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VERSI
S CI O L T I
DI TRE ECCEIiENTI MODERNI
AUTORI,
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Sic Ab. Carlo I»iNocENZ(r.F»ii<iO|n >
Sto. Co. Francesco 'ì^LQAfioTTi (
E P. Saverio BsT-rmELu:
CON ALCUNA LETTERE
ALL* jlK.CADtA ÙI ItOMA.
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1
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BASSANO MD CC L X X.
ASf£S£ Kemonbihì
DI VENEZIA.
coti iiCBNZ^ DB' SUPERIORI
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Uà. COM.
Li^ERMA
S£Pr£MBCKf§» ?
^'"E D I T O R E
^ A ,CHI LEGGE.
E quefto Libretto poetico
non rHVeglia dal fonno U
Gioventii d'Italia, e noph
Titragge dalla infùlia mapie--
ra di poetare imitando, ;gij^
non fi vede <iwal akrp mjb-
glior ìbcGpTfo' a lei fi poifa bflèrire ..
L' eiempio ha qiii di tre diverti Poeti .^
che ^pa fol yerfi , non filoni, ^ non xh-
me vacue, ma poefia^ vera, armonioa»
firanc^ , nobile , colorita , e fpira&te
eftro, e ardimento prefèntano loro in
vario ftìle , e in tre geiieci dìHeoenff
di 3ipignere, e di cantare. : i
Con Tefempio v' ha V iftruzione ; non
in precetti , che Vanirne legano nate a
volarey manel difinganno,che le fpri-
giona, e fa gir libere e fciolte, ove na«
tura le chiama. Virgilio è quegli, che
con alcune fiie Lettere tenta Timprefa,
ma piacevolmente, perchè lamagiftrale
feverità è troppo odiofa nimica di Poe-
fia.
Or quefte Lettere fcritte furono fami-
liarmente, e (ènza Audio ad Amico lon-
A a tano.
tusa^i fiuino pubbliche^ per configli
cTalcuni , che dicono poter quelle ag
fiudioG giovare di Poefia, e lo fcrìttox
ci perdonerà, (è in grazia di queflo
lènza lui rifapeirlo, fi Itampano.
Ben faìrebbe in^iuftizia citar efftji
lui davanti a critico tribunale. Che i
pure la collera letteraria ( atroce colle
ra , e ineforabile ) vuol ufar de' Tuoi
denti, perchè mai non irru^iiiifcano
che a troppo gran vitupero fi reca i
non averli iempre ben terfi, e aguzzi,
si il &ccia , che già T autor innocente
non morderanno, il qual da gran rem*
pò le Muiè lafciate, or lontan dalla Pa-
tria ben altro ha in mente che i ma-
ftini, e le bifce del Parnafo, tra il frsté
gore deirarmi, e lo fcoppiar de^csn-
iool P^ruflìani.
lET-
LETTERA
DI FILOMUSO ELEUTERIQ
Sopra il Libro Intitolato
VERSI SCIOtTI
DI t^ eccellenti moderni Autori ec.
Cm alcune Lettre hm pii ftampatt, 4.
AMICO CARISSIMO.
CHI avrebbe potuto immagiiiarc , che
un cenno fattovi della flainpa di un
libro vi aveffe a mettere in tantaagi-
tazione ? Pcrchi io vi comunicai già in Pa-
dova jdcuni pa(n di lettere, che trattava**
no di Poefia di Autore di bwon fenfo. ma
da me non conofciutOy e vi palefai inuemc
il penfitro, ch'io avea di Àrie flampare
unitamente ad alcuni Ve^(I affai fcelti. e buo-
ni 9 queflo badò a porvi in tanto fcompi-
glio« che ^iungefte a temere, non (ia ^r
^uefta edizione a fuccedernc un grave fchu«
mazzo, e uaa. diffenfione non ordinaria nel«
la Repubblica delle Lettere . Per tranquilla^
re pcfb il voftro animo, fono ora a darvi
di qneftp Libro una efatta relaetone, accib
ne fiate interamente informato^ e poiTtate
anche ad altri renderne r^^ipae^ poiché in
> A J ora,
ora, che mi rcfta a fare? II Librajo unito
ad altri Iirtercflàti con ini ha fitorì il Tuo
dinaro, l'edizione ^ quafi compita^ e per
decorarla come richieggono i coflumi pre-
fenti, fi ftanno alleftendo i Rami^ che e
per il loro lavoro, e per il numero forpaC-
feranno di molto la jmefa della ilampa fte&
fa. Adunque % impofltbile^ che it Libro non
efca, n^ cambiarlo fi può ; ma fé pur il ft
potefiè, io ten^^o^ che nondovrcbbefi&rlo^
E non dee mat venir tempo, incuifii le-
cito agli Uomini di buon intendimento di'
efporre i propri ftntimenti con libertà , e
li^nza riguardi? £ non farà c0fa.onocevole ,
che dianfi fuori de' Verfi nobili , e di vera
Poefia, che ftccian argine a tanti inic^uiver^
fieggiatori^ che hanno fozzata ogg^mai.la
aofira lingua colle lòto ribalderie f ^
. Prima però> che delle Lettere io padì^
lafciate^ che de' Verfi vi dia ragguaglio, che:
in quefio Libro fi conter^ranno»
Elfo ^ una unione dt Verfi fciol^ di tre
vìventi Autori, che ben cori tutta ragione
debbonfi chiamare eccellenti, e veri Poeti-.
Il ptìnfiero di produ'rre una raccolta di fciol-
ti pinttofio^ che di Verfi in rima,% certa-
mente il pih adattato^ e alI*<^getto, cbcfi
prende di mira col dar fuori quefio Libro,
ed alla utilità > che fé ne vorrebbe ricava-
re. Dd pr^io moltiffimo di quefti compo-
nimenti « e de' loro Autori non fi pub tener
dubbio, ed abbiatelo per tate, come vi mo^
ftrerò nd rendervene qui appreflb r^iohe .
Ma ora per andar ^onoualche ordine nel
imo ragionare, dicovi, che il penfiero di
que-
}
ouef^, Uomini nel comporre nmi tal forts
ai Poemetti fctolti dalla rima, e Pidea dt
Produrli unitamente -oon qtialcbs foienmtà t
e il mezzo più.coaveiiQvolefìeraccoi^^a^.
difbrctjini de' tempi iprefemU pone in qual-
che pr^ta maggiore iMtaliana. Poefiaigi^
troppa afflitta £ corrotta dìaUa fiermin»^
turba dagli Ignotantii, è prefuntuoS,, cha fi
fan lecito di tramarla; e paradB&ta«'<MuI*
piente' ai Giovani la via- pih; certa t)er;tiu^
icire tplto:abiU. Poeti-, con. lo %^miarli dw*
cernente dalle iàUade^ e ipregiudizif^trop^
fo rd4iWÌ (bdU rea conmemdlne, e dàtuiii
cUe" icducimatita ddla Nazione...
Il V^rfa fciolto: niente fca' per fe fleflbcff
ciiletievol^ ^ e chealletti , e tiaitenga t & no»
«nmXO riceve dalla. njQJbìltà e.VJ^iiezzacleU
ì ioiina^m^ dalla ftrza e rigore de^fentU
iBenti,:. dalla fceltezza delle parole , e^ial
fiiro' e profluvio., diH> così^ del ra^onare
loQenuto c^n,decoi:o e.gra'zia> ed animato
4a p^a ; vena^ perenne di facondia y, che non
91^ ,ifMlnchi <H «euer defta la fantada « e P
Bmmfk di; chi legge V con nuove fòrprefe »
con inarpettitie' bellezze , con. nofaii voli , é
foprd tutto col dipignere gli aggetti inmo*-
dp (Uircato infieme, e fertevohepaja aver-.
Ji avanti gli occhi,. trattarli, maaeggiafli,
dando. loia quelPamnia^ e qurf fenìo» che
non hanoo^ ma che pure non offenda ^ n^
la verità^ ni la. decenza^ e che fi adatti in
fine ali-piacere, eat confènfo di ti»tl,e da
tutti fia ititefo, e applaudito^ e tutti neri-
mangano dilettati, e convinti.
Quefte fono le.bcUczze vero, e quefta 4>
A4 1*
L
k tsera Poc&i; qoéh Pbefii, chè^ iròit >
da tutti, ma per quelli fdl4mente,diedal&
nalara hanno forrìta un fatato felice , ed
atto , e i' hauna poi con gM ftuct^ ooirtrene^
volt coltivato a qaeBto fitie.
Ma che dovette airvtiiire' per i^nderque*
Ila Poefia ptr & mcdefima (ublitMe e nofn^
h^€omanis al voigo, alle Fenlmtne, ecf
a aualimqQé forta di ^te> inorante' ,. e
ftoftaf Si pmftituì effa, a «taKansc gli argc>-
Àenti poi baffi ei triviali , ff fece frmreaF--
la Mtttìca^ed aHa Mimica ancora > ^ tra-
veflì iit vari modi itiuiStati , © ridkoll' ,. e
di Matrona. ch'era e Reina, ft fece* venire
una sfàccBata,, i^ohile, e- vUe Fantefca,. p-
fi adoperò; ad. ogni. uf» fenta rifepvav
. A ciò fecflie/fcorfiày e fulleieek^fco^t^
tiera la Rimav ^<3nza la qùafe liòn. avrebbe
potuto. giammai cbtaiito> accomuria'irfl. Qwi
ila è qucHày. che folIeticandafolol^OEdcchiO'
unita air armonia del metpo, mgamia >^ e
feduce la maggior parte del Moitd», e fa
credere Poefia quello die i|on V altto cìm
pn fuoiio vano eà inutihe,. e^ un fredd<^fii^
mal&mento di. fcntimenei r c-dr parole. Di
qui ne viene, che* t GioTanr s'applitanc^
toilo alla f inKty ove trovano molta ^ili*
tà.) e molto' mag^ore - a^pirente difetto ;.
con efla ricoprono t loio ftedtH^ feipitt pen^
fieri , e le vane ciance ^ e fpefla aticomcn;^
dono di render amabili e^ vnzofé le piii
turpi, e villane efpreffioni ,. e con ciò fi I
fpacciano Poeti icnza alcun prìncìpiodi Let* \
tenitura, fenzà aver guflato un buon Ao-
torti e ftn^ aver giammai ibTpettato^che
vi \
Vi fiano moke cogniiioni dd apprenderfida
un Poeta, che deve edere necMarìaniente
di tutte le principali fcienze informato, ed
iftrutto .
Sarebbe inutile, ch'io mi difTondelH in
ciò voler provare maggiormente con Voi,
che abbaflanza dalla voilra ftefla eri>erien2a
potete reflarne convinto ; e come eccelicA-
te Poeta che fiete, e di ogni altra fcienza
e dottrina provveduto ed adomo, ben po^
rete pili d'ogn^ altro far fede> «guanto una
fupuellettile abbondante di cognizioni , quan«>
to i' efTerfi fpaziati ad agio negli orti ame«
ni, e varj d^Ila più colta FìlQfofia, quan-
to l'aver coltivata l'arte del dire fiicondo
fi ragionato, e quanto ogn' alfra maniera di
fcieiiza e dovizia di fapere alla nobile Poflk
fia convengati, e necefTaria (I renda.
. Che fé così ì, come lo i in fatti, e (è
all'impeto del fa corrente non fi pub maidf
fronte far argine, e ripara, così conviene
andar cercando quelle vie, e^quei rimedi »
che a poco a poco il cW& rallentino del
mal codume, finche fì giunga, interamentf
a ripararlo, e a rimetterlo con fòrti f^ilit
di •
A queftb Salutevole oggetto ì diietu U
raccolt;^ de' (ciotti, che fta per ufcire, e ók
cui^ vi ragion» i con efla fi cerca di gpid^
re i Gióvani a cominciare dal comporre in
veifo (ciolto dalla rinaa, nel quale farà d*
tkopo per capo di necelTario oniamento^che
iperchin^ le.. vere, e fo4e bellezec ideila Poe-
fia . Quando fiano effì accofUlmati; ad nm
Voofià vera e nobile, ed U ^^ nefcaoo »
A s P«-
Mttanno^i paRkre francamente ad ufan^
la rima) che maggior pregio, ornamento i
e dilette ingiungerà ala loro componitneiì*
ti 5 quando uaoo veramente Poetici .
' Perciocché la Rima, fi può in qualche
gttifa rafTomigliare at colori ^ ed alle tinte »
che da' Pittori fi ufano , e rendono vaghi e
^flofi li Quadri anche de' più valenti Uo-t
mini . Ma fé un Giovine abbagKato pcrcR>
dàlia luce , ed apparenza de* colori^ veglia.
|>orfì di bella prima a fpaiger qucfU . fopra
le tele per renderle de* più fini, rilucenti y
e vaghi ricoperte ^ ed adortìe>, qpefH non
farà giammai opere dt alcun pr^io , ed' al
fììi u\i le farà y che farannoxfalla bafla gen-^
te a- vite prezzo ricercate per adòrnajcneTa-
wrne, atoergB> ed ahri fimili più àbbiet-i.
ti luoghi, e plebei. Che^fe all'incontro s*
applic&erà egh prima a' veri , e fodl princi-
pi della Pittura,, confumandO' móki e mol-
ti anni nella dimcile arte del difeso , d(^
contorni , deglt ombreggiamenti', e di tutto
cib, che convJenfì ad un'arte si noUl<^ in-
IJeme e sì pregevole, prima di maneggiar
iè tinte ; qwmdoi '{>am "poi jad avvivar con
quefle li proprj difeeni,, vedrà qual pregio^
<e ^ale fuMime efìmia^^ione acquifleranno li
fooi lavori, che ber» verrà a coApenfaré
'quahi^ue fìudio e fetica impiegatavi .
• SfmiTmente io penfo poter dirfi della Poe-
fia riguardo alla KimaVgi^cli^f^pete quan-
to tralor<> convengano la Poefia « e la Pittura ;
• L'efferc poi queftì Verfi/cne ora fi pro-
ducono di moderni Autori', e viventi , va-
rerà adaltio pesfiero, di coi avrò a pafl'aiv
■i : '• vi
vf-piU. a li»ttgo flottando <blle lettere , td
l , ài fcw^te feit;rQPpo forte, e troppo re-,.
Iigiofa.0tì«isttionfi che abbiamo de noltri
antichi: Ralenti. Amori j m quanto credali
non poterfi ognora aaglMngegm deglt Uo-
mini novelli frutti produrre, e m quanto
credafi dovere noi immobilmente mantenerci
fitti* nelle tracce da loro lafciateci.
Ma di quèfto già , come dim„ a ragio-
nar ^iriiervo di(lefamente ^ ed piapafloiij
Iweve a daivi lagguaglio de' Vetìi , che m
quefb ^MTColta fiL contengono. .^
Li primi dunque fono del celebre Sig.
Abate Frugoni Uoma abbaftanza, noto e
chiam per rOpere fue, per IMngeano fu-
blime e fecondo, e per la fema diluidiflu^
fa per qgnì luogo; ma che certamente più
che d* ogni ^tra cofa, da queftì Verfì ,
che ^^ per l^ prima Volta fi danno aUe
ftampe^ farà in ogni tempo pakfatailtaftre
oltre modo* e fuperiote ad ogni altro . Ve-
drete, Amico, ch'egli in quefU J^^^^J^
abbaflare qualunque talento ^ fa reftare atto-
niti e fopra»t|i, dà un piacere edraoi-dma^
rio affitto, ^ tutto infieme fe arrabbiare ,
poiché fi <:onofce di non poteir giungere al-
oinò ad avvicinare a lui. ^ ^t"Ì. -A
h non mai interiotta facondia, re torti ci-
preffioni ma non «ai caricate, le munagiP-.,
il vive, U chiaf^zJi. ^ il^*^?^ ^^^ "ì^:
ena^a per aVvaitura quello di Orazio, un.
S2r felicedi natura xhe non mai lo trafpor-
ta' un puntino fuori 4e' limiti, e eento^al-
tri 'pi4i eiTenzlali lo repdonò raro Poeta ,
«t mnco siluri Pe^^^]^<^' ' -^i •
TI
ma eoa mocfiaf&tto umovì e ttfetxte comi>-
ni; tanto If fabUtna i:oii t» npbflti de'-pen^
fien, ooii h tìcondU. cfej Are^ con 1» va-.
ghezza deHc fmtii^ini, ectelle^pijole^^
Da venti pezzjclipoelìa farannovi vqtiattro*
de qpa|tpei:NpzzevCÌnqtietrattarK>di Dram-
«ai o, Tra^die , ed^ altri fopra- varj argo-^
«isn» noMì ^ ovverò, gtocion* e^ famirian^.
Evyi il brrtno àirtttor sa Conte Aitafér*
ih Bajar* fopra te di M Johtatiwtea' dalfik'
Piglia, nobile , e- pì^no- dl^ beHwa^, deli*
quale mi piace riportar q^ui im-pìcctolatrtìt-,
IO V. ove aonoverando- le Vi«ù, che ador^
nàvanaqufjfto <>v?iltere, cosi, circofcrivel^
Piwdettza :
i? andiiié cofe t le awemr d^unaitn»^
JF frenando^ i àej^ ,. cbt nilàt^ citcki
.hmpffti primi miti n9m diffèr v*w,
Fatti e cenfiili ol N^ fihgilfnt adatta^
/td arte pigra y e dU le incaute' mmti^
Speffh^ derlX^y fitf cfyk it èH^f^ft4€eeff>,
Totgoreggiand$ d^imptonfiìifa* luce
Lf venga.a'fianfo ye-alti recand^ode-' •
Le mal initfe /uè dimere a0olva,
H fécondòvfcritfo al Conte-Aurelio Bermeli
fratta con uni mirabile cbtateaz» dei vati»
modi: di Poe ria, net qvts^ mokv tentano du
provarfl, e pòdii pine vi riefcono per ìe>
grand! difficoltà', cne tn» ciafcijn genera $**
incontrano. E di quefto. Poemetto abbiate^
foflfe^enza, che vi riporti qualthe-pa/E)., che?
ferviti per faggio dell^Autoie , e ciò.pem
che r arsomento, die 4m fi tractak^ nmlqp.
&
à conibrina ali' ì<i«> e at(^QCg0tta, dal acv»
ftro libra^ e fiercift i^ pa^ cde vpglio
ripQit«urvi iottroty i' Autore parla, dh feftef-
fo, forma il fiu> carattere nel verfeg^gi^^
e ix . déteccà '. s^ Melare di. (e . con uti» certa-
arditezza, che leqbndp aie to pende; molto
piti jpireg^f ^e di qpaluaque inodìeilia ,. rìm
avecfe votato 'u(are« .^.^ .
Secavi dun4a& la breve ^.ni^d^ .t^accut
di ^uènjjiajx^llè, componi Qieiito..ÌF^ V
Autore, in un moda grazlofo 4i<eiTerrideio
in >«ì^' mattina auturuplc:^ ^ J^oa .avciida
voglia di alzarfu di e(}eriltrattcoutaià<j[ue-»
Ho pcaifiera, etae quanti, fianp q^ueHi , che
tentano c)i fatir.ParnaTo,. V<|uanta poctù
^(^fcano in queda malagevole imprefa^ Co-
mincia, duogux; dai Tragici^ indlpaflafù U«
|ici, e iiufuW ajgl' suiltat{>ri iti Pctrórc.i »
in fityc ai Comici,, ed agli Epic^, .& jt ve*
dere in, ciafinu^^di .qu^fié vie p^dlmmi a
nluna e^ queTU» eoe rieicano con .fertin
na ^ Chiude ^ col due, cbe me];itr«ierain
cm^i penikri gli secarpno il Cioccolato ^
dal quale altett^^o^ giura^ diant^QÌ;lQ«^ fòn«
té Ippocre^eo, c^. abbandonandq ogni. • pen«
fiem Talta dal' i^ro^ Quefta , lempltciniina
ideategli (a efpcHie a. pofte.a partii conuna
£ pei dir dot ^tcjuca% (^^e'^cguaci di bi
qgd^ldl^ pu^fòjreper r^i^riportftrìipochi Verfi*
ÒuejfU in f^ volge ^ a^fie UÌtm^é^notti ^
, Va medkamio ^ y^ f^ .foffa, ;»/ fi^^ì
14
Inii poco étópo-^: / '^~' ;
So tèny che ìmitatri^ ìfHmenJk tuf
Del '' fnaggior ^Tqfcé pifcér \fefì^ e pa
'■ Ricerche paròle^ è Jkeltr' modi'
' Mal nt^fitoi. -verfi, dilfrinbatl ^ e d* a
^ Voti e dì: ^enio. a ^rart fatica intèjji
Riflettete bene a é^e&t Verfi , che m
feranno at noftro Argom^to . ' ;
Oràpottavntpaflbaccermsttoi in cui <
parla , efomiafi^U il piotano ritratto , e
fervirawi per l^ia del di lui ftilèf non
Io , ma di lui mdeffmo,. che mnbo'rìt
mena di non ifUmat^ ed amare aHii. '
CU poi vago di gir pef .Uffco intatti
Da Poetico pie firade^ che primt» '
Pindata tenne y è cw% felice drdin^
Fiacca pòi corfcy, e rit4lcìi4i Poi
Il Savonefe" mio che primier jeppe
Pien d^ immagini vtv'éy' e caldo d*e^
Armala di Greche^ &■ di ,Latine corde
U Itala Cetra s,'ok cpme a paffi ince
In fui dur^tammin finte cb^ in bre\
Manca lena e confi^ié^' e ^e tardi
Scorge cb^ a pochi da le.- Mu fé è da fi
' ' Stampar perenne e mentorahii orma -
S^ quei fentier ricchi di luce e fparft
Di velk^ fapér , che- de 7* ignaìro: ■ .
Vulgo- fugge gli fgt4ardi^ e i fuggi fu9k
TerirW'hwraviglia'e di diletto f"
lopihd^aÙHmeìfi^ che maf fiJfmjQ
• » • Sovenhiè leggi al poetar prefcritte
Solo feconde d^aiiorrita ftento^.
Non finza Jìadioy di rf atura xfolli
Come' die la miglior Maeftra prima
lìt fecondando $ btm principi e i m<ai
E
^5
É quafi nuio$ator ebe ttfato $d atto
Senza comceia a contrallar con- t'onda
Tra '/ nautico favor fi Jafiia addietro
Lo fiuol feguacey e Parenofa riva..
Ne le nervofe gambe e ne i^ef perle
faccia affidatele ne f audace pétto^
Sfinp^ fq0egno e guida anfi*ia credei ■
Francò poter per l* Apollineo y regno.
Prender fquai mi piaeea yluì^ dagli altri
Novo viaggio ^^e forfè il ffffiy ^.fontff-
Q^nda m^ fatto già invifioil ombra ^
l^vo il mia nome prendeìtajfi,a fcbemo*
La gelidruma e le ragion di morte %
Ne farà fede ^ni lontano tempo
Giudice piìt finceto^ e n^ miei carmi \.
Non filo certa efterior. vaghezza
Di forme e di f anta/mi^ » certo dono ^
Tacile^ di cantar , ma pur fra i lumi^
Del dtfpciU fin y conte fra, beli ff
Adorne vefti fignoril Matrona j
Troverà involte queir egregie cofe.
Che accondameme ^jae Poeta accorto
« Da le Jcienze , e dir s*udrà : Qofiui
Vide e conobbe ancor le illufiri^ Scole • ..
Ora che ne dite.^. ^ che ve ne pard^. tn^yl
accejdto,. che. per tutto ritroverete fpàtfe .id-
milT^ e maggiori bellezze^ Vedrete cotpi^ .^^^ *
tratti^, e. con QuaL'nQl^^ilià.glUcgQmenticQf
si comuni degli Imenei: le§gerett)in coint ^
ponìmento affai lunga fopra it ntorno vfii
latria del Conte Terzi di Slflà> e ve(jirei^ i
come da lavorato d' insegno, ùa iM^pmentjtf ^
cckI fterilè ^^t un ritprnpupér ^uffW «li^ ^
e piU. yerfi • Due ne ri^ròvjèrete^^al Vef^^vo^
di Parma ]^Ion^)gQl9r X^a^zàiu, un^^
.' n ' ' • ' dona "
I
1«
dotto' VmdrQ Federico Sanvitali , un altro''
Conte Sttzani, m cui la confola per la mo
te 3el FrateHo; uno breve ma pieno di gr
zia al oig. Gk>. Pietro Zanottt, ed uno
CJonre Pietro Scoti, nel quale lo artinia
fìjgglre dalla rete amorofa in cui % prelò
e tratta ^uefto argomento con imrt rive:
za, e grazia nrirabile: in fine alctmi Ver
pe\ ì\ Contèsi Holdernefle, edimPòème
to ^Itftmtnente comporto per Pir^refib d*
KavK, e Ptoc. Lorei^zo MOROsiN&int
tobto il Vero/ oltre ^idli già accennati
che fono o genttU Dedrcke di Drammi
oppufe ove parla di Trage<tte, e maflfini
di quella def Giulio Cefare del celebre Si
gnor Abate Conti.
A quefti brevi cenni, che ve ne Sccio
AOtt comiticiate vor a darmi r^ione , eh
?uefto Libro fèrvìrà molto a^àr pir^oal
taliana Ppefia , e a difingannare mohi d(
Àlfo modo (ti coltivarla^
^. Ma^prepiìi ne rimarrete perfuafodaH
k nniòtte degli altri due Autori che fi^nono ,
quando pdrdelte Lettere vi dia contezza :
con eflo voi , eperl' opera vòftra nerefterann'
pure convinti cpiegfi Uomini di buon fcnfp
che altra notiziar fin ora non ne haiino, i^
non^ ciò, cfce vanno maKgtiaii!entefJ3argencf<
[. quelli , cfce fenzaavèr veduto ti Libro^ gt-
E Jie fparlano grpertaraente, temendo adeili noi
i ne ven^ d^rnio e difonorc. Ma di qucft
[ già non nA curo >edefidero fofo l' approvazio»
f ncéi pochi ^ fcelri, comevipifiete.equan-
; to fife 'gli attri- fi commovono , prìi danne
frov« e ^ko *H*t)ggetto noftro .
I -■' Dopo
*7
Dopo IL Vecfi non nni.abbaOatte^ lodati
del Frugoni , e che foiio in gran copu , fe-
guono alàitle Epinple In verfo fd(H|p da*
gne dèi polito, felice ^ e irmato ingagnodel
Cónto iFrincelco Abaròtti Uomo di rari
pre^i orhato , e* che na renduto mme air
Italia con uno (lite fiiodi coim|)orre U piti
fcnfato e terfoj e >ieno\di rn^oìFe- grazie e
niodì , che arricchliconò la nqftra lingua»
ctrtl^ayer anche ad eflà familiari rendute ma-
terie ò non p'^ trattate « p nònc^«:taKnenre
tn modo cosi umano e proprio . l*fi op^redi
tur gtà abbaflanza Ilo rp(ero i(lu(lreepfe|^is-
to per tutta pjropa^ ma ora fi ffà. appre-
fìando un^Edi^ione' coriipiU e. piVS^^ <li
tutte , che gTl ;^um^rà queft'.ónj^e , di
cui ì bea meribyole, J\la, gii in quelli v®^-*
ff Io vedrete icòipltao ^ riconofcWetqr^uan-
to atj;iabil,c„ raffinato^ ed* acuto Ingesooejilt
aM)ia^atto veramen^e^ad dAeDIre-l itatia»
e fa Poefia.
Lalciate però eh? àncKe del noflros Alga-
fottt vi riporti un pafib > .che troppo <à ono-
fc e giuftizta a! noRro affluito ,* ed ^ prefo
dalla Epiftola.che feri ve 4 5* Abate Me-
taftaffo. .. : * ...
, Nuova 90fl ^ c^9 /ì^ vofgétre Jcbfsrét
folo dagli ami U \ymud9 .^fliinfy
i pili la ruggì n Jsi il nutaìl^i a]ffr§zzi*
Forfè h v«?< dei Cafiaiia f^ft^a -
. ^ SèccM ^ ^dJ mftriy^ t di PaafUiapk in oìm^
" Tairfe /qH pq^i^jf, Petrarca e JDam l ♦
S^e dì iVvgérW cffRallim jutmr^
' lE vini^Qn k Vazuflcifi djcure icJg^
*8
• Moki fÀ^^i' febei inotu favilla i ' .
N? detta cuba Italica fav'elja" ^
Ai Padri fia che &oppo onw' tu pa^
Ma per 4:ìb del GUarinii molli ver}
Né la notile tuia di Gafredo ,
Nèlaceterad^or^vitad^Troiy
Che da Find^ iti dono ehòe Ohi abn
Né T^ udir'tton dovremo armqniofo
' ^ Nuovo Cantor ^ che da /* Aoniè cime
Con la ricca tua Vfna il Lazi^ bei
.F dovremo^ fottanto. i nofiri mari
* Correre , e non dovremo anche -per /* iw
Ingleft oPranche alzar/ tà vAla am
Né' il tatido. Ocean tentar né il Gr{
Donde ignota: fra noi Parnajìa mere
, ; Recar poi vincitori ài Tofàhi lidi ^
^ ii fermone'ahicchir patria '^d ilgàfi
- 'O di fi-Mit età povere, mentii ^ '
Nulla dunque, Ihfciat Petr'arcà e ù'ar,
àl'l'induftrta'de'^Poflerièratìn^^^^^
, Dunque fra mi ta ìm^a arte ^ A^di
' Perfetta furfe iW rozze 'etadiy in ck
Vdrti che^ fiordi 'let fono Sorelle
'. Graceano^^ncor'nefXJnmca ruinàf
X tndmor Cimabuifca^nh 'ed efan^ui
EraApelle^ aqu^i gloriti ; ti duro èro?
' Fra U iTÌanr a Cèllin le; molli fórme
Non avea prefi ancor , ine • ancora ai
. Micéeiagnph al'Ciel curvato e ffiimo
Il miracòl de' F arte in praticano.'
Altro non dìróvyX (bpìraq[ueflopaf&, e
troppa parfa Aa,' fé.,,e"nfm poti^éi &re e
ofcoràttie il merito con le mìe riflefTioni
PaflTo dunque à'Vèrfi Ad ^adreBettìn<
« Gcffaìta , M oh ■ quanto di quello amabll!
timo
i9
ikliQ AutiKis glenp dì laro intf^na, erìccò
di quelle doti , delle quali vamiQ adorne Toìf
l().rl^ ^im^f grandi e ungoiarì, pocm dir-
VI*! fé ait*- amicizia: mia ed ai' merito di ita
V9Ìe(n fervire; ma debbo ridrarmi da que^
*fta.intraprera» non perche temefH che la
iiiUiine^Aiina,. e laconofcen.za che ho di
lui ^ mt faceflè e(àgerare nelle di •lai lòdìf ,
xtk^ p^rch^ ^nzL foa cèrto cS^^ quanto giun-
peiTi à. dirne^ npn^.pnò aggaagUàrcghuiimai
ti inerìt(>^ cbd dalla^ ktturadi alcvn ^olo di
quefti AioI còmponttnenti xiteyerete> e fon
certo alrnsì, che iti niuiio forfe 4ina Na-
.cura egoalai^tei Poetica, avrete ritrova*
ta. .• ... .i\. ' ^
Qjiiefli fiMio dodusl .Poemetti di mediocre
eflenfione ^ ma ,ch& ponno bea dar faggio di
qucUMPomo glande .cb';egli ^y oltrdle mol-
te altre c0fe daliii>compoAe. Sonetti pri-
ma in^^vefli in. Milam fenza/il di lai no-
^ne V e pafift.da molta ttmpa non fi ritto»
vana. <{femplari . QuefR hanm» data oc-
cafione atlaedtzlotie pre&nte^ mentre io ef-
:fendo incaricato di ferii /3Ìfain^r»quT in Ve*
ii^ia^ credetti di miirvi fówi^dci Frugoni
;e deir Algaiótet ^ e cèrte Lettere v cba in quei
giorni nt capitarono avvcf^Cilratamentc alle
mani^ e mi parvero^ àflài degne ^dipoière (la-
re unite a s) vadenti Poeti >^ molto- ^ii eh'
fffk Infiemecd i Verfimigmdàvàno^Mloftef-
fo fcopot ch'^ qjelloappeniiatovi, e di cui
vi patlerb in àppreflb. Così ottre ii fregio
di dat fuori o^ere di Autori eos) «ceellcn-
ti) mi venne latto di formare tiif Libro ^
che
_ i
thè tutfo infienie cofyitk ad Ui^ e%s&
t fme d.temtinatd.
^ II primo Poehiem) del Padre Berrii
e fapr?i la Pittura, (cri tto al tioAro cel<
Tiepcrfo. Di quante bette inunagini efl
ripicitD, e quanto fi avana» felicemente!]
ijitemo della materia che tratta! uditele
cm pafli.
Ma Te fin da le fafce e da la €ulL
Per man guidato di natura IjUffa ,
£ iir qimh anlmcfe Ignee faville^
tDl eòe l Vati el Pittori ardwt nafcem
Ricco Ja meme e rinfiammato lì fet.
ìhrugll anni tardi yO lì lungo ujiyolre^
Difficili precetti adduffer dove
A ptfchl moftra IJùol fecretl il fimm
' i^ la helPavtey tìfia foflegnoe nume
Il fatate Dlfegno: a eur da fianco
La iachuma vlen Geometria^
Che di proforzloHle di mlfure ^
5 f Anglici firomentt Ingombra è tutta
Quinci fiède wln fpolpata , e l mtmh
Imera Notomìa ^ che ne le Rtagl
Dé*C4frùlumànr^ e'mmezzoalfangae tfulpà
Non lunge . la ScDluera al cinto appena
il gnave maglio e lo fcalpeth ha In ntano^
Ottica^, Architettura y e Profpmlva'y
E d^ftltrojendraphel folto erra ali! intorno ,
•..— w*« Còl ^ dlr^come
ì£muli il faggio compartir del vario
MultlplnsefiggettOy^ e lo difim
Con legge Tlzlanefca^ Oito le t(k
Còe cerno volti e cento braccia In tfito
AvMuppan così , che par eoi memStl
Lottar i membri i e w» / carpii corpi:
La placida quiete e P armonia
Fttgge da kr , ma ne ie tue ricovra .
Tu di giorno chiarijpmok accendi^
■ 'E' a tua pofla puoi trkr luce dai dotto
Sbatter de r ombre , sì che fuor del Qt^dro
Efie taman rèe ad afferrarla mvtta.
Cwme le parti dei iavor perfètta
Rifpondonfi tra lori come concorde
Difcordia unifce e parte ^ oppone e gÌMfge
Il Mcóntraflo di che ognuna ^ iella ì
Q^ta ne f opra 'tterìth ridondai
«*— L.i— **i^ Ti» fai
Le membra alfenno tond^iar , farle afpre
A la fatica di mufcùìi e nervi ^
Sì che intrecciate rigonfiando vanno^
La vene per le braccia^ e corre tutta
Per Compie fpaHe ia ramvfa feiva.
O de ia iella verità^ cui tutte
San di rmutra le fenwianze conte^
Difcepol fidoì et.
Ma già creda , che farete troppo alletta-
roda quefti tratti , perche io pofTa fraiicanieiv.
te addurvi anche imo Iquattrio dd fecondo Poe-
metto «KretroaJ SÌ5. Conte Fran^refco Alga-
rotti, Tnemre egli era ancora a Berlino^ td iu
icflb il Poetalo perfiiade a ritornar in Italia ai
follevare la Friofoiìa e la Poefia troppo de-
jH-efc e avvitite. Udite della Poefia come
parla, e danetm ragione, fé tutti etie^u»-
fti Poeti fiano uniformi ne*loro penfieri , e
fielP^etto d ouefto Libro.
Perchè tu amen Spirto poffente e Divo
Non vieni Italia a fuf citar >dèe dorme}
Olmi ie Mufe che alfattaron Bembo ^ *
CAf
22
Che fui P>i^ nutricar P Italo Omero t
Or Jolitarie fu la fredda tomba
Piangàn dì Laz^ar'mo e di Manfredi
Or tra Gb^dJn pur vive anco-^ iddi
Tra Zamtti e Frugen P pre panendo
parche £ anni t tP alhr fMir À9 Putrii
Vivon de gli morati o%f coi^eme •
Italia in tante di fecchfi mille , •
Rivi creffiuto un tqrbid& torrente
Con le Raccolte Jno»da acque leiee
Che pur £ Aomre diCaJialie han non
Lungo a le -quali ttemé^mente alierg*
Per lunga fame alto firidendo un.nen
P* augei palujhri <f di graccbìanti cor.
Ónde la Selva fi lamenta e il lita.
V Itala Scena psj t0ror J* Uliffe ,
. Per la Pietà di Men^e.H Mla^
ALMimo arguto e al vii Mufico è saprei
E Melpomene in ^an hfceri i panni
Lacero il volto al pajf^gger mojhrandt
Vn Mecenate od Mn LeofUt implora .
