o di
sala, come di sala serviva parimenti il porticato d'in-
gresso, che gelosamente custodivano Americo Ve-
spucci e Cristoforo Coloml.o (2). E potrei aggiungere
(i) Biblioteca Ambrosiana, segnatura S. D. P. VII. 5.
(2) Le altre due statue non (Tano ancor state collocate.
— 198 —
altre novità, cioè una rosa dei venti, un igrometro, un
calendario perpetuo, un orologio a quadrante, cose
tutte che per la prima volta comparivano in quel
luogo. Una banda militare ci ricreava l'udito e lo
spirito
€ Tutte le botteghe si trovavano aperte come di
giorno e tale idea mi piacque. Non so se la merce
nelle vetrine potesse acquistare, che anzi credo avrà
dovuto soffrire a quel caldo. Ma se ciò fosse, tanto
maggiore dovrebbe essere la gratitudine nostra verso
que' bravi negozianti, cui dovevamo un divertimento 1
di nuovo genere.... Una galleria, una passeggiata, un
ballo, sale adiacenti e sale diversamente addobbate,
cinquemila e più spettatori e tutti in domino.
€ Vorrei esser pittore per eseguire un quadro, che
non farebbe certo mala figura all'esposizione di que-
st'anno.
tTi puoi immaginare (lo scritto si finge diretto
in forma di lettera ad un amico), d'esserti trovato
meco al caffè della Galleria, o alle finestre delle ca-
mere superiori.... Tu vedevi un'immensa turba di po-
polo.... gente dappertutto, e tutta questa gente gri-
dava, schiamazzava, rideva, celiava.... V'era proprio
da alimentare ogni curiosità...
« Moviamo a dare un'occhiata alle sale adiacenti,
cui si ascendeva per lo scalone illuminato a dop-
pieri, che mena al Gabinetto Meccanico.... Giravi e
rigiravi per diverse camere, dove in una più grande
era un'orchestra, e si ballava furiosamente.... E i po-
veri zerbini (i), tutti in faccende con quei loro cap-
pelli stiacciati, che servivano anche da ventaglio,
correndo qua e là, levavano dalle tasche un libretto di
(i) I giovinottl
— 199 -
faziosa forma, rilegato in marocchino, e sopra vi
scrivevano il nome deiravvenente, che loro aveva
promesso il primo giro di walse.,,. (i). »
E ad aumentare il lustro ed i comodi della no-
stra città, s'aggiunse appunto in quest'anno l'aper-
tura del grande albergo della Ville, proprio di fronte
alla nuova Galleria: era condotto da un tedesco,
certo Giacomo Coatz : ristorante che per molto tem-
po doveva offrire tutto il comfort desiderato ; e nel
settembre l'architetto Besia gettava le fondamenta
del palazzo Archinti. Intanto la Galleria si riempiva
di negozi e fatto, forse nuovo allora in Milano, che
fu presto seguito dai negozianti che dimoravano
sotto il coperto de' Figini, che sorgeva poco distante
dagli attuali portici meridionali della nostra piazza
del Duomo, si vendeveino le merci a prezzi fissi ; sic-
ché udivasi talvolta il popolino nelle altre botteghe,
ripetere al venditore che non voleva rilasciare qual-
che cosa sul prezzo della merce — Eh! non siamo
mica sotto il coperto de' Figini.
Parlando di istituti di educazione, non è da di-
menticarsi il Collegio delle Dame inglesi eretto nella
vicina Lodi.
Deve esso la sua fondazione a Maria Hazfield,
vedova Cosway, nata a Firenze da parenti inglesi e
maritata a Londra, Reduce in Italia, aveva con una
dotsusione stabile assicurata la perenne sussistenza di
(i) Se crediamo a Cesare Cantu', nella sua Cronistoria
delV Indipendenza d'Italia, dice che in occasione della fe-
sta fuvvi un ritrovo del gruppo appartenente alla Giovine
Italia, cui intervennero anche alcuni emigrati e vi si le-
garono nuove conoscenze.
— aoo —
un collegio femminile da essa aperto in quella città
fino dal 1812 ; anzi volendo raccomandare il novello
Istituto ad ima società religiosa, la signora ottenne di
potervi chiamare due suore della Casa principale
delle dame inglesi, stabilite a San Polten, affinchè vi
preparassero la fondazione di una casa speciale del-
ristituto stesso, aggregando all'uopo anche i fabbri-
cati contigui.
L'esperimento riesci, e sei novizie lombarde si ag-
giunsero alle due dame : Tatto fu erogato il 7 giugno
di quest'anno col concorso dell'I. R. Delegazione, di
un rappresentante del Vescovo, della fondatrice e di
certa Regina di Scarhman, appartenente alle Dame
inglesi.
La regola permette pure che, oltre queste, pos-
sano aggiungersi e rimanere anche maestre secolari :
ora dai resoconti dei periodici constatiamo che vi en-
trano pure professori ad impartire le lezioni.
Vivente la fondatrice, essa continuò ad avere la
suprema direzione, e gli statuti recano che un certo
numero di allieve possono essere ammesse anche gra-
tuitamente. E' naturale che tale larghezza, voluta
dalla gentildonna Hazfield, fece sì che fin d'allora
si contassero oltre 60 scolare.
Per formarsi poi un'idea dell'andamento dell'i-
struzione elementare fra noi, notiamo alcune cifre che
troviamo in una statistica publicata quest'einno, che si
riferisce al 1832. Nei 388 Comuni, in cui si divideva la
Lombardia, esistevano solo 290 scuole maschili e
89 femminili ; 36 convitti pubblici, di cui 20 maschili
e 16 femminili ; TJ collegi privati di cui 30 maschili ;
208 scuole gratuite festive e 623 scuole private di
cui 211 maschili.
Il totale dunque delle scuole e degli stabilimenti,
era di 4479 con 317 maestri e 97 maestre : 19,165 alun-
ni e 6,125 alunne.
^.
— OI —
Queste sconfortanti notizie, che abbiamo ragione
li credere ufficiali, potrebbero esser soggette a molte
:onsiderazioni, se noi confrontiamo il cammino che
l'istruzione elementare fece in questo ultimo mezzo
secolo, le risparmiamo al lettore, persuaso che le farà
da sé, a noi basta l'accenno del fatto.
Si avverta poi che, dopo la istruzione elementare,
il f anciulletto che voleva continuare lo studio, pas-
sava ai ginnasi, dove era ricevuto previo esame e pa-
gamento di tassa, se proveniente da scuola privata,
non prima dei dieci anni compiuti. Uanno era sem-
pre chiuso con clamorose solennità scolastiche nel
palazzo di Brera, colla consueta esposizione e la vi-
sita gratuita* alle sale dell'esposizione annuale, dove,
con buona pace degli artisti, capitava di ammirare,
tele e statue forse migliori di quelle che si veggono
a certe esposizioni triennali.
Artisti e professori si rendevano benemeriti anche
all'estero. Al pittore Cicognara, fu decretata dal Re
di Sardegna la croce di S. Maurizio e Lazzaro ; il
cavalier Carlini, ricevette in dono dal duca di Mo-
dena un ricco anello in brillanti, per V efficace dire-
zione negli studi delV astronomia^ nella scuola da lui
tenuta per questo insegnamento nell'osservatorio me-
tereologico di quella città.
L'ingegnere Bellotti fece dono al la' Pinacoteca di
Brera di un bel dipinto, copia della cena vinciana,
di Marco d'Oggionno ; Benedetto Cacciatori eccelleva
nella statuaria ; la piazza del Duomo, del Migliara,
era riprodotta all'acqua tinta ; Gallo Gallina, ripro-
duceva in litografia lo sbarco di Cristoforo Colombo
in America ed wia società di artisti, progettava l'ere-
zione a Brera di un monumento all'incisore Giuseppe
Longhi, mentre il Vallardi dava mano alla pubblica-
zione di un giornale artistico.
^
— 2oa —
E se volgiamo uno sguardo alla letteratura, se-
gnaliamo la pubblicazione delVEUore Fieramosca
deirAzeglio, benissimo accolta in Italia, e che ebbe
l'onore di una versione in francese.
Il medico Terrario annuncia la pubblicazione
della vita e degli es traiti delle opere del prof, Ca-
letta; l'Ermes Visconti, i Saggi intorno ad alcuni
quesiti concernenti il bello. Giovamni Battista Cor-
niani / secoli della letteratura italiana ; il Cusani in
collaborazione coll'Hartmann pubblica una miscel-
lanea pei fanciulli; una pubblicazione raccomanda-
bile al nostro comitato per la pace è il Canto alla
guerra, pubblicato in quest'anno dal Regaldi ; e fu
pure fatto di pubblica ragione un frammento inedito
del Monti intitolato la Pietà filiale, che era stato re-
galato dal poeta al Maffei ; il Pirotta in occasione del
Giubileo, pubblicò una storia sulla sua origine e su
quella dell'anno santo ; Folchino Schizzi, ci diede
la vita e gli studi di Giovanni Paisiello ; una elabo-
rata recensione in proposito fa meglio conoscere il
colossale lavoro sulle famiglie celebri di Pompeo
Litta, e un libro che servì per molto tempo di svago e
amena lettura a giovanetti studiosi, veniva tradotto
dal francese in quest'anno, il Saint Clair delle IsoU,
o gli esiliati all'Isola di Barra. Oh! come ci si inte-
ressava al racconto di quelle avventure!
E per chiudere non vogliamo omettere anche un
po' di ciarlatanismo d'oltr'alpe, o come diciamo pre-
sentemente una reclame, cui si presta il nostro diario
cittadino. E' certo Saint Victor, il quale annunciava,
che in sei lezioni di un'ora ciascuna, egli insegnava
l'arte di dipingere all'acquarello o ad olio. La pro-
messa era tanto strana, che il periodico stesso promise,
che avrebbe tenuto dietro a codesto mirabolante mae-
stro, ma pare non se ne facesse nulla, poiché il noto
r
— 203 —
ittore, dopo aver sfruttato qualche credulone, ere-
lette bene di ritornare a suoi paesi.
Eppure trovò propugnatori, e certo Ravoise»
crisse al nostro diario cittadino t tratto dall'amore
iella verità e dalla soddisfazione che provava di es-
ier stato in poco tempo in grado di dipingere e dise-
gnare, non come un artista, ma bastantemente per go-
dere dei piaceri che traggonsi dalla coltura di una sì
Dell'arte 1. Egli aggiunge, che le ricerche del Saint
Victor giunsero a trovare un metodo pel quale si può
in poche lezioni e in pochissimo tempo dipingere con
successo, egli nulla esige anticipatamente, neppure il
prezzo degli oggetti, che vende agli allievi, insegna
tutto ciò che promette nel suo manifesto da vero ar-
tista animato dal sacro fuoco del genio, è più geloso
della stima e della gloria che accessibile all'interesse.
E béista, diciamo noi.
Fra i decessi notiamo : il conte GIUSEPPE Ta-
verna. Nacque in Milano il giugno del 1754, studiò
airi. r. Collegio dei Nobili, quindi passò a Genova
presso i Gesuiti. Soppressa la congregazione, continuò
gli studi, non tralasciando punto le lingue e tradusse
dall'inglese parecchi squarci di Shakespeare. Si sposò
ad una gentildonna milanese, Antonietta Righetti,
e dei cinque figli che ebbe, rimasero superstiti Lo-
renzo, Filippo e Francesca.
Nel 1802 i comizi di Lione lo chiamarono a far
parte del Collegio elettorale e del Corpo Legislativo
italiano, più tardi fu insignito della Corona ferrea,
e nominato direttore della r. Stamperia. Lasciò però
tali incarichi nel 1814, per dedicarsi tutto all'educa-
zione de' suoi figli, quando a mezzo il 1832, un in-
sulto apopletico infiacchì quel corpo, che sembrava
di ferro : nuovi insulti seguirono l'anno appresso ag-
— ao4 —
gravando i timori per la sua vita. Spirò neirottobrt
Fu d'ingegno vivacissimo, di squisito sentire e di
non comune memoria ; lavorò intorno ad un vocabo-
lario domestico inglese, francese ed italiano; amò
oltre i letterati, anche gli artisti, e fu amicissimo del
pittor Bossi. Prediligeva particolarmente i giovani
volonterosi, e procurava di sollecitarli a bene usare
dei loro talenti.
Giambattista De Herra, che si spense nella gra-
ve età di 87 anni. Compiuto lo studio delle leggi, e
arrichitosi di profonde cognizioni, si dedicò alla car-
riera giudiziaria : fu pretore ad Asso, a Bosisio, a De-
sio, a Vimercate, ad Abbiategrasso j uditore al tn-
bunale criminale, commissario di Polizia e consigliere
di prima istanza a Milano. Ridottosi a quiete, ebbe la
soddisfazione di vedersi ricompensato dal Sovrano
coll'assegno di una pensione. Lo si disse: religioso.
prudente, mansueto, pietoso verso i poveri e grande-
mente stimato da quanti lo conoscevano. Era nato
nel 1746.
Il marchese LUIGI GAGNOLA, nato a Milano nel-
l'anno 1762 e mortovi nell'agosto di quest'anno. Fece
i suoi primi studi nel Collegio dementino romano.
dove erasi recato nel 1 776, ed attese pure all'architet-
tura sotto certo Tarquini, il quale, lasciandolo, gli rac-
comandava di non farsi discepolo di nessuno, ma di
studiare Vitruvio e Palladio.
Nel 1781 si recò a Pavia, dove si laureò, ma riti-
ratosi presso la famiglia, continuò i suoi studi predi-
letti di architettura. Disegnò l'arco di P. Orientale, al-
lora affidato al Piermarini e, veduto il lavoro, l'arci-
duca Ferdinando lo lodò e lo incoraggiò a continua-
re. Altre circostanze ancora rivelarono nel Gagnola
un ottimo architetto : un suo lavoro sulle terme di
Massimiliano Erculeo, vide la luce nelle Anttchiti
lombarde milanesi del Padre Fumagalli suo amico
— 205 —
Premortogli il padre, ed ereditata una discreta
sostanza, fu ascritto al Consiglio di città, dal quale
venne nel 1799 nominato uno dei Commissari presso
gli eserciti austriaci. Di ritorno in patria, oltre molte
commissioni private, fu incaricato dei disegni per la
incoronazione di Bonaparte, presentò pure diversi
progetti per la facciata della nostra cattedrale, la-
vorò alle decorazioni per l'entrata del principe Euge-
nio e della sua sposa. Insieme poi all'architetto Pe-
verelli ed al prof. Moglia, lavorò al compimento del-
l'arco di P. Orientale, e coadiuvò pure a quello di
P. Ticinese.
Parecchi altri progetti architettonici compì pure il
Gagnola, che lungo sarebbe qui numerare ; ricor-
diamo fra quelli condotti a compimento, la Cappella
di S. Marcellina nella basilica di S. AmbrogiOi la
chiesa di Concorrezzo, il campanile d^Urgnano, il ta-
bernacolo per la chiesa delle signore della Guastalla
ed il palazzo d'Inverigo, che fece dire esser egli coU
l'oro altrui valente, ma dispendioso architetto, poiché
a propria spesa, nulla aver mai fabbricato.
Egli mostravasi assai geloso della propria fama,
amava che si parlasse delle sue opere, però ne udiva
volentieri anche la critica d'altri, fu affabile e schietto
con tutti, abborriva le cerimonie e le cortigianerie :
premuroso per gli amici sovvenivali nelle avverse for-
tune di consiglio e di denaro, non nutriva rancore con
alcuno. Fu per più anni direttore degli ii, rr. teatri e
insignito dell'ordine della corona di ferro. Venne col-
pito da apoplesia il 14 agosto, mentre da Como tor-
nava al suo Inverigo.
Luigi Prina, cavaliere della Corona ferrea, con-
sigliere di governo e direttore emerito della nostra
zecca. Nacque nel 1773 ^^^ villaggio di Buccinago
presso Trezzo. Incominciò gli studi nel Collegio di
Monza e li terminò a Brera. Si approfondì nelle ma
tematiche, nelle scienze mercantili e nell'economia po-
litica. Fu alunno presso la nostra Camera dei Conti,
e rimase impiegato fino al 1800 quale contabile presso
il tesoro. Nel 1806 fu promosso segretario generale
e capo contabile alla zecca di Milano e venne pure
delegato per l'ordinamento delle zecche di Venezia e
di Bologna: nel 1825 fu nominato direttore della
nostra zecca, e chiamato al consiglio del governo
Travagliato da malattia intestinale si dimise dal-
l'ufficio, ritirandosi nella sua terra di Orano, dove
morì il 17 ottobre a 60 anni.
L'orefice GIROTTI che fondò un premio pei gio-
vani artisti. Il Consiglio accademico riconoscente af
fidò al Motelli, allievo del Pacetti, Tincarico di iin
monumento da collocarsi nel palazzo di Brera, Esso
infatti sorge sotto il portico d'entrata. E' in marmo e
reca in alto l'effigie del benefattore in bassorilievo,
più sotto leggesi la seguente iscrizione ;
A — Ranieri Girotti — orefice milanese — f^^'
datore di un premio annuo — a vantaggio de suoi
concittadini — educati alle arti — del disegna — ^^
Accademia — interprete della pubblica riconoscens(i
— MDCCCXXXIIL
La sua salma riposa nel cimitero di Porta Vittoria.
1834.
CAPITOLO X
Le persecuzioni continuano. — Estradizioni. — Idee del
Conte di Spaur. — Torbidi nella Polonia e negli stati
Tedeschi. — Feste e carnovale. — I pompieri all'ope-
ra. — Piene di fiumi. — Edilizia e monumenti. —
Istruzione. — Stampa. — Beneficenza. — Necrologio.
Gli anni trascorrono, ma la situazione della no-
stra città non muta, se pure non peggiora. Le per-
secuzioni continuano, se non apertamente, almeno ce-
rtamente. Dapprima è una nota governativa, che vie-
ta ai cittadini di accettare da università estere diplo-
mi onorifici di dottore in legge, o in medicina ; ed ai
giovani che percorsero i corsi filosofici, è proibito se-
veramente che escano dal regno per continuare gli
studi all'estero.
Quanto agli artigiani è ordinato che non vengan
loro concessi permessi di viaggio, cosi si chiamava
una specie di passaporto, che si rilasciava particolar-
mente ai braccianti, i quali si recavano nella Sviz-
zera specie nel cantone di Berna (i).
(i) Abbiamo detto che la Svizzera rifiutò l'estradizione
dei sudditi Lombardi colà rifugiati.
— 208 —
E ciò perchè colà si tolleravano adunanze di Ro-
vani, nelle quali si spacciavano massime sediziosi i
si eccitava ad imprese delittuose contro i proprù re-
gnanti ed i legittimi governi (i).
E perchè nessuno potesse sfuggire dalle unghie
della polizia, un accordo fu stabilito in quest'anno
tra l'Austria, la Russia e la Prussia per restradizione
dei rei di delitti politici.
Ecco il testo della legge :
Noi Francesco I, ecc.
«All'oggetto di vieppiìi consolidare i rapporti di
amicizia e di vicinanza esistenti fra Noi e le LL. MM.
rimperatore di Russia, Re di Polonia ed il re di
Prussia e i nostri stati, ed interessando egualmente
alle tre potenze la conservazione della tranquillità e
dell'ordine legittimo nelle provincie di Polonia sog-
gette al loro dominio, siamo convenuti colle prelo-
date LL. MM. nelle seguenti determinazioni:
« Chi negli Stati Austriaci, russi e prussiani si é
reso colpevole dei delitti di alto tradimento, di lesa
maestà, o di sollevazione a mano armata, ovvero ag-
gregato a combriccole dirette contro la sicurezza del
•trono o del governo, non deve in veruno dei tre stati
trovare protezione o asilo.
« Le tre corti si obbligano anzi di ordinare l'i^'
mediata consegna di qualunque individuo indiziato
dei mentovati delitti, qualora il medesimo venga n-
chiesto dal governo cui appartiene.
«S'intende per altro che queste determinazioni
non hanno effetto retroattivo.
«Essendo noi convenuti con S. M. l'Imperatore
di Russia re di Polonia e S. M, il re di Prussia che il
(i) Sono parole testuali della nota governativa.
m
■■^tJ"
- 209 — ì
Dremesso accordo venga contemporaneamente recato
1 pubblica notizia nei tre Stati, lo rendiamo perciò
noto col presente editto ai nostri sudditi per loro in-
telligenza e norma, e comandiamo ad un tempo a tutti
i nostri impiegati civili e militari, non che alle altre
autorità, di tener man ferma, affinchè il medesimo a
datare dal i.** Marzo 1834, venga eseguito in tutta la
sua estensione e secondo il suo tenore. »
Ed alle convenzioni seguono i fatti. Un editto
della Delegazione Provinciale intima alla contessa
Maria Dal Verme, nata Cigalini, che si era recata al-
l'estero con passaporto scaduto, di presentarsi entro
tre giorni all'ufficio di polizia, pena la solita multa, o
la prigione.
Siccome però la storia deve essere imparziale e
veritiera anzitutto, e dare a ciascuno il suo, così non
vogliamo tacere un buon pensiero che era venuto al
nostro governatore, il conte di Spaut.
Il 4 febbraio di quest'anno scrive al Direttore ge-
nerale della polizia di Venezia la seguente nota :
cFu accampata questione se, considerando le at-
tuali circostanze politiche, fosse conveniente di far
inserire tratto tratto a vicenda nelle gazzette di Mi-
lano e di Venezia degli articoli, che tendano a rego-
lare l'opinione pubblica nel Regno L. V. nello spirito
del governo.
«Sembra fuor di dubbio che con ciò si provvede-
rebbe ad un bisogno da lungo tempo sentito.
«Siccome gli articoli da inserirsi non debbono ri-
ferirsi solo ad oggetti puramente politici, ma bensì
abbracciare disposizioni e misure amministrative del
governo, come pure i molteplici benefici che S. M. si
degna di accordare a suoi sudditi in tutto il territorio
della monarchia, specie nelle provincie Lombardo-
GUNETTI. 14
— 2IO —
Venete.... così desidero conoscere anche da lei quali
individui secondo la sua opinione, sieno da sceglierà
alla redazione... avuto riguardo alla loro abilità, alle
cognizioni e alla buona volontà, come pure all'espe-
rimentata affezione all' I. R Governo ed a* suoi prin-
cipi, e se, e come nel caso sieno da rimunerarsi le loro
prestazioni. »
E malgrado tutto il già detto, l'oculato governa-
tore insiste sulla caratteristica di tali individui ed ag-
giunge:
«Non isf uggirà alla di lei penetrazione che la
maggior difficoltà consiste per una parte nella scelta
e nel modo di trattazione di argomenti politici e dal-
l'altra nel ritrovare tali individui, i quali con estesa
cognizione dell'attuale posizione degli Stati Europei
ed una continuata osservazione di tutti gli avveni-
menti pubblici più rilevanti, nutrano principi monar-
chici i più puri, e sieno superiori ad ogni dubbio, e
pienamente degni di fiducia, tanto sotto questo aspet-
to, quanto riguardo alla loro buona volontà ed al-
l'illimitata affezione alla serenissima casa imperiale
«La prego di esternarmi in proposito il suo p^'
rere in modo particolareggiato e colla maggior pos-
sibile sollecitudine» (i).
Ma il buon pensiero è frustrato, poiché quella
Direzione, mentre addita gli scrittori che potrebbero
disimpegnare il non facile assunto, le pare che le
loro tendenze politiche non potrebber dare tutto quel-
l'affidamento di tranquillità e di sicurezza che sono
necessarie in punto d'affetto e di devozione alla mo-
narchia ed all'attuale ordine di cose. La risposta cosi
suona :
« In codeste provìncie venete, dove la morte ha
(i) Documento 356. Carte segrete.
^
-fH^R', I
— 211 —
già mietuto vari distinti scrittori, non abbonda a dir
vero il ntunero di que' colti e svegliati ingegni che ad
una scelta ed estesa erudizione, congiunta a profonde
cognizioni economiche, politiche ed amministrative,
abbiano il vanto non comune d*ima bella, chiara, insi-
nuante dizione, tanto specialmente necessaria quando
si deve parlare colle stampe a tutte le classi della ci-
vile società, e guadagnarne i suffragi e l'opinione nel
senso massimo e nelle mire di un illuminato governo.
€ Che se pure ve ne ha ancora, e di questi se ne farà
cenno in progresso, atto forse a disimpegnare il non
facile assunto di... esso non potrebbe affacciare ( !...)
con gli intimi suoi pensamenti e tendenze politiche^
tutta quella tranquillità e sicurezza, che si rendono
necessarie in punto di attaccamento e di devozione
alla monarchia e all'attuale ordine di cose (i).
€ Però, riflettendo sempre alla difficoltà di poter
rinvenire non solo Tuomo in cui si riunissero tutti i
desiderabili requisiti, ma ben anco capace di inspirare
una piena fiducia, sia nell'entrare in buona fede nello
spirito e nelle viste del governo, sia nel ben eseguire
gli ordini e le istruzioni che glie ne potessero deri-
vare, senza tema di vedere o compromessi, o mal di-
fesi i suoi diritti ed i suoi interessi, io sarei anzitutto
del rispettoso avviso, che nella classe particolarmente
dei pubblici impiegati, si dovesse raccogliere princi-
palmente l'individuo destinato a compiere l'impor-
tante incarico di promovere e ben dirigere la pubblica
opinione coi mezzi, e nello scopo cui saggiamente con-
templa il prelodato dispaccio, ecc.
cQual guarentigia, infatti, potrebbe offrire un
(i) Pur troppo il direttore di polizia, Vendramini, com-
prendeva che se vi erano scrittori adatti, e noi ne leggeremo
m seguito i nomi, non potevano essere che caldi patrioti,
ben lontani dalPapprovare il sistema di governo austriaco.
— 214 —
eli sig. spiro Castelli, valente scrittore e tradut-
tore di varie opere straniere
€ Il sig. Daniele Manin, avvocato e traduttore di
varie opere di legislazione....
€ Nella classe poi dei pubblici funzionari quella
fra cui si crederebbe meglio convenire la scelta, con-
tansi fra gli altri gli individui appresso citati:
€ Il sig. Bartolomeo Gamba, vice bibliotecario del-
la Marciana. Antonio Diedo, segretario dell'Acca-
demia di belle arti. Il conte Maniago cons. di governo,
I segretari governativi Quadri, Beltrame ed Anigoni,
il vice segretario conte Dandolo, il segretario della
camera di commercio Lodovico Alberti, Emilio de
Tipaldo, prof, presso TI. R. Liceo di Marina, Luigi
Casarini segretario alla congregazione centrale e Giu-
seppe Dembscher, impiegato alla direzione delle pub-
bliche costruzioni.
€ Anche fra questi però non tutti potrebbero es-
sere fomiti di quel tatto fino e di quella esperienza,
che si rendono oltremodo necessari nella compila-
zione degli articoli da inserirsi, e quindi sarà dell'il-
luminata penetrazione e giudizio della superiore au-
torità, il prescegliere fra essi quello che più vi avesse
la bramata attitudine, e possedesse oltre la capa-
cità di ben scrivere, anco le maggiori e più estese co-
gnizioni nei tanti svariati rami della pubblica amim-
nistrazione» (i).
Cosi il poliziotto termina la sua esposizione in at-
tesa di quelle disposizioni che vorrà prendere Tauto-
rità.
Le idee del governatore non erano da sprezzarsi,
anzi mostrava di fare un passo sulla via di quella
tanto sospirata libertà, che più d'ima volta invoca-
(i) Carte segrete. Documento 358.
— ai3 —
zione, che, infine, le discussioni ed i ragionamenti
sieno mai sempre condotti con arte, accorgimento e
finezza, evitando le frasi ampollose ed esagerate, che
tradiscono d'ordinario lo scrittore, inducono il so-
spetto e la diffidenza nei lettori, e ponno assai facil-
mente produrre un effetto diverso da quello cui deve
mirarsi.
e Ove poi non si credesse prescegliere e fissare an-
ticipatamente uno o pili individui pel trattamento di
simili oggetti, parrebbe che il migliore sistèma da se-
guirsi sarebbe forse quello di confidare in via riser-
vata.... la redazione di tali articoli allo stesso redat-
tore principale della Gazzetta in luogo, quale dovreb-
be esser meglio d'ogni altro atto alla polemica dei
giornali, dando ad esso i materiali che pur gli fossero
necessari, laddove ei mancasse delle opportune no-
tizie e cognizioni, e salvo sempre il previo esame e
correzione dell'articolo da inserirsi, ond'egli abbia a
riescire possibilmente conforme alle viste ed allo spi-
rito del governo.
f Parlandosi ora dei vari individui che potrebbero
essere adatti all'impresa, e hanno stanza perenne in
Venezia... hannovi fra gli altri i seguenti.... ma questi
non lasciano, siccome ebbesi già l'onore di superior-
mente osservare, tutta la desiderabile tranquillità e
sicurezza rispetto ai loro pensamenti politici, se pure
va esente da censura l'esterno loro contegno.
«Sono dessi, omettendosi di parlare del sig. Don
Luigi Locatelli, attuale redattore della gazzetta pri-
vilegiata...
«Il sig. Erminio Carrer, uno degli attuali redat-
tori del giornale // gondoliere.
«Il sig. Nicolò Tomaseo, uno dei collaboratori
della soppressa Antologia di Firenze,
«Il sig. Luigi Pezzoli, letterato e maestro di belle
lettere.
— 2l6 —
medesimi separatamente dovevano già, durante il
passato inverno mettersi in viaggio dalla Svìzzera,
distanti, l'uno dall'altro da otto a dieci giorni, onde
giungere cosi per l'estate futuro nelle vicinanze di
Pietroburgo e poter eseguire il loro atroce proponi-
mento.
« Uno di costoro si chiama Muller, e sembra pure
che sia già partito, o prossimo a partire per la Lom-
bardia e per l'Austria ; costui è di statura piccola, va-
juolato, con favoriti neri e credesi munito di passa-
porto rilasciato dal Cantone di Vaud ; come pure si
nominano per congiurati certi Coloma Felice, Lies-
sinsky o Liepnsky e Walewsky (i).
«Dovendosi ritenere quasi con certezza, che tali
individui viaggeranno con passaporti falsi, e sotto
finti nomi e caratteri, così rendesi sommamente neces-
sario che tutti i viaggiatori (principalmente que/ii
della classe media) provenienti dalla Francia, Ger-
mania, Svizzera ed Italia meridionale e la cui pronun-
cia lasciasse qualche dubbio, siano assoggettati al più
rigoroso trattamento di polizia specie quelli mMtxitx
di passaporti svizzeri... » Termina il documento rac-
comandando la più scrupolosa sorveglianza e nel caso
di scoperta di qualcuno di essi, siano immediatafnen-
té arrestati e fatti scortare colle dovute cautele a di-
sposizione della polizia^ previo una rigorosa perqui-
sizione (2).
(1) E' davvero ammirabile di quanta esattezza siano k
informazioni della polizia in proposito.
In quest'anno Cesare Cantù trovavasi nelle prigioni di
Santa Margherita dove con un inchiostro speciale fabbricato
col fumo delle candele di sego, scrive sulla parte bianca
di un vecchio atlante che gli si era concesso, la Marglverìifi
Pusterla,
Rassegna Nazionale !<> Settembre 1900, pag. 192.
(2) Carte segrete. Documento 432.
- 217 —
Ed alla setta polacca si aggiunge una società di
avoranti artigiani disoccupati, che un'altra nota del-
a polizia dice assai pericolosa alla pubblica sicurezza
ì avverte come parte dei membri di questa, sieno mu-
liti di ricapiti di viaggio falsificati, parte impron-
:ati con suggelli d'ufficio genuini, rubati, o contraf-
fatti e recano seco anche apparati di attossicamento !
Conchiude la nota :
«Mi prendo la libertà di rendere avvertita di que-
sta notizia V. E. per l'opportuno uso, e segnatamente
affinchè voglia raccomandare alle autorità di polizia
^d agli uffici di sorveglianza ai confini, di osservare
rigorosissimamente le vigenti prescrizioni, relativa-
mente agli artigiani viaggianti, di esaminare esatta-
mente i libretti di scorta e gli altri ricapiti di viaggio
di tali individui, riguardo alla loro autenticità, ed
usare una particolare attenzione per Io scoprimento
delle marche segrete, che per avventura vi si trovas-
sero e si riferissero ad un comune legame, sorveglian-
do per altro particolarmente la comparsa del sarto
lavorante Cristoforo Link e del conciapelli Ernesto
Wunder, descritti nell'allegato ed indicanti come fab-
bricatori di tali sigilli, e provocando, in caso del lor
rinvenimento, la legale procedura in confronto dei
medesimi (i)»,
E la polizia non rimane neghittosa ed appena rac-
colte notizie di nuove associazioni anche negli Stati
tedeschi, ne dà avviso alle singole sedi degli ii. rr.
Commissari.
Ecco due rapporti del settembre di quest'anno
della Direzione superiore di Venezia. Nel primo fa
noto come i rivoluzionari tedeschi, abbiano scelto per
punto centrale delle loro macchinazioni la capitale
(i) Documento 434. Carte segrete.
— 2l8 —
della Francia, erigendovi un nuovo comitato, sotto il
nome di Colleganza dei minatori^ che tale società di-
venne assai forte, numerosa ed attiva, estendendo le
sue ramificazioni in molti paesi della Francia, della
Germania e della Svizzera, che la maggior parte di
essa è composta di braccianti, tutti dipendenti dal Co-
mitato centrale rivoluzionario tedesco. Nota ancora
che questo stabilì di spedire in Germania appositi
emissari, con incarico d'informarsi minutamente cir-
ca le pratiche e le abitudini dei principi : che fra tali
incaricati si trovano certi Liehr danese, Eckelberg di
Amburgo e Kempf già ufficiale al servizio dell'Assia,
tutta gente coraggiosa e piena di acuto discerni-
mento.
Nel seconde ordina che vengano accuratamente
ispezionati i libretti di viaggio, respingendo rigoro-
samente i vagabondi, gli oziosi e coloro che si pre-
sentassero privi di ogni mezzo di sussistenza.
« Circa poi i tre emissari nominati, si facciano \^
solite prenotcLzioni, e nel caso di loro comparsa siano
arrestati, e trattati a norma di legge.
« Di tutto poi, ingiunge, venga fatto im particola-
reggiato rapporto» (i).
Né si pensi che la riunione di tali associazioni nel-
l'impero, sieno capitate adosso per sorpresa, e che la
vigile polizia non abbia preveduto e tentato anche di
provvedersi a tempo. Parecchi mesi prima, fin dal
marzo, una circolare agli ii. rr. Commissari supe-
riori provinciali avvisava, come da «una confiden-
ziale ri f erta pervenuta all'Autorità superiore emerge-
(i) Carte segrete. Dee. 435 e 436. Come il lettore vede
non erano solo i sudditi del L. V. che tramavano contro
TAustria, o si preparavano alla riscossa, il desiderio di li-
bertà pullulava anche nell'impero stesso che si teneva in-
crollabile.
— 219 —
sbbe, che la propaganda rivoluzionaria non ancor
tanca delle colpevoli sue trame, tentasse di nuovo di
ovvertire Tordine politico d'Italia e segnatamente
Ielle Provincie austriache, cercando di subornare il
ailitare austriaco ivi stazionato, e di spedire a tale
icopo nella penisola emissari tedeschi, polacchi e
francesi ».
e Di tali pericolosi divisamenti già fu informato
l'i. r. Comando generale di questo regno per l'oppor-
tuna sorveglianza sopra le guarnigioni di queste Pro-
vincie, e le relazioni che il militare fosse per incon-
trare e coltivare con persone sospette tanto estere
quanto indigene, ma ciò nondimeno rendesi necessa-
rio che anche l'autorità di polizia, attivi dal canto suo
una diligente e rigorosa sorveglianza diretta al me-
desimo fine, specialmente sui forastieri esteri che per-
verranno in queste provincie nella prossima prima-
vera, e che si mostrassero in rapporti con militari, al
quale importante oggetto debbo impegnare anche co-
desti ii. rr. Commissari superiori, a voler impartire
subito le opportune misure ed istruzioni positive a chi
spetta; informando l'Autorità di qualunque, anche
lieve emergenza e rilievo in proposito, massime, se mai
si riferisse ai temuti eventuali tentativi di seduzione
militare (i).
E non mancava all'Austria chi si offriva di farsi
delatore. Un Bernasconi di Chiasso s'impanò di vi-
gilare le persone e i libri che passavano pel monte
Bisbino e per la valle della Breggia. Ma la Giovine
Italia pareva più diretta a generare martiri che ad as-
sicurare la vittoria. Il Cavour ed il Mazzini stesso
hanno parole acerbe anche per i giovani emigrati al-
l'estero. Il primo scrivendo ad una signora a Parigi,
(i) Carte segrete. Doc. 371.
— 220 —
cosi si esprimeva: cLe turbolenze politiche hanno
costretto i più nobili figli dltalia a fuggire. Gli uo-
mini più illustri del mio paese sono fuori di patria,
e la maggior parte venne a Parigi. Ma il loro inge-
gno che prometteva di elevarsi ben alto sotto il cielo
della patria, si è snervato all'estero : non uno solo ha
avverato le brillanti speranze che aveva fatto nascere.
Quanti ne ho conosciuti personalmente, mi hanno ad
dolorato profondamente porgendomi lo spettacolo
di grandi facoltà rimaste sterili ed impotenti... La mia
risoluzione è ferma : non separerò le mie sorti da
quelle dei Piemontesi ; felice o no, la mia patria avrà
tutta la mia vita. » Anche Mazzini mostravasi scon-
tento di quei profughi «che egli aveva fino a quel
giorno ammirati rappresentanti Tanirno segato d'I-
talia » e che vedevano la Francia come il loro tutto,
la politica come un calcolo diplomatico di transa-
zione opportuna, anziché fede e morairtà.
Malgrado tutti gli sforzi dell'Autorità, malgrado
tutta la sorveglianza, le cose vanno di male in peg;
gio ; ne è prova un'altra ordinanza dell'ottobre, sem-
pre diretta ai commissarii superiori, nella quale dopo
aver richiamato altra circolare dell'agosto, in cui si
faceva noto che a Strasburgo si fabbricavano falsi
passaporti litografati, per fornirne gli agenti ed emis-
sari rivoluzionari dipendenti dai comitati francesi ed \
incaricati di viaggiare in Germania ed in Italia onde
fomentarvi lo spirito di sedizione e preparare nuovi
sconvolgimenti politici ; aggiunge : e come anche a
Francoforte sul Meno venissero dal Comitato rivolu-
zionario tedesco fabbricati anche dei libretti di viag-
gio (Wanderbiicher) destinati allo scopo accennato,
ed è perciò raccomandata la massima vigilanza so-
pra que' viaggiatori che si presentassero muniti di
tali libretti.... facendo spaiale attenzione alla prove-
— 221 —
enza, alla fermata, alle condizioni personali, alle
rme delle Autorità riportate lungo il cammino sui
bretti stessi (i).
Siccome quest'anno il carnovale non contava poco
iù che una quarantina di giorni, cadendo la quare-
ima il i6 febbraio, cosi si pensava a divertirsi presto,
uindi feste e spettacoli su tutta la linea. Al nostro
lassimo furoreggiava la Malibran colla Lucrezia
^orgiay datasi allora per la prima volta. Il nostro Ro-
yòXìi nella serata d'addio, stampò una bellissima ode,
a quale, a parte il suo classicismo, mostra l'interessa-
Qento che il pubblico prendeva allo sfarzo di voce
d alla scena di cui era dotata l'esimia artista (2).
E perchè non si dica che fosse il solo Romani a
trovare entusiasmo per la distinta cantante, ecco
i^uanto avviene nello studio di un redattore del no-
stro giornale ufficiale verso la metà di ottobre di que-
st'anno.
La Malibran, come si disse, chiamava gente da
tutte le parti per udirla : fra questa venne tra gli altri
espressamente da Vigevano il poeta Regaldi. Appe-
na giunto, è dal redattore, e naturalmente chiede con-
to dell'artista. — «Andate a sentirla, gli risponde
questi, è la seconda rappresentazione dei CapuLetiì>.
Nella sera il poeta è al teatro, e la mattina seguente
ritorna dal redattore. « Non ho dormito, dice, colei è
un genio.» «Siamo d'accordo,» gli risponde questi,
«nella scena delle tombe è meravigliosa.»
E il poeta continuava a passeggiare per la camera
e declamava a bassa voce : erano due o tre strofe di
un'ode, che rimenandosi pel letto, aveva messo insieme
(i) Carte segrete. D oc. 272.
(2) Chi è vago di leggerla può trovarla nella nostra
Gazzetta privilegiata di quest'anno.
dopo il teatro. — Belle, disse il redattore, ed egli ani-
mato continuava a declamare. E scrisse e si stampò
anche questa.
Non tutti però sdilinquivano pei gorgheggi del-
l'artista, e fra gli uomini di sano intelletto, girava
una poesia di Cesare Ccintù, fatta stampare, non dal-
l'autore, che solo l'aveva letta in un circolo d'amici,
ma da questi stessi. Il giovane storico col geaaeroso
entusiasmo dell'età, rimproverava ai nostri babbi co-
deste smancerie, che avevano scolpito busti e coniate
medaglie per artisti e nulla avevano fatto per Mel-
chiorre Gioia. E non dava colpa ai tempi, e scriveva
apertamente :
è colpa nostra
Noi che l'alme eviriamo e a la negletta
Virtude appena consentendo un tozzo,
Andiam perduti a' fulgidi nienti
A femineo trillar che snerva i cuori ».
Per tacere degli altri teatri i quali sfoggiavano
quanto avevano di buono nei loro repertori, diremo
delle feste private. Il conte Cesare Castelbarco, noto
musicofilo, ne diede una assai chiassosa, dove alla
quantità dei pezzi musicali di ottima scelta e di buona
esecuzione, si aggiungeva la schietta cortesia dei pa-
droni. Fu una riunione che fece epoca : vi intervenne
anche la vice-regina.
Altra festa che rallegrò Milano in questo carne-
vale fu quella data al Casino dei Nobili. I periodici
ne danno descrizioni mirabolanti. Il superbo scaJone
era coperto di ricchi tappeti e fiancheggiato da vasi
in fiore d'ogni sorta : le sale splendidamente decorate
ed illuminate ; le toelette sfarzose, ed a centinaia si
contavano le rappresentanze del sesso gentile : cor-
tesia, buon umore e modi cordiali dappertutto.
Notiamo ancora che si volle ripetere in maggiori
— 223 —
>roporzioni la festa datasi in galleria, e questa volta
\x onorata dalla coppia vicereale. Se crediamo ai cro-
listi, si distribuirono oltre sei mila biglietti.
A. questa segui la consueta datasi nel nostro mag-
gior teatro, e accenniamo pure all'accademia vocale
id istrumentale del giugno che ebbe luogo alla 5^-
:iefà del Giardino, assai interessante e per i pezzi che
.tennero cantati, e per gli artisti esecutori, quali la
Brambilla, la Pasta, il Varesi, e per le persone che in-
tervennero essendo anche questa stata onorata dai vi-
cereali.
Né sono a tacersi i trattenimenti di calcolo men-
tale ripetuti dal ragazzetto palermitano Giuseppe Pu-
gliesi novenne, nelle sale del ridotto della Scala. Nel
breve tempo di due ore, egli sciolse ben venti quesiti,
Tuno più difficile dell'altro. Né si può dire che affa-
ticasse, che anzi, placido col riso sulle labbra, passeg-
giando calmo, dava sciolto in pochissimi minuti Far-
duo problema, e si trattava di estrazione di radice
quadrata o cubica di quattro a sei cifre.
Curioso fu un problema che gli venne dato, in
una serata al teatro Re, eccolo :
Un impresario ha scritturato per 30 recite una ce-
lebre cantante, e qui gli sguardi degli spettatori si
volgevano al palco dove trovavasi la Malibraa Erasi
convenuto tremila lire per sera di ogni opera seria e
2500 per ogni opera buffa. Ebbe lire 85,500. Quante ne
avrà eseguite di serie e quante di buffe.
Fu l'affare di cinque minuti, lo sguardo del ra-
gazzetto si volse egli pure al palco e rispose : Ven-
tima serie e nove buffe. Che bell'aiuto sarebbe stato
questo ragazzo ai nostri scolari !
Peccato che quel carnovale cosi felicemente inau-
gurato, e tanto fecondo di divertimenti d'ogni genere,
abbia tolto al popolino il consueto divertimento della
battaglia dei coriandoli.
— 234 —
La mattina del i S febbraio si presentava con un
orizzonte bianchiccio, tirava una brezzolina frizzante,
che faceva alzare il bavero dei mantelli agli uomini
e stringere le pelliccie intomo alla vita alle signore. I
noleggiatori di abiti da maschere e i venditori di co-
riandoli, davano uno sguardo melanconico a quel
cielo cupo e grigiastro, crollando il capo ; non era an-
cora il mezzogiorno, e qualche pulviscolo di neve co
minciava a svolazzare per Taria ; quando fu il mo-
mento di disporre la cavalleria agli sbocchi delle vie.
che mettono all'attuale corso Venezia, la neve cadeva
a larghe falde, sebbene la turba del popolino, costi-
tuito in gran parte dai braccianti, che a quell'ora ave-
vano secondo il consueto, smesso il lavoro, e dai bot-
tegai che avevano dato di catenaccio, formicolava
pel corso (i). Così tirava avanti la vita milanese, in
apparenza, tranquilla.
I nostri pompieri, che diedero ottimo saggio nel
l'estinzione del grande incendio di Saronno, di cui si
è fatto cenno più indietro, nell'aprile di quest'anno
fecero bella prova a Corsico. Il fuoco si era appiccato
ad un magazzeno di legna e, propagandosi con una
rapidità spaventosa, causa anche il vento che spirava
gagliardo, minacciò molti abitati vicini. I pompieri vi
accorsero unitamente a parecchi gendarmi e guardie
di polizia. Si fecero sforzi veramente inauditi, p^^'
che, malgrado l'incessante lavoro, il fuoco durò fino
ad ora tarda del giorno successivo ; infine fu vinto ^
quello che la storia deve con compiacenza registrare,
si è che non vi perì alcuno.
Inutile il dire che la sciagura in certo modo portò
giovamento, poiché dietro suggerimento di meccanici
(i) Vedi Cassetta di Milano, appendice di questo giorno
- 225 —
ira-tilici si perfezionarono le macchine, che servivano
V estinzione.
E un altro incendio scoppiò pure nello studio
elio scultore Marchesi la mattina del 24 maggio.
lolti furono i capi d'arte guasti o distrutti, fra i
uaAi il modello della statua di re Carlo Emanuele
llogata allo scultore dalla città di Novara, e il gran
nasso di marmo di Carrara destinato per questa. La
stteratura però vi fece un, guadagno, poiché il Ro-
tiaiii stampò a tale proposito una bellissima ode.
Nel luglio abbiamo avuto la visita del terremoto !
Fu una leggiera scossa ondulatoria da N.O. a S.E, ac-
iomX>agnata da sibilo acutissimo e nella mattinata
del 9 agosto susseguente l'orizzonte si presentò al-
quanto cupo, cadde grandissima piova accompagnata
da lampi e tuoni. I pedestri affrettavano il passo, la
sferza del cocchiere fischiava sulla groppa dei cavalli
ed il rumor dei veicoli più frequente costituiva un fra-
stuono senza nome unendosi al rombo del tuono. Sul
corso di Porta Romana messo a soqquadro per rico-
struirvi il selciato, cadde il fulmine, che in un istante
colpì, abbattè e rovinò.
Era quasi il meriggio, il fulmine penetrò nella
bottega di un caffettiere ed aveva bruciato le vesti alla
figliuoletta, che vi si trovava a caso, entrò pure nello
stallagio di S, Lazaro, danneggiò gli arnesi di un ven-
ditore di latte, quindi serpeggiando intorno alla casa
giunse fino al tetto, rovinando la superficie del muro
e strisciando or dentro, or fuori degli appartamenti,
riempiendo di terrore i negozi situati sulla linea del
teatro Carcano : fortunatamente non vi furono vittime
E le pioggie recarono disastri anche in altre parti
della Lombardia e della Venezia. L'Adda e la Mera
con tutti i loro affluenti, si misero in tale piena, che su-
GiÀNETTi. Cronistoria. 15
— 226 —
però quella del 1829. Nella Valtellina, fra Morbegiio
e Sondrio, fu distrutta la sponda sinistra del Masino ;
il Mellero, che attraversa Sondrio, ingrossò in naodo.
che tutti gli abitanti sulla sinistra del fiume, si ritira-
rono nelle loro case site in luogo sicuro.
Intanto però alcune delle abitazioni vicine al tor-
rente vennero trascinate dalla furia delle acque, ed
in meno di tre ore quasi tutta la sponda sinistra fu
devastata e demolita dalle onde, per cui si aumentò
lo spavento e la desolazione.
La piena infieri in modo tale, che in un baleno
sormontando tutti i ripari e qualunque opera di resi-
stenza, da tempo costrutta, rovesciò i due ponti, tanto
Fantico di pietra, quanto il nuovo, e rovinò dalle fon-
damenta ben ventotto case lungo il fiume che attra-
versa la città.
La strada dello Spluga, fu dalle ripetute irruzioni
del Lira distrutta in parecchi tratti sul versante
lombardo. Similmente gli altri torrenti la resero im-
praticabile nel tronco dalla Serra fino al villaggio
dello Spluga, sul versante dei Grigioni. La situazione
dei miseri abitanti era lagrimevole, giacché in parec-
chi paesi furon distrutte moltissime case unitamente
a tutti i mulini con perdita anche di molte persone.
Tali guasti si verificarono anche sulle altre strade
della Valtellina e del Bergamasco, principalmente
nella valle Brembana. I particolari sono terribili ed
occorsero abbondanti elargizioni per diminuirne le
dolorose conseguenze.
La nostra città continuò ne* suoi abbellimenti edi-
lizi, e prima notiamo l'appalto per le opere di ricostru-
zione del corso di Porta Comasina, ora Garibaldi,
quindi i restauri alla chiesa di S. Satiro, sotto la di-
rezione dell'architetto Felice Pestagalli.
— 227 "~
Col volgere dei secoli questa chiesa era deperita in
alcune parti, specie negli stucchi a basso rilievo di-
pinti e dorati, che giusta la tradizione, ornavano l'in-
terno del tempio : nel 1820 si pensò di riparare al-
quanto, si lavorò alla cupola, ai quattro piloni ed al-
l'aitar maggiore. In questo anno poi, incoraggiata la
chiesa e la fabbriceria da larghe oblazioni di un ge-
neroso cittadino milanese (i), l'architetto pose suo
studio principale nel riordinare la luce ed introdurre
un ordine di finestre circolari che concordano coll'or-
dine generale del tempio, pensò anche alla decora-
zione, scegliendo ornati che si attenessero alle fonti
più pure del secolo XV, e nelle tinte procuro di uni-
formarsi a quelle della cupola.
In quest'opera fu secondato dai pittori Santo Vel-
si e Carlo Giovanni Fontana. Dicesi che nel praticare
i ristauri, dietro alcuni confessionali siensi trovati dei
dipinti pregiati, giudicati del Borgognone, e per lo
stile, e perchè è noto che egli lavorasse in questo
tempio.
Il pittore Comerio, dipinse a buon fresco la cu-
pola del tempio di S. Sebastiano per commissione del
nobile Vitaliano Crivelli, quel bell'uomo, che taluno
dei nostri lettori, ricorderà ancora : alto della per-
sona, vestito all'antica, colla zimarra dalle pieghe
maestose, coi calzoni stretti stretti, aderenti alla gam-
ba nervosa, come una maglia, col largo colletto
bianco, che scendevagli sul petto, colle lunghe anella
della capigliatura sulla quale era gettato un cappel-
laccio a larghe tese, ma non privo di garbo. Pareva
una figura uscita da un quadro del cinquecento, che
(i) La storia non ci conservò il nome del donatore.
— 228 —
presentasse un tipo di quell'età, mezzo soldato e mezzo
artista (i).
Furono tanto importanti questi lavori che il Vi-
ceré li degnò di una sua visita ; peccato che la morte
incolse il pittore ed essi non furono terminati.
Importanti furono pure ì restauri di S. Fedele.
Era generale il desiderio di veder compiuta que-
sta facciata, la quale allora lasciata imperfetta in
tutta la parte superiore al cornicione, presentava aspet-
to assai meschino. La fabbriceria si rivolse al governo,
e questi rispose generosamente, si aggiunsero le of-
ferte non indifferenti dei parrocchiani, cui aveva fatto
appello il proposto Ratti. L'incarico venne affidato al
Pestagalli, già autore dell'aitar maggiore, eretto da
pochi anni in quel tempio.
Vi si lavorò per ben due anni e nel 1834 l'opera fu
compiuta con soddisfazione del pubblico.
Si migliorò la facciata di S. Giuseppe, e fin d'al-
lora si era progettata la demolizione della chiesa detta
dei servi e la erezione di* un tempio dedicato a San
Carlo Borromeo, con gran portico o pronao quadrato
e con una piazza davanti.
Si lavorò pure alla Certosa di Pavia, alla rotonda
dell'Incoronata a Lodi, al duomo di Como, alla torre
delle campane ad Urgnano su quel di Bergamo, ed a
molte chiese di altri paesi della Lombardia.
Si ripararono e si resero praticabili le differenti
strade, state danneggiate dalle pioggie : fu compiuta
la circonvallazione, lunga quasi dieci chilom. (9968) :
ridotti a comodo passeggio una gran parte dei bastio-
(i) Così il Romussi nella sua Milano che sfugge^ il
quale aggiunge che fu uno dei cittadini più popolari di
Milano, uno dei preparatori e dei combattenti delle Cinque
Giornate, esule fino al 1859, seguace di Mazzini e di Gari-
baldi, serena personificazione del patriotismo più puro.
— 229 —
ni ; raddrizzate ed allargate molte vie della città
storte ed anguste, ornandole anche di bei fabbricati,
Primeggiava fra i corsi quello dei servi (Vittorio
Kmanuele (i).
E la nostra città pensò anche alle arti belle. Si pro-
gettò un monumento airOriani, si espose nelle sale di
Brera la statua del Beccaria, cui abbiamo accennato,
raccontando l'incendio avvenuto nello studio dello
scultore Marchesi ; a Como coll'intervento del gover-
natore Hartig, si collocò la prima pietra pel monu-
mento ad Alessandro Volta ; una bellissima tela rap-
presentante Maria Teresa venne dal pittore Comerio
regalata alla nostra Braidense.
La consueta premiazione al conservatorio nota fra
i premiati nel bel canto la signorina Giuseppina
Strepponi, che più tardi divenne moglie al nostro
Verdi (2) ; finalmente una grande solennità accolse
il governatore, il cardinale arcivescovo ed altri titolati
per la distribuzione dei premi d'incoraggiamento al-
l'industria.
L'insegnamento letterario era così coordinato :
L'asilo infantile che raccoglieva i bambini da due
a sei anni ; la scuola elementare che si divideva in
minore e maggiore : la prima si arrestava alla terza
classe, la seconda ne percorreva una quarta alla sua
volta divisa in due anni. A tali scuole, che si chiama-
vano diurne, si aggiungevano le serali e le festive per
(i) Succinta descrisione della Corsia dei Servi. Milano,
Pirola 1834.
(2) Era nata a Lodi nel 181 5 ed era figlia di certo Fe-
liciano, scrittore d'opere. Esordì al teatro comunale di
Trieste nella Matilde di Shabran del Rossini ; nel 9 marzo
del 1842 fu la prima interprete del Nabucco, Passata a nozze,
lasciò le scene. Morì il 14 novembre del 1897.
— 230 —
comodo di quei ragazzi impossibilitati a frequentare
le prime.
Chi poteva pagare aveva a sua disposizione gli
istituti privati, e fin da quest'anno ve ne erano di buo-
ni, avuti in ottima vista anche dal Governo, quali il
Pietrasanta, lo studio del ragioniere Bariola, la scuola
Isimbardi, la Lambertini, una particolare per l'inse-
gnamento della calligrafia, diretta da certo Giovanni
Siley, l'istituto Cavena^o ed un altro femminile di-
retto dalle sorelle Mosso.
Per quanto ci consta nelle nostre scuole vuoi pub-
bliche, vuoi private non erano adottati que' sistemi da
aguzzino che leggiamo essere stati in vigore nelle
scuole Toscane (i). Il Sacchi che fu nei primi anni
sottosegretario alla Pubblica Istruzione e col quale
eravamo in ottimi rapporti, ci confessò che nessun
rapporto m proposito venne mai sporto all'Autorità
E noi gli crediamo.
Una disposizione che fece molto onore al Governo
fu il riordinamento delle scuole universitarie degli
allievi farmacisti.
Era già stato stabilito che tali giovani prima di
presentarsi all'università dovevano subire un tiro-
cinio di quattro anni presso una farmacia approvata.
Ora si aggiungeva che il corso farmaceutico alla uni-
versità constava di due anni. Nel primo s'insegnava-
no : La mineralogia, la zoologia e la botanica ; nel
secondo la chimica generale e la farmaceutica.
Vale la pena di raccontare il cerimoniale con cui
si apriva la nostra università pavese, che per solito
aveva luogo il 4 novembre.
(i) FRANCESCO Guerrazzi. Noie autobiografiche. - Le
M^unnicr 1899.
— 231 —
Presenziavano la funzione il governatore della
Lombardia, il vescovo locale, le Autorità civili e mi-
litari ed il Corpo insegnante ; in tale occasione era
pure proclamato il nuovo rettore magnifico, che in
quest'anno fu il dottor Volpi, professore di diritto
mercantile e cambiario.
Nell'annessa Cappella era celebrata una messa in
musica, quindi cantato il Veni Creator, il professore
incaricato leggeva il discorso inaugurale. Le lezioni
regolari incominciavano qualche giorno dopo.
Fra le pubblicazioni, segnaliamo una versione dal
francese della Vita del duca di Reickstadt ; alcune
lettere inedite di Francesco Berni; \^ Ricerche stori-
co-critiche sulle origini e sui perfezionamenti delle
scienze^ del Proposto Amati ; la Gismonda di Men-
drisio del Pellico ; il Compendio della storia di Mi-
lano di Gian Luca della Somaglia. Adriano Balbi,
uomo, dice il Cantù, da farsi fare i libri dagli altri,
fu nominato I. R. Consigliere di Stato ed i periodici
lodano i suoi lavori geografici ; Defendente Sacchi
raccoglie in libro i suoi racconti apparsi a quando a
quando nell'appendice del diario cittadino ; Giulio
Carcano pubblica \Ida della Torre, un episodio della
calata di Enrico di Lussemburgo ; malgrado Tastio
della polizia il Barbieri ha l'onore di veder pubbli-
cato nelle colonne del diario cittadino la benedizione
pronunciata nell'ultima predica del quaresimale a
Padova, dove quantunque velatamente, è qualche ac-
cenno all'Italia ; il prof. Defendi mette fuori parec-
chi ragionamenti sul dolore estetico e sull'entusia-
smo ; gli archivi sono messi sossopra e vien scoperto
un nuovo manoscritto di Torquato Tasso in casa Fal-
conieri, sono rime in parte amorose, in parte sdegno-
se ; aggiungiamo la pubblicazione deWdiLuisa Strozzi
— 232 ~
del Rosina, di cui Fabate Ambrosoli scrisse allora una
bella recensione. Eustacchio Fiocchi diede in luce le
sue Prose e Poesie; una bella recensione si legge nei
periodici sulle rime piacevoli di un Toscano, pubbli-
cato a Como dairOstinelli. Un giornale cittadino
PEco, che tiene i suoi uffici nella galleria De Cristo-
foris, pubblica l'elenco alfabetico dei giornali scien-
tifici, politici, letterari, ecc., dei quali accorda la let-
tura gratuita agli abbonati a quel periodico. Essi
sommano a 153, cioè 59 italiani ; 48 francesi; 33 te-
deschi e 13 inglesi. Solo a Milano oltre la Gazselta
si contano 14 periodici.
Tra le consuete pubblicazioni di almanacdii no-
tiamo : quelli del Sonzogno : VApe delle strenne;
Avventure di Federico e Elisa; Imìlda; Notizie d:
un viaggio nella luna; I amore delle tre melai ancu:
la botanica dei fiori; il paniere di frutta. La tipogra
fia dei classici pubblicò : / giardini dltalia. Il Car
pano, la Strenna Italiana^ quindi, Tempo e denaro
malissimi spesi ; Marcello Montano ; una passeg-
giata neWalta e nella bassa Italia; il dono di ««'
madre d suoi fi giù La tipografia Visai : // itutiit eJ
orario ; le belle arti e V industria in Lombardia; /<'
conservazione; un regalo ai fanciulli. Il Canadelli--
/ Teatri di Milano e il Ricordo di amicizia.
Le somme raccolte per l'esonero delle visite di capo
d'anno, furono, dalla locale Cassa di risparmio, im-
piegate in altrettanti doti da L. icxd cadauna, a favore
delle nubende povere, che si maritarono nel carno
vale. Se ne estrassero a sorte 23 appartenenti alle di
verse parrocchie.
In quest'anno fu pure compita dal nostro cardi-
nale arcivescovo qualche visita pastorale, e circa le
nomine fatte tra il clero è da notarsi quella del Sa-
^^
— 233 —
cerdote Eustachio Picolli, già coadiutore a S. Am-
brogio ad arciprete (sic) di quella basilica.
Le belle arti fecero qualche passo avanti. Co-
me è risaputo, l'esposizione nelle sale di Brera in-
cominciò a farsi per decreto del Vice presidente Melzi
durante la repubblica italiana nel i.° Settembre 1803.
Con tale atto fu riordinata l'Accademia e prescritto
il metodo degli annui concorsi. Dapprima non si espo-
nevano che i lavori premiati, né se ne rendeva conto
al pubblico. Il pittore Giuseppe Bossi, segretario del-
l'Accademia che tenne il discorso nel 1806, non parlò
che delle opere premiate e di pochissime altre spe-
dite ; si può dire che nell'ultimo quinquennio del re-
gno d'Italia 1 809-181 3 non si esposero che circa 70
opere all'anno : veggasi ora quelle di questo quin-
quiennio 1830-34; 1830 opere 320; '31 op. 337;
'32 op. 512 ; '33 op. 404 ; '34 op. 585. — E fra gli ar-
tisti notiamo il Quarenghi, il Sabatelli, l'Hayez, il
Diotti, il Migliara, ecc.
Si aggiunga che queste esposizioni poi non passa-
vano inosservate, perchè non v'era periodico od al-
manacco che non se ne occupasse, non ne desse giudi-
zio ; e questa foga di parlare in tale materia, provava
che il genio e l'affetto per le belle arti non era spento
negli animi, e che un gran numero di persone le quali
per l'addietro passavano fredde ed indifferenti da-
vanti ad una tela, ora non solo si fermavano ad
ammirarla, ma si dilettavano anche di studiare le ra-
gioni per cui tale o tal altro dipinto si proclamava
bello.
Possiamo a ragione conchiudere che meno nelle
trattazioni delle quistioni politiche, la nostra città
studiava e studiava, procurando di trovarsi preparata
per quel giorno segnato dalla Provvidenza in cui
fosse degna di essere libera.