Né vai che alcun Cigno gentil talora i^ (
QualSabri alpìcciol Ren^Diorante al Ai
A J* Adria Go^zìr ^ ^^^ ^^^^ firn ih
Sul Mincio apparfo^O lungo il Tebrom
La lent0 Aufonia a confolar ne venga
, Che la mifera un dì Patria agP Ida
. Or del Ciùl P inimica ira fovercbia ,
E vede ilmeglioedalpeggior fiappigl
H t^rzo l^giaaro Poemetto ^ ir^tto
Sig.^DoiiKmico Fabri , ed il «iiiarto i fo
la' Villa del Cardinal, Valenii pieno di I:
Je Poetiche immagint; il quinno al March
Grimaldi fopra la cortefia de' Signor i'Gn
di verro^de',LetW*ti; ed il fefto.fopra
Tragedia al P. Granelli. Nel fettiiDO diret-
to al Sia. Abate Bènagliò defcrìye la fitua-^
zione ed alcune fingoiarìtà di Napoli ; e T
ottavo lo feri ve il. Poet2( da Bagnacavallo
ìtiogo della Xoiìia^ina oafla ad un Coi^naro
fub amico 9 col /quale «^ra (lato a villeggiare
r Autunno , e in eflTo deferiva minutamen-
te i viaggi, i luoghi di Campagna veduti,
e le converfazloni in «fH panate cqn una
leggiadria -poètica, e con una irivézza e ve-
rità mirabile : e fa ppi un confronto' così
fone di quelle delizie coir orridézza del luo-
go ove fi ritrova, (he non faprei come col
pennellò 'ù potefle £ire una lapprefentazio-
ne pili efpteffivà . Segue il nono Poemetto
al P. Gimeppe Pellegrini fopra li Predica-
tori , cho fogliono udirli in Venezia nella
C^uarefima , e dalla ^I(a eloquenza di quel-
li , che hanno il maggiore xoncorfb t ^ &
firaida a parlare della ver^ eloquenza Vène-
ta , è fi fa . meraviglia trome xegnandp io
fpirìto d'una sì ragionata facondia nel Fo-
ro e nel Senato , fi fofTra « ed id^bia plaid^
una a ftlfa he' Templi •. lì decimo jdiretto
•ad Conte Michele Fracaftoro deferiva T en-
trata di Genova, e ppi parla di quella Cita-
ta , e maflfìrne del Commercio di lei . e
quefto Io anima con una Poetica rappréien-
tazione, tìi^cui non .feprei ritrovare, la più
-vaga e nòbile, ed l àmitto nuova • Loda
•'tielrundecimó il Sèfeitìflùno Ppge di Ve-
i^zia G rimani allora vi vèr) te, e pafla poi
a parlare* dell' origine di 'queua Capitale •
E r ùltinio in line \ 'diretto a Mantova
'Patria del i^oeta, ia cui j[<x|a il Conte Cri-
"' '"i * ' ...... ftiani.
'*'^"'?AParfa leFgiaclrameMe delie i
magmhcbe oferaziom fatte per decoK
ed amccliirla.
Eccovi con cib^cotnpitò il lagguaali
breve de' tre Poeti, ctó in queST rio
?!,f£S''^"°^ S?" ^'^ %8i dèlio flil
ciafcftedjmo . Spftano efli pute di eOère j
niati eccellenti, e te foflrano gli altri
Cora, potchi certamente il loro valore
lOTo pregio e Angolare , ed jianno fo
Giafcnno mieria natura, che non \ con
che a poclji per ogni Secolo.
Non vorrei annoiarvi di troppo, ma
PO avem refa ragione del Libro, ede'i
«che ineflb fi contengono, d' uopo i
in fine delle Lettere io parli, che fono ò
le che cernano la 'maggiore curiofità, I
yoffono ancora eccitare le comroverfie.
t pnmieraincnte faravvi a dire fopr
torftero (fi noti fapetfene l'Auto», e qu
fi vorià indagare chi fia per p^te« ,
gllarfi coptro di alcuno; ma vi^ico .
mico, fìnceramejte , che 1' Autore non
lo neppur io; ch« mi fono fiate fpedite
un Apiico perch^ fe léggeflìjser mìo dip
to, ed IO credetti che inerifàéro di K
fronte di qUefto Libro; dovetti farle fla
.^/n fretta, onde non ebbi comodo
efaminarie, e àt fatte ricopiare cori quale
!f,"r^° Pf» corrette, maflìme acff^ti
punzionp, U cfee fcuferamio i Legatori
mentre per alti© fono eflcconditrK,c
ie digrazia,edf,ven«flà.
M pone dunqae TAutofe, qualnnqueq
fiafi,
ti
r fiafl, ( fed. eccovi Jà olrditiira in'bieve di
^ quelW dieci Lettere ) alla mjs^evole im-
pre(a di cercar di rìformare gli abt^ intro-
j 4otti ReU'itaiiana Peefia» lum s^à con la
^ iaiÌD|[a'.di •riufcirvi-, m% aloMooiper potreiti
j oualcl^ commozioiie la cmba de'JPoetaiki^
EfiU P^^ con una vaga ideaamunpiano di
^ Poefia, ragionevokaente peofato» e fcxitto
I iiig^^ofamente . * -
n , Finge^ cke Vits^io M^nrone ftriyah dagli
, Elisi, 2^ Aecadi di; Roma, e IV ra^fiiaglft
di alcuna. SeflfilQm colà tgm«^tra ti- ^jjinci- r
i p A Poeti Latifii; e Grécif i q^dì jnaravi-
j, gliat^ d#t pOGO numero d^ traodi Poeti Ita*
. liaiH cb» arrìvan, nk toro,; e di una ioimer**
ì f^ quantità di cattivi che per; Poeti, yoiean-
. fi Spacciare, ce^an di ciò la cagione» e fi
fànn» a voìor efavùeare le Opeiie degli Aa«
I soti italiani per ihrmarne il lom giudizio ,
. €Iomtnd;ah# dun%He da Dante ^ e benché ne
' parlino con quel rifp«|to che^ merita un U^
' mD sì dono , # picifo. di tanta erudizione ^
pure intfoduce, V Auto{« alcun datinco a tao»
' ^cia^ con libenà di ^ua>, antiquato) o-
ic«iio 9 pieQQt<ii molte iocoavenien^e , ed a
paragqnado riguacdo agi' Italiani » a quello
eh' ecan tenuti a^ ioro tempi £nau>, 9 Pa-
cuvlo. . -
£* queAo y. o Amico 9 ^rk lì jnsigf^^r dé«
.Utto di queue Lettere, di eiTervi ftato uno
;^ ^ . oodti , ~che abbia ofato di tacciar
.jDante. A queOa no^rella già (bno in tu^
muitOv«; datino all'armi- i primi lumi detta
'noftra Itajia, e Q pub dare che anche voi
iiftte di tMfo feiiief^s fe npn' vogete eflere
B efclufo
^dafy dal moto de' LetUfftó ; Msl io f
«Ttei ccmfiglrm a maadsr AkA-ì t)l^atr g
Sditti, ed t^ pxacmàre un Tonale dt ìAgi
rafa ni<{iffiztcme coitno chi oM^ dk l»2«
di Dante, 6 i«em gli portatile tufta'^uei^
cieca vèieni^cKle, ciié'f c^ ActofSfefta
conviene. Ma certaàietité fino ^ óÌpsl i)Oh
nTot»^ fai Ligp , fé ftH^ lùfci^, tioA <m
credecelp, a cognizione del ùùRro Itteognli
Autore» onde a «m lo «oglfo taccOm^kidi
<0) ffitii^ non incotta qttaidt«6virra p^
2ioiie fenza ÙMme dr aver eraEff^ifO .
'Ma già-redete) ch'io (ch&M douXn
ctie non liet« Ubtfio tfi avervi ^ Inale d
alcttnpeiin qndche j^i felhbiaj, e f(5if<(^a^Q(
ch'èi {»èn&: iHia ^are ^ma di diiuder<]t]|
fta Lettera voglio recàirvi le 'difeótpév e •
^fi^oni del itoftoo Atitoife, ()er far ^e%
d«nenOi cfa*i^ii non fia fcrilto^ye&fo';^
lenza fondhirienfò ; ina piiina cMjraiOv^atti
la traccia deMeljcttéfé. • / .
Sopiraver paifetò £ Ditifte 'Mr dure li
tetè %Leòm , ed KV^i»né riferii ti gitidkSc
che iti, che>fr-d0V^eh> dardi itti libio l\
vane ciica tm m^liÀjo di V^, e che ^
tjfxOi fòti il feggio di Po^, e Poeta jgrai
de ^i Mk óoneéllb; ^pafla al Petrarca . Stt
pia di lui feguoiì due Lettere, ove veramek
te fi dàfattérizza qtiefto P<)em« ft^rtafcrii
tutto qiteir Onore, che bén'nfétka nel nu(
To genere di Poeua, di -penfierì , di "ftia
tutti nuovi ch'egli itivenfò, 'ma iteón^^
a lui fi perdbnlàtio t difètti e le'nfancàni^
e còhcludefi. che lìToltapa^edehbafenetrof
^are, e B^ioltidono tme le Beliate t SéA
ne.
; ce, ejnéltft i«^e ^^ Sonetti « ideÙ^ Qai<-
l )ixmi • >£vVi tra ibouco un ìtì^ttomgimtùlto
di uno , che vamafi.ìfi^aver tfadotiiO ifil«a-
uno biioxia parte deliVArìofto , e «feigU ìdà
jquella baja cli'.e§li fi meriu. *
La Tefia e fiktliBa JLectera parb ;<leh|[erifO
firjdbocchcvoIe^t^U Iialiani aliaimitasioRQ,
e fliafliine'de*Pettarc1tefeJiifm?a^«fnittiéra4kÌ
ifecimotèfto Secoli e il quelli- che; fifigiHiNBQ.
ne( oj:ef6iite..lLU9go fiMeL^ft^voMn te Mie
jclfleiiiom riferire , . 4i ^iie (oo iMeae^tefle^tee
Lettece.
Ma^ gì"! Inalimi fAtt!«rirrenano.dcrg«iferifiH:
I vemce^liifiytiiui ili Cìfi^He^oenufti »<; Se&-
( te^-centifti , come tante copie del Petratea*»
' ed -in ;<iiie vien ^jiiudict(t<|k, cfae tutti -infieme
' jbtto 41 litotp di • iSM^ Eif^ztmi di fMfJStr
f^umcéfio 'Petpmpemy^exygtaia >fertxiti <^r Ha
^ ^ tempo ciie ««niiìre -a marrìrti VluAìsLwafW^
I fiata avella,, :c#ine ^tefori di lio^uat^ciie^ita
I iiiai lendoafi ^regeveìli ^ inatili .
Pksade.cea^noiaflftìnitD T ottava Ltfnerada
iuta leggiadra <iit^aÌAtie dì diflìdj nati^Étgli
• Elisi' tra >U Poi^i tnalcocitenti » clie^danno
^Kxafione di ^famnientwe ^fe difcocdie oi^ue^
ComentatQtl «fel'fioqaecento, daliei|iiali tsì^>
ti eterni conienti > «eI apeltaie ae forfero .
JQuìikìì finge diej^affino alfe eonp;iure, ed a
voler balzar dal Txmto il Re Mineflè , do-
po ^vcrio, aflòrdato delle lorof^ioni con in-
finiti prec^i, autorità, cominti ec.; dal-
le 4|Hali cofe coniinoffi , per «non maggior-
niente irritarli^ ipen&no i Poeti Latini e
Greci di foìegllere le loro feflionuieperpur
cercare di ifcar^uakbe Ibltievo alla Poefia
B t d'Ita.
.8
d*Italiii, che ritrovarono cosV ^al concti
rifolvono dt mandare Vir^iitb fuquefìaTi
ra; egli viene, e penfa di andare in Remi
teda meravigliato delle novità che v'incdi
tra , per h quali piti non la riconofce; i
ie altre trova Ì¥Ì in pregio la Poefia Fraj
cefe con le altre ibgsie di quella- Nazióne
che da' Romani era (fiata foggiogatà, ed 'h
anche ivi pare che fighMec^gi . Accentia *
avervi vecfuta onorata una Matn^na Ft^
cefe, die pare fia Madama di BtK:càgc, é
feri ve altre novità a lui parure fìxanè, e<
éflèr entrato in una I^bnoteca, ove fi t^
tenne, e con ctb compifce qu^a vaga Le
tera.
E coAtimiaido nella nòfia lo ftHlb arg<
mento di un nobile paragone di Roma ài
fica con la moderna, e degli lifi.di alloi
con li -piefenti , ritoma alla Poefia^ e dice
che recare le novelle «gK EJisj dello ttx
della Poefia e de' Poeti da lui éfaminaiti fei
Zà pafliooe e con diligenza, i^redettero
ceflirio „ quegli egre$ Maeftri , che a
„ liforgere in Italia V ottima Poefia, dove
„ fé in prima fcemairfi la vada ed innti
„ moltipticiti de- Poeti e dell' Opere loro
„ l'ottimo ekggerfij è<li quet farfenequa
„ un facro depofito ad efempio delia già
„ ventù che nacque alla Poefia. >
Quindi fegue una» così inritotara: Scei
e Riforma de* Poeti Italiani pet comodo di
la vita e della Poefia i la qiude quanto
rigida neir ammetter pocte coTe, e di p<
chi, tanto col ibo titolo fteflb dimodn
^uate i;i ciò fia l'intenzione dell' Aatore
\
^9
E quefta nieddima viene piìi. chiaramente a
Ufiamfeftairfi - nella conclufioné della dedma
lettera ed ultima .In elEi rifèrifce^ Virgi-
lio • che poiché erano per la pubWicaJziooe
della .Riforma molti malcontenti ^ .e quelli
fpeciàlmente j che non erano .flati «nomina-
ti , venne il FrìfeCaftoro per acquetarli , e
come Medico eh' é^i era , lo^ tntroditce
' con una fch^rzevofe^ idea a farfi fervire le
^ Opere e yerfi di molti ad ufo della medi-
[ Cina , e perciò di eflH applica varie R&et-
» te ... La cofa fi riduce, un p<K:o al bemefco ,
!• m^ fu bene levarla dalla lerietà , che po-
V tév9, fenderla troppo òdi^a . Si ' conclude
s poi conr^uhscerto Codice di Leggi pub-
^ blieate in Pamafo^Je quali rafièmbrano an-*
f eh' eSè burtefcbe, ma ottimamente operap-
I no e concludono- per Taflìinto prefofia trat-^
}» »re* . • .:•
II Tutte poi effe Lettere fono fcritte in uno
^ itile leggiadro infieme e nobile, puigato e
!» saturate; piene di cogiùzioni , di ktml, di
i criterio , e fi veggono ufcite da una mente
l feconda, ma dotta infieme, è. che parla con
i fondamento diogni cpfe. I princifjj fu'qua;-
; Ji effe fi aggitailp, e ieconchtfioni che da
i quelli fi deducono, fi poflbno ridurre a que-
li- iti due. ^ . ■
Pi^p. Che la prima cagione, percuipo-
» chi nefcooo buoni Poeti , fi *i , che s' appli-
• cano a quello meiliere-^oetlt chì^ a ciò non
\ fono nati Vi e ■ però ne viene' per prima con-
f<^uenza: - / .
i . Che dovifebbohfir'fcegliew folo qudli che
alla Poefiaifeco .nari , e che foto a quefti
: ■ B j foffe
V
. su9«Hft «Atallr.,adii,ùrli», latito^
a»um^ e vini 1», twjp|io «ec«; e i
Digli ÀtóctóffléflS il''tiueoo<bl»fitiar«
v«nisa«a:fiiKa3i»<un-.bu0iiu Poetai: tttit
Per cornigere io fioe quanto vi mMnfi
~5*i' ""^ ?*»?»$ fe -Mw clifr'caycfci. di i |,
ttw «dr quafc JU»«,reEi ancor p^ ch'aia
S^^'d^*"*^ <l^i^A«tichiv.eii«fl
cli5J?*«l^'H?^' batettbte il «SfVi
cK-^gii ■-na»4»aik dirwtameiiw # qn^ Au
n^^ dus 4«b^oac^ ?^*^« ^^ in^ quanto ^
no» q xMiiafiitPd m& alla Poe(U, ed 2^310-*
vani che vogiioiio appreoderia. Chilev^rebr
tie^ ffr ^fenfWf^la toiQ rì|«itaztone adAl-
bj^ftQi pim>, Q,aì lÌKiano, (e^còpocfeeflèf
, Gh% non- giMa aSgiomam dii b^lla prima T
mlta^ le lopot tiopyo ibiti e caricale ma-»
oièif^^ percii^ ceflao fóftb eglino di eflene i
lEidipt^i Pittori dltf^jfcmOr^ da ammitaifi it}
<leniftQr|lpgl^ Q&rèi anche mh, peH,i(ipieg»mi
^^Mi ^IVr^ efi^mpio , GeceU«it( fiubno gliaa'f
^(Ai Capitani^ che andav;tn0 iii guena con
tsbergo, celata* e tutti vediti di peTàntt
i^rrot^ ma ehi'a feemiH noftri diceft, chefo-
lo in qoeft^ mpdo gii«nuti.fi pofabenguer*'
aliare, naa fi^dbbe da rìfmtacfi uno fìoxr
^to, o unci ftoto^ -
Ma fan» <Hb, come tfiai pub ctfrfi,cl|eil
IM%0 è^tove non rìfpettt Dante, e non ne
parli eoa iomma nputazione, e ben dìi|io*
mi fiianeo ne fttmiy e ne conofca il pregio-
iiit)erlii«i^»ef udite cofa QgU ne dtcaottiaffi*
eonda Leitèea Yerfo il fine:
^ lopei-meflonfoahbaAapza flimafe qne(l*
yy Uooio rasoV cbeil|irimo haofato pmkre
^ ad nn Póema^^edipiitf^eséarditamQntetut-
^ ti ^ oggetti delt^ Pòrffia ia m^zzóatan-
^ ta ignàranea e barbarie , onde tt Mondo
,, nsaeva il capo. Egli h pili piegievole #
^> Ennio eziandio, pmshè ha trsup<u?tati i
^ tcfori ^laicisaza^cb^MBaUOTa aelMoD<«
^ do^ dentro al Ìéno d^UaPoefia. Dante ^
^ ftaso giaad' Uomo, a difpceto della rozzea«
V14 de^uoi (f8B|M> ^ detia;fiia lingua.
S 4 Q^
Qnélto mi partche (ialcidafto quanto mSt
fi pub,- e Quanto foife non arriverannof 'a'
ftre gliìRem di ivi partigiani ^ e fcif^iKici co*
eguale forza ^e r^gtonevùlexaa. -^- -
"Ma fentite, ri preso ^ cotn^ egli tètra m
parlarne nella terza Lettera » e &renil' ra-
gione ) s' egK feriva con fondamento , e s*
esli moftrL con evidenza quanto abbia ben
ciaminato e intefo tutto il pregio di qnefto
Àutote , ed ififieme per qoaie- oggetto e^
lo condanm , ck>^ per ù male che reca a^
dì nodo in queilt che vogliono venerarla
con fuperftiaione j ed hnitarlo-feiizsi inten^
ierlo.
^ Dante non dee iniratìi nicome Epico»,
^ n^ come Comico Poeta. Non fecealti^
^ che defcnvere un^fiio viaggio , ?e il cav
^ [>rìecio non meno che h paffioifi fiifonfr
^ più che non ( Viij^Uo > (uè vere guide e
„ compagne in tal via: quelio noi» da ro»
^ ^cicj che ignote ehitio al tempo-filo , non<
n da piefenti efenìiplt Uftrffrato, m tante i^
,, lufioni, in tanti fimbdi ck'ei Mo Int&tv
,, dea, e in cod fvarìatt luoghi ed obbietti
„ il tnvtaeono,qtte(leit condoffero» parlare
^, malignamente di tanti fàtu- e Perfone del
^ tempo fuo, delie quali non s^ha piti con^^
)) tezza 9 e a far pompa vana dt taiicia eru-
^ ^tone fuor-di propofito /^poichV invefx>
'„ dottiifimo ei fu, ma qual efec .^pocea di
*,, quei dì, fopra d'ogn* aFtro.lf volérlo tut-
I, ti imitare, l' efal tarlo fenza conofcerb^e
4, fenza- intenderlo, qneit'ì, che noi con*
-^, danniamo i Se a migliori tempi feife y\U
fy fitto, farebbe forfè ti ma«SÌor de'Poctt.
;y A Dante tittlP^ahro maucb che buon gufto
,; e difcernlmentoneir arte ima grande ebbe
^r anima e Pebbe fublime, P ingegnò acu-
,f to e fecondo^ fa ^tafia vivace e pirto-
y^.refca , onde $li cadono dalla |>enim, de'
,y verfi e de' tratti mirabili .
. Che s\ c^ poi dopo quelle cosi aperte di-
chiarazioni in moke parti lo difapprova , nè^
taccia la condotta e le incònvenienze , ne
deride ancora molti pafll , non vedefi aper-
tamente clb egli fare per bene dell' It^ia e
della Poefia, per difingannace la gioyentti ^
e per detefla» il vizio ornai €Ì fatale alle
nvmre Lettere della cieca imitazione degli
Antichi , e il fanatifmo di tanti che ne vo-
gliono venerare per fino i difetti?
So che alcuni forfè fi prenderanno la pena
di difendere con lun^e comentazioni li pad!
tutti ch'esli trafceghe come cattivi, ma di
cib^ per dirvi il vero, niente mi cale , e
piuttofto che trattenermi in lunghe difputò
ed inutili , io loro concederò che tutti eili
pafn fiano buoni, e ^oflano correre ptr fii
ftefli, ma -eertamente faranno cattivi per vo^
lerli imitare > e quefto mi baila per dar ra^
gioiie all'Autore. ^
Altro però non afpettate ch'io aggiunga,
e mi. trovo contento di aver cercato di di-
fèndere l'Autore i>ib colle parole Atffe di
lui, che con le mie. NI tanto pure avrei
creduto necefTarìo di dire, fé non aveffìi vo-
luto moftrarvi quanto e r Autore ed ta ri-
fpettiamo T unione di tanti grandi Uomini e
dotti, dalla quale Dante con tutta ragione
\ teni^o in gran pregio. _
B 5 . Tut.
.>
Tutti qvcftr pile- u^iBMt'tCM '«voti
cbc'VonrarHio favorife^l noAm^' lifanp {
quale certaiBfnte nen: % ó»^<Qttixìnì^ch?'M
no, f«r {a fcekezzft-<Ìe*^C#tnpònri]]«nti
in tfTp fi^ cofit^fkgono^ e^ ^^ pei nvóitOf
un fine, che iènztftlublno 'ìilfoio «Uiii
derarfi per il bene dell! Italia e delMi' iM
I^òefia, la quale beli- coltivata nón^'hatlr
invidiare ad alcuna a{tr»>I^bm>iiev ficoo
gr ingegni 4fB^V Italtaml,^ /qt|«ttdoi^fiaii<r>l
educati e liberi) forj^afiaoo qikUi di' tutti
altre Nazioni'- . . -
Confervàtèf^i ^la- volhtt^^buòna^amiefd:!
ftaté'fano.^
«
- - / ^
Veneai^ adì %^^. N^veradtae ?i>7$^
^m&'
.3
I
b t e C l J- ^ T T E R. E
- '^' »
JMn« <)f«H Elisi idl'Atcddia # RwM'
' iofftii ^ abnfi- introdotti nell»
^fi» Indiana.
■i^n «'<Ì"M" '"il l.l .! IMI IIIM llli^
JUE.TTERA PRIMA.
1?UBUQ VIRGIUO MA&ONE
4? ]f^iifmmi éhUa. muva: Acazia » J^i/iiftt .
Tutto l'EKQo* o fac9A,\ ^oint^
i^uho da^'n^taai Poeti) che d'ogr^
età, d'dgm.ftato au^ fcendoiio infoll^.ogRV
stomo a j^ercuibue U ]ìi|tq^ e^eno^ d^^ notm.
bò&hetti . ?a< che T^ ^ ^bbve i per cui, ^
Abderiti cprrev^q t^ ÀjMe wU«w4pfO|t^u.>
fia venuta fi(j«ei:ra CQ-* voftif untori , ve.j;?
fcgtóatprtji'ejpoeti imB<;3:ti|ni a jM:pfaqW-CO|?i
baioare cantilene ogm felY9> ^QÌ fonte .|^
Ogni jgrotta fiera al ^enzio,. e alla pao^ef.
morti. O^n^ Italico, che fceode tia noi da,
j^eun tempo in qi}af patU di y%m % recita
poemetti , % fuiibondo an\iMPte d} rìo^e. , e
tecafi in inanp , a difpetto di tapte i^gi irv-.
fecoal! V o umettò, o raccplta* o c^^qìijì»*
re ^ Ibi anche Sonetto, e Can'i;qne , che
^lai^àfi' dravcr mefla in luce, benefit atutt*
B ^6 altro
j* Lbtteha pmma,
Aro me«er foffe na^o. Or p^n&ie, Aw
**^«"^i » m quat confiifiotie fia -turto
lioftro iwcincQ r^no poetico <t Catulla^ Pi
daPQ^ Orazio, ^ gtf altrf miei vecchi qoi
pagiu ^anni^ ^ Qwciche#f|^hjka aitate
tato per calmar quéfta in&nia? Ma pegc
^Aiam fitto ^ Coiloi^ i;* tratianaf^an diffj^
zo. aoii % oqntp, di Qreci, ni^ 4» JUftn
^ n^ ^pcrtapcwiHie- dv Tfol^ oÀuraf^
nollra tema, e fcuotw il gic^adeiraarich
" ^^?nrl fiBCo»^ C dat tsm& imioni p<«
tato. Qiiinfe talu^ di Joi» j^ rinaproyeran
1 ignoKmaa-deihnguafg̀^ fealJaiS, -pei' I
faale non pofUam noi giudicare, elfi dico
BO, della jnoderna'pbèfii. Mi fon <kiiqù
applicato con eflb gii amici a conofccre h
voftm lingua., nèdifficUeèftaioaiioiriiHp*
rarla , poiché in gran parte i la ftefla , che no
|RU^amtw> vyrendo b.^ez^a JkQn^qoagl
fcbxm, coi bojH)Io»^ coji le femwuomr.
A yor noa ir. '&mOy cb^ ^tr^ alla. lingua
wl!?* Più- notuIe,^ 5. Pili correm, .cfee gli
$critjorf„ e 1. Patozrtìfavano. un^altra ^a
ijjoro trai votgo,. che popoface dicévafi ,,
<^. '^e? potete, in Cicerone,, e laoltide"'
volfrv dotti haji moftrato,, fe_ 3 ver nudlflè
im ceno voftra autore p^r nome CàlfaCi;.
tadino fflì tmpo, ftj'e, recenxenaeme Scipio.'
n^mmiQ^UQmOr che . alla; ipodélia, V
eloquenza^ ^ fop^re tnì parv^ piutiMoL «lei
tp ftucfc <fe me poilov! nuovamente hi*^
Aa f^tto pi& filare l> Italico iloiLa , ^
ijjS^^^i ^'t.^P'/?^ * ^^^^^^^ affa? non fu
*ife ii%fo abbaftanza il l^Sm ua.wi^
Tì^^rtieltdìniéCùy come Tediamo di ^tàndi poe*
rì""^ ohe a nói vengoti d' Italia tot fOdl Ch^
fa voi ttov^o' tftttar nei mia 'ftlltf qualche
dria 'i^ 'latMtiymt fcnifet^rà , fa^n<)o non
g^tugnerfi. mai ai pilfl&iffb^ nd^Ht4^ Itngaa noh
-propria^ 9 molto inda deiia< v<^rà prefente^
che fetnbra dtvotfa <da quetia de-vodri Pa-^
A^i <iell.* ottimo fecotoy e foreftiera lor fem«*
bVaogglqtìasgui. Per ahro^tial efH làicrif*
iero^ o qtfate aUclie éggi fi ferhre da cli(
beti la flisdiav ^ noi parve beUiffìma .Kt*
coliofctamo in ^fSa itohazaa, '« pieshe^Niies-
0a miràbiio; citfafèzzsi, armonia', dignità, é
iorasL coti altre doti acqtfHkte da teine^cini»'
qloe tiMmi fdcolt, i» <ilie' maggiormente ^a.
chiarì ingogìii fil cottiyata.^ L'amico Ora*
^to al legate un giorno certe Poefie ( Fru-
gohiane d nominavano io credo» >d^aHnonia
ptei^^ di éolòti , tf .dt''gfa«», ^refo da un
éft'ro |mpy0vvira giìd^ ai noi ri^to » O
Mtfff^ fulckM fUtm paicAtkr^ applicando si
riftaftgltà dèlia Uisfaa LMlnafod ver-
da luifano In altro: propofiter. E? nelYe^
ro piaca a noi tntH •fin^lstrmenro la figlia.
£rch% 'isà! fcbilfilti con gran ' Vanra^io que^
Mii rnoppo («onfonUi^^ e quelle tante, e si"
fM^'Amdmiìóf^ìn' Ui9f'Ui' tfj, che c&fr#
snràvàn la'^inaditev .vi^' ■
E^ii ^ ben vero che < neiP Italie» Poefia
tfeMammo da prima qiiaMki fpfeic^ole^^ioi'
ttti '* JU^iiiilmto numero ^e qualità ' di verfi
differenti ,' ^grandi '• e mezzani , e pìccioB ;?
trónchi e fdruc^ioK, tnttlf'ad'aceentoenoii^
mifljra^ ìttttcfpt^ firn»,' Of rrop^ divei^
iW)4adio);4mza 6il)^y)pofi^'e Mnpituieo,)
-<^ii onde .
\
movo per n^^cl tiOmviu Sé^^rstm^wx-
m» tbmst cofak cjcpafKem^ o tiAihitm
ifffS» . M» om l'd&eftì» ¥rta9»€Ìéos^
cir^nugvo, f t«»via8na pia vtnnflèvy e
uaighese^ i» c«Mtii. VMietà di «n^Él
jicceoft cpuwidfi fopsaMP^B^ sn^<
pwr».* InFwjìNdHtt io fioci, ,cl» mem
K ?..eoU« docilità fi^i»^ giiinti »< g^ftn
lU^NiL F0«fi9 dd ^««Am. Pmibìò^ Orfeo :
Ì0't eh» aoó fa» mai ^gmtp di omiCaiì
la fìiji cetflffflt v^fi .Lartf» »^ ^ a. F^mgoa
G^i non {»«(> S^tkìAij. & wd^^ibw^«
hoTcbi, e ai^ fttm cK iiteAo foggi«Fiy^ e
BO gi^ii» di pmem 9. mi tM6j^m^
9;^>«nMimQfl laimedQ !«< «oftm umilia
n%»^ te piìirmt isunaginji ikntK^i w'^i
icavimna.» qmfi in piì^ noWI «vuifi9. 1
SM eoa dMl «À QMÌ. Mk tfiS^Iftt^ 4*4
dinirio le iMfie ^dt cotoso^eke^ nw^li»^
Qfc ìpeofon dai viaria ? di v^^lt^^mìqbi
to^a^ Qwtodi coitop, <à» Mf mm
°J ?.^'?" puntigliofi, f per ig^r^z^^
mtmwi e %«al 9iKgi^ P9(n^^B0r in %ri t^
irwstiwirow^© »0K>, 4pbff imiìIa h^piKJi ^
|(M&t fi9o«ch^.«iMi}c^ $«Ulfl<^ Noi c^ ^
fi«M JMi^MiffiAeif'H PN» Jft Ba|rf«4
.i|iiife9tabid'Ì9gafiM« di^dOotlcht. :C^BfM&
" V eriMnio 4^ feii oiMivigM «<:.ter uà» lingua ,,
j e;- «nn p««AH^coae ter vi^r»> die tao^p^
f b.ByMA;iii feimim ptAmitì ,. cf^wrinri-, fenon ,j
^ cl^ lui^si g»t» tibcrói «7 wurttlài di.coilni^r
I z*Mi«f :tnnra.<dpvi]9A^ 4i modi, « diirafCaoih
I cl«i ha < fàHo • raocd^^aiif if^jh .|M& cÌ^q ak^
; rjOL Mbma^ . da' Gre^ v^ £^itii> IW » Oal»*
I lif . e perAn^^-da^ TeutfmW e coti ci^ sii m\^
^ xmiff bàmUf^^^ fai> vedi , i piir noadiii^^fiad^
I focp rìdJraik arfai^ dà' Pomì ^ florfe ch^ ìIxILh
. inar'è'caagi'9t&^ €h» Iflhgeiiei(99Ì0oi>^de^ nOf*
I mifii fono* «inerioiatov ciié Je l^tc^ toade^
• cadatfB? Cei^rd h clu»., danari tempo; in qitai
\ noni coRìfMrfe tea. i morti/ akiiiii Foeta/vc»
, ràmenw^mhìrm^ uoi Omtisù^ utiQm2Ìo»iui)
PlopDFzio itatìM^i brnli^ Poinm » e CaiK
zdDi ,. e SoQetrti' a- migUajar fian^uiirium Ita«
lià ftiiiaai>£tf^ ffliza ter«»aè,i e finibaiBifon^
dj^fvTj^^nii^^itaH Alcoa* dL o^Lciò ripen»»
(^ttìé^rìftìk cisMlùta» oha la t90vf« fteilitì apn
fMinto di verfiegrsiMe ,. aliirUeka 1$-, mqlttta,)
dine de^Po«ti^ t.' delle Accademie, cBeaicol-
m incontrarfi parfìn ne" villaggi, altriche la
cieca imitazione 4le' vostri antichi, ed altri ^
che altre cagioni {«roducario ^aefta fterilità;
lo penfo che da tntte derivi, e prìncipaU
mente dalla faHa Ìd«a ,'*cbe della poeiìa tan-
no^ gl'Italiani mal preaiendo i ftot vecchi
maeftri ad imitare coióe i?femplari eccelteaei
in tutto e perfètti. Hanno degli Ennj,ede^
Pacuvj*, che, non diicemendo, adorano an-
cora con una cieca fnpezAiztfciae» ed a pec^
' , cato
40 LETTSflM f mM àT
ORto rerrebbocid ìi fol foQiectaretii e0! ^ilii«'
perfini»one^ Da effì ifnparano una t»oefia 4i
parole, e pràidono i Éiodi^piil inofiportiimj^
è piti afpn aUa poefu dtimevole, «-ilkiftre ^
mafi beileìze confecrate dal tempo, «dpa
fervili adoratori ! lo voglio parlarvi ài -^ae^
ilo Inganno almianti» poTatatneRte « Cib cre^
dò dfer permeub a Virgilio feiiw fiìericol^
dopo morte^ od in l«ogo bve l'invìdia non
ptÀ. L'amor della Pàtria^ è della Poefia ,
ciiè mi (égite ancora tra Tom^, i ftkdm
die mt fpira , ^ fé- da un morto k rerità tìùti
udite, da chi la fpecace og^ai ^ Qai tton
gbhge l'adulazione, o la gloria ^e' titoli ,
rò privilegio, o mercede, diploma vi chieg--
go. Voi ledete l^islatori, e giudici in vn
tribunale fùprémo di Poefia; vbi mandate
colonie poetiche 4n ogni terra Italiana; yoi^
date poetica cittadinanza perCno àfi Re déf
Eurppa, e alle naeiotù ftranieie, e in cvb
Ibnbrate ànticiil RofAani : dMr dunque Gia-
cervi il mio telo. Che fé alcabo fé ne dor-
ri, e léyerà la' voce contro d|i me,ncoidtfi
Ripiano, elle paria a un mono .
■ ' / " ' " ' LET.'
^I^etTERA SECONDA.
, ^ Le^shnm della^ nucva t^adìa
-■'. ' i P.J^irg'rlioi Salute. '\ '
T. T N*ahima delie pih teiiicmrie^ che mai
, IL-/; poèta; .0 viprfèggtatote , Hjfiraffe , fceCe
Vaìtt^ien era noi. Superbia d'atreré aninn»-
tò Un tiOrpo^ 'Napoletano', e 4*àver profdTa-
te ad un tempo Tarte poetica, e la imtita-
f€ pretendeva le prime fedietra iCai^itàm^
^ tra t Poeti. HLa derifeiù; com'eràgiufto *,
fuirerba, e 'farci u^re que*sì bei verfi eh'
^lla vantava. Ma^ guardandoci bieco ^ rifpo-
'U non effw iioi degni ditM Poèfia, che tut-
ta era Dantefca , ne dq;m di fiat con Dan-
te , il fol Poeta- veramente^' divino , anzi il
Dio de^ Poeti. Così dicendo volfe a tutti le
fpalle, e atkiò cfaiamando per mezzo la fel«
va Achilie a 4tiello, ed AUiTandro.