— 234 —
Ora eccoci ai coosueti cenni necrologici.
A niuno certo, anche dei nostri lettori attuali, sarà
ignoto il nome di GIOVANNI PlROTTA, il decano dei ti-
pografi milanesi, decesso quasi repentinamente il
primo di questo anno. Cara rimase la di lui memoria
ai moltissimi amici che contava : onesto, religioso, in-
stancabile nel lavoro e nel perfezionare le moltissime
opere che vedevano la luce nella sua tipografia
Rimasto orfano di genitori in tenera età, fu rico-
verato nell'orfanotrofio di Milano, e fino agli ultimi
istanti di sua vita, sentì profonda riconoscenza per
quell'affettuosa educazione con cui venne allevato.
Un' altra vita preziosa si spense nel cavalier
Aldini, già prof, di fisica nell'università di Bologna.
Fece i primi tentativi per l'illuminazione a gas, atti-
vando questa in una sala disposta ad uso teatrino
nella propria abitazione (i). A mezzo delle reti di
metallo e di amianto, tentò una nuova difesa pei pom-
pieri nei casi d'incendio. Viaggiò parecchio all'estero,
ed in tutti questi viaggi raccolse macchine utili e fece
tesoro di cognizioni fisiche d'ogni sorta. Fu premiato
dall'Accademia di Francia e dal nostro governo ; i^
(i) In questo stesso anno, a Venezia, il nobile signor
Minotto, coltissimo giovane veneziano, immaginò di illu-
minare a gas quel teatro della Fenice. Si fece l'espcri;
mento con grande aspettazione, e ognuno può immaginarsi
quale folla vi intervenisse. Sgraziatamente non essendosi
calcolata la quantità bisognevole per tutta la rappresenta-
zione, accadde che alla fine del primo atto, venne meno
la materia, ed il teatro sarebbe rimasto al bujo, se non
fosse stata la previdenza di aver sparsi parecchi ceri nei
palchi, cosichè si dovette continuare al lume delle candele.
In ogni modo sono questi fatti da registrare, essendo
stati i primi tentativi di illuminazione a gas nelP Italia,
poiché la storia non registra nessun fatto consimile in al-
tro degli Stati della penisola all'epoca in cui siamo colla
storia.
fiP^FVf^r^
— 235 —
. Istituto Lombardo lo nominò suo membro. Lungo
crebbe discorrer di tutti i suoi lavori, ed entrare nei
articolari della sua vita e chiuderemo coll'accenno
d un atto di beneficenza. Egli legò ben 20 doti di
DO lire cadauna ad altrettante povere ragazze della
a a parrocchia di S. Giorgio e dopo una malattia di
oco più di 8 giorni, spirò a 80 anni.
Il conte Alfonso Castiglioni fu dalla sua fan-
iuUezza educato ed istruito nel collegio dei nobili,
2tto dai PP. Barnabiti. Fra le scienze amò l'archeolo-
^lia, e forse aiutò il figlio Ottavio nelle pubblicazioni
lumismatiche. Suo studio principale però fu la pub-
)lica amministrazione in cui si distinse.
La venuta dei Francesi lo ricondusse alla vita
Drivata. Richiamato nuovamente dal governo austria-
:o, fu incaricato di missione speciale a Vienna, nomi-
nato nella nostra città vice presidente del censo, com-
pensato dal sovrano colla gran croce, ed insignito
del titolo di consigliere intimo, gran scudiere e ciam-
bellano.
A prova della stima e dell'affetto che nutrivano 1
milanesi per lui, valga il fatto che nei pochi giorni di
sua grave malattia, molti accorsero a chiederne no-
tizia alla sua casa ed alle esequie celebrate con inso-
lita pompa nella chiesa di S. Ambrogio, intervennero
spontaneamente persone d'ogni ceto oltre la Giunta
del censimento in corpo.
Anche la musa scosse le sue corde alla morte del
vecchio Castiglioni. Ecco un sonetto dell'avvocato
Giovanni Berrà suo intimo amico :
Spirto gentil, che dal caduco frale
Deposto il pondo, santamente al cielo
Nel bacio del tuo Dio spiegasti l'ale
Col favor della madre del Carmelo.
^ 236 —
Soffri che il puro immacolato stelo
D'onde traevi Palito vitale
Orn'io quaggiù di bianco amico velo
E mi rivolga al seggio tuo immortale!
Porgi al sommo Fattor l'umil mio canto-
Deh ! lo priega per me ch'egro lasciasti
Nella valle dei triboli e del pianto,
Lo spero : alma beata ! Tu mi amasti
Io t'invidio e ti colo in bruno ammanto
Divoto a tua virtude, a tuoi gran fasti.
Felice De Carli. Nacque a Milano nel febbraio
del 1768. Studiò alle scuole dei Barnabiti e si perfe
zionò nelle scienze legali e politiche nell'ateneo ti
cinese. A 23 anni, fu ascoltante presso il nostro tri-
bunale, quindi giudice di prima istanza, e finalmente
presidente della Commissione liquidatrice del debito
pubblico. Era già stato eletto ai Comizi di Lione.
ascritto al Collegio elettorale dei possidenti ed al
Consiglio dipartimentale di Milano.
Il dottor Labus, compilò il grande cartello die si
leggeva alle sue esequie sulla porta di S. Fedele :
FELICEM JOSEPHI FIL. DE CARLI
NOBILI GENERE NATUM
XXIV VIRUM JUDICIS COGNOSCENDIS
PER LANGOBARDIAM
PRAESIDEM IV VIROR. RELIQUHS VETERIBUS
PENSITANDIS
QUEM
MUNERIBUS LEGIFERIS HONORIBUSQUE
ANN. XL NITIDE FUNCTUM
PIETAS MODESTIA INTEGRITUDO BENEFICENTIA
RELIGIO PERPETUA
UNIVERSIS COMMENDAVERE
FRATRES ET SOROR
MAERENTES
PARENTALIBUS PROSEQUUNTUR.
— 237 —
Carlo Parea. Nacque in Milano nel 1771, e lau-
eatosi a Pavia nel 1791, fu tre anni dopo ascritto
[uale esaminatore al collegio degli ingegneri nella
lostra città. Nel 1800 sosteneva gli esami anche in
i^iemonte ed era approvato architetto idraulico : sei
Limi dopo fu nominato ingegnere in capo del dipar-
imento dell'Olona e nel 1808 coU'ingegnere Mel-
rhioni, lavorò al progetto, di un ponte sul Ticino
presso Boffalora. L'opera per la quale si rese celebre,
Fu il piano del Ccinale navigabile tra Milano e Pavia,
venne chiamato pure a consulta pel ponte che si pro-
poneva di erigere sul Taro, e nel 1 820 pel nuovo pon-
te sulla Trebbia. Propose anche il piano di un canale
navigabile da Torino a Milano, colle acque del Po e
della Sesia, e con questo non solo pensava all'utile
della navigazione, ma a quello anche di irrigare il
novarese, e la Lomellina ed altri pure ne proponeva
fra Como e Lugano ed in altre parti della Brianza.
Nel 18 18 progettò l'introduzione dei battelli a va-
pore, l'erezione di una società di azionisti per lo scan-
daglio dei terreni, onde rinvenire il carbon fossile e
la lignite. Ordinò la società per lo scavo dei pozzi
artesiani, quella per la illuminazione a gas delle raf-
finerie e di varie manifatture.
Una crudele malattia che da alcuni anni gli insi-
diava le viscere, lo tolse all'arte, al proprio paese, al-
l'amore di tutti i buoni.
Il pittore Agostino ComeriO, nacque in Locate,
provincia di Como il maggio del 1784 : il padre eser-
citava l'arte del pittore e fu il primo maestro al figlio
per molti anni.
Nel 1800 trasferitosi a Milano colla famiglia.
Agostino fu inscritto all'Accademia, che frequentò
fino al 1803. In quell'anno si recò a Roma per prose-
guire gli studi, e due anni dopo vi fu premiato.
— 238 —
Nel 1806, vinto il concorso di Bologna, ebbe una
pensione quadriennale, terminata la quale, ritornò in
patria e dalla fabbriceria del Duomo fu incaricato
per diverse statue da collocarsi sulle aguglie, poiché
Agostino aveva pure studiato anche la scultura.
Nel 18 14 fu a Parigi, quindi a Londra e ritornato
in Italia, si recò a Verona, chiamatovi per commis
sioni. E quell'Accademia lo nominò suo socio ono
rario. Dopo altri viaggi, stabilitosi a Milano, lavorò
alla chiesa di S. Satiro ; nel 1823 espose a Brera un
quadro, in cui ritrasse le vicende di Edipo, e l'annc
appresso un Raffaello morente, tele ambedue acqui-
state da un principe russo.
Fu nominato professore di figura a Brera, ed ol
tre quanto abbiamo detto assunse anche dal governo
il ristauro dei quadri ad olio e degli affreschi della
Certosa di Pavia.
Ammalato d'idrope in questo tempo (1828), fu
risanato mercè le cure del professor Strambio. Inutile
aggiungere che il Comerio fece anche parte di diverse
Commissioni artistiche permanenti, quali quella di
scultura relative al Duomo, all'Arco della Pace ed
alla Porta Orientale (Venezia).
L'ospizio dei Fatebenefratelli, le chiese di San
Marco e di S. Satiro racchiudono opere ad olio di
sua mano ; notiamo ancora lo Sposalizio della B. V.
nella chiesa di S. Giuseppe ed il ritratto dell'impera-
trice Maria Teresa» collocato nella sala di lettura della
nostra Braidense.
Ma la sua salute guasta dal diuturno lavoro, an-
dava sempre più peggiorando. A Recoaro, dove vi sì
era recato per cura, precipitò, ed il 5 agosto i suoi con-
cittadini lo piansero morto (i).
(i) Nel 1835 la tipografia Nervetti pubblicò una descri-
zione delle pitture del Comerio e parlando di quelle ese-
— 339 —
Giuseppe Carrozzi. Nacque a Brivio nel 1756,
percorse a Milano il ginnasio e la filosofia, quindi le
scienze legali all'università pavese. Nel 1781 fu pro-
clamato notaro e causidico collegiate. Nel 1793 no-
minato sindaco del Monte di Pietà, e due anni dopo,
la stessa carica gli veniva data nell'orfanotrofio di
S. Pietro in Gessate : più tardi fu assunto cancelliere
nelVamministrazione dei luoghi pii elemosinieri.
Nel disimpegno di tutte queste incombenze, egli
diede continue prove di sapere e di onoratezza e in
molti scritti da lui pubblicati appalesò profondità di
dottrina, e somma perizia nelle lingue italiana e latina.
Giuseppe Perego, brianzolo, fu uno dei più di-
stinti architetti, militò con onore nell'esercito italiano,
prendendo parte alla campagna di Russia, si dedicò
agli studi matematici, e fu incaricato del disbrigo di
importanti incombenze affidategli dal nostro muni-
cipio : lavorò ai disegni delle feste, che ebbero luogo
nella nostra città nel 1825. Morì a 42 anni.
Il Conte Pietro Caleppio nacque in Bergamo nel
1762. Fu ambasciatore in Ispagna per la repubblica
francese, presenziò i Comizi di Lione e venne insi-
gnito dell'ordine della corona ferrea e della legione
d'onore. Dopo i mutamenti politici, pose sua stanza
a Milano dove fu tutto pei poveri che a lui rivolge-
vansi. ove occorresse il suo appoggio morale o mate-
riale e procurò grande vantaggio a suoi terrazzani di
vai di Calepio, dove sorgeva l'avito castello. Devesi
guite nella nostra chiesa di S. Sebastiano, dice che dopo
^a. morte del pittore, esse non furono condotte a termine,
«non perchè Milano mancasse d'artisti che potessero con-
tinuare tale lavoro, ma perchè ognuno di essi ha un fare
proprio e la lontananza dello stile (sic) e dell'intonazione
avrebbero tolto ad un'opera, specialmente di questa va-
stità un grande merito, cioè l'unità ».
Peccato che l'autore del libro abbia serbato l'anonimo.
— 240 —
alla sua sollecitudine Tapertura di una nuova strada
di comunicazione colla valle Camonica e la costni-
zione di un ponte sull'Oglio.
Antonio Baldxjzzi, direttore dell'I. R. Ammini-
strazione del Censo, decesse il 27 febbraio a 54 anni.
Era nato a Clusone provincia bergamasca. Di costumi
soavi e di modi affabili si mostrò sempre schivo di
ogni alterigia. Educato all'amore delle lettere, che
serbò fino agli ultimi istanti di sua vita, formava la
delizia della società col suo brioso conversare, e con
leggiadre produzioni poetiche.
Nel disimpegno dell'incarico afiìdatogli fu zelan-
te ed infaticabile e persistè ad occuparsi fino all'ul-
timo istante di sua vita.
Antonio Gobio. Nacque in Mantova il 25 marzo
1744; ebbe per padre Giovanni Evangelista, colon-
nello delle milizie nazionali. Entrò giovinetto nel col-
legio di Reggio e si laureò in diritto.
Dopo aver esercitato per qualche tempo l'avvoca-
tura, deliberò di correre Tarringo delle magistrature
ed i rivolgimenti politici lo portarono direttore ge-
nerale delle finanze. Dopo il 18 14 ne fu intendente
a Mantova, quindi direttore delle dogane a Milano,
col titolo di consigliere di governo.
Oltrepassati i 70 anni, chiese di esser collocato a
riposo. Mori a Mantova, dove si era ritirato.
Roberto Corniani. Nacque in Orzinovi, su quel
di Brescia nel 1772, ebbe a padre quel Giambattista
che ci lasciò, i secoli della letteratura italiana. Da gio-
vine si diede alla poesia ed alla drammatica. Scrisse
una produzione intitolata Sofiay 0 la virtù alla pova;
più tardi si mise nella carriera degli impieghi. Fu du-
rante il governo italico membro del consiglio diparti-
mentale, amministratore dello spedale di Brescia, e
vice delegato della Provincia di Bergamo. Nel 1819
1
— 241 —
Fu nominato podestà di Brescia, infine in compenso
ii tanti servigi ebbe la nomina di deputato rappresen-
:ante la medesima città presso la Congregazione cen-
:rale di Milano, posto che tenne fino al 1831.
Affabile e gentile con tutti, sincero e costante
cieiramicizia, pietoso verso i poveri e gl'infelici, sem-
pre disposto al savio consiglio, può dirsi ch*ei fosse
più curante del bene altrui che del proprio.
La sera del 27 marzo moriva il dottor ERNESTO
RUSCA, membro della facoltà medica dell'università
pavese, non toccava ancora i 33 anni.
Nel 1831 il governo lo nominava membro della
Commissione dei medici lombardi ed in tale circo-
stanza pubblicò una breve istruzione sul modo di as-
sistere coloro che venissero attaccati dal colera, Nel-
Vanno seguente fu spedito nella Svizzera, particolar-
mente nel Canton Ticino, onde verificare alcuni casi
dubbi di contagio, fu quindi al nostro spedale qual
medico assistente, dove ebbe speciale incarico di dare
lezioni teorico-pratiche agli infermieri e stampò il
manuale delPinfermiere. In questi anni tradusse la
Clinica medica del prof. Andrai ed il Compendio di
anatomia patologica,
Milano perdette un giovane medico che dava lu-
singhiere speranze di uno splendido avvenire.
Il conte Francesco di Saurau che fu per molto
tempo governatore della Lombardia. Nacque in Vien-
na il 19 settembre 1760, ebbe la sua educazione scien-
tifica in quell'accademia teresiana, e nell'agosto del
1 780 incominciò la carriera degli impieghi. Nel no-
vembre di quell'anno fu nominato ciambellano e
l'anno dopo, Giuseppe II lo chiamò a far parte del
seguito dell'Arciduca Francesco, che fu poi impera-
tore. Nominato nel '89 consigliere di governo a Vien-
GuMiTTi. Cronistoria, »6
— 242 —
na, cinque anni dopo si ammogliò colla contessa An-
tonia Lodron, vedova di un conte tedesco.
Dopo parecchie cariche occupate in diverse Pro-
vincie austriache, fu il 12 febbraio del 181 5 chiamato
al governo della Lombardia ; in tale circostanza ot-
tenne la gran croce dell'ordine d^lla Corona di ferro
e due anni dopo fu nominato ambasciatore in Spa-
gna, e quindi supremo cancelliere e ministro dell'in-
terno. Dopo aver occupato per quasi 13 anni quella
carica, chiese il riposo ed in tale circostanza oltre l'or-
dine del toson d'oro, ebbe la decorazione in brillanti
dell'ordine di S. Stefano.
Sperava che le miti aure d'Italia potessero influire
sulla sua salute che molto aveva sofferto, ma fu in-
vano e moriva appunto fra noi in quest'anno.
Felice Pagani, fu uno dei più valenti ingegneri
architetti idraulici. Era nato a Lesa, ed aveva studiato
al Collegio Ghislieri, dedicandosi alle matematiche.
Nel 1796 fu assunto alla carica di Delegato per la
provianda e dal Ministero della guerra creato, Agen-
te Militare del Genio.
Tutto gli prometteva un avvenire lieto e luminoso,
quando una malattia lo costrinse a lasciare l'esercito
ed a restituirsi fra suoi concittadini. Accettò parecchie
onorifiche incombenze, e fra i riposi della vita privata,
coltivò con maggior agio quelle virtù, che distin-
guono dalla moltitudine l'uomo di carattere. Morì
dopo lunghissima malattia, non avendo ancor com-
piuto il dodicesimo lustro.
Nell'aprile ancora di quest'anno registriamo il
giovane milanese LUIGI RUSCA professore di diritto
e giureconsulto del foro milanese. Nel 1799 fu an-
noverato fra i membri dell'i, r. Congregazione de-
legata al governo di queste provincie. Mutati i tempi.
se il suo modo di vedere non gli consenti di aspirare
pvy '"';-'7
- 243 —
ille cariche superiori, che gli vennero offerte, non tra-
asciò di prestare Topera sua a pubblico vantaggio.
Fece parte del Consiglio generale del dipartimento
dell'Olona, ebbe speciali incombenze, nel disimpegno
delle quali dimostrò un intendimento sempre dritto,
congiunto a molta operosità. Nel 1803 fu chiamato
ad insegnare nelle scuole di Brera, ma, la salute non
comportando così laborioso incarico, si ritrasse a'
suoi studi nei quali durò fino al settantesimo anno
di sua vita.
Don Pietro Della Porta, consigliere presso il
nostro Tribunale criminale. Fu persona assai sti-
mata nel disimpegno delle molteplici mansioni di
cui venne incaricato. Vedovato della sposa in ancor
giovane età, si consacrò alla educazione dell'unica fi-
glia. Morì a 58 anni nella sua villeggiatura di Motta
Visconti.
Predabissi Francesco. Nacque nel 1767 a Piz-
zighettone da nobile casato. Licenziato dottore in
legge a Pavia, fu assunto pretore a Vimercate, quindi
passò a Milano al tribunale criminale. In tutti gli
incarichi che gli vennero affidati ne uscì sempre con
lode. Le lunghe veglie e la sua instancabile operosità
gli logorarono la salute per modo che dovette dimet-
tersi dall'impiego. Morendo lasciò ricchissimi legati
al nostro spedale maggiore, alle chiese di Melegnano
e di Pizzighettone.
Il 17 maggio morì pure l'abate ILARIO CESAROTTI
deirordine dei PP. Somaschi. Fu insegnante di let-
tere a Padova, quindi nel collegio convitto di Ve-
rona, nel collegio Gallio di Como e nel Calchi Taeggi
di Milano. Scrisse le Poesie Bibliche, il trattato dei
dittonghi^ e tradusse le Prediche delt abate Camba-
ches. Chi l'ebbe amico, o collega, potè sperimentare il
suo molto sapere e il senso delicato che aveva del
bello.
— 244 —
Il comune di Como perdette nel febbraio, dopo
brevissima malattia, la contessa Giovro PARRAVICC?!.
Solenne ufficiatura fu celebrata a cura del figlio
Francesco nella nostra chiesa di S. Fedele, dove sulla
porta leggevasi questa iscrizione :
A CHIARA DI PIETRO PAOLO PARRAVICINI F.
VEDOVA DI Gian Battista Giovio
DAMA DELLA CROCE STELLATA
PARENTALE TRIDUANA ESPIAZIONE
NELLA CARRIERA d'aNNI LXXm
ALLE FIGLIE, ALLE SPOSE, ALLE MADRI
SPECCHIO RIFULSE
DI CIVIL DI CRISTIANO COSTUME
AUSTERA A SE STESSA CON TUTTI INDULGENTE
MODESTA PRUDENTE PIETOSA
VISSE INCOLPATA
POVERA DI SPIRITO FRA GLI AGI DEL CASATO
LARGAMENTE SOVVENNE NEL SILENZIO AI POVER
DI FORTE PETTO SEMINÒ NELLA TRISTEZZA
DI GIORNI AFFANNOSI PER LUTTO PER MORBI
MIRANDO AL CIELO
ANIMA CARA
A TUOI AI CITTADINI DI LUNGO DESIDERIO
COL MAGNANIMO FIGUO BENEDETTO
CON l'illustre CONSORTE
NEL GAUDIO RACCOGLI
DE* SECOLI ETERNI
Le spoglie furono trasportate a Verzago, per es-
ser tumulate nell'oratorio padronale presso al àt-
funto consorte.
Sullo scorcio del novembre moriva pure nella no-
stra città il conte MASSIMILIANO Giuseppe Stampa
marchese di Soncino. Pompeo Litta nelle sue famiglia
celebri scrisse di questo patrizio, che era nato i^
- 245 —
13 aprile del 1790, fu tra le guardie d'onore del re-
gno d'Italia, e passò nel 18 io col grado di tenente nel
secondo reggimento dei cacciatori a cavallo. Fu alle
guerre di Russia nel grande esercito dell'imperatore
Napoleone e a Saratoff rimase prigioniero. Ricco co-
me era, soccorse generosamente tutti gli infelici suoi
compagni. Ritornato a casa, dopo la caduta del Bo-
naparte, nel 18 19 fu nominato ciambellano di Casa
d'Austria, perchè il padre suo così volle, ma non com-
parve mai a corte (i).
Le esequie si celebrarono nell'attigua chiesa di
S. Giorgio in Palazzo : furono qualche cosa di splen-
dido, al punto che un editore credette buona specula-
zione il pubblicarne un opuscolo (Tip. Manini, 1835).
Pensi il lettore che la facciata della chiesa era
sontuosamente addobbata con drappi neri, con fregi
d'oro e festoni. Sulla porta maggiore era lo stemma
di famiglia con una iscrizione latina che ricordava
il nome e i titoli del defunto. Le pareti interne erano
tutte adorne di bracciali recanti grosse torcie e nel
mezzo della chiesa sorgeva un ricco catafalco con
statue allusive, stemmi e ricche lampade mortuarie.
Sono pure notevoli le undici iscrizioni dovute al-
l'epigrafista Labus, che il lettore desideroso di ve-
derle, può trovare nell'opuscolo più sopra citato.
Il Forcella nel suo lavoro epigrafico ci salvò
quella che trovavasi al cimitero nella cappella della
famiglia dei conti Stampa Marchesi di Soncino, tra-
(i) Il diario cittadino si vendicò di tale noncuranza,
non sognando neppure di pubblicare a suo tempo la morte,
come pur faceva per persone di minore importanza.
— 246 —
sportala colle ceneri nella cappella della stessa fa-
mìglia del cimitero di Balsamo (Monza). Eccola :
ttlC PROPITIUS CAELESTIBUS
QUiBscrr
MAXIMILIANUS JOSEPHUS
Maximiuani Joan. Fil. De Stampa Com.
March. Sononi Baro. Com. Montis. Castri
1>YNASTA TrUBÌELU CuSAGIQ. CoM. RiPAE ALTAE
K procerib. Hispaniar. ordinis primi
AB ADMISSIONIBUS FRAWaSCI CaESARIS AuG.
V>l'KM PIETAT1S STUDIO MUNIFICENTIAE LAUDE
^^RTUTIS amore clarissimum
FILH MAESTISSIMI
SIBI EREPTUM LUGENT
vixrr ANN. xuv. mens. vn dies iv
DESIDERIUM OMNIUM
iXìMrrATE MODESTIA LIBERALITATE PROMERITIS
lìKCKSSlT XV KAL. DECEMBRIS AN. M.DCCC.XXXIV
Inventore e direttore di tutto l'apparato fu Tarchi-
tello Ciiovanni Chiappa, i dipinti eran di Gaspare
\\\ renna, e le statue del Manf redini.
w
1835.
CAPITOLO XI
Conseguenza della spedizione mazziniana. — Demoralizza-
zione nell' esercito. — I cospiratori della Giovane Ita-
Ha. — Alessandro Dumas. — Le armi a vento(!) —
Condanne. — Feste. -— Morte delP imperatore. — Con-
doglianze ufficiose ed ufficiali. — Esequie. — Il nuovo
imperatore. — Spettacoli. — Timori di cholèra, —
Istruzione. — Edilizia. — Arti, — Monumenti. —
Stampa. — Necrologio.
Il fatto capitale di questo anno è la morte del-
r imperatore Francesco I, di cui ci occuperemo un po'
. distesamente, sia per le cerimonie funebri che ebbero
luogo nella nostra città, sia per le speranze che tale
catastrofe ridestò negli animi dei patriotti. Intanto
spigoliamo nel campo politico, poiché la tranquillità
come al solito, non è che apparente.
Abbiamo già altra volta notato che nulla sfugge
all'oculatezza della polizia, pur di prevenire ogni
eventuale rivolta. A tale scopo, si dà premura di rac-
cogliere i nomi di parecchi fra coloro che presero
parte all'infausta spedizione di Savoia (i) ; ed un
(i) Il Gallenga nel suo secondo volume della storia
del Piemonte ci narra di una spedizione ideata dal Maz-
zini che doveva effettuarsi contro il Piemonte nel 1833 e
che venne poi effettuata nei primi del 1834, spedizione
che riusci infelicissima e non fece che ingrossare le file
dei martiri.
— 248 —
tale elenco, compiegato in una nota viene mandato
agli ii. rr. Commissari, perchè nel caso «che alcuni
dei compromessi avessero a metter piede in queste
Provincie, massime se sudditi austriaci, venissero per-
quisiti rigorosamente, ed arrestati, per esser poi sot-
toposti a quella procedura che si sarebbero meritata»
La citata circolare raccomanda di dare le più
robuste (sic) disposizioni di sorveglianza, e nel caso
di qualche scoperta inviare pronto rapporto, tenendo
l'arrestato a disposizione della polizia (i).
Malgrado tutto però, sembra che la demoraliz
zazione si faccia strada anche fra la truppa ; l'argo
mentiamo da un'altra circolare alle direzioni gene
rali di polizia di Milano, Trieste e Zara, che annun
eia « come alcuni emissari incaricati di diffondere la
nuova setta degli Amici dei popoli, procurando pio-
seliti anche fra le truppe dei diversi stati d'Italia e
della Germania, vengono indicati certi : Bavaglini 0
Burglieri ( !), negoziante francese a Livorno, Binard
negoziante a Lione, e Carlo Bontemps, colonnello a
Ginevra, questi due altra volta prenotati, vuoisi che
abbiano già girato a tale colpevole scopo in vane
parti d'Italia, nel regno di Napoli e della Grecia, e
così pure nelle Provincie Renane. Aggiungesi che
questi stranieri si propongono di introdursi anche in
questi stati e di spingersi altresì nelle Provincie Il-
liriche.
Raccomanda alle autorità di adottare tutte quelle
misure che troverà del caso, ove si verificasse la com-
parsa di taluno dei medesimi, sottoponendoli anche
a rigoroso trattamento con perquisizioni ed arre-
sto (2). E quasi contemporaneamente a questa, altra
(i) Carte segrete. Doc. 417.
(2) Carte segrete. Doc. 376.
~ 249 —
circolare è spedita, in cui si avverte che la nuova setta
punica^ scelse tre faentini, già conosciuti per anar-
chici temibili, affine di essere spediti con segreta mis-
sione a Milano ed a Trieste ; che a tale scopo richie-
sero i passaporti dal loro governo, il quale rifiutò (i).
Fra questi cospiratori, i cui nomi caddero in mano
del governo, dobbiamo pure notare i fratelli Giacomo
e Filippo baroni Ciani, che furono tra 1 primi ad
introdurre nella Lombardia la federazione della
Giocane Italia. La polizia, al solito ci dà un ritratto
assai fosco di uno principalmente di essi. Lo dice
apparire dai registri delle passate commissioni spe-
ciali, sospetto di essere stato fautore del massacro del
Prina nel 1 814, e di aver preso parte alle cospirazioni
del 1821, dopo le quali emigrò ed ora è il centro che
lega i cospiratori nazionali con quelli dell'estero (2).
A costoro si aggiungono il dottor Vitale Albera,
amico del Rosales, e Luigi Tinelli di Laveno. Que-
st'ultimo fu tradito da un suo camerata che lo de-
nunciò alla corte di Alessandria e fu condannato a
morte, quindi tramutata la sentenza in venti anni di
carcere allo Spielberg : fu tra quelli, come si vedrà
in seguito, che scelsero la deportazione in America.
Curioso poi l'accaduto ad Alessandro Dumas, il
noto romanziere. Viaggiava egli in Italia e, trovan-
dosi a Roma, chiese a mezzo dell'ambasciata francese
un passaporto per Napoli. Ora sembra che la polizia
austriaca, prevenendo questo desiderio, o forse aven-
done avuto notizia per mezzo de' suoi confidenti, im-
partisse istruzioni in proposito, cosicché gli venne ri-
fiutato. Alcune ore piìi tardi, si presentò alla lega-
zione austriaca, di cui era titolare il conte Ludolf,
(i) Carte segrete. Doc. 375.
(2) Atti della polizia austriaca.
— 250 —
una persona, che domandò un passaporto per certo
Guichard, un incaricato, come diceva, per affari di
servizio appartenenti alla Francia: l'ambasciatore
lo accordò. Ora è a sapersi che Guichard era appunto
il nome della madre di Dumas ed il giovane roman-
ziere dovette viaggiare in Italia con questo nome
Crederebbero i lettori ? La polizia non si spaventa
per ciò, e spicca una nota al governatore di Venezia,
conte di Spaur, in cui, ecco come lumeggia il noto
scrittore :
«Il celebre Alessandro Dumas uomo indubbia-
mente di genio, ma che sgraziatamente, si gettò a
corpo perduto nel cattivo gusto che regna in Fran-
cia, e nella scelta della trattazione di soggetti scan-
dalosi, come ne fa fede la sua Torre di Nesle ed al-
tre produzioni di simil genere ; repubblicano, chiac-
chierone e fanfarone, era giunto a Roma or son po-
chi mesi. L'ambasciata di Francia avendo chiesto il
visto per questo autore alla legazione di Napoli, que-
sta, cui erano state date istruzioni in proposito, lo ri-
fiutò» (i).
Segue il racconto, che abbiamo pili sopra riferito ;
quindi la nota aggiunge che il Dumas «da Napoli,
passò in Sicilia, dove soggiornò parecchie settimane,
occupato a scrivere un nuovo libro. Dice che è accom-
pagnato dalla signorina Ida Ferrier e dal pittore Ja-
din, incaricato di disegnare i luoghi dove avvengono
le scene che Dumas sta per pubblicare, af&ne di for-
nire soggetti esatti alle sue pagine illustrative.
(i) Il ministro di polizia Torresani, scrivendo al gover-
natore Hartig lo chiama « pericoloso forestiere»., il con-
sole di Napoli lo dice bavard et fanfaron; il Lutzow, mi-
nistro a Roma lo chiama <( homme de lettres connu far
des produits littéraires, qui difficile meni fasseront à la
posterità ». Citazioni del Barbiera nelle sue figure e
figurine.
wfm* «jp' iii^i'i* ■.
— 251 —
Non fu che all'ultimo momento, quando la poli-
zia riconobbe chi era il Guichard, che aveva ingan-
nato la sua vigilanza ; e la scoperta non fu difficile,
poiché il romanziere, stanco di un incognito, che lo
privava di ricevere gli omaggi degli ammiratori, era
ritornato da Palermo sotto il suo vero nome, ed aveva
frequentato parecchie case.
€ L'incaricato d'affari francese (continuava la
Nota) mi assicurò che Dumas deve ritrovarsi a Pa-
rigi tra il IO ed il 15 dicembre, e che non si fermerà
per via fuorché pochi giorni. D'altra parte io non lo
considero punto come soggetto pericoloso (i), poi-
ché qui i liberali sebbene rendessero giustizia al suo
spirito ed a' suoi talenti, risero delle sue jattanze re-
publicane» (2).
E perché nessun incidente intervenga nelle altre
città, dove avrà a passare, il quale possa in niun
modo menomare la politica di buon accordo tra i due
stati, ne avverte con altra Nota l'i. r. direzione della
Polizia a Milano ed i Commissari superiori di Pa-
dova, Rovigo, Vicenza e Verona (3).
E la polizia si preoccupa pure dei ritrovati della
fisica, che forse saranno state fiabe, fatte circolare
appositamente per metter paura, ottimo correttivo,
anche ai poliziotti. Citiamo una nota del maggio ai
Commissari superiori dei sestieri in Venezia. E' scritta
dal Cattanei (4).
« Da particolari confidenziali notizie, vengo infor-
mato che alcuni de' settari della propaganda rivolu-
(i) Dopo tutte le disposizioni che furono prese?
(2) Carte segrete. Dog. 461.
(3) Documento 462.
(4 ) Documento 475. Il barone Cattanei di Momo morì
a Venezia il 9 giugno del 1846, era nato a Pavia il 5 set-
tembre del 1772.
— 252 —
zionaria possano aver inventata una certa arma in
sidiosa a vento, e precisamente certi bastoni ripieni
di gas, i quali con un macchinismo raifinato e me-
diante una molla si scaricano, e possono uccidere al-
l'istante, senza alcun strepito.
«Ricordando pertanto a codesti Commissari le
già vigenti prescrizioni proibitive in fatto d'armi ca-
riche a vento..., devo richiamare la peculiare loro at-
tenzione e sorveglianza sull'introduzione eventuale
ed uso di siffatti bastoni, che tanto più si devono ri-
guardare della categoria dei pericolosi, quando si
miri alle viste esecrabili onde possono aver avuto l'ori-
gine ».
E giacche ci troviamo nel mondo politico, i no-
stri padri ebbero in quell'anno la dolorosa notizia
delle condanne di molti concittadini, i cui lunghi pro-
cessi li avevano dichiarati rei di alto tradimento,
quindi condannati alla pena capitale, che per grazia
sovrana, fu per alcuni tramutata nel carcere. Eccone
i nomi :
Tinelli Alessandro, dottor in legge, Benzoni Ce-
sare alunno dell'i, r. tribunale. Strada Pietro dot-
tore in legge, aggiunto commissario, Dansi Giovanni,
dottore in medicina, Bressanini Rinaldo, ex-militare,
scrittore. Poli Giacomo dottore in legge, Guenzati Fi-
lippo, simile, Labar Filippo, commerciante, Migl^^
Giacinto, possidente, Cattaneo Carlo, sacerdote, Mo-
scheni Alessandro, ex-militare, incisore. Rosa Gabrie-
le d' Iseo, Bussi Carlo, legale, Polaroli Angelo, in-
gegnere, Zambelli Giovanni, studente, Foresti Carlo
di Bergamo, Piardi Giovanni, studente e Lamberti
Carlo, dottore in medicina (i).
(i) Un Albera, che doveva trovarsi fra i condannati
appena vide l'orizzonte politico oscurarsi domandò VeW'
— 253 —
Come ognun vede non appartenevano già questi
infelici alla feccia della società, e noi mutati i nomi,
ci troviamo davanti ad un altro 1821, colla attenuante
della diminuzione di pena, atteso Tinsediamento del
nuovo imperatore.
Infatti Ferdinando appena salito al trono, scrisse
al Viceré un viglietto, dove imponeva si cessassero i
processi di Stato e si liberassero i condannati. Ecco
come si esprime: «Caro zio, io voglio per atto di
grazia condonare agli individui inquisiti in Milano
per delitto di alto tradimento, la pena di morte, e tra-
sfornaarla nel carcere di secondo grado per più anni.
K come al pubblico bene interessa soltanto di ren-
dere innocui codesti deliquenti, così io voglio tanto
per essi, quanto per quelli condannati al carcere di
secondo grado, lasciare libertà di sottoporsi a que-
st'ultima pena, ovvero di venire deportati in Ame-
rica, sotto condizione che, se ricomparissero sul con-
tinente, e venissero arrestati dal mio Governo, abbia
ad essere in loro danno eseguita essa pena del car-
cere senza bisogno di ulteriore inquisizione e sen-
tenza, solo verificando la loro identità ; e dopo espiata
la pena, sieno banditi. Questa misura si estende a
tutti i delinquenti di questa specie condannati oltre
cinque anni di carcere di secondo grado» (i).
Era un'anmistia ampia, ma il Viceré che, doveva
farla eseguire e gli altri che avrebt^ro obbedito al-
l'ordine di appiccare i condannati, non badarono a
quello di liberarli, e continuarono i processi.
grazione e se ne andò legalmente. L'inquisitore Zajotti
canzonava in proposito il Bolza.
(i) C. Cantu . Cronistoria II. 327. — Di tutti i pro-
cessi di costoro, come di c^uelli del 1821 se ne fece un
sunto, e la citata Cronistoria lo riporta sul suo secondo
volume, pag. 342 e segg.
- 254 -
Alcuni però ne uscirono, altri al carcere preferi-
rono la deportazione in America, quali il Tinelli,
Luigi Bargnani, Cesare Benzoni e l'Argenti di
Viggiù.
Le consuete feste imperiali incominciarono col-
l'allegria e finirono col lutto. Il Labus che in que-
st'anno, per lavori epigrafici si ebbe da Vienna lodi
e regali, aveva scritto il gran cartello da appendersi
alla porta maggiore della nostra cattedrale. Dio sa
p>oi come traduceva il popolino, il quale generalmente
accorreva per ammirare le sfarzose uniformi e per
udirvi un po' di musica.
Non vogliamo defraudarne il lettore, tanto più
che sarà l'ultimo per Francesco I :
Deo uni et trino
QUOD
IMPERATORIS ET REGEM FrANCISCI I
JUSTI PII PACIFERI
NATALEM DIE
FAUSTO FELICITER REDUXERIT
OMNIUM LANGOBARDORUM ORDINES
SOLEMNES GRATIARUM ACTIONES
PERSOLVUNT
EUMQUE ET POPULORUM FATO
VOLVUNTUR
UTI HAECCE DIES
AD IMPERH FAUSTITATEM
ITERUM ITERUMQUE ELUCEAT
COMPRECANTUR
Numerosi corpi di truppa, tanto di fanteria,
quanto di cavalleria, erano schierati non solo sulla
i.„..
- ^55 -
piazza del Duomo, ma anche nelle vie adiacenti. Esse
sfilarono poi sulla piazza stessa davanti al generale
Radetzky ed allo stato maggiore. Lo spettacolo di
questa rivista militare riusci al doppio brillante, at-
teso il cielo sereno, si che non sembrava essere nel
cuor deirinverno.
In tal giorno si inaugurò pure nella sala di let-
tura della nostra Biblioteca di Brera il gran quadro
di Maria Teresa cui abbiamo accennato. U Impera-
trice in vedovile ammanto, è maestosamente seduta,
in atto di tener una mano sull'editto col quale, desti-
nando la biblioteca ad uso pubblico, volle provvedere
all'incremento delle scienze, delle lettere e delle arti.
La composizione del Comerio non poteva essere né
più grandiosa, né meglio condotta.
Kd a festeggiare quest'ultimo avvenimento si
scosse anche la musa : un Giovanni Contini stampò
un'ode (i) e lo spoglio dei singoli periodici che si
pubblicavano in quel tempo di bonaccia ce ne dareb-
bero altre. Ma ripetiamo ciò che altra volta abbiamo
detto, i pensieri che in esse venivano svolti erano sem-
pre gli stessi, salamelecchi e lodi sguaiate.
Non ne era però ancor cessato l'eco delle feste che
una notizia ferale si diffuse per la città. Il 3 del suc-
cessivo marzo decedeva l'imperatore Francesco I ed
era salito al trono l'arciduca Ferdinando.
Era stato preso da febbre infiammatoria fin dal
24 di questo mese, ed i giornali viennesi, cui rispon-
devano le traduzioni italiane del nostro diario, chiu-
devano quasi sempre le notizie col dare fondato mo-
tivo del prossimo ristabilimento in salute : frase ste-
(i) Gazzetta f rivile giata del febbraio.
— 256 —
reotipata che in tale emergenza è sempre all'ordine
del giorno.
Non passano quarantotto ore che la febbre si ag-
grava : nel pomeriggio aumenta di nuovo, non però
al grado che non si debba sperare una notte più tran-
quilla; tuttavia gli viene amministrato il Viatico.
Quando il periodico non potè più negare, allora
nel seguente giorno aggiunge, che le notizie del pri-
mo marzo non confermano le speranze che per un
tale miglioramento si erano concepite. Il 6 marzo per
ordine della polizia, rimangono chiusi fino ad ulte-
riori disposizioni tutti i teatri, e sospeso ogni diver-
timento.
Inutile riferire le sperticate lodi di cui erano ri
boccanti i periodici d'ogni colore intorno al magna-
nimo regnante. Ci basta, perchè chi legge possa aver-
ne un'idea, di citare le testuali parole con cui termina-
vano quegli sproloqui. Le togliamo dalla Gazzetta
privilegiata di Milano :
« Al giusto dolore dei sudditi per la perdita di
tanto monarca, si unisce una ferma ed inalterabile fi-
ducia nell'avvenire. Essi confidano dapprima nella
protezione dell'Onnipossente, che protesse mai sem-
pre evidentemente l'augusta casa d'Austria, poi nelle
virtù ereditarie dell'augusta stirpe di S. M. l'impera-
tore ora regnante Ferdinando I, la cui pietà e fer-
mezza di carattere e fedele amore all'augusto suo ge-
nitore costituiscono le speranze di tutti i suoi fedeli
sudditi.
« Sopra queste sublimi qualità fondasi la certezza,
che l'augustissimo Regnante governi coi sentimenti
e colle massime dell'augusto defunto, e ciò con tanta
maggior sicurezza che il periodo del suo governo p^l
corso di 43 anni formò e consolidò il carattere del-
l'amministrazione, dei rapporti interni ed esteri del-
— 357 —
[^Austria, di modo che lo spirito del governo dell'au-
gusto defunto Monarca potrà continuare ad agire
anche dopo il suo trapasso*.
Quante bugie in questi pochi periodi, che si po-
trebbero smentire colla storia alla mano !
E* assai curioso però che i giornali letterari d'al-
lora non si occupano neppure di darci una succinta
biografia di questo insigne Monarca, che tanto bene
fece ci suoi Stati e che lasciò così larga eredità d! af-
fetti!
Noi non abbiamo voluto defraudarne il lettore.
E' risaputo con quale entusiasmo venne accolta
la notizia della nascita di questo principe dal pub-
blico viennese. Uava Maria Teresa trovavasi alla rap-
presentazione nel palco di corte, quando le venne
recata la novella ; essa l'annunciò dal palco nel dia-
letto viennese : Der Leo f old hat rC Bub (Leopoldo
ha un figlio).
Fu allevato sotto gli occhi del padre a Firenze,
quindi passò alla corte di Vienna sotto Giuseppe II :
nel 1788 fu con esso alla guerra contro i Turchi, ed
in quell'anno sposò Elisabetta di Wurtemberg, unione
che non durò fuorché un anno ; sei mesi 3opo sposò
in seconde nozze Maria Teresa, principessa delle due
Sicilie.
Quando suo padre successe ^ Giuseppe II, l'arci-
duca Francesco lo accompagnò a Pillnitz ed assistette
alla famosa intervista dei Sovrani del Nord, il 23
agosto del 1791.
Francesco I succedette a Leopoldo II il 1° marzo
del 1792, e quasi subito cominciò la lotta della mo-
narchia austriaca contro la repubblica francese, prima
d'accordo colla Prussia nel 1792, e due anni dopo
in suo nome, comandando l'esercito dei Paesi Bassi.
Varie furono le vicende di tale guerra e nel 1795 que-
GiANETTi. Cronistoria, 17
— 258 —
sto imperatore, che aveva preso per divisa Justitk
regnorunt fundamentum, ebbe parte alla spoglia-
zione della Polonia. Nel 1799 entrò in una nuova al-
leanza coli' Inghilterra e la Russia. Gli sforzi tutti
dell'imperatore austriaco tendevano a mantenere lo
statu quo, già stabilito in Europa, ma le sue speranze
sfumarono e la pace di Luneville segnò un altro passo
della Francia.
Dopo essersi reso indipendente dalla Germania,
facendosi dichiarare imperator d'Austria, con diritto
di trasmissione ai discendenti, entrò in una terza coa-
lizione coir Inghilterra e la Russia. Furono vane spe
ranze ancora, che la battaglia d'Austerlitz gli impose
nuovi sacrifici.
I due imperatori, Francesco e Napoleone, si ab
boccarono, ed alla tregua seguì la pace di Presburgo:
il 12 luglio 1806 si formò la Confederazione renana
ed il sei del successivo mese, Francesco abdicò la
corona ed il governo dell'impero di Germania: fu
allora che prese il nome di Francesco I.
Inutile percorrere le parecchie vicende che ebbero
le guerre napoleoniche ; acceimeremo solo come Fran
Cesco I, entrato nella Santa Alleanza rimanesse lai
leato più costante e piìi devoto dell'imperatore Ales
Sandro di Russia. Dopo la rivoluzione di luglio, al
lorchè vide che la Brancia non era per nulla disposta
a turbarlo ne' suoi possessi italiani, tornò a strin-
gere con essa nodi d'amicizia.
Francesco I fu ammogliato per ben 4 volte, da
Maria Teresa sua seconda consorte ebbe 13 figli, f^
cui Maria Arma nata nel 1 804 che divenne più tardi
abbadessa del capitolo delle nobili dame di Praga^
Egli ebbe in generale tutte le qualità deiruomo
privato. Animato da sensi di giustizia, fu inflessibile
pei rivoluzionari e non bastando le torture fisiche.
— 259 —
aggravò con tortine morali il carcere duro de' pri-
gionieri di Spielberg. Nemico deiremancipazione po-
litica, cui aspiravano i popoli, ne compresse tutti i
tentativi ; del resto semplice ed affabile, era affezio-
nato dk' suoi austriaci, sopratutto nell'arciducato.
Popolare e senza diffidenza, era accessibile a tutti ;
in tempo di pace concedeva pubblica udienza ogni
settimana, ed ascoltava tutte le domande ; accoglieva
petizioni, purché non versassero su cose di governo.
Ma forse si lasciava di troppo aggirare dalla cama-
rilla cortigiana, tutta informata a sensi mettemi-
chiani. Se egli avesse governato più direttamente i
lombardo-veneti, ed avesse in tempo opportuno esau-
diti i loro giusti desideri, forse avrebbe lasciata più
cara memoria anche fra noi.
Dicesi che possedesse una biblioteca di ben qua-
rantamila volumi (i).
Nonmancarono anche in questa occasione i poeti :
si trattava di ingraziarsi il nuovo, piangendo il vec-
chio, ma per le ragioni già esposte non facciamo che
citare i nomi degli autori, rimandando agli opuscoli
che si stamparono per la circostanza ed alla Gazzetta
Privilegiata, chi volesse leggerne il testo.
Primo che si presenta è il lamento di un suddito
e funzionano fedele per la perdita deU adorato Mo-
narca (!). Una poesia scrisse il prof. Bellisomi, pre-
fetto del ginnasio di S. Alessandro (Beccaria) ; altra
quello di matematica, don Cesare Rovida ; altra il
conte Castelbarco ; altra certo Barabani, alunno di
concetto presso T I. R. Magistrato Camerale ; altra il
prof. Mocchetti, quello stesso che lesse il discorso per
(i) SCHNITZLER. Enciclofedie des gens du Monde.
— 300 —
la inaugurazione della statua di Alessandro Volta a
Como, e ci pare che basti.
Il cancelliere Mettemich, annunciando official-
mente la morte agli ambasciatori esteri, attestava la
quiete senza esempio con cui si passò da un governo
all'altro.
Il Giusti dalla Toscana lanciava i suoi dardi :
ti Dies irae, è morto Cecco
Gli è venuto il tiro secco,
Ci levò l'incomodo
Questo è ito. Al rimanente
Toccherà qualche accidente
Dio non paga il sabbato...
Ride Italia al caso reo,
E dall'alpi al lilibeo
I suoi re si purgano.
Le condoglianze officiali fioccarono da ogm parte
e le cartelle del nostro archivio di stato, e di quello
cittadino ne sono riboccanti. Il Fantonetti, uno dei
membri del nostro reale Istituto, nella commemora-
zione che fece del defunto monarca ha tra l'altro que-
sto periodo : « Miserabili creature di questo basso
mondo, noi non possiamo corrisponderti che con tri-
buti di altrettanto amore, di riconoscenza, di grati-
tudine e di profonda venerazione e con illibata fe-
deltà all'augustissimo successore tuo : sentimento che,
per quanto trapassino i secoli, suonerà sempre giO'
rioso, ne mai dalla memoria degli uomini cancellato».
Anche il Turoni mise il suo grano d'incenso, ep-
pure tredici anni dopo era membro del nostro go-
verno Provvisorio (i).
(i) Cantu'. Cronistoria,
/' ■^j^£ièS^^.,tsk^
- 26l —
Il governatore scrivendo al gran Cancelliere le
universali attestazioni di dolore, esponeva la spe-
ranza dei popoli lombardo-veneti, perchè il nuovo
imperatore venisse presto a vederli ed incoronarsi,
aggiungeva voti perchè si estendesse l'autorità del
Viceré, si usasse clemenza ai detenuti politici e si
desse maggior lustro alle scienze ed alle lettere. Erano
pii desiderii che dovevano ancora una volta esser
frustrati ad opera della polizia (i).
Ed ora veniamo alle solenni esequie che si fecero
tra noi al defunto monarca.
Per ordine vice-reale, le prime ebbero luogo nella
cappella di S. Gottardo al palazzo di Corte.
Assistevano alla cerimonia le loro Altezze, i
grandi ufficiali della corona, i consiglieri intimi, i
ciambellani, e le dame di palazzo. La cappella era
adobbata a lutto con frange ed emblemi d'oro ; nel
mezzo sorgeva un sontuoso catafalco, adomo di di-
pinti rappresentanti le imprese del defunto. Quattro
statue negli angoli, raffiguravano la Giustizia, la For-
tezza, la Temperanza e la Religione. Intorno al fere-
tro quattro geni piangenti erano simbolo del dolore
dei popoli per tanta perdita. Sopra il monumento si
ergeva un ampio baldacchino sormontato dalla co-
rona imperiale. Ai lati leggevansi le seguenti iscri-
zioni, dettate dal dott. Labus :
Di fronte :
PRAECI.ARAM JNDOLEM FASTIGIO SUO PAREM NACTUS
miT mPERIUM
AVITAE RELFGIOMS CUST05 AUSERTOR
. ADITU FACILI 5 INGEMtO BHNIGNUS MENTE PROVIDUS
I mSTITlAM CLEMEJiTlAM TEMPERANS
AUSPE3C PUBLICAE FAUSTITATLS
i (i) CANTU'. Cronistoria.
— 202 —
Nel lato destro:
INCRUENTI BUS TEMPORUM ASPERRIMIS CALAMITATIBUS
PROPOSITI TENAX
SAPIENTIA VIRTUTE FIRMTTUDINE USUS
HOSTIUM COPIIS FUSIS CAPITAE IN DEDITIONEM ACCEPTIS
LIBERTATEM EUROPAE PACEM POPULIS REDDIDIT
AUCTOR PERPETUAE TRANQUILLITATIS
Di contro all'altare :
NON ADSIDUIS LABORIS NON MORBIS GRAVIS FRACTUS
PATERNO ADFECTU
SUBITARUM MAIESTATI SUAE PROVINCIARUM
OPULENTIAE COMMODIS FELICITATI JUGITER PROSPEXTT
TUTOR SOLERTIS OVILITATIS
Nel lato sinistro :
SALVE SUPREMUM PRINCEPS LENTISSIME IMCOMPARABILIS
ABREPTO AB CAELESTES
TE AUGUSTA DOMUS ITALIA GERMANIA UNIVERSAQUE EUROPA
VIRTUTEM TUORUM SPLENDORE INLUSTRATAK
UNO ANIMO VIVENTEM COLUERE
TE AMISSUM LUGENT
In fronte alla chiesa :
IMP. CAESA. FRANCISCO AUGUSTO
LEOPOLDI AUG. FIL. FRANCISCI AUG. N.
OPTIMO PIO FORTISSIMO PROVIDENTISSIMO PRINCIPI
PARENTI PUBLICO
RAINERIUS AUG. FRATER VICE SACRA
SUPREMA ET LACRIMAS.
— 263 —
Altro servizio funebre ebbe luogo nella Chiesa
dell'Ospedale maggiore, cui intervennero il Diret-
tore, il Consiglio d'amministrazione, buon numero
di meciici ed altri addetti al pio luogo. Semplice e
commovente era Tiscrizione che si leggeva sulla porta
della, chiesa:
FRANCISCO I CAESAR AUGUSTO
PRINCIPI JUSTISSIMO FIRMISSIMO
CAELESTIUM VITA PARATAM
ADPROPERATURI
BONI ACCEDITE
A S. Barnaba altra ufficiatura per cura dei P. P.
Barnabiti ; vi si leggeva la seguente iscrizione :
FRANCISCO I CAESARUM MAXIMO
CUIUS VIRTUTI NULLUM PAR ELOGIUM
QUOp
ORDINEM CLERICORUM REGULARIUM A S. PAULO
INFANDA SUPERIORUM TEMPORUM VI
MAERENTIBUS BONIS EXTINCTUM
ANNO MDCCCXXXV
TOTA PLAUDENTE CIVITATE
EXCITARIT
RESTITUTI EIUSDEM ORDINIS SODALES
TANTO IMPERATORIS AC REGI
EHUi SUPREMUM DIEM OBEUNTI
DEVOTI GRATI QUE ANIMI ERGO
FUNERUM SOLEMNIA
Altra officiatura se non così imponente, certo più
affettuosa, venne celebrata all'ospedale dei Fatebene-
fratelli, con sfarzoso adobbo. Il cartello collocato al-
L
— ^204 —
rcsterno della chiesa, reca la s^ruente iscrizione, que-
sta volta italiana :
all'imperatore e re FRANCESCO I
MASSIMO AUGUSTO GIUSTISSIMO
DELLE BENEFICHE PIE ISTITUZIONI
TUTELA E SOSTEGNO
TOLTO all'amore DEI POPOLI
nell'anno XLHI del memorando SUO DOPERÒ
I RELIGIOSI
DELL* ORDINE DI S. GIOVANNI DI DIO
dall'eterno ONNIPOSSENTE REGGITORE
NELLE CUI MANI STANNO LE SORTI
DEI PRINCIPI E DELLE GENTI
PREGANO
LA BEN MERITATA GLORIA DEI CIELI
Ed ora in mancanza del bulino e della fotografia,
vediamo se è possibile dare ai nostri lettori una com-
pleta descrizione di quanto si fece nella nostra cat-
tedrale il 7 aprile.
Già un avviso speciale della direzione della po-
lizia, pubblicato qualche settimana prima, regolava
il giro delle carrozze, che dovevano trasportare gli
invitati ai piedi della gradinata del duomo.
Era pensiero di fare qualche cosa di grande, di
maestoso, d'imponente, e se ne commise la direzione ,
al talento ed alla sollecitudine del pittore Sanqui-
rico.
All'esterno del tempio davanti all'ingresso prin-
cipale ergevasi un ampio vestibolo addobbato a nero
ed oro : sulla porta pendeva un cartellone con ricchi
contomi ornamentali, cimase, figure simboliche sor-
montate da un grande stemma imperiale ; altro car-
tellone superiormente alla loggia estema con iscri-
zione copriva pure il finestrone.
— 205 —
A tutta la nave di mezzo, dalla porta principale
fino alle gradinate dell'aitar maggiore, destinata alle
Autorità ed agli invitati si stendeva ricco e sontuoso
addobbo in nero con tocca d'oro cadente.
Alla parte superiore di ciascuna colonna si ap-
poggiavano le aquile imperiali, recanti sul petto gli
emblemi dei vari Stati della Monarchia : dalle stesse
scendeva una ricca drapperia in oro sotto alla quale
un medaglione decorato, alludente a qualcuna delle
principali epoche del governo del defunto.
Uintercolonnio era attraversato da altro drap-
peggio alla cui sommità un ramo di quercia altema-
vasi con altro di ulivo, e più sotto alcuni geni do-
rati sostenevauno una corona imperiale Nel centro al-
tro ricco festone con gran cartello, a ricco contorno
ornamentale, rappresentante in finto bassorilievo al-
cune delle principali gesta dell'estinto, e questo car-
tello alternato dall'intercolonnio seguente con altro
decorato da geni piangenti.
Il sarcofago sorgeva sopra zoccolo, decorato da
quattro ricchi candelabri e da otto leoni dormenti,
poggiava su grandioso basamento ottangolare, or-
nato di scanellature gotiche con membrature lavorate
in oro, quattro lati del quale offrivano altrettanti car-
telloni con analoghe iscrizioni : tre spaziose gradi-
nate fiancheggiate da ermilli ed incensieri occupa-
vano tre lati : l'altro presentava l'ingresso alla cella
sepolcrale, rischiarata da lampade funerarie. Otto ric-
chi candelabri e quattro statue colossali poste su ele-
ganti zoccoli rappresentavano la Giustizia, la Tem-
peranza, la Prudenza e la Costanza, formavano la de-
corazione superiore del basamento. In mezzo a questo
sopra altro zoccolo elegantemente ornato elevavasi il
mausoleo retto da otto colonne con altrettanti archi
acuti, terminanti in altrettanti frontoni semi-acuti, so-
— 266 —
pra i quali posava Taguglia pure a piramide etta-
gona. Su di essa era una statua della Fede. Davsoiti
a queste colonne figuravano otto statue in rilievo : la
Speranza, la Carità, la Modestia, la Purità, la Rico-
noscenza, la Sapienza, la Prudenza e la Liberalità.
Altre statuine in alto rilievo in oro con eleganti bal-
dacchini erano applicate al corpo superiore delle co-
lonne in stile gotico. Dalla sommità inferiore degli
archi pendevano otto lampade ed un'altra era rac-
comandata al centro della tazza intema del mausoleo
riccamente adorna di arabeschi gotici, combinati colle
aquile imperiali. Esternamente sugli angoli acuti al
cominciamento dei frontoni, erano otto geni pian-
genti colle fiaccole rovesciate e sulla loro sommità
semi-acuta otto candelabri -. Testemo della guglia su-
periore era foggiato a scanellature gotiche "con fondo
in oro e sugli angoli guarnita di fogliami. Le fac-
ciate dei frontoni, oltre le rispettive membrature in
oro, presentavano dei geni in basso rilievo colle co-
rone imperiali.
Nell'interno del tempietto sorgeva su d*una gra-
dinata l'urna sostenuta da quattro aquile imperiali su
elegante basamento ornato da sei geni in bassorilievo
con festoni d'alloro e patere in oro. Sopra l'urna erano
collocate nel centro su cuscino la corona imperiale,
lo scettro, la spada e le decorazioni. Nel centro della
cupola superiormente al mausoleo era appesa una
grande corona imperiale da cui pendeva la clamide
foderata di ermellino, divisa in quattro parti attac-
cate ai rispettivi piloni che sostengono la gran cu-
pola del Tempio.
Tutti questi disegni furono opera come si disse
del scenografo Sanquirico, il quale avendone man-
dato copia alla Corte di Vienna, ebbe una bellp let-
— 267 —
tera. di ringraziamento, accompagnata da una rie
cliissima tabacchiera d'oro fregiata di brillanti (i).
Per non tediare più a lungo i lettori, dei sedici
cartelli (!) tutti coperti d'iscrizioni che vi si trova-
vano, non citeremo che quello sulla porta d'entrata
all'esterno e quello collocato nell'interno del tempio
sup)eriormente alla porta d'uscita.
Ecco r iscrizione del primo :
SOLENNI ESEQUIE
dell'imperatore e re FRANCESCO I
DATO DAL CIELO
ne' più difficili tempi .
A SOSTENIMENTO
DELLA GLORIOSA E PATERNA AUSTRIACA DINASTIA
RAPITO
ALLO INESTINGUIBILE DESIDERIO DEI POPOLI
DOPO XLUI ANNI
DI MEMORABILE IMPERO
LONGOBARDI
all'anima GRANDE
AL MONARCA OTTIMO MERITISSIMO
de' SUPERNI LA GLORIA INVOCATE
Il secondo così suonava:
CHIUNQUE TU SIA CHE IN QUESTO TEMPIO
LA TOMBA VISITASTI
DEL MASSIMO PUSSIMO MONARCA
SOVVENGATI
CH' EI negli ESTREMI ANELITI
QUESTE MEMORANDE COMMOVENTISSIME PAROLE
DETTAVA
« AI SUDDITI MIEI
LASCIO IL MIO AMORE
SPERO CHE INNANZI A DIO
POTRÒ PER ESSI PREGARE «
(i) Il defunto fratello Sacerdote Don Pio, già coadiu-
tore a S. Maria Segreta, ci mostrò raccolte in un arma-
dietto a vetri tutte le decorazioni, i regali, i diplomi otte
nuti dal pittore.
Fioccano intanto i motu-proprì del nuovo impe-
ratore, al nostro Viceré per impegnarlo a confinuare
collo s fesso zelo nel governo della città ; al principe
di Metternich, cui dice che desiderando eternare la
memoria di suo padre coll'erezione di un monumento,
lo incarica, nella sua qualità di curatore dell'Acca-
demia delle belle arti, di proporre un disegno fra il
più breve termine possibile. Intanto a corte il mag-
giordomo Meraviglia, dietro ordini superiormente
impartitigli, pubblica un lutto di sei mesi, dettandone
i particolari, specie per le dame.
Notevole è il proclama del nuovo Imperatore
Ferdinando I, diretto ai popoli della Lombardia e
della Venezia, eccolo :
^Cari e fedeli!
€ Piacque a Dio onnipotente di chiamare a sé da
questa terra S. M. l'imperatore e re nostro veneratis-
simo e amantissimo padre.
fS. M. spirò alle 12,45 della scorsa notte.
€ Penetrato dal sentimento del più profondo do-
lore per la perdita dell'augustissimo defunto, la cui
sapienza in mezzo alle burrasche dei tempi, ha messo
la base più solida della felicità de' suoi popoli, la
di cui giustizia fu un possente sostegno ad ogni di-
ritto, non che uno scudo vigoroso contro ogni arbi-
trio e le di cui virtù serviranno di modello in ogni
tempo, Noi seguiamo la chiamata sublime di prose-
guire sulla via da Lui sì saggiamente tracciata e con
tanta perseveranza tenuta.
€ Fedeli alle intenzioni dell'augustissimo Nostro
Padre e fidando come Lui nella divina Provvidenza,
ascendiamo al trono avito colla ferma risoluzione di
rendere scopo di tutte le nostre cure e sollecitudini
la felicità e prosperità dei nostri popoli seguendo la
— 26g —
via del giusto. Mentre noi confermiamo tutti i fun-
zionari della pubblica amministrazione nei loro po-
sti, uffizi e nelle loro dignità, eccitiamo i medesimi e
specialmente il Governo a prestare la dovuta coope-
razione alle Nostre premure ed a dedicarsi con in-
tegrità e zelo ai loro impegni a tenore delle vigenti
prescrizioni ed a norma del loro giuramento della
solenne rinnovazione del quale li dispensiamo.
€ Del resto sarà cura del Governo di rendere nota
colla maggior prontezza la nostra mente a tutte le
autorità da lui dipendenti e di dispwDrre in partico-
lare d'accordo cogli Ordinariati che per S. M. il de-
funto augustissimo imperatore e Re, vengano cele-
brate le consuete esequie e S. Messe e preghiere tanto
nella città, quanto nella campagna, facendo tosto ces-
sare ogni sorta di divertimento non compatibile col
lutto universale.
cEd a ciò sia prestato il più esatto adempimento.
cDato dalla Nostra capitale e residenza imperiale
di Vienna questo giorno due marzo 1835.
€ Ferdinando m. p.
Seguono le firme dei ministri.
Quante promesse che non si mantennero, e quanta
reboanza di frasi, assolutamente inutili per il popolo,
il quale a vero dire potrebbesi paragonare a quello
di cui narra il Manzoni, che assistendo al noto giuoco
del ciarlatano il quale dopo aver ingoiato stoppa e
stoppa, cava fuori dalla bocca nastro e nastro, se ne
sta come intontito a vedere ! Fortuna che la storia sta
quale Nemesi divina, affidando alle carte solo il vero.
Bisognava però che anche i poveretti della città
sentissero qualche sollievo e, benché, forse può essere
giudicata un po' meschina la elargizione, la cronaca
nota che il nuovo Renante aissegnò loro due mila
fiorini.
— 270 —
Non era però da trascurarsi un omaggio speciale,
che la città si credette in dovere di fare al nuovo Mo-
narca, mentre presentava le condoglianze per il de-
funto. A tale scopo la Congregazione Centrale no-
minò una Commissione composta dei signori conte
Giulio Ottolini Visconti, nobile Gerolamo Gnimelli
Pedrocca, conte Giovanni Pietro Porro, dottor Carlo
Pietro Villa, Luigi Carboni, marchese Francesco Za-
netti, cav. G. B. Monticelli Strada, coirincarico di
recarsi a tale scopo a Vienna.
I diarii d*allora ci conservarono il testo dell'in-
dirizzo, che i nostri Commissari presentarono a nome
della città, come pure la risposta data dal novello
Imperatore. Che il lettore non si meravigli se noi le
riproduciamo a titolo di storia, malgrado il solito
stile di servilismo con cui furono redatte. La Com-
missione fu ricevuta il sei del giugno. Ecco Tinai-
rizzo :
€ Sacra I e R. Apos. Maestà,
e Accolte e consentite per. somma grazia della
M. V. le suppliche fervorose della Congregazione
Centrale della Lombardia, essa fu sollecita di pr^'
scegliere dal suo Corpo una deputazione commet-
tendole di recarsi al trono imperiale per esprimere le
proteste del profondo dolore, di cui furono penetrati
i cuori dei sudditi lombardi alla perdita del loro Mo-
narca e per manifestare contemporaneamente i sensi
della più viva esultanza onde furono compresi ^
la esaltazione della M. V.
f.La deputazione che altamente si onora di questo
mandato, è pur anco incaricata di deporre ai piedi
della M. V. che tali sensi solenni di fedeltà sono una
continuazione di quei medesimi che nutrivano già per
la sacra persona che passata a ricevere il trionfo delle
— 271 —
sue virtù, avrebbe lasciato un dolore inconsolabile
nel l'animo loro, se la M. V. non fosse salita al di
lui trono.
€ E già dal principio del vostro impero si confor-
tarono massimamente i fedeli sudditi lombardi, quan-
do la M. V. fece altamente comprendere di voler cam-
minare per quelle vie, che la virtù e la sapienza trac-
ciarono al miglior de' Monarchi, e le più belle spe-
ranze spuntarono per noi alla benevole risoluzione
che confermò nelle sacre veci della rea! podestà il
S. Arciduca Ranieri, le cui virtù formano l'oggetto
deirammirazione e venerazione delle provincie affi-
date alle sue cure.
€ Felice di questi auspici, affidasi la Congrega-
zione Centrale, che ove la Provvidenza ci conservi i
vantaggi di una lunga pace all'ombra delle paterne
sollecitudini della M. V., si accrescerà la prosperità
dei fedeli abitanti della nostra bella ed onorata con-
trada, e che maggiormente vi fioriranno le scienze, le
arti, l'agricoltura e il commercio.
fin questa speranza si degnò la M. V. di accet-
tare le felicitazioni della Lombardia, della sua Con-
gregazione Centrale pel vostro innalzamento alla So-
vranità Imperiale e Reale, e gradisca i fervidi voti,
che noi tutti inalziamo al cielo per la diuturnità del
vostro impero e della vostra augusta famiglia e se
dalla M. V. sarà secondato il comune desiderio di
veder cinte della corona di ferro le sacre vostre tem-
pie, vedrà allora la M. V. che le attestazioni che noi
umiliamo ai piedi del trono sono veramente conformi
ai sentimenti d'amore, di divozione e di fedeltà che
le popolazioni lombarde nutrono per la sacra ed au-
gusta vostra persona ».
Ed ecco l'indirizzo di risposta il quale comincia
in certo modo la serie di quelle bugie, che toccheranno
^^^i^pi^
'l
— 373 —
1 apogeo Dcl 1838 e verraimo scontate nelle cinque
ìamose giornate del 1848 :
e Sono grato alle provincie lombarde per Tespres-
sione del dolore cagionato loro dall'amara perdita
da me e dalla monarchia sofferta colla morte del
l'Augusto imperatore.
€ Questo dolore è fondato nei più nobili senti
menti, in quelli cioè della ricordanza de* molteplici
benefici, onde l'augusto estinto con incessanti cure ha
i olmato il paese e die voi rappresentate, ed in quelli
della riconoscenza.
€ Di quanto la Lombardia abbia prosperato sotto
io scettro del pacifico Monarca, che tanto sapeva ri-
spettare e proteggere tutti i diritti, sono irrefragabili
testimoni i vostri commettenti.
€ E' mio fermo proponimento di calcare le traccie
segnate dal mio genitore, e che il mio r^no, siocome
una continuazione del suo, sia come questo benefico
per tutte le parti dell' Impero.
tll desiderio espresso dalla Congregazione Cen
trale riguardo alla mia coronazione nel R L. V. cor-
risponde alla già seguita mia risoluzione.
€ Con piacere mi recherò a Milano visitando quelle
IktIIc Provincie, che per esser pienamente felici di
filtro non abbisognano che della conservazione della
Ininquillità.
f Recate ai vostri commettenti queste mie assicu-
hi/ioni, non meno che quelle della imperiale mia
t:i»i/ia e l^enevolenza ».
Altro indirizzo venne pure rivolto all'imperatrice
ni ullra risposta della medesima e Tuno e l'altra su
Jirr ^'ii'i ^j iissomigliano quanto ai sentimenti, e perciò
i I (litsprimiamo dal riprodurlo. Notiamo però la frase
tiibliidlf^ pronunciata dall'imperatrice nella risposta:
« N,i(,i r. rrrH<!Ìuta sotto il placido cielo d' Italia, non
— 273 —
cesserò mai di prendere ii più vivo interesse alla vera
prosperità della parte della Monarchia da voi rap-
presentata ».
La notizia della morte dell'imperatore era giunta
il martedì grasso, e la cronaca dei divertimenti, se
togliamo i consueti spettacoli alla Canobbiana (il
Mose), ai Giardini pubblici (la compagnia Guillau-
me), al Carcano (l'operetta, Chi la dura la vince), al
Re (giuoco di prestidigitazione del Bosco), le case
patrizie avevano chiuso i loro battenti, e i nostri babbi
pensarono a spassarsela per conto proprio in casa,
beneficando più tardi colle consuete offerte per l'eso-
nero delle visite di capo d'anno.
Così continuò per una buona metà dell'anno,
quando che è, che non è, i periodici e le lettere private
recano lo scoppio del cholera morbus (i), nel vicino
regno di Piemonte. Inutile dire che si raddoppiò la
vigilanza alle frontiere ; e in omaggio della verità
dobbiamo aggiungere che essa fu esercitata rigoro-
samente. Tuttavia, se il colera non potè varcare i con-
fini, il timore invase gli animi delle famiglie dei no-
stri babbi, sicché pensarono seriamente ai casi loro.
Ad aumentare i timori giunse una circolare arcivesco-
vile, la quale ordinava ai parroci un triduo soleime
di preci con esposizione del Sacramento e la colletta
di rito nella messa.
Le Autorità comunali e governative rinnovarono
(i) Questo terribile flagello che pur troppo nel seguente
anno si scatenò sopra Milano ebbe origine nell'Asia e nel-
l'Africa dove già faceva vittime fin dal 1817. La Russia lo
importò in Europa dopo la guerra contro i Persiani (1827)
e da qui si diffuse nella Polonia, nell'Austria, e nella Prus-
sia. Nel 1832 lo troviamo a Parigi e nell'anno in corso ca-
pitò in Piemonte.
GuKiTTi. Oonistoria. 18
le istruzioni, vuoi circa il modo di prevenire il morbo,
vuoi per combatterne i primi sintomi : ad ogni buon
conto si facevano preparativi. Al confine, giacché fi-
nora è smentita ogni voce che il temuto flagello l'ab-
bia varcato, fu istituito un corpo armato col titolo di
guardia di confine. Esso era destinato appunto alla
custodia di questo, ed a sorvegliare gli oggetti che
riguardavano la finanza e la polizia, giacché anche
in mezzo al timore che invadeva gli animi cittadini,
non doveva dimenticarsi la politica.
In generale i governi, specie l'Austria, non tene-
vano il male per contagioso, poiché questo avrebbe
ritardato i movimenti di truppe. Poi, quando si po-
sero cordoni ai confini, si disse volere con ciò inter-
rompere le comunicazioni coi paesi liberi, rallentare
la libertà del commercio, impedire le gazzette e le
fughe (i).
In ogni modo, una commissione di tre medici,
Fontanelli, Calderini e Gambarini, ricevette ordine
di recarsi in Piemonte per studiarvi l'andamento della
malattia.
Si era in tale apprensione di animi, durante un
agosto soffocante, quando verso la fine del mese ser-
peggiò per la città la notizia, che certo De Pretis
era morto a Porta Orientale (Venezia). La città fu
sossopra, il popolino vi ricamò i più strani rac-
conti (2) e il nostro municipio preoccupato dell'ac-
ci) Cantu'. Cronistoria y voi. 2.°.
(2) Deve avvertire il lettore che nello scorso luglio 17.
circa le 8 e mezza pomeridiane, era comparsa al nord del-
l'orizzonte di Milano una meteora, che diffuse una luce
fugace di una bianchezza e vivacità abbagliante, accom-
pagnata da un cupo rumore, che si intese per alcuni se-
condi, dopo la sua apparizione.
Il barometro segnava pollici 26. io. 6 e l'atmosfera
esplorata in luogo elevato con un elettrometro non diede
j
— 275 —
caduto, ordinava l'autopsia del cadavere ; essa con-
statò che l'infelice era morto di apoplessia : dunque
fino allora il tremendo flagello non si era ancora in-
trodotto nella città.
Si decretò intanto una severa quarantena per le
persone provenienti dalle provincie sarde. E una
bella pagina è qui pure da notarsi che fa veramente
onore alla nostra Milano.
La gara generosa che persone d'ogni ceto, d'ogni
condizione, d'ogni fortuna fanno per prestare i loro
averi, ed i loro servizi, caso si sviluppasse davvero il
colera nella nostra città. Sono preti secolari e rego-
lari, medici e speziali, donne e uomini, che offrono i
loro servigi come infermieri, società di commercio che
sottoscrivono somme per provvedere letti e biancherie.
Fra i banchieri si concreta una sottoscrizione, la quale
in poco tempo sale ad una ventina di mille lire. An-
che il cardinale arcivescovo raccomanda nuovamente
ai parroci che si costituiscano in Comitati di benefi-
cenza, per la distribuzione delle elemosine.
Fortunatamente tante precauzioni, tante previ-
sioni e tanto slancio filantropico non giovarono che
a tenere gli animi sull'attenti per quasi tre mesi. Sulla
fine del novembre le condizioni sanitarie del vicino
Piemonte divennero migliori, e si tolse il cordone,
fermo però sempre, rimanendo vincolato l'accesso nel-
le terre lombarde, alla esibizione delle fedi di sanità.
La distinta poetessa Adelina Curti, che ce lo per-
metta la vivente signorina Anzoletti, ci sembra la di
lei personificcizione, pubblicò in tale circostanza una
bellissima ode in proposito, che il nostro lettore può
alcun segno sensibile di elettricità. Pare che si trattasse di
un bolide : in ogni modo ce n*era fin di troppo perchè il
popolino vi almanaccasse qualche disastro.
— 276 —
vedere nel diario cittadino, perchè ci asteniamo di
riprodurla tornando già troppo lungo il capitolo.
Malgrado tante apprensioni, le scuole furono ri-
gorosamente sorvegliate e rimasero aperte. Abbiamo
già più indietro detto dell'organaunento delle ele-
mentari, ci si permetta di aggiungere qualche cosa
in particolare del ginnasiale.
Questo ramo di studi era suddiviso in sei anni,
ripartiti in quattro classi per lo studio della gramma-
tica elementare e in due per quelle d'umanità, così
almeno si chiamavano allora. Nella terza classe gram-
maticale era aggiunto lo studio della lingua greca,
e nella quarta, quello della prosodia (teoria della
versificazione). Nelle classi di umanità si procedeva
più avanti e si aggiungevano gli elementi di algebra
fino alle equazioni di primo e secondo grado.
Però in questi sei anni gli scolari non mutavano
che due professori ; quello di grammatica e quello
d'umanità ; l'uno riceveva gli scolari della terza ele-
mentare e li conduceva fino all'umanità ; l'altro com-
piva il proprio corso biennale.
Ogni mese il Prefetto (i) visitava le scuole, pre-
senziava l'esame, ed ogni semestre avevano luogo
esami privati e pubblici di tutti gli scolari. Alla fine
del secondo semestre seguiva la distribuzione dei
premi, funzione inaugurata e chiusa da due discorsi
l'uno in latino, l'altro in italiano letti da due scolari.
I ginnasi sono di due sorta : regi e comunali : vi
sono inoltre ginnasi vescovili, ginnasi pubblici con
convitto, ginnasi privati, scuole ginnasiali comunali,
convitti privati di educazione, cosichè si possono con-
tare nella Lombardia 66 ginnasi con 300 professori,
astrazion fatta dei privati.
(i) Abbiamo detto più sopra il valore di questa carica.
- «77 —
Ogni anno entrano agli studi ginnasiali circa 1200
scolari tra pubblici e privati, ma siccome parecchi non
percorrono l'intero corso, così può calcolarsi una me-
dia di 800 scolari all'anno, compresi tutti gli istituti.
Era naturale che non essendo stato scosso per
nulla l'andamento delle scuole, si dovesse al termine
deiranno dare i consueti esami colle solite formalità
e coi soliti inviti, quindi distribuzione di premi a
Brera, alla Veterinaria, al Conservatorio e a tutti gli
altri istituti d'istruzione.
Né mancò pure lo sviluppo edilizio. Fu in questo
anno che si procedette al ristauro della cupola pe-
ricolante nella chiesa di S. Maria presso S. Celso e
si ristauro pure e s'ingrandì la chiesa di S. Gottardo
con disegno dell'architetto Cereda
L'arte ebbe lampi di splendore, poiché sorse fra
noi un genio che chiamò la pittura affresco, quella
che Leonardo da Vinci sentenziò la vera pittura^ a
quell'altezza in cui l'avevano ammirata già nei secoli
addietro i nostri antichi.
Andrea Appiani milanese, nei pennacchi di San
Celso cominciò a dare potenti saggi di sua abilità,
la quale rifulse poi nei lavori al palazzo di corte.
Altri individui furono buoni frescanti. Abbiamo
già detto del Comerio, ora il Vitale Sala, altro allievo
del Palagi, diede belle prove di sé in diversi lavori
e il Diotti si distinse nelle medaglie del Duomo di
Cremona.
E' pure in quest'epoca che Milano si gloria an-
cora di valentissimi ingegni, quali 1' Hayez pel ge-
nere storico ; Migliara e Canella per l'architettomco
ed il prospettico ; Azeglio e Bisi pel paesaggio ; San-
quirico per la scenografia ; Anderloni per l'incisione
in rame ; Marchesi per la scultura.
1
— orjS —
Sembra che causa della decadenza della pittura
a fresco non sia da riferirsi ai giovani artisti, ma ai
pittori di decorazione (decoratori) che prevalevano
colle loro insinuazioni di far adomare i templi a
foggia di teatri e caffè. Si aggiunga che questi de-
coratori prendevcino in appalto anche le opere di
figura e per guadagno le trasmettevano a medioais-
simi artisti, i quali non facevano altro che vituperare
la pittura. E giacché ci troviamo in arte vogliamo no-
tare che il conte monsignore Stanislao Taverna fece
eseguire per la cattedrale un gran pallio di argento
massiccio, il quale ottimamente armonizzava coi busti
ed i ccindelabri dello stesso metallo, che anche pre-
sentemente vengono esposti nelle grandi solenm'tà
Fu dato incarico del disegno fin dal 1833 all'ar-
chitetto professore di prospettiva, Francesco Durdli,
quello stesso che lavorò intorno al grandioso monu-
mento del filosofo Romagnosi collocato sotto i por-
tici dell'Ambrosiana, e questi presentò due disegni :
l'uno figurava il SS. Sacramento in venerazione.
espresso in un bassorilievo allogato nel centro ; l'al-
tro l'istituzione della S. Eucaristia, condotta in tre
bassorilievi significanti tre fatti della vita di Cristo,
cioè la Cena accomodata nel mezzo, l'Adprazione nel-
l'orto alla destra, e la Risurrezione alla sinistra.
Si preferì quest'ultimo ; lo stesso professore di-
segnò allora alla grandezza naturale il comparto ar-
chitettonico dell'opera e ciascuno degli ornati. Il la-
voro venne afiìdato all'orefice Battista Salvi.
Lo stile ornamentale dell'opera appartiene al
XVI secolo, cui appartengono il tempietto ed il ci-
borio dell'altare, ed il comparto architettonico si fog-
gia da due ampie f ascie, l'una inscritta nell'altra e
formanti tre rettangoli, cioè due quadrati dal lato,
aventi i due bassorilievi minori, ed un quadrilungo
nel mezzo, che chiude il bassorilievo maggiore.
— 279 —
La prima fascia reca suirestemo lembo una gran-
diosa gola, cornice a tutta Topera, splendida per ele-
gsLiìbzai di decorazione. Dal seno di questa fascia
escono e corrono variati abbellimenti di palme e di
foglie conserte fra loro ; e tcinto dal fondo dell'in-
tervallo che questi gruppi diparte, quanto dal loro
centro, si spiccano altrettanti medaglioni circondati
da. sagoma intagliata, i quali portano nel mezzo una
testa di cherubino, tranne i due rispondenti ai lati
del pallio che raccolgono in due stemmi il casato
Taverna.
La seconda fascia, ornata di ovoli, offre nel suo
fondo un meandro, che viene graziosamente a cin-
gere le tre figure compartite.
Una ghirlanda d'ulivo gira tra questi bassirilievi,
intagliata su d'una sagoma di figura cilindrica, che
si produce dai lati obliqui del bassorilievo centrale,
foggiato a mo' d'esagono oblungo, a formare un com-
parto di" tre cassettoni triangolari con decorazione a
tralci di vite e spighe di frumento. Gli angoli poi
d'unione della sagoma cilindrica sono pure abbelliti
da palme, che si annodano con molta grazia.
I modelli della parte figurata del pallio furono
eseguiti dai signori Pandiani e Figini, sotto la dire-
zione del Sangiorgio.
Una lode speciale al nostro orefice Sala, è, che
tutte queste parti possono scomporsi in brevissimo
spazio di tempo e unirsi, senza che l'opera ne subisca
alcun detrimento.
Fra i monumenti che Milano innalzò agli uomini
benemeriti, segnaliamo quello alla memoria del dot-
tor Paletta.
Era il 25 del marzo e come il lettore sa, ha luogo
nel nostro maggior spedale la festa biennale, in cui
— 28o —
oltre la solennità chiesastica, vengono esposti al pub-
blico i ritratti dei benefattori di questo insigne no-
socomio. In tale occasione fu inaugurato il monu-
mento Palletta.
Esso sorge in una nicchia praticata nella parete
che fiancheggia Patrio dell'ospizio a mano destra di
chi entra, ne fu autore l'architetto Aluisetti.
Sulla fronte del monumento è scolpita la clava
di Esculapio, circondata da un serpe con ricco fe-
stone e bel fogliame di quercia e di cipresso ; nella
parte superiore sta sovra entrambi gli angoli, al da-
vanti, l'augello di Pallade in atto di spiegare le ali
e col capo rilevato verso il busto che riposa in cima
al masso, opera di Abbondio Sangiorgio.
L'epigrafe latina che si legge di fronte è dovuta
all'abate Borda.
JOANNES BAPT. PALLETTA DOMO OSCELLA
EQ. CORONAE FERR. HONESTAEQUE LEG.
PRIMARIUS PER ANNOS LUI
HUIUS NOSOCOMII CHIRURGUS
PROFESSOR EMERITUS ANATOMICES
SEDULUS POST CONFECTA STIPENDIA CONSULTOR
INOPIOSIS OPITULATOR LUBENTISSIMUS
LX VIR SCIENTUS LITTERIS ARTIBUS AUGENDIS
INQ. ALIA SOPHORUM COLLEGIA COOPTATUS
QUEM FELIX DIUTINA EXERCITATIO
PLURAQUE OPERA EDITA SCRIPTAQUE RELICTA
DOMI FORISQUE CLARARUNT
COHORS CIVIUM TOT MERITIS
CHRISTIANAE PIETATI SOCIATIS OBSEQUENS
PECUNIA CONLATA PONEitDUM CURAVIT
SOLERTI NATURAE HUMANAE SCRUTATORI
DEF. VI K SEPT. AN. MDCCCXXXII AFTAT LXXXVI
POSTERITAS DISCE.
t
— 28l —
A completare il quadro della nostra città in que-
sfcinno, dopo aver detto che internamente si pubblicò
una convenzione tra l'Austria e gli Stati Sardi per re-
primere il contrabbando, ci rimane a dire di alcune
innovazioni utili e della stampa.
Fra le prime notiamo la partenza di una corriera
settinaanale da Milano a Innspruck, a spese del go-
verno ; l'impresa privata di un veloce a quattro ca-
valli il quale dalla piazza del Carrobbio andava alla
Santa di Monza, toccando i seguenti punti : Isola
Bella fuori delle antiche porte della città, Cascina
dei Pomi, Greco, Sesto S. Giovanni, Monza e la Santa.
L'ufficio di questa messaggeria trovavasi in via Tor-
chio. Partiva tutti i giorni alle 3 pomeridiane, e la
spesa di una corsa ascendeva a lire 1,50 austriache
pei primi posti e lire una pei secondi. L'apertura del-
l'ospizio di Sanità in via S. Vincenzo al Prato, di cui
era direttore il dott. Bonali Antonio e l'apertura di
una Casa di salute, sullo stradone di S. Angelo.
Nella stampa notiamo la comparsa delle comme-
die di certo Meneghezzi, buon autore, che presenta la
verità senza esagerazione, con intrecci ben sostenuti,
lo stile se non sempre troppo vivace, è puro ed ele-
gante.
La pubblicazione del Dizionario delle origini, in-
venzioni e scoperte, diretto dal conte Luigi Bossi ;
la storia delle lettere dell'abate Giuseppe Maffei ; una
statistica accurata dei giornali che allora si pubbli-
cavano in tutta Italia, da cui emerge che i periodici
d'allora, eccetto i politici, ascendevano a 170; e le
città che ne contavano maggior numero, erano : Na-
FX)li 24; Milano 19; Venezia io; Roma 9; To-
rino 8 ; Firenze e Palermo 7 ; Bologna 6. Achille
Mauri pubblicava il suo libro l'Adolescenza, che per
molto tempo servì nelle scuole superiori come testo
— aSa —
di lettura ; un altro giornale di musica e di mode
prende pure posto nella repubblica letteraria, esso
reca il titolo curioso di Glissons, riappuyons fas,
epigrafe che per molto tempo si leggeva in te-
sta alle appendici della nostra Gazzetta p'rvile-
giata; il Pirola pubblicò un gran dizionario tecnico,
etimologico e filologico; ne era direttore l'abbate
Marco Aurelio Marchi ; l'editore Vallardi arredava
un ricco gabinetto di conchilogie e ne permetteva la
visita al pubblico ; Lorenzo Sonzogno pubblicò le
vicende di Milano rammentate dal nome delle vie,
libro che anche oggidì è consultato con frutto dagli
studiosi di storia patria ; Giacinto Battaglia, uno dei
redattori del diario cittadino, pubblicò Y Amenità di
"Viaggi; Amenità storiche stampò la ditta Stella;
l'editore Truffi continuò la raccolta delle versioni di
romanzi francesi e tedeschi. Trenta racconti per ma-
dre e fanciullo, sono ancora pubblicati dal Sonzo-
gno ; il Nicolini stampò la vita di Giorgio Byron.
Chiudo questa rapida nota accennando alle strien
ne principali : il Panorama di Venezia del Canadelli ;
i fasti Veneziani della Società degli annali uni-
versali ; Reminiscenze e fantasie, le Glorie delle arti
italiane e il Non ti scordar di me, del Vallardi ; la
buona morale in azione del Visai.
Lunga è pur troppo anche quest'anno la serie dei
cittadini benemeriti die dobbiamo registrare nel ne-
crologio.
Antonio Strigelli. Era nato a Milano nel 1735
da Gaetano, valente giureconsulto e da Isabella De
Ca-pitani dei Vimercati, e tra le loro tenere cure passò
l'infanzia e la puerizia. Percorsi gli studi superiori,
^Fii«?P'^*J?!W : **^
— 283 —
si applicò alle scienze legali nel collegio Borromeo
di Pavia.
Nel 1778 fu laureato dottore in ambo le leggi,
quindi se ne tornò a Milano e nel 1792 fu proposto
dal prof. Giudici a supplirlo nelFinsegnamento delle
Costituzioni di Milano e degli Statuti a Brera. Fu
nominato fra gli amministratori dell'ospedale mag-
giore, chiamato dal Bonaparte a sedere nel consiglio
legislativo dei Seniori della repubblica cisalpina e
due anni dopo giudice al nostro tribunale d'appello
ed iscritto fra i membri della Consulta legislativa.
Insignito quale segretario all'assemblea generale in
Lione, prese parte a tutti gli affari che vi furono
trattati.
Nel 1 807 fu creato cavaliere ed ispettore generale
degli stabilimenti di beneficenza, finché nel 1809 fu
chiamato al segretariato di stato del regno d' Italia
ed insignito della commenda.
Mutate nel 18 14 le vicende politiche del paese,
fu confermato nondimeno nella carica, alla quale se
ne aggiunsero molte altre. Visse i suoi ultimi giorni,
vecchio operoso, sempre di giocondo ed allegro aspet-
to, finché preso da repentino malore, chiuse gli ul-
timi suoi giorni il 17 febbraio.
La nobile Antonietta dei Conti di Sangiuliano.
Nacque il 15 maggio 1787 da Francesco e dalla no-
bile Diana Visconti : fu educata dalle monache del
monastero della Visitazione, dove si distinse per lo
studio e per la pietà. Uscita di là, fu sposa al nobile
Gerolamo Sala : dei due figli avuti, Giuseppina sposò
il marchese Marco Comaggia, Giovanni, la contessa
Taverna. Nell'aprile del 1834 perdette lo sposo e nel
dicembre (26) lo seguì ella stessa, non lasciando ai
superstiti che il religioso conforto del pensiero.
Il giorno 27 le furono rese solenni esequie nella
chiesa di S. Francesco da Paola sulla porta di essa
leggevasi la seguente epigrafe :
LECTISSIMAE MATRONAE
ANTONI AE EX COMITIBUS A S. JULIANO
O JERONIMO SALA NUPTAE
QUAE RELIGIONE INTEGRITATE MUNIFICENTI A
BONIS OMNIBUS FUTT HONORI
AMORE VIGILANTIA SUAVITATE SOLERTIA
SUORUM Smi DEVINXIT ANIMUM
ET INGENU ACUMINE FESTIVITATE MUNIFICENTIA
FAMILLARIUM EXTITIT DELICIUM
JOANNES CUM PAULILLA COM TAVERNA UXORE
ET JOSEPHO CUM MARCO MARCH. CORN AGGIO CONJUGE
SOLATU EXPERTOS PARENTANT
DULCISSIMAM HEU! FUNERANTES MATREM
I>UM FUNERA HEU! ADHUC CONQUERUNTUR PATRIS AMANTISSIMI
TANTI OMNES MISEREMINI DOLORIS
ANIMAE QUE DESIDERATISSLMAE DICITE
PAX
MOJANA Ambrogio, medico chirurgo vaccinatore
in Missaglia. Nacque in questo paese il 18 giugno
del 1876. Laureato in medicina ed in chirurgia al-
l'università pavese, ritornò nel 18 12, onde prestare
l'opera ai suoi compatrioti ed amici e soccorrere i
poveri.
Era indefesso nello studio, e nulla risparmiava,
pur di veder lieti i poveretti affidati alle sue cure,
provvedendoli talvolta anche di medicinali a proprie
spese, e somministrando denari per sostentamento
nella convalescenza.
Fin dal 1833 un colpo apopletico minacciò la
vita del generoso cittadino, due anni dopo nel feb-
braio un nuovo colpo lo fulminò e rimase vittima
in meno di un'ora.
j
- 285 —
S. A. Alfonso Gabriele principe di Forgia nac-
que in Gorizia il 19 gennaio 1761. Fu educato alla
corte deirelettore di Baviera, di cui fu paggio e ciam-
bellano ; sviluppò di buon ora i migliori sensi di
mente e di cuore Si laureò a Kaiserlanten e fu de-
stinato consigliere di finanza a Manheim ; fu sposo
ad una sua lontana parente, la contessa Teresa di
Porcìa- Il governo austriaco lo nominò R. Delegato
a Udine, quindi deputato della provincia di Trieste,
e presidente del governo di Venezia. Nel 18 19 passò
a Lubiana.
Replicati assalti gottosi, fomentati anche dalla
vita soverchiamente sedentaria, lo forzarono nel 1833
a domandare il riposo. Venne insignito della gran
croce dell'ordine di Leopoldo e mori il 20 aprile.
Luigi Bossi nacque in Milano ai 28 febbraio del
1738; giovinetto attese a quegli studi che valgono
a formare il dotto, quindi il latino, il greco, l'ebraico,
la paleografia, la diplomatica, ecc. Si iniziò nella
carriera ecclesiastica e fu presto nominato monsignore
alla metropolitana, e intanto che difendeva in curia
i diritti della chiesa, scriveva un poemetto sui para-
fulmini e una memoria sullo stato delle lettere e delle
scienze in Lombardia.
Tanto si rese celebre che l'arcivescovo Visconti
lo volle seco a Roma^ sicché lo studio di quelle
antichità e la conversazione con letterati di grido,
aumentarono il patrimonio del suo sapere. Dureinte
la rivoluzione francese pubblicava a Venezia varie
memorie originali sul reggimento degli stati, sulla
condizione di alcune provincie, sulle imposte, tradu-
ceva l'opera di Condorcet sul progresso dello spirito
umano ed istituiva un giornale, il Mercurio storico
politico del quale si pubblicarono oltre 30 volumi
iL«UMI.««l9|H("-
— 286 —
Avuta licenza da Pio VII, si fece laico e prendeva
parte al corpo legislativo, andava inviato a Lione
ed incaricato di affari a Torino, ammirevole daper-
tutto per la sua solerzia e la sua operosità.
I Nel 18 16 riprese i lavori letterari: tradusse dal-
I l'inglese e commentò parecchi libri, scrisse vite d'il-
; lustri italiani, tentò pure la storia della penisola, che
[ portò fino al 18 14, in 19 grandi volumi. In altri otto,
i scrisse la storia di Spagna ed altri 13 volumi pub-
t . blicò fra compendi di geografia, di storia naturale,
di chimica, di ornitologia, traduzioni dal greco e dal
francese.
! Negli ultimi dieci anni di vita attese alla grande
illustrazione del Terrario, aggiungendovi la Germa-
nia e la Scandinavia, cooperò alla Biblioteca ita-
lianay agli Annali di statistica e di tecnologia, scrisse
parecchi almanacchi, collaborò in dizionari : fu in
una parola di straordinaria alacrità, e quel che è
più, assai fortunato nella vendita ai librai dei suoi
lavori, specie storici. I
Morì nell'aprile (io) a 77 anni.
, • i
Il sacerdote GIUSEPPE PAGANI, professore e sue- 1
;• cessivamente direttore del Collegio Gallio a Como. ,
Nacque in Lugano il febbraio del 1761, apprese i |
; primi rudimenti del latino da un parroco, quindi
continuò presso gli oblati, entrando più tardi nella 1
[ loro congregazione. Percorse gli studi filosofici e teo-
\. logici all'università di Pavia, e non aveva ottenuta la 1
laurea, che fu chiamato ad insegnare nel collegio '
comasco, dove rimase fino al termine di sua vita 1
\ Né solo erano interessanti le sue spiegazioni, ma |
I era piacevole anche nel conversare. A 70 anni lo sor- ,
^ prese la cecità e dovette desistere da' suoi incarichi : |
l'operazione però dell'oculista, riesci bene, e rivide
— 287 --
ancora i suoi allievi : trascorsero ancora quattro an-
ni ; infijie fu colto da improvvisa febbre infiamma-
toria e tornarono vane le sollecitudini degli amici e
le cure dei medici. Morì il 18 maggio.
Il conte Luigi Alborghetti, oriundo bergama-
sco, nacque a Roma nell'agosto del 1773, ma fu te-
nuto lombardo per la lunga dimora che fece in que-
ste Provincie. Compiuti appena gli studi letterari e
legali, percorse la carriera diplomatica. A 19 anni
fu segretario di nunziatura a Malta; per incarico
della famiglia Braschi fu a Milano ed a Parigi. Ri-
tiratosi durante i mutamenti avvenuti, vi ritornò
quando Pio VII riebbe Roma. All'Alborghetti fu of-
ferta la prelatura che rifiutò, accontentandosi del-
l'incarico di console generale nel regno lombardo
veneto, e fu a Milano nel 18 16, quindi a Venezia nel
1819. Moriva il 22 aprile, e la sua morte rattristò la
nostra città, ove da lungo tempo egli contava amici
e clienti. Come magistrato e come privato, merita di
essere ricordato a coloro che apprezzano la virtìi.
Gian Domenico Romagnosi, nacque il dicembre
(13) 1761 a Salso Maggiore sul Piacentino, da fami-
glia patrizia e morì a Milano l'otto giugno. Fu se-
polto a Carate Brianza Di costituzione alquanto in-
felice, addimostrò nella sua gioventiì pochissima di-
sposizione per lo studio, pure a poco a poco vi prese
gusto, e negli ultimi anni del ginnasio si applicò
con grande amore alla filosofia ed alle matematiche.
Laureato nel 1786 in diritto alla università di
Parma, continuò parecchi anni per completare le sue
cognizioni nella storia e nella giurisprudenza, cosi-
chè nel 1791 pubblicò quell'aureo libro delV origine
del diritto penale, in cui coordinava e riassumeva in
— 288 —
modo egregio le diverse idee emesse intorno a tale
soggetto, durante il secolo XVIII.
In quell'anno fu nominato pretore a Trento, dove
rimase per 3 anni. Nel 1799 al cambiamento di go-
verno si vide accusato di delitto contro Io Stato ; ma
presto si conobbe la sua innocenza. Nominato pro-
fessore a Parma, concorse alla elaborazione del co-
dice penale che andò in vigore nel 1807.
Ebbe pure il mandato di consigliere al ministero
di Giustizia, e, poco tempo dopo, fu incaricato del-
l'insegnamento del diritto civile a Pavia. Promosso
a Milano, continuò anche sotto il regime austriaco
ad insegnare, finché nel 1817 ricevette il cx)ngedo
con un assegno di un migliaio di lire annue.
Insufficiente questo per provvedere ai propri bi-
sogni, si vide costretto di dare ripetizioni di diritto,
e scrivere articoli per riviste. Nel 18*21 fu arrestato
per non aver denunciato il progetto di rivoluzione
che gli aveva comunicato il suo amico Pellico. Rila-
sciato dopo una lunga istruttoria, si trovò in una po-
sizione precaria, da cui fu tratto per l'amicizia del
ricco negoziante Azimonti (i), e coll'aiuto di un vec-
chio soldato per nome Castelli, il quale erasi affezio-
nato al Romagnosi e potè raddolcire i suoi ultimi
anni.
Verso il termine di sua vita, allo studio del di-
ritto unì quello della filosofia, della storia, deireco-
nomia e della statistica Nel 1833 fu nominato socio
corrispondente dell'Accademia delle scienze morali
a Parigi.
Guidato nelle sue meditazioni ai più alti problemi
che possono interessare lo spirito umano, da una
grande elevatezza di vedute e dal desiderio di addi-
fi) Di questo vecchio negoziante in ferramenti abbiamo
conosciuto il figlio che teneva negozio al Ponte vetero.
— 289 —
tare a' suoi concittadini la via del bene, Romagnosi
aveva un estemo che corrispondeva alla sua beirani-
ma ed alla sua intelligenza. Lungo sarebbe Tenume-
rare tutti i suoi scritti e rimandiamo i lettori alle
biblioteche di giurisprudenza. Notiamo di passaggio
che negli anni 1836-45 si pubblicarono nella nostra
città le opere complete, le quali constano di 15 vo-
lumi in ottavo.
Monumenti del Romagnosi esistono : nel cortile
della Biblioteca Ambrosiana colla scritta :
JOAN DOMINICO ROMAGNOSI
SaENTIAE CIVILIS
RESTITUTORI
AN M DCCCXXXXmi
E' lavoro del Sangiorgio. Altro nel palazzo della cor-
te d'Appello nella sala che precede Taula d'udienza
A GIAN DOMENICO ROMAGNOSI
LA CORTE d'appello
DI MILANO
MDCCCLXXXV
Una lapide fu collocata sulla casa di via Gesiì, 3 :
IN QUESTA CASA
GIAN DOMENICO ROMAGNOSI
FILOSOFO LEGISTA
ABITÒ E MORÌ IL GIORNO Vm GIUGNO
MDCCCXXXV
L'annuncio della sua morte fu accolto come una
sciagura letteraria : accorsero a' suoi funerali nume-
rose persone, e, nuovo esempio nella storia, mentre
si attendevano i sacerdoti, una voce propose di rac-
cogliere le azioni per un monumento ; tosto è por-
tata carta e calamaio, si pongono sul feretro ed in
pochi minuti su quel muto capo, si raccolgono quasi
300 azioni.
Glakitti. Cronistoria. 19
ì
— 290 —
I discepoli e gli amici lo recarono sulle loro spalle
al tempio, né si divisero da lui, finché fu calato
nella fossa,
Roniagnosi fu alto ed avvenente della persona,
vasto petto, occhi piccoli, vivaci, aspetto dolce, fronte
spaziosa e calva da cui pareva uscisse come una scin-
tilhi il pensiero: parlatore facondo e ripK>sato ; fu
sobrio, moderato, immenso nella bontà come nel sa-
|>ere. Or son passati molti anni, ad un amico che gli
s».ri\eva due anni prima di morire e che lo richie-
clo\ a di un ricordo, scriveva : Ormai io vivo senza
timori e senza speranze, solo desidero che sieno scrit-
te sulla mia tomba queste parole di S. Paolo : cursum
iCHS!o/ur: i, fidem servavi,
E la nuisa gentile della signora Adele Curti ci
regalò anche un epicedio, che fu stampato nel no-
stro diario politico.
Le lettere latine perdettero un fervoroso cultore
in Andrka Borda ticinese, sacerdote dell'Ordine Do-
menicano, che morì settuagenario il 7 luglio. Fu an-
che esimio epigrafista, scolaro del celebre Moroelli.
II 1** agosto a soli 28 anni spegnevasi la vita
della signora Giulietta Bargnani, moglie a Tullio
Dandolo. Bella, ricca, amabile, poteva per più lustri,
ancora formare la delizia di un marito affettuoso, di
due teneri pargoletti, e di quanti infelici trovavansi
sul suo cammino. Era figlia adottiva del consigliere
Bargnani di Brescia, e si sposò a Tullio a 20 anni.
Le ultime sue azioni furono opere di beneficenza, gli
ultimi desiderii di maritale e materna carità, le ul-
time parole di pietà e di religione.
Vitale Sala pittore, da Cemusco Lombardone,
moriva sullo scorcio di luglio nel vigore della gio-
ventù e dell'ingegno. Nacque nel 1803 da parenti di
bassa condizione e fin da giovinetto si manifestò in-
— 291 —
clinatissimo alla carriera da lui prescelta. Cominciò
a frequentare le nostre scuole dell'Accademia nel
1814, passò dagli elementi di figura a quelli d'ornato,
di prospettiva e di architettura, riportando fino a
cinque premi nei concorsi minori. Nel 1822 ottenne
la medaglia d'oro pel concorso di disegno, e nell'anno
seguente consegui lo stesso onore in quello di figura.
Salito a bella fama, non tardò a prender posto tra i
primi artisti con numerose opere, tutte accolte con
plauso nelle diverse esposizioni. Fra le tele a olio
parecchie rimasero imperfette per la sua morte.
Le opere però che gli procacciarono maggior fama
furono gli affreschi. Notiamo : l'Ascensione del Sal-
vatore ed i quattro evangelisti nella nostra chiesa di
S. Nazaro, lavoro del 1830.
Ritornato da Racconigi dove era stato a lavorare,
il Sala ammalò di vajolo e chiuse gli occhi a soli
32 anni.
Giovanni Gognetti nacque nell'ottobre del 1766
in Viadana, su quel di Mantova. Fin dai primi anni
si addimostrò assai studioso, specie nelle matemati-
che. Si laureò avvocato a Pavia nel 1787 : tradusse
dall'inglese per incarico del suo maestro Fontana, la
Storia della rivoluzione di Francia e nel 1796 fu
nominato procuratore a Mantova, nella quale carica
lo trovò il 1814. Tre anni dopo fu promosso a con-
sigliere aulico presso il supremo senato lombardo-
veneto, ma nel 1834 si dimise. Sembrava che il ri-
poso fosse stato propizio alle sue forze, ma il 5 lu-
glio, quando tutti tranne che lui solo, formavano le
più liete speranze di sua guarigione, si sentì ad un
tratto mancare ed appena ebbe tempo di provvedere
ni bisogni dellanima.
Le sue esequie si fecero nella cliiesa di S. Babila,
dove intervennero tutte le autorità giudiziarie.
I
Vincenzo Bellini nacque a Catania il i* del no-
Tembre del 1802. Attese di buon'ora allo studio della
musica a Napoli, a spese della città di CataJiia. Aven-
do ne' suoi primi saggi di composizione rivelate qua-
lità spedali, il direttore l'ebbe assai caro. Compose
quindici sinfonie, tre messe ed una dozzina di salmi,
e dò per tacere di altri pezzi di minor conto.
Nel 1S25 pubblicò un'operetta dal titolo Andel-
s.n e Sm: ìnj, eseguita fra le pareti del conservatorio.
Ma questa fece grande rumore, sicché Timpresario
Barbaja lo incaricò di musicare un libretto che aveva
per titolo Bianca e Gernando. L'opera fu rappresen-
tata con successo nel marzo del 1 826.
Più tardi fu scritturato dalla direzione della no-
stra Scala, e contemporaneamente da quella del San
Carlo. A Milano incontrò il poeta Romani e rartista
Rubini : scrisse allora il Pirata che fu rappresentato
neirinvemo del 1827, quindi la Straniera (1829), la
Zai/a, I Caputeti ed i Montecchi (1830), la Sonnam-
bula e la Norma (1831). Intanto al Rubini era suc-
cesso il Tamburini, e Giuditta Pasta e Maria Mali-
bran entusiasmavano colle loro note.
Chiamato del giudizio sulle sue opere, sulle prime
se ne schermì bellamente, quindi messo alle strette,
colla domanda : se trovandosi prossimo a naufra-
gare, e non potendo salvare che una partizione, quale
sceglierebbe, il maestro non senza lasdar terminare,
rispose : La Norma!
All'apogeo della gloria, sentì il bisogno di rive-
dere la sua patria. Nel 1833 pubblicò la Beatrice di
Tenda, che non ebbe gran successo. Il direttore del
Teatro Italiano a Parigi gli domandò un'opera, fu
dunque in Francia e vide pure l'Inghilterra. Trovan-
dosi a Parigi, un emigrato italiano, il conte Pepoli,
collaborò al libretto i Puritani in Scozia che ebbero
— 293 —
uno splendido successo, e gli impresari di Milano e
di Napoli facevano a gara per averla.
Mentre; egli attendeva in una villa a Puteaux a
prepararne le partizioni, fu colpito da una violenta
malattia intestinale che lo spense in pochi giorni :
non toccava ancora il settimo lustro della sua età.
Questa inaspettata catastrofe eccitò l'universale
compianto, poiché Bellini non aveva nemici. I funebri
ebber luogo nella Chiesa degli Invalidi, presenziati
da quanti artisti, letterati ed uomini distinti poteva
avere Parigi. Ne la musa si tacque e certo Giovanni
Col leoni pubblicò nel nostro diario cittadino (ot-
tobre 1835) una poesia che suscitò un mondo di
critiche.
E poco tempo prima che Bellini lasciasse Parigi,
egli scriveva all'autore di questi versi una affettuosis-
sima lettera, l'ultima forse che venne tra noi, eccola :
e Ho provato piacere nel leggere le belle osserva-
zioni su Palestrina (i) del mio caro e tragico maestro
Mayr, che ti prego di abbracciare affettuosamente
da parte mia e di ripetergli, che il mio cuore deve
la sua maniera di sentire allo studio che io feci sulle
sue sublimi composizioni piene di vera espressione
e di lagrime. Digli che qui in Parigi non vi è di-
scorso musicale, ove il suo nome non venga ricordato
con onore». E queste parole, scriveva alla fine di
agosto dalla villa di Puteaux, nella casa situata pres-
so il ponte di Neuilly.
Nel dicembre di quest'anno (7) moriva non an-
cor cinquantenne a Vienna il duca POMPEO LlTTA
Visconti Arese, cavaliere di Alalta, della corona
ferrea e ciambellano di S. M. l'imperatore.
Rimasto sul fior degli anni erede di largo censo,
(i) Celebre maestro di musica.
— 294 —
cjran patte ne impiegò in opere di utilità pubblici;
sovvenne agli spedali ed ai luoghi pii con generose
elargizioni, aiutò i sacerdoti poveri, e tutto fece per
che la vedova, il pupillo e l'orfano avessero in lui
un costante appoggio.
Favorì ancora le arti, le scienze e le lettere, arric-
chendo i propri appartamenti di preziosissimi mar-
mi^ di pregiati dipinti ed ampliando la sua biblio-
teca con opere altrettanto utili, quanto rare e caris-
sime. Nell'aprire le sue sale alle più splendide adu-
nanze della metropoli, si addimostrò grande senza
fm)bra di orj:^oglio o di pretesa: ed eminente fu al-
lorquando ridotto a pericolosi cimenti il commercio,
egli offerse una solenne prova di amor patrio, facen-
dosi con molti altri suoi concittadini a sorreggerlo.
Quantunque nella prima giovinezza trascurasse
alquanto gli .studi, essendosi dedicato alla milizia,
pure una certa inclinazione lo teneva occupato in
lunghe e svariate letture, corroborando queste anche
con viaggi allestero.
Altra morte che si deplorò nella nostra città, fu
quella del dottor QuilìlCO VlVlANI, letterato di chia-
rissima fan:ta, autore di versi e. di prose, traduttore
di Vitruvio ed editore del codice BartoUniano di
Dante Morì in Padova dopo brevissima malattia nel
novembre (2) ; non toccava i 50 anni.
1836.
CAPITOLO Xll
Echi della morte del sovrano. — Restrinzioni poliziesche
alla grazia imperiale. — Società segrete, inquisizioni
ed arresti. — Vita Milanese. — Leggi e regolamenti.
— Feste. — Meteore. — Choléra. — Visite principe-
sche. — Il primo asilo infantile. — Istruzione. — Let-
tere, arti, edilizia, monumenti ed industrie. — Necro
logio.
La spesa totale pei funerali del defunto Monarca^
comprese le mancie e retribuzioni straordinarie, risultò
di L. 77.SOO circa, così il rapporto diretto a S. A. il
Viceré dal governatore Hartig. Parecchie delle iscri-
zioni furono stese dal consigliere Gironi, l'orazione
funebre, recitata dal canonico Mascheroni.
Le spese erano state preventivate in L. 51.210, fu-
rono dunque oltre 26 mila lire che si dovettero ag-
giungere (i).
Curioso l'incarto circa le spese per le Deputazioni
che, come abbiamo detto nel precedente capitolo, si
recarono a Vienna per la visita officiale di condo-
glianza e di congratulazione. Discutevasi se esse do-
vevansi caricare all'erario, o prelevarsi sulle imposte
dirette. Sembra fosse deciso doversi sborsare dalle
casse dello Stato. Ecco infatti una decisione ufiiciale
(1) Cancelleria vicereale. Archivio di Stato. Potenze
Sovrane.
mmmr' ' ' — -- i . i n i^.u^ìm
-296-
in proposito, che troviamo fra le carte della cancel-
leria vicereale : 1 1 compensi che possono competere
agli individui che comporranno le suddette deputa-
zioni si limiteranno a quelle del viaggio e del ritomo
Milano-Vienna e le diete tanto pel tempo che si tro-
veranno in cammino, quanto per quello del soggiorno
alla capitale».
A conti fatti l'erario doveva pagare una inden-
nità di L. 3500 per ogni individuo, ossia 24.500 in
tutto, e caso la deputazione fosse stata seguita da
un segretario tratto dal seno della Congregazione
Centrale, a questo doveva essere corrisposta una '^"'i-
tificazione di lire duemila. TI* paga jr '"..io -^v. .r ■>
pato.
V: .«:>: , .'■ : vl . .> iicu.), senza nulla smovere del-
' ' * ..zxu ueì:^ Stato : sta irremovibile ed assoda la
tua podestà sovrana sopra quegli stessi principi, se-
condo i quali io ressi la monarchia traverso alle mag-
giori tempeste e le ho assicurato il posto che ora
occupa nel mondo delle nazioni. Rispetta tutti i di-
ritti legittimamente acquistati, se vuoi che sieno ri-
spettati i tuoi, e mantieni la concordia nella famiglia,
considerandola come uno dei beni più preziosi ». Ma
il nuovo Monarca era assai inferiore all'antecessore,
Cesare Cantù lo dice epilettico e scemo : di volontà
piuttosto caparbia che ferma (i).
L'amnistia da lui concessa appena salito al trono,
aveva certamente accontentato i parenti e le famiglie
di quegli infelici colpiti dalla dura condanna, ma
quante tergiversazioni per coloro che avevano prefe-
rito Tesilio, quanta rigorosa sorveglianza sopra di
(i) Cantù. Cronistoria, Voi. II. .
— 297 —
loro ! Il cuore del Monarca aveva battuto un istante
per essi, ma Fazione della polizia, aveva in graji
parte, se non eluso Tatto generoso, assai diminuito
il suo valore, né il viceré per quanto potente e le-
gato in parentela coll'imperatore stesso, potè con-
correre a mettere un freno; anzi, se noi esaminiamo
i documenti d'allora, siamo costretti a conchiudere
che il viceré era tenuto l'ultimo nella bisogna, (i).
Del resto non é a meravigliarsi, essendo la stessa
cosa accaduta anche nella liberazione dei detenuti
dello Spielberg. Dunque anche presentemente la po-
lizia pigliò il sopravvento, maneggiò, e rimpicciolì
in certo modo la grsizia con una sequela di note so-
pra note.
Una disposizione governativa circa gli esuli, che
colpiti dalla condanna per alto tradimento, preferi-
rono a questa la deportazione in America, dispone
quanto segue: ^n
e Che il deportando non può né acquistare, né di-
sporre della propria sostanza. Unica eccezione da
questa regola si é, ch'egli potrà esportare in Ame-
(i) Cesare Cantù ci dà questo ritratto :
Il viceré Raineri era aifabile come tutti gli arciduchi,
ma in relazione solo colla burocrazia e con pochi corti-
giani. La sua cancelleria formava parte dell'aulica, sicché
egli avrebbe potuto dare spaccio ad una infinità di affari,
invece trasmetteva il tutto a Vienna tantoché lo stesso
Francesco I si lagnava dicendo : « Mio Fratello non pensa
che a far denaro. » Quando parti non lasciò la più pic-
cola istituzione, il minimo ricordo di benevolenza nel paese
dove era rimasto 30 anni.
Aveva sposato ima sorella di Carlo Alberto e più tardi
diede una sua figlia a Vittorio Emanuele, il futuro re d'I-
talia. Cronistoria, Voi. II.
— 298 — •
rica la sostanza che presentemente possiede, e dare
le disposizioni occorrenti per tale esportazione, e ciò
fino al momento dell'imbarco».
Il senato lombardo-veneto dell'i r. supremo tri-
bunale di giustizia, incaricato deiresecuzione della
legge sopra citata, stabilì :
ti.**- Che i deportandi debbano dettare a pro-
tocollo presso il giudice del luogo, ove presentemente
si trovano, le disposizioni che credessero riferibili al
solo oggetto dell'esporto della sostanza, che pre-
sentemente posseggono, i quali protocolli debbono
con ogni sollecitudine essere trasmessi ai giudici ci-
vili di cui ciascuno di essi dipende.
«2.° - Che queste disposizioni debbano essere
emesse entro tutto il corrente giugno, sotto la com-
minatoria, che, spirato questo termine si passerà al-
l'immediato loro imbarco (i).
E questa nota governativa è pure rafforzata da
altra di Sedlnitzky da Vienna diretta al viceré Rai-
neri, nella quale dà quell'interpretazione che gli
torna conveniente all'atto di grazia sovrano. Atteso
la sua importanza, la riportiamo per intero.
<[ Venezia, 2j luglio 1836.
«Altezza Imperiale. — Ho sottomesso alla So-
vrana risoluzione gli elenchi accompagnatimi da
V. A. I. con nota 29 marzo 1 836, n. 482, di tutti i sud-
diti lombardo-veneti rifugiatisi all'estero per aver
preso parte ai raggiri rivoluzionari del tempo recente,
unitamente alle proposizioni del governatore della
Lombardia e del direttore generale di polizia di Mi-
lano riguardo all'amnistia da accordarsi ai sudditi
(i) Vedi la Gazzetta privilegiata di Milano 14 Giugno.
— 299 —
fuggiaschi e relativamente alla procedura contro gli
assenti per titolo di emigrazione.
€ In esito all'umilissimo mio rapporto, S. M. I. R.
con sovrana risoluzione del 17 luglio corrente si com-
piacque di parteciparmi :
«Per atto di grazia, voglio permettere agli indi-
vidui descritti nell'annessa tabella l'immune ritorno
nel regno lombardo veneto, qualora ne facciano ri-
cerca i>er iscritto al governatore della Lombardia,
che a ciò espressamente autorizzo.
«Kssi ne dovranno essere avvertiti dalla dire-
zione generale di polizia in Milano, a mezzo dei loro
parenti, ed immediatamente pe' miei incaricati d'af-
fari all'estero, qualora la loro dimora fosse cono-
sciuta ; e ciò coll'aggiunta che, fintanto non saranno
legalmente indiziati d'un delitto commesso dopo il
loro ritorno, non avranno niente da temere per le im-
putazioni di alto tradimento derivanti da epoche an-
teriori.
«A norma di ciò, saranno da emettersi indilata-
mente le occorrenti disposizioni, ed a suo tempo si
adotteranno, riguardo ai ritornanti le misure neces-
sarie pel mantenimento della pubblica sicurezza e
tranquillità, conforme alle vigenti prescrizioni.
e Quando la predetta misura avrà sortito effetto
e potrà venir giudicata nelle sue conseguenze, sarà da
rassegnarsi, dopo sentita l'opinione della cancelleria
riunita, e del senato, del tribtmale superiore di giu-
stizia, il ben reputato parere, se e contro quali fug-
giaschi politici del regno L. V., poi sotto quali mo-
dalità, possa mettersi in esecuzione la procedura per
emigrazione, giusta la patente 24 marzo 1832. Il re-
lativo rapporto dovrà contenere l'indicazione di tutto
quello che per avventura in proposito fosse già di-,
sj>osto ; intanto però tutto dovrà rimanere allo statu
quo-».
— '3PO —
€ Mentre partecipo tale sovrana risoluzione dietro!
ordine di S. M. I. R. al principe di Mettemich ed ali
senato del dicastero supremo di giustizia a Verona I
per le loro notizie e per le ulteriori disposizioni, mi 1
prendo pure la libertà di pregare rispettosamente^
V. A. I. che degnarsi voglia di parteciparne Tintero
contenuto al governatore della Lombardia, e (trovan-
dosi fra gli amnistiati 14 fuggiaschi veneti) anche a
quello delle provincie venete, affine da essi ne venga-
no indilatamente rese edotte le direzioni generali di
polizia di Milano e di Venezia, onde contemporanea-
mente vengano date le opportune istruzioni alle auto-
rità di sorveglianza ai confini per la permissione del
libero ingresso dei detti fuggiaschi nel territorio au-
striaco, dovendosi però ordinare l'accuratissima per-
quisizione, e che dovrà estendersi specialmente sulle
carte, stampe e libri, che per avventura seco portas-
sero, affinchè in tale occasione non venissero intro-
dotte opere proibite, o corrispondenze pericolose. Ri-
guardo alle misure occorrenti per il mantenimento
della pubblica sicurezza, debbo renderne arbitri la
esperienza, il giusto criterio dei rispettivi governa-
tori e direttori di polizia, e rimetto quindi alla loro
saggezza, di sottoporre i fuggiaschi ritornanti, a mi-
sura della loro pericolosità e complicità nei raggiri
politici o al precetto oppure di sottometterli senza
una speciale limitazione della loro personale liber-
tà ; ad un'accurata politica sorveglianza della loro
condotta.... di modo che la Polizia resti in una non
interrotta conoscenza delle loro mosse, e delle loro
intraprese.
tln quanto alla partecipazione della grazia ac-
cordata ai fuggiaschi autorizzati al ritomo per parte
delle missioni austriache, il signor principe Metter-
}
nich ha esternato il desiderio, che tale partecipazione
venisse disposta dal governatore della Lombardia,
conte de Hartig.
€ Prego che V. A. I. degnarsi voglia d'impartire
istruzioni conforme alla anzidetta sovrana risoluzio-
ne al predetto governatore, e di lasciare in ana-
logia alla medesima l'opportuno ordine al governa-
tore delle Provincie venete, compiacendosi pure di or-
dinare ad ambedue di sospendere pel momento la
procedura per emigrazione contro i fuggiaschi poli-
tici dei rispettivi governi, rassegnando però dopo
qualche tempo, dietro la chiusa della predetta so-
vrana risoluzione, a V. A. I. il loro avviso sull'ap-
plicabilità della Sovrana patente 24 marzo 1832 ai
fuggiaschi politici, il quale parere V. A. I. si de-
gnerà di dirigere a me colla luminosa sua opinione,
afiinchè io possa sottomettere a S. M. L R. il so-
vranamente chiestomi rapporto.
crinalmente mi permetto di aggiungere rispetto-
samente la preghiera per l'opportuna disposizione
onde i detti due governatori rassegnino rapporti cir-
costanziati a suo tempo a V. A. L, sull'impressione
prodotta da questo atto di sovrana grazia nelle di-
verse classi della popolazione del regno lombardo-
veneto, come pure sopra tutti gli altri risultati da
tale misura, e specialmente sul ritorno verificatosi dei
fuggiaschi graziati e sulle risultanze del loro trat-
tamento alle frontiere e della loro sorveglianza, com-
piacendosi poi V. A. I. di comunicarmeli graziosa-
mente» (i).
Il lungo rapporto ha la firma del ministro Sedl-
nitzky, la lancia spezzata del gran cancelliere. Tutto
in questo scritto era preveduto, e mentre con farisaica
vernice, si incensava al personaggio imperiale, che si
(i) Carte segrete documento N. 443.
i
trovava fra noi, rarciduca Raineri, gli si l^avano
bellamente le mani, dicendo che il tutto sarebbe di-
jìeso dai singoli governatori delle provincie. Né il let-
tere si pensi che quanto asserisce il rapporto circa le
idee manifestate dall'imperatore nel suo atto di gra-
zia sia vero : egli certo non sognò mai di fare restri-
zioni di sorta ed una prova l'avremo più avaxiti :
erano tutte fiabe e frasi di color oscuro, messe insieme
o suf^i^erite da Metternich, che in vero poteva allora
chiamarsi il cancelliere di ferro, non riconoscendo so-
pra di se, che lautorità, anch'essa nominale, dell'im-
peratore (i).
Inutile dire che l'Arciduca in evasione alla nota
ministeriale, si degnò d'impartire le istruzioni al go-
vernatore lombardo ed a quello delle provincie ve-
nete il conte di Spaur. Quest'ultimo, credette oppor-
tuno di particolareggiare al direttore generale della
polizia, il consigliere De Cattanei, il modo di tratta-
mento relativamente ai fuggiaschi. Non sarà inutile
il leggerle per esteso, giacché sopra tali norme si re-
golava anche la Lombardia,
Ecco come si esprime il governatore :
«1.*^ Anzitutto devesi stabilire quali fra i fug-
giaschi indicati nel rapporto comunicatole, apparten-
gono a codeste provincie e dove attualmente dimo-
rano, onde a mezzo della rispettiva legazione, pos-
sano essere resi avvertiti dell'indulto accordato ai me-
desimi, e debbansi prevenire i loro parenti....
(i) Deve sapere il lettore che in quest'anno stesso, il
19 aprile, mentre i deportandi aspettavano la partenza, egli
ebbe coraggio di scrivere al padre di Gonfalonieri, giusti-
ficando i quindici anni di carcere duro cui era stato condan-
nato il figlio. E magnificando la clemenza sovrana per la
grazia concessa. E' uno scritto che davvero fa fremere.
(Cantu'. Cronistoria, voi. II, 1266).
— 303 -
«Sopra, quanto ella avrà disposto a tale riguardo,
la invito a rendermi informato colla maggior possi-
bile sollecitudine.