. Npi udito avevamo altre volte il nomi
di DÀte, e patjdlo con lui eziandio 1 Ms
''Com'egli per genio % taciturno; e di lin<
Silaggio per mk non intelligibile, mai noe
€^era avvehuib dì ben conofcerto . A fod-
disfare pertaaio la ^lidilFa 'curiofità fi cerei
' del Tuo libre , e tfòvoffi in mano d'un ac<
^cigliato, efoltcarfo Geometra, cheti legge<
-va a vicenJacon Pappo AtefTandrino, e ^vo
teftava di non guftàre ^Itro Poeta ftiori d
^quefto, in cttittovavalo^Aeffottitettochehe
I
4li LtTTERA SE.CONOA
gli angpU,^ ^ i)&'qu«lrati. Jp^fsB^U
vsobme, ^e m uà «eUbld' dr Greci e
«ini fedetti in difparte con effe dla^j
LeObn kk fimi» Z^. 4ìv/m C§i^i^ìmiu»
S>ann 9 e |Wi^ r tuoi titolo ilrano ,. effi^
do Aot peifuafi. ch^dièr aaefiodovefle Po
ear c]èIPUt9de>^deU^HU^dem ^]b fapev^n
uiX^iìdei:e parchi Cpmipedia s^iffttolaflib / ]
0«Lto pil^.cU» pe paxve quando tHiva
^oefta. 4Wi|ia Cp^ipedi^ 4ìyì1^ ui tte
«juafi un frettato fci^ntifica^ .^, ®l«ft(^ i
lotkoiata.)' Inferni, U Pui^^ori^^ 3 (w«
difo. VcifD.« in. n)9Tite d^ogaum^i:)»» Piani
Chearzar volèue^ e f«r daddovero, ima Com
inedia» nui. ^Om così tr^nfndl,; « iwneni- '
bili no9 ci f««rba^aiu> a ct6. tsp[)po «ccoxh i
d. Ed iècCQ ii^g0fH)do, che ip su tWK>py»i
£cx da.tJàitt»' pei /uQ cowpagnp, o eoodot-
tiere in tal ^ccenok. B^r v^ltà ispn fui mol-
to ciijiìteato di qn^i^cT) e mt vean^ft^
i(pmòs che fiptfl^i^a entramlii &Te una i-
ppira ailai comica in i]H^U»^ Commedia. V
incontrar fuUc prima un» li^;»^ « un Uose
airinipifo dì un. Potm» 9)1 pmfn^iva ma-
k, e lì nguettert in bocca' ^uno fidTót ci^ei
. miei parenti éran Lombarci^t non avendo i»
inai fapota qoal gwte fi iìoiiib qiwAa,fenair
scolti fecoll doso la mia morie > paneami
teatro fcomlà^ e di poca difeirfD^ioae/
ì&x caim^aiqiiaQlo U Poeta leggffidd de'
.fiicd bri vedi ,.a chiarì abbaftan^a io-miai»*
.de, e Tedendo in ^uei ricoidàta U ntioPoe.
ÌTva fificome letto Uing^mciito, e ftuiiiatxi da
Jlul^Maibw<ioi)a;la nm mi j^J^ofe ai ^
' guir
fair ^IflUtletm|:3v Vtftìi^énmqm^ (ìtoertiiìò i^
9^rQ hSt^-hak .faitta. DMiter'. un Cféisàxj éà? In-*.
«^lio 9 àsk V^9ìioàKXk . e r delr PantttKb ^{f^
^into hi- lem rtEneicto^ Io «àeitoncMf gli lia>
%fegniito, 41. cemineiftDcoiìMriiignflir, .tma hw
^9.^ ie- uadiopef a (con dmcMretiia ipam tnr
«te' ri|»u£|tumtt>e lQntttnf»?iuiPòen»i Ilcvid.v-
!%Uii.<i' Èiiea, cl»tmcJebi3e^^cot8Dto:fdcrDde^^
V^ oc4::fair, ètbea dtveif» <jal ftb ^iegmag^
l^ìo il) qqril^rpai^i ai Amno; Hki AfTe datile'
l^paraso-aw 'venir-^BeaniQB'a! eexcanm s
ilBafttcìce, 1;;^ ^ii4> eit Aaot cUamxta da >LfH
«ciaM d»rl«uemi,- cbe fedes^ noaioJiteve co»l^
"iaasic^i Raehele^ e -tali xhwoefdr; nuiià .^Offi»
«potea.fapef ioodcCan delisSeal*, t^èlV^
td\ Elexion^ii x:he^€gltrt^ accoppiali con-Eneas
0n% di cento fifiatte cofe? Quanto pib fi4eg£
igevft taàito 'meno^fé nMnc^ìeiaiy mudiV^ad
% o^vilpaiol» ibflS ua.riciibttiv») e^ad-Ofifiirri*
« chiamo uoicomento'^it^ofcumdeltefto^a»*
Jppf cos)>IttagD^cheìiliC0iiioner*ii»:fèslle ^.
(m- uov Pottmuia fingHov e^biinfoofead
Qgfii: vfrfo.di tnidttttoftey di ioegaaioiies d^
I afieg^ia^, di:<ak|iino^fc.ua mwm, btn ra^
> 10, diceva OrtaOy fe-'egli b veci) -che la
li Poefìft debl»^;»»aitt)4itilitijinfiiai€ e<tiiettQ%
I l^reMo/iMb sbadigliava ) i Gmci Idr nau^
i feavaao « ialòua non' . vedta. iti ^ cka fi pai>k^
i fe^ e rideva iti», oittì) Ovidio dictndo elfi^
fliiellQ afì^QaQr:>dk.cQiifiifioae maggtoreMcfai
ti defciato^^arhiifi
fttr de' baHfffinii veifi^ . cfce J a qtBsindd > A
quando. tn«etitnnraii&:im fii^an tai piacere v
che <|uafi gU penioaavav Ma giunto poi ,
rateando» affaii^ancfimaiiSenle^ a Fnmfce^a
d'Ari.
4» J-^tTZKA st,cott1,A:
www», * tt UÀ «eikhi» dfctsT Tl^
weiParenti era» Lo«Sm|.W^S;aÌAfSi-
ere ti^^ha «faitta . DMiteri un L^Pénàskj déV In^i'
srno y *dj9l P«t^%loria4 . e r deL: PantttKb ^ (b
amp hi^-leciAtrtEofide^ Io cevanuMrisliliod
lùù^n^to, 'a.peoiineiftDcoiìMriiigndr, .tmahw
3h^V ^ unrJiopef arcon jdmdidlreoin i^m tnr
[or rìiNigjrumtite lontUnti^iuiPòcnn^} Iltvid.v
dUn.d' ]&iea, ci» {ms^/eU^e-TCotaiito :fd^ dé^
^ oc<:bi<i ^ thea dtveif» dal^ ftb ^legrinag^
^io iti qi)irilerpai$ti aVflmfiQ; Htt^ftfTe é^rtì»
inaparaso^afar vemr-sBcariipB^'ai.eereaim^S
Cififttnce, Ja^qualtentAAatc cUamm da^LfH
cia^ darl^upmi,*. cbe fedes^ noajfoJiteve cowl^*
an&ca Raehele^ e ftali xhuioeidr; nulla ^Offi»
potea faimr i&>dt»Can d«iia&al«, tA^dVàm
d\ E/^«/o»a^ xhef€gIirt*accoppi»icoii-Enctts
n% di cento fifiàtte cofe? ^unto piti fi4eg£
g^^ taaito/meno^fé i^fo;^BM»iai^ taittdiV^ad
o^nipacol» ifafiS «Mi.nciiiamO) e^ad^ogràri*
chiaoio ^m>coniento^.ptittiofiairord0l4?t6fto>m«k
p^f C08ì^ ittogo > chicli tomonersii»' ièslld .
Qb^. uqn Pottmn in fingHov e&biii{|nofe^ad
ocml YcrTodi tmdttatoftey di Jm^aaionos d*
. afikg^rìa^, dir:<ak|iin04.fc uà Fbeam j^en iSp*^
0>, diceva Ortzio, fé' egli b veco^hela
Poefla.debb^.ryeamK'iitilirìbinfiiaie ediletto;
IJucretio^iMb sbadiglilàva ) i Gmci 1<» nau-^
feaTafiO««alóun? nQn'.vedtadl cke fi paiM^
fe^ e rìdeva iti» tutti) Ovidio dictndo eflTdr
qiieUQ.ah>(QaQr)dii.cQtifiifioiie magglde^cfai
il derelitto ^da^hiifi
Pur. de'beittfRiiii i veifr^ . che * a^ qoaindd > A
()i}Mido.in«etitnnran&:im /fii^an' tai piacerev
che quafii ^tt peidooava w Ma ^umo poi ,
Éikaod^» affiaicagf&JUaiUJMiii^ Frantela
d'Ari-
d'Arìmitio, é\ Conte Ugolino, a qùaió^
sÀtxo paffafifFattOj^hoche peccato fridaij
die . sì bei jpeziì in mezzo à tanta òU:iiritaL
« ftravngama fiati i condannati ì Antico caro]
fiift'iio rìvoIgMcbmi veiib Omero, guài |
noi fé jquoflk) Poi^ma fbffe" plk regolare, j
fcrìtee tutto dì quefto ftite. Si Me plU ^
una volta- Ugolino^ cì^ piagnea, chi vokil
Txietterlp in elegia^ chi tentò di tradurlo ii
Greeo > ed- itt*'Latinos ma indarno. Ogim
confi^i-che uno (quatcio sì originale, e ^
poetÌQO per cdo? ito infitmè e per pamonn
non cedimi ad ideano ' d^alcuna lingua^ el
che r Italiana mofh-ava in edb una tal n>«ì
buftezza , e gemeva in tuono così picto-^^
fo , che potrebbe in un cafo vincere ogni
altra.
. E buon per mn, die lungamente fi lede ,
e fi guftb queflo tratto , perchè tutto il re-
ilo ci Milieu lenza mifora. Il Putgatorio ,
e il Paradifo OMitto peggio fi ftan dell* tri-
femo, che né pur uoa^dt tali bellezze non
hanno, la qùal fi foftenga per qualche tem-
po €011 nòbile poefia. Ob che sfinimento
non fti per noi io ftrafcinarci pet cento Can-
ti, e per quattordici mille verfi in tanti cer-
chi, e bolge, tra mille abifli, « precipis j eoa
Dante, il mal tramortiva ad ogni paura i
dormiva ad oppi tratto, e mal fifyegltava,
e nojava me* ino; dùca, e condottieri delle
piti nuove, e pib Arane dimfande che fbflèi
mai . . Io mi tro^va jper lui divenuto or Mae-
ftro di .Qattoiica teok^a, or Dottore della
Religione degl' idoli 4 infieme le fevole de*
poeti» e gli jtftieoli deUa Fods Criftiaina :,
.\' i la
la Fiki£ifia 4^ VÌ^ìm»^ t.quAh d^i Arabi
j3Mfeok|ado9 ficchi mi pareva eflcre trappb
:plt2 4otto che.acta {m inaiV e.*raeaoravlo<i>
inolto^ ch@^ mn (i^ (Wo yivaado;, e {soe*
tando. Ach!&r<mtc> iAiooOit i CaromtY>l
Can tri&uce. bea io cimofcèa ndK Inferno
poetico /ma in un con loio il Limbo, e ì
Santi Padri, e con ej1tin,poc»diftainaOra«
-zio Satiro 9 Ovidio t Lucano, indi apecoun
Caftello , OV& fiaimo Camilla e Pentefilea
con Bttorc, e con Enea; Luci:ezia , Julia,
Marzia^ CornlgUa, e Saiadftio^ Sondano tK
I Babilonia con Bruto ; iofin JDiofcoride con
Orfeo , Tullio: con £u<^ide , e con tal geti»
te i due Arabi Averroe, ed Avicenna, tut-
to cib veramente m^era. noviflimo , e non
iapca_piti doye mi foflì. Xlerbero /7 gra»^
njemio^ e una'grandine«che con lai tormenta
i golofi non \ ^U un ruppIsziobenpenfacò>
I Plutone I ch9 comincia Pap^. Satan Pape
i Satan aJeppe^ e acui.fo io complimento di-
f cendogli, MaUdetto lupo,, io cbe l'avea pòi-
I Ho in tòmo di Re ; il ghiaccio e il fnoco ,
le valli e i monti, le gròtte, e gli (lagni d\
Inferno chi può tutto ridire ì Oh che dan-
nate j e pufgaati , e beate anime fona mai
quelle^ e in qual Infemo , in qiial Purga-
torio, In qu4 Par^difo collocate.^ Mille
gottefcbe politure, elùzzarri totn\eirà non
nno certo gran cvedito a qucU'' Inferno ^
\- n% air imaginazione del Poeta . Tutti poi
quaiui fono ciarlieri , e loqnaciflimi . di mes^
zp ai tormenti , o 4IU beatitudine y. e. non
mai ftanchi. in faccontm:^ le «fhiupe^ imo
vt;nture , m rifoÌyef3&; dirf)bi ^ tcdq^t. , o
in
46 hmtriTcsrsi'h s^EC^^fhD^A ;
ro «nid, o>niiiiid» e <:lie A^io» Moita^ft
4ojie'Baptyte'de^Càr4ifìjril tofti in lu«^i^4
e!0 >ri(fette/oer > venti, tiientre TVàjani
pentnev e ilifto guerrier di Tro/a AKxò
lidi Paradiib. 5Rikggete eoh «{uéft^nSé/iQofni
f ut irid^Mogiio npn 'definibile, e v^i «i 4ir
tete.'die vve w iftabri . ' i
E qiwfto i UA Pcfema»^ un efeitifrf^ré , trrf }
op^a divina? PMnui tMftito cB predrcne, ^di j
di^o^hi, driQuiiSoni ^ Pedina fenzaa^icmf^i
K:oa azioni manta''di cadirte, tli fànà^lÀ
di falìce, di andate, e di yitomi, e' tanto I
pcgeio «[oaiito pHì avanti n* andate ? Quistt-
tofdici , -mille vetfi di tai fermoni t*i ptfSli
kggerli. lènza norire? Quale idea -debbono
4iver della^Poefià que^ciovanr, che fi vedono
«ppar d^'Ottiero , e degli ritti Maéflri kxhtf
tbmte tanto r da quelli divorfo?' Intenc^Kid
direv<lattBtti, che un Poema, wol cRère di-
&gaa8D 9 tà lordito cori tiatti 'pfbporzionafe
tia bro.,i e tendenti al BeHo|[eneraiede( cop^
pò tutto: ehe dev'aero t'^aztoneuna.egran»
,de, a itui tutte ^r altre ^abbìan «termiffé, in"
'teffotta>nMmon fpeazata, fvmprecfréfceiirqe
piti ricca 4> beUcxia,di forza, di pafllone,
d'impc^B» jquantp'^lù'Uvànzay'e k^to a^
ttc cofe^ che trovano appunto in que^ Greci .
e Là^9 ciie ter fi ^iio'a meditare : qua!
Auique: travolgi jnento dMdéenon<fi'€i lornel
capo: al IcMere, e ftudiate la divina Com^
Media xielrlniènso , «dd Putjfatorio. e de/
Sandifo f Pur nondiméno - tutto perdona/i «
mando, trionfr la Poefia dbllo ftile. Lo Bé
degaute , «cUaro, an^omcO) foAeniito, que-
fto
LeTTEHA SECONDA. ^r
0O % db che rlccfre ogni altra inqpuà 4
mene» che m ^uiPòec». Leima^ntdeUofUIe
deWHMi. ]W. fl0m ilett^c#fenfe^ ^e wW&n« e
cCffi gnuia^ e ve^oftàr coimifHiatés i jpenue-
ai giudi, vecifimiJi, nuovi, 4>rofondì> le pa-
role ui^te^ e inpGf, piofim, ibelte^ 4efMn»
facili^ e.DaturaC; il fyoao^ ^9 bi4nelcdÌMiiììÌ
catìtafmó, j^ così ^ìce del rit^flo . Qi mm fti"
le di Dante quante v'ha 41 tiu dòti iudiA
j>en(at)ifi, e necetfarìe? Leggetelo^, ^ ftfi 4a
principio ponetelo a quefbo tocmecito di am .
^prevenuto, è lUMi. cieco efame. ì^rogpo km*
go Tare! volendo i yet&, le &afi, le paiolt
citarne in infinito . 'Quaiclie ^farue diib fi>r«
fé in altra mia lettera. In^oflìiciaate itat-^
tante ^ad edere menofupedfti^i^fi. Io flemme
iion fo àÙ)23lanza fiimare quell.' uómo^flro^
the ii primo' Ila ofjito^penfacead un Poema ^
: « diplosere strditameate tuttL gli 'Oggetti det
la Poeua j^n mtsizo a tanm ij^evanaa % «
baibarte , ónde il mondo traeva il ci^ . uU
\ più pregevole d' Ennio eziandio^ ^dchom
ha trafportati i tefori della fi5ieiiza^, (di' eea
alloca nel. mondo, rientro al feix> ^bPoe»
fia . Dante è . {laio gnmd'ìiomo a difpetto
, della rozzezza de'/uoi tempi, e della Tua
. lingua» Ma ciò non h eh' egli fia per ogni
ftudiofo un Autor claiiico, dopo foni tant-
sltri migliori., in grazia d' alcune centina^
di bei ycrfi , conie fu 'Ertnìo àiiloma d^po
compaifa rEnrida, fé atdifco pi^r 4uio*
LET-
ì
^ - ■ :
LETTERA ir Et r A
' P. firgtfih^- Salme: <.; ■ '
ERiwuh r^hati Greci e tatifii o^r 1
d'TJ"' .^ E>«té alcun SSo^Po
tanti comenti d'affornn ^ ^P^* ^ ^^^^
Lettera terzìi./ 49
anima fredda, e infcnfibik fapran fcredita^
re l'Iliade, l'Eneide, e tutto il Parnaffo , '
; che feri ve fer dilettare, e. farfi intendere .
[ Lafciate poi fare a' Pacuviani , ed agli £n-
j niani che ben iàpranno moltiplicar T^dizic-
. ni a migliaia. Se X)ttengo foTo ottoo dicci
I regnaci gnatici, e zelanti adoratori, queflo
i mi baila. Dietro lor correrà tutto ilmonT
I do poetico, e que' pochi mefchini che ardi-
I ron nafcere con buon orecchio , e con ant-
I ma armonica , che guilano la chiarezza, la
) nobiltà, le imagini, e i voli delia Poefia v
faran trattati da fciocchi, da ribeiit , da em-^
I' pj beflemmiatori della iacra antichità, fìc*
I che dovranno tsicerfi per k) migliore VàU
\ te adunque, udite il divino . Pacuvio , il di»
I vinifllmo Lucilio:
i- Vìyìtelurcones^comendones vtvite ventres j
i Ricini aurata cica ^ & oracria mitra
I Quinque hajle aureólo un&ù rorarius 'veìox , ..
[ Ma m hai ben torto, difs^ io, rompen-
j dogli a mezzo que' fuoi magici carmi , perche
nel vero Pacuvio , Ennio ^ Lucilio , e gli al-
[ tri noftri barbuti Poeti non hanno bellezze?
■ da paragonarli a quelle dell' Italiano . Eflì
infine altro pregio non hanno fuor che l' aver
cominciato a fer ufo d' alcune robufte efpref-
fioni, e naturali con quale he maniera di me-
tro rinforzandole . Ciò fceiro \ un pregio comu-
ne a quanti nifcendo dalla barbarie tentano
qualche cofa . Dante non dee mirarfi né co- .
me Epico, né come Comico Poeta. Non
fece altro che defcrivere un fuo viaggio, e
il capriccia non meno che le pafHonr iùro-
HO , pili che non io , Tue vere gmde , e compa^
C gnc
s.
5a Lettera terza.
gue in tal vis. Qaello non da regole ^ che
ignote erano al tempo Tuo, non da prefenti
etempii iliuflrato, in tante allufioni , m tanti
{imboli , ch'^i foio inténdea , e hi così fva-
riati l«K>gÌM^ ed obbietti il traviarono . Que-
fte il conduifero a parlare malignanientie di
tanti iàtti , e pecfone del tempo fuò , deiLe
quali non s'ha pili contezza, e a far pom-
pa vana di t^nta erudizione fìiordi propos-
to, poiché in vero dottiflimoei fii, maqaal
effer potea di que'dì, fopra d'ogn' altro. Jl
volerio tutti imitare, il proporlo ai giova-
ni ^ TeCaltarlo fenza conofcerlo^ e fenza in-r
tenderlo queft' ^ che noi condanniamo . Se
a miglior tétìipi foflè vilTuto farebbe forfè il
maggior de' Poeti. A Dante nuli" altro man-
cò che buongufto^ e difcernimento nell* ar-
te. Ma grande ebbe l'anima, e l' ebbe fubli.
me; l'ingegno acuto, e fecondo; la fanta-
sia vivace, e pittoreica, onde gli cadono
dalla penna de"" verfi , e de' tratti mirabili ^
Anzi giudico, che da questi venuto fia 1'
abufo dell' imitazione tra gì' Italiani . La
fua Commedia, moflruofa i>er altro, pre^
fenta qua e là certe imagini così forti e
terribili ^ de' terzetti sì bene organizzati ,
che t' incantano in §uìfa da non fcntir l'
irfprezza d'altri dodici, o venti, che ven-
gan dopo. Quei fi tengono a mente, quelli
fi recitano, e divengono una ricchezza della
nazione. Il tempo la confatra, e fi crede
merc^ di quelli più bello affai che non i
tutto il redo. Gl'imitatori, femore info-
rìori «1 lor modello, ne crefcono il pregio.
Gl'inerti, e pedantefchi letterati vi fenno
la
Lettera terz'a:. 51
la gioia > fi citaoo le fentenzc dai ihedcli
morali ; le ftrane parole fi re^iftrano ne' vo-
'Càbolari « e tanti infin partigiani 9 e {lima-
tori col teinpo^ vanha /moltiplicando , che
i^ai cQntro di te un po^ploioimenfoa voler
cenfuraire il ^ran Poeta. Perche, dinariii ti
pr^Q, quanti fono. in ^na intera nazione ,
elle poflano giudicare, per intimo fenfo , e
jper anima armonica diel i)oetar generoTo ?
I^eci o dodici al più; e la metà di quefli
nacque nelle campagne, o in condizione fer-
vile, onde fi portano, nel fepolcro un talen-
to fenza aver fofpettato giammai di poflèder«-
io . Eccoti come Dante ha trion&to , e aó-
cot regna . Qualche vera bellezza del Tuo
Poema, e un gregge infinito di fettatorì
ha, &tto il fuo culto, e b fua divinità. E
in vero chi può refiftere per efempio all'
evidenza di qUe'bei verfi?
E cerne quH che con lena a f annata
IJ fitto fuor del pelago alla ritta
Si volge air acqua Perigìlofa^ e guata:
Clii la mollezza, e il frdfco nonfente di
quegli altri?
Quale i fioretti dal notturno gelo
Chinati j ecbiufiy poiché il &0I gP imbianca
Si drizzan tutti apeni in hro fielo :
Il maeflofo, e il terribile come nói vede
in quell'entrata d'inferno?
Per me fi va nella Città dolente ^
Per me fi va nelP etemo dolore ,
Per rne fi va tra la perduta gente ;
GiulìizJa mojfe il mio alto Fattore ec*
E il dolorofp, il difpcrato può m^Ho
fentirfi, clje in que'tre verfi?
C 2 Di'
j4 Lèttera terza*
Diverfe lingue^ orribili favelle \
Parole di dolore j accenti d* ira ,
Voci alte , e fioche efuon di man con elle .
Quefto «ì ^ un verfo divino. Lo ftei
dico del «quadro, in cui dipinge 1' Arfen
dt Venezia , ficchi proprio ti trovi là dei
tro, e deirapoilrofi contro Pifani, e Gì
novefi ce, E di tali interi ternari ve n' h
fino ad un centinaio, fé ben gli, ho cont^
ti, tra cinque mille, che forniano tutto ;
Poema. I vérfi poi foli or fentenziofi, o
dilicati , or piagnenti*, ^r magnifici , e fenz
difetto ardifco aire, che ranno a mille..
Dunque reflano tredici mille difettofie car
tivi, rìprefe àllor Giovenale con impazien-
za, e quattro mille novecento terzine ali
incirca redano da fbffrìrfì. Il bel Poema in-
vero, e la dilettevole Poefìa , che ^ quefla.
Non^^ egli lo flile quel punto in Poefia
frìacipale, e decifivo per cui perirono tanti
^oemi, e per cui non periranno ^cuni no-
chi giammai^ La dicitura, la verfific^o-
ne, la Poefia verbale in fomma, cio^ la
Pdefia della Poefia % pur il fuggetlo della im-
mortalità per te, per Omero, per Pindaro y
5er Orazio, e per me fteffo , malgrado i miei
ifetti,'onae fiam la delizia di tutti i fc-
coYiì Che può dunque pretender Dante fé
manca in quefto nelle tredici parti, e fc
riefce in una foltanto? Io sfido il Poeta Sci-
tico, e Geta più barbaro, che mai cantaf-
fe in riva de mari glaciali, a parlar pib
baffo, più duro, più falfo, più freddo che
non m Dante in tanti luoghi . Udite come
loda quello Scalisero Sigoore di Verona:
Lettera terza. «
^eftt non ciberà terra né peltro 9
Ma fapìenz0 amore e vèrtute^
E faa nazion farà tra Feltro , eTekro^
{ Grand' uomo era certo cofhii, che maiv
I giava fapienza, e virth non eirendo aflai
j ghiotto di peltro, o di fabbia; e Verona
j contrafTegnata da due termini sì precifi ,
] come \ Feltre nella Marca Trìvigiana^ e
{ Montefèltro verfo Urbino non ^ bella Geogra-
i, fia ^Ohpoiranza d'una rima befHale! Il peg^
I gio ^,.che tai rime fon giojelUper Dante.
j- Pape Satan^ Pape Satan Aleppe^
Comìncìb Plato con la voce chioccia ,
y e così par che vada cercando il Tuo nialan-^
^ no per tutto quel Canto di rima in rima'
I (mi^ve pih flrav^ante:
j ' Così fcendemmo nella quarta^ lacca
\ Prendendo pih della dolente ripa
Che V mal dell* univerfo tutto ^nfacca :
I Abi giufiizia di Dio tante chi ftipa
' ^ Nuove travaglie j e pene quant* P viddi ^^
E perché noflra colpa sì ne fcipa ?
E di que' malavventurati ? Chi volta pefi a
forza di poppa ^ e itokando a retro e gridane
do anche loro ontofi metro . Poi dimanda :
Che gente è quefla ^ e fé Jufti fur cherci que^
fli cbercuti alla finiflra ed egli a me tutti
quanti fur guerci • — • Sì della mente in la vita
fnmaia , che con tmfura nullo f pendio ferci .
Affai la voce lor Maro 1^ abbaia
Quando vengom a due punti del cerchia
Ove colpa cmttma gli difpaià .
Quefii fur cherrì che non han coperchio
Pilojo al eapo^ e Papi^ e Cardinali
I» ad ufa avarizia il fito foperebio»
Ci e così
y4 L r r T era terza.
e così va feguendo a dar del capo in rìna
ftrabiliateve che portano fempie mala; ver
tuia, ficchi i proprio una cola infernale
Che dirò poi celle varie lingcu^ in che p&
la? Raffi mai amecb zaiì almi^Vexilia Re
gii prodeunt inferni ,
Di verno ia DanM in Amjiertcch
Compera quivi ^ che fé Tabemicch
Vi foffe fu cadtao , o Pietraffoma
Non éyvria pur dalPwh fatto sriccb .
E così fa verfi in lingtie particolari di Loj0>
bardia, e d^ altre genti, che non i^eniacono
mai dover entrare in un Poema feoonbuiv
lefco. N^ quede bizzarrìe già condanno co^
me il vizio peggior del Poema. Condanno
l'eflTer queftoprdOfoapocodinngufto, epar»
hir barbaro , e duro perpetuamente , benché le-
parole non fian fempre sì barbare . I Glof"
latori trovano almeno i pih be' mtAieri dd
mondo, e liaoik- vaghe novelle che fofTer'^mai
dcntr» acfue'urani linguaggi. L^sete, vt
prego, i gr(^ traittati. cne han mtto ne^
loiD gxan tomi fu queiti padì dèvini il Y^^
hitello, il Landiito.,. Benvenuto da Iraduv
il Daniello v il Mazzoni ,etant' altri ; equai
battaglie non attaccarona anche i moderni ^
Ma quando poi giungono al Purgatorio « «
al Paradifo, anch' effìquefH campioni da»
fegno di ftanchezza per que' diferti > perchi do^
vete fapere, che non ho citato fé non fé pa^
' dell' Inferno , che i il pili nobile , e il più poe«
tico della divina Comnoedia, come già uMe .
Tutto quefto ho voluto leggere dopò Pulnma
noftra converfazione , e parrai d^ averne in-
tefa, fé troppo non fon temprano, la metà m
cir-
LETTKtATERZl.. J^
dtcx; ma l'altre due parti ho fcorfe qua^
1-à prellaménte per tema di perdermi mqaell^
otertta vacuità. Per la qua! cofa, o Virgin'
Ho, tu non devi anteporre per alcun mòdo
il tuo Dante ad Ennio, o a Pacuvio, per-
che fé mancano que(H di qualche bel palTo ,
e di fuoco, e di forza per con(<^ar cmleg«
gè ; non hanno nemmeno la crudeltà di Dan-^
te , onde tormenta fenza pietà le orecchie,
e kt pazienza di chi fi loTcia condurre per
qtidle areitó, per que' precipizi , per quelle
tenebre , per quel labirinto ineflricatttle ed in^^
^nito. Cfie fé pur ^li fc véro, come veriffi-
-rno i pure, non confiflere il pr^o d'un
jibro, e d'un poema in alcuni bei tratti qua
^ là fcelti, e cercati, ma sì^ nel numero
delie cofe belle fafagonato a quello delle
fVialvage, e nella fc^rabboradanza di quelle
-à queue , io concludo che Dante mMxdeve e&
Ter lettt> piU d* Ennio e di Pacuvio, e che
al piti fé ne devono confervare alcuni fram^
menti più eletti, come ferbanfi alcune fta-
tue, o baffi rilievi d'un antico edìfizio inu-
tile, e diroccato. ^
Tacque affin Giovenale , e parve a tutti
'quid declamatóre , e iatirico or egli'fe infat-
ti per fila natura, ma infiemefericonofciu-
to veridico, e giudiciofo nella foflanza delle
fue critiche. Allor tutte queir ombre di Poe-
ti, che mi ftavano attorno, e nuflimamente
l Greci, che fi dolevano del torto lor fatto "
• per tanto tèmpo dagl'^ Italiani,! quali avean
meflb Dartte in pari fede con effb loro, di-
mandarono d^eflFerereditttegrati. Fu dunque
decifo^ che Dante non dòvedè aver luog»
C 4 tra
5^ Lettera terza.
tra loro txm avendo il fuo Poema vetui»
forma regobrs , feconda l' arte . Efiodo , Lu-
crezio , e glt altri autori di poemi iftorici f
o fiiofofici acquali parea più tofla apparte*»
nere , rìcufaron d*^ ammetterlo, fé non fi pur-
gava di tante fmztont, od invenaiont ca^
prìcctofe^ e non r^gionevolt , che formati
per altro una gran parte delP opera - Teren»-
zìo, Ariftofane^ et Comici di moAranonoctid
per un titolo di commedia non (r può dì*
venire Poeta Comic»^ raa0ìmaniente doft
mai non fi rìde, e (veffà fi dorme,, infii»
non trovavafi chi vofeffe della divina Coo»-
media redar onorato, e Dante coFrev^p^*»
colo d' eflfere efdufo dal nmnero de- Poeti •
Se noii iht venncmi in menadi prroporltv
TO in buon punto un configlto: crb (il di
eftrarrei miglior pezzt di Demte ,. che. a lo^
•IO flefll avean recato cotanto dilètto, ecac»* i
cogliedt kifieme in uo piccol volume di tnr
o quattro cantr veramente poetici, e qMeftt
ordinare come ù può', e L verfi por , cbe
son potrrt>bono ad altri legarfi, porli da fé
a guifa di fentenze, ficcomc- d^ Afraoio , e
di Pacttvlo fecer ^ amicbi . A quefi^con-^
dizione accettarono futti y Poeti Dante per
Jor compagno, e gli accordarono ìì privile-
gio dell' immortahrà , che loro i coaceifa
dal fato. Io penfo, Arcadi ^ che non fare-
te di |>arere diverfo da qoel d'Omero , di
Virgilto, d'Orazio, d'Anacreonte^ e di tut-
ti coloro y che voi ftefli tenete per macftri»
e per clafBcì in Poefo. State ^. .^
LET-
J7
LETTERA (QUARTA,
mA* Legislatori della nuova ^Arcadia
P. VìrgHiOy Salute,
ERano gì* Italiani in tumuiro poi eh' eb-
bero udita la fentenza da noi pronuiw
Giata fopra II Poema di Dante , e temerono
noaqualche danno air onore della italica Poe*
fia fopravvèniiTe per T autorità, che ottiene
ancora nel moneto il fuflra^o degli antichi
maeftri . Videfi a molti f^ni eflèr gì' Italiani
Poeti , ed Autori oltre modo gelofi per lor
natura della gloria poetica , e letteraria . Quin-
di al primo raccoalierfì, che noi femmo al-
tra- volta, eccoti d* ogni parte accorrle Aro-
lazzando anime ed ombre, chequai uno qual^
altro dc^l' Italiani Poeti ci prefentano in
Tarj libri, e volumi di ogoi mole e figura.
Noi fummo dapprima di tanto numero sbi*
gottiti, rapendo noi, e dicendolo fpeflfo Ora*
zio a gran voce efler pochi i buoni Poeti
privilegiati da Giove, e per viva fiamma
ed ardente degni del Cielo. Io non ofava
llender la matio ad alcuno per non offendere
Qiilie ; finche vedutomi apprefTo un Petrarca t
che un picco! volume era e difcreto, a quel
in' appigliai « Il nome di riftorator delle let-
tere , la eoroiu poetica da lui ottenuta in
campidoglio, e la fama delle foe rime r!
accendevano di cuifofità. Egli piti volte s
eia con noi trovato in perfoiia, ma non d'al-
ta che dct (ÌK> Poema dell' Africa^ e d'altre
C 5 qi^^«
58' Lettera quarta.
opere fiia latine. ci aveva ioterteouti ^ aved
dogli quelle pili che le italiand^ et dic^a-l
recato onore vivendo ^ e a noi renduta J
antica eftimazione in Earopa. Ma poco di
letto n^ avemmo alla pruova per nK>Iti vc|
ftigi di rufticità, e di barbarie, che nel fui
ftile latino, e nel poema avevamo incoa
frati .. Per altra parte il Fracallorò , il Sannoi
zaro , ed altri , e ae con noi vivono in comp^
gnia, le rime itaUane ci lodavano Tempre^
ed il Petrarca efaltavan per quelle (ingoia^
xnente , avvertendoci, infieme effer cileno. da
nnova maniera poelìe , né per avventura al no-^
flro ^fto adattate. Appena infatti ne co-
minciai la lettura, cheognunorimafeincer*.
to 3 e fofpefo fentehdo una poefia non conofcii»-
ta^ un penfàr nuovo, uno feri vere inufitaco^
Qreci e Latini fi guardavano In faccia , e^
quantunque Platone altpavokaci ave(&par«
lato in quel modo a un diptef{b,econidee
fomiglianti della bellezza, e dell' amore, pur-
nondimeno cran nuove t>er noi certe ima-
^ini , certe grazie di ilile , certi colori poe-
tici Petracchefchi. Tibullo ed io fentivam
qualche guflo pili che non fentivano glial«^
tri . Quella dolce pafìione che ila nel! am«>
ma, e dalla calda imaginazione ^ cfipinu
foavemente in- (%ni oggetto , quell'amor
fovrumano, cjue'voli eccelfi edimpctuoftd'
un affetto fublime, e lontano da (^ni nebbia.
(fi. fenfo, a noi piacevano^ mentre Oraiio»
e Properzio, Pindaro ed Anacveontelet^o^
vavano infulfe, o fredde. A^ìioftri ^oini
non fi fapea filofofar tanto con T idee ni eoa
gli afiètci amorofi , e^ip^nevamo pet ordina-
rlo
i ifà gli o^jget^i fetìfibìiij oMRmo piil mate-
riali per inclinazione*, o non -avemmo dalla"
[ natura fortita unf anitna si psvdlonata ^ d un
l cuor $ìi geitfiie. Ma dopo aver fatta qualche
> fpetieoKa di quello ftile^ e dì quella ma»^
I sùera» un incredibil piacere fent irono tutti ^
e tanto piì^ vivoche il pili intimo feno mo-
I yea dell* anima, e degli affetti .^QuantapiU
\
innanzi leggea, pì^ feotivuno- Greci e La«
tini una certa dolcezza j^etka, e lu(knig1iiera.
di iHle, di artnoma, di teneri movimenti ^
{ €^e ne liiettea V anima in un' eftàd foa vifllma .
y I trafporti itì^avvifi tratta tratto raj^ivan*
^ ci fuor (ti noi. Nuovi penfierì, ini^^nidi'^
> ficate, e vivaci né facean talvolta iciamaf
per dilètta è per maraviglia. Tutti d' ac-
, oordo dicevano non aver mai sì vivamente
^ ^ntito duéH'^ incanto ,. e quel faTcino di una
feereta deHzia, che % propria della poefia >
i come in q^fló Poeta. Nfdti di tòro ,. ma
principsdoiente Ovidia edOramo (lavano at^
toniti y e quali pareano vergognar(ir d' aver
siai ceno(ckita ima paflSone cosi gentile, ed*
averla dipinta con trattisi sròfl^ani e pie*
bei> potendo con efjà nobHitare di tanto la
)or poefia eoa la lor &ma. la p^mecom^
giace vami tacitamente di partecipare di que-»
a laude con efla lui per quella onefta fu*
perbia onde non feppi avvilire il mio can-
to con le turpitudini tanta conmni a' miei
coetanei, che cantarono-4e fteflè pafTìoni, e
»on feppero rifpettareil lingus^gio degli Dei ►
Qualunque vicenda alle lettere e ai verfipof-
. fe fiopravvenire , P opere nodre faranno fcuo-
ktal pofteti tatti di buon coftume ad onci
^ C 6 degiT
6(ft Lettma ^9MmirAl
<legl' invidiosi» che m'iianiio. aitnbuice eofe
ladine: di rais,, ed hanno iBalignamenie ia<»
tjerpirctaio il Petrarca:.