« 2.** A. misura che al sig. governatore della Lom-
bardia, perverranno le petizioni, o notifiche in iscritto
degli individui di questa categoria, che vogliono
valersi della grazia sovrana loro offerta, venne invi-
tato il sig. Consigliere aulico e Direttore generale di
polizia, Torresani, a dare in base alle relative peti-
zioni le occorrenti istruzioni alle autorità di sorve-
glianza al confine pel libero ingresso dei suddetti fug-
giaschi nelle provincie lombarde, ed a prevenire anco
le autorità di polizia di quelle ii. rr. provincie, alle
quali per avventura fossero state dirette ricerche di
arresto dei medesimi al loro ingresso nel territorio
austriaco.
« Potendo però succedere il caso che gli anzidetti
graziati desiderassero ritornare nel regno L. V. anche
per queste provincie, e dovendosi perciò anco da lei
impartire le opportune istruzioni alle autorità di con-
fine, cosi interesso contemporaneamente il sig. gover-
natore di Milano, che raccomandar voglia a quel di-
rettore generale di polizia di parteciparle a tale ef-
fetto, colla possibile sollecitudine, ognuno di tali per-
messi di ritorno, che avranno luogo. Tostochè le per-
verrà tale partecipazione, ella vorrà immediatamente
disporre il tutto, onde abbia luogo, sotto pretesto fi-
nanziario, la necessaria ed accuratissima perquisizio-
ne dei ritornanti in discorso ; e venga estesa partico-
larmente alle carte, stampe e lettere che per avventura
seco loro portassero, onde in questa occasione non
vengano introdotte opere proibite, oppure corrispon-
denze pericolose.
€3.** Fidando nell'esecuzione delle misure oc-
correnti in proposito pel mantenimento della pubbli-
— 304 —
ca tranquillità e sicurezza della provata esperienza,
del giusto criterio e della tattica negli affari di poli-
zia di Lei.... desidero a suo tempo sentir il di lei pa-
rere, se i fuggiaschi ritornati, a misura delle loro qua-
lità pericolose e complicità nei raggiri politici, sa-
ranno da sottoporsi al precetto, oppure da sottomet-
tersi, senza speciale limitazione della loro personale
libertà, ad un'accurata sorveglianza politica della loro
condotta, relazioni all'interno od airestero, corrispon-
denze ed in generale della loro politica tenuta, di
modo che la polizia resti in una non interrotta cono-
scenza delle mosse intraprese e della condotta.
4.° Ella vorrà inoltre rilevare inosservatamente
e quindi parteciparmi, se e contro qual de' sudditi ve-
neti .descritti nel suddetto elenco, sia in corso la pro-
cedura per emigrazione
« 5.° Aspetto pure a suo tempo un dettagliato
rapporto sull'impressione prodotta da questo atto
di sovrana grazia nelle diverse classi della popo-
lazione di queste provincie, come anche sopra tutti
gli altri risultati di questa misura, specie sul ritorno
verificatosi dei graziati e sulle risultanze del loro trat-
tamento ai confini e della loro sorv^lianza.
€0.° Quando la suddetta misura sarà effettuata, e
potrà esser giudicata nelle sue conseguenze, ella vorrà
rassegnarmi il suo ben reputato parere sull'applica-
l)ilità della sovrana patente 24 marzo 1832 ai fuggia-
schi politici, indicandomi in pari tempo cosa finora in
tale oggetto verme disposto, e cosa in base alle fatte
osservazioni, potrebbe ancora disporsi.
« Per il pili remoto termine entro cui aspetto i rap-
porti contemplati dai numeri 5 e 6, fu stabilito in ge-
nerale la fine dell'anno corrente, giacché entro tak
— 305 -
periodo anche il sig. Governatore di Milano rasse-
gnerà alla superiorità le relative informazioni (i)p.
Da questo modo di agire delle autorità governa-
tive e delle direzioni della polizia, le società segrete
prendevano ansa per eccitare i cittadini, non solo del
lombardo-veneto, ma anche di tutta la monarchia ad
inscriversi fra i loro adepti e farla finita una volta
con questo sgoverno. Ben è vero che negli anni addie-
tro esse avevano dato assai mala prova, ma è pur
troppo vero ancora che la speranza è l'ultima a per-
dersi. E le direzioni delle polizie a dar la caccia. Una
nota del Torresani a quello di Venezia, addita certo
Nicolò Voltolini, fratello del commissario di po-
lizia di questo nome, come non solo venne espulso
da Ascoli per macchinazioni di alto tradimento, e
per aver preso parte alle turbolenze della romagna,
ma per relazioni intime trattenute in Marsiglia coi
fuggiaschi e come appartenente alla setta dei Veri
italiani. Raccomanda all'eventuale sua comparsa un
trattamento rigoroso, dal quale dipenderebbe, se
fosse il caso, di rimetterlo al tribunale criminale per
la consecutiva inquisizione (2).
Un'altra nota accenna che notizie confidenziali
pervenute, assicurano che a Bastia (Corsica) esiste un
Comitato rivoluzionario italiano, dipendente da
quello di Parigi ed al quale appartengono diversi al-
tri dell'Italia media, specie della romagna Preten-
desi che da quel comitato sia stato diretto nelle Le-
gazioni.... certo Cucchi suonatore di contrabasso, na-
poletano, stabilito a Firenze p (3).
(i) Carte segrete. Documento 444.
(2) Carte segrete. Doc. 378.
(3) Carte segrete. Doc. 379.
GiANETTi. Cronìsiorìa. 20
-3o6-
ijiiì il funzionario descrive accuratamente il ri-
ira: to ilei l'individuo in parola, e raccomanda la con-
suma sorve^^hanza.
Altra nota ancora dice, esser giunto a sujjeriore
^x^i;n::lv^ne, che una nuova antipolitica società si co-
>i;:uì i>elLi Svizzera sotto il nome Derniers jours des
.^'j: r-A. la quale si estese già in più luoghi.... Essa rac-
cliuuìe m sé i regolamenti della così detta Carbone-
l' ra evalore che vengono designati quali pericolosi
piv^jMi^aiuì.sii dì tale società, viene accennato un certo
Granali» j^ossidente di Milano, che in questi ultimi
anm tev^ parecchi viaggi in Francia ed in Italia, dan-
do luo^o a ^raN-e sospetto colle sue relazioni al-
restero,.,
€ . . . Impegno, termina la nota, riservata al Com-
missario Su^ìeriore, il di lei zelo e la di lei attività a
vegliare indefess*miente onde scoprire e sventare gli
inlriv^hì e le mosse de* nuovi settari ; e nel caso che il
nìen/ionalo possidente Granati avesse a penetrare in
queste provincie, sia immediatamente sottoposto a ri-
goroso trattamento e perquisizione» (i).
E questa nota è pure confermata dall'estratto di
una corrispondenza confidenziale scritta in lingua
francese da Marsiglia, dove oltre la notizia intomo al-
l'accennato Granati, si parla della direzione fatta
prendere per Marsiglia ad alcuni polacchi venuti da
Trieste, i>oichè nel caso in cui i progetti dei rifugiati
italiani, di provocare un movimento insurrezionale
nell'Italia, si realizzassero, essi potrebbero contare
sopra codesti esuli, gente naturellement entrepre-
nants et tracassiers. Termina poi l'estratto con que-
sta notizia:
(i) Carte segrete. Doc. 437.
— 307 —
e L'axrestation de Mazzini en Suisse a produit un
grand effet sur ses compatriotes réfugiés, qui se trou-
vent ici ; ils-craignent de se voir compromis par la
saisie des papiers de la Fédération ; on croit, que
e était dans l'intérèt de Tassociation Des derniers
jours des braves que Mazzini a eu des entrevues avec
des Allemands qui ont amene son arrestationp (i).
Er le note si susseguono. Un'altra assicura che già
da qualche tempo alcuni liberali italiani a Rio Ja-
neiro costituirono una società a somiglianza di quella
della. Giovine Italia. Essa avrebbe anche fatto acqui-
sto di un piccolo bastimento, cui diede il nome di
Mazzini ed avrebbe pubblicato un programma ten-
dente a spargere e dilatare i principi sovversivi, che
servono di base alla società stessa.
La breve nota è datata da Milano e comunicata
al direttore generale della polizia a Venezia per le
opportune norme (2).
Né le istruzioni si limitano, come già accennammo
ai sudditi del regno L. V., ma riguardano pure taluni
della monarchia. Lo prova una lunga nota del gover-
ixatore di Venezia, alla direzione di quella polizia in
cui è riferito, come il capo della società patriot-
tica polacca in Parigi, stabilì di spedire per l'interesse
di quegli emigrati in Turchia il conte Gustavo Kras-
zewski, nativo di Volinia, il quale durante la rivolu-
zione figurava come aiutante del generale Skrzynecki.
Aggiunge pure, essere prossima la missione di al-
tri emissari nella Polonia, nella Galizia e nella Po-
snania, dando di questi ultimi non solo i nomi, ma
anche i particolari. Certi Koslowski e Losewski viag-
(i) Estratto dì una nota confidenziale che segue il do-
cumento 437.
{2) Carte segrete. Doc. 438.
L
— 3o8 —
giano in compa^ni^i di un cotal Bartolini italiano (i).
Altra nota del governatore Spaur alla direzione
della Polizia veneta, richiama Tattenzione di questa
sopra alcuni opuscoli stampati a Torino ed in Fran-
cia, i quali tenie possano essere introdotti nelle Pro-
vincie austriache.
Tali opuscoli sonoi
L'inno deir esule di Tommaso Aniello ^ stampato
Il Torino, consta di pagine 35.
Le profezìe sopra l'Italia edito a Dijon, di pa-
gine 78.
AUro opuscolo italiano stampato a Marsiglia di
pagine J13 (2).
Ed il lettore può immaginarsi che tutte queste
note non facevano che invelenire gli animi, già abba-
stanza esacerbati pel trattamento fatto alla grazia
sovrana.
Intanto furono estese anche tra noi le misure po-
liziesche già prese io altri stati d'Italia ; seguirono ar-
resti ; furono revocate parecchie facilitazioni già ac-
cordate ad alcuni prigionieri di Stato ; parecchi fora-
stieri, sebbene muniti di passaporto furono sfrattati
dal regno ed alcuni arrestati anche sul parmigiano.
Del resto chi mai pensasse che per tutto ciò la vita
pubblica rimanesse alterata, s'ingannerebbe a partito.
Gli spettacoli avevano luogo e, bisognava pure assi-
stervi. L'aristocrazia riempiva il massimo teatro : si
parlava del successi della Taglioni a Parigi, delle vi-
cende teatrali della provincia, di cantanti, di balle-
rine, di scritture^ d'impegni, d'impresari e via. Il po-
polino assiepava o il lobbione della Scala, o si cax:-
(i) Carte segn:te. Doc. 439.
(2) Carte segrete. Doc. 490.
— 309 —
ciava nei teatri di secondo ordine, quali la Canob-
biana, il Carcano e magari il Piando, specie nell'ul-
tima settimana di carnovale, dove raccontano i cro-
nisti era qualchLe cosa di pittoresco, per non dire d'in-
digesto, con tutti quegli effluvi gastronomici che ema-
navano da ogni parte, le pellicole di salato, le ossa di
braciole ed i gusci di castagne arrosto che incontra-
vano le scarpe dei malcapitati.
Alla Scala però non si vedevano che frak e toe-
lette più o meno eleganti, e fra autentici signori, fa
mostra pure el stracchiti (i). Non parliamo di urtoni
e di spinte, che sono comuni in tutti i teatri affollati,
ma qui il movimento, era sempre accompagnato da
un grazioso pardon.
Nei teatri minori la cosa è ben differente. Sembra
che la ragione stia dalla parte di chi passandovi vi-
cino vi ha potentemente urtato. Egli va dritto al suo
TX)sto, cioè a quel posto che vuole ad ogrni costo tro-
vare ed al quale giunge aiutato dalla potenza dei go-
miti e delle spalle.
Tra un atto e l'altro della produzione udrete fre-
quentemente impegnata una conversazione, diretto un
invito, dato un ritrovo dalla prima alla terza fila,
dalle sedie dell'orchestra alle ultime della platea.
Si direbbe che ognuno è in casa propria.
E nella settimana di carnovale lasciate pure al po-
polino la cura per divertirsi anche di giorno. Se non
potrà far parte di qualche società mascherata, farsi
trascinare in cocchio, o gettar coriandoli dai balconi
e dalle finestre, si recherà ad ingrossare la folla sul
corso, a farvi chias&o col ùtne turee^ sticc succ, a rac-
cogliere al volo confetti di fabbrica piii o meno ge-
nuina, a raspar dalla terra manate di coriandoli per
(i) Bellimbiistaj zerbinotto-
J
— 310 —
poi gettarli in viso o sulla schiena dei passanti. E
quando il corso volgerà al suo termine e comince-
ranno a cadere le ombre della sera, dopo aver schia-
mazzato alquanto, magari armato da una torcia a
vento, gridando per quattro, cantando in tutti i toni,
si caccerà colla famiglia, o con un gruppo di buon-
temponi suoi pari in una bettola, e là inaffiando qual-
che intingolo alla milanese con dei buoni boccali da
quattordici, attenderà magari Falba del domani For-
tunato lui se può tornar a casa colle sue gambe
Ed in ogni riunione di gente voi distinguevate su-
bito la coppia provinciale dalla cittadina. Era giu-
sta l'osservazione d'allora che le mode capitavano in
provincia, quando alla capitale avevano già avuto il
bando. Il ganimede di provincia portava i baffi eia
barba, mentre quello della città vi aveva già rinun-
ciato ; le unghie lunghe quando questi sentiva il bi-
sogno di mozzarle ; vestiva alla francese, mentre tra
noi si cominciava a provare il gusto dell'inglese. La
donna della città vestiva schietto, quella tìella pro-
vincia si caricava di merletti, di guarnizioni e di
mille frascherie per ostentare ricchezza. Si abbigliava
per una visita, quasi dovesse andare ad una festa da
ballo ed arrabbiava se vedeva qualche sua amica che
la soverchiasse in pompa, né lasciava in pace il con-
sorte se nella prossima volta non possedeva quell'a-
bito o quel merletto.
E le acconciature del capo ? Era ben facile distin-
guere una provinciale, poiché ne aveva sempre di esa-
gerate. Da noi tenevano lo scettro il Migliavacca che
era stato due volte a Parigi, il Bosiz che aveva inven-
tato ricci e parrucche posticcie, il Moriggia ed il Bre-
scianino che a quando a quando pubblicavano nuove
pettmature, e quei busti di legno e cera, ora diventati
radi e che anuniriamo nei negozi di qualche parruc-
L
— 3" —
chiere, erano assai più frequenti di quello che lo
sono ora.
Un bel piede per la danza non sarebbe scorso leg-
giero, se non calzato dalle scarpe a lungo sospirate
dal Bianchi, dal Beltrami o dal Ronchetti (i). Ne la
tavola del provinciale per quanto abbondante poteva
paragonarsi ad un succoso pranzo preparato dalFAn-
gelot
Dei teatri non parliamo : un'opera fischiata alla
Scala e le attrici messe nel numero delle invalidi, ri-
scuotevano ancor applausi in provincia ; i balletti di
ripiego, si riproducevano per balli grandi ; gli abiti
teatrali di rifiuto, brillavano indosso alle artisti delle
Provincie ed il più meschino scenografo menava
vanto di Sanquirico.
Ciò che veramente accora in questo tempo, anche
fra noi, è la moda delle bestie. Si può dire che il cane
è successo al cicisbeo dello scorso secolo ; egli divide
col marito Timpero della casa ed è la compagnia della
sposa Se visitate una signora che per buon cuore, è
tenera dei cani, la trovate mollemente assisa con essi
sul divano ; non li fa rimovere dal posto d'onore, vi
(i) Il nostro Porta lo apostrofa in questo modo :
Capissi anmi, sur professor Ronchett
Che in quant a fa strivai, lu le quell'omm
Che pò sta impari quand se sia al Domm,
Che Vh tra i meravei quella di sett
Ma quel vizio fottun de Pimpromett
E de vess tant de rari galantomm,
El fa tort minga pocch al so bon nomm
Che Vh tra i meravei quella di sett,
E' risaputo che questo calzolaio regalò oltre libri molti
cimelii del tempo alla Biblioteca Ambrosiana tra altro un
busto di Byron di Torwaldsen.
sporge per grazia la mano a baciare, e appena vi con-
cede per sedere la scranna o un tabouret. Eh! non
fate lo schifiltoso, quelle bestie son terse e linde come
un fanciullo il dì che riceve il premio alla scuola;
ogni mattina la cameriera, poco importa se non or-
dina le camere, deve lavare, pulire, pettinare il fido
cane, e guai se gli torce un pelo ! Il mariuolo dà un
guaito ed a quel gemito crudele, prendono alla si-
gnora le convulsioni ; parole e scuse non valgono a
calmarla ; bisogna che il cagnolino le corra incontro,
le faccia giochetti e vezzi, affinchè sia certa che la be-
stiola è rinfrancata di corpo e di spirito. Ne è prova
la nomina del cafpellan del nostro poeta dialettale, il
Porta, e Tepisodio della cagnolina così al vivo de-
scritto dal nostro Parini.
Ed a quelle bestie non mancava alla mattina il
latte, al pranzo la minestra mista a fritto, piattello
cincischiato dalla padrona, che pure aveva cura di
non darlo troppo caldo.
E quanti privilegi godevano ! Quando la signora
usciva di casa, soleva condurre in cocchio il fido cane,
e questi, o si adagiava sul sedile, o sporgeva la te-
stolina dallo sportello ed cindava orgoglioso per la
città come sopra un carro trionfale.
Guai se la bestia ammala ! Si chiamano medici, si
provvedono medicine, si veglia, e tutta la famiglia è
sossopra. Gran ventura se la signora si persuade a
mandarlo in cura nella clinica aperta dal tosatore di
cani in piazza mercanti, altra figura caratteristica del
tempo (i). Allora la padrona, che non metterebbe
piede nella sala di uno spedale, s'arrampica magari
ogni giorno a quarto piano per scalini sucidi, onde
(i) Abitava di fianco ai Duomo, quasi di fronte al pa-
lazzo di Corte.
— 313 —
constatare come proceda la salute della sua Bestiola ;
la vezzeggia, la bacia, le dice mille parolette graziose ;
la raccomanda al custode Questi la inchina, e ride in
segreto, pensando alla buona pensione che le frutta.
Altra bestia di moda era il papagallo. Non vi era
signora di bon ton che non ne possedesse uno, e beati
coloro che visitandola, potevano rivolgere al suo indi-
rizzo una parola di spirito. E mentre si alternavano
lieti parlari^ la bestia calava dalla sua pianta, e tra-
scinando a volta la catena, si aggirava sulle sedie e
sui m^ili, aspergeva i cuscini di soave ambrosia, da-
va bellamente di becco ai dorsali delle sedie, agli spi-
goli delle tavole, sciupava tutto. Ma povera bestia, la
si lasciava fare : anche questo era indizio di spirito-
sità.
Talvolta poi, collocato là in mezzo alla sala, era
il re della conversazione : gridava, assordava ed era
necessario alzare la voce per farsi intendere. Se poi
la bestia ciarlava, e la padrona sollevava il capo, e
sorridendo accennava di volerne udire gli squarci di
eloquenza, i visitatori gli erano d'intorno e pendevano
dal suo....* becco : traducevano quelle grida incompo-
ste e vi davano que' significati che loro venivano in
mente.
Un'altra fortuna pel papagallo era il viaggiare
La signora lo chiudeva in certe gabbiette di ottone,
lo metteva vicino in carrozza e lo conduoeva alla cam-
pagna. Ventura maggiore poi per questa sorta d'uc-
celli si era che dividevano gli allori delle cantanti
e delle ballerine. Se vedevate giungere una cor-
riera di donne con bagagli e qualche gabbietta di pa-
pagallo, novantanove sopra cento era una virtuosa
da teatro. Così la vita milanese.
— 3H —
Era uscito in quesfanno il testo di una conven-
zione stretta fra l'Austria e il ducato di Parma pò: la
reciproca consegna dei disertori, la quale ordinava
iChe chiunque negli Stati austriaci, o in quelli di
Parma, si rendesse colpevole del delitto dUngaggio
con artifizio, in danno dèlie truppe contraenti, ten-
tando di arruolare soldati, sia per un servizio stra-
niero, sia per straniere colonie ; chiunque pari-
menti cercasse negli Stati delle parti contraenti di
indurre alla diserzione militari appartenenti all'altra
parte, e ne agevolasse la diserzione, sia col prestar
loro asilo, sia col somministrar ad essi mezzi di trave-
stimento, o con qualsiasi altro modo ; chi infine an-
che senza avere effettuati i preindicati delitti fosse
convinto di averne tentata l'esecuzione, subirà quelle
stesse pene che le leggi rispettive dei due Stati pro-
nunciano contro i delitti medesimi, quand'essi sono
commessi in detrimento delle truppe proprie di ca-
dauna delle corti rispettive....
€ Questa stipulazione verrà senza indugio pubbli-
cata nei debiti modi dall'una parte e dall'altra ed
avrà pieno ed intero eseguimento nei due stati a co-
minciare dal 15 febbraio 1836».
Abbiamo già detto quale caso si facesse dell'av-
viso della Polizia col quale si ordinava la muserola
ai cani. Tale disposizione infatti dopo pochi mesi
cadde nel dimenticatoio : forse erano rarissimi i casi
di idrofobia e non si pensò ai moderni accalappia-
tori.
Intanto l'alba del 20 aprile fu salutata con loi
colpi di cannone. Era l'anniversario della nascita
imperiale, il primo che si celebrava dopo la sua as-
Grande fu il concorso d'ogni ceto di persone alla
sunzione al trono.
- 315 —
consueta cerimonia, che ebbe luogo nella nostra me-
tropolitana. Il rito cominciò colla messa solenne can-
tata dal cardinale arcivescovo e si chiuse col Te-
deutn. Vi assisteva la coppia vicereale, le dame di
palazzo, i cisunbellani e gli altri dignitari di corte.
Sulla porta maggiore del tempio si leggeva la se-
guente iscrizione:
AUSPICATA DIES XU£ KAL MAJAS
MDCCCXXXVI
QUA
IMP. ET REGIS FERDINANDI
JUSTI Pn MUNIFICI
NATÌlLITIA
FAUSTIS OMNIBUS REDEUNT
DEUS
• QUO lUS SUPERCILIO
REGUM ET POPULORUM FATA NOVENTUR
ANNUAT VOTIS
QUAE PRO TAM CARI CAPITIS
INCOLUMITATE
OMNES LANGOBARDORUM ORDINES
SOLEMNITER PERSOLVUNT
RAINERII ARCH. EJUSQUE LBCTISSIMAE CON JU GIS
MARIAE FRANC. ELISAB. SAB. CARINIANI
VICE. SACRA. REGUM
REDITU ET PRAESENTIA
HILARATI ANIMISQUE ADAUCTI
Compiuta la rassegna, seguirono i consueti rice-
vimenti. Notiamo fra le Autorità che presentarono i
loro omaggi al Viceré, il Capitolo della metropoli-
tana e quello di S. Ambrogio. Vi fu pranzo a corte ed
il consueto teatro di gala alla Canobbiana, dove si
rappresentava la Pazza per amore ed il ballo Pelagio.
Prima che cominciasse la rappresentcìzione Tim-
— 3i6 —
presa fece eseguire da tutti gli artisti il canto del-
rinno nazionale (i) musicato dairHaydn.
(i) Per i fortunati che sono giovani ancora e che non
lo conoscono, lo diamo qui nella sua integrità.
Dal tuo seggio onnipotente.
Dio, riguarda a questo Impero ;
Della gloria nel sentiero
Fa ch'ei duri eternamente ;
Che felice e fortunato
Di se renda altrui beato.
Dio, proteggi Ferdinando,
Salva il nostro Imperator.
Largo a lui, dispensa a noi
La pienezza de' tuoi doni
Tutti gli angeli disponi
Sul cammin de' passi suoi ;
Fa che il dritto, il senno, il vero
Come a lui risplende intero
Anco a noi salvezza e gloria
Viva e cresca e duri in fior.
Alla fronte di quel prode
Tu, Signor, le palme assenti.
Ma la guerra noi cimenti,
Che di pace egli è custode ;
E se mfosca la procella,
Ferdinando, come stella,
Sulla terra piova il gaudio
Del suo lume allegrator.
Sia concordia, sia riposo
Dove regna il Benedetto ;
De' suoi popoli l'affetto
Renda il trono avventuroso;
Duri eterno, indissolubile
Questo vincolo d'amor.
Su, concorde un grido innalzino
Cento lingue e solo un cor ;
Salve, o d'Austria eccelso figlio,
Ferdinando Imperador.
- 317 —
E ad allettare i nostri buoni babbi, un rescritto
Sovrano avvertiva che nel prossimo settembre avreb-
be luogo la sua incoronazione solenne, durante la
apertura della Dieta generale, la cui convocazione
doveva essere indicata con altra patente.
Sinistre meteore però facevano pensare al popo-
lino che qualche cosa di grave incombeva alla no-
stra città. Nella notte dell'undici marzo, alle 3 e 25
della mattina, una scossa ondulatoria di terremoto
si fece sentire, e verso la fine di febbraio, grandi ne-
vicate avevano intercettato i passi delle Alpi.
Il colera aveva travagliato gli Stati Sardi e da
noi si era già pensato fin dallo scorso anno a prov-
vedere in anticipazione, per la temuta comparsa del
morbo, e nella sola provincia che contava ben 518.791
abitanti, distribuiti in 388 comuni, erano pronti otto
spedali ordinarii, 1305 case di soccorso della capa-
cità fra tutte di 4439 letti. Come infermieri si offer-
sero 39 maschi e 24 donne, cui debbonsi aggiungere
altri infermieri avventizi, cioè 335 mcLschi e 232 fem-
mine. Quali medici curanti, si offersero 124 medici
degli spedali, 112 medici condotti e 198 avventizi.
Le beneficenze raccolte furono lenzuoli, comme-
stibili, medicinali, ecc., per un valore approssima-
tivo di quasi centomila lire oltre un effettivo in de-
naro di altre L. 251.195. Così le statistiche: Milano
vantava sempre il suo appellativo di benefica.
I diari procuravano di smentire qualche caso iso-
lato e dubbio, ma pur troppo è da convenire che il
colèra scoppiò abbastanza forte nel luglio e ne
fanno fede le disposizioni che si presero negli Stati
limitrofi. Una nota governativa ordinava che tutte
le provenienze della Lombardia austriaca e d^li
À
-318-
originarie, o di transito, venissero
>:^C^r:^ illa contumacia di 14 giorni quanto alle
.<-^3f. e d: :ri quanto alle merci Avvertiva poi che
."».' 1 -lìfi d: rrn£ae degli Stati estensi, dovevano es-
<:^ r.^ \>r2r: 2.rpostamenti militari in continuazione
^•r r.r^: z< à^n.ur.o sui Po ed a Castelfranco riatti-
.,-^ lir^jLrt^i> tanto per le persone, quanto per le
I ri 'Ai>:rrÀ!e amT^ovile dispensava dal ma-
^-^ ? zrl z. ^..:r>o, accordava speciali indulgenze a
, ' 7 ^T*,>^ìf ^s^s:::*> i colerosi, e così pure a chi avreb-
,ir ^ .*..,- *,.::'jlje elemosina secondo le proprie forze.
F le :^y^z^<nì pei colerosi continuavano ad af-
I I rc::'::e àcll^ piv>\"incia erano tristi. A Grosio
<.. c-c! i* S:'r.3n^. si Mantova, a Bergamo era scop-
V .'-.' ,t i.:^^M^. Nel civico Palazzo del Broletto dove
.;^«^i srt^ :l r^xìestà (sindaco), fu insediata una
^\*:r:i:'^ o:w d; beocfioenza, la quale faceva appello
,'"!a ^r:K^c^::i ^^"adioa. E' bene ricordarne i nomi.
si* Anr.vxm^vjt oe: signori Giacomo Mellerio, presi-
Jh."::.v% il v*"»:.*:^-' Or-pizzoni, vice-presidente, Antonio
it:v*^*;"*v 1::>ét:c^ Confalonieri, Carlo Besana, Lo-
^'^ro ti\r::u e Michele Bussi ; ne era segretario il
\..r. j^ìv^ ^lA jL^t'^tx-inencnte airamministrazione.
l*\ vVUiiir^-uione municipale avvertiva che per
;t tu^^iii^r aml.uùenio b città veniva divisa in circon-
iiArt ai Ili se/ivmi ed a norma che si manifestasse il
hììi\>^iKi, in cì:iscuno di essi ed in ciascuna di esse
enuKi allerti uffici di soccorso, ad ognuno dei quali
era addetto un certo numero di medici (i).
(i) Il Salagéj noto chincagliere in piazza del duomo,
vendeva maschere, vesti e guaiiti impenetrabili di taffetà
incerato. Ognuno non usciva di casa se non aveva la sua
1
Molte persone distinte si offersero per puro sen-
timento di religiosa pietà ad assumere l'incarico di
deputaii di sezione presso ciascuna parrocchia, i qua-
li erano destinati a rilevare i bisogni dei poveri. Ecco
la distribuzione delle sezioni:
Sezione di via Cappuccio, comprendeva le par-
rocchie di S. Ambrogio, Santa Maria alla Porta,
S. Alessandro e S. Giorgio.
Sezione di via dei Tetti (ora S. Carpoforo) colle
parrocchie di S. Marco, S. Maria del Carmine, San
Simpliciano e S. Tommaso.
Sezione dì corso P. Romana, cop S. Eufemia,
S. Nazaio, S, Calimero, S. Maria della Passione.
Sezione di Borgo di R Ticinese, con S. Eustor-
gio, S. Lorenzo, S. Vittore.
Sezione di S. Spirito, con S. Babila, S. Francesco
da Paola e S. Fedele.
Sezione della Corsia del Duomo, colla Metropo-
litana, S. Maria Segreta, S. Maria dei Servi e S. Ste-
fano.
Ciascuna delle suddette sezioni era sussidiata da
tre medici, che rimanevano in permanenza per qua-
lunque eventualità.
Piii tardi anche il canton Ticino vietò l'entrata
nel suo territorio ai sudditi lombardi.
Intanto il morbo infierisce e alcuni dei deputati
delle sezioni ne sono vittima, altri si presentano per
surrogarli, Sipecie nei Corpi Santi, dove pare che ii
colèra facda maggiori stragi. Notiamo il nobile Giu-
brava boccetta di canfora da odorare ed i bottegai per
tornare il resto ai compratori sporgevano una mestola con
aceto. Inutile aggiungere dei suffumigi di cloro che si fa-
cevano nelle portinerìe e magari nelle anticamere, dove si
stava aspettando udienza.
— 320 —
seppe Greppi, il dottor Strigelli e il marchese Bri-
vio. Certo prete Castaldi, di Nizza, già direttore spi-
rituale di quel nosocomio lascia la sua città per ve-
nire a Milano a prestar assistenza ai colerosi ; l'Ar-
civescovo lo accoglie volontieri e lo munisce delle ne-
cessarie autorizzazioni.
Il Commendatore Gaetano Strambio interrogato
in proposito dell'andamento del morbo e delle mi-
sure sanitarie prese dalla nostra città, cosi si espresse
in un suo foglio gentilmente pervenutoci e che con-
ferma pienamente il nostro asserto.
«Il cholera, che, penetrato &n dal 1831 in Russia,
non invase l'Italia che nel 1835, aggrediva Milano
nell'estate del 1836. Qui, dove la credenza nella sua
contagiosità s'era serbata inconcussa, trovò per opera
dell'autorità municipale tutto disposto per impedirne
l'importazione, limitarne la diffusione, combatterne
gli effetti, curarne i colpiti. Un gran numero di pub-
blici edifici, fin dall'avvicinarsi del temuto flagello,
erano stati allestiti ad uso di spedali, nei quali l'iso-
lamento dei malati e di tutto il personale addetto
alla cura, era rigorosamente comandato. In altri edi-
fici eccentrici venivano raccolti in contumacia le per-
sone che avevano avuto rapporti coi colpiti e le fa-
miglie di questi. Tenuti per parecchi giorni sotto con-
tinua vigilanza, onde al più presto isolare quelli che
presentassero sintomi sospetti del male, i sani previa-
mente disinfettati, coi mezzi "tenuti allora come effi-
caci, venivano restituiti alle loro abitazioni, del pari
ripulite e disinfettate.
« Chi colpito dal male non volesse o non potesse
esser portato agli spedali, doveva venire isolato nella
propria abitazione, continuamente sorvegliato da ap-
posito personale, lui e la famiglia, fino a che 0 la
guarigione o la morte non venisse a imporre la gene-
J
— 321 —
rale disinfezione di tutta la casa, e delk persone su-
perstiti.
tPer quanto tali precauzioni non avessero e non
potessero avere che un valor relativo, sia per le infi-
nite difficoltà della loro efficace applicazionej sia pei
tanti incentivi ad eluderne i rigori^ tuttavia le risul-
tanze non mancarono di segnalarne la eccellenza, e
Milano fra tutte le grandi città visitate dal contagio
potè nel volgere di pochi mesi vantare la sua com-
pleta liberazione, senza che mai il male ne elevasse
notevolmente la normale mortai tià e senza che il nu-
mero dei colpiti si elevasse al disopra dei settanta
giornalieri, ciò che non verificossi se non in una sola
giornata.
«Alla testa degli uffici sanitari di Milano era in
quel periodo di tempo, co! grado di medico munici-
pale, il Dott. Giovanni Stram bio. A lui si deve in
gran parte l'altissima benemerenza.
« Né il forte esempio andò perduto. Perocché Mi-
lano, ossequente alla propria esperienza e ligio alle
proprie tradizioni, pur di mezzo a! dilagare di teorie
eziologiche, ispirate dagli interessi commerciali più
che dalla sana osservazione^ anche nelle parecchie epi-
demie cholerose, ch'ebbe ad attraversare fino ad oggi,
ad onta della sua popolazione più che triplicata, mai
non oltrepassò la mite mortalità del 1836, una sol
volta e per un sol giorno toccò la cifra dei 70 colpiti,
più volte riesci a soffocare i primi focolari del con-
tagio importato. E ciò ottenne cogli isolamenti e
colle disinfezioni di mano in mano perfezionate colla
istituzione di apposita lavanderia e col l'erezione di
uno spedale apposito per i contagiosi».
Verso la fine dell'agosto buone notizie perven-
gono dalle Provincie e nei primi del settembre anche
^ fra noi il morbo accenna a diminuire* Si chiude la
GuNiTTi. Cronistoria. #|'
— 3^2 —
casa di soccorso a Santo Spirito, e quella di via Cap-
puccio, anzi un avviso speciale della nostra Congre-
gazione fa noto che tanto nel locale del Gallo, quanto
in quello di S. Barnaba, non saranno più ricevuti co-
lerosi, e siccome i casi che si verificano giornalmente
si riducono a due o tre, rimangono aperti soli due uf-
fici di soccorso quello di Porta Nuova e Taltro di
Porta Ticinese.
Gli Stati Sardi modificano le disposizioni sani-
tarie adottate per la circostanza, ed anche a Milano
è soppresso ogni provvedimento.
Vuoisi che il primo caso sia successo nell'aprile,
quindi qualche altro nel maggio : nel giugno se ne
contano 21, e nel luglio, che come già abbiamo accen-
nato infierì maggiormente, se ne contarono fino a 838,
nel settembre furono gli ultimi e salirono a 61. Mi-
lano allora contava 150 mila abitanti e 25 mila i
Corpi Santi. Furono colpiti dal colera 1471, dei quali
ne morirono quasi mille (i).
Constatata la scomparsa del flagello, il Cardi-
nale Arcivescovo ordinò un solenne rendimento di
grazie in tutte le parrocchie e la cattedrale ne diede
l'esempio con fastosa funzione alla quale interven-
nero l'arciduca e l'arciduchessa, i dignitari di corte,
le magistrature, le autorità cittadine ed il feld mare-
sciallo.
Il tempio era affollatissimo, vi funzionava l'arci-
vescovo e sulla porta maggiore si leggeva il se-
guente cartello :
(i) Pinzo. Storia de Milan. Il diario officiale però dà
le seguenti cifre: Totale colpiti, maschi 1206, guartii399'
morti 806. Femmine colpite 1077, guarite 362, morte 715-
Sarebbero dunque 2283 colpiti, di cui morti 1521 nella sola
Milano.
1
— 323 —
DEO
HOMINUM VITAE DOMINO
JUSTISSIMO EXORATO PROPITIO
QUOD INSUBRIAM
INEXPIABILI LAETIFEROQUE MORBO
ADFLICTAM
SALUTI RESTITUERIT
HOSTIA SOLEMNIS
ET EUCHARISTIAM CARMEN.
A rompere la monotonia tornò opportuna la vi-
sita che verso la fine di giugno, proveniente da Vien-
na, vollero fare alla nostra città il duca d'Orléans,
figlio di Luigi Filippo e la duchessa di Nemours.
Essi scesero al palazzo di Corte, ove furono ricevuti
dal gran maggiordomo Meraviglia e da tre ciambel-
lani loro destinati per scorta d'onore : il governatore
Hartig si recò a complimentarli. Più tardi furono al
palazzo della Villa ai vecchi giardini pubblici per
ossequiare gli arciduchi, coi quali si recarono al corso
e nella sera al teatro della Canobbiana. Manco a dir-
lo, esso era illuminato a giorno : vi si rappresentava
il : Don Chisciotte ed un gran ballo : Gli Inglesi nel-
l^lndostan.
Il di seguente gran spettacolo, al nostro anfi-
teatro dell'Arena e nella sera festa da ballo al pa-
lazzo di governo. Le danze furono aperte dal duca
colla viceregina, ballando una polonaise.
Al tocco si aperse il buffet, ma la riunione non
si sciolse che verso le cinque del mattino.
Essi vollero pure visitare la cattedrale, dove fu-
rono ricevuti dall'arciprete e dall'architetto Pesta-
galli ; quindi l'arco della Pace dove si trovava ad at-
tenderli il presidente dell'Accademia delle belle arti.
— 3^4 —
cav. Londonio, poi airesposizione di Brera, alla pi-
nacoteca ed alla biblioteca.
Il pranzo fu servito a corte e vi intervennero i
più distinti personaggi delFaristocrazia milanese;
nel pomeriggio gran rivista di truppe in piazza d'ar-
mi. Il duca e la duchessa cogli arciduchi assisterono
alla sfilata dal podio dell'Arena.
Nella sera ancora spettacolo straordinario alla
Scala, che l'impresa aveva allestito lì per lì, auspice
il Merelli. Vi si rappresentava il Disertore per amore.
Il teatro fu illuminato a giorno ed era naturalmente
stipato.
Il dì seguente, dopo aver assistito ad una seconda
manovra in piazza d'armi, visitarono lo studio del
Marchesi e quello del pittore Canella, quindi la bi-
blioteca ambrosiana, dove venne loro presentato il
pittore Sanquirico.
Era pensiero dei nostri ospiti di fare pure una
gita a Monza, per visitarvi la Basilica, il tesoro e
quanto vi poteva essere d'importante, ma ne furono
distolti da grave notizia giunta da Parigi, cioè che
il 26 di questo giugno aveva avuto luogo un atten-
tato contro la vita del loro genitore, re Luigi Filippo,
ma il colpo era andato fallito e l'assassino trovavasi
nelle mani della giustizia. Dopo la visita dei vice-
reali furono dunque a Milano, da dove alla sera
partirono per Parigi.
Circa le feste di carnovale, si può dire che, ec-
cetto i consueti teatri e le feste date dal governatore,
dalla società del Giardino, dal direttore della po-
lizia Torresani, in occasione del fidanzamento della
sua primogenita col consigliere di governo Martinez,
quella al Casino dei Nobili e quella offerta dalla di-
rettrice del Collegio della Guastalla, Milano fu ab-
bastanza tranquilla. Sembra anzi che le solite maschere
della settimana grassa, non abbiano fatto gran chias-
so, lo apprendiamo da una arguta appendice del dia-
rio cittadino che reca per titolo -. « il carnevale che
muore ».
Rifulge però sempre la nostra città per la sua
inesauribile beneficenza. Oltre le 2081 lire che si rac-
colsero per l'esonero delle visite e che andarono ad
aumentare il fondo patrimoniale degli asili infantili
nella parrocchia dei Servi (S. Carlo al Corso) una
eletta di benefattori aveva offerto parecchi migliaia
di lire perchè vi si distribuisse giornalmente carne,
pane e minestra gratuitamente ai poveri che si presen-
tavano.
Né si pensi il lettore che quella distribuzione ve-
nisse fatta senz'ordine. Al tocco suonava una cam-
pana della chiesa, e prima di quest'ora madri di fa-
miglia ed artieri si trovavano già sotto i portici del-
l'antico convento coi loro recipienti per ricevervi la
elemosina. Uno dei coadiutori dirigeva la cucina-
zione, un altro chiamava per ordine alfabetico coloro
che si erano preventivamente inscritti, e distribuiva
loro gli alimenti.
Erano come si vede le prime cucine economiche
impiantate senza tanta pompa.
Fu pure nei primi mesi di questo anno che si get-
tarono le fondamenta del primo asilo infantile nella
parrocchia di Santa Maria Segreta. La santa idea in-
contrò, e presto si costituì a Milano un comitato pro-
inotore, perchè facesse appello alla carità cittadina,
onde fossero sottoscritte azioni da lire due cadauna,
per assicurare la somministrazione di quanto poteva
occorrere per l'allestimento dei locali ed il manteni-
mento dei bambini, e noi, che più tardi abbiamo avuto
-326-
occasione di vedere questo primo asilo, potemmo
constatare come venissero adempiute coscienziosa-
mente le intenzioni dei promotori. E' bene che la
cronaca registri i nomi di quelli che furono la pre-
ziosa semente, il vero grano di senape, che germogliò
e fece fruttificare quella pianta, sotto la quale si ri-
pararono e si riparano tanti e tanti fanciulletti. Ec-
coli : marchese Giulio Beccaria, cavaliere Re, av-
vocato Lorenzo Prinetti, sacerdote Ratti, preposto di
S. Fedele e l'instancabile don Pietro Zezi, parroco
di S. Maria Segreta. Fungeva da segretario una per-
sona che molti dei nostri lettori avranno conosciuto
sotto il nomignolo di papà Sacchi.
E il da fare aumentando, si aggiunsero a queste
altre benemerite persone, di cui non vogliamo per
dovere di giustizia tacere i nomi. Furono; il conte
Carlo Melzi, l'avvocato Ignazio Prinetti, Gerolamo
Calvi, un Consigliere di governo, il pittore Sanqui-
rico, Pietro Gavazzi, David Sanson Pavia, Vincenzo
Delachi, Carlo Decio, l'avvocato Tommaso Giardini,
Giuseppe Galli e l'ingegnere Giambattista Grippa.
Scossa da tanto slancio anche rAutorità fu com-
mossa. Il cardinale arcivescovo, l'arciduca viceré, il
governatore Hartig, si recarono a visitare Tasilo del
Zezi e ne rimasero edificati per la distribuzione dei
locali, l'ordine e la disciplina che vi regnava.
Commovente fu quella prima visita. I cinquanta
fanciulletti ricoverati, diedero saggio dei loro primi
studi : consistevano in recite di preghiere, in inni
sacri, nei primi rudimenti del leggere, del numerare
e nella nomenclatura.
La cronaca ci ha conservato anche questo parti-
colare. Un bambino che forse non toccava i cinque
anni, davanti alla viceregina, così declamava :
Wf^fm
^327 —
Ove rìnfanzia ha 5edc :
Porti il rcgal tuo pipile ;
Cusì alle madri ebree
11 divin Nazareno
Fu udito un g-iorno dìrc^
Lasciatetni v</nire
1 fanciuUcltì al seno. ,
Terminati gli esercizi, i bambini uscirono nel vi-
cino cortile per la ricreazione. Le autorità vollero
pure in tale occasione visitare l'attigua chiesa, ed al-
l'uscita ebbero nuovamente i saluti dei banibìni, che
si erano schierati sul loro passaggio.
Fu giorno mc?mor abile quello, poiché il governo
riconobbe ufficialmente ristituzinne, e furono così get-
tate le fondamenta di una nuova scuola che tanto
doveva concorrere all'educazione ed al miglioramen-
to delle masse.
Ad aumentare l'ancor tenue reddito dì quel pri-
mo asilo, notiamo il gentile |:)ensÌero del pittore Man-
zoni, lì quale mandò una bellissima tela su cui era
dipinto un vaghissimo mazzo di fiori, che destinava
ad essere collocata nella sala, riserbandosi di far
per\^enire alla Direzione qualche altro suo lavoro da
poter essere alienato a profitto dell'istituto,
A far conoscere questi primi tentativi, il sacer-
dote Raffaele Lambruschini tenne unapplauditis-
sima conferenza, in proposito, all' Accademia dei
Georgofili a Firenze (i).
Intanto il beneficio degli asili infantili si dila-
tava e tutte le anime buone concorrevano alla santa
opera. Presto un altro asilo ai3erto a S. Celso contò
35 fanciulli : a Lodi, a Treviso si fondavano asili ;
(i) Gmzeitfì di MiìtUfO^ 8 giugno tSjò.
J
-398-
un benefattore che volle rimanere sconosciuto regalò
ai due asili di Milano calze e camiciole di lana^ e
parecchi capi d*indumenti da distribuirsi ai bimbi
più savii e più bisognosi.
I^*istruzione elementare presentava anch'essa qual-
che aumento sulle passate statistiche Nella Lombar-
dia si contavano 9 scuole elementari maschili supe-
riori di quattro classi, frequentate da 4632 scolari ed
1 1 femminili frequentate da 1995 alunne.
Vi erano pure cinquanta scuole comunali ma.-
schili di tre classi, frequentate da 8281 alunni e
num. 13 femminili con 58 alunne; scuole minori co-
munali maschili 2299 con 102.251 studenti e scuole
minori comunali maschili 1269 con 57.874 alunne;
scuole festive 300 con 5902 studenti. Si aggiungano
62 scuole elementari nei convitti maschili con 2033
alunni ed 87 femminili con 2773 alunne ; scuole pri-
vate maschili 225 con 5265 alunni e 407 femminili
con quasi diecimila allieve.
In tutta la Lombardia che ha 2234 comuni, se ne
trovavano poi ancora 75 fra i meno popolati, che era-
no privi di scuole elementari pubbliche e un che
mancavano anche delle scuole per le fanciulle.
Anche il movimento letterario fece qualche passo
avanti. Oltre le pubblicazioni che ci pervengono dalle
altre città, notiamo quella del Giovedì di Achille
Mauri, un periodico assai adatto alla educazione ed
all'istruzione della gioventù ; una ricca illustrazione
dei monumenti della Basilica di S. Ambrogio, opera
del Terrario ; alcuni canti epici sulla rivoluzione gre-
ca del Biorci ; una raccolta di ben quaranta poesie di
temi contemporanei, scritti e stampati a spese di quel-
la gentile poetessa, che fu la signora Adele Corti. Il
ricavo della vendita di tale libro era a profitto degli
— 329 —
asili di carità (i); la versione della poetica di Ora-
zio e via dicendo. Poi una pioggia di almanacchi.
m Scene ridicole, serie, tragiche e comiche avvenute
per il colera» la consueta Strenna italiana del Ripa-
monti, Viride del Lorenzo Sonzogno, il Non ti scor-
dar di me del Vallardi ; il linguaggio e la botanica
dei fiofì^ le donne e i jiori, il paniere di fruttila una
novella dal titolo Michele Koatos (versione dal tede-
sco^ hnelda e (amore delle tre melarance^ tutte del
Sonzogno ; il Presagio del Canadelli e via. Né è a
dimenticarsi che il Pogliani pubblicò in quest'anno il
Rinnovamento della filosoiia in Italia del Rosmini.
Più sentito fu iJ movimento artistico. Abbiamo
parlato dello scultore Marchesi, aggiungiamo ora il
pittore Molteni, il quale fu decorato dalla medaglia
d'oro per il ritratto da lui fatto a S, M., ritratto che
doveva essere collocato nelk sala consigliare de! no-
stro palazzo governativo.
Quest'anno si pensò pure ai rìstauri della chiesa
della Madonna del Castello. E' risaputo che la palla
del maggior altare è la stessa che sotto il titolo di
S. Maria della Consolata, fece dipingere Gìanga-
leazzo nel suo oratorio del maniero sforzesco, ora
dessa trova vasi in uno stato di quasi totale deperi-
mento, e appunto in quest'anno si pensò al ristauro.
[i) Ci fu ài\X<^ ammirare il ritratto eli questa cli:»tinta
poetessaj e davvero ne sciamo rimasti sorpresi, avendo tro-
viate tanta bellezza accoppiata a tanta modestia. Immagini
il lettore un volto di giovane sui vent'anni, i capegli bi-
partiti suUa fronte e sul capo da una sottile drizzatura, e
ricadenti d'ambo i lati, in due masse dì ricci che adornano
un bel profilo rcg-olarc e calmoi occhio dolce e penetra nt*^ ;
un ampio colkjtto finamente ricamato e rivoltato sopra un;i
veste di color oscuro, faceva risaltare la bianchezza del
collo. Tale fu la nostra impres^^ìone che volemmo notare
al lettore.
L
-- 330 —
Ecco ^H autori dei dipinti meritevoli di nota e
che furono ristaurati. Le pitture a tempera del lacu-
nare si ascrivono ai fratelli Fiamenghini ; gli apo-
stoli, i dottori e gli angeli in giro sotto al cornicione,
sono la più parte del Procaccino (Camillo) ed a lui
si attribuiscono pure le due tele laterali al coro, rap-
presentanti la nascita ed il trapasso della Vergine. 11
fratello Giulio pinse i due putti della cappella del
Crocifisso e i due evangelisti in quella del presepio,
che appartiene a Gaudenzio Ferrari, o per lo meno
alla sua scuola. Del Pamj&lo è la Madonna, il bam-
bino e il piccolo S. Giovanni. Casa Litta collocò nella
ca[)pella di suo patronato un quadro del Salmeggia
rappresentante la predicazione di S. Andrea ai cui
lati sono S. Pietro Martire e S. Carlo del Cerano.
La direzione dei lavori fu affidata all'architetto
Chiappa : gli ornamentisti Fontana e Gobbi rinfre-
scarono il lacunare, l'abside e due cappelle ; Focosi
lavorò alle figure coadiuvato dal De Antoni, dal Fi-
danza, dal Monti e dal Vaccani.
E' da deplorare però che il frutto di tanti ristauri
di un mezzo secolo fa, siasi in gran parte perduto, at-
tesa l'umidità che vi regna, la quale fa si che molti
degli affreschi sieno danneggiati in modo deplore-
vole. L'atrio o perisolio, fu collocato più tardi come
appare dall'iscrizione, che vi si legge, il disegno però
fu anch'esso di questo anno.
Il Bellosio fresco per la società dei nobili un gran
medaglione, il cui soggetto venne suggerito dal poeta
Maffei, è allusivo alla danza. E* noto che questo pit-
tore fu uno dei migliori allievi del Palagi, e lavorò
alla real villa di Racconigi. Lo scomparto architetto-
nico però della sala è dovuto al Mariani, le baccanti,
i fauni ed i putti sono del Bignoli, tutti di Milano.
'^^W"V%m^«m
In quest'^^^^ Venne pure progettata una grande
scuola di nuoto, la quale doveva essere diretta da
certo Nervo : il disegno era stato commesso all'archi-
tetto Pizzala ed il diario ufficiale ne pubblicò in sup-
plemento rincisione ed i particolari. Il fabbricato do-
veva sorgere nel vasto giardino di casa Origo in via
Fatebenef rateili ed a concorrere nella spesa si sareb-
bero raccolte tante azioni da lire venticinque. Pare
però che il progetto fosse troppo dispendioso, e che il
numero desiderato, non si potesse raggiungere, sicché
venne abbandonato. Più tardi sorse l'attuale bagno
di diana.
Il dottor Sacco, medico valente, introduttore del
vaccino, foggiò nella sua casa di Borgo Monforte
(ora via) un pregiato giardino, dove le arti e la natura
sembrava si fossero data la mano per abbellirlo.
Ancora quest'anno si aperse il nuovo stabilimento
balneario di S, Caterina di Bormio e laggiù nella al-
lor strada solitaria^, presso porta Nuova, la contessa
Laura Visconti Ciceri accompagnata da due suore
infermiere, poneva la prima pietra del nuovo spedale
delle Fatebenesorelle.
Si pensò anche all'esimia artista, la Malibran, che
tanto aveva divertito i nostri babbi, e si progettò un
monumento colla scritta a M, Garda Malibran de Be-
riot. Il marito aveva invano chiesto all'Inghilterra il
permesso pel trasporto della salma della consorte.
Un altro monumento fu pure eretto nel palazzo
di Brera a Barnaba Oriani, con disegno del Mora-
glia. E* in marmo bianco di Carrara, e consiste in una
lapide sormontata dall'effige del defunto in alto ri-
lievo, lavoro dello scultore Girola ; è circondata da
eleganti ornati con emblemi relativi alla scienza, la-
vori del Bonfanti sotto la direzione del prof. Moglia.
1
— 332 —
Il consigliere Gironi ne dettò l'epigrafe latina che vi
si legge :
BARNABAE ORIANI
ASTRONOMO ET GEOMETRAE
AETATIS SUAE PRAESTANTISSIMO
QUI
URANI ORBITAE INVESTIGANDAE
RECTIORA PROTULIT ELEMENTA
PERTUBATOS CBRERIS MOTUS
DEFINIVIT
NOVA AD TELLUREM DIMETIUNDAM
TRIGONO METRIAE SPHAEROIDIS EDIDIT PRAECEPTA
BRAYDENSIS SPECULAE
CUJUS NOMEN STUDIIS ET OPERIBUS
UBIQUE GENTIUM EVEXERAT
UTILITATI PROSPICIENS
EJUS COLLEGIUM ASTRONOMORUM
ADAUGENDUM E TESTAMENTO CURAVIT
OCTOGENARIUS DECESSIT
PRID. ID. NOVEM. A. M. DCCCXXXII
Prima di finire una parola ancora sugli industriali
che furono premiati. Notiamo i nostri milanesi : Bo-
selli Carlo, per felpa di lana ; Colombo Carlo, per
fucili a compressione ; Farina Antonio e C. per lavori
tipografici ; Galbiati Carlo per ricami e stoffe di
seta ; Martin Carlo e C. di Legnano, per tintoria in
rosso di filati ; Wilmant, per caratteri e lavori tipo-
grafici ; Battaglia Giuseppe Erben, per lavori in con-
ceria ; Ducrois Pietro, per lavori in guanti ; Monti-
celli e C. per lavori tipografici.
• — 333 -
T :^ falce della morte mietè senza misericordia an-
clie cjxiest'anno molte vittime. Ci restringiamo nondi-
meno a.ll*accenno di quelle persone, di cui la cronaca
ed. i diari d'allora ci serbarono i nomi e qualche nota
biogra.fi.ca.
TJ avvocato GIAMBATTISTA Cavalieri. Ebbe la
priina istruzione dal padre, compì gli studi nel col-
legio di Gorla minore e si laureò a Pavia. Iniziò la
carriera quale alunno presso la nostra^ pretura, e nel
1807 fu ascritto al collegio degli avvocati, e tale pro-
fessione esercitò per ben 28 anni e si meritò il nome
di padre dei poveri. Eletto nel 1829 consigliere e cin-
que anni dopo, deputato dei corpi santi, dispose con
specchiata sagacia quanto si richiedeva, caso scop-
piasse il temuto flagello.
. Le sue esequie furono celebrate nella chiesa di
S. Alessandro, onorate dall'intervento di numerosi
colleghi e da una epigrafe latina dell'infaticabile
Labus, che si leggeva nel cartello posto sulla porta
maggiore d'entrata.
Antonio Carizzoni, ebbe splendidi funerali nella
chiesa di S. Tommaso, dove accorsero col leghi ed
amici. Recò seco la benedizione della vedova e del
pupillo, l'affetto dei conoscenti, la stima di tutti. Già
cospicuo come avvocato e come notaio, prescelse
nel 1804 di correre la carriera giudiziaria nella quale,
dopo aver coperte con onore parecchie cariche, trenta
anni dopo fu nominato consigi ier d'appello, ma vi
sedette appena poco più di un anno.
Il cav. Luigi Tordoro'. Nacque in Milano nel
1760, fu ragioniere in capo del nostro municipio per
ben dieci anni. Durante il governo napoleonico fu
contabile al ministero del tesoro ed al ritomo degli
austriaci, venne chiamato a dirigere la contabilità,
quindi nominato consigliere di governo. Non lasciò
-., i,;aiyBi||Mig
I
— 334 —
il posto, se iion quando gli anni e gli acciacchi, atte-
nuando le sue forze, scemavano Tefficacia nei lavori
e lo zelo de' suoi servigi. Ebbe molte cariche, ma
ciò che gli fece molto onore, si è che, malgrado abbia
occupato per lungo tempo parecchi impieghi lucra-
tivi, non ne uscì dovizioso ; e mentre vivente fu ge-
neroso de' suoi risparmi coi bisognosi, questi non
vennero da lui scordati anche dopo morte.
Nel gennaio moriva pure il barone ANTONIO NE-
GRI, regio notaio camerale. Era nato a Milano nel
1761, aveva studiato nel collegio dei Somaschi a Me-
rate e si era laureato a Pavia. Applicatosi al foro,
diede presto prove di prontezza d'ingegno, di spedita
loquela e di facilità nello scrivere, sicché andava di-
stinto fra suoi coetanei, e giovanissimo ancora, salì
in voce di dotto giureconsulto. Non ancora venti-
quatrenne fu eletto patrocinatore dei poveri, e poco
dopo chiamato al fisco, quindi nominato presso il no-
stro tribunale di prima istanza. Pare che al cambia-
mento di governo egli si ritraesse a quiete, ma nel 1827
fu costretto di accettare la carica di deputato nobile
presso la congregazione provinciale, e due anni dopo
quella di membro del consiglio comunale. Nel 1834
però, ricusò di essere riconfermato atteso il suo stato
di salute.
Metodico senza pedanteria, religioso senza affet-
tazione, sempre franco e leale, affettuoso, gioviale,
visse amato da suoi concittadini e stimato da quanti
poterono giudicar della sua saggezza e della sua
virtù.
Giovanni Zuccala, professore di estetica all'uni-
versità pavese spento nel marzo, di poco oltrepassato
il nono lustro. Era nato a Bergamo nel 1788, e la sua
vita si svolse nell'insegnamento. Giovinetto, si acqui-
— 335 —
sto fama di bell'ingegno co' propri scritti che gli val-
sero ramicizia del Cesarotti e del Monti.
A bella presenza il Zuccaia univa una voce soa-
vissima, e un modo di porgere elegantissimo, e pochi
poterono come lui provare quanto fosse vera la sen-
tenza, che il porgere è uno dei principali pregi del-
Toratore. Fu d'indole melanconica, viveva solitario e
lontano dal fasto, usò i proventi della propria carica
più che per sé, a beneficio della famiglia. La sua mor-
ie immatura ebbe il compianto di quanti lo conob-
bero.
Il duca Visconte di Modrone moriva quasi im-
provvisamente in questo stesso mese (il io) dopo 14
lustri di vita. Era ciambellano di S.M. e cavaliere del-
Tordine gerosolimitano. Si può dire che non si for-
mava progetto e non si costituiva società di pubblico
vantaggio, che fra i promotori, non figurasse il suo
nome.
Nel 1825 fu tra i sottoscrittori per lo stabilimento
dei battelli a vapore sul lago ; l'istituzione dei velo-
ciferi deve pur molto a lui, perchè nel 1826, e nel 1829
fu uno de' più saldi sostegni finché vennero assunti
dall'erario. La produzione serica trovò pure nel Vi-
sconti valido appoggio, e quando si trattò della for-
mazione di un monte sete, destinato a liberare dal
commercio straniero questo prodotto lombardo, il suo
nome fu dei primi nell'elenco de' sottoscrittori. Altro
motivo di pubblica utilità lo spinse a prestarsi per la
fondazione della società di assicurazione contro gli
incendi.
Era pure mecenate degli artisti, ne mancava di
sostenerli pel buon esito delle loro opere. Anche l'a-
gricoltura gli va debitrice di molto, pel dissodamento
fatto eseguire di estesissimi territori, l'erezione di fab-
briche, l'apertura di strade e di canali.
:*Ìs;1lSì2^
— 336 —
Amante e cognito di musica, fu eletto a rappre-
sentante della direzione dei teatri e fece assai pel
bene e pel vantaggio degli stessi. Il pio Istituto tea-
trale, di cui fu presidente a vita, venne da lui ideato,
in occasione che un povero operaio per una caduta,
fu reso inabile al servizio ; anche l'Istituto filarmo-
nico scelse lui quale suo protettore, ed egli volle lar-
gire del proprio al direttore d'orchestra Rolla una
annua pensione di 2500 lire.
Coperse parecchie cariche onorifiche, quale quelle
di direttore del teatro di Como, di consigliere comu-
nale a Milano, di presidente o membro di parecchie
amministrazioni pie.
Modesto, cordiale co' suoi pari, affabile cogli in-
feriori, benefico e caritatevole cogli sventurati, la sua
mano destra ignorava quanto faceva la sinistra. An-
che gii asili d'infanzia ebbero una prova della sua
beneficenza nelle cento azioni da lui sottoscritte.
Fu religioso, affezionato ai parenti ed agli amici,
specie alla consorte, duchessa Maria dei conti di Ke-
wenkiiller.
I suoi funerali si celebrarono nell'aprile (14) nella
chiesa di S. Stefano con pompa veramente splendida.
Ne ideò ed esegui il disegno il prof. Canonica..
II catafalco ricordava quello già da noi descritto
di S. Giorgio pei funerali del marchese Stampa di
Soncino. Vi erano statue allegoriche del Marchesi, del
Pasquali, del Labus e dello Soorzini, né manceirono i
lavori pittorici degli ornamentisti Menozzi e Caval-
lotti ; l'esecuzione fu diretta dall'architetto Chiappa,
uno dei migliori allievi del Canonica.
Sulla porta del tempio e intorno al catafalco era^
no parecchie iscrizioni latine : notiamo quella collo-
cata sulla porta maggiore della chiesa. Eccola :
— 337 —
Aio
HAROLUM
FRAN. ANTON. MARCH. FIL. VICECOMITEM
QUI ET MODRONUS
PATRICIA NOBILITATE
I>UC£M EQ. HIEROSOL AB ADMISSIONIS AUGUSTI
INTEGRITATE RELIGIONE BENEFICENTIA
SPECTABILEM
CIVICAE INDUSTRIAE BONAR. ARTIUM SEDULAE AGRICULTIONIS
FAUTOREM MUNIFICUM
NECOPINO FATO SUBLATUM
COM. MARIA KEVENKULLER HERES USUFRUCIUARIA
CONJUGEM DESIDERATISSIMUM
COM. HUBERTUS VICECOMES HERES EX ASSE
CONSOBRINUM BENEMERENTEM
INSTAURATIS FUNERIBUS
FORTUNANT
Quantunque francese di nascita, LUIGI Mabil fu
italiano per elezione. Nato nel 1752, e portato a Mi-
lano a soli 6 anni, attese a Padova agli studi, dove
anche si laureò. Quantunque esercitasse l'avvocatura,
ebbe amicizia col Cesarotti e con altri membri del-
l'ateneo padovano. Eletto professore a questa uni-
versità, dapprima insegnò belle lettere, quindi diritto
naturale fino al 1825 ; nella quale epoca si ritirò nella
sua villa di Noventa e non tornò a Padova che cin-
que anni prima della sua morte.