.^ Ma non* fo coraf a pocc^ a poco cornai-
oiammo a- JfeiHiDeiipnfb ^ualpiccda^fauerà^
che Cepèpve andò raf&eddandaglUmrai ck^k
uditou, e Quando, lor fkialmòKe &(Udio ^
Tutto «-a pariacei ^ e: penfare. » e cantai» di-,
quella. Madonna L^aca; e^ le Fofe , e le^ier^
fc, e l cnor d> oìo>, e imi p^nfier che dicea^
e un: penfiero che rtfpondea,. a de'pen&ri;
che r^ionawino infieme, una vifione ^ un&
fo^no,, un. deliquio d-' amore> e- le foifi , e^
le imapini d'un colore raedeum^ aneh^' e{^
fe^e Sonetti- fcaza fine,, e^ Canzoni fenzai
moda ci. venivano ferapre davatui-. Qualche-
foilieva afpettavafi dall'amabile- varierà ^
quel condimento sì aeceflaria agli feffi-pia--
ceri ^ de' quadri dì ftoriae di fi«oIà ».o^dli
battaglie.,, o di tempefte di mare,.a.difpet-^
tacolì fontuofi , del cbiwoftruK) in- fomma,,
• del contraila. JV& indarno.. Tutta laGal-.^
kria non c^niva fé non fé quadFetti ,. e mi-
JÙatuce di chiare frcfehe e dólci acque>; di
rapidi fiumi d'alp«fti« vena, difedi, .di ver*
dipahni fanguigni ofcuri e perfi^ dì rofe
fijefche e colte iti. pju-adifa,. dt colh,dipog^
gì r di rive,, eribe,. ombre ,, amtri, aure, a
che fo io ,. tutto SL finiffima tinte, tutto lu*
cetite, e gmzJoTo,. ma tutto raflbmigUante ^
Ci parve, atta, fine un. cocfo di metafifica
amorofa fcrìtto in beUiiSmi verH,. ed avvi**
vato di belle im^jnL Taloc. ci. vennero^
fotto all'occhio Serti ne ^ e Ballate,, che ci
i^jarono mortalmente, ofcure, afpre^» iàiU
pide^
* LeTTEUX (QUARTA. et
nido; qualche Canzone mifferiofa tutta aU
fegorica> tutta cBvina pei camentatorl , ma
hìente per noi poetica. I Sonetti medeflmi'
cominciavano {H^r lo jfiò con un quademet«
tOy che et levava in alto con l'anima» ed
abba^Tavact poi y finche net. fine ci ftramaz-
«ava per terra . Alcune poche Canzoni tto*
vammo inven»^ che d' amor non par^ava^
Bo, ma che meglio avrìan fatto di pur àrìch*
efle parlarne, tanto parvero infuKe, o fred-
de, o tntraictate. Sopravvennero apprefTo,
poiché mi pofia lafciar molte pa^nc addie-
tro, per non ifvenire, alcuni capito li in ter-
za rima, e Dante in efTì parea proprio rifu*
Icitato, e fe non era quel veramente divi*
rio, che incomincia. •^ La notte ebe figuì
i^xrrikitcafìt — noi fiMgivamo Scuramente
per orror di trovifirci utr altra volta inu>egnati
neirinietno, onel Purgatorio, e nn Para-
difo. Peijdoniara pure» Petrarca d'aver im-
pilate mgliaja cu verft , ^ pili dì trent' an-
ni , e un cuor (ènfibile e delicato, e un'ani-
ma genettsfa e tnveittrìce in lodare, e com-
piangere una fanciulla; ma noi che non la
conofctamo, n^ per lei Tentiamo altro dSsx?-
tOy, che r inspiratoci da'fuoi verfi, noi oro-
iFiamo gran pena a feguirio fenza Aancnez-
«a per tante tempo . Nulla % più dolce »
ma nulla b^ più pronto a fiancar ddr aflet^
to. Or qual poefia farà quella, che canta
fui tuono mtdefimo, e fuHaflcfra corda fem-
pre trafcorre , come Orazio diceva, con uni^
SloTofia, ed anzi teologia d' amor fotrififfi-
mo innarrzi ad un uditore indifferente , e ad
un lettore freddo, è fdcgnofo?
Ed
"1
i
Ed è poOibile^ fdamb Tibullo ce»
iore» che un sì gentile, ed afièttupCa-^
ta voglia ancor eflb recar piìi tedio cà
diletto, e voglia non eflfer ior^b* dM
parti della fua fteflSi nazione^ e ^uind
cet nelle mani d^P iniplaca}>ilr com^iij
ri ^ Un Poeta di liagiia vivente, che q
d'^opc^e, e d' una femplice douzetUéK
come pur trova il modo di &r(i o(cii
enimmatico, ed inlbiSribile |)er la rlasui
per la c(urezz» n^He treparti^dell^omni-li
Qua! guQo i tuai cotefto degl' Itsiliam
far poefie fublimi insieme,, ed incolte^ e
ficorrei» per gufarle leggendo ad un peda
te, che lor conrotnpe ogni, vezzo cQ^^i
penna di iàrl:o^ Seuadimco,feu|).. ep%r^G
ina , od . uQi' elegia non rìuTciva a noi felic
mente ^ noi U.darvanio al foocor, edencbì ce
ti, chea' avrebbe pili danno fatto> che onore
o tanto* le tornavatn fopra,, che ne veaiil
perfet-ta, ^ &qo «I;fìne leggila. Qpmediiis
que il Petrarca, e chi Io kgge ponno foi
frire un principia bellLfliiao^ e Pit finimmo
to rchifoTo in tanti con^ponimend?'
Del mar Tirreno alia finipra Jponda ■
Dove rotte dal verno ptan^on Po»de f^*
^ Chi crederebbe, che dopo cib^cadailPoe*
ta in un rivp Spingendolo Amore, e vi ^
bagni i panni,, e ou^i finifca;
Piaeenù almen d aver cangiato fiile
Dagli 9cchi i^pieyje del kr. efjèr moOr
Gif altri afcsueatfeii»^piìicortefe4prfk^'
Qfiaì piò nobile eiordlp di quello*^ ,
QualmM deflin qu^l fqrza o qm/^ii^"^
Mi riconduce dìfarmato al cam^
Là
t E T^T E IL -fr ^V A R T A . éj
" Là ve' fempfe fon iìimo' èCi
E^ qual chiufa più niktxAs^^ efiedda dique^
j^m^y CQntìft^d^Ue^^a m\ìmg^ y e punge ^
Ch^'P mi fo tipenfar non che ridire ,
eie né indegno né lingua al veraaggiunge .
iNloi fummo incantati poe' anzi daqueU' al-
tro Sonetto sì delicato e sì vagOw
Onde tolfe amor PorjOy^e di qual vena
Pe^ far due trecce bionde y e in quali fpini
Colpe le rofiy^e in qual piaggia le brine
Tenere e frejibe e die lor polfo. e lena ?
Onde le perle «•*
^ Ma tutto il diletto d avveleaaronorul--
tt me parole sì facili ad emcndarfi^ per altro , ,
Éàue^Ìegtioccètond*^Ìo.òo guerra è^p'acìf
pienii cuo'eono il cor in ghiaccio e fuoco .
Iri/ vero^ o Tibutto^^fénto anchllo mol-
ta: noja. di ciò^ ripres*io, n» non erailfe-^
cedo, del Petrarca* un fee^lo d'oro^ come il
noftro jpefrU buone lettere. AUui itmanea
molta mcertezzav di buon. gufl»> pur. anco «
e le tenebre non erano c&0lpate, Matnfoa-i
lira di ^oeta egli fe nondiiHeno il più eie*
gante , il mh, armonico , . ii pRi foblime , ch^
vedeflfe r Italia dopirnoi. Egli ha ridotta,
in puro »igenlO '.quella^ Hoguav che inmai^
di Dante avea tanta icoria , e la (bridente
tromba di queUo,^ha cambiata itt «n flauto
ifi foavidima melodia. Che^ fé volgiamo noi
Tocchi» al midoUo della^ fua peefia, cio^
all' affetto che r anima , qual Poeta ha mai-
favellato in tal linguaggio, fiapaOtenaito^jl^
eùore cotanto v^ ha imttóiifentire .quella <lt¥i^
nità , , ch^ ifpira ; t Poeti \ echi vivamente^ ì>
r
6^ Lettela Q.tr^NT a .
Or dunque lum altro rimatie fuorché p
darne ratdtno, e quel gadere tra noi^
ponendolo con guanto abbiano di pih
celiente la Grecia, ii Lazio, e T Italia f
douo giammai. State faai. X
wimm
LETTERA QUINTA
\f Legislatori della ntsova arcadia
P. Virgilio y Salute.
UN rnmorc xmprovlfc interruppe if ra-
gionate , ed era un cotale che ad alte
voci gridando chiedea d'aver luogo e fog*
giorno tra i Poeti ktini, e tra gli Epici un
ìeggio a me vicino, perche diceva d' aver
tradotto in gran volumi di verfoefamertOi
e di ftite Virgiliano, com'ei diceva, tutto
quanto il poema dell'Orlando Furìofo \n'*
fino al quarantotto canto del diyin Ludi3*
vico A riodo. Noi fummo dappFÌnl;isbi§;0t«
tifi udendo quei titolo di divmoche ben/o*
pevamo per prova eifèrd^IiltaJlam mal im<*
piegato. Sapevamo eziandio che i'Arìofloì.
medefimo non avea già voluto far un Poe*
ma fecimdo le rqgoledcUaragione ed^lbaoft
gufto, ma che piuttofto avea fcritto affine
di dimtare gli amipi, acquali l^gmiTuoi
canti , non al gludicio della fevera pofteri»
tà ; onde in noi crebbe il ribrezzo a ^u^i
nuovo parlare di traduzione latina. TnAo
X'BTTfiKA QUINTA. óf
sne, dkevami il cuore; u nùo vcrfo, e si
mio ftile, s'% ver quei clieudii, come pub
ilare in bocca di paladini, de' negromanti •
delle flreghe, che pur fon gli eroi di quel
Poema f Che ha a fare la lingua latina co'
palagi incantati, co' viaggi fml'ippogrìfa^
con pli aflalti delle balene, é con tanti gU
fanti, e miracoli^ e duelli d'arme fatate ?
foli nomi di que' guerrieri e cavalieri er-
ranti , ben Qialagiati devon rendere i verfi
latini mafllmamente Vii^iliani . Che fari di
tante buffonerie, ftrav^^anze, ed ofcenità y
che l'Anodo medefimo fanno arrofllrePVi ^
fo dir che il mio Aile a quella volta perde
il titolo di vicinale, che un tempo otten-
ne. Ma fé l'Àriofto, rìptglib Orazio iiv
Gollerito , r Ariofto fteflb ho veduto io ed
udito rìderfi d^'fuot caprìcci, e fé chiam;ur
pazzo non men d' Orlando > or cedano en-
trambi al traduttore, che certamente maggior
follia non può darfi di quella che & Tpen-
^ere a un uonu) ben nato molta parte delf-
la fua vita in opera sì faticofa, e al buon
giudicio sì oppofla. £ pur moftra coAui di-
.plomi, ed elogi, ed approvazioni de' lette-
rati fuoi coetanei , da' quali or or fi partì , con
gran danno, die' e^li , della RepuboUca Let-
teraria. Convien dir veramente che abbia-
no gì' Italiani travolte le idee dell' ottitnar
poefta. e che i giudici d'efla fian pedanti ,
o (bfiui di profefiione .E pretemie coftui
un luogo tra noi per l'autontà dicotailo-
datori, e. perche? Per aver fatto latin© T
jOrlandp? Mi chi qel tichiefef Una qual-
che latina n^zlonet ivMHriuxu^nte riforia che
noa
6& LettehA q.«ii^tà»'
noo intenda le lingue volgari ? e cfif ^ P hi
a leggere in un tal tepio ^* in cui bisogna
volgarizzsore i laiiiu perchè fìan tetti ? Quaf ìm-
lità , qual «filetto , qual merito è dcttique io
ciò? E per ciò £we, due gtx>ffì Tomi di co»
tal merce s'haana ad empiere e ornar/i- perfino
degli atgomenti de' canti- e di tutte le alle^
gortc meflbinlatino ( certo credalo Isp/t'/n^
volta che in latino fi («oreranno alinone
in un Poema); e un intrepido Stampato-
te fi toova che fanoniii^UkKre àHfì^ afpettò
.d'wa precipizio? Oh noi beati cteallorvt-
vemnio, quando a feri vere con iflentofull^
tavolette di ca-a eran coftrecti i copifti ad
^ifar \o diletto ! Oh come fariaao moItipH-
cati i Godriy e i Mevii, fé la (k?impa,ìi
foccorreva? Eh vada diJnquefl nuovo Ario-
ito, led Orlando a «ecitttre i fuoi verfì tra
J' ombre illuftri di D^aladfb y e ài Frtne-
-nerico sdegni Confoli di un tal Romano Scrit-
.tore ,. fi con lot. faccia pompa del nobil di-
ftieo che bene fta appunto al fuo ritratto
Carmen utrumque kgaSy poterts wx diéere ie8^
- Mufa latina PtìtO'^ mufk ne tufca fuh ?
Neflfun certamente fti^etterà cotefta no- .
livella mufa eflèr viflfuta ne' tempi antictó
.delia latinità «
Sfogata ch'ebbe Orazio la bile poetica ,
. io così pcefi di nuovo il ragionamento fp^
pra il Petrarca. LeggiampertamoletreCan- ^
zoni fopra gli occhi ^ quella della lite d' amo- j
. re innanzi .adiarftgiòne, ^otsll'^ attfa — iVV
penfi&r chemiftrug^e^ ™ è là compagna iba
ChiarefirefcbeeMci acque '^•Dtpenfier^ inpm^
Jier^^ epodtealtMpiùf&miUa queSe^e tut-
to
i»p5 ciò msttiamo a- memoria^ e ripetiàmoIiK
per diletto. Perchè quai voli, epenfxeri piìlf
nobili pontio trovatfi di quelli , onde lepri-
ine tre fonQ tcfTttte f Qua! invenzione am-
nairabile, miova ), ed ardente del jpiìi viv*
foco è queir accufa , e ^piella difefa d^ amo^
re ? Chi non. & fente lat^air per dolcezza y
e trafportare peir eftafi a quelk fonte , tra
quel P erbe > e' que' fiori anitnati, in quell*
qeere facro ,. e fereno , che tutti fàeni della
bellezza di Laura tutti gli ^no onore e
tributo ve rapifcòno divinamente qua e là
a Poeta^, achi va leggendo con. l«t^ Che
lifplendentit e inufitate, ed alte- ima^ini v-
chfi fovrumani trafporti , che foave delirio»,
ed ebrietà di paflìone infiammata non fen-
teii colà dentro per tutto? Diciamo il ve-
ro y ^ amici pojsti , mentr ' io leggeaqiieftl pez-
^ era ell^ pia maraviglia , Oi pifi iiiviata la
noflra f Quai di hoi fe{>f)ir efprinaei<&' on sì
di via pianto/
Et &ra V Cielo alP armonia sì infanto,
Cbenonfivedeainramo moverfeglioj
Tanta dolcezza.aveanpitn£ aeti^&il wito, .
o nobilitare cotantói la forza, e H ardore ce-
lefte di due occhi giranti vitth?'^
. V aer percoffo da' sì doiei sai
S^infiamma d"* oneftate e tal diventa ,
Che ildirmflro^iìpenfier vince d* affai .
9ttffà defir non è cS iiù fi fema »
Ma £' 0tQT di i^irtme^ Or quando mai
Fu per famm^ beltà vii voglia fpentdì
Nflì- certamente gran fema otteniamo per
|je ima§ìni iniifitate^ esentili, e vive, che
i aofln veril colorano^ e fanno immortali ..
Ma
68 Lettera iiMir^TAi
Ma convien dirlo, af&i foy^ente fì raflbnai
gliano r une alle altre ne' noflri poemi .
fiumi che verfan l'onda fuori deìFurne,
Ì£ najade de' fonti , le ninfe de* bofcjiì , ì
zefiri nell'eibofe campagne, l'aurora , che
con le dita di refe apre le porte al giorno ^
e i cavalli dei Sole , e i varj cocchi delle
divinità, e l'ali della vittoria, e le tróm"
be della fama, e l'amor con la benda ,Wt
f arco, con le fiaccole, e tutto il retto li^
tornano ad 0{^i pttfTo tra l'opere no/lre "s \
comparire. Poco o nulla di tutto ciò ferir?
al Petrarca . Il Sole per luì i un rivai*
innamorato, e alfine fconfitto> ma conquìdi
grazia!
A Uù la faccia lagùmofa , e trifla
Un miviiato intorno ricover/è ;
Cotanto d^effif vinto gli dijpiacqt4$*
Amore è uri avvetfario chiamato in gf(f'
dieio avanti il tribunale della 'ragione; tjA
fiume non ì un vecchio fu l' urna . ma un
meflaggero, che va innanzi per veder Laura
piuttofto, e per annunziarle il venir del Poe*
ta. I fiorì noiì fol rifentodi fotto al piede
di Laura, ma pregan d'eflèrne tocchi.
Ma che diremo de' fubiti slanciamenti &
queir affètto in tanti modi, e con tant'iilk'
peto efprefli?
Deb perche tacque ed allargh la mano 9
Che al fuon di dettisi pietofiy ecafti
Poco mencb^ cV io non rimafi i» Cielo J
e altrove
Aprafi la prigione ov^ib fon chiufo^
E che il cammino a tal vkarmfitf^***
e quel si paflionata
Do*
Lettera q.uinta. 60
Dotar perchè mi meni
Fuor di cammino a dir quei cA' io nò» vogiio.,.
e queir altro
Lagrime trifte e voi tutte le notti
Af accompagnate ov^ io vorrei ftarjfoio.. .
Converebbe ridirvi gran- parte di ciò che
udifte chi voleflè di tutti i tràfparti parla-
re di quella nobil pafllone) e così far do-
vrebbeu chi del fuo ftile intendere di ren-
dere piena ragione . Vero merito fu del Pe-
trarca il creare per una poefia nuova una lin-
fua 9 e uno (lile affatto nuovo , e fd propria
egl' Italian'^depo il fuo efempio . I più nobi-
li , i fùù gentili modi di dire, le grazie dell'
elocuzione, le fra/1 in fomma, eTefpreffìo-
ni poetiche, e proprie di lui, e d(^P Ita-
liani, tutte, o poco meno, a lui fon dovu-
te . II fuo cuore e il fuo ingegno ne furono
i primi inventori, da niun di noi non le
appuefe. tA trafportb d'altra lingua, e quin-
ci in alcuna altra lingua non ponno tra^
durfi. Ciafcuna ha le fue ibrmole, comete
terre e i climi hanno i lor frutti , e quelle
e quefH .tralignano , o perdon di forza a
trasportarle in paefe flraniero. Il Petrarca
diecic air Italia le fue , ni per tempo , ni
per vicenda non fi perderanno giammai ,
che han troppo felice origine, e generofa .
Egli fteflb r Amore le dettò di nia bocca
al Poeta. Uditene alcune, e confedate , che
poche n'ebbe la noflra lingua d'altrettan-
to leggiadre, efprefllve , concife, e vibrate
or per la forza d' un^ folo aggiunto , or per
la collocazione d'una fola parola « or per lo
gito d'una tal firafe, ed orperlafolatrafpo».
fizio^
.70 Lettera x^uinta.
dizione , o ancor per P armonico e muficìk
vandanxeato del verfo foltanto . L' orecchio
nel vero avèa colw non mefi delicato de
caore, e dell'ing^no. ~ Piaga p^r allen-
tar ìT arco non fona *— Qual mara'viglia Jt
di fubii* arfiì -— Lt^ciando tene^ro^ pnds
fi move >-r^ Ov^ogni latte pcrderia jua pro^
v4 ^— Qbe Se t errwr duraffe altro ntm cbieg^
e io "^ Non era P andar ftto cofamortaie •-— E
le parole Sonavan altro ùbe pur 'voce umana
*— Che^Lfren della ragione ivi non va/e^^
Come V noftro operar toma fallace — *- E del
mio vaneggiar vergogna è il friAto -^ Kdtto
dagli anni o dal camino fianco ^^ Alle l^
grime trifle allargo il freno -— Tutta lontana
dalcammin del Sole --^-^ Dal manifefto accorger
delle genti ^^ E col tempo difpenfa le parole
*— Fece Di nuovi ponti filtraggio alla marh'
na m^ Tutte vejiite a bnm le donne Perfi >
È tinto in roffo il mordi S alamina — .- F/«-
cbè P ultimo dì chiuda quejf occhi *--* Qua»"
do la gente ttìpieti dipinta fu per la riva a rin-
graziar t'atterra *— E facea forza al Cielo
Afciugandofi gli occhi col hel velo -^ Ma fé
pih tarda avrà da pianger fempre — Il Sole
Già fuoir delP Oceano in/ino al petto -*-. E CO*
sì d'infiniti altrifomigliantiniodi i piiinuo^
vi, i più gentrli, i più forti, ed evidenti,
che posano alzare , e ingentilire una Yia*
goa, e darle infienae un colore ed un tuono
tutto Tuo proprio ) ed originale. Perciò mi
duol quali ch'egli non fia poeta, fuorché
agl'Italiani, a ncOiin' altra nazione fami'"
iiare , poiché ncm può guftarfi da chi non
ha fin dall' inianzia bevuta quella dolcezza
tutta
ì
Lettera q.uinta. 7t
tutta.jpix>prìa della lingua, e della poefia ,
ch^egh creb. Quindi \ qhe noi fteffi non
ne fentiamo per anco tu|ta la grazia, ben*
che dalla 'rioTlra lingua;, e dair ufo fetta
con Dante abbiam mpitp aiuto, ei niaffii*
mam'ente dall' anima, che poetica ^ for«
timmo, e dall' efperienza deirottitnapoe*
fia ; né però mai farà tradotto il Petrarca
in lingua alcuna , come lo fummo noi , e
i Greci con fufficiente raffomiglianza in al-
cune . Ma buon per lui , che non farà pet
ventura disfigurato, e tradito da tanti oar-.*
bari verfeggiatori fenz' anima, e fenza orec-
chi, o prolatoji eziandio , ficcome lo fum-'
Aio noi, e lo fiam tuttogiorno fenza po-j
terci difendere. Ahimé:, foggiunfe allora un
non fo chi , che in difparte flava afcoltan*.
do , che peggio ancora accadde al Petrarca , i :
poiché tro volli un barbaro di nuova foggia 9 I
che lo traveftì non già nelle parole , ma •
ne' penfieri e nel fenfo de' verfi luoi , facen- , l
dol parlare di tutt'altr' oggetto più fanto , ì
e più reverendo, onde quefto fi venne ad f
^re profanato , e quel del Poeta a far t
pietà , e il Petrarca Spirituale intitolò il i
fuo volume. Non v'ha pazzia, ripres' io ,
che in fatto di poefia non fi pofla afpetta* |
re dagli uomini ; ed io fui pur lacerato a
brani , ed Omero il fu pure affin che di-
cefllmo co'noftri verfi infieme accozzati le !
flravaganze pili ridicolofe , che un pazzo '
imagi'nava . Allora levoffi in tutti gli an- y
tichi un mormorio , chi ricordava un' ingiù- ^ -
ria chi un'altra fatta all' opere fue da mil- J^
le importuni fcrittori di verfo e di profa , » \
di ^
71 Lettera q^uinta.
di tutte l'età, d'ogni nazione. Or rìtot«'
nando al Petrarca tu conclufo a pieni voti
doverti tenere per ^ran Poeta, e dargli luo-
fio tra i claiTici primi, e maeftri. Ma' ftt
Sabilito al tempo ùeffÓ un tribunale ^ che
He togiieflè il viziofo, il freddo, l'inutile,.
le ballate , e le fedine , e le frottole , e
il redo troncale, che all'onor del Petrar-
ca, e all'utile de* leggitori e al lor diletto
i?^ danno. Gran gioia comparve fui volto
degl' Italiani, che ritrovammo, di là par-
tendo, anfiofi della nodra giudicatura, iquai
conobbero non per alcuna pafTìone , od in*
yidia dar noi Sentenza, ma il vero valore,
ed il merito de' Poeti non men che il van-
taggio, « la gloria della upflra patria pro-
muovere veracemente.
LETTERASESTA.
ìA^ Legislatori della nuova arcadia
P. Virgilio y Salute.
NON aveffimo Ietto mai, nt lodato il
Petrarca : Non altra volta fii mai ve-"
duto tanto fcatenamento di Poeti imoortu-
ni , di rimatori , di verfeggiatori come u gior-
no, che ritornammo a fare adunanza. Piìi
di trecento Poeti Italiani , ciafcuno con un
libro di rime fue^ con un fuo canzoniere ,.
alcuno con più volumi « e tutti col nome
di Petrarchefchi , e i più col titolo di Cin-
c[ue.
Lettera Sesta. 7j
^uccentifti , cfce per loro era dire^ altrettali».
t0 che del fccoio d'oro, e d'Ai^uflo, veti-
nero ad affedtarci, e pretefero d'eiTer letti,
«approvati non roen dei Petcarca madlio
loio, e modello. Ben era oueHo un popò- .
la^ « fopolo di (Poeti. Il iiiggir cosi fatta
tAÓndazìone non era poffibile , che tutto in-
torno ^era cinto d*affeclio,jedi grida. Ognun
ripeteva il «fuo tiome , o fcritto il moftr».
va . Chi può tutti ridirli » I principali era^
lìo Giuflo de'CSonti, Afluilaao, Tebaldeo,
PoliziaiK);, Boiardo, Medici, Beni vieni ,
Triflino, Bembo, Cafa, Ariofto, Q)ftanzo,
Monteniapno., Molza ^ Gutdiccioni , Ala-
manni, Córfo^ Giraldi, MarteHì, Varchi,
Bàrenzuola, BLinieri, Rota, Taiila, due
"Taffi, due Veaieri, tre Mocenighi , Cop-
fuetta, M^mitta, Caporali , Buonàrrottt ,
Car(»| Tanfilk), Sannazaro, Celio Magno,
Giuftmiano , Fiamma , e cento altri , cbe
cpnfondonfi nd mio cervello, oomecoiàjwl*
tuoiubo . DiJKate furon^ com' era giuflo ,,
parecchie Donne pur Petrarchefche^ è Poe-.
teffe col k>r volume, le qtoli oltre al i^ola.
<U divine, rifcuotevano dai l\)cri, e dai let-
terati ujia fpeck d'adorazione. Un branco^
<U raccogUtori Petrarefaeg^ianii le corteg-
tgiatica recando libri di ved con tiu>lL;aoceÌ(t
•di Ls^rìmey dt Ghirlande, di TenapU, o*
pere fitte ad onor loco. Koi non ebbimo
a^'nòftrt tempi un tal onore tra le Dame Ro-r
flìane , onde più cuctofamente cercammo di
ciCaperne a nomi. Il Rufcelli. il Dolce , 1*^
A^anagi ^ e molt' altri , clae a ciafcuna
«di lo^ po<SfAQ la mano 9 con gran rìfpettd
D w le
74 Lettera SssTà.
le nombiaron» ; Vittoria Colonna > Veiùn^
mìce Gambaia, Tolfi» Atragona, Ga%ài:ài4
Stampa, Taetuinìk Molza., Lucia Avo^^
lira. Laura Tenacioa >, Chiara Matiaini -> *!
Launi ^attiierrE, e fegottanò '(>iìir inondiKm^ -^
ito, 6 ììon elle difli haftar queAe^ "che %ià ^
fav^l^vaao .le nove mufei, 'altriineHfti "««&•■ ^
luva la Tarfi. un intero Parnafo lèmmineoi^ à H
gran "pencolo delP autorità dell* aririco . In •
altra 'parte avanzàvanfi pur drappelli , a gaU
fa di Hotini , di Poeti « ed erano^ Radunami* '
ze. Accademie; Arcadie > or jdiCitrà, or
di i?rovinÈi^ 'àivetTe ^ Vene^ìjùilv Pavefi 3
Bolc^neTi, Bréfiiianl^^ Na^^^ì) dei* qusS
foli v'avea molti 'voluinr^ e tutri eccàl^n^
tt0imi intitolati . . Oiafcttna di così ikttt
conipa||nie Veniva lirmata 'd*un formidabile*
can2oaiéle "con ISLmboli^ Alinone , Impre--
fé» Ifcriaiionit, EmUemi^ e tutto era 9A
onor del Petiatotà^ e^ Totto gli au^iive il '
dettato di lui. Àlttove m ntnrolo d^AMìy
che SetteisentrAi dicevanfi > e Vanta (i da-
•wmòjd'aver rifafcitatb il PwtaìtrhlfmodÈdP'
oblivione doipo un Yecolo d' ihohdtizionebar-
bckxica, e rovinofa^ Per ògnr parte sbiicava*
aO'Petrarchiftt, db* era 'un diluvio. Perifatfe
mal 'foflè il noftro Spavento in smezzo aco^
^ 'fatta peifeca%ifii»e> che parek proprio ^
inièrno tutto Scappato dai ceppi.di Plutohe .
Qual corifiglio *potea ^ì^nderfi per non irri-
tare qpel^* troppo ìintabil genite di Poeti
maììAi^ e femmine? In mente nc^ venne di
difirìbuirci la briga, e di prender ciafcuno
di noi 'qualche libro dì qu^ Poeti -Eleggere
• ad efòmit)^; Grari e Latim juron tóRé'
'%■ 'Qceuw
^P"!^
lt>OGUpatt ^[ùanti ve a* 0aiio Intorno ai lan^
libso di lime , àài tm tstìuomeft. ad uiivo«
lume :(U:|Kx£e^ e vi fu alcuno cui noi mcfei
fcbim i. cne fi t2H>v6 un totno- ia lòglio ttk-
mano tuUto» i^ sunot V^rajs:hél£0'4 <
JLelis^àm tutti attentamente, n^ mott^i
aiKÌb, <fte^ùa e là già mitavau fui vòltor
„de^ I«[Ìtton ceit^ aria di matavigll^^ e a
qaanao a quando d^l' indizi di noja ,^e di
iasteti. Fu il i^mo Catullo» che pern«k
Imra infoltente s e filmico di lunga amU^
'tastolie igtttb da» (e il libro, e queftòjdiife,
[qucfto ^ j^t it Petrarca, il fuo ftileV il^a<»
|>netro > ; il €uo aitior, la fua Larara > infin
i lui fteflb fotto tiontie d^^ Un altro . Il nito^
nur , dìifero Hffto moki d'aeco^o, il mia
Poeta non altiì leìgli ^ che il Petrarca . Qui
y* ha qualche ingattino > foggiunfev altri ;
perche già non pub ìdàrfi tanìa fcioedie22»>
[ in uom ragionevole , <^ ptvtenda av^r&ma<ì
I di buon l^òeta celando un altro, o chetatine)
io sfìrtìritato i;»!* Sa^ clic i>el: opera fua jpiA»»^^
blicTii T altrui fatìta vergendolo t^^auno', .
Allor dòminciarono a le^te or 1' uno or
l'altro de* cannonieri toccati loro a fotte, e?
in verità tion diftingì^vaìnfi dal Petrarca ,
fìior Xolaniente in qvtà languore, e in quéU .
la infulfag&ime;» che nel linguaggio e<(retfuo¥'
le d'ùnà^nta ed inii^a palone timi>etto;
a quel veemente "e^ caUo Istògo d* un cuor
aceefo i>er vivà£^tama. PaceaUrano capric-
cio quello di tanti, che per fat verfi credrf-
fero neccflàr-io^ di fingerli innamotàti,'o iécem
verfi pfv aVer '&ma in amote). Latini e Gre-
ci e(pnmevanor.]o (b^rt^ioro in viarie guiiè . ^
Da Noi
7( LcrrtRA S^ta;
Noi tatti i dicevano, a^tm cantato « ut
apMto: ma ciaTcuno di hoi ha impreiTa al-
(ìio canto r indole propiria deli' ingegno ^ e
datià fimtafia, e quindi ha oiafcuno unpco-
prio ftile y un pen&r proprio ^ e coloii , e
modi fuw propri . Orazio già non fanngiia
a Pindaro cosi che pajano un foto, tA Teo*
ccito a Mofco, o Virgilio ad entrambi , né
Anacteonte a Saffo, ni gli (lefll elegiaci Ca^
tutto, Tibullo, Ovidio, e Properzio han pur
fomiglianza uà loro fuor che nel metro :
Ma ^i guanti argomenti, ripigliava alcun
akro^ abbiam tutti cantato oltre 1' amore?
Quanti metri diverfi, quat generi varj di
poefia , qual varietà' di penfieri , di fUle , d'
imagini abbiam tentato nella fteflà matoria
amorola ? Certo nefiiin di noi non moftrb
prender in pre(^ito o la fua fiamma • o la
tua Lesbia ; o la fua lira f E gritaliani fpeiar
poterono di piacere con un contìnuo ripetere
le ftefle frafi, gii fiefTilai, ed omer, anzi So-
netti, e Canzoni, e perfino Ballate, e Sedine -
del medefimo impronto f Gran forza della fu-
perdizione verfo de' loro antichi ; ma' gran
difprezzo inficme di. noi pììi antichi, che pur
I^scvan e{n,esì di verfi ncpnofcevano l'uno
dall' altro ! E fperarono pure trovar lettori
idancabili^ e pazientt ammiratori di tante^
cor io, « di tanti Petrarchi, anici pur d'un
Petrarca moltiplicato in infinito, e piagnente
mai fempre, e m4 fenipre pariante d' una
pa(fìone, che fianca sì predo per la natum
medefima di paflione f Èello in vero dato fa^-
rfebbe fé ufdta xli nano a Praflìtde la Venere
fua,^ tutti i Ostd Scultori ooiiav^eio ptU j
lavo- 1
Letteiìa Sesta. ìJ
lavorate fé non che ftattte dì Venere, e della
Vetierre fola Marina fatti modelli . Ma lo
iUmolo della gloria. maP emulazione, mail'
defìdeno delU novità, ma il genio per elTa
di farfi un nome fàmofo, che in tutti «li
uomìtii è sì naturale, maaemmenlareigo^
gna di patere fervili imitatori niente non han
potuto ne^foli Italiani.^ Calufinie , gridò un*
ombra, che (lava in difparte tra i Cinque»
ceiìtifti afceltando'i noftri ragionamenti.
Il Cafa, ilCodanzo, il Bembo non fono
e(Il ClalTìci , ed originali ì -Lesjgete quefti ,
e dite fé fono imitatori. Si le(Iero ad dta voi.
ce 9 e quantunque aveflèro qualche iniova
inatiiera non tutta al Petrarca rubata, par**
vero nondiméno afiai Petnurchefcbi nella fo«
fianca. II Cafa per non foqc»ieafpreZ2a,e
violenza pofta ne' verii fuoi iwrre alquanto
-acquiftare di forza, è di gravità ; nel Q»«
Aanzp trovavaii una certa difprezzatura, che
iempltce, e graziofa parea, bieuch^piìitofto
vicino alla profa, • idl'jurmnentazione ap«
luride, che ali* ottima poena. Nelorìmouii
po^fto^ lènrivafi la urica, eloftadto^nel
feconéo un po'ffoppo poco. Avean tentato
un fentiere folliario, mandla via^el Petrar«
ca; lui per padre legitrimoriconofcevano^jjl'
argomento, ai metri, ai modi/ ed allotti)^
fondaoientjde, td efll fleffi prodotto aveaip
de* copiatori; Quanto al Bembo ciafcun.gin-
i%>a di fion'Teder* altro , che la fiacii^ezza
dell'imitazione, ónde diftinfuerio dal P«traif-
ca, befkh^ nan Ioide fi mericaflècoa tutu gli
altri per lo fiudio della fua lingua, tffi\$L
furile delloufttle, che ^ la bafe d'ogmvet^
D 5 do-
eto^ueaTa QnijEQ7Ì& aqn, men che po^rica .
Voi A«ca<U aiÌNbvtfelQta meote , e ftate f&
^.
LETTERA SETTIMA.