Le lettere italiane vanno debitrici a Mabil di pa-
recchie versioni dal latino, ed allorché a Milano uscì
il Poligrafo, uno dei primi giornali letterari del-
l'epoca, il Mabil vi scrisse parecchi articoli con molto
spirito e molta dottrina.
GuNETTi. Cronistoria. 22
- 338-
C)j)era però utilissima, furono le lettere stelliniane
dirette al conte Paradisi (i). Mabil era pure versatis-
sinK) nel latino, ed in questa lingua scrisse una breve
biografia di Napoleone.
11 dottor fisico Giacomo Locatelli. Fu profon-
do nella scienza fisica, diligente e premuroso nel-
]*e^ercizio della professione. Sortiva i natali nel 1756
a Canneto sull'Òglio, fece i suoi primi studi a Bre-
scia e si laureò a Pavia nel 1783. Protetto dal medico
Tissot, fu caro all'imperator Ferdinando I, ed a spese
dell erario vide la Francia, Oxford e Dublino; ma
hi sua dimora principale fu Londra ed Edimburgo,
dove legò amicizia con distinti medici. Ritornato m
[>aUia fu nominato medico del Viceré, e nel 1806
insignito del titolo di cavaliere della, corona ferrea
ed addetto allo spedale. Mori ottantenne.
11 conte Lodovico Schizzi. Nacque in Cremona
nel 1757 e compiuto il corso degli studi, si dedicò per
teui[>o alle cure della pubblica amministrazione nella
sua città, riducendo a miglior condizione quegli isti-
tuii di beneficenza.
Sopraggiunta la crisi politica del 1796, ebbe a sof-
frire anche la prigionia. Nominato podestà di Cre-
mona nel 1816, vi rimase per ben 16 anni. Nel '31 fu
chiamato a far parte della congregazione centrale
e nel *34 insignito della corona ferrea.
(i) Notiamo che lo Stellini, fu uno dei più acuti in-
gegni che fiorissero nella prima metà dello scorso secolo,
cQsìchè l'Algarotti disse di lui, che non vi fu arte 0 scienza,
nei cui segreti non penetrasse, e potè in un anno spiegare
in lutto carattere di maestro : egli però volse il suo inge-
gno alla morale; pubblicò una memoria sull'origine ed il
progresso dei costumi, quindi più tardi un corso di mo-
rale. Ma le sue lezioni erano scritte in latino, piuttosto
difhtile, conseguentemente poco lette : furono queste tra-
dotte dal Mabil con gran vantaggio degli studiosi.
S»^ li- ÌW<
— 339 —
Assalito da fiera malattia, a nulla valsero i soc-
corsi delFarte. Mori nell'aprile, lasciando un figlio,
di cui poteva andar superbo (i).
Nel mese di giugno venne pure a morte la con-
tessei Gabriella Sormani Andreani, moglie al Di-
rettore del conservatorio, conte Giuseppe.
Era da oltre otto anni ridotta a malferma salute,
visse affatto lontana dalle pompe e dallo strepito del
mondo, rassegnata ne* suoi patimenti, conservando
però sempre la dolcezza e l'ilarità dello spirito. Non
toccava che i 44 anni.
Cesare Arici, consunto da lunga malattia, morì
a 54 anni. Era nato in Brescia e giovinetto, fu man-
dato di buon'ora in quel collegio, ove studiò i clas-
sici latini e italiani. Fatto adulto, si volse agli im-
pieghi ; insegnò eloquenza al liceo di Brescia, quindi
allAteneo. Ma Arici nasceva alla poesia. Scrisse La
Pastorizia e r origine delle foriti^ dove se manca la va-
rietà degli episodi, è da ammirarsi la sapienza delle
dottrine geologiche : seguono frammenti di altri due
poemetti: / fiori e V elettricità; pubblicò pure parec-
chie poesie sacre, e tentò anche un grande lavoro o^La
distruzione di Gerusalemme, di cui non pubblicò che
sei canti.
In tutti questi lavori, se non emergeva sempre la
potenza di genio, non mancava mai la scelta di nobi-
lissime immagini, e ciò che importa, il linguaggio
poetico.
Fu egli ancora buon scrittore di prose, prova le
nK>lte biografie d'illustri italiani scritte nei Commen-
tari dell'Ateneo bresciano.
Viveva dimesticamente fra gli amici, poco curò
delle opinioni del secolo, e meno del piaggiare altrui,
(i) Fu il conte Folchino cavaliere dei SS. Maurizio e
Lazzaro, socio di varie accademie e podestà di Cremona.
- 340 -
sicché il suo nome psissò intemerato alla posterità. Fu
aggregato all'accademia della crusca, ed insignito di
una decorazione da Carlo Alberto.
Mori pure ai bagni di Bormio il consigliere di
governo, FILIPPO Maffei. Era nato nel i;6i inCles,
ricca borgata del Tirolo e, percorso con profitto ed
onore le prime scuole, passò all'università di Cesena,
dove si laureò in diritto. Fu pretore a Riva, dove si
volle rimeritarlo colla cittadinanza onoraria. Più
tardi venne eletto direttore deirufficio civico di Tren-
to, e nel 1810, giudice della corte di giustizia dell'al-
to Adige.
Occupate nel 18 14 dalle armi austriache le tre
legazioni, fu chiamato a coprire la carica di procu-
ratore generale della corte d'Appello. Infine venne
tramutato al nostro tribunale, indi a quello di Como
quale presidente, fino all'anno 1822. Intanto si av-
vicinava a quell'età nella quale il riposo non è solo
un desiderio, ma un bisogno, laonde offerse le sue
dimissioni, ritirandosi in famiglia, dove il figlio
Andrea, già ricco di bella fama, quale squisito ver-
seggiatore, e la sua giovine sposa fornita di belle
virtù, brillavano novelli e splendidi astri (i). Ma
troppo corto spazio di tempo gli avanzava per vi-
vere, poiché giunto a Bormio cogli sposi, fu colto
da malattia, che lo tolse al desiderio ed all'affetto
di quanti lo conobbero.
Il marchese FEBO D'Adda, vice presidente dell'i,
r. governo. Nacque da illustre prosapia, studiò in-
defessamente fino da' primi anni ed entrò ne' pub-
blici impieghi : fu dapprima consigliere di stato,
quindi di governo, in seguito vice-presidente. Gentile
(i) E' la celebre contessa Clara Maffei che lasciò il
collegio per andare all'altare, le cui nozze furono celebrate
il IO marzo del 1832^ a S. Maria alla Porta.
— 341 -
senza affettazione, zelatore del giusto senza asprezza,
scliietto, senza recar veruna offesa, si amicò anche
quelli cui non potè far paghi nei loro desideri. Fu in-
signito della croce di Leopoldo, e della dignità di
consigliere intimo.
Stefano Ticozzi, mori quasi repentinamente a
Lecco. Fu autore di opere utilissime alla storia ed
slle arti, e critico giudizioso.
Ferrante Giussani. Era nato VS maggio del
1747 : fu ascritto al collegio degli architetti. Nel 1780
fu eletto ingegner camerale, e due anni dopo, chia-
mato a succedere alPingegnere Ferrari nella direzione
dei canali navigabili e in tutti gli affari d'acque del
Ducato. .
L'attività e gli utili servigi prestati, gli avevano
già meritato dall'i, r. Corte speciali riguardi. In tal
bisogna anche dopo il 1796 fu impiegato dalle di-
verse amministrazioni, che si succedettero nel gover-
no della Lombardia. Ebbe gran parte nell'apertura
del canale navigabile da Pavia a Milano. Nel 1829 fu
messo a riposo, e fregiato due anni dopo della meda-
glia al merito civile. Visse tranquillo nella famiglia
gli ultimi anni di sua vita, morendo novantenne.
Giambattista Pellegatti Visconti medico,
moriva in quest'anno a Cesano Maderno, vittima del
suo dovere nel servizio dei colerosi. Nel 1835 aveva
riportato la laurea in medicina. Fu medico condotto
a Corsico, e dopo qualche anno a Cesano : era il quin-
to giorno della comparsa del morbo, quando nella
notte, chiamato al letto di un coleroso, svenne per
non rinsensare che fra gli spasimi del male, ond'era
già fatto preda : Tundecimo giorno della malattia,
malgrado le cure della famiglia e dei medici colle-
ghi, dovette soccombere.
Giuseppe De Vecchi fratello ai pp. barnabiti Fe-
lice e Gaetano, presidente dell'ordine degli avvocati.
^
À
— 342 —
Luigia Battaglia ved. Calvi, sorella al giure-
consulto Antonio. La pingue sostanza onde era prov-
veduta veniva sempre meno alla generosità del suo
animo, e nella carestia del 1817, essa, esaurite le altre
risorse, si privò anche de' suoi gioielli a scopo di be-
neficenza.
Chiudiamo il lungo necrologio con due morti. Il
vaccinatore lombardo dottor LUIGI SaccX) e lo scrit-
tore Paolo Costa, accademico della Crusca, nativo
di Ravenna e morto a Bologna. Il primo era nato a
Varese nel 1768 e si laureò nell'ateneo ticinese. En-
tusiasta di Jenner, si diede allo studio del vaccino, ne
combattè i pregiudizi, e stampò un trattato in propo-
sito. Tentò pure il veleno idrofobico e praticò parec-
chi innesti nei cani con umori tratti da altri attaccati
da idrofobia. Colla chimica, cercò un surrogato allo
zuccaro, estraendo dalle barbabietole il principio zuc-
cherino, presentò al nostro Istituto lombardo una
nuova macchina, e fu premiato con medaglia d'ar-
gento. Il Governo gli aveva conferito l'ordine della
corona ferrea.
Nominato medico e quindi direttore del nostro
ospedale, vi rimase per ben 43 anni. Morì vittima di
vizio cardiaco a 68 anni.
Paolo Costa nacque nel 1771, fu professore di
belle lettere ed insegnò a Treviso ed a Bologna Nel
1829 gli venne offerto un posto a Torino, ma rifiutò,
preferendo la quiete onde coltivare a suo bell'agio
la letteratura e la filosofia. Fu uno dei più attivi col-
laboratori del gran dizionario della lingua italiana,
pubblicato in sette volumi in 4.° ed autore delle note
alla divina commedia, libro che per molto tempo fu il
vade mecum degli scolari, oltre un gran numero di
opuscoli stampati verso la metà dello scorso secolo
sotto il nome di opere edite ed inedite.
••^H>f^- - J
1837.
CAPITOLO XIII
I ricordi di Rivoli ed Arcole. — Nicolò Vettolini. — I Co- '
mitati di Bastia e di Genova. — Virtuosi da teatro e fug-
giaschi. — Gli emigrati lombardi e l'amnistia impe-
riale. — Gino Capponi e il conte Paolo degli Emilii. —
Le memorie di Andryane. — Vita milanese. — La
crisi delle sete. — Feste e beneficenza. — Istruzione. —
Stampa. — Balzac a Milano. — Arti ed industrie. —
Edilizia. — Necrologio.
A togliere perfino la memoria delle trascorse im-
prese, ricordata nei monumenti, il governatore di Ve-
nezia, conte di Spaur, scrive un bel giorno a quella
direzione di Polizia come «nell'ultima visita fatta
alla provincia di Verona dal consigliere delegato
De-Paoli, destarono la costui attenzione i due mo-
numenti esistenti, l'uno sulle alture di Rivoli, l'altro
ad Arcole, eretti entrambi durante il regno italico,
in memoria delle vittorie riportate dalle armi fran-
cesi contro le austriache.
«Il suddetto delegato (continua il governatore)
riferì che il primo consisteva in una colonna ridotta
alla sola base ed il secondo in una piramide di pietre
lavorate ; è in generale ben conservato, meno due ta-
vole con iscrizioni, ma che pur tuttavia e l'uno e l'al-
tro provocano ( !...) qualche concorso di forestieri.
"fmm
IPPM"
1
- 344 —
t Espose ancora che li rimasugli (sic), esistenti
a Rivoli, potrebbero senza difficoltà e pubblicità, es-
sere dispersi, ma che ciò non potrebbe farsi riguardo
al sussistente monumento di Arcole, senza che la
cosa venga da taluno rimarcata ; e chiede in propo-
sito istruzioni e deliberazioni superiori.
«Prima però di nulla disporre.... invita codesta
Direzione, premesse quelle maggiori verificazioni, che
reputasse del caso, ad avanzare sull'argomento il
reputato suo parere» (i).
A questa richiesta, veramente di nuovo conio, l'i.
r. commissario di Verona, Vendramini, esaminata
ponderatamente la cosa, così risponde all'i, r. con-
sigliere aulico direttore generale della polizia in Ve-
nezia, cui era pervenuta la nota del governatore :
«Non può dirsi presentemente esistere sulle al-
ture di Rivoli un monumento, ma bensì un pezzo
di colonna tronca di pietra, sul quale sotto il ces-
sato regime italico fu eretto il monumento, che alla
venuta in questa provincia delle... truppe austriache,
fu distrutto da parte del militare.
« Dal suesposto, potrà codesta i. r. direzione nella
sua saggezza dedurre, che nessuna curiosità può de-
stare nei forastieri l'osservare un monumento quasi
affatto distrutto, e che non ha forma di sorta, come
è in fatto, che quasi nessuno si reca in quel punto
alpestre e nei dintorni per ammirare quel pezzo di
colonna tronca».
Ed il buon funzionario a ribadire il chiodo, ag-
giunge essere assicurato «che raramente i forastieri
si recano a Rivoli per esaminare le situazioni in cui
nei tempi addietro ebbero luogo quelle battaglie».
(i) Carte segrete. Doc. 358 del 9 marzo.
— 345 —
Quanto ad Arcole, dice, esistere infatti, lungo la
arginatura del torrente Alpone, un obelisco di pie-
tra in forma quadrata con sovraposta piramide qua-
drangolare, ma che esso fu spogliato degli stemmi e
delle iscrizioni che recava ai tempi del passato go-
verno, quindi difficilmente il forastiero si reca colà
per visitarlo.
Circa la convenienza o meno della loro distru-
zione, conchiude, che non ne vale la pena, sia per le
rimote loro ubicazioni, per trovarsi uno quasi inos-
servabile, sia perchè pili non si calcola il motivo della
loro erezione (i).
Intanto non si lascia di dar la caccia agli italiani
e il direttore Torresani scrive alla polizia di Venezia,
come certo Nicolò Voltolini, fratello del commissa-
rio di polizia di questo nome, in Venezia, a quanto
consta, è ancora estraneo ai processi qui incoati per
alto tradimento.
«Per altro, come si vocifera, egli non solo venne
espulso da Ascoli, per macchinazioni di alto tradi-
mento e per aver preso parte alle turbolenze nella
Romagna, ma fu ben anche veduto a Marsiglia in
continua relazione coi fuggiaschi, e figura in un elen-
co dei Veri Italiani, come membro di tale setta.
«Perciò all'eventuale sua ricomparsa, egli in ogni
caso merita un rigoroso trattamento politico, dal ri-
sultato del quale dipenderebbe se ed in quanto po-
trebbe essere rimesso a questo tribunale criminale
per la inquisizione » (2).
Un estratto dalle solite confidenziali, assicura,
che a Bastia (Corsica) esiste un comitato rivoluzio-
nario, dipendente da quello di Parigi, al quale ap-
(i) Carte segrete. Doc. 359.
(2) Carte segrete. Doc. 378.
— 346 -
partengono vari altri dellltalia media, specie della
Romagna. Pretendesi anzi che da quel comitato sia
stato diretto nelle Legazioni, sin dal principio del
febbraio (la nota è datata del i8 marzo) certo Cuc-
chi, suonatore di contrabasso, napoletano, stabilito
a Firenze.
Si raccomanda di mandare circolari d'avviso, ri-
chiamando le già esistenti in proposito, dandone co-
municazione a Milano, Trieste e Zara (i).
Notasi pure essere stato stabilito in Genova un
comitato segreto, o Giunta, della nuova setta la
giovine Europa e che ne sia capo e direttore un
agente di commercio della ditta Vautrin di quella
città, di cui ignorasi per anco il nome {sic).
€ Potendo la stessa Giunta tentare di estendere le
sue ramificazioni anche negli altri stati d'Italia, tanto
più che a Genova sogliono affluirvi molti individui
del Piemonte e del milanese... ; cosi è mente superiore
che usar debbasi della maggior vigilanza, onde sco-
prire possibilmente ogni tentato intrigo e seduzione,
nel qual caso si dovrà procedere con tutto il rigore
verso i colpevoli (2).
Altra circolare manifesta emergere il sospetto che
le società segrete e la propaganda rivoluzionaria pos-
sano valersi anche dell'opera e della segreta presta-
zione dei cantanti da teatro per spedire e diramare
i loro scritti e le loro corrispondenze nei diversi stati
d'Italia, e perciò si avvisano codesti ii. rr. commis
sari superiori per loro notizia e norma affinchè voglia
no tener soggetti ad oculata sorveglianza tutti i co-
mici e cantanti che comparissero e si soffermassero
per l'esercizio della loro professione (3).
(i) Carte segrete. Doc. i,y^.
(2) Carte segrete. Doc. -381 del 30 luglio.
(3) Carte segrete. Doc 465.
— 347 —
Anche l'i. r. esercito deve esser purgato da in-
dividui che potrebbero seminarvi la discordia e fa-
vorire anche la diserzione. Una circolare del dica-
stero aulico di ix)lizia, regola l'accettazione dei fug-
giaschi insorgenti russo- polacchi nel r, esercito, sic-
come alcuni di essi erano riesciti a farsi accettare.
ordina che sia tolto questo mezzo di tolleranza negli
stati austriaci, poiché sarebbe in opposizione al-
l'espresso superiore divieto, fu poi ritenuto indispen-
sabile di pubblicare anche presso la i. r, armata au-
striaca la sovrana risoluzione del 30 gennaio scorso,
relativa alPallontanamento dagli stati imperiali di
tutti gli insorgenti fuggiaschi suddetti....
«L'i. r. consiglio aulico di guerra di concerto
col supremo cancelliere di stato e col presidente del-
Tecc. i. r. dicastero aulico di polizia, ha diramata
apposita circolare ai singoli comandi militari, fis-
sando in essa il dì 31 gennaio 1S3S, non che le norme
del futuro trattamento di coloro che si presentassero
entro il periodo prescritto o quelli die spirato detto
termine, si trovassero presso le ii. rn armate.
«Ove quindi, dietro le suaccennate disposizioni,
accadesse il caso che taluno dei detti individui, che
tenevansi celati negli eserciti fosse per essere inol-
trato in queste pro^nncie fuori di questi Stati per
la via di Trieste o di Lemberg, mi affretto a comu-
nicarle per norma tale disposizione» (i).
E malgrado la grazia sovrana, siamo sempre alle
solite coi poveri emigrali, ed una nota diretta al Pre-
sidio di Venezia, mentre malignamente si magnifica
la grazia sovrana concessa, si parla della convenienza
di assoggettare gli individui rientrati in forza della
risoluzione di S. M., alle penalità contenute nella
(i) Carte segrete. Doc. 433.
- 348 -
sovrana patente del 24 marzo 1832, disposizione co-
me avrà potuto osservare il lettore, che veniva asso-
lutamente abrogata colPamnistia del 1835.
Ecco il ragionamento tendenzioso :
t Nell'atto in cui piacque alla grazia di S. M. di
far scendere l'inesauribile sua clemenza anco sui pro-
fughi italiani, ella si è degnata dichiarare che tutti
coloro i quali fossero per approfittarne nei modi re-
golari e prescritti, dovranno essere sollevati da qua-
lunque responsabilità pei delitti politici che potes-
sero esser loro anteriormente imputati ; e quindi a
maggior ragione si dovrebbero.... esentuare dalle pe-
nalità incorse per effetto di una politica trasgres-
sione, qual'è quella contemplata dalla sovrana pa-
tente 24 marzo 1832 nel caso d'illegale assenza od
emigrazione.
tE tanto più si dovrebbero esentuare, in quanto
che l'arresto e la multa a cui fossero già stati, 0 po-
tessero venir condannati, non farebbe che attenuare
dinanzi ai graziati ed alla pubblica opinione la som-
ma del benefizio accordato dalla sovrana clemenza
verso quei traviati, cui parrebbe dover esser pieno ed
assoluto, e tale ancora apparire agli occhi di tutti,
quando effettivamente non trattisi che di colpe e
mancanze politiche commesse anteriormente.
«Intorno però agli emigrati delle provincie ve-
nete, giova qui osservare e ripetere quanto già si disse
altra volta alla i. r. direzione generale di Polizia
in Milano, quando per ordine di S. A. I. l'arciduca
Viceré, ebbe a chiedere il prospetto nominale di essi
per aggiungerlo a quello complessivo della Lombar-
dia, che quasi tutti costoro.... si erano bensì resi so-
spetti in politica, sia pel notorio loro esaltamento,
come per le circostanze e l'opera della clandestina
loro evasione..., ma non risultavano, come non risul-
L „ ma
-- 349 —
tano finora, prevenuti da alcun fatto positivo, o di
concrete imputazioni, dimodoché anche sotto tale rap-
porto possono meritare maggior riguardo....
« Ora se- nondimeno tutti vennero compresi e ri-
guardati quali altrettanti profughi politici.... sembra
che tutti debbano seguire la stessa sorte. Ma in tal
caso, io ritengo sempre subordinatamente, che sieno
pur tutti a sollevarsi (sic) da ogni responsabilità per
le trasgressioni commesse contro il disposto della
prelodata sovrana patente.... ordinando alle rispet-
tive rr. delegazioni provinciali di sospendere de-
finitivamente da ogni ulteriore procedimento e con-
danna, stantechè tali individui vennero già compresi
nel novero dei graziati politici da S. M. pel libero
loro ritorno in patria.
« Che se pure venisse dalla superiore sapienza ed
autorità altrimenti deciso, fa d'uopo ancora riflettere,
che se mai taluno degli individui suddetti dovesse
per avventura andar soggetto al suo rimpatrio, alla
multa stabilita dall'art. 25 della.... sovrana patente
1832, questa dovrebbe ricadere necessariamente sulle
povere ed innocenti famiglie dei profughi, trattan-
dosi d'individui la maggior parte sprovveduti di
fortuna e di mezzi, il che farebbe un senso sgrade-
vole. E se poi alla multa pecuniaria venisse, com'è
dalla legge prescritto, surrogato l'arresto personale,
questo per breve che fosse, verrebbe assai più male
sentito, e diminuirebbe, come si è già notato, la gran-
dezza, della sovrana graziosissima risoluzione, che
venne cotanto applaudita ed encomiata da ogni clas-
se di persone» (i).
Il ragionamento non faceva una grinza : se il
Monarca nel suo atto di clemenza avesse citato
(i) Carte segrete. Doc. 445 del 17 novembre.
— 350 —
cjuella benedetta Sovrana patente 1832 di cui si fa-
ceva tanto chiasso.
E dalle generali, si scendeva ai casi particolari.
Si trattava di un profugo lombardo certo Giuseppe
Lonati, il quale presentò a mezzo dell'ambasciata au-
striaca residente a Parigi, supplica per essere gra-
ziato, e ciò in base a voci corse di una prossima amni-
stia per simili individui, voci che ripetutamente cir-
colarono tanto nel Regno L. V. quanto tra i pro-
fughi politici all'estero.
Ora dice la Nota citata, diretta al conte di Spaur,
non solo la domanda del Lonati non venne esaudita,
ma si ordinò in pari tempo che le ii. rr. Ambasciate
all'estero, smentissero le voci sparse in proposito, e
nell'interno del paese tale compito venisse deman-
dato all'autorità della polizia, e ciò in modo asso-
. luto, senza alcuna officiosa notificazione (i).
I E la nota di Sedlnitzky per mettere in guardia
la direzione della polizia veneta e togliere qualunque
SjDeranza avvenire ai poveri emigrati, aggiunge, es-
sere già stati impartiti gli opportuni ordini alle ii-
ir. missioni all'estero perchè i voleri sovrani siano
puntualmente eseguiti, scegliendo quelle vie e quei
mezzi che nella loro saggezza troveranno più oppor-
tuni,. Raccomanda finalmente al governatore di te-
nerlo informato delle disposizioni impartite in pro-
posito e dell'impressione che produrrà tale misura
sulla popolazione (2).
E quella direzione a tanta Nota cade dalle nu-
(i) Sembrerebbe da questo documento che l'amnistia
imperiale del 1835 non solo non fosse stata comunicata
alle ambascerie austriache accreditate presso gli Stati este-
ri, ma che se ne smentisse o si contradicesse perfino la
voce. Non sappiamo davvero qual nome dare a questo atto.
(2) Carte segrete. Doc. 447 del 12 luglio.
— 351 —
vole, e sebbene in termini riservati, pure fa sentire
la sua voce. Quanto a me, risponde il consigliere au-
lico De Cattanei, t risulta finora, che qui non si è mai
parlato di una prossima generale o limitata amni-
stia a favore dei profughi italiani, ed anzi ora non
si parla neppure di quella speciale graziosissima so-
vrana concessione, colla quale venne ad alcuni per-
messo di ritornare in patria.
«In tali circostanze io non saprei nemmeno ac-
cennare quanto potesse essere utile e necessario di
procedere ora in questa città e nelle provincie a quella
rettifica o contradizione che viene contemplata dal-
Tossequiato aulico dispaccio.... affiue di smentire le
voci corse a Parigi circa la supposta amnistia, men-
tre ciò potrebbe forse far nascere delle nuove di-
cerie, che in simili delicate materie giova quasi sem-
pre allontanare ».
Accenna poi il funzionario ai mezzi che si potreb-
bero impiegare per la rettifica e cioè, i giornali e le
comunicazioni ufficiose della polizia. Dimostra come
sarebbe troppo pericoloso il far uso nei primi, e
termina suggerendo che «la Polizia dovrebbe rac-
comandare tacitamente ai propri subalterni d'impu-
gnare la voce corsa di detta amnistia, ove fosse ri-
petuta da queste parti».
E tale spediente è approvato dal governatore
Spaur, il quale in altra Nota ingiunge al direttore
di Polizia che ciò debba farsi in modo tranquillo e
positivo (i).
Ed anche un venerando patriotta è pure rigoro-
samente sorvegliato da quell'oculata polizia, il mar-
chese Gino Capponi il quale viaggia per Karlsbad
con passaporto rilasciato dal suo governo. Egli do-
(i) Carte segrete. Doc. 448, 449.
"^^•f^llBIP
- 352 —
vrà passare per le provincie venete, ora «essendo il
predetto Capponi un soggetto di tendenze e principi
politici molto esaltati, ed essendosi egli sempre ap-
palesato incline al moderno liberalismo, così du-
rante il suo passaggio vorrà essere tenuto sotto ri-
gorosa sorveglianza, intorno all'esito della quale se
ne scriveranno esatte informazioni, desiderandosi
pure sapere anche le ulteriori sue direzioni di viag-
gio» (i). La Nota è diretta ai commissariati superiori
provinciali di polizia a Venezia.
Né la polizia mette alcun scrupolo di sguinza-
gliare i suoi confidenti anche nelle case private, ma-
gari nelle piij solenni occasioni. Il conte Pietro de-
gli Emilii di Verona, aveva dato in propria casa un
pranzo in occasione delle prossime nozze della figlia.
Vi si trovavano naturalmente il fidanzato Gaspari,
il conte Andrea Notaris, il conte Giulio Sagramoso
suoi parenti, il maestro di casa don Giuseppe Beder-
zani di Villa Lugherina in Tirolo ed il segretario
agente Carpecca. Ebbene il nostro Vendramini trovò
modo di farvi scivolare anche un suo confidente, il
quale riferisse quanto si faceva in quella famiglia, as-
sai poco benevisa dal governo, ed ecco le relazioni :
«Verso la fine del pranzo, il maestro di casa, che
tra parentesi, conta gli ottantasei anni, fu pregato di
leggere qualche brano del lavoro guerrazziano da po-
co pubblicato, r Assedio di Firenze t. E il delatore
potè sapere che Topera incriminata fu acquistata a Gè-
nova ; che il conte Emili è assai amatore di simili
letture ; che i di lui principi politici in addietro non
erano punto favorevoli al governo austriaco; che
ora però si mostra disingannato e i suoi discorsi sono
(i) Carte segrete. Dee. 469.
i^mipi^BK^..juiA'
— 353 —
ben differenti del passato ; nullameno i libri vietati
sono da lui ricercati premurosamente. Egli è fornito
di molta erudizione, stimato per le sue cognizioni let-
terarie, gode opinione di uomo benefico, ed è infatti
caritatevole verso i bisognosi (i).
E in base a questa denuncia, la Direzione gene-
rale della f>olizia lasciava ampio mandato al Ven-
dramini sui modi di requisire la copia dell'Emilii e
quante altre se ne potessero scovare a Verona.
E veda il lettore qual giudizio vien dato di que-
sto libro in altra Nota.
Il Torresani rimetteva al Direttore della polizia
di Venezia una copia délVAssedio di Firenze, riti"-
rata dalla Francia per venti lire italiane (2), accom-
pagnandola da questa breve recensione : « L'opera
suddetta, divisa in cinque volumi, stampata a Pa-
rigi da Casimir, fu dalla polizia toscana ritirata dai
librai possessori, di quel ducato, e da quei privati,
cui fu dato di conoscere averne fatto l'acquisto. Viene
essa diffusa clandestinamente dal noto libraio Bat-
telli, di Firenze, con danno per la causa della legit-
timità e della religione. Il notissimo avvocato Guer-
razzi, di Livorno, autore dell'opera stessa, ha sparso
in essa massime empie ed irreligiose, paradossi arditi,
foggiati a mo' di scienza, e tutto quanto di pernicioso
e di perverso ha la moderna filosofia, nascosto con
fiori rettorici e con stile romantico » (3).
E giacché parliamo del lavoro guer razziano, veda
il lettore come in seguito la polizia potè avere nelle
mani anche il manoscritto.
(i) Carte segrete. Doc. 500.
(2) Pare si facesse pagare un po' caro il capriccio di
aiver una copia del libro.
(3) Carte segrete. Doc. 522.
GiANETTi. Cronisiona. 32
i
- 354-
Nel luglio del 1840, Temistocle Guerrazzi, fra-
tello minore di Domenico, chiese alla polizia di Li-
vorno il permesso di andarsene a Roma per eserci-
tarvi con maggior profitto l'arte della scultura. l\
passaporto gli venne rilasciato, ed egli cede al pro-
prio socio Bargigli la stanza che gli serviva di stu-
dio.... si era allontanato poche miglia dalla città
quando il Governo fu informato da un confidante,
probabilmente dalla domestica di Temistocle alla
quale per via di confessione fu strappata la verità,
che sotto il pavimento della stanza terrena, ove per
tanti anni aveva lavorato lo scultore, trovavasi una
cassa di latta, nella quale oltre il manoscritto del-
Y Assedio di Firenze erano state riposte altre carte..
La Polizia che fino allora per mancanza assoluta di
prove di fatto non aveva potuto che sequestrare il
libro presso ai venditori, non si lasciò sfuggire l'oc-
casione e nella notte dal 2 al 3 luglio recatasi all'abi-
tazione del Bargigli, col pretesto di volersi assicu-
rare di certa argenteria che rubata molti anni prima
era stata sotterrata a sua insaputa nello studio, lo
invitò ad aprirlo e, sollevati a colpo sicuro due 0
tre mattoni apparve, un pò* arrugginita, la famosa
cassetta, che naturalmente nella notte stessa fu tra-
sportata alla sede della polizia.
In essa si trovarono oltre il manoscritto del ro-
manzo ben undici documenti i quali servirono alla
compilazione dello stesso (i).
E ricordando pure il Governo austriaco le con-
seguenze prodotte dalla stampa e dalla diffusione del
libro di Silvio Pellico, le mie prigioni^ udito che an-
che Andryane, altro dei condannati politici, stava per
(i) Rosolino Guastalla. Note autobiografiche ài Dome-
nico Guerrazzi. Firenze. Le Monnier, 1899.
- 355 -
pubblicare in Francia le sue memorie ; ritenendo che
questo libercolo (!) sarebbe scritto in senso assai
ostile all'attuale regime; ordina che venga attivata
la massima sorveglianza perchè ne sia impedita l'im-
portazione nelle provincie lombardo- venete (i).
Ma tutti questi retroscena, chiamiamoli cosi, che
avvenivano nelle aule governative ed in quelle della
(i) Carte segrete. Doc. 523. Quando il governatore scri-
veva, il libro era già, venuto alla luce e girava, s'intende
clandestinamentei anche nella nostra città.
Ci si permetta ora, giacché parliamo di Andryane, di
riferire le impressioni che ebbe in una visita fatta alle pri-
gioni di Santa Margherita a Milano nell'agosto del 1859,
della quale potemmo avere copia, essendo manoscritta e
diretta ad una sua amica della nostra città.
<c Santa Margarita I Cette prison où j'avais été plongé
à vingt ans, je n'osais pas, le croirait-on, je n'osais pas la
visiter.... J*y avais tant souffert.... avant hier pourtant j'y
entrai.
(c Le géòlier m'ouvrit les portes de cette cour que j'avais
traverse tant de fois pour me rendre à la commission in-
quisitoriale. Je vis la fenétre grillée d'où Pellico parlait
avec le soi-disant due de Normandie (vedi Le mie fri-
gioni)^ mais mon coeur restait impassible.
« Je traversai le corridor qui conduit à l'arrière préau...
les arbres, les acacias que connaissais si bien, avaient di-
spam, mais je reconnus des aussitót les grilles de ma pri-
son, mais je. m'avangai vers la route qui y conduit. En
mettant les pieds sur les dalles, je sentis ce froid mortel
qui m'avait saisi jusqu'au coeur en y écoutant le bruit de
mes pas pour la première fois.
« La porte de ma prison était si bien présente à ma mé-
moire que je m'y arrétai sans hésiter. Je ne la fis pas ouvrir
de peur d'entendre ce sinistre cri des verroux qui me glaga
le sang jusque dans la dernière veine. Je serai plus fort
une autre fois.
« J'ai repassé dans ma pensée scène par scène, angoisse
par angoisse, torture par torture, le funeste drame des pre-
miers mois de ma captivité et je me suis dit : A quoi donc
m'aurait servi, mon Dieu, toutes ces épreuves, toutes ces
souffrances, si vous ne m'aviez donne ce que vaut mieux
que les richesses, que les grandeurs, que les couronnes,
que les renommées.... la foi... ? »
— 356 —
polizia, tra delatori ed attuari, non giungevano nep-
pure alle orecchie degli interessati, i quali erano sor-
vegliati e pedinati senza che se ne accorgessero; il
pubblico ignorava tutto e traeva tranquillo la sua
vita ed un nonnulla bastava a metterlo in vena di
buon umore. In questo anno era la volta del Caffè
Martini, che fu annunziato al pubblico colla pom-
pHDsa denominazione di Caffé della Scala, perchè ap-
punto si ergeva dirimpetto al nostro Massimo come si
diceva allora, del resto con molto maggior ragione
del presente.
Questo ritrovo si componeva di una grande ed
elegante sala a pian terreno e di parecchi mezzanini
al superiore. Vi si lodavano la cucina, la cantina, il
servizio e la quantità dei p)eriodici che vi si trovavano.
Era il primo telegrafo dei successi e dei fiaschi
della Scala, il grande areopago, che giudicava i pic-
coli ed i grandi artisti della scena, la borsa che rego-
lava i consolidati dei cantanti, delle orchestre, dei
comici, dei ballerini e perfino dei cori e delle com-
parse ; di tutto vi si parlava, eccetto che di politica.
Nella mattinata fino a mezzogiorno gli uomini af-
faccendati vi facevano colazione, per solito à la four-
chette ; l'osso buco col risotto per guarnizione, il riso
al salto, o la piccola porzione di arrosto guernito. In-
cominciavano poi gli eleganti, una nuova classe di
individui, che dopo aver asciolto, fumava intorno agli
ingressi dell'esercizio l'avana, o il virginia, tessendo
intanto la cronaca della cantante A, del baritono B,
del tenore C, del basso e magari della corista o della
ballerina.
Pili tardi ancora, si raccoglieva il consiglio dei
più attempati ; anche questi avevano i loro oratori ;
c'era il suo presidente che dirigeva e si potevano di-
stinguere anche i diversi partiti conservatori e ra-
— 357 -
dicali ; in generale però le discussioni passavano
tranquille. Intanto entravano ed uscivano il giorna-
lista, il cantante che gorgheggiava un'arietta, il ma-
rito della prima donna disponibile che malediva l'in-
giustizia dei tempi, l'ignoranza degli impresari e la
avidità degli agenti teatrali. Fra i visitatori del caffè
vi era pure il commesso viaggiatore, che a quando a
quando traeva l'orologio, guardava e sbadigliava.
Dopo le quattro, il Caffè a poco a poco si spopo-
lava^ non vi si cercava nulla, tranne qualche bicchie-
rino d'assenzio. Dopo il pranzo cioè dalle sei in avanti,
il caffè era tramutato in un porto di mare : i camerieri
ricevevano dieci diversi comandi a un tempo, e li ri-
petevano l'un dopo l'altro, con una cantilena tutta
propria.
Avvicinandosi l'ora del teatro cominciavano a
comparire le toelette eleganti della sera e i guanti
della Ghezzi, color pldire col bottoncino di metallo.
Allora ferveva il lavoro : l'uno chiedeva il libretto*
l'altro il binoccolo, questi deponeva la canna, quello
il mantello o il soprabito.
Alla levata del telone, nel caffè ritornava la quie-
te, alla quale poi teneva dietro il trambusto della
mezzanotte, di consueto passaggero come un tempo-
rale d'estate. "^
La prima poi di uno spettacolo nuovo, è facile
immaginare il tema di ogni discorso ; fuori di questo
caso, ogni argomento era buono e si faceva un'edi-
zione di miscellanee, piìi o meno affine alle notizie tea-
, trali (I).
(i) In questo anno uno dei temi era l'incendio e la ri-
fabbricazione del teatro della Fenice a Venezia : esso fu
infatti terminato sullo scorcio del dicembre.
- 358-
Una delle conseguenze più tristi che trasse seco
il colera, fu la crisi delle sete. E* noto, e Tabbiamo ac-
cennato anche nei capitoli indietro, che la Lombardia
e la nostra città in specie, traeva molta parte della
sua ricchezza dalle sete ; ora desse in quest'anno si
presentarono col ribasso del 30 per cento. I diari
francesi vollero trovare una spiegazione al tracollo,
in una coalizione tra varie case inglesi e milanesi, un
trust come si direbbe presentemente ; anzi i periodici
aggiunsero che la rovina di queste case sciolse l'al-
leanza Sembra al contrario, cosi i diari lombardi,
che l'asserto sia meno veritiero. Infatti i nostri nego-
zianti mandavano le loro sete a Lione ed a Londra,
perchè vi trovavano conveniente spaccio in quei due
grandi centri di consumo. Le case francesi ed inglesi
facevano alla loro volta anticipazioni in denaro, rice-
vendo in deposito la seta, ma questa operazione era
affatto individuale, ax:cidentale, senza che vi fosse al-
cuna lega. Ora gli effetti della crisi attuale colpirono
i negozianti piìi avveduti e prudenti, né si sarebbe po-
tuto affermare trovarsi in Europa un negoziante di
seta, il quale avesse fatto affari negli scorsi mesi
senza subire gravi perdite.
Le sciagure presenti dovevano attribuirsi all'in-
vasione del colera che paralizzò le sete nelle mani dei
filatori. Qui, secondo il nostro modo di vedere, sta
tutta la ragione della crisi.
Anche quest'anno il popolino, cui forse non era
ancor passata la paura del trentasei, ebbe argomento
di parlare in occasione della comparsa di qualche fe-
nomeno meteorologico, e dapprima fu una scossa di
terremoto, capitata proprio sullo scorcio del gennaio,
scossa che si ripetè due volte nel corso della n^otte II
mese seguente un bel mattino verso le quattro, prece-
— 359 —
duta qualche giorno prima da fenomeni sismici, ap-
parvero i primi segni di un'aurora boreale, che si
spiegava in tutto il suo fulgore verso le otto. Dalla
parte di nord-est era una nebbia oscura, sparsa di
luce rossiccia, che mano mano s'innalzava, mutando
in color sangue. Durò ben due ore, dopo di che andò
mano mano scemando e scomparendo del tutto. Que-
sto fenomeno si ripetè anche verso la metà del dicem-
bre, una mattina ; durò ad intervalli per ben quattro
ore ed era accompagnata da vento assai forte. Un
mese prima nella sera, si ammirò sull'orizzonte una
cometa di luce molto intensa che movevasi da sud
verso nord, passando per le costellazioni dell'orsa mi-
nore e dell'orsa maggiore. Si aggiunge che in una
sera di luglio la folgore aveva colpito la torre di un
camino che s'innalzava in via Morone, era entrata in
due case contigue, recando qualche danno ai mobili
ed alle pareti, ma senza farvi alcuna vittima.
Il fulmine aveva preso la via di un tubo di ferro
che sporgeva dalla sommità della torricella e scen-
deva quasi al pavimento del primo piano, dove fu
interrotto da tubi in terra cotta, ma la corrente elet-
trica squarciò le pareti della canna, penetrò nella ca-
mera della casa contigua, ruppe diversi fili di cam-
panelli e via via sempre con minori danni. Se il primo
tubo fosse stato prolungato fino al sottosuolo, avreb-
be servito di parafulmine. E il diario cittadino rizzò
cattedra e parlò di correnti elettriche, di parafulmini,
di deviazioni magnetiche e via ; tant'è i giornalisti
passati, presenti e forse anco i futuri, a meno che col
tempo il quarto potere cada, sono sempre gente che
sa cogliere la palla al balzo.... per chiacchierare. Tutti
i questi avvenimenti anche senza la coda giornalistica,
somministravano materia più che sufficiente per al-
; manaccarvi sopra.
-36o-
Le feste imperiali si aprirono quest'anno con un
grande anniversario funebre celebrato a S. Fedele per
il defunto Francesco I. Vi intervennero il governa-
tore Hartig. il feld maresciallo e parecchi ufficiali
superiori.
L'onomastico del successore Ferdinando I, che av-
venne pochi giorni dopo, si festeggiò colle consuete
funzioni nella nostra chiesa cattedrale. Vi celebrò
l'arcivescovo e vi intervennero le autorità governative^
e militari e civili.
Ecco il gran cartello che si leggeva appeso sulla
porta maggiore della cattedrale :
DEO UNI TRINO QUE
SOSPITATORI DOMUS AUGUSTAE
QUOD
IMPERATORIS ET REGIS FERDINANDI I
DOMINI NOSTRI
MAXIMI OFflMI QUE PRINCIPIS
MUNIFICI PU CLEMENTIS
NATALITIA
HOSTLA SOLEMNIS
ET GRATIARUM ACTIONE.
L'i. r. Collegio Maschile (Longone) diede pure
nella sera una grande accademia ; si declamarono
poesie e si cantarono innni di circostanza».
Tra le altre feste segnaliamo quella datasi per
l'erigendo monumento alla Malibran per la quale si
unirono poeti ed artisti. Il giornalista Piazza si of-
ferse per la poesia ; Donizetti per la composizione
della sinfonia ; per la musica il Pacini, il Mercadante,
il Coppola ed il Vaccai. L'esecuzione venne affidata
alle signore Schòberlechner, Colleoni, sorelle Ma-
rietta e Teresa Brambilla, Baylou, Hilaret, ed ai si-
— 3^1 —
gnori Pedrazzi, Milesi, Cartagenova, Marini, Mariani
e Mascolini. Si offersero pure gratuitamente l'orche-
stra, i cori ed il corpo di ballo del Teatro alla Scala.
Fu un postumo e grandioso omaggio che si fa-
ceva alla grande artista, tanto prediletta dai milane-
si ; allora forse non era ancora di moda il nomignolo
di diva. Fu una vera festa dell'arte e chi legge può
immaginarsi il -pienone che si avverò il 17 del marzo
in cui ebbe luogo, e gli applausi che fioccavano da
tutte le parti.
Altra solennità musicale fu quella datasi dall'ar-
tista Mortier nelle sale del ridotto dello stesso teatro.
Vi si suonò la sinfonia del Flauto magico di Mozart
ridotta da Payer per tre pianoforti a dodici mani e
fra gli esecutori erano il Liszt, THiller, il Pixis, il
Schoberlechner, l'Origgi ed il nominato Mortier.
Un'altra ancora fu data dai fratelli Cavallini e
dal sig. Schoberlechner al teatro alla Canobbiana,
che attrasse pure molta gente.
Spettacolosa fu quella datasi nell'estate all'anfi-
teatro dell'Arena. Era già stato precedentemente an-
nunziato che le due compagnie acrobatiche, Fou-
reaux e Desorme, avrebbero dato di concerto un
grande spettacolo in due steccati separati, e il popo-
lino vi si era addensato sugli spalti. Si iniziò il tratte-
nimento conducendo in giro un grosso elefante addo-
mesticato, al quelle si facevano eseguire svariati eser-
cizi, si ebbero corse di fantini, una piacevolissima di
finte vecchie su due cavalli, un'altra di amazzoni, in-
fine parecchi esercizi acrobatici che finirono col trion-
fo di Alessandro Magno, una salita sopra corde tese
di im carro trionfale su cui stava l'eroe, tirato da quat-
tro guerrieri che imperterriti ascesero le corde le
quali conducevano al tempio costrutto in mezzo al-
l'anfiteatro, e ne discesero tra nembi di fuochi arti-
ficiali, razzi, spari e luce di bengala.
— 3^2 —
I cronisti dicono che vi assistessero oltre venti-
cinque mila spettatori, e può essere credibile giacche
si vendettero quasi 26 mila biglietti (25.750). L'in-
troito ammontò a 22 mila lire.
Continua l'interessamento per la istituzione degli
asili d'infanzia ; già abbiamo detto come le somme
raccolte per l'esonero delle visite di capo d'anno an-
davano ad aumentarne i fondi. Ora il Comitato pensò
all'erezione di una nuova casa presso la Chiesa di
S. Nazaro e per vieppiù allargare il beneficio si pro-
gettò una grande lotteria.
Ne fu ordinatore il Sanquirico, coadiuvato dai si-
gnori Camillo Casati e nobile Caccia Dominion!. La
mostra fu aperta co 11' intervento della coppia vicerea-
Ic, e ix>rchè si potesse maggiormente utilizzarla, era
stata messa una piccola tassa anche sui biglietti d'en-
trata. 11 concorso del pubblico riesci veramente stra-
ordinario, cosichè l'introito fu tale da sopperire pel
momento ai più urgenti bisogni, giacche oltre la lo-
calità pel ricovero dei bambini, occorreva l'arreda-
n^ento e il cibo nella giornata. Gli asili da mantenersi
erano quattro : S. Maria Segreta, S. Francesco da
Paola, S. Celso e S. Nazaro.
E giacche parliamo di associazioni benefiche, un
giovane compositore milanese, Gabriele Stéfanoni, re-
catosi a Torino, vide un'associazione pei lavoratori
delle stamperie e propose ad alcuni suoi compagni e
coetanei, tipografi milanesi, di fondarne una simile
e nel 1804 si gettarono le basi del nuovo istituto.
Ecco le principali norme su cui reggevasi.
L'Associazione doveva essere formata da una
unione di tipografi nazionali od esteri, ma dimoranti
in Milano, di buona condotta e che non avessero im-
putazioni criminali o politiche, che sapessero leggere
I
- 3^3 -
e scrivere e che fossero in esercizio della loro profes-
sione da otto anni. Essi dovevano pagare sei lire di
entrata ed un contributo mensile di due lire. In ogni
stamperia, un socio era incaricato dell'ufficio di col-
lettore. La somma raccolta avrebbe servito a sussidiar
i membri dell'Istituto che cadessero malati o rima-
nessero, senza propria colpa, privi di lavoro. Tale
sussidio andava da centesimi 80 ad una lira e venti-
cinque, secondo gli anni di appartenenza.
La Società era retta da un direttore, e da tre dele-
gati, tutti presi fra gli operai tipografi.
Fin dai primi anni di sua fondazione ebbe parec-
chi benefattori che le legarono anche grosse somme,
e possedeva undici mila lire. L'ultimo bilancio (i°ago-
sto *36-37) notava un totale di contributi sociali di
L 2488.50 e un'erogazione di 2997,57. Vi era dunque
un deficit di L 491,07 che fu coperto con altrettanto
capitale.
Le ultime statistiche dell'istruzione elementare,
davano le seguenti cifre : Regie scuole maggiori di
quattro classi nove ; comunali di tre, 54, con un totale
di 127 II alunni. Regie scuole maggiori femminili di
tre classi 11, comunali 3, con un totale di 2689 alun-
ne. Scuole minori comunali maschili 2306 ; femminili
13 19 con un totale di 162.492 studenti.
Si aggiungano 308 scuole festive ; 66 convitti
maschili e 88 femminili con 4878 alunni ; 228 scuole
private maschili e 396 femminili con un totale di
14341 studenti ; infine sono notati 482 studenti di
metodicai, scuola che equivarrebbe attualmente alla
normale, da cui uscivano maestri e maestre.
Emergerebbe un totale di 4715 scuole con 202179,
ma noi siamo ancora lontani dalle piii piccole cifre
dei nostri tempi, poiché è bene notare che questi nu-
meri debbonsi ripartire su tutta la Lombardia.
— 3^4 —
La Università pavese nel triennio 1834, 35 e 36
presenta le seguenti cifre :
Nella facoltà legale, dove insegnano otto profes-
sori si ebbero: 413 scolaci nel 1834; 417 nel *35 ^
454 nel '36.
Nella facoltà medioo-chirurgica farmaceutica,
dove insegnano 1 5 professori, si contarono 604 scolari
nel 1834 ; 632 nel '35 e 354 nel '36.
Nella facoltà fisico matematica, disimpegnata da
14 professori, si ebbero 339 scolari nel '34; 342 nel
'35 e 354 nel '36.
La deficenza del numero degli allievi medici chi-
rurghi nell'anno scorso, si deve, come avrà rilevato il
lettore, all'invasione del colera.
Un fatto doloroso che per verità dobbiamo no-
tare in' quest'anno, in occasione delle pubbliche acca-
demie datesi nei ginnasi e ne' licei della nostra città,
è l'avvilimento cui fu soggetta la classe d^li inse-
gnanti, e peggio quella degli scolari, obbligando i
primi a dare temi di composizioni, che per solito fini-
vano o dovevano finire con un incensamento al so-
vrano, e l'obbligo o quasi del canto dell'inno imipe-
riale! (i).
Del resto le solite distribuzioni di premi al Con-
servatorio, alla Veterinaria ed alle Belle arti.
(1) Né meglio si trovavano i piccoli discenti delle
scuole elementari. In generale al termine dell'anno si
davano premi i quali consistevano in libretti affatto inno-
cui, che il Cantìi diceva esser difficile sceglier peggio. Nel
gennaio del 31 il govern. Hartig si era lamentato che si
fossero date in premio le Quattro novelle di Cesare Balbo,
non parendo adatte se a tale uso. Il Torresani gli rispo
che ciò avvenne forse per le lodi date a quel libretto dalla
Bib. Ital. soggiunge che sarebbe bene che i libri dati in pre-
mio fossero li alla portata degli scolari, e modelli ineccepibili
di buona lingua, e più di sani principi religiosi e politici ».
Cronistoria,
-365-
Una statistica libraria ci dà per l'Italia le seguenti
cifre : Teologia, storia sacra, libri ascetici, ecc 509
volumi; giurisprudenza 180; geografia, storia e
scienze affini 492 ; scienze ed arti 591 ; belle lettere ed
arti 1 1 13. Nella sola Milano si notano oltre 765 vo-
lumi.
Kcco alcune pubblicazioni : L'abate prof. Rovida
traduce dal francese la vita di Pio VII, di Artaud ;
il giureconsulto Treccani ci dà una versione italiana
del Degenerand, Del perfezionamento morale e della
educazione di se medesimo ; il Molinelli entra come
uno dei pmcipali collaboratori nella pubblicazione
degli studi per le donne italiane, che diventa perio-
dica ; il prof. Sala del Ginnasio di S. Marta, stampa
Le lezioni di Grammatica Greca, per uso del Ginna-
sio stesso ; il marchese Antonio Cavalli traduce in
terza rima le elegie di Tibullo e di Properzio ; il Par-
ravicini, direttore della Scuola Elem. maggiore a Co-
mo, pubblica il Giannetto che ottiene il premio pro-
messo dalla società fiorentina dell'istruzione elemen-
tare all'autore del miglior libro di lettura. Il Lam-
bruschini alcune letture pei fanciulli tolte dL-dWEdii-
catore ; il Sartorio, la Morale biblica, ossia, massime
tratte dai due Testamenti ; il dottor Giuseppe Ferra-
no, autore dei monumenti illustrati di S. Ambrogio,
illustra i monumenti del borgo di Cantù, opera do-
vuta alla penna di quel parroco Annoni. Antonio Lis-
soni ufficiale di cavalleria mette in luce i fatti storico-
militari dell'età nostra; Giovanni Torti un poemetto
dal titolo scetticismo e religione; Giovanni Campi-
glio, la storia generale d'Italia in compendio ; Loren-
zo Sonzogno, il castello di Milano, alcune lettere ine-
dite di letterati del XVII secolo ; il Grossi V Ulrico
e Lida; il Cantti Ignazio la Guida della Brianza ;
Adele Curti alcune poesie che si vendettero a favore
degli asili.
- 3^ -
E ci è caro notare che a quest'epoca in Italia si
pubblicavano ben venti opere colossali, vuoi per la
importanza dell'argomento, vuoi per la ricchezza delle
incisioni e dell'edizione ; accenniamo ad alcune : Le
famiglie celebri del conte Pompeo Litta ; la ReaU
Galleria di Torino illustrata dall'Azeglio ; la innova
Corografia dltalia dello Zuccagni ; due opere sul-
l'Egitto, una di Rosellini e l'altra di Valeriani con
atlante del Segato ; le antichità di Sicilia del duca
Serra di Falco ; il Museo di ^Napoli ed il Vaticano,
illustrato dal Pistoiesi ; i costumi di tutti i popoli del
mondo del prof. Menin ; i Castelli del Tirolo del
Perini ; il regno naturale del Locatelli e la Pomona
del Galesio ; la descrizione figurata dei funghi dei
Vittadini ; la Flora itcdica del Bartolani ; un Dizio-
nario tecnico-etimolo gico-filolo gico del Marchi ; la
Storia d^ Italia del Botta ; Vltalia prima del dominio
romano del Micali.
Fra le opere scientifiche notiamo le Ricerche eco-
nomiche sulle interdizioni imposte dalla legge ci-
vile agli israeliti^ di Carlo Cattaneo ; il Monte sete
di Carlo Restelli ; Osservazioni ed esperienze intorno
alla parte meccanica sulla trattura della seta nel Pi^-
7nonte, di Giacinto Carena ; Le miniere metalliche del-
V Ossola, di Giambattista Fantonetti ; Gli elementi di
filosofia morale del Zantedeschi ; una Memor'm sugli
anellidi della famiglia delle sanguisughe, di Filippo
De Filippi ; una Statistica medica di Milano del Fer-
rarlo ; la Teoria del movi^nento della luna, del Car-
lini ; un Manuale di chirurgia, del Chelius.
Ne mancò la letteratura infantile pubblicando re-
lazioni intomo alla fondazione ed allo stato degli
asili di carità per l'infanzia ; un discorso in occasione
delF inaugurazione del quarto asilo a S. Naza^o; U
feste della carità verso l'infanzia; colloqui e rag-
— 367 —
guagli domestici indirizzati alt educazione della fan-
ciullezza.
Un periodico per l'adolescenza era il Narratore^
cui si aggiungono gli aurei libri di Cesare Cantù,
quali il buon fanciullo^ il Giovinetto, il Galantuomo
e il Carlambrogio da Montevecchia.
Una speciale parola dobbiamo fare intomo ai
lavori del Gazzoletti e del Solerà (i), che togliamo
dai periodici del tempo.
Sono versi, di due giovani che per la prima volta
domandano il pubblico voto e certo lo otterranno.
Diversi d'indole e d'argomento nei propri com-
ponimenti, hanno di comune fantasia forte, e potente
originalità. I versi di Gazzoletti sono di va'rio ge-
nere ; ora è un canto sulle rovine di un castello, ora
è un accento d'amore, ora è la romanza patetica del
disertore, o il dolore di una fanciulla, che vede pas-
sarsi innanzi il feretro dell'amante ucciso dal colera,
talora è un voto per la libertà del cuore, talora un ac-
cento d'affetto al dolce nome di madre. Gcizzoletti
tiene il far della poesia che alcuni chiamano roman-
tica ( ! ), ma non è una poesia strana e fantastica, come
quella di Goethe ; è una poesia, che si inspira alle pas-
sioni ed ai casi della vita, sostenuta da forti senti-
menti col colorito italiano.
(ly Leone Fortis così traccia il ritratto del Solerà « Alte,
colossale, dalle spalle erculeamente quadrate, dal collo tau-
rino, che i solini largamente rovesciati sulla cravatta sot-
tile lasciavano scoperto in tutta la sua robusta nudità, dalla
testa voluminosa, dalla faccia larga quasi imberbe, dagli
occhi piccoli, infossati, ma acuti, penetranti, come punte di
acciaio, con la lente confitta nell'occhio destro, abitudine
che, segnando una ruga dall'occhio al labbro, dava alla
sua fisonomia una impronta sarcastica, dalla voce profonda,
cupa, che si compiaceva di rendere cavernosa con un'ac-
centuazione singolare, quasi fatidica, misteriosa, solenne».
- 368 -
Tale linguaggio si potrebbe pure tenere delle poe-
sie del Solerà, sebbene forse di minor merito in con-
fronto a quelle del Gazzoletti, ma condotte con mag-
gior sentimento religioso, specie i due canti sacri,
quello intitolato Iddio e Taltro sulla religione cri-
stiana. Un racconto emozionante di questo autore è
quello intitolato Michelina nel quale narra le misere-
voli vicende di una fanciulla durante il choléra.
Quanto a strenne notiamo : La Strenna Teatrale
di Francesco Regli, uno dei redattori del diario cit-
tadino ; la Strenna italiana del Ripamonti, nella
quale ci piace ricordare i monti di Torno di Cesare
Cantù, la biografia di Belzoni, del Leoni, un racconto
di Carlantonio, del Sala, alcuni Romei del ijjOy del
Col leoni ; finalmente il Presagio stampato dal Ca-
nadelli e il Non ti scordar di me del Vallardi.
Una istituzione, che andò mano mano ingranden-
dosi nella nostra città, e che dobbiamo collocare tra
quelle che favorirono il progresso della geografia,
e delle scienze affini, è l'Istituto geografico militare.
Fin dal 1801 esisteva un ufficio topografico, composto
di disegnatori ed incisori, incaricato dei disegni e
dei piani pel Ministero della guerra. Esso venne grado
grado arricchito di strumenti, e furono aggiunti nuovi
ingegneri (i), dovendosi eseguire la Gran Carta Mi-
litare delTa repubblica italiana. In seguito a questa si
eseguì il rilievo idro-topografico delle lagune venete,
del ferrarese e della costa adriatica.
Il palazzo dell'Istituto occupava allora la piazza
di S. Marta (Mentana) ed eravi annessa una stampe-
ria, un'officina ed un magazzeno ; contava 24 dise-
(i) Data da questo anno Tistituzione del Corpo degli
ingegneri.
— 369 —
gnatori non compresi gli allievi, il cui numero era
indeterminato.
L'opera più grandiosa di cui si occupava allora
era la carta topografica del regno lombardo veneto.
Si trovava fra noi lo scrittore francese Balzac ed
era una ressa per poterlo vedere. Se due amici s'incen-
travano a caso, era inevitabile la domanda, se l'aveva
veduto. Ognuno poi pretendeva di averlo incontrato
e si raccx)ntavaiio i più gustosi aneddoti. Un giovi-
notto, trovandosi in teatro, ad un crocchio d'amici rac-
contava di essere stato in grande intimità con lui a
Vienna, quando entrò un capitano de' granatieri ve-
stito in borghese. Ecco Balzac, disse il giovinotto ;
naturalmente non era lui, ma solo lo assomigliava.
Del resto, ecco il ritratto che ci danno i periodici di
allora, a II signor di Balzac è piuttosto basso che alto
della persona ; i proventi della sua letteratura lo con-
servano florido ed allegro ; la sua educazione e la
sua nascita lo rendono amabile e disinvolto ; i suoi
talenti, spiritoso e vivace ; la sua fervida imma-
ginazione, parlatore fecondo, preciso, inesauribile.
Una felice inclinazione se non lo ha reso fashio-
nable in tutto il significato della parola, gli ha fatto
però rinunciare alla lunga capigliatura. Non è bello
e non è brutto : ha sotto il naso una specie di chiaro-
oscuro che dà qualche lontana idea di mustacchi.
Chiome nere ed incolte, naso savoiardo (!) e due occhi
nerissimi, nei quali si può leggere compendiato il
fuoco ed il brio del grande scrittore. Parla con mode-
stia di se, e speriamo che parlerà un giorno con lode
anche degli italiani, i quali lo ammirano, lo festeg-
giaao, lo accarezzano e lo presentano di palchetto in
palchetto.
Se v'imbattete per via con lui, è impossibile che
GuNiTTi. Oontstoria. 23
— 370 —
non fermiate in esso lo sguardo. Nulla di radiante,
di etereo, di sovranaturale ; ma un complesso di vita,
d'insolito, di notevole, che non può facilmente sfug-
gire all'occhio dell'osservatore.
Egli cerca con ansietà i quadri del Luini e aspetta
un mattino sereno per salire sul nostro Duomo. Si
direbbe che l'ingegno desti in lui una tendenza spe-
ciale per le regioni alte, poiché anche a Parigi abita
in una specie di specola, dalla quale lo sguardo do-
mina gran parte della città».
La festosa accoglienza colla quale tutte le classi
sociali ricevettero Balzac, è certo premio lusinghiero
alle sue fatiche letterarie, incoraggiamento agli in-
gegni, sprone alla emulazione italiana (i).
Le arti e le industrie fanno bella mostra di loro
in quest'anno ; ne sono prova oltre le opere che si am-
mirano all'annuale esposizione di Brera ed a quella
biennale delle industrie, il grande finestrone a vetri
sulla porta maggiore della nostra cattedrale. Fu il
professore Sabatelli, che venne incaricato del disegno,
il quale come ognuno sa, rappresenta l'Assunta in
figura colossale, cui fa corona un gruppo di quattro
angeli più grandi del vero con altri tre angioletti
come compimento del quadro. Il Bertini vi lavorò in-
torno per ben sei mesi : è un quadro che raggiunge
quasi sette metri di altezza (6735) per oltre tre e
mezzo di larghezza (3.570), composto di ben 215 pezzi,
il telaio di ferro è diviso in altri dieci telai, le con-
nessioni dei quali formate in grosse spranghe sono
(i) Qualche giornale però smentisce in parte l'acco-
glienza, anzi taluno giunge a dire che lo scrittore fu aggre-
dito nottetempo da quattro individui che col pugnale alla
gola lo depredarono dell'orologio. Gasttte de trance^ ci-
tata dal nostro diario del 19 marzo.
— 371 —
)struite in un modo tutto particolare, affinchè non
jssano apparire all'occhio.
I nostri babbi ebbero pure la fortuna in quest'anno
1 assistere all'elevazione ed al collocamento della
istiga suir attico dell'arco della Pace. Erano già
tati collocati i sei cavalli e gli altri quattro colle
Vittorie. Si trattava ora di trasportare dalla fon-
leria dei fratelli Barigozzi alla Fontana, la statua
la collocarsi nel mezzo.
A tade difficile impresa venne chiamato l'archi-
tetto Peverelli, uno dei migliori allievi del Gagnola.
Per effettuare il trasporto egli impiegò quel mede-
simo carro meccanico, che già aveva servito per la
condotta delle otto colonne, aggiungendovi qualche
aumento di armatura onde impedire ogni oscillazione
della statua. Verso le tre e mezzo del pomeriggio del
i8 agosto, essa fu mossa dal locale della Fontana,
montata sul carro di trionfo, tenuto saldo da un gran
masso di granito e condotta con tutte le cautele al-
l'Arco, dove giunse il posdomani a sera dopo 46 ore
di viaggio.
E' noto che la fodrina del carro, modellata dal-
l'Abbondio Sangiorgio, è decorata sul davanti da un
Uofeo e da due figure sedenti ai lati, rappresentanti
l'una, il genio della fertilità lombarda con cornucopia
e spighe, l'altra il genio delle belle arti, che tiene in
una mano emblemi analoghi e coll'altra regge il ri-
tratto del Gagnola.
La statua della donna è ritta, grandeggiante e si
mostra col diadema in capo, ravvolto il fianco in
un paludamento matronale. Tiene nella destra il ramo
d'ulivo e nella sinistra un'asta sulla cui cima è fog-
giata una figura di Minerva
I II carro è tirato da sei corsieri, sovranamente mo-
dellati ; agli angoli^ come si disse, vi sono quattro Yit-
L
- 372 —
torte, sedenti sui rispetti\i cavalli in aUo di presen
lare con una mano, una ccrona di ailoro alla dea.
che fa il suo solenne ingresso nella capitale lom
barda. I quattro cavalli e le VilfcrU furono model
lati dallo scultore Putti di Bclogna.
La statua col l'annesso carro fitrcno poi innal-
zali il giorno seguente. Vennero piantati dodici ai
j^iìiii disposti in figura semicircolare intomo ali arco.
e prima di un'ora essa toccò la piattaforma. Vi si im-
piegarono 304 uomini di cui 120 militari; vi assi-
stevano il governatore, il presidente deiraccadeiDW
delle belle arti ed il nominato architetto (i).
Quest'anno la consueta esposizione di belle arti
fu aixjrta nel maggio. Vi daremo una rapida cors^.
non [)cr farne una rivista artistica, ma per ricordare
almeno sommariamente gli autori che vi emergevano
Oltre la colossale statua del Beccaria, il Marchesi
vi csi>oneva quella di Carlo Emanuele III, di Ales-
sandro Volta, di Goethe, ima Psiche ed una Venere
che disarma Amore. Quest'ultimo lavoro dedicato al-
rimpcralore Ferdinando I ispirò un'ode a Temisto-
( le Solerà Altri scultori notiamo : il Thorwaldsea
il Haruzzi, il Monti, il Benzoni col busto 'del medico
Raschi, il Bartolini, il Ferrari, il Labus, il Sangiorgio.
il Rusca, il Fraccaroli, il Rados, il Pasquali, il P^^'
liliali, il Gandolfi, il Bandini, lo Scorzino, Luigi Mar-
chesii « il Croff.
l)d Bartolini è la Fiducia in Dio, che oltre atti-
llare gli sguardi del pubblico e gli elogi del diano
( 1) In una nota delle spese fatte dal Governo per la città
di Milano, troviamo che per l'Arco della Pace, compreso
((uunto rimaneva da eseguirsi, si preventivarono quasi tre
milioni e cento mila lire.
r^w^vr^
— 373 —
ittadino, ispirò il celebre sonetto del Giusti e al
)oeta. IMaff ei dei bellissimi versi, che non sappiamo
esister-e atlla tentazione di trascrivere :
Olii t'ha rapito, creatura bella,
L'ale, il moto, i colori e la favella ?
Tu levasti pur ora al paradiso
Forse non paga della terra, il viso.
p*ur or da quelle tue labbra celesti
La preghiera degli Angeli movesti.
Ben l'ufficio de' sensi, e l'intelletto
Sospeso è in te, ma ti riman l'affetto ;
!Nè poi che l'uomo sull'errox si dolse
Con pili viva fiducia a Dio si volse.
Sei tu l'imago della speme eterna
Nell'eterno dolor che ne governa?
O non ancor dell'alito immortale
L'ultima ti commosse aura vitale ?
Lo spiro attendi creator del sole
Che le membra ti sciolga, e le parole
Oh ! Se il cor mi fa benda alla pupilla
E tu non sei che inanimata argilla,
Se dal ciel non cadesti, e non ti fea
T Jna scintilla del Voler che crea.
La fantasia, che ti scolpì la vita
Vide, in arcana vision rapita.
L'angelo dell'amore e del perdono
Così comporsi dell'eterno al trono (i).
Nella pittura emergono il Podesti, il Liparini, l'A-
r lenti, il Sogni, il Narducci, il Lucchini, lo Schiavoni,
il Gonin, il Molteni, il Benevello ed il Manzoni.
Fra i paesisti notiamo l'Azeglio, il Bisi, il Mi-
gliaia, Marco Gozzi, Antonio Marinoni, Federico
(i) Di questa poesia si volle la traduzione in inglese a
cui si prestò il signor Marcello Manzoni. Vedi Gassetta
di Milano,
— 374 —
Nerly, Michele Maestrani, il Conte Rinaldo Belgio -
ioso, Roberto Garavagliai, Bernardo de Bemardis,
Francesco Milani, Giambattista DelPAcqua ; in tutto
ii6 opere. Dobbiamo poi aggiungere una lode spe-
ciale pei dipinti a smalto del Bagatti Valsecchi ; ecl
a proposito di dipinti, notiamo che viaggiava in que-
st'anno per ritalia certa Jaquotot, celebre pittrice sulla
po^rcellana, per copiare i nostri sommi maestri e tale
fu l'entusiasmo che destò pe' suoi lavori, che un certo
numero di amatori si raccolsero per acquistarne pa-
recchi. Sii decise che le oompere fatte saranno de-
positate in un gaibinetto apposito della nostra Ac-
cademia di belle Arti ed il nome di quelli che avranno
contribuito a tali compere, sarà dipinto in oro sopra
apposita tabella layorata dalla stessa artista.
E vogliamo ancora notare essere stato quest'anno
in cui si gettarono le fondamenta di un museo arti-
stico. Chi entra dalla porta del palazzo di Brera sulla
piazzetta dove sorge la statua del pittore Hayez, fatti
pochi passi, trova a destra una porta la quale mette
ora nel museo di antichità ; allora quella grande sala
serviva di cappella agli studenti del ginnasio e di
umanità. Vi si celebrava messa ogni mattina dal pro-
fessore di religione, e le centinaia di allievi si dispo-
nevano in bell'ordine nelle panche della nave di
mezzo. In questo anno fu una sorpresa per gli scolari,
poiché in una delle minori navate, quella a destra, si
collocarono pietre antiche che avevano iscrizioni, e
statue rinvenute nella demolizione dell'arco di Porta
Orientale ; si raccolsero molti marmi sparsi qua e là,
già appartenenti alle demolite chiese di Milano, pa-
recchi lavori del Balduccio, che si trovavano sulla
facciata dell'antica chiesa di Brera, parecchi monu-
— 375 —
menti, tra i quali notiamo i resti di quello di Gastone
di Foix, quello di un vescovo e quello ^andioso di
Bernabò Visconti. Quest'ultimo era in parte dorato,
specie il crine del cavallo, alcuni ornamenti dell'abito
ducale e la sua bajba ormai annerita ; quest'ultima
gli dà iin carattere strano che compendia in certo
modo le tristizie di quell'uomo. Tali furono gli inizii
del grande museo artistico che ora ammiriamo.
Le manifatture e le industrie segnalano anch'esse
un progresso. I fratelli Manfredini, già altrove no-
minati, si rendono celebri per lavori in bronzo dorato
e così pure Thomas e Strazza. Le ditte Aubry, Ron-
chi e Pandiani apersero una fabbrica in simil genere.
Luigi Bordelli e Gaetano Alberti, studiarono di imi-
tare con vasi di terra dorati e colorati, quelli di por-
cellana.
Nel 1834 erano già apparsi per la prima volta al-
respK>sizione industriale i saggi di porcellana della
fabbrica Tinelli a S. Cristoforo : il Lepori lavorò alle
tegole piane : Giambattista Brusa alle piastrelle nere
per pavimento : il Bertini ai vetri istoriati e con que-
sti gareggia il Sabatelli : Luigi Invernizzi trovò modo
di pingere i vetri a vernice.
La mostra biennale di quest'anno, un'istituzione
che faivoriva il miglioramento delle nostre manifat-
ture, ed incoraggiava l'introduzione di nuove mac-
chine, fu larga di premi.
Nell'agricoltura si decretarono distinzioni all'in-
gegnere Parea, a Giovanni Agliardi ed alla memoria
del duca Carlo Visconti di Modrone, per migliora-
menti agricoli.
Pensiero utile fu quello della ditta Gaetano Ve-
nino e figlio e del Piccaluga di utilizzare i cascami
di seta, che prima si gettavano, o si vendevano a vilis-
- 376 -
Simo prezzo. Codesti industriali trovarono modo dì
filarli e così furono messi in commercio.
Giovanni Lamberti espose stoffe di seta lisce ed
operate, miste con lana ; Osnago, lampas, damaschi
e stoffe spolinate in oro ; Domenico Argenti^ velluti ;
Paolo Uboldi, maglie in seta a trafori ed a disegni ;
Adolfo Rosselet, blonde; i fratelli Galbiati, veli e
tulli ; Antonietta Mentaschi, saggi di tulli lavorati
a maglia ; Carolina Peroni e Giovannina Clementi,
saggi di finissimi rammendi di merletti. Ed è bene
sapere che a queste esposizioni si ricevevano anche la-
vori di fanciulle di collegio : notiamo una Manetta
Broglio di 14 anni, che espone un ricamo rappresen-
tante un eremitaggio ; il collegio femminile di certa
Rachele Lucini, altro bellissimo ricamo rappresentante
Agar nel deserto e via via.
E girando sempre in questa esposizione notiamo
Ferdinando Turina di Casalbuttano e Gaetano Ghi-
doli, che mandarono due diverse macchinette per tri-
turare la foglia del gelso.
A migliorare la trattura, la filatura e l'incannatura
della seta, presentarono macchine, Giovanni Rivi,
Giuseppe e Teodoro Milesi, Benedetto Proserpio,
Ignazio Giuseppe Ratti, l'ingegnere Giovanni Grassi,
il Marliani, il Pirovano, il Bramati ecc.
Per lavoro di pelli si distinguono Baldassare Pe-
regalli, Gaetano Galli, che espone pelli lucide, Carlo
Elli pelli impenetrabili, Stefano Speluzzi fece dei car-
toni levigati con macchie, che imitavano le venature di
legni esotici. Il Molina è premiato per la sua fabbrica
di carta ; Gairlo Caldi per la fabbrica di scatole ; Ri-
pamonti Carpano, per oggetti di cancelleria ; Bernar-
dino Speluzzi, per lavori in materie di madreperla ;
Celestino Vaili ard, per tabacchiere di radica di varie
f oggie ; Valente De-Gregori per mobili intagliati ;
- 377 -
Frattini e Cattaneo per lavori alFuso chinese ; Se-
rafino Corvi, per intarsi a chiaroscuro ; Alfonso Ges-
saia, per preparazioni di legname da lavoro ; Co-
lombo, per la fabbrica d'armi da fuoco ; Calabresi,
per acciarini da fucile ; Giuseppe Console, per pistole
militari ; Francesco Bonomi, per imbalsamazione di
animali ; Giuseppe Pagani, per la preparazione delle
pietre litografiche ; Angelo Soldati di Venezia, per
colori preparati ; la ditta Vassalli, per saggi litogra-
fici ; Luigi Monti e Giovanni Siley, per^saggi calli-
grafici ; Carlo Grippa, maestro farmacista presso la
ditta Stagnoli, per preparati medicinali ; Giustino
Bouthon, per dolci ; il Durand, che conoscemmo vec-
chio nella galleria De Cristo foris, per cosmetici e
profumerie; la ditta Martin, per la filatura dei ca-
scami di cotone ; Pescini, per tessuti di lana con fiori
e figure ad uso dei grandi taippeti ; Vigano, per la
confezione di tovaglie ad usò Fiandra ; Carlantonio
Galbusera, per perfezionamento di violini ; i fratelli
Barigozzi, per la fusione dei metalli, specie quelli im-
piegati per le campane ; Mondellini, per strumenti di
chirurgia ; il Brenta ed il Consonni, per istrumenti di
ottica (i).
E questo risveglio nelle arti e nelle industrie giovò
assai anche alTedilizia. Abbiamo accennato nel ca-
pitolo precedente ai lavori compiuti nella chiesa della
Madonna del Castello, quest'anno è la volta dell'atrio
sopra disegno dell'architetto Chiappa, e si parla an-
cora del nuovo tempio da erigersi a S. Carlo in sosti-
tuzione dell'antica chiesa dei Servi. Fu collaudato il
(i) Chi desidera maggiori particolari in proposito può
consultare la Gazzetta di Milano dell'anno.
- 378 -
disegno deirAmati, e deciso che il comune vi contri-
buirebbe per 300 mila lire ; quanto al rimanente, il go-
verno autorizzò la fabbriceria a fare appello alla ca-
rità cittadina. Sono promotori oltre il parroco Amati,
fratello dell'architetto, l'avvocato Francia, Antonio
Pavesi, Luigi Brocca, Giovanni Battista Gavazzi e
Carlo Ubicini (i).
Una delle opere grandiose, che provano ancora
una volta quanto la nostra città fosse inesauribile
nella sua beneficenza, fu il riattamento del pio al-
bergo Trivulzio, in modo che il numero dei ricove-
rati da duecento salì a cinquecento.
Profittando di lasciti, «su disegno del Pizzagalli,
fu elevato di un piano il fabbricato verso la via della
Signora, e si unirono le due infermerie degli uomini
e delle donne di una lunghezza complessiva di brac-
cia milanesi 270 e della capacità di 200 letti. In mezzo
ad essa si eresse una cappella con altare per la cele-
brazione della messa : a questa cappella mette capo
un magnifico scalone. La facciata verrà continuata e
tolto lo sconcio angolo, che allora la deturpava, pro-
prio di fronte al corso di porta Tosa (P. Vittoria).
Tutto ciò quanto all'esterno ; circa ai lavori intemi,
ai ventilatori, già esistenti, si aggiungeranno degli
sfiatatoi a seconda dell'ampiezza dei dormitori ed a
(1) E' da notarsi che in generale i sottoscrittori di som-
me in sussidio o per spese ai colerosi avevano messo per
clausola, che ove non tutto il fondo versato fosse esaurito,
l'avanzo venisse passato per l'erigendo tempio di S. Carlo
e pel momento alla Fabbriceria delfa Chiesa dei Servi. Fu
questa una condizione che diede origine a parecchi con-
trasti col Municipio. La Fabbriceria prese naturalmente le
parti degli offerenti e pretese dal Municipio una somma
non indifferente che ammontava a circa 40 mila lire e la
lite si trascinò avanti fino al 1842, terminandosi con una
transazione.
— 379 -
raggiungere r^ual scopo si innalzerà il soffitto di
un dormitorio soverchiamente basso. Si aggiungeran-
no pure appositi camerini per bagno, ed affinchè non
manchi mai l'acqua ai molteplici bisogni dello stabi-
limento, essa verrà diramata con appositi serbatoi in
modo che in ciascun locale si scarichi in determinati
recipienti di sasso, non mediante maneggio di tromba,
ma con semplice rubinetto.
Fu in questo anno che ai calzoni corti vennero so-
stituiti i pantaloni ed alla scairpa si sostituì una spe-
cie di stivaletto sopra cui cadeva l'attuale pantalone.
Si aumentò pure il trattamento dietetico aggiun-
gendo un piatto alla cena, oltre la minestra ed un bic-
chiere di vino, oltre i due consueti.
Per terminare diremo che il principio del nuovo
fabbricato e parecchi miglioramenti nella parte disci-
plinare debbonsi all'avvocaito Lorenzo Prinetti, presi-
dente dell'Istituto, e dobbiamo pur notare i cospicui
lasciti di cui si arricchì in questi ultimi anni. Un Man-
dei li legò mezzo milione di lire, la contessa Schiaffi-
nati 350 mila.
Altro lavoro di abbellimento venne pure eseguito
al nostro vecchio teatro Re, e non sarà discaro ai let-
tore il sapere come esso fu ridotto nell'agosto di que-
st'anno, che dalla sua apertura il proprietario signor
Carlo Re non aveva fatto grandi mutamenti.
I parapetti, il proscenio e tutte le parti più in vista
furono ricoperte da una tinta biancastra ed uniforme ;
un festone dorato a fasci qua e là allacciati, divideva
tutti gli ordini dei palchi ed un cordone dorato, in
rilievo ad ovoli, girava intorno chiudendo i parapetti,
in mezzo ai quali ammiravansi di distanza in distanza
in bassorilievi graziosi, emblemi teatrali pure dorati.
Parimenti al proscenio semplici cordoni in oro in-
trecciati ad ornamenti sostenevano tratto tratto a giù-
-^a LI I P"«|
- 380 -
ste distanze piccoli medaglioni a fondo dorato con
ritratti in bassorilievo a vernice biancastra.
A questa semplice ed insieme gentile decorazione
davano risalto le cortine rosse dei palchi, ornate di
una breve frangia sostituita ad un grande orlo nero.
Il cielo rappresentava un velario attaccato ad un
festone a fasci, dorato e simile a quello che divideva
gli ordini dei palchi, ed esso paire aveva Torlo, di-
pinto in rosso, affinchè il tutto dovesse armonizzare
colle pareti. I pittori, Giuseppe Catena e Gaetano
Borgocarati, l'arricchirono poi di vaghe figure dan-
zanti, di amorini, di medaglioni, di emblemi e di trofei
chiusi airintorno da ghirlande che avevano tutto il
brio del colorito e la castigatezza del disegno.
Nel mezzo era una lumiera di 18 fiammelle inge-
gnosamente distribuite perchè potesse anche aumen-
tarsi all'uopo la luce con illuminazione a cera ; fu
pure riformata la scenografia, già di troppo antica.
A tutti i lavori presiedette il pittore Scinquirico. Il
teatro così ammodernato si inaugurò colla Norma il
26 dell'agosto ; vi agivano la Feron e il Tatti.
Un altro lavoro in cui l'architettura, la floricol-
tura ed il buon gusto concorsero a renderlo pveg^-
vole, fu là costruzione del giardino del dottor Luigi
Sacco in strada (ora via) Monforte. In quelle serre
era un'eterna primavera Egli raccolse una famiglia'
di ben dieci mila camelie, ospitando a Milano le
prime camelie che vi si portarono. Uintero giardino
era racchiuso fra pareti di legno e di vetro : sotto 1
viali correvano dei tubi conduttori di calore artifi-
ciale, per tutta la distesa.
Mettendo piede nell'atrio del giardino, si apriva
davanti una scena variata di verdura e di fiori ; il vi-
sitatore si vedeva assiepato da camelie che disposte
in numerose gradinate vestivano tutte le pareti di
— 38i —
fiori e foglie; qui vedevansr piante giapponesi, ed
agrumi ; più avanti un breve poggio di roccia e di
terra tutta coperta di verde. Una strada più ampia
fiancheg-giava la collinetta e si alzava in dolce pendio
ridente di molteplici filari di camelie riuscendo alla
parte più erta del luogo. Ivi alcuni sedili invitavano
al riposo, e parecchi specchi ripetevano la &el vetta fio-
rita. Alcune finestre a vetri dipinti limitavano il giar-
dino e lo garantivano dalla temperatura e.stenia.
Ritornati per diverso sentiero al l'ai rio s* incon-
trava un'altra serra, che serviva di braccio alla prima,
dappertutto camelie a josa Se ne contavano 25 di
alto fusto in piena terra e 50 in vasi ; in tutto 400 var
rietà (i).
Le strade ferrate però erano ancora da 1 arsi. Fu-
rono compilati i progetti, presentati, collaudati, ap-
provati, ma i nostri babbi videro spirare quest'anno
senza che nessuna di esse, neppure quella da Milano
a Monza, fosse compiuta, poiché è da saj >ersi che pri-
ma si propose una via ferrata fra Mihmo e Como»
quindi un'altra fra Milano e Venezia che doveva es-
sere chiamata col pomposo nome di Fcrdinandeai
quindi altra da Milano a Monza : quest'ultima era il
tronco che in seguito sarebbesi continuato fino a
Como.
In quest'anno però fu concessa X n pprovazione
della Società, che si era già formata nel 1 83(3. 11 ca-
pitale doveva essere di 50 milioni, suddiviso in cin-
quanta mila azioni, e intanto che si raccoglievano k
(i) Un Giulio Sacco aveva regalato quest'Anna alla no-
stra Pinacoteca due quadri; uno rapprese ntantt^ la B, V.
col Bambino, di scuola leonardesca ; l'altro la morte di Ca-
tone, di Salvator Rosa.
— 3^2 —
firme, cominciavano le operazioni geodetiche, la di-
rezione delle quali era affidata all'ingegnere Milani.
Ed eccoci ai cenni necrologici.
Le belle arti e la geografia perdettero uno dei loro
più felici coltivatori, GAUDENZIO BORDI GA. Nacque a
Varallo nel 1772» e compiuti gli studi di belle lettere
e deijjli eleinenti del disegno, fu col fratello Bene-
detto a Milano. Studiosissimi ambedue dei lavori
gec^grafici, vennero dall'esercito francese prescelti per
l'incisione della carta d'Italia di Bacler Dalbe. Il Gau-
denzio fu al nostro istituto geografico militare colla
carica di capo incisore, e dall'imperatore Francesco I
meri tossi la medaglia d'oro.
Fra i molti lavori si ricordò del suo luogo nativo,
Varallo e fu tra i più zelanti promotori di quella ac-
cademia. Pubblicò notizie intomo a Gaudenzio Fer-
rari suo compatriota, lavoro che dedicò alla Vicere-
gina. Moriva nel gennaio a 65 anni.
Nel marzo, nella chiesa di S. Fedele si celebravano
le esequie di un ricco ed onesto cittadino, CESARE
GaRGANTINI, morto fin dal febbraio. Fu ideatore e di-
segnatore del mausoleo che si eresse nel mezzo della
chiesa, il nostro Sanquirico. Sopra uno zoccolo spor-
gente, dove erano lateralmente collocati quattro ric-
chi candelabri di finto bronzo, ornati di sculture do-
rate, ergevasi un corpo quadrato, decorato alle due
fronti opposte con quattro imponenti cariatidi isolate,
che formavano due vestiboli, sostenendo i frontespizi,
In esso trovavasi la cella sepolcrale alla quale ave-
vasi accesso da due portine nelle fronti, chiuse da im-
poste traforate di finto bronzo. L'cissieme era coro-
nato da ricca trabeazione.
Nell'aprile moriva GIOVANNI Rasori, autore della
teoria della fiogosi, libro di cui ebbe il dispiacere di
r
~ 383 -
non aver veduto terminata la stampa. Era nato a
Pajrma nel 1766 ed ebbe per genitore un distinto chi-
mico, direttore della farmacia cittadina, il quale fu
il suo primo maestro. La sua valentia nelle scuole
gli ottennero dal duca una borsa di studio per per-
fezionarsi all'estero. Fu a Firenze allo spedale di
S. Maria Novella, dove acquistò l'amicizia di Fon-
tana, di Targioni e di Gianetti (i); nel '91 passò
all'università di Pavia, e due anni dopo si recò in
Inghilterra, dove stette fino al 1/95. Nel ritorno si
fermò a Milano dove pubblicò il Giornale degli aìnici
della libertà, e fu nominato rettore dell'Università
pavese, divenne professore di patologia e nel 1798
fu chiamato ancora a Milano, quale segretario ge-
(i) Giovanangelo Maria Gianetti fu già medico insigne
all'ospedale di S. Maria Novella. Una bella lapide collo-
cata in una delle cappelle lo ricorda alla posterità.
A. it. ".
MICHAELL ANGELO* GIANETTI, BARGAEO
Hf. HEGIO. S.^e MARI A E, NOVAK* JVOSOCOMIOé FLORENTIAT;
PHISLOLOGIAE. PROFESSOR F. PUBLICO.
OMMIGENA. ERUDITIOTE, MIRA, DICENDl. LOPIA
POESEOS, EXTEMPORALIS* PRAESERTIM. FACULTATE,
OPUM CONTFMPTU
ET* FUILOSOFMICA. SENTIUNDI AC, lUDICANDI LIBERTA TE
S^EMIKl SEC UN DO
QUEM- MORS. ACERBA. L. AETATIS. SUAE. ANNO
Vili lOUS- lUMT. A. R. S. MDCCICVI
RAPUIT
AMICL MOEH.ENTES
IN, GRATL ANL\11. O&SEQUIAM
P, R
- 384 -
nerale del ministero deirinterno, ma appena un anno
dopo si dimise, e ritornò al suo posto.
Dopo la battaglia di Marengo, si stabilì definiti-
vamente a Milano. Fu capo delle due grandi cliniche,
che allora vi esistevano (luna allo spedale maggiore,
l'altra a quello di S. Ambrogio), gettò le basi della sua
nuova dottrina conosciuta sotto il nome di contro sti-
molo.
Coinvolto in una cospirazione militare contro
l'Austria, fu arrestato nel divembre del 18 14 e con-
dotto nella fortezza di Mantova, dove tradusse pa-
recchie opere dal tedesco. Reso alla libertà, l'arte me-
dica fu la sua sola occupazione.
Era di corpo magro e agile, viso pallido e scarno,
occhi a fior di testa e fronte larga. Vestiva sempre ri-
cercato. Moltissime sono le opere edite da questo
scienziato ; ne qui staremo a numerarle, rimandando
chi desidera maggiori notizie alla Vita del Rasori,
scritta dal Chiappa, e al Tipaldo, Biografia degli
italiani illustri.
A chiudere questo cenno biografico, ristampiamo
un sonetto, che fra le molte produzioni poetiche allora
scritte, ci sembra non indegno d'essere ricordato. Ec-
colo :
Rasori non è più?... Anzi egli vive
Immortalmente nelle dotte carte,
Onde fra i sommi della Medie* arte
Maestri il nome suo da Clio si scrive.
Oltre r alpe oltre il mar, che '1 fin descrive
Del bel Paese ch'Appennin biparte.
Tali ha del suo saver scintille sparte.
Che mai per tempo non saran men vive.
Già tacque invidia, de' minori ingegni
Sfogo, men che tormento : e se non ebbe
Corone il capo, avrà *1 cenere fiori.
-385-
E fin eh* in uman core il desir regni
Del viver, ch'anche in duolo, a' pochi increbbe
Del pari Esculapio andrà da Rasori.
Il cav. Giovanni Migliara, pittore. Era nato nel
1785 ad Alessandria in Piemonte, frequentò le
scuole di Brera, e sul principio dipinse per scene da
teatro. Fu paragonato al Canaletto, e forse egli è
preferibile per la delicatezza del tocco e la correzione
del disegno. Il re di Sardegna gli conferì il titolo di
pittore di gabinetto. Nel 1829, Alessandria fece co-
niare una medaglia in suo onore. I suoi quadri, nei
quali l'architettura occupa un gran posto, sono nume-
rosi nelle gallerie del Piemonte e della Lombardia ;
ordinariamente sono vedute di città, edifici, o scene.
La duchessa ROSA Serbelloni, donna di esimie
e modeste virtù. Nacque in Vienna nel luglio del
1754, fu moglie al conte, quindi duca Alessandro Ser-
belloni. Per la sua condizione e le sue qualità perso-
nali, fu decorata della croce stellata, e nominata dama
d'onore dell'im-peratrice e della nostra Corte vice-
reale. Molto onorata e ben voluta dai principi, i suoi
natali e le sue amicizie contribuirono a meglio far ri-
saltare la benignità e la modestia del suo animo.
Rimasta! vedova nel 1826, si restrinse sempre più
nella compagnia de' suoi congiunti e di pochi eletti
amici : mancò a 83 anni.
Il conte Giberto Borromeo, maggiordomo, con-
sigliere intimo, cavaliere del toson d'oro ; contava
80 anni. Era nato in Milano nel 1751 ; nel '78 rimasto
privo del padre, andò al possesso dell'ampia eredità
de' suoi maggiori, e la bella fama, che già correva di
lui, fece sì che gli fossero confermati anche in sì gio-
vine età il titoli e le cariche che onoravano il defunto
GiANETTi. Cronittoria. 25
- 386 -
genitore. Fu aggregato ai 60 decurioni, e scelto fra uno
dei 12 componenti il tribunale di provvisione, creato
ciambellano da Maria Teresa e feudaitario di Macca-
gno da Giuseppe II ; Vittorio Amedeo di Sard^^na,
lo arricchì dei feudi di Cannobio, di Arona, e d'altri
paesi sulle rive del Lago Maggiore.
Nel 1790 tolse in moglie una marchesa Cusani.
Sopravvenne la rivoluzione ed il dominio francese
ed ebbe le noie dell'esilio. Fatto libero, volò alle
sue isole, ma dovette, ancora fuggiasco, andai ra-
mingo per quelle valli.
Mutato il governo, nuovi onori lo attendevano in
patria. Fu membro della reggenza provvisoria di go-
verno, due volte ambasciatore straordinario presso
la S. Sede e fece le veci dell'Imperatore stesso, come
vedemmo, tenendo al sacro fonte un neonato del vi-
ceré.
Ritiratosi dai pubblici uffici, si recò fra i suoi a
beneficare i poveri : e fu loro Icirgo non solo di con-
sigli, ma ben anche di sussidi ; e aiuti pure avevano
le chiese e nella vasta estesa de' suoi tenimenti, quasi
ogni terra ha memorie che ricordano la sua pietà.
Splendidi riuscirono i funerali, celebrati a S. Ales-
sandro, onorati dalla presenza del conte Governatore,
dei grandi uffiziali della Corona e dei consiglieri in-
timi.
Sulla facciata della chiesa parata a lutto vedevasi
lo stemma di famiglia ed un ampio cartello che re-
cava la seguente iscrizione :
Gibertum Renati III fiL. Borromeum qui et An-
sius com. — e procerìb. Hispaniar. ordinìs pìwx —
eq, veliere aureo eq, ordinis Mariae genitricis Dei àt-
signatae — eq. maiirìcianum cruce magna gemmato^
exornatum ab admissionib, et a poenitentiorib. const-
liis aug. — summum per Langobardiam Venetiam^tic
- 38? -
magistrum ojficiorum domus amtruicae — oratoftm
imp, et regis Francisci I aug ad Pium VII e£ Leonem
XII Pontifices maximos — legatum eius ad impo-
nendas albas farentum vice fratris, filìae fife abluen-
dae — item legatum Ferdìnandi V regis Hungarid
ad excipiendam nuptarum Mariani Carolinam — Vie-
tori Emanuelis Regis Sardiniae fUiam — Virum
prestantissimum — eoq, nomine presentia Caroli Fe-
licis Et Caroli Alberti regimi domi konestaium —
quetn — religione pietate^ mansuetudine magnific^n-
iia liberalitate — posterisq. propagala beneficentìa
conspicuum — patriae abreptum boni omnes In gè ni
— IJxor et Filli requietem aevi beati ad precantes in-
stauratis funerib. prosequuntur.
Uinterno della chiesa era tutto a nero e nel mezKO
sorgeva un alto e maestoso cenotafio ottangolare, sor-
retto da basamento, sui zoccoli del quale si alzavano
otto colonne di finto porfido, ciascuna delle quali re-
cava un tripode fumante d'incenso Un cancello gi-
rava airintorno a tutelarne Taccesso : candelabri,
lampade e statue allusive decoravano il mausoleo.
Fu lavoro ideato dall'architetto Pizzala : il noto
Biorci pubblicò in tale occasione una Visione poetica.
L'ingegnere ANTONIO AllocCHIo, cremasco. Ave-
va da poco oltrepassato il decimo lustro. Operosis-
simo nell'esercizio della sua professione, fu amabi-
lissimo nei modi, sempre pronto ad obbligare chi in-
vocava l'opera sua, filantropo senza ostentazione, ebbe
l'affetto dei congiunti e degli amici, il plauso de' suoi
concittadini.
Marco Antonio Fortis, barone. Ebbe i nataJi ad
Orta nel 1749 e fu dal conte Bellcgarde incaricato di
reggere l'ufficio fiscale di Milano fin dal 1814 ed m
seguito promosso Consigliere aulico e presidente del
tribunale a Cremona, Nel 1S28 ottenne di essere col-
i
J
I . .m'JBiin
- 388 -
locato a riposo. Mori quasi novantenne, l^ando gran
parte della sostanza a Sollievo degli infermi, dei po-
veri e degli istituti di beneficenza.
Lo scorcio dell'agosto fu di grande dolore per
gli alunni dell'istituto dei sordomuti della nostra
città. Moriva il rettore di quello stabilimento, don
Giuseppe Bagutti. Era nato in Rovio, piccolo vil-
laggio del canton Ticino, 'studiò a Como, dove venne
ordinato prete nel 1779 ed aperse a Cassano d'Adda
una scuola che fu molto frequentata. Venuto tra noi,
fu nominato archivista alla Congregazione di Carità,
se non che desideroso di aumentare sempre più le sue
cognizioni, si trattenne per parecchio tempo a Fri-
burgo, dove legò stretta amicizia col P. Girard, ce-
lebratissimo educatore. Al ritomo venne chiamato
dal governo a dirigere la nuova scuola dei sordomuti,
da poco tempo eretta a R. Istituto. Nel 1 820 fu a Ge-
nova per visitarvi quello stabilimento, vide l'Assarot-
ti, il quale ben volentieri assunse l'incarico di istruirlo
nelle nuove mansioni assunte ; anzi dopo alcuni mesi
quel direttore dichiarò al nostro governo che il suo
allievo era capace di occupare con onore il posto a
cui era destinato. Né s'ingannava : amorevole e pa-
ziente, profondamente religioso, senza pregiudizi e
senza ostentazione, era ragionevolmente rigoroso sol
quando lo esigeva il bene della casa aifidatagli. Egli
pubblicò il galateo dell'Istruttore, una Memoria sul-
l'istruzione conveniente alle diverse classi di persone.
Sullo stato fisico y intellettuale e morale e sulla istru-
zione ed i diritti legali dei sordomuti. Un'opera più
vastai di tale genere aveva pure ideato il Bagutti, e
ne aveva compiuto gran parte : scopo della medesima
si era di abilitare ad esser maestro di sordo muti qua-
lunque studioso avesse voluto accingersi a tale car-
- 389 -
riera. Sgraziatamente la morte lo colpì prima di
averla compiuta (i).
Il 3 1 agosto moriva RINALDO GlULlNl, figlio del
conte Giorgio e della contessa Beatrice nata dei prin-
cipi <ii Belgioioso d*Este. Giovane di mente acutis-
sima, fece parte di quella eletta schiera che pubblicò
la nota strenna, il Presagio, rivelatrice delle tendenze
della gioventù studiosa lombarda. In quella strenna
pubblicò uno studio storico assai pregiato, dal titolo :
Milano ed Ildebrando, Era nato nell'agosto del 1813.
Di lui scrisse una affettuosa commemorazione nel-
la Rizfista Europea (15 febbraio 1838) il suo intimo
amico Giulio Carcano, che lo volle ricordare anche
nelle sue memorie dei grandi (2).
L'ingegnere LEROY, addetto all'i, r. Delegazione
provinciale, nato in Ferrara nel 1788. Passato a Mi-
lano, dove suo padre occupava la cattedra di anatomia
e fisiologia nella nostra scuola veterinairia, e compiuti
gli studi, entrò nel collegio militare di Modena da
dove usciva col grado di tenente del genio, grado che
mantenne anche al servizio del governo austriaco. Di
salute precaria però, offerse le sue dimissioni e per
poco surrogò il padre nella sua cattedra, ma nel 1820
entrò nella direzione delle pubbliche cotruzioni. Circa
questo tempo diede in luce libri d'igiene molto com-
mendevoli, sicché nel '29 fu nominato ingegnere del-
l'i, r. Delegazione provinciale e studiò accuratamente
(i) Un bellissimo studio del Prof. G. B. Ceroni, ora di-
rettore dei nostri sordomuti, venne pubblicato nel 1900
dove è dato conto dell'opera importante compiuta in quel
R. Istituto dal suo primo direttore Giuseppe Bagutti (Mi-
lano, fratelli Bocca, editori).
(2) Dobbiamo il presente cenno alla gentilezza del si-
gnor Conte Alessandro Giulini. Il lavoro di Giulio Carcano
può leggersi anche nel V volume delle sue opere complete.
Memorie di Grandi ed Amici. Ditta L. F. Cogliati, 1894.
-^^^-rauaateeto II ii»i iWriiTti 1
— 390 -
la collocazione dei ponti pensili a fili di feno, anzi
tale lavoro sarebbe stato pubblicato, se la morte non
avesse troncato il filo de' suoi giorni.
Il dottor fisico Bernardino Locatelli. Nato da
buon casato in Cologno brianteo, studiò con frutto
belle lettere e filosofia a Vienna, si laureò a Pavia e
fu per due anni ancora a Vienna. Nel 1829, a Milano
venne nominato medico condotto nel grosso borgo de-
gli Ortolani (fuori di P. Tenaglia) e nel '31, per in-
carico del governo fu ancora in Germania a studiani
il choléra. In occasione del contagio scoppiato nella
nostra città, tanto si distinse, che per unanime con-
senso venne coniata una medaglia in suo onore Un
felice avvenire si pronosticava, quando la morte l'in-
colse a soli 36 anni.
Nel dicembre moriva l'ingegnere LUIGI Dari. Era
nato a Sermide nel 1791. Compiuti gli studi delle
lettere, si laureò a Bologna nelle discipline matema-
tiche, surrogò il prof, di fisica nel liceo di Mantova:
e nel 18 17 verme ascritto al corpo degli ingegneri.
Allora lasciò la cattedra e attese con speciale stu-
dio all'idraulica, divenendo collega del Masetti, già
direttore generale delle pubbliche costruzioni.
Nel 1830 era ingegnere aggiunto di Mantova ; cin-
que anni dopo, ingegnere in capo a Lodi e nel 36 ag-
giunto idraulico presso la direzione generale delle
pubbliche costruzioni. Fu all'apogeo di si brillante
carriera che venne colto da morte a 46 anni.
Giuseppe De-Cristoforis, milanese. Orfano ap-
pena tredicenne del padre, fu dalla vedova collocato
presso il parroco di Casanova (Como) pei primi
studi. Nel 181 8 continuò p-resso gli Scolopi a Vol-
terra, dove sviluppò grande inclinazione per la mi-
neralogia. Nel 1822 passò a Roma colla madre, e vi
continuò la sua raccolta mineralogica. Visitò più tardi
— 391 —
la Francia, strinse amicizia con parecchi dotti e fu
nominato socio di diverse accademie. Non ritornava
in patria che nel 1837. Stava dando in luce, aiutato
da altri collaboratori, il suo Cathalogus rerum natu-
raliutn, e progettava pure un nuovo viaggio nella
Grecia, nell'Egitto e neirAmerica, quando la sera
del 27 dicembre, dopo brevissima malattia, cessò di
vivere. Aveva appena oltrepassato di due mesi i 34
anni. La sua ricca raccolta mineralogica passò alla
nostra città.
Paolo Manio, nacque il settembre 1813 in Milano.
Compiuti gli studi filosofici nel liceo di P. Nuova,
studiò legge all'università pavese. Nel '35 fu adetto
quale alunno al nostro ufficio fiscale e nel novembre
del 1837 spegnevasi per febbre tifoidea. Predilesse
fin da giovinetto la geografia ed in essa vi fece studi
seri. Rinaldo Giulini, scrivendo a Carlo d'Adda, lo
dice un giovane dato interamente agli studi positivi.
Appena uscito di collegio accorgendosi di non sa-
per nulla, si mise allo studio con tanto fervore che
vi passava le intere notti, bagnandosi la fronte d'ac-
qua ogni qualvolta gli sopravenisse il sonno ; né cessò
finche alcuni sbocchi di sangue ve lo costrinsero.
In occasione della laurea, svolse la tesi : Osser-
vazioni sulla convenienza delle colonie oltremon-
tane. Altro suo lavoro di carattere giuridico fu la dis-
sertazione presentata alla facoltà legale ; della pro-
prietà delle lettere ; quindi, la genesi del diritto pe-
nale. L'avvocato Restelli, altra figura brillante del
nostro risorgimento italiano, che fu legatario dei ma-
noscritti del Manio, pubblicò nel 1 840 un Saggio po-
stumo delle costui opere (i).
(i) DalPopuscolo del Prof. Amati, Studio biografico del
Prof. Carlo Ravizsa. Milano. Tip. Francesco Vallardi.
1838.
CAPITOLO XIV
Fervei opus, — Dolenti note. — I prodromi dei festeggia-
menti. — Poesie d'occasione. — Gli imperiali nella
Lombardia ed a Milano. — Feste e ricevimenti uffi-
ciali. — Il trasporto della Corona ferrea. — L'amni-
stia imperiale. — Le guardie nobili. — Esercitazioni
pompieristiche. — Il corso notturno. — Echi delle fe-
ste. — Riflessioni. — Vita cittadina. — Beneficenza. —
Istruzione. — Stampa. — Industrie ed^ arti. — Edili-
zia e monumenti. — Necrologio.
Era imminente l'arrivo del nuovo imperatore, dal
quale i nostri babbi speravano qualche concessione,
lusingati dalla bontà colla quale furono accolte a
Vienna le Commissioni elette per felicitarlo. Milano
si faceva bella! L'Arco della Pace, quasi spoglio
delle sue colossali armature, mostrava compiuti anche
i suoi lati, con due graziosi fabbricati ; il vecchio Ca-
stello sforzesco presentaya terminata in poco più di
due mesi la sua facciata verso la piazza d'armi, sulla
quale dovevano essere collocati dodici superbi me-
daglioni in alto rilievo, raffiguranti alcuni dei prin-
cipali generali austriaci (i), medaglioni che vedremo
(i) Furono un regalo dello scultore Marchesi alla Di-
rezione delle fortificazioni. Ebbe in compenso dall'impe-
ratore un prezioso anello in brillanti, accompagnato da
cortesissima lettera del feldmaresciallo. Vedi Gazzetta di
Milano del 13 marzo.
"-ap-
presi a sassate died anni dopo dalla ragazzaglia eb-
bra della vittoria delle cinque giornate ; la nuova
Corsia dei Servi (Corso Vittorio Emanuele) fu la-
stricata con larghissimi marciapiedi ; in poche set-
timane era stato anche rifatto il piazzale delle Gal-
line e selciate le vie adiacenti ; presto si doveva com-
piere il rettifilo della Corsia del Giardino (via Man-
zoni). Si parlava anche del progetto di un grande
cimitero monumentale che avrebbe dovuto erigersi
per servizio della città, e di cui si era pubblicato il
concorso ; il nuovo stradone, allora chiamato reale
e che da Porta Orientale (ora Venezia) dovevai cor-
rere fino alla Villa reale di Monza, ma che per allora
toccava appena Loreto, faceva affollare il popolino
che ne ammirava la magnificenza : di fianco ad esso
si disponevano i materiali per la costruzione della
nuova strada ferrata Milano-Monza.
In una parola i preparativi dell'incoronazione te-
nevano occupati artisti ed operai, ravvivavano l'in-
dustria ed il commercio, spingevano gli ingegni al
guadagno ed alle speculazioni. .
Ingenti somme si profondevano per abbellire il
Palazzo di Corte (i), dove il nostro Hayez dipingeva
a buon fresco il gran medaglione della sala del tro-
no ; la ditta Osnago, che pochi anni prima, aveva ot-
(i) Nelle carte appartenenti alla cancelleria viccrealc
{Archivio di Stato, cartella X. 458) troviamo un quadro
descrittivo dello stato in cui trovavasi questo palazzo e
^^ opere che si reputavano opportune pel suo riattamento.
La tabella divide i lavori in indispensabili, necessari e
di maggior decoro. I primi sono stimati L. 36.350; i se-
condi 52.010; gli ultimi 102.340. Un totale di quasi 191 mila
lire austriache. Oltre le spese, dice la nota, occorrenti in
Gioite fatture di decenza interna agli appartamenti ed agli
alloggi secondari, servibili per le persone del seguito, il
I-
fe
— 394 ^
tenuto il privilegio di mettersi al servigio deiri. R.
Casa, mandava le sue più superbe stofiFe ; una spe-
ciale Commissione, incaricata a tale scopo, teneva
carta bianca per le disposizioni delle pubbliche feste,
che avranno luogo fra Tanno, degli spettacoli, del-
l'inaugurazione dell'Arco della Pace, dei fuochi ar-
tificiali all'Arena, delle luminarie e dei balli (i).
Pensi il lettore che si era ventilato il progetto di
una piazza Ferdinandea, la quale sarebbe stata co-
strutta sull'area della attuale piazza del Campo San-
to, dietro al Duomo, atterrando le case fino in via
Pattari. L'idea era già stata discussa in una seduta
municipale fino dal 1825 e esumata dieci cinni dopo,
ma pare che la votazione non abbia dato quei risul-
tati che si speravano, e quindi non se ne parlò al-
tro (2).
Si era progettato anche di praticare una galleria
coperta che riunisse il palazzo di corte alla cattedrale,
ma fece osservare il cerimoniere di corte Luigi Set-
tala), che ciò guasterebbe tutta la piazza, già piccola
per se stessa, imbarazzerebbe la vista al popolo, sa-
rebbe d'ostacolo alla truppa e dovendo S. M. portarsi
sopra la gran loggia del palazzo aj suo ritorno, non
godrebbe la vista de' suoi esultanti sudditi (sic), ne
questi avrebbero l'onore di venerare (!) liberamente
cui importo difficilmente si potrebbe precisare, ma che
si ritiene non oltrepassare le 20 mila lire.
Quanto all'appartamento privato di S. M. si propor-
rebbero altre 130 mila lire. Si aggiungano i ristauri, gl|
addobbi e l'arredamento dei palchi negli III. RR. teatri
per altre 67.690. Cosichè tutte le cifre riunite danno un
totale complessivo di quasi due milioni di lire (i. 988.771)'
Il preventivo per l'entrata di Francesco I costò molto
meno.
(r) Cancelleria vicereale. Arch. di Stato.
(2) Simile.
— 395 —
l'adorato loro padre sovrano ; oltre poi gli inconve-
nienti che ne potrebbero nascere, dovendosi in quel
giorno, secondo Tuso, gettare le monete al popolo (i).
Milaino, si era detto, quest'anno sarà un formi-
colaio di nazionali e forastieri, che oltre mettere la
nota gaia, a dispetto di tutti i provvedimenti poli-
zieschi, ci farà piovere delle buone svanziche nelle
nostre tasche.
Pur troppo però la nota allegra presentava il suo
rovescio, se c'inoltriamo nelle segrete cose dell'alta
direzione della Polizia, poiché essa, come al solito,
uon si limitava solo alla sorvegliaaiza ne' suoi stati,
ma quando trattavasi di ammanettare, istruire pro-
eessi e pronunciare o suggerire condanne, qualunque
fosse lo stato, trovavasi nel suo elemento.
Una nota di Sedlnitzky al direttore generale della
polizia a Venezia, in data appunto del settembre,
mentre fervevano le feste dell'imperatore, congratu-
landosi dell'arresto di certa] Aristea Carrara, sedicen-
tesi maritata Abramovich, e delle deposizioni da
essa fatte circa l'esistenza di una congiura contro il
duca di Modena ed altri membri di quella famiglia,
raccomanda di invigilare attentamente sulla com-
parsa delle persone indicate nella deposizione della
Carrara, e quindi, ove comparissero, di assoggettarle
alla più rigorosa sorveglianza, riferendo all'uopo l'e-
sito di tale misura.
Constata poi lo scrivente che la suddetta avventu-
riera, le cui denunzie furono pure comunicate dalle
autorità di Milano, venne riconosciuta anche per rap-
porti pervenuti da Zara sul contegno di certo Man-
fredini Luigi, altro delinquente di stato, avendo essa
' allo stesso, fatto alcune comunicazioni atte a destare
(i) Cancelleria vicereale. Arch. di stato.
-396-
contro di lei gravi sospetti in materia politica. Ri-
chiamata da quella direzione di polizia a giustificarsi,
negò tutto ; tuttavia per la nota di lei cattiva fama, fu
tradotta a Cattare, e messa a disposizione di quel ca
pi t anato (i).
E pur di potere pescare nel torbido; la polizia ac-
cetta anche le denuncie anonime. Una lettera alla di-
rezione delle poste di Venezia, in data dell'ago-
sto (20), avvisa la stessa, che proveniente da Bologna
dovrebbe essere entrato nel veneto certo Naro Perres
di Livorno, nato ebreo e battezzato a Roma dal car-
dinale Patrizi, il quale gli diede il suo nome di Be-
nedetto, che poi egli cambiò col sopranome della fa-
miglia. E qui Tanonimo traccia in parecchie pagine
la vita, dipingendo il Benedetto come imprenditore
fraudolento, spudorato, barattiere, che cambiai di no-
me e di domicilio, a seconda della piega che prendono
i suoi interessi, di condotta morale molto equivoca,
lasciando languire la moglie lontana nella miseria,
appaltatore, intrigante, ricco, eppure sopracarico di
debiti, litigioso, che tentò più volte di uccidere anche
la moglie, la quale non gli assomiglia punto. E dopo
aver detto tanto, l'anonimo chiude la lunghissima de-
nuncia, aggiungendo : « Molte altre cose vi sarebbero
a dire, ma si tralasciano per non tediarlo (rammen-
tiamo che lo scritto era diretto al Direttore delle po-
ste) con maggiori lungaggini, e pregandolo di scu-
sarmi se a tanto mi sono ardito, ma ciò è perchè non
posso vedere che pel mondo vadano girando tali im-
postori, che, volendo vivere di prepotenza alle spalle
altrui, anche in seguito li criticano e li fanno del ma-
le, facendoli comparire cattivi» (i).
i) Carte segrete. Doc. 467.
[2) Carte segrete Doc, 480.
— 397 —
Inutile dire che lo scritto venne naandato alla Di-
rezione della Polizia, la quale rispose che «Risul-
tando il Naro Perres possa essersi diretto a Venezia,
si assoggetti a rigoroso trattamento e sorveglianza,
respingendolo all'estero, ove non* desse gran conto di
se e dei motivi del suo viaggio».
Più importanti sono altri due documenti, l'uno di-
retto dal Torresani alla Polizia di Venezia in cui si
narra, che due emissarii del Comitato franco-italiano
di Marsiglia, sono partiti per l'Italia con incombenze
antipolitiche. Sarebbero certi Ambrosetti Giannanto-
nio sardo e Camelie Mario francese ; come segretario
è segnalato certo Vercelloni italiano ed altro Joan-
non Pietro francese, altri studenti Timoteo Bauen e
Martino Coane inglesi, sono pure additati come al-
tri radicali. Aggiunge poi il rapporto, che un altro ri-
fugiato, certo Michele Antola, nativo di S. Gregorio,
su quel- di Tivoli (Roma) partì pure in questi giorni
da Marsiglia, con Giuseppe Orlandi Pontelli, il quale
ultimo, oltre essere un rifugiato politico, è pure di
una condotta molto equivoca
Raccomanda quindi il nostro direttore di Polizia,
che prenda tutte quelle misure, che la sua saggezza
potrà suggerirgli (i).
Era una nota abbastanza lunga che l'oculato Tor.
resani mandava a quel degno collega, che era il Cat-
tanei di Venezia.
L'altro documento è diretto al governatore Spaur
e riguarda certo Zermann, che dice essere stato accolto
dalla fazione di Malta come un martire dello Spiel-
berg e quindi essere venuto in conoscenza dei piani
rivoluzionari della nuova setta la Vedovella^ desti-
nati a scoppiare tra breve in Italia. Era venuto a
(i) Doc. Carte segrete documento 380.
:r.3nf d. recais: in Francia, onde pro-
esistenza, ma sembra cbe taluni
• : ...!j ,-.'< *: az. hl nronretto inutile, perchè gli
^^ . -1 - --^.~ ..'"''.■ cte! 1^30, non erano più i SUOI
: i--. ., .-^mir.:. :. fetxore potrà rilevale : i.** Che
- ^i. -ctirrrrr r.r^,rrc cu: erano rivolti tutti gli
r. ,^f.i. •. ,iz:. r.u^inari.. non solo pullulavano
--:- 'T, r»j, s r-^T^Tnvanc, e se ne creavano delle
' ■ " - - '^ C : -suteiit nnr erano scelti dalla ple-
■ ■ - -^ -r-,--.. ^ ^v::n. r uomini di polso pronti ad
.— '-•rr:j-fr.:^ . ^ .n* lìer quanta vigilanza si addi-
~- ^^'-"^'"^ -■— r, ,.:ix nrr27.:an: delia polizia, Io stato
-^— :^cr^-.. ^ r.r^ ^u-r, mz quello dell' Austria
-.Ttr.-w. r.-i _:rr- , ^ n-i fjrand: guarentigie
^ '- - - n^.>rr-rjn. nelie feste. Quindici giorni
^^^_ irzi , --\; nrr^vr un v:otu proprio èdYìm-
;"■ ;; ""^ '" •^'- '" ^-^ - nnìrTegazioni centrali e pro-
^ ^^- •^ ~ Trasse:*, ^rnoac:^ di ogni città di re-
^^^T^< ; _, — j::^' ..^«. *?s2::t p^^senri alla solenne fun-
; *J^^" -^^ :^^ra-r-rxi^jnii* ed estende pure l'ordine ai
— .i,^ .^T Dfi.^ rrrrci^ psr:iie £Ìòdano a prestare i ri-
^'*^~ '- ^*^^-r- Y~ ì^^^— d:5:ii:tarì della Corte im-
^y^ -rmz.:* _:i >rjt!nz>e mr^ronaziont
~ '-^* ^^-^^-^-r.^.^R r= p::ire trascritto il giura-
~-^~- -^ rr^-.xrs^ czi IVpTitati nel momento della
■^^~^' ~-^ ^'"-^ ^s^s:::e farmela e Noi deputati del
!^?H^^ ''*^— ^^^c-veDeic. delle singole provincie e
'-.^^ pronieTwiair? e giuriamo a Dio onnipotente per
noi e pei nostri committenti, d'esser fedeli ed obbe-
dienti a S. M. Ferdinando I per la grazia di Dio
unijeratore d'Austria, re d'Ungheria e di Boemia, ecc
(i) Carte segrete Doc. 382.
— 399 —
€. Giuriamo al nostro graziosissimo sovrano e a'
suoi legittimi successori di promuovere in ogni oc-
casione il suo vantaggio e quello dell'impero austria-
co, d'impedire con tutte le nostre forze ogni loro de-
trimento e danno, e di comportarsi in ogni tempo
come sudditi fedeli ed obbedienti.
« Cosi Dio ci ajuti ».
Pochi giorni dopo è pure pubblicato il cerimo-
niale da seguirsi. E fu un lungo e febbrile carteggio
tra la nostra amministrazione comunale, il governa-
tore Hartig, il Viceré e la Camera Aulica per discu-
tere intorno ad esso. In parte fu modellato su quello
del 1 805 fatto per Napoleone I ; quanto ai disegni,
si proponeva di consultare l'Accademia di belle arti.
Dopo lungo esame, il gran cerimoniere di Corte,
Luigi Settala, sottopose al governatore le sue os-
servazioni nei minimi particolari che in gran parte
furono approvate (i).
Ecco i sommi capi :
«Nel giorno destinato tutte le autorità citate nel
cerimoniale come intervenenti alla cattedrale, do-
vranno all'ora stabilita recarsi nel palazzo di Corte
e trovarsi nella sala delle cariatidi. Le persone che fa-
ranno parte del corteggio, cioè gli scudieri, i ciam-
bellcini, i consiglieri intimi, le gran Croci, i cavalieri
del toson d'oro, fregiati dalle loro collane, si reche-
ranno in gaja negli appartamenti imperiali per ac-
compagnare S. M. dall'interno alla sala delle caria-
tidi».
E qui è determinato l'ordine con cui procede-
ranno.
(i) È un voluminoso incarto, steso con una certa ele-
ganza in nitida calligrafia, scritto da persona dell'arte, che
per le quattro copie eseguite domanda 370 lire. Arch. di
stato Potenze sovrane. Cart. 436.
— 400 —
«Giunta nell'indicata sala, S. M. ascenderà il tro-
no e vi sederà ai capK> coperto.
« Qixando ciascuno sarà al proprio posto, si avan-
zerà il Maggiordomo maggiore del regno L. V. e.
stando presso ai gradini del trono, dirimpetto a
S. M., terrà una breve allocuzione.
«Si avvicinerà quindi il cancelliere aulico fif. di
supremo concelliere e, ricevuti gli ordini di S. M.
di tenere parola dell'omaggio, ritornerà al suo po-
sto e compirà il sovrano comando.
« S. M. risponderà brevemente e quindi il cancel-
liere aulico accennerà al consigliere aulico di leg-
gere la formola del giuramento. Questi eseguirà il
comando, ed i deputati ripeteranno parola per pa-
rola il testo, tenendo levato il pollice e le due dita
della mano destra.
«Compiuta questa cerimonia S. M. si alzerà dal
trono, e preceduta dalla rappresentanza del regno e
dal corteggio, secondo l'ordine seguito nell'ingresso,
scortato dalle guardie, degli arcieri e degli unghe-
resi, si recherà a piedi alla cattedrale per assistere
al canto dell'iimo ambrosiano.
« Terminato il sacro rito S. M. preceduta dal cor-
teggio ritornerà nel palazzo di corte. All'uscire dal
tempio, la rappresentanza del regno s'inchinerà e si
ritirerà.
« Sulla piazza del Duomo e sulle piazze vicine sarà
schierata la truppa, la quale durante il canto del
Tedeiini eseguirà salve di moschetteria e dai bastio-
ni faranno eco le artiglierie.»
Tralasciamo di continuare la copia del lunghis-
simo documento che il lettore può leggere nei diari
dell'armo. Sappia solo che di tutto non si mutò un
iota, che non l'avrebbe permesso l'etichetta di corte
e poi sarebbe stato un ledere in certo modo l'onore
del gran ciambellano, che Taveva preparato.
— 4^1 —
Intanto per l'incoronazione venne fatto tradurre
l'inno nazionale che modula^vasi, come abbiamo no-
tato, sopra una bellissima melodia di Haydn ed alla
versione del Maffei fu preferita quella dell' Arici co-
me più adatta al canto.
Giuseppe Nicoolini scrisse pume una cantata e
n'ebbe in compenso cento zecchini (i). Certo Sigi-
smon-do Visconti, romanOj poeta arcade (Leode Me-
garidense) stampò un poemetto di cinquanta strofe ( !}.
Scrisse ancora per la circostanza un Bartolomeo Za-
Ttini, arciprete di Feda vana, un Matteo Z amagna, ve-
neto, ed un Giuseppe Corti, avvocato. DÌ quest'ulti-
mo, ecco l'acrostico latino che presentò insieme ad
akri versi :
^fislum txuhù imignUum diademate fronUm
V^rgo hodh regem porrige sacra domus
^^Hgione fides animi s&rvaiur et auget
^i qui lucetftj horas differm ùcciduas
^nsuhres veneti comiteSf nam gaudm miscent ;
-Z&c quat f aigei lux, est rediiura dein,
^ugustó, Imperio: (luippé augustissima pluf a
'Xumina non colimus, salve iterum ut vahas.
X^evovtt omne GeiiuSj Proceres^ sic Eiterna Hegoa
Ore unoj U Prores^ Patruus atque Decor {2).
La coppia imperiale trovavasi a Bellagio e i gior-
nali sono riboccanti di notizie circa le festose acco-
glienze, gli applausi, le luminarie fatte più o meno
spontaneamente, da quelle popolazioni. Le LL, MM>
alloggiavano alla villa delTolmo» offerta dal mar-
chese Raimondi.
Verso la fine del mese giungono a Monza, dove
11) Cahtù Cronistoria, VoL Ih
a) Archivio di stato. Cancelleria Vicereaie.
GuwiTTt Cranittort'a, 36
si recano ad ossequiarli, il nostro cardinale arcive-
scovo con altri distinti personaggi. Nella sera ha luo-
go una brillante luminaria lungo il grande viale che
parte dall'I. R. villa. Gli sposi imperiali vi si re-
cano accompagnati dalla coppia vicereale.
Gli ultimi due giorni dell'agosto sono consecrati
alla visita della città, quindi nella mattina, messa
alla cattedrale, visita ajlla Corona ferrea ed al tesoro,
e durante la giornata visita agli stabilimenti indu-
striali. Nella sera fuochi d'artificio e concerti militari.
Il giorno dopo, l'ultimo della fermata, secondo
il cerimoniale, visita al Gernetto, una villa di pro-
prietà allora del conte Mellerio, e nella sera, spetta-
colo al teatro sociale illuminato straordinariamente.
Al ritomo grande fiaccolata per cura dei giovani
monzesi, che accompagnarono le carrozze di Corte
L'agosto volge al suo termine e le loro Maestà
si trovano in ottimo stato di salute ai bagni di Bor-
mio. Intanto al nostro podestà Cacati giimge la no-
niina di ciambellano imperiale.
L'ufficio di polizia a prevenire ogni eventuale di-
sgrazia, pubblica opportune disposizioni, delle .quali
accenniamo le piìi importanti. «E' vietato il salire
sui tetti delle case, delle chiese, sugli alberi, ecc. 1
palchi che verranno eretti lungo il passaggio non
si potranno appigionare, se non previa visita speciale
e così pure i balconi. Dal corso notturno, saranno
esclusi tutti i legni indecenti e tutte le carrozze che
vi parteciperanno dovranno movere al passo.... Di-
vieto assoluto ai conduttori di carrette a mano il cir-
colare per le vie durante i giorni in cui avranno luo-
go spettacoli speciali».
E continuano ad affluire fra noi italiani e stra-
nieri d'ogni nazione. Fra essi moltissimi inviati delle
corti tedesche.