3^ f^gfshtorì 4kÌIa^ nuceva ^tcadfék
J?^ VìrgHi^.x Salvie ^,
NON ccffitjran slif ^nt'^chldi m^avigU^
te ki Arano, g^ima d' Italia, v^q V f«
mkmons. Avevana udita <Ui»^ -cfa^ fuefi^i
gcntctfer ing^^no, peuvivtda^iàataiìajepfr
natunilft motdmik mólta inclinava m ^
sucQ^^ e,di ciò if iemQaQerte;^ruDv^ Ta^uaiK
dtà de^ialtambatiphi ^ e <t««inadavi ^ rii tea^
m cotuicl d^ogm Città .>^ e ìfì&tWt,^PìadOf-
hmmak. della laai^iK ^ di^ al fialTà;, al
fimo^ at f^|iaft^ve >ocdiiiarìofffi&]:apil%iea«
tode^ «d aiMwtajdelt'' altre-. Ma qhe-q«»*
i'itutti jBÌra^lav c^eoiniwpflkl' ww 4i .tatti
gli wmim e dirtutte,^b:i0eBCÌi ayefferojgi
Itattani per cent^arnii-r eewta perfè^ferata
^eÀprè c^mtando fui tuósa. ikffÌK% ^ fui mo^
^ttQ.^^>iin foto fentsL Cbankiariu &8§kV)^tofi
-dBMtfe il cotifeflfo de"^ 6fee>,. «e ite' Latini <
«macnri, lèconda l^llfv » : o .^is«0aK>ii^onÌ9)iP
ili ndibvo «tttfanddft y^at]e^> ia;iNi^ iJùcifln
Jfid^, e dWè:' Maeteujù^fH foì^ fe«of«^
46 al Pettafca nd LUIca, ma in tutte ra^^ >
tì 31' e te fcifnze, € ia tutti i g«iaa *P<»- i
mf^m.
I4ETTERA SurrtUk^. 79
\ fia li vedefle ad alcuno, gini^re la Aeflk fè^
ì dej^ e fuperftiziodef la che. Audio gUuma-
lU coftumi curìflTamente, ha. v<^um «Itlciv
larmi di qtxeRo prodigio, e in tutta il re^
fto fl4i ho ritrovati , c|uali a vih fembraho
Ael Pl»trarchefcow L^cio a parte la <iior<><
6.a, e h piik alte fcienze^ poiché iti quefk
itoti fono ftati erti foli per molti fecali fa-
]»erftizio6, ed oftimtì f^uaci deir«atorità
d'un maeftro, mz rìftringonii al fola poeta-
te. Un Petrarca,, (iccome vedete,. u'ha ^fo-
dotti incititi : un Oante^poco nusnq di lui
tnultiplicb. fé ne(fi> ; un Poema roman^efco
(f naicere unà^ nuova Epica <ft Konianzoié
di Cavallerìa non folamente, maunOrìan^
do eziandio altri Orlandi prodi^ . c^ gene-*
rb . Chi puh diftt h iocondità delia Pafto* .
Tale, e deir^loga ini queftq clima d^ Ita-
fia f II Sannazaro ^é Egloghe y il Taflb
una PaftoraJ[é„ ed ogtmmi ftirrtù. i gata Pi-
ttori ^ e ancor pefqatotifu^ue^nlddelU. Ctft
Ijub numerare gli Aminta , <ì< i I^aftorfìdt
fotta nomi diverd venuti al monda ^ Cosi il
Triflino per la Tragedia^ aJttl pef laCoftsu
media, per li DìtiriunW* per H l>tàimi,-e
•per ogni altra maniera di pOefia a feria q
Kiceta, grande o piccola, o lama o bre^
ve, fon padri di prole fomigUantimma, ed
innumerabil«{ ^ Io parlo dèlta moltitudine dV
Poeti, che in Italia han nome d' illuftri .
•Poiché v*ha pur^ ^cunó. , il quale a p(tt
noia di fervrtu, o per talento, vivace, e plr
amore di gloria leva, il capo tta loro , e
fcuote U giogo. Ma nel tempo medefìma
VJR altra a' impone ad una nuova fetta^che
T> ^ da
8o Lettera Setti ma;
fU lui prende U nome^ lo ftiki e U penfa»
se, che r adora, e P antipcme ad ogni aU
uo> tanto ^ neceiTaffto ai Poen Italiani uà
qialche idolo: cosi ì\ Marini un fecolo in*
fero ha veduto nafcer da fe> così <)ueUi» che
il fimokicro atterrarono del M^nni, unalrro
a'alzaroiio- a'Ior Celiaci delfettecenlo^ cmU
rate qual httae ^ iraitaaioBe iti quel del
Petfafca ,. che rialzarono, e all' adorazione
propofero, ai votr, aU'oftmatezza del fecoC
loro . Onde ciò- ven^a principalmente no»
^ dÙBdIe a intiere cbi^ conofca P Italia .
Occupazione vi manca ^ e vi foprabbondan
talenti. Di moltHRmi* ozioft moki (i fan
Poeri, df qoedi Accademie^ ed Arcadie, e
Coionie ù formano • Cantar biA^na^ e di
veirfi la vita nùdrire « e hi Società Ibftenet-
je. Al comodo , al iacile iiam tutti iitclLi^
4iati, ricca natura l in pochtffimt, eccita*»
jpnenri, 9 pren^\ e Mecenati fi cercano. ìr<-
ihmoy che ait^o rimane fé non ch&prender
d* altrui, colare dai libri ,. impalare ^ cuci»
re, in fine Hiiitare,. edarfi-per F^oeta.? ^Quat
danno cib^ faccia alla poefia , oual impaccio
alla vita civile il /anno gì' Italiani , e if(a»
remmo- in. Gr^ia ezianaie aualcte volta ..
Un M rimedio farebbe 4 tal male, ma co»
me fperarloy e d»chif Un tribunale dovreb--
be imtuirfi , a cui dovéiTe ognun prefentaiv
fi , che viei^ foUacltato da grunto poeti-»
co. Innanzi a giudici (aggi gli ftiàwbbee.
fame dell'indole, e del uTeiito,ecectepruQ.
ve fé ne larebbono ed efperimenti • Coi npn
reggefTe a quedi , all' aratro , e ai fonda,
^o eome natura il voledé , o alla fpada e
Lettera Settima. 81"
alla toga n'andai; chi rìuTcUIé, un privi-'
legìo cHterrebbe autentico , e facro di far
Y^Q. , « pubblicarli ^ quai di chi batte mo-
neta del fao. Bando poi rigorofo a chi fal-
iHìcafle il diploma , o xx^trabbando facdTe
àk poefie noni altrimenti che co' Monetàri ^
s'adopera, e co' frodatori de' ^dazj. Prigio-
ne j o fuppiizio fecondo i falli, e queflo tK>ii
già poetico, e imaginario , ma inevitabile i^
e vero, [ , .. r
. Sorrifero i gravi antichi ai parlar di X.tì-1^
ciano, e voltì agi' Italiani, che llaVanoin^
terno alle sbarre afpettando fehtenzadeli^
opere loro, iodaronli d' el^aritL iTerfeggirt»
tori, e di culti fcrittori della lor lingua ^^"^
itu fentenziàrotio iafieme T opere loro com^
era giudo ^ Intitolate le volier tutte Nuoi/a*
f4izio9te di MefferWtancefe» Petrarca, Quin-^
di tratriné alcuni Sonetti o inl^, ^b ctioi
^ di fot dieci, o «pncari^* ^ poohe Aan«i^
di canzoni , del tefto ieo^i un ^sfelorlPqH^
fu ripofto tn partJe rimota feibàltóolo dee
un tempo, iu cui la lingua italiana guanaif
a corrotta da gortri ftraniete; btfogno àveffo
d' una piena inondante d* Jicque limpide e^.
miK, quantunque infipide, a riputerà. Fw
finalmente decifo baftar per tutti fl Petrar-
ca ancorché ridotto da noi a pili difcreta'
«ùfuraj per Tufo comune e il diletto àms
nazione queftadoverfi leggere, ed iftudiare
ftcondo u bHogno : e così non verrebbe o
ii^iuftamente ^pofto ad autori feguaci fuoi ,
o naufeato da molti i»er tanto moltiplicare
delle fue rime in tauri minori di lui .
^Convien. difs' io allora per isfo^O di Z6>'
D 5 to, /
ìto^ conYtea beiv convincerti, o m^ ItàT
ìtmt chft non è Poeta, chi &; ite^ vwfi &*^
fanro,^ e chq la fol;^ imitazipD^ mai «lon le-
ce ^ia Poet*. Intendete pw; «na vdsta (|Kiel
fi«gto detta ddV antica Oca^io. cl«[ ak ^i
mvmì, jaV gli Qd,. uè k fteflle céiùune »
tue %aìgg^a l*op^e, e i naati, de' nuovi
«tton^ fan peictenàre u Poeti la mediocri,
tà . F^uadteteiri^ che di&^n%a Igran^Hk
ma tra ur\ uonw formato dalla narora atl^
Mì^fiai, e^ HQ uom foirtn^civi datfuoftuHiO .
- Xl*?^^^^ fe originale ,. itaro: da. fe^ feow.
ittn)«M4^i ^ fenzA. guida. Coiae tutti j^retecK
\ «W^ a*wque imiiariQ s' egli ooo. fca imi-
^tetft.veijim^^ Retchii 6nieco«ientì«i prec^t-,
it, poettcftj. Peffarcècfche,. qiiafi. feflè una,
jnaccbiiia di cirf bafti, fcioàiei^ i pezzi ^ mi-.
^ marne le partii #&rne altre^aU pe^cooK
•^t^5 fari m Wfezza.? Sarebbe copie
•lei M^fi0| ir qual^^ida appese!^ 1'
«»^*fe»4?ÉBtQi ai wiiKÌfy di Matèmatiphe
r * CflOniflt»^^ vdejflfe iatìfem le dinjofca^
aMjmi di .^mcfer fcieitóe >ec(sdaeBt^ camore ^
JWentreegli ptaota m fiflewa ^. q il fonda,
fepra te baft detì'^armonia » fa i fuoi^rompu^
^ 11'^ divide >. e combina^ eccoti un vilfendk
\ lo, che fc;i?a pur fofpetrare di qvt^ mifterL
\ J»P»fce cantando una intera nazione , paffii
-^^ ?** ftmniere > trionfa di i«tti ì pìh profon*
^ *.*«»««« dell'arte fattft deliaia ai IVfonar:
cfci , Egli è nato con quella. voeej^conqu^fl'
orecchio , « fcy ratutto. con queli' entufwrmo.
c|eU' anima, che i ranima.deIlaMuf«:a*co^
me 1'^ pur della Poefia, ned' altro. nonab^. ^
Wogna. Tre o quattro regole generali per
evitar
t cvif^t certi difètti bftfiano a hì^é diyeng»^
i no ìxtf arrct {x^riS^tra quando hanno feco quei*
\ là féìine n^m^> Coi^fultiii adunque ciafc|iM
i no ptìma[ di ¥dgerfi alia poefia « mafltmaé
\ mente ih Italia, *)ve pia n*è bifognp pw
1^ tftntd àbufa fattov'l di^uefl'eccelfa dono^ii
i qpialénon giuftaniràte cof^ nome d^ atte ^
\ s^peUài . C^rto il Bembo ^ e t^vnt' altri era*^
no iT^egnl bfecUti) e di gtan cofe avreW
bone fatte te non fi[ ibflèrd dieei all^ imita^
^ùne. 4*alttu^ ed al nen promiq uffizio d^i
poetate * Non i noftra fevetltà pettanto ,
ifia tdit egU, i ver la patria , fé qoanft fo^^
no Cinqaecentiui, q d^^ltro fecolo Petrat^
ctièfciH giùfari abbiamo in contp d^ Inutili
Xi^ jaègrUodelP ottima poe^a Créaltrieei Dr-
pihtFÌce,i ^ d'EftmlVlaicife, e di fabìintì afc
fttti Sfign^ra, « Donn^.
' Ciò da me detta , indftravanfi tutti qatm
^^ Itatiarii; che alte sbaripe ftayatiò d^l ri-'^
cinto, itiofco in vifocmcciorijedallors^viep-
mù quando fatteci Venir in mano, < paflar
lotto all^ occhio -le poefie^ loro Utinq con le
ior profe» •« q»^i t^nev^nfi ^uafi arife^bo
p^r un piì^ certo tirionfo , uditon - d^ noi ,
|Àich>i alquanto r ebbin^o conQder^tè, do-
veifi anch' eflfefoppritt^ere, ficòom^ puriffi-i'
me copie dell* opere noftre , e d^ autori
del mìo tempo ; benché Ior perdonaflìmo
ceni falli nel lutimi metro tommefn,che al-
noftro^ orecchio d^orini, ed inTofifribilì riu-!
feivano« a, Ior pateano gentili» che in una
lingua icriveanQ incerta» e non pil^ viva ;
Ma non petdomofn ad ^cuna Elegia, non'
ad alcnnft Stona del Ben^bo, od Orazione/
4 dd
1^
wa» 9» V w*. e di cento. Io» i»i> » nA.
4tf-«9ui.fi»ddi cìl «atti noTMStii^
'*"«>. onde timoE et weiwe di vedw fcrfc
v^u.>. e a. me car». al, paKU ■« Mh^^wK
W> oott^w t«ìAate,I<,^dì<Kd3S5?
« gmd.ao.de'padn nirflri^ ni- q^aS^
tt: noi tt recate... Voi- heiTved^^^ffifrtu^
•eisfi datfe acche fiiperaizioni, (tLljS^^
«. Cne fiÉlMM)BlMto0.fi.mn«^nlN,. ft^J^a ed-OT^
' heingqgno»
«emer dell' ohbRh, i-lT.!!^^^??' *»«»& *
LeTTEHA OTTàVA. S$
fino aU'ultiim pofterità^ e trova^iemprein*
segni y e te»u>i ammiratorì di lei . Corn^
Ho Nipote» Ifocratei, Fedroved altri aiiti*
chi ne (oxk telUmonia. E per ultimo coniU
daie pur tèmpre nella fetoaezza degl' Italia*
ni» cbe oer qoalunqiae- feotetiza) nx)alafcta^
no mai ai tenerct^ oftinatainente il partita
una v<rita abbracciato, e per pochi (esuaci^
cbe feeder pofliat^le mi^aja vifaranfem*
pre leddi » e piti .de\K)ti che mai . Vedrete
béoE tofto quaiut critici forseranno a difen«
dei vi,t 6 %iym^i dotti criticherancio le ^riti«
che^^ 9 le latenze cfi Viigilia, d'OmeroVe
degli antichi. Qi& diflè il Fraca(loro> ed il
CQngreflq fa (ciolto « la finifca» voi ftatefani .
LETTERA OTTAVA.
\^ tègiisfatort (ktfa nuova ^Hnih
F^ VtrgjlÌQ Salute^
D* Un grave Icancyòcfebbo (cri vervi co»»
tro mia voglia, Arcadi iCaggi» per cui
}l amaUte Poefia data dal Cielo agu uom!-^
ni» pèrche ioflè nùuiftia di piacere , e^ dk
virtk, divenne tra noi cagione di fdegni, e
d'infamie at Pa«nafo non conofclute^a m
ERfio. A voi, eiie tra i vetfi., etraiPoe«
' ti vivete- ,. gioverà molto, il corwfceBe fin.
^ve giunga un fi»ose poetico .
Non celavano gP Italiani Poeti dal &re
mal vifo a quanti incontravano degli Anti*
chi otf regno dell'ombre, e mal nafcondè-^
vana
9& L4tTri£1iA. QtTAVA^
vano t ftntifncntl di fdegno^ e» di vendétta
comra di mii. Sapevamo jnerfàma^fiTer moU
(D. i Poeti d^Ua gente yoftra iracondi, e cck
me aveancfc fatte, oattaglte am)ci(nme in poe-.
fia ^f Q^ni tempo , cofa. igtipta^ a*" dì no^
ftri, e a tatta PanticRità^ EranÀ già veduti'
correr quagstì^ talvolta cartelti di sfìda,^ di-
duello con. vari nomi de' combattenti.. Ca-
(Idv^trQ e Caro % Taflbm ed AromatasuDok
ce e R^ufcelli, P^II^rìno éSalvia.ti^ Biilga^>
rini e Mà2zoni t^ Marini MurtoiH eStiìgfia-
ilt, Bèni/e Nifidi, e molti ^ molt* «fcri »
ave'ana dopo morte raccefe le antiche dlfcoiv-
die, e vantavan/i tra i pib celebri combat*^
ritori , e duellanti, de*^aR tìcorcfimi 5: ftn-
za^^ parlar^ dell' Accademie intieir^^i e radiK
nanze , e Città, entrate ih tenzóne , e delle
intiere Biblioteche di libri conrctizipfinrrm
a critica y ed a difefaror di Dante, or del
Taffo , . ora dell'- Ariofto , e ^uaji pec una.Qan^
ZPiì^, quali per un Sonetto, molti ancora
per un fot verfo, the accefero vafti incendi,
e (peflb cangiaronfi (chi'i creder^be?) in
^mi omicidi» e fpa^igimento. ftce? di hu^.
gue. Noi che la pacete la QcareiS7aahbiam
fcniìpre amata, femmoNofto avvertire i tref
Ghidicl;, e Magiftrati d^l baflo regno^ per-
chV al pericolo prQVvedeflfero • V' ir^eforabif
Miaoflk tofto v'^accorfe per udir le rjigioni'
de^nialcontQnti, e P^r metter freno a tant*
ira , quants^ gii ne moftravano <|ue!^'' Ita;
liani a' certi fegni di morder lediti, di «i«.
cacciare, di fremere, e (fi guardar biecoqoa
e là, ragunandofi in oltre , e parlando tr^^
loro aU' orecchio.
M^
LttttKK Ottava% 8f
M^ leggio fec^ ii Giudict chiedendo U
motivo det^I^rot /degni. Potckì. co>Ioro Taf.
ià^ero. con. tanti t^Ài ^ e precetti , ^ cometa
ti del grande Ariftotik ). eoa t^fite. Poeti*»
chfi , e. B^a«onfuneMti , ^ IjenùrA , e Prpginw
nafmi ,, é ÒflefTaaionl, e Atmou^tonl ^ e
Confijderazioiti m gran tom^adtisnate^e àm
ùnto, fUmulto^ e. con sì alte gtlda aflbida-
ronlQ ^. che ^ ijt prudente Mlnofl^ noo. mU
nacciairali dt fcatenare. il Oan Ceiòeio ^ e
mandar ^oprs^ loro. tutt«b le fuiie éC Averno^
t^l^genze con. moltt d^^coodennsin d^Infer^
Wy c^^0 meditava, d' andai» conigli altri d*^
accòrdo > e a mano armata i^Kberari;,,fcio-^
glienda i lacci a^ Tizio ^ e n^Ptometeo^^dan^
da bere a^ Tantalo^ sitando SUifo,. ed Ifio«
m daJU ruota-^ e dallo fcò^^ì^k -Mk il piì^
itete della, congiora;! e il più «Auto, confi^
giio eia una gran raccolta dij^oliiniìpóétik
et, e die verfi. det cinquQoento,/4~dttQfeane,»
e- fiorentine poefie d^^ni maniera, onA** er
meditava, dfeAin^erc le fiamme infernali, e
di' congelare il^fTum^Lete^ lo Stìge in tutt^
vnové fiioi giri.. Pretendtano* coAdro/ibr*.
narfildatrohbedren^del Re d^^abiflòvetor^
gli lo fcetrra, onde r(?gnare fu r'on3lHei,e
tendicaiil de'' noftrl, giudei . Ciò> fcopertd
da noi) e votenda evitare. cio^dM^tofcandalo^
ù, pneiè. configlio di rompetts. afl^tto le no^
Itre adiinanzev otide la pace a: poca a poco
tornoflli Bèi I0 fedi», dei moiti . "
ì^ come' altameiite ci-ftavafifliknelPani^
• • • nw>.
L
88 Lettera Ottava*
no U fiJute, e T onore della Itàlica poefia,
rUt la brama ceflàva in noi di conoTcere » e
di guftare 1^ produzioni d^Ii ottimi ingegni
Italiani ; fu prefo configUo di non lafciar
del tutto rimprefa, e. non potendoti negli
Eiifif venie appreftando unnmedio»e.apro*
cacciarne notizie dai viventi. Io fuitraiceU
to per quello uffizio , e mi portai di buon
grado a riveder quefta terra, di cui labre-».
ve mia vita troppo, poco conceflemi di go-
dere. Io venni dunque tra i vivi, e fottO:
altro noQie mi pofi a conofcere lo flato dell'
Italiana pe^a . Ni altrove che in Roma
penfù di poter eflèrne a pieno iflrutto, o*
ve ficcome in centro, tutto V ottimo della
terra non che dell' Italia fapea ritrovarli .
Ma qual Roma h quella, eh' io vidi! Ben«
chi il Tevere, e i lette colli, e il Tarpeot
e r Efquilie mie fteflé , ove sì dolcemente,
abitai, non mi lafciaflero temer d' errore «.
pur non eretti d'eflèi^ in Roma. Bendai
appettava di veder mutate le cofe dqpo di-
<;iotto fecoii. ma non certamente a si gran
^B^no. Un deferto mi parve quella Regina
del mondo, e tra iLfilenzio delle vie foli ta*
rie , tra l' infezione doIP aria « e l' impaluda^
te de' luoghi un tempo piti frequentati, m*
aneftal per Orrore, e mi rivolfi fuggendosi
eércafe gli abitatori , e la gente Romana •
M'avvenni appunto ad un luogo, ove flava
fedendo e dentfo e fwKi una moltitudine di
perfone dWerfè tra ior ragionando ; mentre
.qua e là verfava&loro dentro piccole taz-
ze liquori fumanti , che al color tetro , ed
at piwfomo QdoiofQAfiaticbe) e ftranie giu-
dicai.
LfttrxiiA Ottava. 8^
rftcaL Di poeiRa ragionavafi appunto, e leg-
gevanfi vtìrfi di frefco venuti del ptìi gran
Poeta, dicevano, che viveflè. Tcfi l'orec-
chio ad udirli, ma indarno ; che in còtat
lingua' erano, e pronunziati per guifa, che
tutto era nuovo per me . Quel linguaggio.
im parve batbaro àlTatto sì per le vociaa^
coro accento tutte finite, e la pib parte fi-
fchtanti, e moltiffime rotte tra denti , e sì
'per la novità* Comprefi infine dalra^ona-
re de* Circolanti efler wello Gallico idioma .
Penfaté qual rtn rima» afcoltando i Roma-
ni parlar ia lingua dei Celti , e legare i
Terii d*iin Poeta Aquitanieo, o Belgico cb^
egli Ibfle, ficceme del nuovo Omem, t àt
Orazio. Ma crebbe in me lo (lupore alter
che indagando come cib foflè, venni a Tape»
w, che r ùltime Gallie Tranfalpiiie,che^i
Ebtxrovici, i Velocafit, ì Carnuti erano i
Greci, t i Romani di quello tempo, Lme-
zìsL V Afiene dell' arti, e de^' ing^n! , U
Roma d*ufi nuovo Augt^o, e d^unfecolo
nuovo; colk i Plauti e i Tferenzj, gli Eu-
ripidi e i Sofocli, i Tulli, i TucLdidi,iTfc
ti Livi ipirare, e rivivere; in Italia trador-
ii P opere loro, quelle itiiitarfi , e lej^erfi
foprattutto, e quindi il linguaggio cotti varfi
de^Gdli piti che il Latino «e P Italico pet
ben patere, e pef vivere urbaQUattieiiteì^ non
fembrar barbato in Roma fteffii. Io cW ve-
nite avta co^i occhi miri prdprj lebarba-
nche spoglie, e git fchiavi feroci, che €e-
fare a Roma traflè dalle Gallie foggiogate»
ftava mut<^o , e ifhtpidito a così nuoK>
porremo • Quané' ecco paffiur quivi frcflb
ttiia
uoa fpIecKiente Mbtmna, a^ cui tato ièr fè^.
goa d' cMgféqiiio y ikcome a Vefta, | o alk.
gran Madre fan^bbe^,^^ T acc^rcbiaroiMi i^
gura, e in lingua. Cdtica. pur favellaiono •
£rsi Quella, come, didero, uns^G^^lica doo^
IM^ dajla rer^pruu Se^uana recent^nsiente ve«
Auta ]?ecando. Ceca per tuitta Ualia le ;gra2ie
non. folan^nte» e il fior delio tpirito! , ma
celebra fatu pe^ un Epico fua poema^cper
Tragedie «zlaqdìo: ni le memorie di Ro»
ma antica da. lei ramto rifcuotete di tnarar
viglia ^ quant' ella da Roma nn^rna neii*^
fcuotea. Parvemi allora, che dal trionfo <fi.
Stieda donna .vendica.ti affai foflf^fo i trioo-
iti Galli f, e cJhiQ 1« Ronaaae: vittorie p^ |
Cefare riportate ^ a per altri non 4oveflè«i.
più vautarfi da' fuoi nepoti . Già pili non
m fecero, maca^glia. dopo ciò. mokifliine
novità. I Britanni dal mondo, di vili, edulr
rimi della, terra, che in Kornsi, Oggi incoa*
irai Hpix fQl libai ^ 09, poteari , e per V a-.
moT^ dentarti , ^ p«^^ la. cultura ««cor delte,
lei^tere inaili 5 :anzi pur Mecetìati dell' ai-
tì. e; degP ingegni divenuri' : A Cimbri . ri
Toitoniv.ed i Sicambrì, già da noi nieglA--
«, e trafcurari:, che fu la ri va dteU'Mro fa^
«rafpartato 4* la^perio Romano y e del te
/angMe: diggona da grna tempo il fuccdfoic
4: Aogufta: gk«flr«mi Scìri» indomiti , te
Mmìhondk. m teoipo^ igatitar, leggi < ^ co-
wm r « liberali ftudj poif aiidoli ififmo a
Roma-wt fOMiwftwIìi^ eJeA<;(^a*tmleie
* Pan^ fiorenti tra tum ^u^ft^- nazicmi ,
j^ii^ dun4 gc-fari, (juefti prodiga mlperfua^
l^ì ck^ dfv^va. 4nealaqurmi d'ogni me^
wwia.
i|B^piÌ9KlQÌ:SÌonit;n^ÌK'n^ Paésù^n^
Ik o^a Roma. <in matite ai^rct mai pia .
Certo, difsM^, la poefia: dell' Itdia con
tutte r arti: ,, e,gli (hieli dopo sì ftraae vi-
cende cambiau. aver denno del tatto fortuna
e (lato. Qii4 efler fnò maLpoefiad'unpo-
PqIoa che ha tanto idVto.co^ /barbari^ e in
tanto priQgia ^lofij^ d' aVere^ le basbaièpoe*^
fte^f Ne varamente al ttt) che barbara mi par-.
ye quella,. cbe: udii leggece- poca di^n^i i. in
cui n\ dolce, armonia, facea. initiril sdcnna^
xyh, conflRrjto alena muApate ^ e. foav^ air
orecchio . ELfe U nativo lingnaggia con K
m^feoUnasa ^or rompefi fempre de^ lin^n^pl
iO^ani^ti^ che t^Hito in Italia fon familiari ,
come potino eleganti Poeti tra gì' Italiani
fQcmarfi / Qaefte^ cofe cKcea tra me fteBo ^
Si^nda veduta mi venne, poca lontano, un'
ti:a. adunanza di varie pocTone- taccoita in
jia lu0|[o^ fu la pubblica, via, che. jneno era
ili Ubn9.]^Tdl letiwrii. Erano iiibn pur GaU
liei la Piìijwuae.,ie ffui per gorddare fdh che
muli V ^"^ Keu»; foflé ila: fhttriin: ròtet de'
tjtftlU venuta,, nfe» Tempre $V vignanti_j te -
^fiBopiric aver rocàe fue conf^rvate U Tar-.
/peo . Ajanmiravà. frattanto il gmn hnmeso.
4e' volumi» la kir vaga forma, ed ornau,
-^ iparvemi fomn^ gloria delP unrana inge-
gno così rara tm^ena^one , onde mohifiltea'
Tanfi a sì poca coiìo , e con tanta ficuitàtF
Opece^ dotte, e ic^^nofi^ . Ma gmn danno,
pucb^lpettal potere vemr^ alle lettete daxriò^
0ef)o« e maftvnameiKe alta poefi^v cbe'di
tpocht eBèr dèe per poter eflfer fi^emmed^-^
lulhe* 11 iiiocQ poetico iempm il facro,e;^
pochifn
pi LiTTEHA Ottava;
foc^iffimi confidata come qaello di Veda «
Or queAa mnltlplicità per cui fino il volgo
può tutte l'opere avere in mano , e ognun
può ikrCì a talento Autore , e Poeta della
nazione, non deve ella rendere n(^>olare la
poefia, ch^^^à col diletto trae leco ognu^
no, «d invita a cantare? Fatta comune al-
la moltitudine avvien fenza dubbio , che il
numero degli fciocdii prevalga, e rimanga-
ne Qpprefla la fama ed il nome d^i otti»
mi tro{>po fcarfi; laddove a' pochi comuob-
cata, pici fortemente a que' pochi fi fa fen-
tire, che per lei nati fono . Nel qual pen-
' fiero mi cenfètinai vedendo Qua e là perle
ftrade nelle mani medefiiiie or plebei, e fu
le fcaffe de* venditori più ìali non altroché
libri di verfi., e leggendovi di pafJa^io t
nomi di Veneie e d^ Imeneo, di Temi e di
Pallade, e dove nna Laurea, dove leNoz^,
ze in gran lettere fò i frotitirpizi, ttellri* l
tolo di Raccolte portavano in fronte. Cosi I
pien di ch^iezze, e di maraviglia in* an^
d<^ va aggirando n% fapèa dove , e cercava
pur di trovare ove legger poteffi a miobdP
^io Poeti Italiani, lenza impacciarmi de'
Gallici , o de' Britanni , a* qua& non fapeva
accoofodarmi V idea . Udii finalmente par-
larfi di Biblioteca da cotsd due, che inuna -
gran porta entrando di magnifico albei^oa
laltr è. mettevano una marmorea fcak, ed i
ampIifRma. Dietro Icmt m'avviai fenza olir,
ni piti bello fpèttacolo mi venne vvato
mai; Il numero e l'ordine , e lo fplendor
de' volumi, e. gli ornamenti medetimi di |
quelle fak mi richiamarono a m«ite la Pa-
latina
Lettera NTo n a . 9^
latina Bibliotaca ApoHinea d'Augufto. Mi
votfi tofto alla claffe deV Poeti, ove trovai
di che contentare la mia curìofità largamen-
te . Ve n' erano le aiipliaia di foli It^diani^
ritnpetto a' quali Greci e Latini ail^ pDcht
fembravano . Ma ben provveduto aveaqo al-
la noflra fama gli Stampatori ^ e i Commen-
tatori , che CI aveano multiplicati in infini-
te edizioni, e a gran Tomi ridotti . Della
fola jfÀSL Eneida ben dento ediziom, le piò.
in gran volumi pefanti vi numerai , chi©,
dendo a me fimo come quel mio poema na^
to dall'ozio, «d al piacer desinato potelfe
eflére divenuto argomenta di^ noja » e in-
gMahfO ambiziofb di Biblioteche.
Ma a dirvi, o Arcadi, come in tal luo-
go veniffi di pw fovente ^ e quanti leggef-
nvi Italiani Poeti , e quai giudicj ne udifR
dà cht frequentava, che molti r' a vea queir
albergo,. e infine ^uai ne fàceffi io medefi-
mo aopo luri||a ricerca, e co^fiderazìone ,
trop;PO lungo farebbe, « dà fbrmarfenc nuo-
va Biblioteca. Altra volta ve ne ferì vero ;
e poiché la lunghezza % ferapre nojofa , e
maillmamente parlando^ dipoetia, di cià-
fcuno de'voftri Poeti darò fentenza ,' qnal
mi parrà piti gin^a feaza flèhdtrmi ih lun-
go «f^vne. Spero che a me ciò vorrete ac-
cordare abnen per P amore , che tutti ab-
biane» alla brevità : oltre alPufò, che par-
caaieìite far vogliono i morti dell* eloquea-
za. State fani.
LET.
54 lET^EkÀ >IoìiA:*
LETTERA KONÀ*
v^ ìéegistatari Mia "nìww JlHa^à
iP»lHfo V^irgHip' Marùne^ Salute %
^TON i»oitro efpitinereloftupOise,chefeifti'
1 il pre più mi prendeva al conofcen le
vicende sitvenutci tu qnéfta: Ireria, le in Jlo-
ìna ftedTa dal ìnij» tecdo in ^iia. Gli vm^
zi del ^Pànteon» de^ Teatri yCMgliÀcqaéd^*
ti mi tert%cavatia-con mio dolore j. ctf io ^
pur era iii Hohia > Ma il Popol wmmo^^ ^
fcemato di tanto» Véiftito tofne Igli fciiiavi
del mio tefnpo, niàh:ito ìieirozio-y i tefotl
^ Afia, e d' Europa Tidòtti à cedole . e à '
carta :. tutta lEloìna piena d^Adirpiéì, d' Au-
guri, di Fldnipini in abiti vari , e d' i«ifii]&«
te figure é loamt; ^i ^ in£iié<) i coftiM
mi , i veìliti , ^ le 'fogge del vive^rtni' 6^
cevano credere , elle fe qoe&a eraiRbinà «
folle oggi abitata da cento dlverfc nazioni ^ '
rìt piti ricordale d'eflèrne fiata domatrice^
€ Sijgnora. Gli fpetttcoli, % veitt>«piìl<mah-
fuetiv e pib piace v<Ài cie^ion gli ìtrìricVi
jm parvero, 1 tenupli, e i ìiri più fanti , e»
più aupifii.,'1 scomodi delta vita^ il eom^
metcìo focievole, la Iflendida tnèanità d^
privati ini ìicréilVàiio^'e il Veder di conti*.'
nuo le Matrone Kt^mafiem cento éoccMlua
«enti biu che quel di Giunóne, e tnézzoà*
Icofe dentro una nuvola ondeggiante* e ric-
^a, che fi move con loro, *tai m'offriva i-
Biagiae di grandezza, che Àugudoegliftef*»
L E T T TE A A K[ O W'À . i?$
te «topo rAzziacà vittoria nonneaveatftià»
ta fai carro dA liio Irrionfo; -Ma ^uat novi*»
^àxPaltra parto imi vettilràttoinìnanzi? Quran*'
ri mcofitrava con Vefli n«ìre, e con Ca^st
bianco, ch'io il prendca pertanuti, -bcichfe
d' afpcttp più che ^iovanfle , fé nòli aWfli
fcopetta la polve ì}ianch^ffìfiia che lor -d»
capo cadeà fu le vefti . E qttaxki àttri di fpà^
da amiàti, e con eda al ^anco'avifitaregll
amici, ad orare _ne^ templi, come fé da 'per
tutto tetiieflèro aìlalìO) eppfir tutt^aìtro mo^
Aravano cl:^ d'efter guerrieri. li neri chia-
marii alcun mai che col titolo di Sigiiòref
benché nato plebeo, mentte Augufto hòl'vok
le parendogli troppo eccelfo ,* il diriì Tervo
anzi fchi&vo a cento padlroni , che^s^ incon-
tran per via, dopo d' effere flato il Popol
Romano Sovrano del mondo, e doi>p avet
.per ifch^iaVi tenuti i Re; e gli onori^ le in-
clinazioni ,i «{ràn titoli 'ad "Ognì gente pre-
fofi , tutto ab ben patea ftrano ''a Yne^, che
con Otazioi, • '^ceh gii altri "diceva A?/o^cv7^
' ro amico a Mecenate, ch'era Gàmico , e U
Miniftro delP Imperadore . AflW tento , che
codefti ufi voftri fiano indizi* ■ di vamtà^ e di
debolezza , onde volete nodriìn^l d- un^ àpp^
rente gFatidezza'^tdàta avendo laverei. Gli *
antichi Romani ignòFàtonp tutto» 'qi:^flo, ^
iìgfioreftgiayano tutta la teì-i^à .
-Ma Vtìi^hiamo àllia Potfi*. Mbn ho pò*
tuto t^«i8rvi , amici Itkli^i^ le nuòve còfe
da me vedute,' perchè d'alcune purghiate la
paftia, fé &r fi piiò> e d'altreintendiatelà
vanità e la* folfia \ Così- avveniflfe pure de* a
gli abufi poetici, e letterari, che altignaft ^
■ tra i
96 Lettera NonA^
tra voif Per non annoiare me e voilung^
mente parlandone , eccovi in poco i giudi-
ci., che Greci e Latini portarono intorno a'
voRrì Scrittori , poiché c^la terra tonutto
agli £Iisj recai loro certe novelle de^voftri
Poeti efaminati da me fenza paiTIone^econ
diligenza. Q»ieAi eoregi maeftri penfarono,
che a fai* riìorg^re ? ottima Poeua neir I.
ta}ia dovefTè in prima fccmarii la vafta, ed
inutile multiplicità de' Poeti, e deli^ opere
laro; r ottimo eleggerli, e di ^ael faricne
qnafi un facro depouto ad efempio della^io-
ventU, che nacque alla Poefia . Eccovi »-
dutique la lor icntenza.
Scelta^ e Riforma de* Poeti Itatianì per cwn^
iU della vita e delia Poefia^
Tutti gli anticIu«o contemporanei di Dan-
te fi contornino alla Crufca« o al fuoco.
Pongafi munMufeo la traduzione di Da n«
te in verfi efametri latini fatta già daFra^
te Matteo Ronto*
Dante fia pofto tra' libri <l' Erudizione ,
ftccome un codice, e monumento d' anti-
ctutà ; lafctando alla Poefiaque' cinque can-
ti in circa di pczei infieme raccolti, che gli
antichi Stimarono degni nella lettera terza.