— 403 —
Altre disposizioni della pK)lizia pubblicate i! 30
agosto, due giorni prima del solenne ingresso, re-
caiK) che nessuna carrozza, vettura, carro o persona
a cavallo, che non sia di pubblico servizio per la
circostanza, incominciando dalle 7 antimeridiane, po-
trà entrare, o rimanere sulla strada postale veneta
da CemusGO Asinario fino a Porta Orientale.
cPer la stessa ora, sarà chiusa anche la strada,
che da Sesto S. Giovanni conduce a Gorla e a Lio-
reto, ma però sarà permesso alle carrozze di quelli
che vorranno godere del passaggio delle loro Mae-
stà di entrarvi dalla parte di Sesto e di fermarvisi
in una sola fila lungo il labbro della strada, vol-
gendo i cavalli verso il comune di Sesto, pel quale
dovranno rientrare in città da Porta Nuova, rima-
nendo impedita la strada di Loreto.
«Le carrozze degli invitati per avviarsi verso lo
stradone di Loreto, potranno entrare nelle corsie del
Duomo e dei Servi, e nel corso di porta Orientale da
tutte le contrade laterali, escluse quelle tropf30 an-
guste.
«Le carrozze dei personaggi che devono recarsi
al padiglione di Loreto, saranno collocate in ap-
posito luogo ; tutte le altre prima di giungere al
Rondò, divergeranno a destra per la strada detta
delle Rottole ed arrivate alla villa S. Ignazio, pie-
gheranno sulla postale veneta verso Milano, andando
così a collocarsi nel comparto stradale che loro sarà
assegnato, relativamente al posto che dovranno te-
nere nel corteggio. Nell'esterno della città, lungo lo
stradone di Loreto, la strada delle Rottole, la strada
veneta e quella che da Sesto S. Giovanni gjuida a
Loieto, saranno distribuiti impiegati di polizia, gen-
darmi e soldati a cavallo ed a piedi, per regolare il
movimento delle carrozze...
— 404 —
E il solerte funzionario nota minutamente le vie
che dovranno percx>rrere tanto nell'andata^ quanto nel
ritorno le carrozze del seguito imperiale e quelle de-
gli invitati alle funzioni in Duomo.
Il primo settembre la ooppia imperiale si occupò
nella visita di alcuni stabilimenti d'istruzione, del
giardino Traversi a Desio e nella mattina stessa giun-
sero a Loreto, dove era stato eretto un sontuoso pa-
diglione sopra disegno del Sanquirico.
Era un ottcìgono in giro al quale esternamente
correva un ampio peristilio alquanto più sporgente
sul davanti pel comodo adito e passaggio delle car-
rozze. Nell'interno, oltre le camere destinate ai più
cospicui personaggi del s^uito, erano due grandi
sale magnificamente arredate. Sugli angoli estemi su-
periori sventolavano nove vessilli coi colori e gli
stemmi dell'impero.
Qui ebbe luogo il ricevimento secondo il pre-
scritto del cerimoniale. Vi si trovavano i governatori
di Milano, Hartig e Spaur, i consiglieri delegati, i
rappresentanti del regno lombardo veneto, le grandi
cariche di corte, ecc., ecc.
Le loro maestà scesero, e mentre disponevasi pel
corteo, si ritirarono n^li appartamenti loro assegnati.
Dovevano precedere la coppia imperiale, uno
squadrone di cavalleria, un battaglione di granatieri
colla musica, due battistrada, palafrenieri con cavalli
bardati, cavallerizzi e staffieri di corte, trombetti,
araldi (i) ; i podestà delle singole città, le deputa-
zioni universitarie, dell'aiccademia, i deputati delle
(r) Erano tanti quante le città di cui componevasi i^
regno lombardo veneto e la cartella del nostro archivi
municipale, oltre la nota delle ingenti spese che costò 1^
cerimonia, racchiude anche i figurini e le stoffe che si im"
piegarono pei vestiti.
— 405 —
congregazioni provinciali, quelli delle congregazioni
centrali, i consiglieri di governo ; tutti questi ultimi
in carrozze a due cavalli, il governatore di Venezia
e quello di Milano, ciascuno in carrozza a tiro a sei,
due forieri di corte a cavallo, paggi pure a cavallo,
nobili ammessi agli onori di corte, scudieri, ciambel-
lani, consiglieri intimi, il gran ciambellano, il gran
maresciallo e il gran maggiordomo, ciascuno in un
tiro a sei, scortato dallaj servitù di corte in gran gala.
Seguiva il viceré in un tiro a sei scortato dail grpn
maggiordomo a cavallo, finalmente le loro maestà
nella gran carrozza imperiale tiro a sei, preceduta da
araldi, dal maggiordomo dell'imperatrice, dai capi-
tani delle guardie del corpo, tutti a cavallo, poi il
generale comandante in capo, l'aiutante generale,
l'ispettore degli equipaggi, sei guardie nobili lom-
bardo-venete, le guardie dei trabanti ed i paggi.
A questa sfilata, tenevano dietro la gran maggior-
doma dell'imiperatrice e le dodici dame di palazzo in
servizio, tutte in carrozze di tiro a sei; quindi il di-
rettore delle poste di Milano, i maestri di posta e due
ufficiali simili pure a cavallo.
Chiudeva il corteo un battaglione di granatieri
con musica ed una divisione di cavalleria.
Da Loreto alla cattedrale, l'apparato era ancora
pili sfarzoso. La via brulicava di una fitta massa di
popolo : i trottatoi erano fiancheggiati ora da grandi
bouquets posti in eleganti vasi sopra piedistalli de-
corati con iscrizioni, ora da siepi di palchi a gradinate
addobbati in varie foggie. Nell'interno della città
finestre, balconi, loggie stabili o temporarie sfoggia-
vano arazzi ed ornamenti d'ogni sorta.
Era quasi il meriggio, quando il corteo giunse
alla barriera. Il municipio aveva fatto costrurre un
ricchissimo baldacchino in velluto cremisi sormon-
i
-406-
tato da eleganti cimase ornamentali e sorretto ai lati
da sei statue colossali dorate.
Qui il neo-ciambellano conte Casati, che died
anni dopo parteciperà alla gloriosa riscossa, fian-
cheggiato dai suoi assessori, dopo una breve allocu-
zione, presentava a S. M. le chiavi della città sopra
un guanciale di velluto dai colori cittadini.
Dopo questa fermata, le carrozze procedettero sen-
z'altro fino al Duomo. Qui davanti alle porte era
stato costrutto un grande atrio in legno di stile go-
tico, il quale stendevasi fino agli estremi delle grar
di nate e copriva tutto il piano superiore delle me
desime, sporgendo alquanto avanti verso la piazza,
onde ammettere le carrozze, che colà dovevano arre-
starsi. L'assieme della costruzione porgeva l'aspetto
di una vasta galleria corrispondente tanto nella for-
ma, quanto nel genere degli ornati, alla facciata della
cattedrale.
Sotto questo atrio i sovrani erano attesi dalla
coppia arciducale e dal cardinale arcivescovo. Le
loro maestà, scese di carrozza, entrarono nel tempio
e sotto magnifico baldacchino sorretto da otto ciam-
bellani vennero accompagnati al presbitero, dove era
eretto il trono.
In tale occasione la metropolitana era addobbata
sfarzosamente. In capo alla nave maggiore, nel cen-
tro della croce latina sotto alla grande cupola, che
sovrasta la cripta di S. Carlo, si collocò un altare
dentro apposita edicola. Questa sorgeva da un piano
alquanto elevato, e parallelo al coro senatorio ; l'am-
piezza dello spazio era allettato dalla maggior luce
che vi pioveva dallai cupola e dai finestroni laterali.
Nel recinto del coro era collocato il trono imperiale,
coperto da ricco baldacchino isolato. Ai lati di esso
e precisamente sotto ai pulpiti s'innalzavano due ma-
gnifiche tribune.
— 407 —
Il trono reale era collocato alla sinistra delFedi-
cola nel bracxrio destro della croce latina. Lungo
la nave di mezzo erano distribuite in due ordini le
sedie assegnate agli impiegati civili ; negli intervalli
dei pilastri si praticarono spaziose tribune, che pote-
vario contenere circa tremila persone. Da queste sino
alla sommità delle volte, le arcate furono ornate con
ricche drapperie alternate con varie maniere di im-
magini, stemmi ed altri dipinti convenienti alla cir-
costanza. Lateralmente alle tribune, dove queste s'ap-
poggiavano ai pilastri, sorgevano archi artificiali di
stile gotico, da cui pendevano cortinaggi di velluto
turchino con frangie e nappe d'oro. Alla sommità
degli archi suddetti, sopra apposite basi, stavano le
dfigie di trentadue principi europei, e dietro loro si
stendevano ricchi manti di ermellino che. scendevano
da padiglioni ornati, le cui sommità sostenevano una
serie di scudi g«entilizi, alternati con medaglioni colle
immagini dei re d'Italia. Dagli archi poi che nascono
dalla sommità dei capitelli scendevano ricchi corti-
^2iggi e dal loro centro trentatre stendardi quante
erano appunto le arcate, nei quali figuravano gli stem-
mi delle singole città, delle singole provincie del
regno, avvicendate cogli stemmi imperiali. Dinanzi
a ciascuna colorma sorgeva da terra, sopra una base,
un grande candelabro con figure dorate che regge-
vano la tazza dalla quale s'innalzavano sette doppie-
ri. Dalla volta del tempio pendevano lateralmente
partite in due ordini ventisei lampade di quattordici
lumi ciascuna, sospese a catene dorate ; dal centro
poi della medesima volta, scendevano grandi sten-
dardi, sui quali d'ambe le p-ajti erano effigiati gli ar-
civescovi della chiesa milanese.
Cantato il Tedeum, le loro maestà, precedute ed
accompagnate dalle rappresentanze del regno e dal
corteggio mossero verso il palazzo di corte.
— 4<^8 —
Immensa la ressa di popolo nella piazza^ alle
finestre ed ai balconi, ed importante a notarsi, in
mezzo a tanta folla nessun incidente sinistro, nessun
disordine, almeno lai cronaca nulla ci dice in pro-
posito (i).
Nella sera, una fastosa luminaria allietò i citta-
dini. Fermiamo l'attenzione del lettore sopra due
preziosissimi oggetti esposti in tale circostanza.
Aveva stabile dimorai fra noi certo^endel, ricco
negoziante. Egli per sei mesi consecutivi, si era oc-
cupato di combinare in foggia di quadri due dedi-
che per la circostanza. Queste iscrizioni avevano l'al-
tezza di oltre un metro con una larghezza più della
metà. Il lavoro era meraviglioso; sopra un fondo
di velluto oscuro, brillavano una gran quantità di
gemme ; un lungo ed accurato ornato a fiori, rami-
celli e foglie di perle formava il festone superiore,
ed in mezzo a questo leggevasi 1838, in grosse perle
frammiste a rubini ; lateralmente il festone termi-
nava con due ciocche di grosse perle e grossi sme-
raldi.
Nel quadro colle cifre di S. M. splendeva sotto
al festone la corona imperiale tutta in brillanti, di
cui qualcuno era di tale grossezza che poteva valu-
tarsi ben 100 mila lire. I due colli dell'aquila erano
abbracciati dalla corona ferrea e sopra di essa spic-
cava un grossissiuo rubino di meravigliosa bellezza.
Tutta la grande aquila era formata di brillanti, nel
mezzo stava lo stemma lombardo-veneto, pure in bril-
lanti, fermato dallo stemma imperiale.
(i) Era però corsa voce di qualche arresto in via Bro-
letto.
►
— 4*^ - ,
Sotto di esso sì leggeva in lettere iniziali a bril-
lanti la breve iscrizione:
HONORl IMP, Er KEGIS
F. l A.
LONGOB. VEWETOS BEANTJS
Più sotto in rubini figurava il nome del T autore*
Altri ornamenti qua e là erano cosparsi sul fondo
da soli fari, circondati da foglie formate da brillanti,
da topazi e da altre pietre preziose.
Il secondo dei quadri, di eguale fattura^ era de-
dicato alla imperatrice e recava la seguente iscrizione :
HONORI IMP. ET REGIN,
M. A. e
PIEKTISSIMAE AUGUSTA^.
Immaginarsi la folla che si; addensava per am-
mirare tale ricchezza e tale prodigio d'arte nelle di-
verse legature e nelle varie combinazioni.
Nella mattina seguente furono ricevute a corte
le rappresentanze del regno ed in tale occasione le
con^gaizioni centrali chiesero, che, come dono per
la prossima incoronazione S. M. accettasse la istitu-
zione di una guardia nobile lombardo -veneta ed un
relativo istituto in cui potesse venire educata la no-
stra gioventù.
II pranzo, che venne dato in quel giorno, ebbe
Inogo nella vasta sala delle cariatidi, a tale scopo ad-
dobbata. E' risaputo che Tidea di questo salone è
dovuto al Piermarìni, cui fin dal secolo passato era
stata allogata la ricostruzione di tutto il palaizzo.
Egli aveva chiamato per decorarla gli artisti, che
avevano voce di migliori in Italia ; fra questi era un
giovinetto appena ventenne» che intesa i ì:>ensieri del
- 4IO —
Piermarini, fece nella gran sala ornati dì stucco dì
tanta vaghezza e novità di disegno e buon gusto, che
destarono meraviglia. Fu tanta Timpressione che se
ne ebbe nelle alte sfere, che nel 1775, ossia appena
un anno dopo, compiuti i lavori a corte, lamperatrice
Maria Teresa, avendo istituito in Milano un'accade-
mia di belle arti ; lo nominò professore Quel giovi-
netto era Giocondo Albertolli.
Le cariatidi sono del Callani di Parma, e lo scul-
tore Franchi, altro professore dell'Accademia mila-
nese, lavorò per quest'aula molte statue di divinità
collocate all'ingiro ; in questi ultimi mesi di attesa,
come già si accennò, l'Hayez intraprese a dipingere
una medaglia, che avesse allusione alla circostanza.
Ne fu ispiratore il poeta Maffei.
Non è esagerato il dire che immensa era la folla
degli spettatori radunata nella loggia che corre tutto
intorno superiormente alla sala. E quel pubblico e
l'altro che gremiva la piazza del palazzo, e quello
che si trovava sparso per la città, si riversò sul corso,
quando si seppe che vi sarebbe intervenuta la coppia
imperiale.
Ed una festa non aspettava l'altra. Nella sera
alla Scala aveva luogo un sontuoso spettacolo di
gala, cui si diede principio col canto dell'inno impe-
riale, intrecciato, raccontano le cronache d'allora, di
leggiadrissime danze, con accompagnamento di cori
e con analoghe decorazioni, fra le quali attrasse gli
sguardi del pubblico quella rappresentante l'Arco
della Pace.
Il giorno seguente nella sala delle cariatidi ebbe
luogo la solennità dell'omaggio.
Il cancelliere aulico alla presenza dell'imperatore,
delle rappresentanze del regno, dei funzionari e de-
gli alti dignitari di Corte, chiese formalmente che
S. M. volesse gradire un tale omaggio ed avutone
cenno affermativo, il maggiordomo maggiore del re-
gno lombardo-veneto, avanzatosi ed inchinatosi al-
rimperatore, stando presso i gradini del trono, così
si espresse:
« Salutiamo coi nostri plausi l'epoca avventurosa
nella quale V. A. I. R. Ap., felicitando di sua desi-
derata presenza le provincie del regnò lombardo-ve-
neto, si reca fra» noi per cingere la corona ferrea,
« Questo memorabile avvenimento, che sarà regi-
strato nei fcLSti della storia, diviene il segnale della
più viva e sincera esultanza per questi suddetti, che
anelano di poter deporre nelle auguste mani di V. M.
il solenne omaggio della loro inconcussa fede, e del
loro irremovibile affetto.
cTrascelto in sì fausta occasione all'onore di
esprimere a V. M. questi sensi di illimitata devo-
zione, io mi chiamo fortunato di essere fatto l'inter-
prete di un popolo leale e riconoscente.
€ Accolga la divina Provvidenza il più fervido
dei nostri voti conservando lungamente la sacra per-
sona di V. M. all'ainore ed all'ossequio de' suoi po-
poli. Essi vivono felici e sicuri all'ombra tutelare del
trono di Ferdinando».
Seguirono le acclamazioni, quindi S. M. così ri-
spose:
«Finalmente veggo in oggi le mie brame appa-
gate nel trovarmi in mezzo ai fedeli miei sudditi del
regno lombardo- veneto, onde assumervi la corona di
ferro a norma degli statuti, che furono concessi a
questo regno dall'augustissimo suo fondatore.
« Mentre io vengo a compiervi questo atto solenne,
desidero che esso stringa maggiormente i vincoli di
amore, che uniscono questi popoli al mio trono, e sia
per essi un nuovo pegno delle paterne mie sollecitu-
dini a loro riguardo.
e Sono grato ai sentimenti di fedeltà e di devo-
zione che mi veimero espressi in nome loro e pametto
che col mezzo dei deputati, mi sieno con solenne
omaggio riconfennatL »
Dopo gli applausi di rito, il consigliere aulico ac-
cennò al consigliere di leggere la formola del giu-
ramento, di cui abbiamo dato copia ; compiuta anche
quest'altra cerimonia, S. M. preceduto e seguito dal
solito corteo uscì, movendo a piedi alla metropoli-
tana, dove fu cantato altro tedeum, quindi si restituì
al pal^zo di corte.
Segui un sontuoso banchetto, cui vennero convi-
tati i componenti la rappresentanza del regno. Nella
sera festa da ballo al Casino dei nobili,,.. Inutile ag-
giungere che per la circostanza le sale furono restau-
rate ed addobbate con grande ricchezza anzi nel fian-
co meridionale della gran sala era stalo praticato un
ampio scalone, che conduceva al giardino sottoposto
vagamente illuminato.
Il giorno appresso, martedì, seguì il solenne tra-
sjxjrto da Monza a Milano della Corona ferrea.
Il cerimoniale prescriveva che due giorni prima
dell'incoronazione, cioè il 4 settembre, si dovesse an-
dare a levare la Corona di ferro a Monza per tra-
sportarla solennemente al palazzo di corte a Milano.
A tale uopo dovevano essere nominati un primo ed
un secondo commissario aulico colle necessarie istru-
zioni.
Nel giorno destinato i detti commissari si trova-
vano in uniforme di gala nella prima anticamera di
corte, alle 9 ant, ed il seguito destinato per accom-
pagnarli con un distaccamento di cavalleria presero
posto sulla piazza davanti alla porta principale. La
sera prima si recarono a Monza dieci guardie nobili
destinate a scortare la corona da quella città a Mi-
lano.
— 413 —
Il corteggio mosse dal palazzo di corte col se-
guente ordine: un distaccamento di cavalleria, un
battistrada, due carrozze a tiro sei, pei due commis-
sari : seguiva ri. R. ispettore degli equipaggi di corte
a cavallo, quindi un tiro a sei di corte destinato a
trasportare da Monza a Milano la corona, riposta nsUa
sua custodia sopra un cuscino di velluto coi colori
del regno lombardo-veneto, ad ogni lato di questa
si trovavano quattro staffieri di corte ed un distac-
camento di cavalleria».
Lungo le vie della città, dove passò il corteo, erano
schierate truppe di fanteria e di cavalleria per man-
tenere l'ordine. La lungai fila procedette al passo fino
alla Porta (Venezia), qumdi al trotto. Giunto a Mon-
za, la servitii di corte scese e si collocò nell'ordine già
tenuto a Milano per la partenza. I dignitari furono
ricevuti alla porta della basilica dall'arciprete, dal
capitolo e dallai fabbriceria ; gli alabardieri facevano
ala nella chiesa L'arciprete vestiva il rocchetto, i
iabbricieri Tabito di gala e lo spadino.
I 'due commissari si recarono alla cappella dove
era deposta la corona ed assistettero al canto delle
litanie, terminate le quali, furono condotti nella sala
del capitolo dove si compirono le formalità della
consegna
La corona fu collocata ed assicurata nella car-
rozza condotta a tale uopo ; le guardie nobili, la
fiancheggiavano a cavallo colle spade sguainate.
In altra carrozza di corte salirono i due commis-
sari insieme all'arciprete ed al podestà di Monza ;
ed in altro legno un canonico ed un fabbriciere.
II corteo mosse di passo al suono di tutte le cam-
pane sino alla porta della città ; poi di trotto fino
a Porta Orientale dove fece una breve fermata, onde
gli staffieri e la servitù potessero scendere dai cocchi
— 4H —
e rr: et tersi in filo, e passo passo oollo stesso ordine
ri<*Ila partenza si recò al palazzo di Corte.
Alla presentazicne delle armi, la guardia alla
p.,'rta della città ed i distaccamenti schierati lungo
le vie a^^iunsero concenti musicali
Arrivato il corteggio a pie* dello scalone, la co-
nna fi levata dalla custodia ed i rr. Commissari, pre-
ceduti da un funere di corte, dai due deputati straor-
dinari, dal podestà di Monza, dal canonico, dal fab-
briciere, dall'arciprete, ed accompagnati nella sala
a ciò destinata, deponendola sulla tavola preparata,
fu di nuovo rinchiusa nella custodia e rimessa al gran
ciambellano unitamente alla chiave che fino allora
era stata tenuta dal Farci prete.
I commissari e quest'ultimo furono ricevuti da
S. M., cui fecero una breve relazione della loro mis-
sione, quindi lasciarono il palazzo.
Prima dell'incoronazione ed il giorno dopo, la
Corona con tutti gli altri onori del regno e col manto
dell'incoronazione fu esposta al pubblico nella cap-
pella di corte. Nel secondo giorno, dopo la incoro-
nazione venne subito restituita dal ff. d'i. r. ciambel-
lano agli ii. rr. commissari in presenza dell'arciprete,
del canonico, del fabbriciere, del podestà e dei due
deputati straordinari colle stesse formalità della
consegna *
Nella sera ancora di questa giornata venne data
una magnifica festa da ballo a corte, dicesi coll'in-
tervento di ben quattro mila persone. Il salone delle
cariatidi, e la sala delle colonne furono il teatro delle
danze animate dall'orchestra diretta dal maestro te-
desco Lanner ; erano pure aperte agli invitati le at-
tigue sale lungo la fronte degli appartamenti verso
la piazza del duomo.
- 415 -
Chi avesse avuto la fortuna di esservi ammesso,
avrebbe potuto aver agio di ammirarvi oltre al Tele ^
ì^anza degli addobbi, i numerosi dipinti a chiaro-
scuro, che radomavano intorno, facendo parapetto
alla ringhiera superiore. La composizione e rinvcn-
zione era. stata affidata airArienti, ed esecutori ne
furono i pittori Airaghi, Bagutti, Pignoli, Focosi e
Fleissner: tutto il lavoro pittorico si componeva di
diciotto telai, quattro medaglie e due ritratti (i).
Il giorno dopo un Viglieito sovrano pervenne al
nostro viceré concepito in questi termini :
ikMio caro signor èìo,
■ All'occasione della mia inooronazione nel r^no
lombardo-veneto ho trovato di determinare quanto
segTie :
«I." A tutti gli individui che nei detto regno
furono sottoposti ad inquisizione per delitto di stato,
e presentemente si trovano in luogo di punizione,
condono i^er atto di grazia^ il rimanente della pena,
«2" Voglio che le inquisizioni, che per titolo
di macchinazioni politiche sono tuttora pendenti
presso i tribunali di questo regno contro individui,
che si trovano ne' miei stati, siano interamente sop-
presse, e che anche per l'avvenire tali inquisizioni,
non abbiano più ad essere incamminate per azioni che
precedettero la presente mia risoluzione.
*3.'' Gli individui del menzionato regno, che per
^sersi invduppati e compromessi in politiche mac-
chinazioni contro la sicurezza dello stato, erano stati
rilegati in luoghi loro appositamente designati, do-
vranno subito esser posti in libertà.
(i) Vegganiii ì particolari nella Cam setta di Mila ito
dell'anno.
k^
— 4'^ —
« 4-' Quelli che per causa stessa, si trovano sog-
getti a politico (MTCcetto, voglio che vengano dal me-
desimo svincolati.
€5." Riguardo ai f^ofngiii politici, nativi del
regno L. V. die bramassero di ripatriare, voglio che
anch*essi partecipino alle disposizioni contenute nel
$ 2 colla condizione però, che essi medesimi abbiano
a farmene pervenire apposite istanze, ed attendere
quello die io sopra di esse troverò di disporre di caso
in caso, avuto riguardo all'interesse della cosa pub-
blica, e consentaneamente alle mie paterne intenzioni
e Quanto a quei profughi politid poi, che non
intendessero di far ri tomo in patria, permetto che sia
loro axxordata Tautorizzazione ad emigrare, qualora
ne presentino domanda nelle vie regolari.
€ ó."* Tanto le suppliche onde ripatriare, quanto
quelle tendenti a conseguire il permesso di emigrale,
dovrarmo dai rispettivi profughi essere presentate en-
tro il termine di un aruK), decorribile dal giorno della
pubblicazione di questa mia risoluzione, avvertendo
che, lasdando infruttuosamente passare questo ter-
mine, sotto ogni riguardo essi verraimo trattati a nor
ma di quanto prescrivono le vigenti leggi.
e Mentre io le partedpo queste mie risoluzioni, la
invito a dare tosto le disposzioni occorrenti, onde
esse sortano il pronto e pieno loro adempimento.»
Era come si vede una piena ed assoluta anmistia,
se ne togli il capitolo 5°, che come vedremo servirà
d'occasione al gran cancelliere ed alle direzioni della
polizia del regno per tergiversare.
Il Solerà scrisse a tale proposito una bellisimv
ode che il lettore può leggere nella citata Gazzetta.
Ritornando all'amnistia imperiale, abbiamo detto
che questo atto fu subito tergiversato dalla caina-
md
«■■UUL
rilla di Corte. Infatti una circolare del ministro aulico
alle direzioni di polizia cosi si esprime :
« ColFatto di clemenza e di grazia, che Timpe-
ratore si degnò emanare il 6 settembre u. s., (la cir-
colare reca la data del 17 ottobre), S. M. raggiunse
nella piena estensione della sua potenza, l'estremo
confine della sua sovrana facoltà. Invece di far uso
del diritto, fece luogo all'atto di grazicu Ciò pò tea
S. M. qual monarca ; come mantenitore del pubblico
bene incombono però doveri, che voglion essere
egixalmente rispettati e completamente eseguiti
iDi conseguenza, ciascuna direzione di polizia è
invitata a fare la seguente letterale dichiarazione ad
ognuno degli individui compresi dal $$ ^."^ del motu
proprio sovrano diretto a S. A. l'arciduca viceré, che
fosse per inoltrare domanda di poter ritornare nel
regno lombardo-veneto, e ne avesse anche ottenuto il
sovrano permesso, praticando tale diffida all'atto
d'accordargli il necessario passaporto. (Segue la di-
chiarazione).
«Precessa questa ammonizione, ognuno degli in-
dividui predetti dovrà fare per iscritto, e confermare
colla sua firma la dichiarazione qui appresso.
e CAe questa paterna ammonizione sta stata por-
tata a sua conoscenza ».
«A prevenire poi qualunque pretesto che o l'uno,
o l'altro dei profughi che ritorna, non abbia ottenuta
notizia della predetta ammonizione, V. E. riceverà
colla presente una sufficiente quantità di esemplari
della medesima, tradotta in lingua italiana, sopra
un esemplare della quale il profugo dovrà scrivere
le parole sovraccennate, segnando di proprio pugno
anche il luogo e la data in cui firmò l'atto, il quale poi
GuNBTTi. CranitSorta. 97
1
ma
1
— 4i8 —
dovrà essere a me spedito, per essere successivamente
rimesso alla rispettiva autorità locale (i).i
Ed al conte di Spaur, il Sedlnitzky scriveva :
€ Con sovrano biglietto, dato in Venezia il 1 5 di
questo mese (era Tottobre), S. M. L si è degnata di
comunicarmi tutto quello che in seguito ad un rap-
porto deiri R cancelliere di stato, principe di Met-
ternich, ha trovato di ordinare tanto all'arciduca vi-
ceré, quanto allo stesso principe cancelliere, inerente-
mente al sovrano atto di grazia 6 settembre p. p. in
proposito agli individui del regno L. V. involti e
compromessi in affari politici.
€ Dovendo io supporre che V. E. avrà già col
mezzo di S. A. il viceré ricevuto la sovrana risolu-
zione, che deve servire di norma neiresecuzione del-
l'atto sovrano di amnistia, e segnatamente nel trat-
tamento dei profughi contemplati dal $ 5, cosi mi
limito a trasmettere all'È. V. copia di una circolare
rilasciata dal sig. principe di Metternich a tutte le
missioni austriache all'estero, in s^^ito al sullodato
moiu proprio, ed in appendice alle istruzioni già dira-
mate alle medesime.
€ Siccome a tenore del sovrano biglietto, devono
diffidarsi i profughi lombardo-veneti contemplati
dal $ 5.** dell'atto 6 settembre di produrre le loro do-
mande pel ritorno alle più prossime missioni ii. rr. e
di attendere all'estero la relativa sovrana Risoluzione
da comunicarsi col mezzo delle missioni stesse, cosi
V. E. sarà ora al caso di evadere a quelle eventuali
suppliche che venissero avanzate dai profughi, dai pa-
renti o procuratori dei medesimi, a sensi della sopra
accennata ordinanza. Avendo io poi unitamente al
(i) Carte segrete documento 451.
— 419 —
motu proffio ricevuto anche Tordine di raccoman-
dare ai due direttori generali di polizia di Milano e
di Venezia la cauta sorveglianza sopra i profughi
ritornati.... cosi inteiesso V. E. a voler caldamente inr
calcare a codesto Direttore generale di Polizia, l'esat-
to adempimento di tale ordine sovrano, controllan-
dolo per di lei parte con tutti i mezzi, che stanno in
di lei potere ; volendomi poi rendere consapevole di
tutti i rilievi che venissero fatti, relativamente alle
conseguenze dell'atto di amnistia sovrano ed alla con-
dotta politica dei profughi che ritorneranno (i)
Circa, questo tempo furono presentate diverse
suppliche all'imperatore a favore di alcuni profughi.
Dell'affare se ne immischiò, coma era naturale, il
gran cancelliere, il quale rispondeva categoricamente
al conte di Appony con un dispaccio redatto in lin-
gua francese che diamo tradotto.
«Il presente dispaccio (è in data del 17 ottobre)
traccia esattamente a V. E. il cammino che ella do-
vrà tenere relativamente agli individui compresi nel
$ 5** dell'atto di grazia 6 settembre, cioè dei profughi
politici propriamente detti. Siccome un tale atto non
fa menzione dei deportati, i quali non sono più sud-
diti dell'imperatore, né dei condannati a morte in
contumacia, che sono morti civilmente, è necessario
che io dia a V. E. istruzioni separate per queste due
categorie, éiffinchè ella possa rispondere esattamente
ad ogni domanda* che le sarebbe o che potrebbe es-
serle rivolta.
tUna decisione presa da S. M. il 15 di questo
mese, in occasione della domanda formulata da GDn-
falonieri, mi pone in grado di darle sopra tale og-
getto istruzioni positive.
(i) Carte segrete. Doc.2452.
— 4» —
t Uimperatorc non potè accogliere fel momen-
to (!), la petizione del Gonfalonieri, in parte preci-
samente perchè appartiene ad una delle due catego-
rie alle quali l'atto di grazia non è applicàbile.
tS. M. si è riservata di estendere piii tardi anche
sopra di lui gli effetti della sua clemenza, se la con-
dotta politica del suddetto deportato acquisterà
un titolo a tanto favore. Lo stesso caso è del conte
Porro Lambertenghi, il ricorso del quale non è stato
preso in considerazione. neìVattuale circostanza, per-
chè desso appartiene alla categoria per contumacia,
e pel momento non trattasi che di eseguire le dispo-
sizioni dell'atto di grazia.
t Infine devo prevenire V. E. che il Luigi Mon-
teggia, domiciliato a Marsiglia, si è egualmente ri-
volto all'imperatore per ottenere il rimpatrio. Egli
trovasi nella categoria dei pofughiy e Lei, sig. Conte
lo tratterà esattamente sulle norme della mia circo-
lare tedesca, avvertendolo per mezzo del console ge-
nerale austriaco residente colà delle formalità; che
gli incombono, per essere esaudito.
€ Prego poi V. E. ogni volta che sarà il caso, di
rilasciare un passaporto ad un rifugiato politico, di
darne avviso al governo a Milano (i).
Come ognun vede, anche senza essere consumato
leguleio, il dispaccio del gran cancelliere era molto
insidioso, e tendeva ad attraversare il progetto di
quell'atto di clemenza di cui il novello monarca vo-
leva fruissero i sudditi del regno L. V. A che tante
distinzioni, cui lo stesso sovrano non aveva accen-
nato ? Mi sembra che la redazione dell'atto imperiale
espresso in termini così laughi, dovesse suggerire
(i) Carte segrete. Doc. 453.
— 421 —
al potere esecutivo maggior ampiezza di vedute, mag-
gior serenità di interpretazione, minor astio personale
verso quei poveri rifugiati, deportati o condannati
in contumacia.
TrattaA^asi di un tentativo o di tentativi abortiti,
una pena quegli infelici l'avevano già scontata, ed
alcuni abbastanza lunga o rimanendo lontani dalla
patria, o passando parecchi anni in carcere : in fondo
dunque em già una grazia dimezzata ; pur si volle
cosi daironnipotente Cancelliere, cui venivano senza
dubbio abbassate tutte queste suppliche. La storia
però registrerà anche questo fatto, che non torna certo
ne ad onore della cancelleria austriaca, né del sovrano.
Il governatore di Venezia, rimise alla Direzione
della Polizia dispaccio consimile raccomandando la
più rigorosa sorveglianza sui profughi in discorso, ed
obbligando a riferire tanto intorno alla condotta dei
rimpatriati, quanto al modo con cui venne accolto
Tatto sovrano (i).
Era jBinita la detenzione e l'esiglio, ma durava la
rigorosa sorveglianza, la persecuzione diremo la qua-
le pel più piccolo incidente poteva cambiarsi di nuovo
ia detenzione od esiglio!.,.
Un*altra concessione dell'imperatore fu il famoso
Istituto dei giovani nobili, già chiesto dalle deputa-
zioni delle Congregazioni Centrali.
Ecco il tenore dell'atto :
«Avendo, i fedeli sudditi del nostro regno L. V.
a mezzo delle Congregazioni Centrali di Milano e di
Venezia loro rappresentanti, e per locaisione della
nostra incoronazione in questo regno, subordinata a
(i) Carte segrete. Documento 454.
i
J
— 423 —
noi rumilissima supplica per la graziosissima conces-
sione del permesso di istituire e di mantenere stabil-
mente una Guardia del Corpo da scegliersi nel loro
seno, per la custodia della nostra persona, e avendo
noi in proposito già determinato colla nostra risolu-
zione del 30 giugno dell'anno scorso di autorizzare
la formazione nella nostra residenza, di una Guardia
del Corpo, composta di 60 giovani nobili lombardi e
veneti in numero eguale, colla concessione alla, mede-
sima delle prerogative pari a quelle delle altre nostre
guardie del Corpo, di custodia noi e la nostra fami-
glia imperiale, e di accrescere lo splendore della no-
stra corte in tutte le pubbliche solennità ;
f Noi intesi ad accondiscendere graziosamente an-
che all'ulteriore supplica dei nostri diletti e fedeli
sudditi lombardo veneti, troviamo di dichiarare so-
leimemente, che l'istituzione ed il successivo manteni-
mento di questa guardia viene da noi clementemente
accolta qual dono d'Incoronazione offertoci, secondo
l'uso antico degli altri nostri regni, dai sudditi del re-
gno L. V., in manifestazione del fedele loro attac-
camento alla nostra persona, e perciò a noi particolar-
mente gradito.
€ Nello stesso tempo noi ordiniamo che gli statuti
già progettati da un'apposita commissione politico-
militare ed esaminati dalle Congregazioni Centrali
del regno L. V. vengano immediatamente riveduti,
discussi e sottoposti nelle vie regolari alle nostre de-
terminazioni, affinchè essi sieno muniti della nostra
sanzione, e quindi la medesima Guardia Nobile del
Corpo, entri in attività colla maggior possibile solle-
citudine.
tll servizio dei membri di questa Guardia ed i
loro doveri, nei quali noi vogliamo specialmente ve-
der compresa l'opportuna istruzione per la carriera mi-
— 423 —
litare, (X)me pure le loro prerogative d'onore e gli an-
nessi vantaggi, verranno recati a notizia delle parti in-
teressate, mediante Regolamento, che sarà compilato
a questo fine, dopo seguita la nostra sanzione agli
statuti accennati... »
Meglio però di tante smancerie, registriamo due
notizie che illustrano la nostra Milano benefica. Un
signore milanese, di cui la cronaca non può notare il
nome, perchè volle serbare l'incognito, in occasione
delle feste imperiali, offerse al Proposto di S. Babila
5CX) lire perchè fossero distribuite lai poveri ed agli
infermi della parecchia e dalla sagristia di Santa
Maria dei Servi cosi furono per la tale ragione distri-
buite 800 razioni di riso e di pane bianco ai poveri.
Più tardi un altro incognito, consegnò ai singoli di-
rettori delle pie case di Industria e di Ricovero, qua-
ranta pezzi da venti franchi perchè fossero impiegati
nell'acquisto di materassi a favore di quei ricoverati ;
più, altre cinquecento pagnotte di pane di frumento
per mano di un sacerdote e finailmente 590 lire da
altro signore da erogarsi in sussidi. E questa era dav-
vero fior di carità.
I giorni che trascorsero fra l'entrata imperiale e
l'incoronazione, non passarono infruttuosi. L'impera-
tore e l'imperatrice si diedero attorno a visitare i no-
stri stabilimenti di beneficenza, le nostre industrie, la
mostra annuale di belle arti a Brera, lo studio di pa-
recchi artisti, riportandone dapertutto, come narrano
i periodici d'allora, le più care e le più liete impres-
sioni, che forse creavano nel cuore dei poveri nostri
babbi tante belle illusioni per l'avvenire.
^-- ^*«^
ì- i«i lino stupendo giovedì di settembre e ndla
ni.)::inii :%iui Maestà, preceduta dalle grandi dignità
li» i li >».ìh» r dai più cospicui magistrati, usd dal Pa-
l.t.^4 Rciiìc e SI rese sotto baldacchino alla vidna
\us»o,v..i:.uw àovt avuta l'acqua benedetta da S. E.
» lu j,:. \Tnnr incontro col clero, si avviò al Trono
jn:,v\„.(r Dìì qui, dopo breve orazione si accostò al-
^::„lr e srJottc presso l'ultimo gradino, dove, fatta
;.. ,\'t^^ij:,», umr e l'ammonizione da S. E. s'inginoc-
, l.\. ir^^ il -ìurr.mcnio e toccò i Santi Vangeli pro-
;:..ì. .,.!M*^ hi snvTa f ormola : Così Dio ci ajuiiW
K ir .• .n:n»ìn. Ir litanie, durante le quali S. M. ri-
j.i..^ .]. ^.:kv. Ilio col capo chino.
v,^..n... ^ V. scilrue innanzi alPaltare e S. M. gli
X, *..^ ..\N».].i;. d..\T.nti : i Gran Ciambellani gli le-
^' ♦' .*. .' J..,.:::<^ :r.:lci, aprendogli eziandio gli abiti,
i^ \"» \r>,\ \o lo imsc col Sacro Crisma, quindi S.
"^ ^>^. nr, J\:dit;lione riprese le collane degli
<^ \.^:. .\ r.u.i-^io Reale, intanto S. E. vestì alla
>♦... \.^ ,^ j^.. „:^ :. ;x^n:il:cali ]ia: la celebrazione della
A , :\. >:. ,.. .: l\ìn-iarca di Venezia (i) ed i Ve-
^. \ ,.xs>;.\v.. ,.c.\v- papparono S. M. dal trono im-
•^ *"* - •'5*, òo\e s'inginocchiò sul più altogra-
.,.:,.\ .. \. ,.:.,. ,ìi„. e p:-escn:ò all'imperatore la spada
Ni,.*,, :\..:.\ vì'j^ !;.\vv;a nella guaina dal gran scudic-
Kv lu e:, i^-^\ v^ \\.>xv.a a S, E., che ne cinse S. M., il
o;.,^.>. .Niv,ui..:..^ì iv.KAamente tornò ad ingiiKxchiarsi.
A,!.^Ia il r.o>:iv> Arcivescovo, prese la corona fenea,
t\l a^i>:jio dal painarca di Venezia, la pose sul capo
(O Da una nota della Cancelleria Vicereale, rileviamo
che 1 Cappellani della Corona sono, TArcivescovo di Mi-
lano e il Patriarca di Venezia. Arch. di stato.
— 4*5 —
dell'imperatore. Le campane della cattedrale e quelle
di ttttte le chiese ed il rimbombo delle artiglierie an-
nunziavano l'avvenimento. Intanto il Patriarca pose
lo scettro nella destra di S. M. ed il nostro Arcive-
scovo il globo imperiale nella sinistra : il Grande Scu-
diero gli scinse la spada e gliela portò innanzi sguai-
nata per tutto il (rimanente della cerimoniaL
Il monarca alzatosi dall'altare, si avviò al trono
reale, e vi si assise : il Gran Maggiordomo voltosi al
popK)lo, gridò ad alta voce .- Vii^a Ferdinando Impe-
ratore e Re nostro : e questo grido venne ripetuto dal-
la massa di popolo, accompagnato da applausi, dal
suono delle campane e dal rumore delle artiglierie.
Si intuonò il Tedetim e quindi continuò la messa.
All'offertorio S. M. venne all'altare e quivi offerse
al celebrante sopra un piatto d'oro una grande me-
daglia parimenti d'oro espressamente coniata, poi
tornò al trono. Alla Comunione l'imperatore acco-
stossi di nuovo all'altare, ed inginocchiatosi a testa
nuda si comimicò (sotto le due specie) e restituitosi
al trono, rimesso il diadema, vi si tenne fino alla
fine della fimzione, dopo della quale ritornò al
Palazzo.
Il grande banchetto ebbe luogo nella sala delle
cariatidi disposta ed addobbata per la circostanza.
Sopra un grande assito coperto di tappeti turchini e
gialli s'imbandì una tavola sormontata da un bal-
dacchino. L'imperatore senza mutar d'abiti ne to-
gliersi la corona entrò nella sala, circondato dai di-
gnitari dell'Impero. Quando si fu assiso gli venne
levata dal capo la corona e posta su d'una tavola,
dove pure furono collocati gli altri ordini cavalle-
reschi ; colà rimase a guardia il gran ciambellano
durante tutto il banchetto.
L^ ■■■>") ''t»?. P^l^rfl
-486-
Nella sera la città fu brillantemente illuminata
e le feste private si prolungarono gran parte della
notte : il popolino si divertiva un mondo ai bacca-
nali dei giardini pubblici, dove erano date rappresen-
tazioni gratuite, e gratuito pure era l'ingresso come
avvenne in vari teatri e circhi.
Alla sera del giorno seguente ebbe luogo al pa-
lazzo di Corte un concerto di musica, offerto dai pro-
fessori e dagli allievi del Conservatorio^ di cui si
dissero meraviglie. Il giorno dopo fu la volta della
visita alla Basilica di S. Ambrogio, che come si disse,
aveva diritto di fregiarsi.delFaquila imperiale
Il capitolo con a capo il suo proposto attendeva
S. M. nell'atrio, presso ai gradini. Sulla piazza da-
vanti alla chiesa stavano schierate le truppe per le
consuete salve. Si celebrò la messa in canto, quindi
si intuonò il te deum colla massima pompa, essendo
stato l'imperatore seguito dalla sua Corte.
Nell'andata furono percorse le stesse vie che per
solito percorreva la processione del Corpusdomini ;
nel ritorno il corteo passò per porta Vercellina (Ma-
genta), S. Giovanni sul Muro, Foro Bonaparte, via
Cusani, Ponte Vetero, Orso, Monte Napoleone e cor-
sia dei Servi (^corsia del Duomo) (i)
In questo giorno stesso seguì il solenne trasporto
della corona ferrea a Monza ed insieme alla corona
vennero pure trasportati colà la spada ed il manto,
che servirono per la cerimonia dell'incoronazione,
mentre lo scettro ed il globo furono regalati a Ve-
nezia, dove si custodiscono nel tesoro di S. Marco.
Nella sera del 9, a spese del nostro municipio
(i) Da una nota manoscritta alla biblioteca Ambro-
siana.
— 427 —
ebbe luogo una gran festa da ballo al teatro della
Scala,
E noti il lettore un sublime atto di piaggeria : il
palcoscenico rendeva l'immagine di un'ampia sala eh*
al comparire dei sovrani presentò sulla scena la
veduta di Borgo Vico col palazzo deWOlmOj allog*^
gio della coppia imperiale, come abbiamo accennato,
durante il suo soggiorno sulle sponde del Lario.
Un ampio scalone guidava dalla platea al palco
scenico ed altro consimile dava adito a scendere dal
palco di Corte in platea. Non parliamo di toelettes,
di abbigliamenti sfarzosi, di scintillio d'oro, di dia-
manti, di giojelli d'ogni specie.
La grande manovra ebbe luogo il io, in occasione
dell'inaugurazione dell'Arco della Pace. Vi assiste-
vano la corte imperiale e parecchi dignitan del Regno.
Il governatore Hartig, presentò a S. M. il cav. Lon-
donio, preside dell'Accademia di belle arti, il quale
era anche incaricato di leggere il discorso : fu un'al-
tro dei tanti sproloqui, e delle tante umiliazioni in-
flitte alla nostra città ; dopo questo, ebbero luogo le
esercitazioni della divisione d'infanteria, alla quale
tenne dietro lo s&lamento. Seguirono quelle di cavai-
leria, la quale alla sua volta sfilò davanti all'impe-
ratore, all'imperatrice, alle dame di palazzo, al Feld
Maresciallo ed a tutto lo Stato maggiore.
Il programma delle feste doveva terminare con
quella all'arena, ma dopo le evoluzioni militari»
il tempo si oscurò e ruppe in pioggia.
Il mattino seguente si visitò il santuario di S.
Celso, dove le loro Maestà assistettero alla S. Messa
celebrata all'altare della Vergine ; verso mezzogior-
no l'imperatore colla viceregina si recarono al collegio
della Guastalla, e nella sera ebbe luogo una festa da
ballo al palazzo di governo, dove intervennero pure
le loro\maestà
Il giorno dopo Timperatore ed il viceré si recarono
a visitare il liceo di S. Alessandro, l'unita chiesa, la
biblioteca Ambrosiana, la straordinaria esposizione
industriale, allestita per Toccasione nel palazzo di
Brera, cui intervenne anche il principe di Mettemich.
Nella sera la società del giardino aveva offerto una
sontuosa festa da ballo.
Ne dalle manovre andò esente il corpo dei no-
stri civici Pompieri, una utilissima istituzione che dar
tava già fin dal 1811 inaugurata da un decreto vice-
reale. Prima di allora Milano era provveduta di al-
cune pompe idrauliche, ma il loro servizio era assai
irregolaare ed imperfetto. Allo scoppiar di un incen-
dio si avvertiva il Municipio, suonava a stomo la
campana del comune ; il custode conduceva le pompe
in luogo, le quali erano poste in moto da un perso-
nale avventizio.
Nell'epoca in cui siamo colla storia, il corpo dei
pompieri era composto di 84 individui, compreso un
capitano comandante, un tenente, un foriere ed un
guarda-magazzeno, tutti dipendenti dagli ordini della
Polizia!
Milano possedeva buon numero di pompe di varia
portata, molte utili innovazioni vennero fatte negli
attrezzi e nei mezzi di difesa ; tra essi notiamo l'a-
bito di ammianto ricoperto di maglia metallica, in-
venzione del cav. Aldini.
Il tema della esercitazione offerta in questa circo-
stanza era il salvamento dall'incendio delle masseri-
zie di alcune aWtazioni e di parecchi individui, im-
potenti per malattia ad uscire illesi dalle fiamme, che
— 429 —
si suppjonevano cagionate dallo scoppio di un ful-
mine in una vecchia torre dove erano raccolte muni-
zioni di guerra. Ecco ora come fu svolto.
Un grosso razzo, sprigionandosi impetuoso dal-
l'alto della chiesa delle Grazie verso il caseggiato che
ne fiancheggia la piajzza a sinistra, andò ad investire
una piccola torre di legno posticcicL, e alquanto ri-
levata sul letto. Allo scoppio rumoroso, allo sfasciar-
si della torricciola, al fumo che già incominciava a
svolgersi, si chiamano al soccorso i pompieri mediante
un incessante toccar di tamburo. Questi accorrono
sollecitamente, e si mettono all'opera dell'estinzione :
alcuni tentano per le interne vie della casa di gua-
dagnare la sommità, altri trasportando scale a pioli
le appoggiano al muro e le uniscono con facile mec-
canismo affine di penetrare dalla parte esterna negli
appartamenti minacciati.
Allora vengono condotte in faccia all'incendio le
pompe seguite da una schiera di facchini, (i brenta-
àoy) ai quali incombeva di portare l'acqua. Intanto i
primi pompieri, già pervenuti sulle rovine della torre,
gettano abbasso parecchie grosse funi per sollevare
in alto le scale di corda, i tubi pel condotto delle
acque, per agevolare ai compagni la salita e prepa-
rare un mezzo di scampo a tutti, ove le fiamme consu-
massero ogni appoggio interno. Ma una densa nube
di fumo solcata da fiamme s'innalza vorticosa verso
il cielo ; frequenti detonazioni entro l'edifizio, un ru-
more confuso, assordante, annunziano che il fuoco
va dilatandosi. Sono poste in movimento le trombe e
frequeijti sono gli zampilli d'acqua ; dai tetti precipita
una pioggia stemperata come quella di un temporale :
I dovunque è un affaccendarsi, un salire, uno scender
che rapisce.
L'incendio cedendo a poco a poco sotto quegli
i^
- 430 —
sforzi ripetuti, lascia un po' di tregua: si scom-
pongono le scale, si aggomitolano le corde, si raccol-
gono gli attrezzi, sono presso a ,condursi via le mac-
chine, quando d'improvviso si ascoltano alcune grida
di donne, di vecchi, di fanciulli chiamar disperata-
mente soccorso!...
Il fuoco, che covava inosservato in alcune camere
di persone immerse nel sonno, riscoppia con maggior
violenzcu Dalle j6nestre escono fianime spaventevoli ;
a tal vista i pompieri retrocedono e ripigliano le ope-
razioni. I più coraggiosi, saliti su. per le interne scale,
sfondano gli usci a colpi di scure, e di mezzo al fumo
ed alle fiamme si affrettano a porgere aiuto a quei
meschini, i quali vengono calati a terra entro sacc/ii
di soccorso; anche i pompieri, salvate le suppellet-
tili, spento «del tutto il fuoco, si calano da una fine-
stra per mezzo di una grossa tela afferrata e tesa ver-
ticalmente da una forte schiera de* loro compagni.
Inutile dire che Tesercizio ebbe il plauso di quanti
vi jissistettero.
'Terminata la manovra le LL. MM. passarono al
refettorio del convento delle Grazie per ammirarvi il
capolavoro vinciano. Nel dopo pranzo fu aperta l'A-
rena per uno spettacolo straordinario, nel quale dopo
parecchi giuochi acrobatici, ebbe luogo uno splendido
fuoco d'artifizio in cui brillarono la corona fenea e
gli stemmi del Regno L. V-
Nella sera ricevimento dal gran Cancelliere e dalla
sua consorte, dove si ballò fino a tarda notte.
La mattina del giorno seguente ebbero luogo le
udienze di congedo per gli alti funzionamenti civili,
— 431 —
ecclesiastici e militari e nel pomeriggio, la presenta-
zione delle Dame di cotte (i).
La. sera fu occupata dal famoso corso notturno
pel quale si sprecarono somme allora favolose, e
tanto tempo di apparecchio.
La corsia dei Servi, il corso di Porta Orientale,
i bastioni, di Porta Nuova, di Porta Comasina (Ga-
ribaldi), di Porta Tenaglia, splendevano per non in-
terrotta illuminazione fino alla piazza d'armi, dove
si apriva una scena ammirabile, che sarebbe stata ve-
ramente magica, ove la pioggia, che verso sera comin-
ciò a cadere, non ne avesse scemato l'effetto.
Tutta la piazza era seminata di obelischi, di vasi
etruschi trasparenti, di tripodi ardenti cogli stemmi
imperiali e cittadini. L'arco della pace sorgeva mae-
stoso cogli ampi laterali fabbricati, fra le mille faci
accese sulle piazze e quelle che brillavano sullo stra-
done jestemo vagamente illuminato. Di molta luce
fiammeggiava pure la fronte del castello, che pro-
spettava l'arco e tutto l'ambito dell'Arena, in faccia
alla quale era stato eretto un grandioso fabbricato
rappresentante illuminata la Villa di Schònbriinn.
Erano pure illuminate le torri delle chiese, l'agu-
glia ed il fianco del Duomo e tutti gli edifizii che
potevano offrirsi allo sguardo di chi si trovava sui
bastioni o sulla piazza d'Armi. In mezzo a questa .sor-
geva poi un vasto padiglione che ora chiameremo fe-
stival, dove diverse bande musicali, opportunamente
distribuite, animavano il pubblico tripudio, cui non
mancò pure l'allettamento di fuochi (d'artifizio ai
fianchi del castello.
(t) Non pensi il lettore che questa fosse una carica
onorifica: esse percepivano un assegno di tremila fiorini
annui. Cancelleria Vicereale Are di stato.
_ 432 -
Malgrado il cattivo tempo la coppia iinp)eriale per-
corse in tutta la sua estensione il corso notturno -. inu-
tile dire che giungendo il corteo in piazza. d'Armi,
venne suonato l'inno imperiale.
E mentre a Milano ferveva il corso notturno, si
disponeva una illuminazione all'abitato di Loreto ed
a quello della Cascina dei Pomi ed il Comune dei
Corpi Santi fece per la stessa sera erigere in vici-
nanza, dell'Arco della Pace una grande colonna sfol-
goreggiante per dovizia di lumi, volendo altresì che
venisse illuminato lo stradone di fronte all'arco stesso,
tutto ciò in gran parte a spesa dei singoli proprietari.
Nel mattino del giorno seguente le UL. MM., u-
nitamente al viceré, si misero in viaggio per Pavia,
passando da Porta Ticinese, dove li avevano già pre-
ceduti il governatore Hartig e il feld maresciallo
Radetzky.
Quale strascico alle feste imperiali, accenneremo
alle beneficenze lasciate dai sovrani, ai doni dei mi-
lanesi, alle poesie di diversa forma cui le solennità
diedero luogo.
Lasciando la nostra città, l'imperatore dispose a
fa\ ore dei supplicanti, che presentarono petizioni du-
rante il suo soggiorno tra noi, sessanta mila lire au-
striache e due mila per gli asili infantili (i). Lo sculto-
re Manfredini per commissione di alcuni milanesi, mo-
dellò i due busti di Metternich e di Kollovart, che in
(i) Da uno specchio riassuntivo generale delle delibe-
razioni prese dalle città e dai comuni foresi della Lombar-
dia per la celebrazione delle feste imperiali, consta che le
spese salirono a 8.262.249 e 17 lire austriache. La sola
Milano ne spese 252 mila. Archivio Civico.
— 433 —
seguito furono spediti a Vienna. Sotto quello del
primo, si leggeva questa iscrizione latina v
BONARUM ARTIUM ET LITTERARUM PATRONO
PAaS REGNI ADSERTORl
NONULLI EX LONGOBARDORUM ORDINE
IN OBSERVANTIAE ET MEMORIS ANIMI SIGNIFICATIOKE
D. D. D.
SEFTEMBRI A. MDCCCXXXVHI,
Gli agiati suburbani di Milano eressero fuori
di Porta Ticinese un arco che recava la seguente
iscrizione :
A FERDINANDO I
IMPERATORE E RE CLEMEN"! ISSIWO
CHE I DELITTI DI OFFESA MAESTÀ PEltDONANDO RIVENDICA
E A SOSTEGNO DEL TRONO
LA FORZA dell'armi E LA ONNIPOTENZA TìI-XL'oPINIONE
CONGIUNGE
ALLA PIA CONSORTE ANNA MARIA CAROLINA
dell'antica REGINA DEI LONGOBARDI SPLENDIDA IMMAGINE
TEODOLINDA NOVELLA
I SUBURBANI DI P. TICINESE
UN PROSPERO VIAGGIO COLL' EFFUSIONE DEL CUORE
AUGURANO IMPLORANO
E
LAMENTANDO LA AHI 1 TROPPO CORTA PARTENZA
dell' AUGUSTIA COPPIA
IL DOLORE NE ATTEMFRANO
COLLA SPERANZA
DI VICINO RITORNOé
GiANBTTi. Cronistona. li
-434-
Nè bastò ancora. Si coniarono medaglie comme-
morative d'ogni metallo, che ancora figurano nelle
bacheche dei collezionisti e nel medagliere del nostro
Risorgimento. Peccato che non fosse l'epoca de' fi-
latelici per incidere anche francobolli e cartoline com-
memorative. Si mando ancora a Vienna un grande al-
bum illustrato, contenente le vedute degli spettacoli
dati nelle diverse città: il Sanquirico vi aveva già
spedito i disegni del padiglione di Loreto, delle de-
corazioni a Porta Orientale, dell'atrio esterno e del-
l'addobbo del Duomo.
Sono sproloqui e fatti, che non si immaginerebbero
neppure, se la cronaca non li avesse registrati.
Giacché siamo a parlare di monumenti eretti in
tale circostanza, permetta il lettore che accenniamo a
quello di Sondrio.
E' da sapersi che questa città subì nedl'^grost»
del 1834 gravi disastri, già da noi descritti nel Ca-
pitolo X, in causa dello straripamento del torrente
Mallero : dicesi che in tale occasione quella città ri-
corse direttamente a Vienna per un sussidio e l'ebbe
quanto fu sufficiente per riparare le dighe del fiu-
me. Ora si venne in pensiero di erigere un monumento,
che ricordasse il fatto e se ne affidò l'incarico allo
scultore Croff. Il lavoro era in forma di obelisco so-
pra altissimo piedistallo in marmo, sostenuto da una
base praticabile. Su di esso, corrispondenti ai risp>et-
tivi lati, sorgevano in piedi nobilmente panneggiate
e maggiori del vero quattro statue saggiamente va-
riate nella loro uniforme azione e significate dai loro
emblemi: la Munificenza, la Religione, la Giustizia
e la Pace. Due lati opposti del piedistallo portavano :
l'uno lo stemma della città e gli altri due altrettante
— 435 —
iscrizioni. Riportiamo quella che riguarda Vimpcra-
tore e il viceré che assistette alla inaugurazione.
IMP. ET REGI
Ferdinando I Francjsgi Aug. Fil* Augusto
PARENTI PUBLICO
QUOD AD HUJUg EJIAH CTVTTATIS TUTELASI
rURENTEM MALLERUM
OEIFRENATIS VORTICIBUS AOROS AEDESQUE RAPIENTEM
CONTRACTO ALVBO MOLIBUS OPPOSITIS
PERPETUO DOMUERIT
SONDRONIENSES
AB INTERITU VINDICATI
AUSPICE RAINERIO AUGUSTI PATRUO VICE SACRA
LANGOBARDOS VENETOSQOE RÈGENTE
SOSPIRATORI MUNlFlCENTlSSmO
DEDICAVERE.
A tanti avvenimenti la poesia non rimase silen-
ziosa e chi per poco sfoglia i periodici deH'annOj ol-
tre quelle che abbiamo accennato^ ne trova in ogni
lingua, in ogni metio^ di ogni valore, che ripetono
però sempre i soliti , salamelecchi, le solite umilia-
zioni. Il presidente della Corte d'Appello, Antonio
Mazzetti scrisse un'ode in abbastanza buon latino
col titolo: Gratidatio Antonio Mazzetti inifeTatori et
regi F trainando i ad coronam ferream suscipien-
dam augusto conspectu Mediolanum exìdtanii; al-
tra ode francese firmata S. A. D; M. ; un prete, certo
Bernardo Bellini, professore di storia universale nel
liceo di Cremona, scrisse una cantica in cui si raiìì-
gura un sacerdote, che predice a Rodolfo d'Asburgo
— 43^ —
le glorie di casa d'Austria, per saggio diamo il coro,
che fa preludio :
Fa che splenda Tinsubre corona
Che sul crin la tua mano gli pose
Come splende la fulgida zona,
Di che cingi i tuoi soli nel ciel.
L'estensore della Gazzetta di Milano dopo averne
pubblicate diverse, confessa che è costretto rifiutarne
una gran quantità, che giunsero troppo tardi per es-
sere pubblicate. , ,, o • ^ j '
11 cav. Andrea Maffei, pregato dalla Società de
filodrammatici di scrivere una scena lirica per la ri-
correnza dell'incoronazione, compose una cantata, che
intitolò la Pace, la cui azione semplice, è piena di
belle immagini, espresse con quella grazia di stile
che gli era tanto famigliare.
Un lungo componimento poetico dialetta.le leg-
gesi nella rivtsfa viennese diretta dal dottor Bolza.
Dopo aver descritto le sontuose feste, l'allegria schiet-
ta della città, termina con questa ottava caratteri-
stica :
« Quii to car milanes in de sti di
Squattrinen tucc per pareggiatt quai coss
E quai cossa vorrav offritt anch mi:
Ma santo ciel! Oftritt quell che no poss?
No gh'hoo de datt che on coeur ch'el var per des,
El coeur tener e dolz d'on milanes. (i) "
Ed ora cessato il plauso, subentrata la calma nella
città, intanto che manovali ed appaltatori sono intenti
(i) Dubitiamo appartenga a certo De Toma fabbro ter-
rario a S. Giovanni sul muro, di cui avremo occasione di
intrattenerci in altro volume.
— 437 —
2L sparecchiare ed a sorvegliare, procuriamo di riflet-
tere se era ragionevole tanto chiasso e tanto fasto. E
prima di tutto una parola su quanto scrissero i corri-
spondenti dei giornali esteri venuti fra noi \ia: la cir-
costanza.
Eoco come si esprime Guéroult. Dopo aver de-
scritto un po' satiricamente lo spettacolo generale
della cerimonia, che non trova, né abbaistanza ricco,
né variato, non vede pure la moltitudine troppo en-
t usi asta, ma neppure vi scorge fra essa f accie di con-
giurati, dice che il nostro paese è ricco, somma-
TTuente ricco, e aiSsai bene amministrato ; i/ engrais-
se dans le sonimed de l'inieUìgcnce : e' est un éiat d as-
so upissemenl asseB keureux.
E parlando della serata di gala datasi al teatro
della Scala, la chiama qualche cosa di féerique e si
mostra pure entusiasta di quella datasi al giardino e
nella sala delle cariatidi.