Petrarca regni fopra gli altri, ma non fia
tiranno , ed unico • Si fipurghi di una ter-
za parte inutile , é le due ^arti (bile mi-
gliocl abbian notate in mangine > per evitarfi
da i giovani , alcune rime ibrzate , alcune
ftrane parole , alcuni modi viziofi ^ e nute
le iiedde allouoni*
Le
LtTTSRA UQUk/ P7
Le ottave rime del Poliziano fi ferbina
ton alciin picciolo pezzo di GiuAo de' Coa-
ti , che non iia tutto Petrarchico ; alcune
amagini ed eforeffìoni del Tibaldeo.
Bembo> Cafa, Coftanzo* Guidiccioni éi
CinauecintifU tutti rìducanu ad un libretti-
no di venti Sonetti , e di tre Canzoni , to-
gliendo a tm bìfogno qua un quadernetto ,
là un terzetto « e una flanza, iri cui H^
qualche nuova bellezza , « mettendo alcuna
•cofa nelle chiufe, iychè moftrìno d^eflcre
«n finimento.
L'Ariofto pub far de* Poeti, ed eziandio
pili regolati di lui. Egli ^ gran Poeta , fé
alcuni canti fi tronchino detr Orlando Ifbriofo
eh* egli -fteffo condanna^ e tutte le danze
che non contendono fuor die turpi bufi^bné-
rie, miracoli di Paiadini, incanti di Mar
shi , o fozze imagini indegne d' uomo ben-
nato . La macchina del Poeitia tìon ne fof^
frìrì danno alcuno . I fuoi Capitoli , che
hannome di Satire, fi rifpetnno, quand*
«(Te al buon coflume, e alla Religione han.
rirpetto. Dalle Commedie qualche Scena fi
prenda, che rider faccia davvero, e nonar-
i-orfire .
Gli Orlandi poi toUi, i Rtigaerf, t Ri-
naldi , gli Amadigi , i Giron Cottefi , e
cento fiòàtti fian totti fopprcili fenza pietà ,
(e vogliòn efiere ofti natamente Epici Italia-
ni . Uell* Orlando del Berhi confervifi quaU
che cofa, e tutto ancora, fé fi trovi il fe-
greto d* animarlo . La grazia naturale di
quello ftile aureo merita , che fi avvivi .
Il Tafib pili non fi (lampi fenza provvedi.
E meli-
ipà Lettera MONA*
mento alPonor fuo. UEpifodiod' Olindo *
e di Sofronia ^ inutile. I lamenti d^Arnif-^
da fono indegni del fuo xlolore . EttniBia fi
laici in grazia delia Poefia . Le piante ani-
mate, la mefcolàn^à del facro» e del p^ro-
fano nan bifogito d' emenda . Ridttcafi dun-
que à metà tutto il. Poema, e corrcggafi
mólto lo ftile. Ma non fi tocchi TAniin-
ta . Gli fi perdonino i fuoi tlifetti pet^non
guafhr SI beli' ot>età ponendovi mano. Roma
ed Ateàe votre^no averne una pari . Il
Paftorfido Tridottò- ad óneftà e mifura ferva
ficcoms Una bella copia ad onor dell'origi-
nale. Ma fia c[udla copia la fola>
Tutta r Eneida d' Annibal Caro viva an-
cor efla per lo ftile poetico veramente , e
franco . Sia lettura de' giovani principalmen^
te. Si notino Infieme le ìnfedàtà della rra»
duzione ton fittila critica. Qualche Sonet^
to dì lui fi legga j e la Cantone de'Gifilì
tf oro confervifi per rìionumento del furot
it* commenti , e delle difcordie letterarie d'
It^ia. La traduzione di Lucrezio, quella di
Stazio , e queiU delie Metamorfofi non fi con-*
cedano fuor che a'maturì Poeti , e queft' ul-
tima fiaì-idotta per ordin tl'Ovidn) a un
terzo, com'egli ha fatto dell'originale .
Il Chiabrera liftringafi in un folo volu*
jne^ e fia piccete. Nefllin Sonetto di luiv*
fòbta lu<^^ nelfun Poema, e imodiCrcci
delle CaMzoni , che fono a fòrza Italiani ^
;«iettanfi ih libmà.
Alamanni e Rucellai formino la Georgi-
ca desi' Italiani «
Peli' Ajione fi fptemaikp quattro d fei
Canti,
L E T T E R A N N A . p>
tanti, che ragionevoli fiario, e caftigati ♦ ,
Se tuttavia pecchino di fu rtiofità , s'adacqui-
\ia con un pocoii' ItàliaJiberata del triffino .
Il Màlttiantile^ e tutte le Poefie compo^
fte ài riboboli, e d' idiotifmi Fiorentini , di
pure fràfi toccane fiano date a' fanciulli , e
a gente 02ió(a da divertirla come fi fa xon
le bolle alzate Toffiando nell'acqua intinta
di fapdne . Che fé vogliono un luogo tra'
Poeti abbiah T ultimo nella clalfe de' Tafll
tradotti in Bergamafco, Bolósnefe, Vene- j
~2iano ec. che dove intendofi danpiìi guilo, |
che molti Lirici contegnofi non fanno. ^ I
La Secchia Rapita confervifi eternamente
^àopo fatteci alcune correzioni . j
Il Ditirambo del Redi fia l'unico Diti- j
rambo Italiano. Noi latini he fummo fen- |
'^j né ce ne duole* '
^^ Di Poefie, che voi chiamate Bernefche ,
il men che fi pub, e tutto ottimo. Facile •
^ nanfeare volendo far ridere. Vivano dua- «
*[ue alcuni fiòchi Sonetti j e Capitoli del Ber- ^
T\i , fé he formino alcuni pochifTìmi di rita- ^
gli prefi dal Lafca^ dal Firenzuola 3 dal Map. f^
ro , e da tutti i loro compacni . L^ vita di w
Mecenate del Caporali ^ e r dequie , ma mol- *
to accoì*ciate; fe non più di Bernefchi.
Di Satiriche ancor meno che d' ogni altra d
cofa facciali conto. Un Orazio, o un Giove- ^
naie già non avete, n^ alcuno, chelor fo- '}
migli. Là lingua Italiana non fembra atta
a quefta tX)efia ^ e gì' Italiani dan troppo
predo ali armi. Il meglio i dunque che &-'
tire non abbiate, e (late (ani. '
E a LET-
IO»
LETTERA DECIMA-
VA* Legislatori della nuova .Arcadia
Publio Virgilio Marone^ Salute.
FUrono afiìfle più copie della Riforma
qua e là negli Èlisj pe' varj bofchetti
a* Poeti Italiani aiTegnati . I piti antichi e
pih illuftri di loro (offrirono m pace i! giù-
dicio fevero intorno a loro fatto da noi ;
ma ali altri ne fiirono molto fcontenti. Co-
lor loprattutto, che fe ne videro efclufi, e
neppur vi trovarono il nome loro , gran
lamenti ne fecero, edavrebbon pili torto vo-
luto foflenere le.ctitiche ^ purché vi foflero no-
minati . Non ^ cofa piti grave a un Poeta
quanto il vederfi dimenticato. Vi furorttra
gli altri i Settecentifti , che fèl recarono ^
ojfièfa. Ma noi li femmo avvertire, che II
tempo effer deve il giudice primo dell'ope-
re, e delle poeticfhe cofeprincipalmente; ef-
fer ^lino ancor troppo giovani ; vivere i
loro amici , i loro Concittadini , i O^^cc^
demici loro , e quindi al fecolo fuflbgùente
doverfene riferbar il giudicio, perche potef-
fe riufcire lincerò, e libero veramente. Ór
vedendola turbazione, che moflravano tutte
qucH' ombre del torto lor fatto , epareudo male
ad alcuno, che tante rime, e fatiche dovef-
fero andare in perdizione, il Fracaftoro ,
che fa talora opportunamente fcherzare,io,
diffe, 'ficcome Medico, il carico prendo di
non lafciar perire tanta ricchezza. 1 Medi-
ci e gli Speziali d' Italia fi lagnano di ve-
dece
m
Lettera decima; iòi
' (fere rartl ior decadute v ed han r^ore d'
ì Cifer ridotti a non nCar altro oggitnad , fuor-
cli^ la China-China, le cavate di fangue
benché fenza numero fifTo, e ic Tifanne .
Io trovo di potere foccorrere gli uni e gli
altri ampiamente con la gran fuppellettile
di PoefiCy che rimangono inutili, e con-
dannate all'obblio dot>o il bando ter dato
dagli antichi. Uditemi, e decidete. Iodico
per efempio .
Sonnifero efficMciffimo . Recip.
Una Scena o due prefe a cafo dalla Rof-*
monda, dalla Sofòntsba , dal Teatro del Gra-
vina, e (temperate con mezza Scena delle
Commedie moderne .
Purgante prontiffìmo . Recip.
Alcune carte delr Iliade tradotta dal Salvia
m mefcofate con qualdiePrefazione,o Pro-
fa Fiorantina.
Sirignente e indurante. Recip. ?.
Tre o quattro verfi lirici dell' Abate Con»
ti , una ilrofe de' Cori delle fue tragedie ; fi
libino con un terzetto Dantefco.
yomitorio infallibile. Recip.
Venti verfi, detti Aleffandrini , con in-
itifione d'ingiurie, e di pedanteria, comes'
ufa.
^moUtente. Recip.
Un Recitativo, e un'arietta di dramma,
inveriti in una carta di Mufìca, e così ap-
plicati alla parte.
Vefcicami\ Recip»
Un Capitolo dell* Aretino, impaftato d*
inutili capricciofequiftioni fecondo il metodo
de*Novellifti letterari. Fanne il Cerotto
E i cau-
I02 Letteha, decima...
càufKcò , m^ levalo dopo ui\' ora,, e avr^
operato. /
E cosi dite del reflo^ che troppo hins^
farebbe dir tutto. Voi vedrete una Farma>
ceutica nuova , e ibrfà pih utile dell' antica •
Così tanti veril potran fervire ad un' arte,
necefTarìa al pari dell'altra. Già per la Poe-,
fia non erano certamente.
Dopo che gli 'udit9ri ebbero, ^ilquanto at;*
penficro forrifo, e fatto plaufo del Fraca-.
ftoro, foggiunf^ro infine dovetfi eoa. cette.
leggi' dar forza alia nuova prong^ulgazione
delia Riforma 9 p^rch^ quella non giovereb-
be» fé rinnandibro ancora gli abufi intro-».
dotti in ogi^i parte cP Italia.
A toclicr quelli pertan^to (labilirono alcu«.
pé regole per gli ftudj , e pcc- la letteratura:
Italiana univerfale, & dii^ero a quefle eifprei^
(b confenfo Dante, Petrarca, ArioOo, epli
altri primari infien^ co! Greci, e Latini ,
Voi Iq troverete al f\n^ di quella mia .letj?^
tera»
Frattanto, Arcadi illuftrl, ip vi pr^o e* 1
fcoiìgiuro per la comune cariata della Patria^ I
e della Poetica, che vogliate con l'autori-
tà del voftro gravifHmo, trìbun^de. dar for-
za a quefte leggi, e prompvere fermamen-
te la integrità, e la gloria dell^ Italica Poe-
fia, che in voi tutta s'appoggia, e fpcra •
Incitate e ravvivate tante anime copiam*
ci, e fervili; imponete filenzio a tante al-
tre gelata, it^enfibili, e n\ort& ad ogni pit-
torica Scena, ad ogn'imagine fpi^ndida ^
ad ogni nobile, e arde^ite affetto, ad ogni
nuova ffliae ardita, $wÌQnei dannate ing^
Lettera beci ma .' loj
ne, e flagellate tanti abufi fonedi, chetut^
u guadano la bellezza della voftra lingua ',
e degl^ing^ni nati tr^ voi a gran cefe •
SietQ pur Voi Mallevadori ed Arbitri del
Baongoilo in Roma , Voi dittatori del Par-
nafo- Italiano , Voi che per inftituto piov-
vedcr dovete , che la Repubblica delle let-
tere detrimento alcuno non prenda, e baa-
dir , come veri. Romani, ed arruciare, ccK
in camipo moftrarvi, qua! fàcevafi antica-
mente al foriere guerra più minacciofajche
col nome chiamavaii di Gallico Tumulto .
Voi dunque rendete utile il mio zelo , e
quella de^ Padri voftri Greci, q Latini , e
non foffirite, che tante ombre graviflìme ab*
biano fentenziato, e che fia cToltre Lete ,
^ Acheronte abbian mandato indamo foc-
Qojfy alla yoftr^ ftie(5a. S^^te (^tv-
^smm^
p+ ^^
CODICE Nuova
DI LEGGI DEL PAR,NASa
ITALIANa
PnMno^te, efottofcrittedifiOTnero, Pmtf^
ro, Anacfeontc, Vii^ìUo, Orazio, Pro-
perzio, Dant(>, Petrarca, Aribftb ne' Co».
Bjiz> Poetici tenuti in Elifio^
NON Ji fftBttano ì- gióvani aih P'udiè^ dr
Ponila come le gregge. Un di cento col'^
ti-uifi^aleimip^bifent infoino legger^
mente ^ ii refio mm fi firazf cm nwlt^ove d^
ecuieo y e di toftura ogni giorno , e col fo/w
mento inventato da Mezenzio..
l I.
Diafi loro piccol compendio dt^ht preect;»
siye finito i tuoni ejemplari dà leggere ^
Cento verfi di iuon Poeta infegnana pih che-
tutti i tomi de^ Precettori , Quefti fi diano a
coloro che firn fatti per ruminare ,, fiècome i
iovij Per non fiipere che far fi.
III. ^
Non ufurpino pih le fcuole i talenti dat
del desinati alla MHizìa y alP Aritmetica ^
ed alF Aratro .
IV.
La Poefia Latina fi legga^ ed intenda af:^
fin di perfezionare P Italiana. Chi pretende dit
riufcire ecccllenteJPoeta Latino y ejfendo nato Ita*>^
ti ano y
J05
Hana% condannijt a compme dmtrQ ^ m
rna^JoUo , poìebi fcrhe a i moni .
V.
f^pn fi leggano Calli ^ o Britanni Poeti fi
non Je air età di 40. anni ^ qnando nQnèpifj^
tempo di poetare .
V I.
Non fi permettano posfi^ amor&fe fuor che
a 'vecchi Poeti di ép. anni perchè fi rifcal-p
dino y al giovani no , perchè non raffreddino
Je ^ gli altri . Ciò per un fecolo 9 finché fi
pur^oi de^ ridicoli ^mori il P^rnafo Ipalij^
i%o •
VII..
JJ Arcadia fila cbiufa ad ognum p9f cln^
qtiOTtt^ anni ^ e non mandi Colonie^ diplo^
p^i per altri cinquanta. Collegbifi infanto coU
ia Cnifca in un ripofii ad ambedue neceffa-
rio per ripigliar famay e vigore , Porranno
chiuderfi per altri cinqMnt"* anm dopo i pri^
tni^ fecondg il bi fogno .
La Accademie piU non ammettano fuor eòe
coloro > eie giurino legalmente di voler ejfer
fftediocri tutta la vita. Color cbeayejferomi^
re pit^ ^Ite ne fiano efclufi .
X A.»
Pongafi Dazio fi* le Raccolte pe/^ Nozze
. per Lattree ec^ Un tanto paghi lo Stampato^
re^ un tanto il Raccoglitore ^ un tanto il Poe-^
ta prò rata , e ildoppio di tutti il Mecenate ,
Paghino pure $ Ciomalifii , Erigiti ec. che
ardi/cono fintenzi^re^ e parlare di Poefia,
A.»
Scrivafi fii la porta di tutte le pubbliche
io6
Librerie^ 4 grandi caratt^t -«-n. Ignorerai quali;
tutto, che qui fi co;itiene, q viverai. tre fes.
coli per l^gern^ la metà .
XI.
Tacciafi una nuova Città , le cui Jhrade e
piazzi? e cafe fai ponfeng^no. lihri . Chi vuol,
Jìudi^re t^ada a vivere in quella per guanto
fempQ ba Btfogno , altrimpr^i le Stampe non-
taf ceran preflo alcun, luogo allei merci j ài v/-^
veri , agli abitanti nelle Qittà .
XI I.
Um Spedale* v^ftijjimo fia eretto^ la cui
metà fia desinata per gV^ Italiani Poeti non
dalla natura y ma dalla pazzia condofti a far
ver fi: ì^ altra a cbiunque pretenda, di guatir^^
//, e di far riforgere il. Buon guflo ^ e di to*
glier gli abufi della . Italica, Poefia con folst^
parole y ed efortazioni .^
VERSI
mmmm
VERSI SCIOLTI
Dell' Abate
CARLa INNQCENl^IO
FRUGONI.
Ah fi 6 N6 R
CO. artaserse; bajaroi
S^^ U di lui lonfona&zfi dalla. Patria.»
DA I» Tempre frondofa aibor vtvace
tSià dolce pena^ ed or fott'altie
forme «
Cara al divino Apollo ombm, e sbirla«da
Non mai plh volentier quella rìtol&
Soave, ceira, cfae m mia man talora
Con felice ardimento ì modi, e il fuona
Del EBio buon Savonefe -emola tenta.
Ben fordo a le Tue note il Vulga ignaro
Rado intefe , e apri mai qual fieoa, a d^tca
I {acil ornati carmi alto s' avvolga
Saper , che ad arte agli òochi fttoi fi vela ;
£ ben Ibveo^ con pco&na lingua
FtìUeaccufàr s^iidia l'aurea, eh' ioptfrk>^
Favella , che in Ciel parlano gli Dei :
Ma perche ba(fo ff^uardo indarno cerchi ^
N'è veg^, come in prezioTa pietca
Luckio parto d' Erìtc^ Conchiglia
Purghi j ed affini, e in dure tempre ftringai
Saggia Natura le cadenti fHlle,,
Qbe rina(cendo la rofata Aurora
Scote dal len^ de le azzurre vedi*,
Non però mal gemma fcemò di pr^o ^ .
N% dotto> Fabbro menoma lei d'^intorna
Staipcb rinduftre many nb cara meno
Femmineo qoUo, o r^ial ftonte Pebbe
Raro ornamento, n^ oa flranio Kdo
Su Tonde prime del n^tia fuo Mare
Men
Men delira jr e cb^ a deprodarU co^f^
D* accorta Pefcator avida prora .
Per teco ragioriar c^^fta^) ^be grata
Suoiift agli orecchi tupi, fé dritto eflimo,
Oti;a or riprefi, o buon Sajardi^ a coi
N^ per lentezza di non ben temprate •
Imbelli fibre, né per a)>il .cura.
Negata ai baoapnncipj in capadc^me
Lamigliorpatte^cbeal^Uom'ddTe il prima
Facìtor dei te Qofe'; e mentre teco
Muovo pa^le,^ che lung'^urte • e Ixmgo
Studiami detts^» le yuTgari ftrìda
^ Ranche ^portnne da iiort;ai: np racqtie
De rintpondo mar confegna s^ i Venti.
Qj^antò , alii quanto petdeaqueft' alma Terra\^
Tua gentil Patria^ da poiché tuj^ forte
Ti traiTe al fianco de l'eccelfa Ekuina,
Che il R^cio iiiciiina, e Trd^bia » eTaro adora 3
£ a, Te qonamefla fk la Ciobil cura
Di quglla Vita» ctijt a T eterno, fiifo
Tra i nqftd Voti, ejti;a il hvot de Nomi
Tutta d'eletta fila d' or s'inteflTe!
Cmo. ijioii dee tanto Città dolerti
Se memorabil arco, o fé d'antiche
Note regnata trionfai colonna,,
O vailo immenfo. poppiti Teatro ,
Al fiero, e fpeflb «ttai; d^^ ri^id* anni
CaggU, e Is^ciaojlo lei 4' un, fregio ignuda,
Nori poco lpa?do di deferto piana
D'inonorata ampi^ rovina* ingombri ,
Quanto , fé il pi> da lei lontano volga
Uonii0fCKÌeiOfaggio,chealfuo bene intende ,
E nobikate efUma inntil dono,
Che felo V2^ da' non fiioi pregi, come
De te setoli penne infano augel, fupetba ^
^ ^^ ' Non,
m'i'''^mm^tmmmmmm
llfptk Itomar flefe di fe fsito grido
Sa quaota Terra il Sol girando fcàlda
Pet a erme , e Teaipli ^ o ijer marnioreo Circa.
Opr^ ainpùrande, in cui cpntènder' vide.
Furo trjtlqr M^nific^nia, ed Arte;^
Quefte fon? ora o poca polv^, o pochi.
Per Iiing,^ età n^o fepolti avanzi .
Ma i buoavFabrizi , ijbuon Càmmilli , e i Curi,;
V un Scipio , e l' altro ^ e l' invincibil Caro ,
E. ccqt' altri ♦ch'i' taccio, a ifecol tardi,
£ a. quante rpi^eran lontane etadi«
GritncU ammìr^bìt iel Tarpeo mandara,
^^ i fatti de Ia;Pac^, e a<?la Guerra
Il nome , e il vant%, e togli qyueftL a, Roma ,
Su'i JOtti fa0ì, «^ fijrle fparfe^ igei^bra
Pe le oMlute moli a i npArì ignota»
F; agli' a(tri.tetnpi or f^erl^ negletta*
Buon Artaf^rfe, d'onor Viva, fpecchio,
Teco lafciar d^ la beata Parma
I^.beli^ Rive, quax^^, fon le fante
Virtudi a. rUQip'j^coìne (iioi prpgrj beni
Dal Ci^l qonpeflè , in cui non hantio glt Alci ^
In. cuunpahaw parte. Colei, che Dea
Fan fcipcch^ jgentt ,. ^ fu vQJiubil rota
Sognan, che i li^ti>.^,i fmiftri.Aventi,
A fuo piacere alterni, e tuuo i:egg%.
I| vailo moto de le uipané cofe,
Le quai van come alta cagioDfupremàf
De t lati Mari , e de' ftelfetl Cidi,
DeJe T«rr« Signo?;a, e degli Abifli
Giufta, e^ppffeate, e del futuro certa»
Npi gran Deoc^tifuoi prefcrive,efegna..
X^Oc porti: l^iatfttt^ Ve veUtti
Pi fch^etto ammanto » Q^piii che neve puro , .
Cfee macchiarfi psM^enj:a>^aure» Vinude,
Cui:
Ili
Cui vanno avanti gli onorati Genj j
JE candide promefle, e i fermi patti ,
£ i giuramenti ^ che mentir non fanno.
Teco Prudenza, che d'un occhio guarda
Le andate cofe, e T avvenir d'un altro,
E frenando i defir, che ne lor ciechi
Impeti primi mai non diflèr vero ,
Fatti , e configli a le ftajgioni adatta
Ad arte pigra, e da le incaute menti
fpeflb dériia, finché il buon fucteflb
olgoregglando d'impcovvifa luce
Jjt venga a fianco, e a lei recando lodo
L£ mal intefe fue dimore aifolva.
TccoquelP altre, che con lof congiunte
Van dMnfoluhil nodo, e che mi giova
Tacendo tFapa0kr, perché intra loro
Di pib vivo roflbr quella non arda
Che auAera , e fchiva 1 tuoi p^nfìer governa
Ma perch'i' taccia, mieno a dito moftre
Non andranelfe, né men chiare, e conte.
Rpre,^he al bel ringiovenir de Panno
Aprirò il) colta, e ben guaidatapiaggia^
Mal puon celare, che p^r l'aure fparfo
Il va||abondo odor tragge al fecreto
Felice cefpo P innocente mano
Di Verginella , che le ammire , e pofòia
Per vaga pompa del bel crìn le cecile.
Dov^ or n^ando Colei, che già s' udia
Su quef^e fponde dal tuo dotto labbro
Salubri , e rette di non falfo onore
Dettar dottrine , e a ciafcun dar fuo dritto \
Avanti a cijii le immt^inate ofièfe
Sparian , qual nebbia al Sole , e a la vendetta
Cadeau Pire dal cor , cadeau dal torvo
Cijii? I-afprè minacce, « in un «adea
Df maa repoìte il nial nudafo fèrro;
E I9 civili j e le divine leggi , .
Che mal difgiunre T ingannata Torba
D'error maeilra, e di ragion nemica,
Ne givaa liete, e piti c& mai concordi
Ad onta del furor sodean vaiando
Sul comua bene ribaciarfi in fronte »
Pur Ella Teco d^ noi torfe il piede,
£ noi lafcib, come repente in mezzo
A fcura notte d' intricata fdva
Fra gli ambigui fi^tier , pavido incerto
Pellegrìn lafcia^ e fìra maligne nubi
L.una nafcondc il bell'argenteo raggia
Scorta de l pafli, é de Iti via confòrto.
E lo fapran V altre Citt^ , che uh tempo
Pendeannei dubbj lor da' tuoi configli ,
£ quefla tua per Te nomata tanto ^
Patria Contrada guarderan, qual pianta
Deforme^ e fcema del pih nobil ramo,.
E che non vede aJtro puntarne uguale
Kipàrator del danno. Io non Ti roujik^
Lungamente n^oflrar, come coperte
Di tacito fquaìlor 1' alme Pareti ,
Che in tua Mapione a i miglior ufi elette
D' aurei Vplumi , e di erudite earte
Tutte fcn van per la tua cara adorne ^
Te fembrin richiamar, Te che folevi
Il lor faero filenzio, a i dolci intento
Utili ftudj vifitar si fpeffo,
E da gG antichi, e da i moderni fcrittt
Raccprre ir meglio^ ed in tua mente fame
Conierva, come per le pialle Iblee
Sagace Pecchia gli odorofiTimt
Su^ge, e deliba, e il d^redaio fttcco
Fot & tefoto dfi'fiioi biondi &vi »
Bea
U4
Ben avrian dk nel tuo buon Germano^
Pi che rìconfolarfi , e« men gir n^efle
Xi^ TabbandonQ tuo^ fé ia Lui fioriffe
Amabil fanità, ma cruda mprbo
Co i duri artigli l'af&nnato petto
Implacabil gli preme, e da le gravi
Prime fci^ze Io fcompagna, e rompe
IIbuonlavor^chefe»,qual merta, avdfe
Fati migliori, non fprs* anche incolto,^
£ mal contenta degli ingrati indugi
Si giacerìa fu Pozipfa incude.
^ajardi, quanto in fu l'amica Liia
Finor Tornai di non ufeti detti
lE di vivi colori, il tuo potrebbe
Dolce ritorno accelerar^ a quefto,
Che tu lafciafli fconfolata hiqJo >
E pur Ti tacqui il Giovinetta Figlio
Tua crefcente fperanza, a cui^ nel corfb.
Che con ardite, e ben fpiegate velp
Accompagnato da' fecondi augurj
Pel faticofci. Pelago^ tentava.
Pe le brillarti, al maggior uopo tntt^t
Uaura mancb del piU vicino efempio**^
Ma Te ne* fuoi dorati lacci avvoliQ
S{>lendida ferviti, come fegnat^
Pi tue vicende" fla ne l'alto giro;
Vi difciorten vorrà , benché non forda
Al noftra lamentar. Non pei^ fia
Cb' io n«. l' afcofe tue. ventura il guarda
Piano di deità Qjeflb non njetta,.
EJoi: mirando da^ fovrane Grazi^.
Comporfi, e crefcQT le Qov^^i a terco,
Me fpeflb non conforti, altrui cilandfqi
l f^wi Arcam> che celar fi denno^..
4k
A, L- S IG N O R-
CQ. AURELIO BERNIERi:
O R N A T ISSILO Cavaliere .
J^^enfit in quamì modi tmtim i Poeti di ac^
q^iftar fama , e difficoltà dclP imprefa .
BErm6r,fuqudl' Aurora, i' non fo, come
Deflp mi fon ^ che il Cacciatoi non lun^
Ron^oreggUiido. pei; le feqctie ftopjpie.
eiya infegu^^ndo, e In? le. tef^ reti; ^
Caòciando le pedeftri ^ incaute quaglie
ImtTiei»pri de^ i^ ali , e de la fuga :
14^ fo , perchè di buon mattin mi fia
I^fto oltre l'iifQ. Su le mie palpebra
Vapox; tenace^ di foavq fpnpo^
D^i papaveri fuol Morfeo diflònde, ^
E ràdo j^ anzi non m%\ rinafcer veggio/
X^a ni mica, dei. Ladri, e degli Amatiti;
Ridente Spofa^ che de t fior raidrioe^
pel rugofo Titon lafciat s' affretta
X vani antplefC^, e le infeconde, piume..
Pur, non. pojtendo le ye^gt^ianti ciglia^
PIÙ ricomporre in placida quiete
Pre^ a. penfari folto le mplli coltri
A me st care, or che f^ntir fi fanno^
A i diligati > ed a i* Poett infejje
Le ft^he mattutine aure d' Autunno «^
Prefi, dicQi a penfar per quante vie /
Oefipia d'onor fchiera d'ingegni
Fognar s'af&nni fui canioip MonlV
Per. aver colafsìi, fe-pt^je a Febo»
Sarà ingrano, e a le Dee adotta ghirlanda
Pi t'aera Làuro, e d'amorofo Mirta^
11*
Queftì tentando fu le dubbie fcene
Di mutate fortune illnflri efempli
Grave (ì calza il Sofocleo Coturno,
E quando eftima iu Teatrale Atena
Del taciturno Popolo, che afcolta
Di fecreto terior compunger V Alme,
£ di jpietade, che furttva i volti
D* inalpettate lacrime cofperga ,
Vede nojofa, e come marmo fredda
Uaiccolta Gente, che fu i'^lti fcanni
Si torce sbadigliando, e laffa chiede
Che d'alto in gib la mal fojpefa tda
CMgia» e r ingrato recitar fciifca.
Quegli in cor vol^ , e ne le litiche notd ^
È fu le chete, e thnpide mattine
Va meditanch) , fé pur poflà a i fonti
Ber del culto Petrarca^ e gentilmente
Com'egli feo, filofofàr d' amore •
Altri poi fchivo di fervil catenfa
Frova, fé col favor de l'alma Eutérpip
Polla emulando il Savonefe ardito
Nove liriche vie , novi colori
Crear cantando, e fu le proprie penne
Libero, e novel Cigno, a- i Numi alzarfi;
^a chi di Sorga a i puri riVi attinga
Raro ^ affai pia , che fui dorato Gange
L'augel che ardendo in odorofo rogo
Incontro al Sol dal Ciener fuo rìnafce :
So ben, che imitatrice immenfa turba
Dei maggior Tofco pochi fènfi , e poche
Ricerdie parolette, e fcelti modi
Mal iftfuoi vedi dilombati, e d'aite
Voti, e di genio a gran fatica intrffè,
E povera del fuo, mal fra fuoi cenci,
Senza. roflor del difadatto furto,
Par
Par s^argumenta, e d*oÀentar non pavc
Splendenti ftrifcie di purpureo panno.
Chi poi vago di gir per anco intatte
Da poetico pie flrade, che primo
Pindaro tenne, e con felice ardire
Fiacco poi cone, e ricaich di jpoi
11^ Savonefe mio , che primier leppe
Pien dMmmagini viv€, e caldo d'eftro
Armar di Greche, e di Latine corde
L'Itala cetra, oh come a i pafH incerti
In fui duro cammin fente , che in breve
Manca lena , e configlio « e come tardi
Scorge, ,che a pochi da le Mufe ^ dato
Stai^P9f perenne, e memorabir orma
Su quei rentier ricchi di luce, e fpavfi
Di velato faper, che de T ignaro
Vulgo fugge gli (guardi , e i Saggi fuole
Ferir di meraviglia , e di diletto!
Io più ch'altri, niol fp, che mal fofiireiido
Soverchie leggi al poetar prefcritte
Solo feconde d'abborrito fiento,
Non fenza Audio, di natura volli.
Come de la miglior Maeftra prima
Ir fecondando i buon prìncipi , e i moti >
E quafi nuotator, che ufato^ ed atto
Senza corteccia a contraftar con l'onda
Fra ^ nautico favor fi lafcia addietro .
Lo ftuot feguace , e l' arenofa riva ,
Ne le nervofe gambe, e ne l' efperte
Braccia affidato, e ne l'audace petto»
Senza foft^no, e guida anch'io credei
Franco poter per 1 Apollìneo Regno
Prender, qual mi piacea, lunge da gli attr!
Nuovo viaggio, e forfè il jprefi, e forfè,
Quando» me fatto già in viiibii' ombra,
Vi-
il»
Vivo il mìo nome prenderàfllì'^aTéWnò
La ^«lid' urna , e là ragion di morte ,
"Ne farà fède ogni lòhtalìo tempo
Giudice più <lncero> e ne' mìei carmi
Non fdlo certa éfterioì: vaghezza -
Di forme, e di fantafmi^ e attto "d&ài^ .
Facile di cantar , ma pur fra i lumi
Del difficile IfKl , come fra belle
4dorhè vefti fisnoril Mattona
roverà involte quell'egregie èoìe^
Che acconciamente fràfe Poeìà accorto ■
Da te fcieììie* e^ir s' udrà r Coftui
Vide, è conoobe ancor le illuflri fcolè.
Come poi raro fia, chi dopò Plauto
Padre del fìCos ^ de i giocoli Tali , ^
E il candido Terenzio agguagli il pnfcò
iMehandfò,'è'ainoflri dìpregio .à le Tofcfaò
Poche leggiadre auree Cofnm'ediè accrefca^
Bernier, tei vedi. A talun facìl fembrji
Cingerfi l'umil focco, e fui Teatro
Condtìr rfirfvagfó fet^Os o tfójfpo dolce
Credula Madre ^'b fimulante Fiì^lia,
Che di fecreto Amor pungol -già fente ,
O indocile garzón, che al ben rinchiufo,
E riporto tefor dei Padre avaro
Tende incefTahti irifidie, e a goder datò
L' ore prefenti , V avvenir non cura j
Ma quando in quefto faticofo guado
Poi mette i pronti remi ,^h quanti incontri
Non pfev«lùti^ fventuràti inciampi
D'occulte fecche, dove urtando rompe ^
Che malagevol i^ fenza dolore
Turpezza rinvenir, che irifo defti,
Ed imitando con piacer corregga
Il gcokoy e vario popolar cortunlè)
In&n
inèn penfai , eh' altri falira in grido
l?otria per la (ublime Epica troliifaa,
Che un nuovo Achille ,it> antodi vi to Uliffe y
O rinfigne pietà d'un altro Eliéà, ,.
E d^ uh altro GoCredo al Cielo ergèfle ;
Ma ) fé il Meonio , o fé il Cantor di Manto >
'O fé non ìdza -da 1' augufto Avello
Il gran Torquato l' onorata fh)nte>
Penderà muta da qtid fanto alloro ,
Dove di tal Maeftri aiiTai contenta
Di propria roano la fofpefe Apollo.
Quefti , ed altri penfier , che per la niente
Come di Ma^o ad Alveare intorno
Ronzanti pecoiie, a Aie giacente in puimàt
L'un dopo l'altro li movean6 a prova >
Ruppe , "e difciòlfe abil Coppier , che lieto
D'Indiche Droghe, e d'cworatà fpuma
Largo conforto mi recavi^ in >Nappo
Di Cinéfe lavoro . Io la man porfi
Al Nettate beato . e poiché a forfo
A forfo l'ebbi delibato, or s'abbia,
Difll fra me ) quante col calciò àperfe
Il pennuto Tdeflbriero acque in Pàrnafo .
E quaggiìi fol quefta Orientai bevanda
Sta r Aganippe, o l'IpijocTene mio ;
Giurando il difli pef l'intonfa, e bionda
Chioma di Febo, per cui dir non ofo,
DUetto Aurelio mio,. fé pur ipel credi.
Menzogna, « il letto abbandonai d' un falto ^
<2d
A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
ANTONIO RAMBALDO
Del S. R. L Co. de Colla lto
Neiie Nozze delÌM Signora Conttjfa
D. Giuliana faa Figlia.
GENIO , eh' ami le cetre-, e le ghirlande ,
E i Nuziali riti, e l'alme faci.
Che il buon Figliuol d'Urania in Cielo alliuna,
Scorgimi in Pindo, e dove lungo un fonte
Diietto a Citerea giovane Mirto
L' aure d'odor cofper^e , e d' ombra il fùolo .
Siediti meco ^ e meditiamo on canto ,
Che le Contrade de la bella Parma
Di nova , e dolce maraviglia inombri .
Non ofa. ove tu fei. l' afera fatica
Moftrar v ingrato volto . Ovunque vai ,
Te de gì' ingegni , Te fignor de 1' arti
Si^ono il facil'eftro, e l'aurea coma,
£ il favellar, che fplendido s'avvolge
Tra le felici immagini del v^ro.
Tu me nafcente in riva al Mar di Giano,
Tu me guardarti con fereno ciglio :
Sento il tao Nume, e già la dotta lira
Degna, che in sì buondì d'alto fi mova ,
Ecco da fé fra le mie man difcende.
Chi non fa, quanto mai poffente Amore ,
E quanto indudre fia« l'acque, [e le terre
£ l'aer vallo col penuer difcorr^.
Vedrà, chequantocVita, cijuanto \ bella
Cura di riprodur, cib che nalcendo
Set.
ut
Sotto il fatai di Morte antico iiqpero
Cade 5 e^en manco , i d' Amor opra , e dono .
Amore a i t^inti augei, che lieve piuma
Atta ai diverfi vofi orna, e foftiene,
I bei fecondi ampIelTi, é i cari nidi,
, Amore a i muti abitator de V onde
I dolci inrti* e i molli fcherzi infegna.
Amor le vaili , Amor le dure rupi ,
Amor i campi, Amor le felve incende, ^
E le placide bave, e le filvcftri
Soavemente accompagnando, adempie
L' eterna legge, che a i fuoi forti llrali
I La lunga fede , e il provido ri|>aro
Quaggiù fidò de le create colè.
i Pero chi vegga di qual'almo nodo^
I Amor diftringe, e a propagarfi invoglia
L* umana gente , che del fommo Fabbro
L'aura divina in cor racchiude, e volge^
Dirà maravigliando: Ah fola quefla
L'eterna man diftinfe, e quella fola
A i doni augufti, e al gran retaggio eleffe.
Quei , che infiem lega maritai catena ,
Duo piti non fono, e più non fon tra loro
Diflhnili, e diverfi. Ecco in due falme
Par , eh' una fola volontà concorde
Uno fpirito folo abiti, e viva.
Grazia celdle il bel legame infiora,
E d'ambrofia l'afperge.e lo dà in guardia
A! faggio , naturai , dolce difio
Di certa prole, che poi faccia intorno
Quafi propago di novelle olive,
A le paterne menfe ombra ^ e corona ,
Sei vede l' Alma F> , che mtatti gode
I talami ferbar* fel vede, e pri^a.
Perche colei , cbe tutto rompe , e (olve
F Tadf
fTìst
Tardi il recida, e tardi lo cootxiiH
Di fofprofo, vedovìte affanno.
Saggio Rambaldo, che le Tofche MaCt
Teco chìamafti ad abitar fu l' Iftro ,
Nobil Cultor di Pindo , e de le prìfcbe
Storie, Maèftre de la vita, amico,
Non io di quanti, per sì caro, e fanto
Nodo traflbr quaggiù beati giorni
Fafb memoria; pcrctó in ampia Meflè
Scerre mi giova ibi due fpiche elette.
Che d* aureo gruppo novamente avvìnte
V^gio or lungo fa Parma empier difperae
E di gioconditate i patri folchi .
Veggio il MelioGarzon, che ne le vene
Non tralignante mai volve il buon fangne
Succo regal: Veggio Peccelfa Donna,
Cui lo accoppiar gli Dei, Donna, che vero,
E d^no germe del Cotlalto ceppo ,
Venne per lun§o onor d'Avoli egregi
Dei Longobardi Re da l'alta ftirpe.
QttaT altra vide, o qual vedrà pili lieta
Altra coppia di poi V Italo Cielo?
Dl,fedal ver mi parto, efeimiei detti,
O Diofebo, di Infinga afpe]|[o .
Forfè tu cinto di purpuree «)fe.
Novo in fui Taro celebrato Spofo
Caro a rihtonfo. Apollo, e caro a Marte,
O fé t'armi dì plettro, o fé pur tratti
Ne gli Ungarici Campi Afta guerriera,
S^ace de l'invitte Aquile Augufte,
Dimmi , tu forfè di letizia accSo
Nojn dai grazie ad Amor, ch^a si fuMime
SpoTa gentil Te deftinò. Te fcelfe?
IfecchiTu feco anzi in Lei vivi, e fpiri ,
Veggio, veggio ben' io, che ne' tuoi lumi
Al.
IH
Akfa luce uiìglbr fcintilU , ed arde;
Tutto Biiitato (ci : fuònan dolcezza
Le tue parole, e d'ogni parte fai
L' interno gaudio trasparir , qual fiiori '
Di fchietto permeabile criffctlfo
Chiufo tralucer fuol tremolo raggio.
Tu fai , quali in cor nudre , e al vulgo cela
Rare doti'Coftei, Coftei, eh* or bea
Le tue tranquille notti , unico fegno
De i faggi clefir fuoi. Ferma in lei ftaiiaa;
Pofer fomma oneftate, amabit grazia^ /
Celere accorgimento >, e grave lenno . -
Quefta fe beltà verace. Ah mal s'accende
Chi una fedel del Talamo compagna
Cercando, al volto lufiaghiet s* arreda,
Ove di frefca gioventù, che piace,
Per POCO ride fior caduco, e bieve,
N^ltolro cerca, qual le vaghe forni»
R^ga, e per entro non veduta avvivi
Tflma , fonte de V opre , e de i coftumi f
E de gli affetti , e de i penfier Reina;
E tardi poi fui mal penfato , e (Iretto
Vincolo , d'ira, e di dolor fi ftrugge,
Favola de le gemi . Anche l' incauto
Patlor, che vinto da franchezza fida
La dedra , e il fianco a V erba molle , e verde ,
Dipinta dì viole . e di liguflri ,
^enza offervar, le infidiofa ferpe
Alberghi, e copra, invan fé fteffo accufa ^
£ la vaghezza del ridente prato.
Punto dal dente reo, tardi detefta.
Veder convienfi di qual pianta tagli
Ramo, che inneftar vuoi. Paffa ne' fiali
L'indole patria, e tra gli efemplicrefce,
E fi & ferma, e fi aVvalora in modo,
F a Che
^*4 .
Che niun cónfiglio, niuno ftudio ha forza,
E niun corfo d'età, perche s'ammendi.
Ben tei vedetti Tu , vivo de i Meli , -
E de la Patria onor, Garzon bennato,
E di buon punto ardedi al puro foco
Di quelle luci , che ver Te pietofe
L'inclita Giuliana alfin converfe.
Mira qual ben difpofto, ed agii corpo
Avvolga in ricchi manti» e cornei pafll
In leggiere volubili carole
Vezzolamente maeftofa intrecci .
Odi in quante non fue eulte favelle
Schii^-gL'imerni fenfi, e, quafi vena
Di pretto^ mele ibleo, verfi teforo
Di peregrini accenti. In Lei ravvifa
Le matèrne virth ; ravvifa in Lei
Trasfiifo il Genitor, che tanto accrefce",
E tanto illuftra lo fplendor de gli Avi .
Meftier cerf o io non ho di pormi a tergo
Immaginate penne, e gir nel grembo
Caliginofo de i futuri tèmpi,
E là dentro veder, qual deggia quefto
Nobile Par d'Amanti al fecol noftro
Dar generofi Tigli, pnd'abbian grido
Le Toghe, e gli Oftri, e le onorate fpade ,
E l' Italico nome in pregio torni ;
Perocché fenza ricercar de' fati
Le cuftodite, favolofe fedi
Poffonfi i prodi argumentar da i prodi,
E fu le cetre prefagir, mirando
Le lor forgenti, ove, qual pianta infeme.
Vicini a pullular ftannofi avvolti.
Orna adunque i tuoi Tetti, e di fior fpaigi
Le vie , che pregan y che il leggiadro piede
Le prema, e legw, e la fuperba Rocca ,
Se§-
Se^i^iO^e i prifchi Lupi, empi di Ma,,
£ di folenne, ìnufitata pompa,
Sella Soragna , e al bel Connubio applaudi ,
Che ben ragion tu n' hai. Candide, e terf»
Intanto io quinci avventurofe rime,
Scelte fra mille in fu TAfcree pendici
Mando fu l'Ideo a V immortai Rambaldo^
Perche il cortefe fuo fàtor le fcorga.
Laddove P alma Euterpe i degni Nomi,
£ i degni verfi in auro incide, e ferba.
ALL'INCOMPARABILE PRELATO
MONSIGNOR CAMMILLO
MAR AZZA NI
VESCOVO DI PARMA ec.
Loda le Vinìi e le azioni di luiy e. gli
raccomanda di proteggere le ielle Arti .
SE a Te non vengon le CeleftiMufe,
. Dove altronde fplendor, dove conforto
Altronde in ^uefta Età , Signor , avranno ?
Non io, dirollo pur, non io le fonti,
Che il liberal tuo fignorìl talento ,
Emulando i migliori, ai>re, e diffonde^
Su i non vulgati ingegni, unqua trovai
Scarfe di buon favor, di grazia vote.
Però Cai Tu, Signor, quaggiìi che {étf
Raro lei del Ciel Dooo a noi conceflb,
E tutto certo fei Celefte cofa.
F \> J.e
126
Te divin fermo j Te divino regge
Mentre noi reggi , di prudenza lume ;
J«^/ confano, e antiveder felice,. '
E dWce dì parlar divina co^i^.^
E divin' tifo di petìfar diritto,
Penetrator de le rifjofte menti.
Che ne' riudizj fuoi fagsia noa en».
Teco e beata di tranquillo petto
D^na d'Eroe, deznsL di Te fermezza,
A i lieti tempi, edf a gliavv«rfi invitta,;:
fi tutto e Teco de le vere, eccelfe
^irtudi a Dia dilette il divin Coro;
^ndi a tutti fvelata, e in alto pofe
«1 beir animo tuo la grande immago^
Ancorché taccia de i feveri Editti
L'imperiofo fuon, faffi: Ella a. vitA
Viva 2^ /òavc in un. cenfura, e kgge .
Non Te forfè ^Signor, (foffri, che ildica *
E ragion renda al ver ) Te non conobbe
Te non guardò^ come tra noi Tu fii(R; *
Cekfte cofa, che ne i dubbj te^ipi
A l'agitata da i difcorfi voti
Santa Nave di Pìer^ da l' aura raoflb »
Che fervida movea da Monti eterni ,
Novo, Supremo Te Npcchier p^opòft^^
Signor, T\x Tei sì di Te fteffo adorno,.
Cte fé non anco fui' facrato erme
Ti (plende, qual dovria, di tanti pr^i
Il giufto guiderdon, non però meno
Te il Móndo onora, ni il valor tuo tace^ .
Anzi più quella tua grand' Alma, ammira ^
Che m^nanima, e forte, e di fé paga
La miglior fua mercede ih fé chiudendo
g Più meritar, che confeeuir defia .
Ben ha , Signor j^ ben hat ox Ae pitt altes^
ido
alte
Gìik
Gidèn fet Te^ iébben sì chiaFO, é terfo , .
Sì per ricchezie, e titoli fablime^
SI d'opre illuftri, e sì d'Eroi fecondo
Volto de'MarAZzatii antico Sangue»^
Qual ^ del Mondo ornai parte ^ che ignoti *
Il Nome tuo? Te, come volle il fato
De r Italiche cofe, e come volle
Col variar de i dì, de le vicende
TefTuta in Ciel l'univerfal catena,
Te lungo Parma Condottiero egregio
D'eletta Greggia, la Germana in armi ^
Infaticabil Gente, a Marte cara.
Te il prode Sardo, Te l'accorto Ibero,*
Te il culto Gallo vide; e qual non venHt
A Te da tante sì di Ciel difcofte.
Genti, e di genio, e di peafar diverfe
Nata da i Merti tuoi locxe concorde ì
Piaceli a tutti. Ah fé lafiìi mai forda
Non fe l'alta Bontate a i giufU prieghi ,
Te al Popol tuo , Te al noftro ben , Te a quella.
Incontro a cui non prevarran d'abilTo
Le nere porte. Te pietofa ferbi,
Te, Signor, viver faccia i dì, che vide
De r intatta fu i flutti Arca notante
Il fanto Fabbro, e, fé fia d'uopo fcemi
Parte de i noflri giorni , e a i tuoi r aggiunga •
Vivi, eccelfo Signor, vivi, e quand'ami
Di refpirar da le tue gravi cure ,
Quefle , che t' offro , d' un tuo fguardo degna
Non ignobili Rime, e le bell'arti
Languenti , e mede , e me , cui forfè Apdlo
Dìl gentil cetra, a l'Ombra tua raccogli «
AL
. AL.NOB-ILE signore:
IL S I G HQ R
AURELIO BERNIERI
In Jue Nozzfi*.
SE da Talmo Elicona a- cento eccelle:
Itale fpofe già d'e^etti fiorì.
Spiranti eterno Chiabrerefco odbce.
Frefche ghirlande 5^ q mio Berniier, recai V '
Or che Ta , luce mia. Tu mio conforto ^
Delizia de lé Mufe, onor di quanta
Ornata Gioventù Parma oggi iltuftra^,
A innamorata Vergine vexzofa.
Per beata d' Amor légge t* annodi ,
Mi {[ajò cheto fu T erbofe fponde,'
Che' ferapre Kete. tf odorofo Kfirto.,
Ombra j e corona mia, b^natlppociseiie?^
Ma fin dal primter dì, che dolcemente
Teco m'^avvinfe al baflb vulgo ignota ^
Vera. Amiftà, cui precedea (oave*^
Somiglianza di ftudi , é A coftumi ,
Miraiido Tetà tua fiorir, cpal Campo ^.
Che il novo Aprii di gioventù rivefte»^
Felice età , che dt fenciulle intatte
Gli fgu^xn adeTca^ e ne deliba i primi.
Timidi Voti , e^ la fecreta fiamma !
Diflfl ad Euterpe: Quefte Idalie rofe,
Che fh (n ì gioghi germinar di Plnda
Il Savonefe mio. Dea, fé 'l concedi,
Del tuoditetto Aurelio , onde han più grid(>
Le Tofche rime, ed i purgati inchioftri,.
Saranno al faufto Talamo ferbate .
Sorrife a i detti miei* V ajta Maeftra
'S29
De le caiu>re corde, e lampeggiantr
Fin da quel giorno di ferena gioja
Girò le belle luci, ond'Ella fuole
A i fommi Vati , e di Aia vifta d^ni
Verfar ne l'alma, ed agitare in petto
Gli eftri dirini, e le Febee faville, .
Ed oggi lieta, e rilucente in manto
Afpro di gemme, e col nettareo grembo
Pien di corone, e con la cetra in mano
Non ella forfè in fui mattin mVapparve^
E vive^ e pronte a i Nuziali carmi
Non mi fpirò nel feno ^ure celeri f
Bernier, qual reda di bennata Pianta
Talora unico eerme, onde poi novi
Sorgon rampolli a riparar poflènti
I lunghi danni de Tannofo tronco,
Solo refhvi del tuo nobil fangue
Prelato avanzo; ed a Te nova vita
Ne i buon Nepoti ornai chiedean penfoft
Laggiù fra i Mìni de V Elifia Valle
U Ombre degli Avi Tuoi , che chiari refe
Gemmata Mitra, e bellicofa fpada.
libero intanto Tu dal bel legame
Condur godevi fra l^giadre cure.
L'allegra gioventù, di cui non hanno,
Credilo a me , dono miglior gli Dei .
Tu ne i fertili Autunni , allorché fpuma .
Di largo modo, e di protervo rifo
La feftofa Vendemmia empie le Ville,
Sciolto ten givi a riveder le pingui ,
Colte Campagne, da Colui nomate,
Che contro 10 fquamofo , immenfo Modro »
Viva pefte de i campi, armato corfe
Su l'ardente cavallo, e ne l'orrenda
Gola confiffe l' invincibil' Afla ,
F $ Cfc*
Ch' or fu Ieftelie^»cbe aìguem^r^ Cid(K
Fan pavti&Qoco, folgorar fi. vede.
Bello è quivi mirar tra T ardue ripe
Correr Exaa, fremeate , e quafi cerchia^
Far con ritorto cosfo a i Campi mot.
Colà q[u«^ manca de i piaceri onefti>.
Onde nojata da le urbane ftaoze
L'alma fi difattrifii, e fi. ricrei^
Evvi bella Magion., fu le cui porte
Siede indefefià Cortefia cuftode,
Cui ftanno a lato iufinghiere in. atto>
Grate accx^lie»ze, che mentir npn. fanno ^
Colà i dolci Conviti, e colà fono
I dolci fonni, e libertà, che in oro
Vi vei^b di tua man queir aurea legge.
Che a fuo grado a ciaicun viver coniente..
Così al buon Padre tuo,. così a^tuoi prokU^
Incliti Zìi diletta, ambo fptendemi
Di matuH> configlio, e d'onor vero,.
Ed ambi ams^nti de l'erranti cacce.
Che con fagaci, ed a fallir non ufe»
Acute nan^e eon alato piede,
Qie ìi cenno mai del fuo Signor non fcorda^
Candido, come avono,. iavitto fcorre
II predator Giordano ». egregio Veltro,.
€vl la fiefTa talor Dea de le feive
Palpar gode per vezzo i lunghi orecchi ,,
E il reno collo, che di fior filvefirì
Treccia da lei contefia indi riporta»
Neve non tocca da nemico fiato^
D' Aufiro plovofo , e fragola dipinta
D^Oflro di primavera eraa tue gote,,
Che poca giovenil lanugin bionda
Velava in parte, e le tue ferme membra
Nudria faldo vigor ^ alma fatate^
Se
Se ad abile deftriero in vafta arena
Lodato Cavalier premevi il tergo,
O fé ne Parte di ferir maeftro
Vibravi il fèrro in fimulata pugna,'
O fé accorto reggevi in lieve oanza
L' ^ili Ninfe dS tuo patrio fiume. ^
Qua! v'era mai sì ben difefo , e fchivo
Cor d'amabil Donzella ad arder lento?
Ma fopra tatte fin dal primo inftante ,
Che ancor acerbo garzoncel ti vide.
Alfe per Te di iconofciuto foco
Quella 9 che in fuo penfier foto fra tutti |
Ti pofe, e (blo qnm gemma « elei!è.
Per Te quanto defio, quanti loftenne
Taciti afl&nni^ eh* or ne Tore mute.
Propizie a i fondi , e a gli' amorofi ratti
Soavemente rammentar lie giova .
Queffai ben fai di qual efimia gente
Difcefe piena del valore avito.
Pendon da T Arbor prìlca, ond'EHa ufciQ
Polverofe loriche, elmi 9 e bandiere,
E pacifiche Toghe, in cui quel faggio
Iromortal Pier l.ui&i, Alma fublime.
Lume, e foilegno del Famefio fcettro •
Cotanto in Patria, elnnanzt a t Re rimlfe',
£ ne pendono ancor fiimofe penne,
E celebrate Croci, ed auree jBende,
Che de i Paftori a le canute fronri
Fermo in fua gloria il Vatican circonda.
Potrei di foa beltà fcib^Iier parola,.
Che rifonafle ne' lontam- tempi :
Perocché fotto il nereggiante ciglio
Le vidi sfavillar due così vivi '
Begli occhi néri, che men bello, e vivo
Scintilla in Ciel PAfho dd dì foriero.
F 6 Tot
VAftrOì ibrfcpo:* kgeliiPomBiev
Ma Tu fai , che Bellezza i breve pragi^t^ j^.
Che ^quai fìor , preflo rìde , e predo langoe >.
E dritto. Cfiima(or fai , cfae fé avea
Virtuti degne d'ApoUioeo canto
La mal rapita Gcisc^f.oad'Uio cadde ^^
Mei)0 avnati detto dd fuacrìn.lue«ire>^
£ del fatai fuo. volta, ondefu.prefo
Il Paftorello Meo, J'Aargive carte.
Io de la<Tua, dir^ Luigia . altera ,
De 1 Magn^mmi> Ko& occelfo vanto^.,
L; indole d'oro., el. grazt^fi modi,
U inteca fede,, e V affrettato fenno y.
E la pietà, de' Cuoi pen&r roina ,.
Non però fcabbra di rigor foveichioy.
Nèrdel giocondo cotivejriai:' nemica.
Forfè, ove Bacco rìconduee i giorni
AI genio facri, e di nofiturnr Balli
Rallegra il Mondo,, ed a mentifeinfegna*
Vedi ,-. e fembÌAnti, Ella, talor non .gode y
Come aurjetta. d' Aprii , che vola::, e pi^ax
A pena le. rinate erbe dd prato ^
Danzar leggiera, e raddolcir le cute?*
Mani pili infaticabili ,, e> piit deOre
A. i bei lavori ^ ed a. i fea>minei ftttdj •
Non ha Minerva^ ove -o Coilei le tele^^
Finga con V a^o > o per gentil diporto^
Tratti le molli fete,.o i bianchi lini:^
Chp, a r Italiche Nuore ardito portai
Olandèfe Nocchier fu ne^ro -abete. -
Fa, ch'Ella poi dicolosir sUageem
In breve carta con pennello iadiiitre
La diffidi de L fior natia vaghezza, .
Bifai» che A garagon rofe. sì. elètte^,
Benché d'eteuu z^lrì gipifca > |
MèN
Mettet Don può t^Amatuntea pendice.
Per Lei Tu in Cirra luogo il. dotto fonte ^
GonceQb a pochi , che con. k^&o vifò
Nafcer mirò Meipotnene divina ,
Sedendo Hai del fuo^ gran Padce Ol fianco ^
Cign0. aniinofo., che con franche piume
Su'l Tar9 s'er^, o fm.gli Dei fi. mefce ».
Tu feco il nome,, e fecot unifci gli Avi^
Seco li fudor Dircei, &co dividi
L' Etrufcat lira , e V onorato alloro .
Oh.! dal faggio di Giove ,.ov^ Ella segna >
Odami, l' alta Giutio ,. a: cui fur date-
Le Maritali tede*, e fanti nodié;
Odami Cinti* ^ che i^ foa«i parti»-
£ le felici Cune is guardia tiene ^
E la cara d'Amor Madie m'afcolti,.
Che ì cafti baci , ed i fecondi amplefli
Ting9 4-' aiobrofia » e a non difciorfiinvpglia t
Quel reciproco ardor, che i voftri petti
incende, Amante Cpppia, ond'oggi fete
Pi coniimate Anlo^ nobU' efemplo »
£>urì la nefca età » che fpeflò cangia
Penfieri', e voglie». ed in)mutab|l duri
U età più ferma, che d'onpri^ ^^^^i
E di ricchezza fol qu^^giti tenuta
Arbitra de It: cofe^r a non fi eAingua^
Neppur ne i giorni , che di noj^. piepi^
E voti di vigoc querula V e.tarda.^^
E Uudatricc de.'pà(nui luilcl
Seco Vecchiezza , ahi troppo ratto ! adduce .. ^
Vinca U Voftra. in ben <^ms\x qoiì^z^,
Jìfi folitarie. tenero-gementi
Accompagnate Dionee Colombe'.
Venga Prole d^ Voi » che vi. fomiglf',.
B.gli Avi Voftr^chefon OmBi»> ^pfilWw
• Tolgat
Tolga da PlTnu»e la ter gkvia avvivi.
Ami de' Figli voAri alcun le cetre,
E i detti modi , e i taciturni bdchi
£ le dolci a fentirfi acque cadenti : .
NaTca alcun d' effi a P armi , eda le palme » >
Che fu i Campi di Marte oggi la forte
Iberia miete ; e da le ^rime fafce *
Senta di Carlo le ^rriere ge^a, |
Che debellato già il Campano Regno
Invitto afcende or le tonanti prore, j
Mentre V Amor de* Popoli > e la certa |
Vittoria il chiama fui Trinacrio lido.
Quefli , amato Bernier , candidi veri! »
Che d'altri nati da più ricca vena
Precederan l'armoniofò ftuolo, j
II tuo Frugon fcrivea laddove forge |
Di ^bricatì marmi al Ciel vicina !
yAugufla Figlia dei Bifronte Giano,
AL SIGNOR
GIAMPIETRO ZANOTTI
Sopra la fma Amicizia per /m •
E RATO bionda, e la celefte Euterpe
Gemmata il manto , e fior cofparfa il crine
Forfè ritienti trai Giardini eterni,
E l'auree logge del cetrato Apollo,
Giampier di Foefia divln Maeftro ?
Crederlo giova : oimi venti Albe io vidi
Pinger T Olimpo di color rofato,
E te non vidi onor de'facri Ingegni \
ìft iiir mie piante già in tracciarti pigre .,
&i0el PUfctera di tua Cafa (»nai
DI ima (imrcbìo ricercar Oegnofa.^
Amotf che vien. da le beli' arti amiche,.
Di Gloria, e <ft Virtìf coronataci^
Teco mi giunfc di sì forte nodo
Che il nero dente de L^età vorace
De'manm^domitore, e de' metalli
Certo non romperà . Tolgami il CieIo^
Quanto vii vogtia di pnmno Vulgo
Pre^ quaggi'uTo, e Orientali gemme >.
^ monde maffe di dorato limo,
A fofièrir non è povertà dura.
Ove virrtìi de'fttoi nettarei detti
A magnanimo cor prefii conforto;
Ma Te non mi ritolga-, o vero avanzo^
De r antica iinnK>rtal Dircea Famiglia;.
Tu , dove io falfi a mal fecuri pam ,
Or mi ti moilra da le Aonie cime.
Ombrata il capo del' Tehana alloro^.
Non che fuccinto il pie d'aureo coturno
Che nuova , e miglior fama accr^>be a Di^a*^
Vincere forfè max Pimmenfo giogo..
Su cui fplendi qual &ce in ardua Torre,
Se ver me il fuon di tue celefli corde
Non move , e a l' feero pi^ ali. non giunge ;
O^ per Te io polla fra i Cantori Argivi
Di Pindarica traoda. OBiar. le chiome i
AlL
A L.SERENISSIMO SIGNOR
DUCA ANTONIO
FARNESE
In eccajìone di fiie Nozzf*.
IO condottier de le celefti Muie,
Piò, che del Nume lor, pieno de' tuoi
Reali Aufpicj, alto Signor, che reggi
L'Avito Ic^ttro, ed in Te folo aduni ,^
Non che il valor, non che la gloria antica ^
Le felici (f^eranze, e i riforgenti
Venturi pregi , e il redivivo OHoré
De 1* Aurea de* Farnefi Augufta ftirpe ,
Io de r Itale cetre ì fauftt Voti,
E i difcefi dal Ciel candidi auguri
Al Nuzial tuo letto, or bèlla, e prinm
Cura di Giove, guiderò d'intorno.
Guarda quante , o Signor , ne l' ampio grembo
Città care a Minerva Italia ferra,
Ricche nudrici di bennati ingegni :
Qual >, che a ouefto tuo Talamo etetto
A ftabllir la pubblica falute ,
Non goda offirir di vcJontarj carmi
Nobil tributo « Te il Romuleo Tebbro,
Che i gran genj d'Augufto in Te rinati
Veder s'avvifa, Te il gentil Sebeto,
Albergo de le grazie, e de* bei ftudj,'
Onde a i migliori dì Grecia fiorta.
Te il coronato di populea fionda
Vòy che ripieno ancor d'armi, e d'amori
Bagna l'antica gloriofa Patria
D« r Italico Omero, e Te il vicino
Fdikkeo RenO) ove ior I^Ua fede
Pofer
IJ7
Pofer da h»ìg».eti, <niàfi Reine,
U alme Scienze , Te r invitto Serchio ,
Che dt fua. chiara libertà fuperbe
Porta, al Mari' onde', e Te ::Faugufta Dor^
ly armi iamofa ». e di reali core*,
E Te il fonantei tortaofo Fiume ^
Che. altero va del fuo divin Catulh^,
E quel, che fende TAatenoree piagge-
D' aureo faper cultrici, e quel, che inonda.
L'Alma Kavenna. e Te diletta a Febo.
La colta Etruria di paiiar Maeflra*,.
E la celebre Infnbrta, e 1» poiTcfnte
B' arti « e d' oro lóguflica Contrada^
Anzi tin quella sì oa. ned difgiunta
Per afpri giobbi • e per frappofti Mm
Senna réd, lui defiato tanto
Tua felice Imeneo Faufee fciogl!endt> ^
l^ibere lingue, che mentir non fanno ;
Te, come d'amor natO' aidorgK fprona>
Te, come Talta tua Virtù richiede-^ '
Cantano a prova. Il tuo foave nodo
Era comune Voto \ ed or che '1 (Iringe
L eterna Mano, qual pik fa, fi move.
E impaziènte in Ptndo po^ia, e prende
Dà i Tofchi Vati, onde pia accef», e vi Va
E. piU leggtadra al regio Pii proftrarfi
'£a ^ìoja univerfai,, voci,, e colori.
Vera ftirpe d' Eroi , che per lunghi anq|
Provvida,, glufta, genetofa, e forte
Regger (l vide i popoli commeflEl,
Troppo %. agli Uomini c»ra. EflSi, qual dona
lì pia pregiara de' benigni Dei ,
Si riguarda, e fi cole. Al primo grido-
Che Té de r Atefiina. eccella Donna,
Llice d"^ Italia, divoigÌ!) fiiblime^
S
E magaamnio ^pofe, ecco fi diiflb»
Ecco rifiorirà la segai Pianta,
Che ornai vicina a fo^iacer parea
Al fato de le cofe. A la grand^ ombra
Sicure tomeiaa Gioftizia, e Fede, .
Clemenza , Largita j Pace a rifarvi
Piti lieto nido, e a ribactarfi fn fronte.
L'ulrimo amabil foo poflfente ramo
Tutta in fé chiude de l'antico feme
L' Indole iavitta , e '1 vigor mafcfaio , e primo :
£ con sì beUe cure, e sì remote
Bai penfar noAro cuftodillo il Cielo,
Che ben fi puote argumentar, che Tabbi^
Unica, e fola, ma verace , e certa
Speme lafciata al ^lorìofo Tronco.
Signor, quefl'era il favellar concorde,
£^1 pregar àe le Genti ; e non mai meglio
Manifèftodt , come ovunque grande ,
£d adorato il Nome tuo riibni ,
£ quat di tue fortune aito rifieda
In ogni gentil cor tenace affanno.
Or. con quel Volto, fiior di cut trafparo
jRerpetuQ lume di real clemenza,
Quefte, Farnefe Eroe, placido accedi
Induftfi carte, che il divino Apollo,
Perche del Nome, e de' tuoi vanti piene ,
Sì deftro guarda, e fia l'eterno cedro
Di viver degne di foa man ripone.
Veneon tarde al tuo Pii , vengono , e fanno
Quafd'efl^e lungo defiar s'è &tto:
Ma in Conca Orientai non fuole perla }
Oro non fuole in Indica Miniera
Nato a ibmlr corona a regie fronti.
Che crefcet lento , e lentamente d^o
Del bel deitin, del noUl uibfarfi.
Tttt
^9
Tvtj che Te ileflb, e la tua gloria inteadi ^
Téco penfandOf^cbe laiKfevol cum,
E che bella ci^ion queilla Te facrì
Fogli tardò ^ le lar dimore aiTolvi.
£ me , che uinil Te gli ofTrOi e aTt mi ^RtOy.
Me ) che fol per Te vi vo , e per te piaccio
A le Caflaiie Qee, ma che a Te deggio
Quella doIce« che fpiro^ aura onorata,
Seti^a cui fqne già m' avrebbe involto
La pailid^^ouda de. T eterno obbCo,
Signor »degna d' un guardo ,.onde in tne nova;
Mense, anzi nova Deità difcende .
Troppoancorde^tuoipi»gi,e del tuo Nom^
A i verii miei, non anco detto, avanza >;
E poichi Pìndo, tua merci, mi vede .
Cmtor felice di tua bella lode.
Non .certamente lafcerò , che tanta
MeflTe d^ onore fu tuoi ricchi folcili
Altra mano fi mieta « altra ne fa^xia
A tutte k future £t4 tefoio.
' ' ' ' - ■' ' ' ^ '
A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
CO. D. FRANO ESC a
TER za DI SISS A^
Cif rifornì da Vienna dentato delP eccelf»>
Carattere di ConfigUere imìnw
di s. M. e. e.
ME, che volea Parmoaiofe corde
Recarmi in niano,fé fia queft' Alba «lucat
Yeftir di fchietu gioja i novi catrai ,
140
Secreto farurrar d* ignote voci
Improvifo ferì: perche, dieta ,
Perche fi canta, e fopra induflri ibgli
Pien di pubblico onor ii manda impreflb
A i più lontani dì qucflo Ritomo .'
O di fervile -età poveri ingegni
Che a lufingar «afcefte ! Am di fdegno 9
E fra me difll : Io ti ravvìfo a i detti
D' acerbo fele, e di menzogna tinti:
Tu quella fei , che fa le altrui vicende
Liete ti ftruggi, e a l'altrui ben cpntralH ,
Torva d'alme malnate atroce cura,
Di cui non ritrovar pefgior tormento
I Trinacrj Tiranni : e le coftei ,
Pofcia fo^giunn, me piti ch'altri iiede^
£ qual più fa, Tempre fu l'ocre mie
Verfa amaro venen da Tempio labbro^
Io refterò da l'onorata imprefà?
Se me dolente, e de I miglior nemica
Con inceflante, non placabil morfo
Non percoteffe invidia» io forfè quefta
Avrei fui crin treccia d'eterno lauro,
O queda, che da terra alto mi leva
Sopra gli anni, e l'obblio. Ligure Cigno,
Di perenne favor aura fecondar
Mordami l'infelice, e fui mio nome
Dolcafi eternamente: Io di lei fento
Pietà, che in genril cor mai non vien meno ,
So grado ad effa, che le vie d'onore
Correr mi fa con più veloci paffi,
Come pungente fpron, fé tocca il fiancò
D'abil corfier, fa, che da l'ampie natfi
Vivo (pirando impaziente foco
Rapidiilimo mova, e vinte lafci
Dietro il fervido pii l'aure feguaci.
Doti-
HI
Dunque fra le m!e dita , atnabil pregio ,
Dolce conforto mio, dolce fatica,
Vieni in quello buon dì., cetia diletta.:
Vieni, e mentre il tuo fiion ricerco , e tempro
L'importuno garrir, preda de i venti,
Abbianfi le fpumofe onde Tirrene.
^on i fenza ragion, fé al ritornato
Cayalier prode, avveilturofo Germe
De Magnanimi Terzi il Taro fona
Di feftofo concento . E che ? vedremo
Sopra nudi argu mentii e d'onor voti
Forzata impallidir la bella Euterpe;
E attor petrà, quafi cagion non abbia.
Tacer la giufta univerfal querela?
E dove degno de' fuoi facri ftudj
Suffgetto appaja, fé vorrà da Pindo
Ella mandargli incontro accefi d'eflro
Inni dovuti^ qual in Ifchia fuole
Per cupe vie cn fotterraneo Vano
Liquido zolfo ferpeggiare , occulto
Scoti tor de^la terra, afcofa, e bieca ^
Kampognalnvida andrà di lingua in lingua *
Tentando biafmo a i ben diffufì inchioltrl?
Quanti mai fete, ma non fete molti.
Perocché a pochi dier gli Dei divina
Tempra d' ingegno , e rapido teforo
Di fublime parlar, quanti mai fet^
Tofcani Cigni a qucfta età concefll.
Udite a jjuali oggi lodate cofe
Serbanfi i fudor voftri, i voftri carmi»
Semplice figlia, che l'avvolto lino
Sa trar fedendo^ul girato fufo ,
O punger d'ago ite- fegnate tele.
Se mantal per lei talamo s'orna,
Da voi fi dee cantar, da voi (i dee
Per
»0
Per etìk andar ne l'avvenire incetto^ I
£ con aogui-j , che a produr foù prefti
1 difficili Eroi, far, che tra poco
Rinafca un nuovoUliffè,un nuovo Achille «
Voflra égreffia fatica anco dee fàrfi
^arzon da r Alpi a la Città difcefo,
Orrido al par de le materne querce ,
Che per defio di mutar Cielo, e forte
Te prende a coltivar, Temi fevera.
Che fol del eiufto infegnatrice in Delfo
Nome, e culto di Dea» delubro ^, ed aira,
Degna dei Voti de' Mortali avem :
•O fi rivolge a Te, de T atti mute
Primo inventor, cne rCpidauria jpiaggla »
Di medìch' erbe in fu gli aitar coipam »
Trasfigurato \ in lucid' angue accolfe,
Favolofa, crèi'io, proledi Febo.
Quefli avrà a pena de le ambigue leggi
Corfo i lunghi volumi, o pur vedute^
E non intefe del buon veglio antico
Xje fentonze, che a Coo dier tanta fama »
E fra il lieto fragor di voftre cetre
Se gli porrà fui crin celebre alloro,
Onor d Imperatori, e di Poeti ,
Troppo oltraggiato onor , onde ne freme
Lìbero, ijual (on' io % fpirto , che nacqui J
Dove aaimofa liberta penfierì
Del retto amanti, e franchi genj indilla . '
Mifero Vulgo, fai chi debba in fommo
Pregio tenerfi , e de' Caftal; modi
Fara perpetuo memorabil fegno ?
Quei ,^ che da vecchi fecoti traendo
Non interrotta mcu vena di fangue
Gencrofo, e gentil, ni mai turbata^
Da men pure commiftc altre fergenri,
For-
'4J
FoRìito di licchtzza, onde fuo lume,
£ ftte ragioni Nobiltà fofHene,
Prima Dio cole, onde ogni ben deriva,
E l'alma Tua Reiigion, Maedra
Sola del vero, e fola di falute, ^^^
E d'onor fola non mài fecca tónte ,
Repone a tutto, e i dubbi omani cafi
Solo con efla in cor libra, e confisiia :
Quei, che il terreno fuo Signor, che pofe
Su la fua fronte P Arbitro de* Regni,
Fedele oflènra , e fopra gii altri' onora
Pronto, ove onefta occa^on fel chiede.
Vita, e fortune a non curar per Lui :
Quei^che a i mas»tor non niega, ed a gli e^alt.