Più avanti dopo aver raccontato la cerimonia del-
rincoronazione in tutto il suo sfarzo conchiude : « Se
considero l'assieme posso dire clie fu una funzione
delle più imponenti. Le persone che vi erano spetUi-
trlci, si trovavano pienamente soddisfatte ; gli ita-
liani per l'amore ai pubblici spettacoli, gli austriaci
per quel sentimento attinto ai loro principi .monar-
chici, E noi francesi, se dimentichiamo per vm istante
i nostri istinti rivolu7ÌonarÌ„, siamo costretti a con-
fessare che fu un'imponente solennità piena di impres-
sione...»
Giulio Janin, in altro giornale francese, dà que-
sti curiosi particolari della I^mbardia. «L'erba cresce
nelle città, i villaggi sono pieni di miseria., si vedono
vecchie carrozze, una volta dorate, cui sono attaccati
con funi (!) cavalli, che ti mostrano la fame sofferta.
e ad ogni passo, il viaggiatore incontra la più squal-
- 433 -
lida mediocrità italiana!, (i) Davvero non si saprebbe
capacitarsi dove mai il reporter abbia trovai» tutto
questo.
I Debats lodano Fanmistia, ed il Commercio ag-
giunge, che fu esplicita volontà dell'imperatore, ed a
lui si deve anche la mitigazione delle pene pei condan-
nati allo Spielberg.
Ed in proposito alla liberazione dei rifugiati po-
litici, un altro giornale francese scrive <:he molti di
questi avevano preso a dimora non solo la Toscana,
il principato ' di Lucca, i contorni della Svizzera,
ma ben anche le vicinanze di Brescia e di Milaino.
Ora usciranno dai loro nascondigli. La popolazione
è troppo intelligente, perchè non debba ascrivere
Taronistia, al benefico cuore del sovrano e della sua
famiglia. Gli ordini imperiali furono eseguiti finora
con molta leberalità (!...) e la restituzione dei beni
confiscati si succede senza difficoltà (!...) Il numero
dei detenuti rilasciati liberi non è più grande di quello
che si sarebbe creduto....
Cosi i cronisti dei periodici esteri, che in quelle
giornate di baldoria, erano venuti a Milano a spas-
sarsela alle spalle delle loro redazioni, e secondo lo
spirito o il partito al quale apparteneva il foglio, scri-
vevano le loro impressioni. Ma la storia maestra se-
vera, e che dovrebbe servire d'insegnamento alle na-
zioni, ecco come si pronuncia a feste finite, o meglio
con una frase felicissima, a lumi spenti.
(i) Questi apprezzamenti produssero nella nostra
stampa un battibecco, che non si finì così preso, e nel
1839 riempì anche parecchie appendici del nostro diario.
L' Echo fran^a:Sy si fece paladino di Milano e difendeva
a spada tratta in una lunga corrispondenza francese le
insulsaggini scritte da Janin. Vedi Gazzetta di Milano,
1838, 1839, 22, 23, a3 Dicembre.
- 439 -
«Quando nel 1838 rimperatore Ferdinando era
venuto a Milano a prendervi con sacra cerimon'a la
corona dei re Longobardi, vi aveva ottenuto pompe di
ricevimento cosi sfarzose, che fecero stupire perfino
i forastieri. Per dir vero le feste erano state coman-
date, ma un'aristocrazia meno adulatrice e meno serva
dell'ozio e del lusso, lungi di muovere con t^inta foga
a onorare il sovrano, non avrebbe oltrepassata la ne-
cessità dell'obbedienza. Ma essa tutta mente e tutto
cuore per cavalli e teatri, nnnegatrice delle più sante
fedi e per cariche ed onori, dell amicizia, si levò in-
vece con una gara ardentissiraa di sfoggiar pompe,
e quanto di più recondito ha il fasto per abbagliare e
destar meraviglia. Riuscì ; e trasportata da un im-
peto così invincibile di bassi affetti, the quanto si
potè dire dai buoni per ritenerlo, tornò infruttuoso,
furono visti pettoruti i nobili nelle loro livree, e tutti
beati d'aver più da vicino Io sguardo ed il sorriso del-
l'imperatore, fare al medesimo corteo servile tra plebi
scempiamente plaudenti. Uomini smaniosi di mo-
strarsi nati a servire, non avrebbero potuto far peggio,
e l'imperatore in premio di quello strepito solenne
di riverenti dimostrazioni, a richiesta delle congrega-
zioni centrali, prometteva di educare a Vienna sotto
assisa militare, sessanta giovani a spese delle loro
Provincie, ma trascelti da lui medesimo nella nobiltà
meno ricca. Costoro ebbero nome di Guardia nobile
italiana. Fortunato chi sortisse a quelVonore ; grandi
le brighe per essere nel novero ; tutti poi, fra una ciur-
ma di palafrenieri e di servi imperiali, messi in panni
da nobile, non crescere da soldato, bensì guastarsi
nelle corrutele di corte...
cMettemich, che aveva seguitato in Lombardia
l'imperatore, a quello spettacolo di viltà insperate,
avrà potuto osservare quanto bene i suoi modi di go-
— 440 —
verno riuscissero a cancellare le nostre libertà. Si per-
suase che i lombardo- veneti non bramavano riforme,
e. giudicando non essere dell'umana condizione; ne
delle forze di un popolo risalire da solo all'altezza
perduta, decise di non dipartirsi dalle antiche mas-
sime e si persuase di poter trattare indifferentemente
da liberi e schiavi i sudditi, né altro bisognargli che
assicurarsi dalle agitazioni della restante Italia.
e Delle nostre armi non temeva, perchè lontane e
disciplinate a riverire, dopo Dio, il sovrano ; della
nostra rappresentanza nazionale beffavasi, perchè sen-
tiva, che ove pure le avesse gettate le sue scarpe sul
viso, essa ne avrebbe trovato materia di plauso ; del
consiglio di governo non si dava pensiero, perchè >Qon-
grega asinesoai, fatta a semplice pompa di monarchia,
col solo diritto di bandire i suoi ordini, colla sola
consolazione di molestare- fastidiosamente i subor-
dinati (i).
A string)ere maggiormente al suo carro trionfale
l'aristocrazia, che tanto aveva contribuito all'esito del-
le splendide feste, non mancarono dopo la partenza
dell'imperatore le distinzioni onorifiche, ^sparse a larga
mano fra i nostri cittadini, fors'anche a coloro che
egli desiderava amicarsi con quel gingillo. La cro-
naca si conservò molti di questi nomi che trascrivia-
mo per salutare lezione al lettore.
Anzi tutto dobbiamo notare le lettere imperiali di
ringraziamento al Viceré, al Cardinale .arcivescovo.
(i) Anelli : Storia c^ Italia^ Voi. II, cap. I. L'unica atte-
nuante che potevano avere i milanesi nelP apparecchio di
si fastosi ricevimenti e diciamo pure di si basse adulazioni
era, l'abbiamo detto, la speranza di ottenere qualche con-
cessione dalla sovrana munificenza.
Ut.
J
■l|HWl|V«il| wjiLiti ji- m^m ^ ,
— 441 —
al FeldL Maresciallo, al governatore Heirtig, quindi :
Tordine del toson d'oro al conte Gaillarati Scotti e la
gran croce di S. Stefano all'arcivescovo di Milano.
Della, piccola croce dell'ordine di Leopoldo II
vennero fregiati, il nobile Giuseppe Sebregondi, che
taluni dei nostri lettori avranno conosciuto Podestà
di Milano, il consigliere aulico Oldof redi, il cav. Carlo
di Menz, il consigliere di prima istanza Felice Biella,
Yabate oonsigliere Gaetano Giudici, il presidente del-
Taiccademrai di belle arti cav. Londonio, l'astronomo
Carlini.
Dell'ordine della corona ferrea di prima classe :
il Feld maresciallo Radetzky, il. conte Giulio Otto-
lini Vimercati, il conte Giacomo Mellerio.
Di quello di seconda classe : Il conte Luigi Set-
taliai, il conte Ferdinando Crivelli, il nobile Paolo De
Capitani, vice presidente della Giunta del censimento,
il cav. Antonio Mazzetti, Presidente del tribunale
d'appello, il nobile Giovanni Malgrani, presidente del
Magistrato Camerale, il Torresani, direttore della
Polizia.
L'ordine della Corona ferrea di terza classe fu
dato al Canonico Palamede Carpani, ispettore delle
scuole;, all'arciprete di Monza dott. Samuele Busso-
la (i), al delegato provinciale di Milano, Francesco
Ternani, al direttore del lotto, Giulio Pagani, al con-
siigliere d'i governo, Erasmo Lucini, al podestà, conte
Gabrio Casati, all'ex podestà, conte Antonio Burini,
al deputato della congregazione provinciale, nobile
Carlo Villa, a'gli I. I. RR. Ciambellani, conte Antonio
(i) L'ex preposto della chiesa della Passione, pel
quale i nostri milanesi, in occasione della sua entrata, ave-
vano fatto correre la nota satira: si vende tabacco, sale no,
perche in Bussola non ce n' è.
- 443 —
Greppi. Ottavio Castigliom, marchese Lorenzo Litta
Modignani, marchese Paolo d'Adda, conte Pompeo
Litta, al direttore dei ginnasi, Antonio Fontana, al-
l'aggiunto presso la direzione delle pubbliche costru-
zioni. Carlo Donegana, alFAbate Ferranti Aporti
(Cremona).
A conbiglieri intimi furono nominati : il conte
Idelfonso Bolognini, il conte Vitaliano Borromeo, il
conte Cesare Castelbarco, il marchese Nicolò Silva,
vice presidente del tribunale d'appello, il conte Giu-
seppe Sormani, il vescovo di Pavia, Luigi Tosi.
Vennero decorati del titolo di consiglieri aulici, il
prefetto del monte L. V., Paolo Carmagnola, il primo
consigliere del magistrato camerale, Giuseppe Peco-
roni, il procuratore della camera Pietro Cori.
Ebbero il titolo di consiglieri di governo : il di-
rettore della contabilità lombarda Pietro Pecchio e
l'intendente di finanza Cesare Imperatori.
Il titolo di consiglieri della reggenza l'ebbero : il
professore Cesare Rovida, il direttore delle p>oste, no-
bile Goffredo de Giuliani, l'I. R. Tesoriere Ignazio
Frapparet, il commissario superiore di polizia, Gau-
denzio Caidani.
Ebbero il titolo di conte : il consigliere di gover-
no, Raffaele Parravicini.
La grande medaglia d'oro colla catena. Luigi Sa-
batelli professore all'accademia e lo scultore Pompeo
Marchesi.
La gran medaglia d'oro col nastro : il pittore
Alessandro Sanquirico, il direttore degli archivi, Giu-
seppe Viglezzi, l'incisore Luigi Manfredini e l'archi-
tetto Luigi Gagnola.
La piccola medaglia col nastro: il sig. Pio Ta-
vazzi, ispettore sanitario, il ragioniere Giuseppe Cam-
— 443 —
pagnani, il famigerato Giovanni Garimbciti ufficiale
perlustratole di polizia.
Né mancarono le distinzioni al sesso gentile. Fu-
rono nominate dame di Palazzo, le signore :
Maria contessa Meravigli, nata contessa Bissin-
gen-Nippenburg, Beatrice contessa Rasini» nata nob.
Castiglioni, Carolina marchesa d'Adda» nata nob. Cu-
sani, Giustina contessa Verri,nata contessa Borromeo,
Adriana contessa Correr, nata cont Zen, Sofia con-
tessa Palfy, nata prmc Jablonowska, Clem-entina
march. Cusani, nata mar. Botta- Adorno, Giuseppa
contessa Burini, nata nob. Casati, Antonia contessa
Castelbarco, nata cont. Litta, Giovanna dacK Visconti
Modrone, nata nob. Gropallo, Francesca cont. Nava,
nata march. d'Adda, Lucreziaycont. Dolfin, nata cont.
Boldu, Maria cont. Giovanelli, nata cont Buri, Elena
cont. da Mula, nata Lavagnoli, Matilde nob, Carcano-
Volpe, nata nob. Barbaro, Elisa duch. Melzi, nata
cont. Sardi, Giovanna cont. De CapiUini, nata cont
Serbelloni, Lucia cont Mocenigo, nata nob. Memmo,
La città rientrò nella sua vita normale, pascendosi
delle illusioni, che aveva concepito durante la visita
e fantasticando forse un avvenire più lieto.
Fu in quest'anno pubblicata la convenzione austro-
sarda per l'estradizione reciproca dei colpevoli di
azioni qualificate come delitti dai codici pena,Ii delle
due nazioni. Fu sottoscritta per l'Austria dal cav. Bru-
netti, per la Sardegna dal conte Solaro della Mar-
gherita: entrò in vigore coi primi di luglio.
Sembra che la pubblica sicurezza nell'interno della
città fosse di rado turbata, se i periodici non ne fanno
motto, ma quest'anno avvenne un fatto che mise a ru-
more il popoloso quartiere di Porta Tosa (Vittoria).
Ecco come lo riporta il foglio cittadino.
— 444 —
In una sera del gennaio, alcuni malfattori die mi-
ravano ad un furto nella chiesa di S. Stefano, come le
circostanze indicano a credere : nel recinto delle case
attigue uccidevano il chierico incaricato della custo-
dia e ferivano a morte un soldato, che pattugliava nei
paraggi^ ed era accorso alle grida d'allarme.
Le esequie del povero chierico furono per ordine
di quel proposto Bajssi solenni, ed ai funerali del mi-
litare, oltre una rappresentanza della guarnigione
intervenne il (Feld maresciallo Radetzki ed il principe
di Thum-Taxis ; fuori della porta maggiore si leg-
geva il seguente cartello :
A Giacomo Mucha - Soldato nella terza co7npa-
gnia - Deiri. R. Reggimento barone Bakony - Di buo-
na e dolcissima indole - Che posto a guardia del cit-
tadino - Nel distretto di questa parrocchia - La sera
del g gennaio - Zelante del proprio dovere - Alle gri-
da promosse da un sacrilego attentato - Sollecito ac-
correndo - Cadde vittima^ ahi troppo sgraziata - D^
proditorio colpo - Per miserando caso - Dolorosis-
simi il proposto parroco i fabbricieri ed il clero - R^^'
dono unanimi questi suffragi - Anime pietose - Com-
piangetelo ed implorategli l'estremo riposo.
Dei divertimenti, il Listz diede una mattinata mu-
sicale alla Scala ; rimprovvisatore Bindooci da Siena,
rallegrò gli spettatori del teatro Re con una grande
accademia di poesia estemporanea. Diamo per curio-
sità alcuni temi : La Pia - // poeta innamorato - ^^
primo capello bianco sul capo della donna galante -
U Alighieri che immagina la Divina Comedia - // ^^-
gno dell'ambizioso - Il genio di Rossini, ecc. Altro
concerto musicale nelle sale del ridotto alla Scala,
dato dalla giovinetta Neumann. La signorina Mais,
-- 445 —
che arriva nella,' nostra città, preceduta dalle trombe
della fama, recita applauditissima al Carcano ed al
Lentasio.
Magnifiche poi le feste datesi alla società del giar-
dino ed anche le due del governatore ; applauditis-
simai la serata in casa Samayloff, cui intervenne la
Pasta ; riuscitissimi i veglioni al teatro Massimo, e de-
gna di memoria la veglia danzante al collegio di
S. Filippo.
Il carnevale che per un buon mese aveva tenuto
il broncio con un cattivo tempaccio, nel sabbato del-
l'ultima settimana onorò la sua vita con un bel mo-
rire. A dispetto però dei giorni piovosi e nevosi, i no-
stri babbi volevano divertirsi e giovedì stesso^ quello
volgarmente chiamato grasso, sotto l'incessante ca-
dere della pioggia;, era giìi pel corso una selva d'om-
brelli, di carrozze di mascherotti, con getto di corian-
doli in coppia.
Mentre però ci si divertiva un mondo, Milano non
dimenticava la sua distinta onorifica, la beneficenza,
e ne diede belle prove anche quest'anno.
Era giunta notizia che il Danubio aveva straripato
e danneggiato grandemente le città di Buda e Pest. I
periodici cittadini facevano appello alla comune ge-
nerosità per un soccorso e, manco a dirlo, corpi morali
e privati risposero alla chiamata Una circolare ard-
vesoovile fu pure diramata a tale proposito ai par-
roci della diocesi, perchè si facessero promotori di
collette. Al Conservatorio di musica fu indetta una
grande accademia, il cui introito doveva essere ver-
sato a favore dei danneggiati delle inondazioni ; si
darebbero le stagioni di Haydin. Bisogna dire che la
solennità riuscisse secondo i desideri dei promotori,
poiché essa si ripetè una seconda volta. Anche nel lo-
— 44^ —
cale del giuoco al pallone, sito a ridosso di un fianco
del castello, e che qualcuno dei nostri vecchi avrà po-
tuto ancora vedere in piedi, si indisse una gara fra i
migliori giuocatori, che fruttò quasi trecento lire. Né
venne meno il teatro alla Scala^, il quale in una rap-
presentazione datasi allo stesso scopo, potè ricavare
quasi 850 lire. A conti fatti in tutta la Lombardia si
poterono raccogliere L. 136.809.87, che vennero tra-
smesse alla cancelleria di Vienna. Né questa straor-
dinaria oblazione impedì alla nostra città che verso
la fine dell'anno si continuasse nel lodevole pensiero
di aprire la consueta iscrizione per l'esonero delle
visite.
Nell'istruzione dobbiamo dar conto anche di una
nuova classe di studenti : sono i bambini degli a-
sili infantili. I progressi che fece una tale istituzione
furono davvero quasi incredibili ; basti dire che nel
primo asilo di S. Maria Segreta vi si introdusse per-
fino il lavoro manuale, di cui tanto si strombazzò ai
nostri giorni. Erano ben è vero lavoretti in cordoncini,
ma tanto bastò, perchè i prodotti furono venduti ed il
ricavo andò a profitto delle famiglie ungheresi dan-
neggiate. I saggi finali che si diedero, soddisfecero
pienamente, e commovente fu la prima cerimonia fu-
nebre che ebbe luogo nella chiesa di S. Fedele in suf-
fragio delle anime dei benefattori dell'istituzione. Vi
intervennero le rappresentanze dei quattro asili, il OO"
alitato promotore, gli ispettori, le visitatrici, le mae-
stre ed una ressa di popolo. Celebrava il parroco Ze-
zi, quale uno dei primi e principali promotori ; il par-
roco locale. Ratti, recitò un discorso analogo alla cir-
costcìnza.
La statistica delle scuole elementari è pure con-
fortante. Gli stabilimenti di istruzione nella Lom-
bardia nel 36-37 sommano a 4531 e raccolgono
- 447 -
220.I47 studenti, di cui 126.585 maschi e 76.562 fem-
mine. La istruzione della donna, come si vede, era an- •
coro molto trascurata, molte famiglie rifuggivano
dall'affidare le loro figlie alle scuole , pubbliche, e le
scuole a pagamento sopracaricavano di soverchio il
bilancio della casa, motivo per cui si preferiva che la
ragazza appena uscita dalla fanciullezza, si adde-
strasse in casa a lavori di maglia o di cucito, o si al-
logasse presso le sartore.
E dobbiamo pure registrare qualche buona idea
nata anche fra privati. In via Pantano, si aperse una
nuova, scuola elementare e di perfezionamento per la
drammatica e la musica, applicabili al bel canto, di-
retta dai maestri Trovati e Luraschi.
Finalmente in quest'anno si regolò anche il perso-
nale dell'Accademia, furono nominati : Ignazio Fu-
magalli segretario e professore di estetica ; Luigi Sa-
batelli per l'insegnamento della pittura ; Pompeo
Marchesi, per la scultura ; Carlo Amati, per l'archi-
tettura; Pietro Anderloni, /per l'incisione; Ferdi-
nando AlbertoUi, per l'ornato ; Francesco Durelli per
la prospettiva ; Giuseppe Sogni, per gli elementi di
figura ; Antonio Alberti, per l'Anatomia ; Giuseppe
Bisi, pel paesaggio ; Gaetano Besia, aggiunto per l'ar-
chitettura; Domenico Moglia e Giovanni Chiappa
nella stessa qualità, per l'ornato ; e finalmente Anto-
nio e Gerolamo Sormani, l'uno conservatore delle gal-
lerie, l'altro custode dell'accademia.
E giacché verte il discorso sull'Accademia, accen-
neremo alla consueta esposizione annuale di belle arti.
In generale quest'anno sono numerosi i ritratti del-
l'imperatore, e quelli di personaggi appartenenti al
seguito, o alto locati. Il Molteni espose oltre il ritratto
di Ferdinando, P, quello dell'Arcivescovo, del conte
Waimoden, del barone Ciani, del conte Belgioioso e
7j»Ji^^tHài/éà^. " ^ r
- 448-
via. Notiamo i lavori deirAzeglio, deirinduno^ del
Sabatelli, dei fratelli Carlo e Giuseppe Canella, del
Lucchini, del Benevello, del Narducci, del Premazzi,
uno dei migliori allievi del Migliara. Tranquillo Orsi
ha parecchie vedute di Venezia, il Barabini, THayez,
il Mensi, il Poggi, il Sogni Giuseppe, il Bisi, il Moja e
la Teodolinda Migliara, figlia al celebre paesista ;
il Valtorta, il Mosotti, alcuni studi del Treoourt ; il
Servi, ispirandosi al romanzo del Mairco Visconti, fi-
gurò un episodio di Bice del Balzo, che rivede per
l'ultima volta il fidanzato Ottorino Visconti ; e que-
sto romanzo venne pure illustrato dalla matita di
Roberto Focosi.
Applauditissimi furono i quadri della Jaquotot, di
cui abbiamo fatto parola nel capitolo precedente, alla
quale fanno riscontro i lavori del Bagatti Valsecchi.
In generale tutti questi quadri sono soggetti sa-
cri, ritratti, rare scene familiari e qualcimo anche di
storiai
Nella schiera degli scultori notiamo il Marchesi
che oltre una statua al vero di Francesco, espose la
deposizione della Croce, Benedetto Cacciatori, Ab-
bondo Sangiorgio, il Manfredini, il Nencini, il Put-
tinati, i fratelli Monti, Triscornia di Carrara, il Frac-
caroli, il Gandolfi, il Luigi Marchesi, il Croff, il Se- .
leroni, il Luigi Ferrari ed il Bartolini. A proposito
di quest'ultimo, è bene sapere che anche gli stranieri
rendevano omaggio ai nostri artisti. Il francese Mery,
trovandosi in Toscana, e precisamente a Firenze, volle
visitare lo studio dello scultore Bartolini, il Fidia
della Toscana, come ^li lo chiamava^ e dopo averne
descritto lo schietto ricevimento, ed ammirato con en-
tusiasmo i diversi lavori che si trovavano nello studio.
— 449 —
ristette estatico davanti ad una Baccante, confessando
che non si poteva fare opera più perfetta (i).
Col solito cerimoniale si aperse pure la università
pavese, sotto la presidenza del dottor Chiappa Giu-
seppe.
Confortante fu pure il movimento letterario, Mas-
simo d'Azeglio pubblicò \ Ettore Fieramosca ; Mau-
ro Colonetti la versione delle odi di Orazio ; l'edito-
re Silvestri continuò la sua biblioteca scelta di ofere
italiane antiche e moderne; il Canadelli mandò in
luce un ricco Album dell'esposizione di belle arti il-
lustrato ; il Morbio le Storie dei Municipi Italiani ; il
Paganesi, Gli elementi di filosofia; il Padre Ottavio
Ferrano dei fatebenef rateili, Un corso di chimica:
Francesco Cusani con Luigi Hartmann, un opera pe-
riodica per la gioventù dal titolo, Museo storico pit-
toresco ; Antonio Zoncada, un Saggio di poesie;
Zantedeschi prof, di filosofia al liceo di Porta
Nuova, 'pubblicò varie opere di metafisica e di mo-
rale ; Tultima delle quali ha per titolo : Princi-
pii generatori delle umane cognizioni; il Carrera
stampò una guida della Pinacoteca di Brera; il
Rossi, \ Italiano a Londra ed a Parigi; Giacinto Bat-
taglia lasciando il giornalismo per la drammatica,
scrisse sulle condizioni del teatro drammatico italia-
no e trudusse la Morte di Wallenstein di Schiller, la
Giovanna dt Napoli, che fu bene accolta a Torino e
a, Milano; il dottor Molossi continuò i suoi studi
frenologici; il Ferrari, l'autore della Mente del
Romagnosiy stamperà la mente di Giambattista Vi-
co. Nel giugno uscì pure il primo fascicolo del pe-
(i) irdiario cittadino dice che l'avesse abbracciata e
npetutatamente baciata !
GuNJKTTi. OoniMtorta. ag
i
— 450 —
riodico La Bilancia, stampato dal Manini, un gior-
nale artistico letterario, ne era estensore il Turotti.
Giacomo Zurotti traduce dal .tedesco i primi tre canti
della Messiade di Klopstock; rarchitetto Aluisetti
dirige un'importantissima pubblicazione e Opere dei
grandi Concorsi premiate daWL R. Accademia delle
Belle Arti: e si pubblicano pure le antichità di Atene
illustrate dallo Stuart e dal Revetti ; il dott. Canziani
Giuseppe pubblica i principi elementari di Frenolo-
gia; il tipografo Pirola un manuale del Sacerdozio,
lavoro eseguito sull'opera francese di Guy de Cressé,
ed una collezione di testi sacri intomo a svariati sog-
getti ; il professor Pozzoni diede alle stampe un suo
discorso sul modo con cui debbano procedere gli stu-
di; il Rossari, tradusse un manoscritto di Bianca
Mojon, intorno alla storia naturale, ridotta ad uso
dei fanciulli; la tipografia Guglielmini stcìmpò in
un volume i commentari della vita e delle opere co-
reo grafiche di Salvatore Vigano ; i fratelli Cesare
ed Ignazio Cantù tentano con successo, più o meno
felice, giornali, storia, traduzioni, romanzi, ecc Fra
questi notiamo la Margherita Pusterla del Cesare ; il
Canonico Ambrosoli pubblica per dispense la Guida
alla virtù per la via del diletto e V Atene di Bulwer ;
il Mazzoni un volume di poesie del Byron ; il Gar-
zetti, la Storia dltalia, e di prossima pubblicazione
è pure una versione delle memorie di Telleyrand ;
Temistocle Solerà, le suq lettere giocose, e ne fa la
presentazione con questi versi :
Alcuni mesi sono, anzi egli è un anno,
Un meschino libercolo ho stampato
Il quale per maggior malanno
Era % miei primi canti intitolato;
Ebbene il libro de' miei primi canti
M' ha fruttato parole e non contanti.
— 451 —
Or se questo avvenisse per il merito
Intrinseco del libro, non lo so
AI presente pensiam, non al preterito,
Altro stile altri modi adoprerò
Con auguri più lieti, più giocondi
Or vi presento, o donne, i miei secondi,
E perchè si sappia che chi scrive non si fa alcun
scruFK>lo di rivelare al lettore la sua età, agginge:
Mille ottocento sedici fu Tanno
In cui nacqui nell'italo s ti vale j
E i genitori miei, che ben lo s^nno,
Mi disser ch'era il giorno di Natale,
A mezzanòtte, propriamente quando
Andavan le campane dindonando.
E cosi via con questo stile festevole, dice tante
belle cose e in buona lingua. E' risaputo che il Sclera
fu autore dei migliori libretti d'opera musicati dal
compianto Verdi, ed è ancor fresca la memoria del
comico episodio che accompagnò quello dei Lonibar-
di alla I* Crociata (i) .All'epoca m cui siamo col no-
stro racconto, Temistocle aveva poco più di ventanni,
di statura piuttosto alta, di aspetto imponente, un oc-
chio pieno di fuoco, amabilissimo nel discorso, vivo,
senapiUce, franco, sciolto da ogni pedanteria, inchi-
nevole per natura alla satira, ma sempre rispettoso
dell'ingegno, pubblicò versi e prose, lavorò assidua-
mente e finì la sua vita a Milano, in una modesta casa,
all'alba della pasqua del 1878 a 5i anni.
(i) Vedi la Perseveranza del wj gennaio 1901.
JÉt^
ì
— 452 —
Dicesi che dopo la sua morte sul suo tavolino da
notte venissero trovata i seguenti versi da lui scritti .
" Ora fatai di dubbi, di deliri,
Di gelosie, di colpe e di lamenti,
Di vision, di spettri, di vampiri,
Di ree memorie e lugubri sgomenti.
Ora, in cui si scatenano più diri
Dell'alma e della carne i pentimenti :
Ora di santa o d' infemal congrega ;
Ora infine in cui l'uom bestemmia e prega (i) ».
Che ne dice il lettore di questo combattimento de-
scritto così al vivo ?
Continuiamo le pubblicazioni : Il tipografo Pirot-
taj stampa alcune lettere da Monaco di Baviera, di
cui è autore Gian Luca Della Somaglia ; il Marietti,
le Massime di perfezione del Rosmini ; lo Stella gli
Aforismi della scienza prima^ di cui è autore il Tom-
maseo, il libro è dedicato al Rosmini, che già aveva
scosso il mondo filosofico col suo saggio sulV origine
delle idee, e per cui gli avversari si preparavano a
movergli guerra accanita e diuturna, lotta confermata
anche dal Cantù, in una sua lettera allo stesso
abate (2).
Il Bravetta pubblica un buon libro con titolo mo-
desto, ma giustificato di Fiori ed arti di lettere ita-
liane ; il BonfcUiti ha incominciato la seconda serie
del Museo drammatico del Battaglia, e la Storia della
sollevazione e della guerra di Spagna per cura di Er-
cole Marenesi.
(i) Il Barbiera a p. 31^ delle sue figure e figurine, ha
una lunga biografia del Solerà.
(2) Vedi Carteggio tra Rosmini e Manzoni pag. 343.
(Cogliati 1901).
ivr*"
- 453 —
Tien dieftxa a queste pubblicazioni una serqua di
strennei, in parte buone, in parte mediocri e talune
anche inùme.
Eccone qualche titolo :
L'editore Sonzogno (Lorenzo) : La Strenna pitto-
resca illustrata, Viride o il dono di moda, VApe
delle strenne, il Linguaggio dei fiori, la Botanica dei
fiori, le donne e i fiori, il paniere di frutta, Vama-
nuensCy il mercante di cavalli, le avventure di Fede-
rico ed Elisa, parecchi volumetti di racconti, il mae-
stro di disegno, quello del dipingere, quello di pro-
spettiva, Enrico o la famiglia dello zoccolaio, aned-
doti cristiani : la morale in pratica, il tesoro dei fan-
cìidli, le bellezze della storia.
Le industrie risentono di questo comune risve-
glio. I fratelli Barigozzi trovano un nuovo metodo
IDer fondere le campame ; Francesco Burdin impianta
nel vicolo dei Cappuccini uno stabilimento agrario-
botanico assai rinomato. I fratelli Scorzini espongono
lavori d'oreficeria celebratissimi. Accenniamo ad al-
cuni speciali Un bacile tondo del diametro di once
1 3 milanesi (metri 0.644) di ornato grottesco, reca nel
mezzo una medaglia rappresentante il Crocifisso, a
piedi del quale si vede la Maddalena, a destra la B.
V. ed a sinistra S. Giovanni : le dette figure sono la-
vorate con tutta diligenza. Un altro vassoio di simile
diajnetro, e d'ornato greco rappresenta la cena in
Emaus : serena è la fronte delle tre figurine, sul cui
volto riposa una sublime tranquillità ; i contorni poi,
i muscoletti e le attitudini di cui si compone il grup-
po, sono lavori eccellenti.
Altri due vassoi quadrilunghi ottangolari del dia-
metro di 0.644 di altezza e di 0.519 circa di lun-
ghezza, recano in mezzo ad un bellissimo ornato grot-
- 454 -
tesco varie teste di cherubini assai bene eseguite ; nel
primo de* vassoi è effigiata la cena ordinata da Dio
a Mosè poco prima delFuscita degli ebrei dall'Egit-
to ; nel secondo Melchisedech Re e Sacerdote, che va
ad incontrare Abramo reduce dalla strage di Cader
e gli offre del pane e del vino.
Altri due vassoi ellittici del diametro di 0.644
per 0.495 3.1 la cui forma, quasi cornice, fa corona un
seguito leggiadro di ornati in cui consiste il mag-
gior pregio del lavoro, rappresentano nel mezzo bel-
lissime medaglie ; nella prima Achimelech, che die-
tro domanda di Davide;, gli offre i pani della propo-
sizione e la spada del gigante Golia ; nella seconda
la manna mandatai da Dio nel deserto.
Anche le anfore dell'altezza di 0717, ornate da
teste di cherubini^ il vaso etrusco di oltre im metro
d'altezza con medaglia rappresentante un angelo, che
compare ad Elia presentandogli un pane cotto sulla
cenere ed un vaso d'acqua, sono lavori finitissimi.
Tali argenterie furono inaugurate nella nostra catte-
drale in occasione della incoronazione dell'impera-
tore ed ora servono di ornamento nelle grandi solen-
nità a decorare la credenza che trovasi a destra del-
maiggior altare.
Fra le opere edilizie incominciate, notiamo l'in-
grandimento della chiesa di S. Pietro in Sala, che
verrà solennemente benedetta nel prossimo anno nella
festa della dedicazione, e la ricostruzione del Colle-
gio di Porta Nuova* coll'annesso liceo. La spesa di
quest'Ultimo era preventivata in L. 407.571,50 e fu a
carico dell'erario. Sullo scorcio dell'anno fu pure col-
locata la prima pietra per l'erezione del nuovo tem-
pio di S. Carlo al corso, in sostituzione dell'apatica
S. Maria dei Servi. Fu una solenne cerimonia, cui in-
tervenne anche il Viceré.
: '.■n^'TTLT^'^i'
— 455 —
Il Parroco lesse un'allocuzione latina che diamo
in nota (i), quindi presentò agli invitati le medaglie
e le monete destinate a seppellirsi nelle fondamenta,
oltre quattro anfore contenenti olio e vino. L'epi-
grafe scx^lpitai sopra la lapide è lavoro del dottor
Labus, eccola :
IMP. REG. FERDINANDO I. P. F. AVG.
ET
MARIA ANNA CAROLINA AUGUSTA
POPULOS LANGOB. ET VENETIAE
MrriSSIMO IMPERIO BEANTIBUS
TEMPLUM
D. O. M.
IN HONOREM
MARIAE VTRGINIS ET SANCTI CAROLI
PATRONI COELESTIS
A SOLO INCHOATUM
CELLA IMPERIALIS CONSTITUTA
IV. KAL. JAN. ANNO MDCCC XXXVIII
RAINERIO. AUG. PATRONO ARCHID. AUSTRIACO
PnSSIMO PRINCIPE VICE SACRA
LAPIDEM AUSPICALEM STATVENTE
QUAM
CAROLUS CAJETANUS GAISRUCHIUS
S. B. E. CARDINALIS ARCHIEPISCOPUS MEDIOL.
RITE LUSTRAVIT
CURANTIBUS OPERIS NOUTIONEM
fflACINTHO AMATO CURIONE
JOSEPHO FRANCIA
ALOISIO BROCCA CAROLO UBICINIO JOAN. BAP.
GAVAZZI©
NEOCORIS
CAROLO AMATO EQ. ARCHITECTO
(i) «Antequam historica inscriptio ad aevum tradenda,
lecta prodeat; et lapis auspicalis in fundamentis jacta sit
ad inchoandum tcmplum Sancto Carolo, ex perillustri Ber-
- 456 —
Le medaglie commemorative distribuite e vendu-
te per la droostanza, furono lavooro del nostro Brog-
gi. Esse recavano da una parte Teffige di S. Carlo col-
lo stemma dei Borromei, ed in giro le parole Sanctus
. Carolus Patronus coeUstis, dall'altra: Templum a
solo inchoatum - cella imperialis constituta - IV. Kal.
Jan. an. MDCCCXXXVIII.
Aggiungiamo che all'erezione di questo tempio,
il consiglio comunale concorse per 300 mila lire, e
nell'occasione della cerimonia da noi descritta^ per-
vennero pure alla chiesa moltissimi donativi.
Di monumenti, si progettò quello a Giovanni Mi-
gliara, e si inaugurò a Como quello di Alessandro
Volta. Una vera festa cittadina che fece accorrere
molti milanesi Vi lesse il discorso il Mocchetti, pro-
fessore di fisica e di storia naturale in quel liceo. An-
che qui furono distribuite medaglie commemorative,
lavori del Puttinati ; da una parte recavano l'effigie
del Volta colla leggenda : Alexandro Voltae Novoco-
mensi. V. C; dall'altra: Arcanis naturae detecits si-
mulacrum in foro patriaededicatum an, MDCCCXXXVIII.
Fra i decessi dell'anno, notiamo- :
Il sacerdote LUIGI PORTIRELLI di Lonate Toz-
zolo. Fece i primi studi a Brera^ dove ebbe a maiestro
romeonim stirpe dicatum : veniam peto Celsitudini Tuae
(era presente come si sa il cardinale Arcivescovo) si meo
et sacrae aedis curatorum, populique universi, mediola-
nensis nomine, Tibi quamplurimas referam gratias, quod
benignitat:, munificentia, dignatione tua factum sit, ut tem-
plum, votis f ervidissimis expetitum, praesentia tua auspice-
tur, atque Augustae Austri ae Domus Patrocinio, perpetuo
siet.
Tibi quoque eminentissime Antistites sint grates, quod
praecantibus nobis benignas aurespraebuisti, novaque tem-
pli extructio Divo Carolo Patrono cuius sanctum no-
men defers, dicare dignatus es : atque haec prima so-
lemnia ecclesiastico ritu sacrare. ,,
- 457 -
e più tardi amioo il Parini. Ordinato Sacerdote venne
impiegato nella nostra Curia come segretario di mon-
signor Gambarana, quindi nominato parroco a Lo-
nate. Passò jx)i quale ins^nante in quelle stesse aule
ove era stato scx>laro. Annotò la Divina Comedia, che
uscì nel 1804, l'Arcadia del Sannazzaro ed il Mal-
mantile del Lippi. Nel 18 16 fu nominato prefetto
degli studi ed in tale carica durò 20 anni. Si dimise
e morì verso la fine del gennaio. Nel mese seguente i
colleghi e gli allievi si raccoglievano nella chiesa di
S. BabLla a rendergli gli estremi onori.
Antonio CaccIANINO, colonnello del genio. Nac-
que in Milano, si laureò ingegnere e frequentò la
scuola di Modena^, dove diede subito prove di bella
intelligenza, sicché venne chiamato all'insegnamento.
Soppressa la scuola ottenne il riposo e d'allora visse
ritirato, meditando e conversando con pochi ma scel-
ti amici.
Da molti anni afflitto da lenta malattia cerebrale,
fu colpito da apoplessia, che nel secondo mese di que-
st'anno lo trasse al sepolcro.
Fra le opere che ci lasciò, notiamo un opuscolo di
matematica, uno sul Calcolo differenziale e cin-
que, altri lavori inediti, che lasciò all'ingegnere Sal-
vatore, suo nipote.
Il professore abate SEGALINI. Nato nel 1778, stu-
diò presso i barnabiti e più tardi entrò nell'ordine.
Fu a Milano, quindi a Casalmaggiore come profes-
sore di lettere. Tornato a Crema, dopo qualche anno,
vi ebbe la cattedra di sacra eloquenza e passò al gin-
nasio. Colpito da malattia alle gambe, diede le sue
dimissioni, e nel luglio del '36 ritornò fra suoi con-
fratelli barnabiti, dove morì.
-458-
Nell'aprile cessava di vivere il sacerdote cav. Ro-
BUSTIANO Gironi, bibliotecario di Brera. Era nato
a Gorgonzola nell'ottobre del 1769. Ordinato sacer-
dote, fu ascritto alla congregazione degli oblati, e
passò dal collegio di Gorla alla braidense, dove per
le sue estesissime cognizioni, fu di grande utile agli
studi ed agl^ studiosi. Benefico verso i suoi molti,
non ricchi congiunti, e verso il bisognoso, che a lui
ricorreva, era cortese, mite, semplice con tutti, sempre
pronto a spendere la sua opera a favore della per-
sona meritevole che lo invocava.
Nell'aprile pure sp^nevasi la vita del cav. CARLO
Bellani, già procuratore generale alla corte di giu-
stizia ed amministratore dei luoghi pii ; la iscrizione
che leggevasi sulla porta della chiesa di S. Babila
basterà a darci un'idea delle sue domestiche e citta-
dine virtù.
Carolo Joan. Bapt. Fil. Bellanio
Domo Modicia
equiti. cor. ferr.
curatori sacrae aedis nostrae
praefecto rei gerundae nosocomi maioris
industrio sedulo providentissimo
QUI
gravioribus muneribus vario reipub. sta.t.
nitide sacteque perfunctus
recti tenax pius integer comis beneficus
reugiosus
morbi diutini vim animo invicto
perpessus
mortem oppetiit vitae consentaneam
Petrus frater qui et haeres
maestissimus
RAEQUIETKM qui BEATI ADPRECATUR.
- 459 -
Pasquale CITTELLI, nato a Milano aeJ l'ottobre
(29) del 1777. Fin da suoi anni giovanili si de-
dicò alTesercizio della meccanica: durante l'inva-
sione francese, fu per alcuni anni soprintendente alla
fabbricazione dei proiettili in Bongo, Ridottosi a
Milano, continuò, e tanto si distinse nella professio-
ne da essere designato dal genio militare quale unico
fornitore di strumenti meccanici.
Ed a questa scienza, aggiungeva anche un bel
cuore. Ottimo padre e marito» formava, Taffetto della
sua famiglia. Assalito da fiera malattia nei primi
d'aprile (7), a nulla valsero i rimedi, poiché neppure
un mese dopo, fu da morte colpito.
Nell'antico camposanto di P. Venezia (S. Gregorio}
si leggeva la seguente epigrafe sepolcrale :
A PASQUALI^ CO' IELLE
DI MATEMATICr ST RUMENTE
ESIMIO FA DB aie A TORE
J>KGU AMICI DELIZIA
DELLA FAMIGLIA AMORE
DELLA PATRIA DECORO
LA MOGLIE E LA FIGLIA INCONSOLABILI
NATO IL 29 OTTOBRE IJ'fJ
MORTO IL 29 APRILE 1838.
Un altro DecristofoHIS GIAMBATTISTA SÌ ^Spense
in quest'anno. Era professore di storia e filolo-
gia nel liceo di S, Alessandro. Nato nel 1785, fece
i primi studi al collegio Longone e fu laureato in
Isvizzera. A 21 anno era chiamalo al Consiglio di
Stato, e 4 anni dopo nominato sottoprefetto a Salò.
Ritornati gli Austriaci, gli venne offerta la cattedra
di eloquenza, incarico che disimpegnò con vero at-
— 4^ —
fetto, sì da meritarsi la stima e Tamore d^li scolari
e de' superiori. Nella lunga malattia, ebbe le assidue
cure della sposa, dei parenti e degli amici, sopportò
con eroica pazienza i dolori che la precedettero e mo-
rì come visse, prescrivendo, cosa che fin qui non ci
fu dato notare;, che le sue esequie si enunciassero in
queste umili painole «Pinegate pace per Tanima di
Giambattista De Cristo foris ».
Il conte Achille FONTANELLI modenese, grande
ufficiale della legion d'onore. Fin dal 1796 trovavasi
nella carriera delle armi, era colonnello a 25 anni,
a 28 ajutante di campo di Napoleone, a 35 ministro
della guerra del regno d'Italia Divenuto uomo di
Stato, il Fontanelli salì molto piìi alto nell'ammira-
zione del posteri, indefesso al lavoro, fino al punto
di abusaire della sanità che godeva.
Sotto il dominio austriaco, egli fu creato tenente
maresciallo ; e in seno alla famiglia, tra le benefiche
cure pei contadini, tra le faccende di economia e di
idraulica Turale, che imprendeva spesso per solo og-
getto di spargere le sue beneficenze fra i poveri, traeva
un'esistenza lieta di affetti, di opere filantropiche e
di soddisfazioni intellettuali.
Mortagli la consorte, egli divenne di cagionevole
salute. Aveva ultimamente fermato stanza a Milano,
ma ne gli amici, né le cure de' medici, valsero a porre
un argine al morbo che lo minava e la sua vita fu
una serie di spasimi e di vicende dolorose.
Il prof. GIOVANNI Pozzi ; era nato il 21 luglio del
1769. Fu da giovinotto educato ed istruito nelle scien-
ze fisiche: nel 1792 conseguì la laurea all'università
pavese, e co' viaggi aumentò grandemente le cogni-
zioni acquistate. Vide la Francia, l'Inghilterra, la Ger-
mania, L'Ungheria, la Spagna, facendo lunghe fer-
^mmm^^m
— 461 —
mate nelle capita] i. visitando stabilimenti sanitari,
frequentando le scuole più acclamate e legandosi in
amicizia coi sommi che allora vi si trovavano- Rimpa-
triato, esercitò la medicina! e la chirurgia nell'esercito
francese: gettò !e fondamenta e diresse la nostra
scuola di veterinaria. Stampò molte opere affini, men-
tre la; sua vita si divideva tra Tistruzione pubblica e
l'esercizio della su ai professione. L'apoplessia venne
a coglierlo in mezzo alle sue occupazioni letterarie,
mentre stava dando in luce un dizionario di fisica.
Gian LUCA Gavazzo conte della Soma gli a, ciam-
bellano di S. M. Era nato da illustre ed antica stir-
pe, e fin da' primi anni affidato per l'istruzione ai pp.
Barnabiti del Collegio Longone. Ultimati gli studi
filosofici, si laureò a Pavia nelle scienze legali, quin-
di ascritto al collegio dei Dottori ^ si mise a disposi-
zione dello Stato.
Le mutazioni però avvenute nel pubblico reggi-
mento di Lombardia! lo consigliarono di volgersi ad
e altro oggetto, si mise a coltivare le belle arii,
incoraggiato anche dall'abate Bianconi, che in quel
torno, di tempo era segretario di quell'Accademia.
Per compiere lai sua istruzione viaggiò in Italia ed in
Grecia, nella Francia. nelTlnghilterra, nell'Olanda e
nella Germania. Ritornato in patria vi rifulse per le
opere architettoniche, ne fu testimonio fra noi il gin-
nasio di S. Martai (i) e parecchi altri. lavori In chiese
e ville fuori di Milano, Fu ascritto al T Accademia di
S. Luca, lavorò al disegno del cimitero monumentale,
che fin dalTallora era in istato di progetto.
Ebbe pure incarichi onorifici, e cioè fu amministra-
li) Era Tantico ginnasio comunale, sull^areii del quale
venne costruito 1* attuale Istituto Tecnica, sulla piazza
Mentana.
I
- utmm^i j 1-1
— 462 —
tx>re della fabbrica del Duomo, curatore del Collegio
della Guastalla, di cui procurò Tingrandimento. Scris-
se anche un compendio della storia di Milano che de-
dicò a quella direttrice ed alcune lettere su Monaco
di Baviera.
Nella vita privata si distinse pel suo contegno
senza fasto e per la sua affabilità cosichè riesci caro a
tutti. Soprafatto da fierissima malattia, spirò il 7 di
agosto toccando i 78 armi.
Francesco Bentivoglio, Prefetto emerito della
biblioteca ambrosiana, colpito da lenta infiammazio-*
ne, malgrado le cure mediche e lo stato di riposo in
cui si trovava, fu vittima. Da semplice scrittore della
Biblioteca pervenne alla piìi alta carica.
Fu rinomato per ampio corredo di cognizioni bi-
bliografiche, pei suoi giudizi pratici intorno al-
l'epoca, al merito dei codici e delle edizioni. Commen-
devolissime sono le fatiche che sostenne per Tedizione
delle lettere Ciceroniane, che dispose secondo Fordine
dei tempi, ed accompagnò di prefazioni erudite.
Due anni dopo la sua morte una lapide lo ricor-
dava nel Cimitero di Porta Magenta.
fkQues filmile pietra - ricordivi 0 buoni fedeli -
Francesco Bentivoglio - sacerdote di incomparabile^
vita - che custode^ dottore, prefetto - della biblioteca
ambrosiana - inerito pubblica rinomanza - di sapere
e modestia - morì ai 16 nov. 1838, d!anni ^^ - la so-
rella inconsolata p. MDCCCXXX.
Mazzola Giuseppe, pittore. Nacque in Valdug-
gia nel dicembre del 1748, fu allievo dell'accademia
di Parma, professore della nostra accademia di belle
arti ed ispettore della pinacoteca di Brera, carica che
ottenne per un quadro rappresentante una sacra Fa-
miglia.
— 4^3 —
Nel cimitero detto della Mojazza a P. Comasina
(Garibaldi) sorgeva un monumento che recava la se-
guente iscrizione :
ALL' onorata memoria - dì - Giuseppe Mazzola -
pofessore di color ito - Membro dell Accademia di
Milano e di Torino - ispettore delle L R^ Gallerie di
brera - morto il giorno 2^ novembre iSjS - di sua
età go - i nipoti - questo posero monumento - di do-
lore e di riconoscensa.
E Taccademia di Brera nella parete della seconda
rampa dello scalone a sinistra collocò quest'altro ri-
coardo :
Alla memoria - del professore di colorito - in q Sie-
sta - I. R. Accademia di belle arti - Giuseppe Maz-
zola - il nipote dottor fisico - Pietro Mazzola - inau-
gurò - Vanno MDCccxxxxiv.
Interessante il giudizio che diede del Mazzola il
Caimi. «Questo accurato e diligente pittore, che pare
si fosse formato anche alla scuola del Mengs, com-
pare sull'orizzonte artistico di quella età^ come una
pallida meteora, senza influsso, straniera al movi-
mento contemporaneo, incapace e non desiderosa di
riscaldarsi e di rifletter miglior luce al contatto dei
più luminosi astri. Il Mazzola nel corso della sua.
quasi secolare esistenza, rimase inerto spettatore del
fermento e dello sviluppo che veniva successivamente
operandosi nell'arte, e si mantenne sempre lo stesso.
Pittore senza slancio, senza fermezza di disegno, lan-
guido nel colorito, impacciato nel pennello, pur giunse
ad ottenere con ostinata perseveranza, e colla calma
della riflessione que' risultati, che altri dì primo tratto
raggiunge colla perizia della mano e prontezza della
niente.
Certi suoi quadretti di soggetto sacro, tuttoché ac*
casino la fatica, sono improntati di grazie tanto soavi
À
— 4^4 —
e caste, da mostrare come Tanirno suo, d'ordinario
freddo, non fosse inaccessibile alle fervide aspira-
zioni religiose. La sua vita è stata funestata da una
deplorabile sciagura, che avrebbe resa insoffribile
resistenza a qualunque artista, dotato meno di lui di
filosofica rassegnazione e di temperamento tranquillo.
Avendo dovuto subire l'amputazione della mano de-
stra a 40 anni, egli esercitò con imperturbata alacrità
la mano sinistra al maneggio della matita e del pen-
nello, e per ben mezjzo secolo ancora attese alFar-
te sua ».
Dopo il 1807, e quindi dopo la succitata sciagura,
riprodusse in tela i ritratti del Duca Melzi guarda-
sigilli del regno italico, del professore Albertolli, del
principe Rinaldo Belgioioso, dei conjugi della So-
maglia e di vari altri personaggi.
Stefano Luoghi di origine tirolese, nacque a Ri-
mini nel 1782 da genitori non troppo agiati : fu ini-
ziato ancor giovane nei pubblici incarichi e le diffe-
renti missioni, che gli vennero affidate, gli valsero il
grido d'incorrotto ed avveduto. Fu dal proprio go-
verno eletto amministratore dei beni ecclesiastici a
Forlì, ma presto chiamato a Milcino per far parte della
Commissione, la quale in concorso con altri plenipo-
tenziari doveva constatare le ragioni del pubblico cre-
dito. Rapito presto alle affezioni domestiche per la
morte della moglie e di due figlie, egli cercò un sol-
lievo al dolore nell'affetto degli amici. Negli ultimi
mesi di vita, colpito da malore, fu assai offeso n^li
organi della voce. ]Sorì nel dicembre.
Ignazio Prinetti, nacque in Milano nel novem-
bre del 1754. Fin dalla sua giovinezza esercitò la mer-
catura e aperse una casa commerciale, che presto go-
dette moltai fama in paese e fuori. Durante il regno
— 465 —
italico ebbe posto nel collegio elettorale dei commer-
cianti e presiedette alla Borsa col titolo di Sindaco.
Dove p>erò si potè scorgere quanta autorità avesse il
suo nome, fu nelle occasioni in cui veniva chiamato
arbitro in spinose controversie.
Fu anche lieto di numerosa fa^niglia che g^Ii prò-
diga.va le più affettuose cure. Morì in questo mese
nella, bella età di 85 anni.
GIUSEPPE Campeggi, presidente di Tribunale
Era nato a Pavia ne! i^ó^, studiò in quella città e vi
conseguì anche la laurea dottorale. Tra furtonosis-
simi tempi, passò intemerato, stimato ed on orato, e
percorsi tutti i gradi degli impieghi, fu nel 181 5 no-
minato consigliere e qumdi presidente al tribunale
d'appello. Nel 1835 fu messo a riposo e moriva nel^
l'ultimo giorno di qu^t'anno.
FINE DEL VOLUME PRIMO-
GiANETTi. Cromttorin
^^
Indice alfabetico dei Necrologi
Alari Sante Arino 1831
Alborghetti Luigi » 1835
Aldini » 1834
Allocchio Antonio » 1837
Andreani Giammaria » 1831
.\rici Cesare » 1836
».
Bagutti Giuseppe Anno 1837
Balduzzi Antonio ... » 1834
Bargnani Giulietta » 1835
Battaglia Antonio » 1826
Battaglia Luigia n » 1836
Bazzetta Giovanni ...... » 1827
Bellani Carlo » 1838
Bellini Vincenzo » 1835
Bentivoglio^Francesco » 1838
Borda Andrea » 1833
Bordiga Gaudenzio » 1837
Borromeo Giberto ". » 1837
Bossi Luigi » 1835
Breislak Scipione » 1826
Pag. 154
» 287
» 234
» 387
» 154
» 359
Pag. 388
» 240
D 290
» 50
» 34^
» 69
» 458
» 292
» 462
» 290
» 382
» 383
» 286
» 49
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M.
Mabil Luigi Anno 1836 Pag. 336
Maestri Giovanni » 1831 » 158
Maffei Filippo » 1836 » 339
Mangili Gìu8q>pe )> 18&9 » iio
Manio Paolo » 1831 » 391
Marcliesi Luigi .
Marocco . , .
Matteini Teodoro
Mazzolai Giuseppe
Migliora Giovanni
Molana Ambrogio
Mond Vincenzo ,
Morati Ottavio .
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Anno 1829
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Ne^prì Aiitcmio . . . , ^ , . Anno 1836
Oriani Barnaba Anno 1832
Pagani Felice Anno 1834
Pagani Giuseppe » 1835
Paletta Giovanni Battista ^ . . . h 1832
Parca Carlo ..,,**., w 1834
Peli egatti Visconti Gio, Battista . * 1736
Pezzi Francesco .,*.,.. p 1831
Perego Giuseppe » 1834
Piazza Giovanni ....... » 1827
Piazzi , i ....... . n 1826
Pindemonte Iprolito » 1828
Pirotta Giovanni. ,,,,.. a 1834
Porcù Alfonso Gabriele .... » 183;
Porta (Della) Pietro ?> 1834
Portirelli Luigi .,...,* » i8jj8
Pozzi Giovanni .**.... » 18 j8
Predabissi Francesco . ^ , . . » 1S35
Pdna Luigi 31 1S33
Prinetti Ignazio ,,,.... » 1836
Pag. 334
Pag. r8i
Pag. 242
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— 47^ —
Ranieri Girotti Anoo 1833 Pag. 206
Rasorì Giovanni » 1837 » 3(82
Ristori Giovanni m. 1829 n iii
Romagnosi Domenico » 1833 » 287
Rusca Emesto . » 1834. » 241
Rusca Luigi » 1834 b 242
S.
Sacco Luigi Anno 1836 Pag. 342
Sala Viule » 1835 » 290
Sangiuliano Antonietta .... » 1835 » 284
Saurau (Di) Francesco » 1834 » 241
Schizzi Lodovico » 1836 » 338
Segalini » 1838 » 457
Serbelloni Rosa » 1837 » 385
Smancini Antonio » 183 1 » 158
Somaglia (Della) Giulio .... » 1830 » 134
Sommari va Annibale »» 1829 » no
Sormani Andreani Gabriella . . » 1836 » 339
Strassoldo Giulio . . . . , . » 1830 » 135
Strigelli Antonio j) 1835 » 283
Tamburini Pietro Anno 1827 Pag. 68
Taverna Giuseppe » 1833 » 203
Taverna Francesco » 1827 » 69
Ticozzi Stefano » 1836 » 341
Tordorò Luigi » 1836 » 333
— 471 -
Viviani Quirico Anno 1835 Pag. 294
Visconte duca di Modrone ... » 1836 » 335
Visconti Annibale » 1828 » 89
Volta Alessandro » 1827 » 65
Z.
Zuccaia Giovanni - Anno 1836 Pag. 334
.L.
TRENTAQUATTRO ANNI DI CRONISTORIA
VOLUME II
(1839-1848)
1839
Capitolo I. — Due parole d'introduzione — La Società gli In-
^enu'\ — Ancora i profughi politici. — Le Bibbie inglesi. — Banchieri
e professori. — La Rosmunda del Niccolini. — Abbellimenti di Mi-
lano. — L'ordine Gerosolomitano. — Soppressione del collegio di
S. Luca. — All'Anfiteatro dell'Arena. -- Giuseppina Strepponi alla
Scala. — Meteore. — Istruzione, accademie e belle arti. — Dague-
rotipo. — Mostra industriale. — Stampa. — Edilizia e monumenti. —
Necrologio.
1840
Capitolo li. — Biblioteche mutuarle e Società private. — Gli
ebrei, — Società segrete. — Rifugiati politici, Arrivabene, Porro, Ti-
nelli. — Il tentativo di Boulogne. — Vita milanese ; ordinamenti in-
temi e guardie nobili. — Visite principesche ed anniversari imperiali.
— Teatri e feste. — Il Corpus domini e il carnevale. — Beneficenza.
— Istruzione. — Stampa. — Belle arti ed Industrie. — I nuovi ten-
tativi dell'Andreani nell'areostatica. — Strade ferrate. — Necrologio.
1841
Capitolo III. — Conseguenze del tentativo di Boulogne. — I ri-
tratti del Bonaparte e la stampa. — Passaporti per le lìomagne. —
Il nuovo governatore Spaur. — Fiscalità. — Ordini cavallereschi. —
Festa militare. — I giuochi d'azzardo. — Il duca di Canizzaro. —
Visite principesche. — Spettacoli, feste e concerti. — Beneficenza —
Visita cardinalizia. — Istruzione e congressi. — Stampa. — Belle arti
ed industrie. — Necrologio.
1843
Capitolo IV. — Non sempre il bel tempo si può giudicare dalla
mattina. — I confederati, — La principessa Belgioioso. — Gli studenti
e la stampa. — Misure repressive. — Feste militari e religiose, il
manzoniano, chi dell' erbe lo stelo compose. — Le nozze di Vittorio
Emanuele. — Eclisse solare. - Il corso della domenica. — Spettacoli
e feste. — Lo Stabat Mater rossmiano. — Istruzione. — Stampa. —
Edilizia. — Belle arti. — Necrologio.
1843
Capitolo V. — Continua la caccia alle Società" segrete. — Il
prete Vannucci e Domenico Salvadori. — Giudizi suìV Arttalao da Brescia
ed altri libri. — Attentato contro il viceré. — L^gi e regolamenti.
— Il gas. — Pubblici passeggi. — Spettacoli, concerti e feste. — Be-
neficenza. — Istruzione. — Stampa. — Edilizia e monumenti. — In*
dustiie. — Necrologio.
i844
Capitolo VI. — Ritorno dei gesuiti a Venezia. — Ancora le
Società segrete. — Disordini a Roma, arresti e condanne. — La
stampa rivoluzionaria di Parigi. — I confidenti fratelli Grandara. —
Disposizioni governative e municipali. — Commende e dame della
croce stellata. — Echi del tiro federale. — Spettacoli e feste. — Be-
neficenza. — Istruzione e Congresso degli scienziati. — Stampa. —
Edilizia e monumenti. — Necrologio.
1845
Capitolo VII. — Timori di rivolta ed operosità della polizia. —
Il conte Arrivabene. — Fatti di Rimini. — Leopardi fabbricatore di
prodotti chimici. — La propaganda di Parigi. — Nelle Romagne. —
Emigrati. — Leggi e regolamenti interni. — Illuminazione a gas. —
Visita principesca. — Teatri, concerti e feste. — Un'avventura di
Verdi. — La nuova compagnia drammatica lombarda. — Le suore
al nosocomio. — Una poesia al futuro arcivescovo Romilli. — Echi
del Congresso degli scienziati. — Stampa. — Edilizia. — Necrologio.
1846
Capitolo VIII. — Libri ed autori. — Per l'introduzione di opere
vietate dal governo. — Circoli rivoluzionari fra gli studenti delle uni-
versità. — Immigranti svizzeri. — Nella Polonia. — Roma e le le-
gazioni. — Elezione di Pio IX — Mazzini e Gustavo Modena. —
Dimostrazioni a Milano e nel Veneto. — La morte di Gonfalonieri. —
Il Piemonte e la politica di Mettemich. — Avvenimenti di Francia. —
La quistione del seminario dì Folleggio. — Morte dell'are. Gaisruk. —
Vita milanese. — Teatri e feste. — Nuove dame della Croce Stellata.
— Meteora. — Istruzione, accademie e congressi. — Mostra artistica
e scienze. — Stampa. — Edilizia e monumenti. — Necrologio.
1847
Capitolo IX. — Sette politiche e società ginniche. — Reazione
polacca. — Congresso degli scienziati a Venezia. — La stampa clan-
destina. — Ovazioni al pontefice, dimostrazioni e repressioni. — L'oc-
cupazione di Ferrara. — Il giudizio di un commissario di polizia. —
Il nuovo arcivescovo. — Disordini in piazza Fontana — La mozione
Nazari. — Moda italiana. — Carestia e beneficenza. — Cerimonie re-
ligiose. — Teatri e feste. — Istruzione, accademia, mostra e stampa. —
Edilizia e monumenti. — Moniti del Comitato d'Azione. — Necrologio.
1848
Capitolo X. — Due parole d' introduzione. — Il tre gennaio. —
Reclami, arresti e processi. — Il clero, — A Venezia e negli altri
Stati d'Italia. — La legge marziale. — La studentesca ed i funerali
del Ravizza, — L'aurora boreale. — Spavalderie militari. -^ Prodromi.
— Le cinque giornate. — Gli ostaggi ed una lettera di 'Alessandro
Manzoni. — Milano libera. — Nel Piemonte e nella Francia. — Il
governo provvisorio. — La guerra. — Ritirata su Milano e armistizio
Salasco. -- Garibaldi e il tentativo di Val d'Intelvi. — Riflessioni.
— Gli ultimi mesi. — Nuovi governatori, contribuzioni, dimostrazioni
e condanne. — Abdicazione imperiale. — Vive ancora il sentimento
/i*.n» indipendenza. — Necrologio.
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