Cai non ^uaR unqua t dovati uffizi ,
E quefti pofcia fenza folle oigoglio
Da gli altri afpetta , come fuol da i femi
Fidati al campo Taratore a i caldi
Mefi afpettar la rifpondente MelTe,
Benché non fempre, a i darì (lenti ingiufla
Sterilità di bionde arifte avara ,
Sia del benigno folco ingrata colpa :
Quei, che gr imbelli, e da le i^turie afflitti
Del fecol euaflo d'infultar paventa.
Anzi, qua! pu6. gli riconforta, er^^e,
Viti neglette, che non tnjvaifì)lmo%
Sul qual fK)ggiando non fentit sì fpeflb
Superbo pi^ , che le calpNeiU , e prenia :
Quei, che per variar dMnteml affetti
Non altrimenti de le cofe efUma,
Verace, quando amor, verace, (juando
Ira lo move, ognor tenendo invitto
^Da le tiranne paflioni il core:
Quei, che la data f% franger ritufa^
Saldo Ical mantenitor fccuro
Di
1
\
?j ^^y**! f^'eOKntir non puote-
Fido cuftode del commeflb Arcano
Amico a i fofchi, ed a ferlKiì,pi
Nato a giovar, ni per inuni van» ^ *
^vulgaior de' benefici fiioi,
fe nfr. ft*ff-""f* ®PP '*'^*'»il opra
0„J j.'^ftr'^ Suiderdon più b&Io.-
Quei, che falfo valor fu le nocenti
Ui riprovato error vergate carte
Saggio non iniparò, na da i buon Avi,
5Ja da le l^ggi non al .Cielo awerfe, *
Onde 1 Equeflre inclito onor ff folce
Senza rancor confervatricc accorta*
f,f -per gwHa difefa al fianco appende
niuffre pefo d'onorata fpada. ■
fletter non o(a fventurata felce.
Che ^ 1 erbe liete, ed a i buon^ufi ,»té
I^ propria fede, e l'alimeftto uft^i"***
Quei, cieco vulgo, in fu le tefiEi
De la curva teftudine febea
Dee celebrarfi o fé le patrie cafe
Si.^^"??'"," ^ 'e ftagion funefte
fc^ K"*i e aT tollerati danni
Sebermo (fercando, o fé le proprie cofe
Ricom-
... '♦*
IGcoiBpoilé, i tiéfàìxtt aTaéi ritoftial '
£ perb noi camiam Te da ratiguftè
Soglie (te Talto Cdaré guernero^'
Te de ^ ottimi Tuoi doni &lertdentè>
TeriiV a noi refe . E forfè Tiinòn ttP*
"De ì canti nofln non che raratlucev ;
IMateda ancor sì riccamente ftefà, ^^
<ìuafi miniera Eoa, per tanti "rami
©i Tempre pullulante oro ripòfto.
Onde Bgni largo ragionar fi llandn?' ^'^'''
Io non andrb là ^ la nitita , e facra '
Di tante età pligirie profonda ,
A rinvemr Piti vitto Terzo , ond^ebbe
. V eccelfa Gente tua principio , e -nOme t' . J
Alter d' Ariàm^ Hai Riparato fd|o : ', '^
Dodici volte foptà tnille il feTe '
Dèi tempi gnidatot^ còffa zvÀ ttittì :' . '^
l ftgni ardenti de Pdbfiqcte terdiiot '^ ' •* f*
Ter?o cR Longofredo tn«ita prole, '%
DiHLortgofredo, che 1 cavaMi, e i'-afte . ^;
«Con Rolofando Rregnatclr Itoemó " ' <'
Nel fen 'd**Aufonia a goerreggìar venute ; #
R«ggea congiunto al Re Duce ftipremo, f
Nembo di guerra, che i' Italia avvcife, ' -t
E trion ùnte largo K^jno ottenne : / '
Tèrzo in ItaBa nato , e srande detta f
Novo in Italia a radicar ijegnàg^o,^
" Che de le bellicofe A^ile^ un giorno
TM, domato onlvetfo arintreibte>
Fin da. Pòfigin fua Kgio^ ^ devoto ,
Carco'^ io fpkndot di taiiti luftrt
Oggi M VEriAania aVha SKTa
Soaie' (rena , e fignoreggiA t lidi^
<2iMfti del Qreco, e infi^n fio;^ rovina
JM Samceno ardir, 4i quante (hagi
' ' G Sazio,
-Stód, ij di «aite Wllj^
Da cerno, idcendo fuperate PUgftjB ,
A pft non,.Venae^;del fecotìdo Enrico^
Che U croi riiigeà 4' toperial cfìto^^.ì
Qtl^UIIAt e qtiàte d;(t'lt^ noh , ió4i forfè
Siiiceta 4i maRùatiiiiirNwtì^ .
Pet ogni lato^ di ftiblii)ii Dontue ^
RinovellàU dal fecondo jgrembo *
Non ^tallgtttóte mù ferie febee L
>I«il i fom Gherardl « e non qud |>i:Qde -
Pet t^tm yàlòr, per militar coflfiglio
Infilne Pietro, e mp il primo Guido
. Invuicibae petto* ottde 4a fetìiofì
QiQttà pet cttideltà^ d'afledio cgiu
Me^td ató;<ke per doppia atmatp [tniirf,
S^utà, « lìrfva^ la fua Patria ftei^ ;
* £ non Guiiiòne % e non Filippo , Jij^ti
Di bellico fudof^ f«utei* C<^pia.'
E ftotì Gìbeno intrepidòj^ e non *cq
Nicdalb itìvitto^ a gtomi fm mmnip;
Folgori iroviiipfo di BfUqH^^ . .
Ctu per aver taiuo col wido fcti:o
Sempre Indefèflo» ^ ftdp iri, guardia tolt^
U alte fagìoni del LOBitìò mpeitOj
Memore ancor de feB Avi fuof tedelit
Il qiiarto Augufto Ca):Lo ampio conc^
Su genti ) e terre di non umil f rido
Rifotwenie ne' Pofibri f enwtì^
Portò le tnfiJbii Matzialì imSMn^ ^,
Ufo* il crin fotto Telmo, ufp la (^(bl
Senató v/iftrice a >ticar ne racn^r, t
E de'fuoi lu^igbi, e ftonÒ& afianni ' .
.' ' Bell»
Hf
. ÌMk. mercedeV WÉfts^l^isAU»
Stefe fa l'ause^ Pferaw, e fu le $xetit^
Che erottola «ìon iim^t .«P Ardainndndà:
Poi sì t«egia»0| ov« di ptifco^ ioitatto,
Libero di t?egnar beato dono
Fra/ i «t»ri Sè^ de'tógaxi Padri
La Dèniutd^ Adria Va iMptrix», e lìebi,
€fa*ElÌa a lui, comealiovel Fabio , ^ novo
Sd^ fer Lei rinato ^ i fitòi Veffóli
Commetter vvtle^ e le fdansit e i fad
De l^ pubbliche cofe^^ e poi di mille
^ Meliti ohvrfto, eéìtie d'atta (pianta
^ Eftràniat e «ara le ta^Sci» « H tronco,
Novo decoié filo, taccor s'aHegfia
Fotta; d'anìiofe dnesiie, e yxm taà tocca
Da ferro ardito tvneeanda fetva,
A< b ftetlak fae p^tsizieAirpi
Con quama f[6ttte indi daJai tcttàè?(è^
Volontaria lo aggiUfiTe', e fé ilegollo
Natura a Lei con innocente errore
Volle tti0(faiar^ che gliel dovea virHite:
£ non ocit? altri trarrò foor dà tanti
Secoli andati ^ o d'itfdno iaafo \\ crine,
t> di placido lAiyov Q il ^o adorni *
D^inclhò f^rto, troppo folta fchiera,
Cile tu^ta. numerar porliebbe.a pena*.
Se rifpkato II 6tal gn^o eftretno
Quafsh tornado il ^rah Cahtor di Tebe;
E voi imr di (ileiiKfO inlrolte andrete ,
, Di Virtù mille già ne gli Avi acc^te
Piti conofcime immàgini .vicine *
Tu primo accòrto A ntohib^xinde il Parnefe
Nome a i lontdhi Re -m^fe ^ ttcando
Splendidi uffici > e non volgari arcaiìi;
• E m foio di acme a Lui fecondo,
G 2 Ghia.
Ond'udfi a la Patria, utili a T altre
LoiKane terre ufciro aurei configK, *
Non degni corto di reftarfi ancora
Senza poftumo onor d'eterna luce.
Che per ben cinto, e valorofo brando, :
Il qual tentato, e ^a giuftÌ2iamoflb
Jlon tardo in masso a folgorar ti vmiti^;
E Tu quarto fra gli alttìy ancor tacfuta^
. Feiroce Guido, ir <fci,4cui vWe l'Adda,
Vide r Italo Pò cóntro la Senna
Spinger afte, edeftrieri, e il giudo fi:etu>
'Mal ricufame vide l'ampio Drava
. Sul procfUofo Ungarico tumuUa
Portai: fin dentro l'eftmgnate Rocche :
Vi bellica rcodetta dtf«mo lutto:.
Saggio! che pofeia fr^ i Boemi acqfiffiv
Lungo a i poderi tuoi fermo retaggio,
Voleffi dopo i ben foflèrti in campo
Vittoriofi di, placate l'ire,
Dovuto ancte a gU Eroi-cercar rlpofo .
Te, Francefco, io vorrb foìde'tuoi iags<*,
Moftrar (fi Girrà ^a l' ombfofe cime-
Ai terametìte ornato, unka fteIJa,
Che Xu i miei verfi, e fu gli altrui fcinriUi .
Quell'alma Tua, che d'onorato zelo
Tutta ferve, e sfavilla, onde hoft fai
Fuor de t retti lèati«ri imprimer' orma,
Qpeftai la luce tua, che da Te nafce ,
E-Tatza l'altra de' Maggiori tuoi ' ,
ISe ftelTa fopra Te jarga fpargondo
iTe nobilmente illtìfti:a,'e da iiniftm
CaTiainofo tempo onu non pavé .
Quella t' accompagnò^ quando varcato
Tanto Ciet, tanto Suol, V Iflro vedefH, ,
Eia
^ 14?;
E tà vederti H bélHciab Cario \*
Quaggtìi nato a i trionfi, il qu^ già fermi'
D'It^a, e fermi già d* Europa l fari ,
A r empio Oronte^ e- a l'infedele Araflé ^
Vero Campion di Dio, giùfte catene
Nei grandi penfier ftioi volge ^ e deftina.
Quindi quanto fu Te Cefaféo lume
Pai non difcefc, o fe ìe^fuoì configli ' *'
I facri penetrali a Te fchiudendo, J '^
Vedier te", quanto P^libata fede»
E la chiarezza del tuo-fansjue antico,
E quelle due , che <^i!ór Ti ftanno a bUtti
Prudenza, ed' oftefH^ -tue fide fcorte^ '
In {>reigio ave(?èrO fé innocenza^ emfieme^
Ragion per Te rnovenda atte preghiere, :
Che là di tutti ^av*«falorar'godea
II meritalo amor, potefti a i lunghi
Boatti danni ahifito impetrar ri/foro, . *
E ben dura tentando ò^rà di ferino.
Di tàflri invano per Te corfi 'Autunni
A i cumulati frutti aprir poterti
Kon facil calle, che dal dì, che op^reflè
Turbo di guerra 'Aufonia, avea divieto
Supremo a i Voti tuoi negato, è chiiifo:
O fé fplendido a tèiiipo, ofe cortefe,
SiiKef o , e d* arti ^ e d' alterezza, fcarco ,
O fé ammirato per amabil foggia '
Di parlar fenjpre Srfiicò, ^ feinpre onefto V
Caro al còrtgionto faàro ;' aìtó ornamento '
Di Partenone fia , fm q'hal non poca
Di Cefare inimortal grazia rifulge : ' '
Caro al gran CoUouràt, a cuila^ fronte
Contente j^lega, e i giurti prieghi affida
Il Boemico R^hò, Anima eccelfa,
Chw' tutto tiitende, e fu diritta lance
G 5 Tu*.
y-.
1*»
Tutto lihnuiiJo« « mvcfa^nda i! «orfo
ly immcafl^i? cflU 2( la Iba f^ con^meifi^
I dover fommi d^ ^augafio guado 9
E<pmUì ancor del foo.gcarv4aagiif adeiapie::
Bacato ia^fine a i prìuù, ouids & fiaimA
Belle, j^ mifai^ri ^ Cef^l'eo (0^65
Dilette fedi già det tuo. bnoif Ay^,
PotelH riveder k teive tue.
Che non piU vifio &}utaiOB 1iet#
Je fno nobil Signor» coi«q da {^i AnttS,
AflMcato uà fenK^r^ x^xstr
BM^ e gioc49ndo H hssve Sot falÀta.
17 abitatox de F agflfti9i^.ct;3ta P<rfo r ^ ^ • :
^Perb qual Qoa< tltle^ » meoonpea hoincdlj^
Plaofa lai Pa^ria^ tua.» pUiiifo £licow».
Dov'io tra le felici aure di Qiaiio, ' .
Noa vulji^c iangue pes I^ Idufe nata,
^ Taccia il bieco^ liJicor> uu^ none v^
Sa det^au zàv\9Xv/^ luca «
Mendicai^ jiiafiaj^ e fajr di^t<^ 4 i^m ^
Non certa iotaiper^y ckrgiato a, nuOc!^
Faveo: figoorilmeme iry ins dUfii^ ^ ^
Lieto pih eh" altH\ altBqkRUorna>.^AÌ%^
$ucc.eui tuoi, d^ Bjoa OMCUfQi ing^iKV
Diffondo l'ali, e la tua fcÙàtta egizia,,
£ l'<%i^io tÓQ fl^me ^^o«. % di molta
Giorno di ^tlla eternità coipargp :
P^xscch^ fconofcenzai orrenda pefie »
D^ \ lividi } cred^ia, fiagni^^ d' abiirq^
La civii yiu a cpiitrìiUc maoda^
Nel rìcordevol mio candido p^Mx><v
Su 1 benefizi altrui , qtual fuol talon^
DI ^nU Vite fu le molli gfenwie
Nuvoloia mattin fparger malignai . r
Nebbia, paluflre, loq a^oi poto^
.^. Jr •,..^/ .... Oinb«^
iSt
LMnciiuDeflna, chede1^a*tn?,efitóp^^^ .
Per vago «Q?ettQ, e per coftumi alt»n ,:
Piena d'alto talento, e d'onor gierf»! ^
Da lunfife età dKSemid«i ftrare
U ecceiro-Sanvìtad TrotteO' !«*?««»>
E le tre Figlie tue, the» fomi^hantt
Lt tre SoreRe Dee, fotte i migliori
Materni Attfpicj.sì/ leggiadre, e fa^
Ciefcott degne di Te, degfie di La,
De la tu* cara deGata v ifta
Ricoiifola, e riiitegra; e fra fpiranfl
Soaviffimo odor fiori a Te cólti
Su V màrgini Pituplei queft* onerati^,
Qnefto ite tanta via . fe tante ctire
Bfcrcitato fianca aidatta , « ^ft . .
A MONSIGNOR MARA2ZANI
' Vis covo ccc*
^^ fa Camwzzazùme di S* Fiji,N£&s€0
Omfcad QCcMè ntoptal,cfui grawinqòitèra
Pè? (juéfte vre del perigttefo efiglto
Notte d'urtano etror, di là» dd^^lo^
Di a da i -tìerchi eterró entm T immeiiW
Giorno i% yita, che le mentì? elette -
Sollieva, ed empiè di beato luitìt't
Oggi fevarfi, om veder conceflb
Foffe lafcìi queffadorabiPAlmaj ,
• * - Q + ^'^^
T.
P'£vaqfilic« loc», in^a clwi vifle
iQuticabilQiente ampia tefora
Per sl'iofi^ceffi andb^ diferti stogÙ
•P* Vlvareftì^ « del Vjglay fgafg^nda»
.Certo vedeebb^ %aeUoi Spi^^ arcfente ,.
Che dal (iipc«ma oaoir def fàcris inceii&
Su r are (ante ti Vaticano tliuftra ,,
Da i gloriofi fcaani ,. ove conieato .
De P indiche con^uifie atto rifulga
* Saverio ,. gcandp iafra^ i giiertie& del Geld .^
Volner quagfjlli ver dottorata. Pofma-
t>suanii ^ gioia , e- di plelatC: acce&.
Vedrebbel dì lafsìf degi^p^tpa oìUlc.
C^oeft'aliQO' T^mpiOy che aLoìbiaficht veti»,
E fazte d\0rok, e 4! oiko a i Muri apgend^
Seriche tde,.e in Wdi crilWli.
Da he- fèflive votce.a Lui rifvegIi«L
lìismoUniggl di votive facr,.
Caùdida d!apl iblee pregiato dono ;
E fil vedfelx)e,-qàai cÌh in vera calnuiH -
Toiindo d' alterezza Au({ro non paVe» .
A le fplendide lodi mtetidèr fiett> , '
Che z Lin dòtta eloquenza in auree proft-
Coniparte I ed orna , e fe di. petto m- peccò»
Gravide gir di /aaravi^Iié , e piene
D* utìfe etempio trionfar da T alto .
Ma in^ ^ual' j^ta foave ^ in 'quat fembcaiite;
Sopra qgm inafmaginar deftro, a fereno < r
N^on fel vedrd^be, anche al concorde 'camo
Ch9 a Lui. tcmpriam; fu le ^^XJt cetrè^
Noi edekrato ftuol*d' eletti pgni^.
Intento (larfi, ed ammìaKiir fé ftcSp
D'altre iràmagini altere y e d'altri mode
pi favellar divinamente adorna .^
Efeiw
pm
E forfè colafsb cara non giungt
La bella Poefia , ne dovè regna /
Svelgo il primo Vero, in pregio tie»g?
Amanfi in Gielo i cernii ; I carmi in Gi0» ,.
Trovan grittìa; e favor: Edi fon qualar
' Perenne hngaa <Je* fflpertó Cori , . -
ette fenza'trìegua tra le fedi aurata -'
Cantah TimmenfoDio, Sigiprdeglf Aftn, ,
I>ominator de i Mari, e de le Terre,
Dal centro , ove in fua gloria immobii fie^ , ■ ;
Tutto moverne qoh V eterno' ciglio ,; . ''*
Largo 'di prejniib al «iuffi, 9 mi protervia]
Asiitajpr det filmtoe tremendo . "', \
N^ certo agPihpi-tìofbrtin Cielo nate, '^ •
E crefciute w i, Seri eftri felici
Mancan flrJèide penne, o vengphfmiMio • '
Calde di b^U'ardir giufte fperarize^. ^ .
Oiide, Mto lo' fallante ORmpcr,^ '
Per mé^zo le canbje alate fcbierfe ^ *
Paflar fecuIaL e^^a Tp feiaìaril ìtvanti ^
Oi^/'K^Mnì Atma, a^ctrl i^à piacqne
Sì para£:*/fieve^> si drf-Moftd^ fcfeva'ii
E di a Viva t^kìe ìnriik •; ^ ^' - - ^
Ebbra j^parir-hèl ttio corporeo; vélo ,
Ck'or oftSó: fatto tra gli «Igertti Charmi*, ^
Gran nome, dando a fconoTciuta .arena»
De la"ftf*ffprò ;f^c!!l€griii*TnKpiente
Wmi (Sgedtó, o Lafife ^volfòfr véty,
Guatte'dP,ÒTgogKt>^ pvsLtii& fonanti;' ' " :*
Ma per Te qtraie^ifcercar cel^^ ' - ;;
^^ G 5 Solo
'4 1
Come al tlp^do^A,,^"'^»!^ *«aet ■
Di Vivi
— «^^ ^' wco pur o|; (.tZZ.Z*^P>^P*^^'
^■«*««^flf
I
i
m
Preflb Te preflfo^ ori taci defiri adempia f
Qaeik tue Iòdi in quel folcane^ giorno ,
Quandè in oo'e^ol onchio a Te ixr date » ,
§aal per fai^uc vetufta^ e qual per celiti
Wi di fiiggid cat^ii nsMfdwMk,
Sacra infigoe Pador, nqn ebber. fauilo
Guidlce ,> Spettàtor MiHra, m fai,
CHe Quefti dwifti «centi » Te rtientoria
Fan m ftftjlime Maratzatri ^ragio^
Viva ftelta dd Tkrój ono^ di Trd*la*|
Che di gei^mate b^nde il can velato^
Poiché fegu tutto ingentilir d'affetti^
Fiorir d'opre» e qtìfbimi ,* e (ìd in
Placidi gir tr^ fuoi dxvbi eiempli
Nbu Tuo dilètto;,. avVentUrofo gv^ri
Perche a i: ifiigUoi? (lioi dì nnlla negletto^
Nulla non d^gno del fuQ qhrara Home,
Nulla rdìaffe difadornoj^e vòtq» ^
De lo (plendor de* fuoi pentìeri augtfffi ,
Q^eflf^fua. Sède, Pontìficie Mura,/
ut trì(ca,,|e lunpa afiài veccrtiezza calighe %
Corretti i diannii, ^ lo f(|uallor deterfo
Rifolgorac fe^ fa le nqftre ciglia \ ^
In così novo, maeftbfo afpettq , ^ * ^/
Che la l?dél fua Parma mm^^ìn eSk ,
Effi? cerca, e, non trova/ e fé" leggenda
Per 9% in patte- rabBett^r (Cotanto .
Qiiem ,, jOftVfOc^pi v^ , che quaggiti par nat<^
A pu^r tutta le wh ,cÌ3tlte cofe;,
A 1 càrnwi^'iwftri , chf^Jt Clenzio, e r ombrar
Privau ornai pjiìitoDmrhOrif; fanno,
RikicaTÌn-fr<mte,, e d^Qopr/pi'em aggìtraga;
or
K.I
^ I^/I
Gf ti AL
V
154
FEDERIGO S AN.V fcTràLI
SQj>ra gii fladi, Poftki di ^. dmtjju^io. Pa^
dre^ir ^ Cùfnm^nda^. il^ Jiigf., CpflTA " J^iCQP.Cb
arti ^4. ff^K mm É»rtÀtt4^ì rl'_ ;-,
Cerere , e. il bnpn . Lertóft. ve%0 • LC»j;ppi: v^.
De. i. celebrati Xerri eftlv^.tìheigtf ? :" ;.
Forfè i. bei. vix&'J[ioi;i(X^ÌkX)^ieV,r "
Imiito FèdéDga,3^,e^ofeAor ra^:menJt^ '
Anzi noa jbWji ,: «paijte maf nd; Ow^ / '
Sorfero da .quel dì^ dtoaide Jiprjié' : ^
Ebbra ,.agipco«di,^lptdofcè.{fiona?*; '>;
Quando, mietrfdgti^ttid^ H??? t^^^^^*^ A/"
Indica vena. 1 M^ t^fòT. dtfchmdé^ . '
Agltf ofisehi aóéì: lioo. a(t»€iparor agetfe^ * ^ ^ ',
0cciihi^f«Hp^;fe P^òfe adórne ^^^ ' '
Per ftwercfecTiàcér ftùaT mi' reftàrfli , /
Per me te^ dic4 ì?^ fa^Jondà Bùterjjé , -
Ebano atmStovdifoiwy C^^^^^ .,^^;,-: j ^^
!• etiti bùel' vOTtb i èTO-*piirpurtel tace. '
E còh que1^wtb'r-étì&-*piirpurea tó»
Di fopema beiti fpjirgendò'ì«l>i»'- .
F»¥ipe di bsl. ^a^e^>».che, aù àìttlr
» t
Maraviglìatido rar? Crtdévi feifir. . ^'
Che r almo Ingegno , onde a iwcm lupe*©
Eam'ae*SaaVttan;ì^n(*»ftiigUfr, * \
U Itale atóUft <;etrc ^ a J Tofchi BwWi
Severa tròppo rioà lanrelfe irtJ?regtò^ : -^ *';
Ben E? de gK arttiì faor fid fiorir f ritno^» -
Coioe (piràntèédl fijo xorfecrete.; . . »
libeia lei Qer vòlte aura Tittricev ' •
Titoli anticK, è tufinghieri doni,
E fpteftdor hingo dì ricchezze avite ^
Gatzome inViko '' abbai^onar power -'
Ma poiché de ht fidente aperte if aft' '
Ne r ^rfefe dt Loibla egr^o fc«te- - • ^.
Tentando l ^afli>.veftcrandtabi4fi>
Col t^turno medita^ profendof •-'
©e U iDivinM Inarcane, ctìfej ^ - ' . ^
1 bcari tóncrpj\ e i fempregiuflt^- *
Becretfluìtì^tn adamanti^ ét^ffiò^f*
E r ^te, lega .ónde 'Vi &J<ila &l«r i : <
i'ardtrtó ì^TO>> spelte,: éto*Èr/N«ttf» . .
Pre^l? .moto \. è »inrémò^;;è^ «tìi^cew» ^
NorTégli t dofci' latHorhbftri:, ^*hatti» .
Iter fileremo Fàttor Popre àmu^mj^*- *.;
Lode , cftè colafsli grata'Jr tHt fitte^ '-
Cóme oflfiffrto, vapor d**arabo iffeenh»^ ; , --^;
NS t fonti' ttoftrivrO'né? cairòra tìftgli»
Le jiatidieHe lfbt*:.Ì-e"i ^and^ aé^entì^ '^
f%#drf'pRm6|7ramc^^ Vero^^àuffcigè, .•-;
Diflegnar fejNpér'anzf rfel éaite'.f'ilWt'; -
Dove: fab' affigliò; SàpSèniar'pPeflK'U-- • -;
Ip ^cftrt Vfviv io le- fiMìiiri ^«rrWi»^ - "*
E le iMiagiiB* àtere tc^ iV%l»Hh|ftéfl*V' '
eh? egli apentti . al fl^vo • Mtìa- 1* m^i^ ' „
Yerircant&,; cft^pel p*^énte'C*l«* ^^i^:>^-l
tj4
FÉ DERISO SAN.VfcTfAti
Cerere, e, il bn0ri.Le]tM^a,ve(H)j(Ì<sl lOtmii:
gè, i. celebrati T'erri eftlYX>. dhèig<if ? ^*
Forfè 1. bei. v^cfi'r tìioi;/!pctf-dkr j?oiéi '"
Inclito Federigo^ , e^ o^qt i'a^. meiue '"
Anzi' noti j*bi ,: %aote dui* n«i CJéléi». ' • -
Sorfero da . qiiel- 4ì diujjide tene'
Ebbra^ e. gìpcQfldll.^^rf'' Ifir. dòfcè; fSona?*- • ': >-'
Quando, ^el;;fó^Q-md^^ come teùtàU: • *f'
Indica verisi i„ fu.oi t^fór. difchindé, ' " ' - *
Agli f oahi róèft' jiDn: affiato awrifec ' ' v
Occuhi^fièfi^^^k^ ,
Per(bver<;Éria ^|ace^9l^l' mi' reftkfli; / '
Per me tet dijc^.Ti.Ueofdà^^E^ '*
ehey qjiahdió'ìnii^Rèìtfefe: aitai fedà^^^^ <
Delira m*apparire^.U fti. Ver-hTfe-'Yòrt^^
Maato. cR. gemme JAtrta^^gfcriim^^ A
D'Etru(fcàailQro,.:e'W>^rolfe:-dit*^- ^ ^. v
'^.banoarm3tp^<RfoiiQre' Cordi,- ' ' *', 1
jbiaer<tòa^<!é|€HVÉ^oP,r''^ità^a^^^^^^ ^
1
H
E còh quel vmtb,-éftùTpar{m^^^^
Di fuperna beiti ipirgeradòvibia?!-
Fai^rUIe di b^l iacp^e^^ciiei mi dii^.
mmm
MaravigKatido vaf ? Crtdévi feifi>
CheralmoIngeino,qiTdear>gionfiipeiW '
Eaffi 'aè*Sa«?/faaK;ì^,nobrf&iigue^, ^
L'Itale atóMTft <;etrèi a i Tòfcln flwtti ^
Severa tròjipo lioii wefle iitj?r^t'ò?; • -^^ ^
Ben Eì de gtt antiì feof fd fionr yrkn»,;
Coiqe Ipirànjè làdl fiio coir fecretar. ^ . -
libeià éfer ©ei:'vbilte àura Tittncev
Titoli antichi,. è tufinghieii doni , '
E f^eftdor hingo dì tìcchetze avite ^
Gatzome in«iho ' abbai^onar P«>we^-'
M» poicWi de fò Mente aperte- l^afcv^'
Nq F ^rfeè dt LoibJa ègrtoe fc^te- - * -' \
tentando ? ^afliV venerandi abiffij,
Col tàtìturno nneditar pt©foi^af
©e li Dmntti I4f "arcane, ctìfe^ : - -
1 bcatt »dncrpj\ e i fempre9»«^'^
Decretfftuitì^ttt adamanti^ ét«nò^i:* •
E r alta lejà . ónde <li Gniiia &)l» , i -
Noréglf t dolci' lavtorìibftrf, ^'hfftii»
DeF fimremo Fàttór Popre àmfltttfttWft*-
Lode, cftè calafkli gratar'ìt t«f W^ -
Come oflfèno. vapof d^'arabo" Itìcen»^^ ,
NS fr fonti' tioMyprìfk canoira Itftgli» -
Disegnar fe^er anzt tó tM^,péW»t-, -
Dove^fab-'fiMi^.Sapfcttiar'pM'^ • -:
lo W cftrt. Vfvi^, » le-fi<Mihri^«nttl»^;= -
E le imniagitì- àtere té ù'^'iAìpréO^f' '
Ctfegli apenw.aJffi*v6 Nfclifi fiN«v*»
Yetrcant&,;cft^pel pertnte'C^lfè^^-^i'-^^'l
f.
^i
\6o
Vago in ^ttdlp s'avVdgéV^-^lel'fuo bwr© *
Mirabilmente tntio Pitiaò oilotà .
Or chi (ni vietai che di èoon legtiàgf^
Te rtmiraiìilb sì iodato germe ^ * ,-ìi^^-
EccdrO' Federico, io fra l nioftali- ?' ^ :
Te non eiga a le Mle^^ e' Te nott ciitaini
Di beir invidia degtio, a cm'^ftì diM» -
Sì prod« nic?r dà gèrtétòfo Pianta, - ': . -
Che tanto al Clei*^!^ verdi cime a^^^ttóto .ì;
Qus6m)il ^rtfondofiV^rtclBf^ O'
ISb i numéfbfl fe:oli?noa ferite • '* " • /•
Le infidie ,- i^f c&finl , e ^ài& l^no^ etocc^,. '
Che in 'tìèri^oàf^to «l^-Tectìtoair^rtA^o-
Lungo il c'd»)^)^ !iÀiibr 4Èii l^^p^^^
Quanhx MìAtiyeétìm^i ^i& rirtiaftr, e Set* : '
Vientf^'^y^ffó* fttttfl, e tf alrK «jrì-
T , iHl fìiVlVit '- ■ -i II r Pillili I ì ii;
. ,.1*/:* i .^?/-\ K 'iti :;/ •^-. TL '.T ' '
PEtfcli^ial'iMrtìkofìferiJite puoadiMor»/
Rorttper |é (ffiret^^ioggi non cerco g
O Suzani , n' andlcfti tft' tenha fpoglia - ,
AìriK)Ifir^^1n^ei2a Al^corda^^g^avv > aceiba
DogliJ^^Bbdij^n^^i^é^ìn'fuc Ix!!nl6ra.b«]!ca9.:4
Che 1* avaro^Parott^ttWVe^iwi'ihìSnl : .'
Pigri * Lèt^, tifetiur >vad«èfli t r -{
W làv^onde^ Ofelia mai celioni' fe'jrittrfiiOy - f,
JP'Ì3«ii Qèrman diletto a tefu^eiw ; >
Aito tSigfti , è a teMa^Um *ii» lit» • 1 u
Mft n^ fisW tt*^* ìConoÉbtt qpaBe - • .
létt
Di cli9 tt Mm Flglkriho fpfttre le cade ^ >
Lacere membra, e rkhianidie in vita: ■' \
N^ a tai prod£e> de le prifche Argive
Fole^ fio gran Fscte, e fi), che t noftrt nomi
Laf^ufo Urna <Ìpsic^ agtta9 e feote^
E caldi) o^tofto m fi» rorreiida riva
Hot tutti #etta il Gondolier d'Abiflfé»^
Per tr2^*inarct tn> fit r-amk» prora* '
Ne feurr càÀìpi, e ne Tetemo ériglio.
Sen io ti POMO in fu PAontacena
Ómalr d» dokt armooiofi laodt
Ouàldto d^ M coiìfi^H aureo* conforto ;
Sebbeti.cbe il dUoI, chei cuoi peofieri iwombK^
In me non Bèf« di triAefcza im^MB
Orma fùnefUs^e poi che Teco iq nodo
Di caÉdkb amiilà mi unir gir D^«
Prima^teà, che it Céridottièr det kttfio
Muti Tetemo coifo, e de*mortaH
Niegfai a .le lunghe notti ìt dii^ro giorno ,
Che t tuoi non fenta amari cafi avverfi .
Dirai) 'Che mentile ancor di vigor meno
Al tao German (correa Je vene ii lai^jue, •
Nd vih M cotfo de^ftioi merti vide
Quella venir ^ che at noKro danno cieca
I imglior fiir», è hfcta ftàrci rei.
Dmo il membmr quante fue belle intatte
Virtudi in notte intempefHvaf avvolte
Da noi fi dipartirò, e fparver ftcò/
E fo, t:he Qf)ai più viva is noi nóuftigè^ 1
Del ben rimmago^ che ^dafor fi >e«de. '
Or^^vcb^a mente ad oiaa^ Oi" ti toìMa^>
Qual d' incovrotta^ d , qatJti d^akc^ t^Àif^, '
D' alto configlio in^ fèti tcTor diludéiTe T '^^ ^
E qual fu le fue tdbbra aurea fo^e .
Veiu di dotto «fa|pioMr'^4t(aflè ' ' '' "' '
Co^ ^
•\
SpttQ
r
S ^l àur^ ccflc^t^e x hmi emoti',, e i 6flS;
£ fé pur yex Piai^imza oii vivo af<fentft
Sgoarda^volg» ulor, cm noi &^a&a» ^,
CJbe pianga» A» v^ttu^ 9 « anijUjiftì per cnidpk
E jrwtefiaTa Mat ik den&,neb|M^^
ly infami erroj^e fra cr^deit' ìfè^ti , / ,,.
t)i %0xA afiettt, ^ a^ difcovil vogHe^ \
Con deUl tegoQ », e .con. incerte vele . .
IcVnsl àsi vero etermi PortQ enmdo^ %
. ., IDEILA Sisifo JUJ^
B« Bn A Q AH à n't ^ nat^ Marcii éViI
ScaTTi di. CÀ^tE^Bpsco,,
C G Xc I X 6 K C? Jt ; ^ .
. MAB£kiBaK. GipsMFa MÀi-yicmi.; . ^
NOH io» fii nv)^ di» l (Àperni féà.^: ^
Velaio tf- capo *.MrMW« t:«fe v ... ^i
Atttacoi: 4^UlefUl^0u}llJ^,tàc^
De k: CaAalio £)^ iéqpum.iiv Qn:d^> ./..
I-afci<è U cime 9< aV d4 P aur«e ftdi
Ad incontfaijo la fonerei pew.
A i ùfòAd ve(6 afsoi,,. e xlUi;(0lgo; ^' ,
»^* ,. . '4
M« mzttiò fer ' KtUi'^ cIiè'Mu Stóa
Qiid&, a CUI caro viro, età felice.
Egli qaag^nfo appar, ricca tenend©
Per man catena da gli Dèi commefla
Afbàon lavoro de P eteme inctiidi :
Ptefa la Cettìi , che m Sa^fena un. teittpb
Solo nomi X)noA di viver degni l *
Sorgo ^ e al vegnente Dio carmi rrcpali»
Che poi fet fanno de' fuor nodi Hlulhri
^ Talta Madre fua tornar fuperbo.
E %' 4>ca Jo dsd^i e iunsQ Parma afirètte ,
Non che i feguaci del mio caldo ii^egno .
Delfici fl|odi, ma ^Hei p«re r invoco '.<
E in pompa guido, che a^&mofi Cigni
Arte, e lyatufa dtero, Italia dic»^
Se ^efte. che il buon' Nume inHeme annodi t
Antyrfae Uirpv ^annp »gif n fu i doni ,
Che a fupremp valor Febo decina.
Certo cred'io, che non ToraèBé aguale
Cagion di cant9, oliando :tt gran Pdeò
Più che teaAno g&do azzurra i kimi.
Dal glauco crin fino al volubil piede ,
Canfida,.^é fchjctta ;piii che argentea fpàifUl »
Tcti fi avvrnfe, benché allor guidato
L' umide Figlie di Nereo per l'onde
Infoltte caroleV e fovra i lidi
Sparfer conche^ e coralli, e Proteo forie, .
Tacendo i fldttt, e non oTando i venti
jSpirar Mò iirif^iirtmo^ o batter ala;-
A fer parole delp ì^nturo^ Actól*^ • ' '' - '^
Ni qficftay^^ividd Vulgo; l ^i fovewtto
Favolofo lódér vtea lùfinga .• '
Odio menzogtià, e col favor ^i Pittoo
Voti nomi infecondi a le remote ,. .
Ciedule età non pcnnriti^gto^ ed omo.
m
Moftrafi a f ombre iugjginye, e uq f^ci^
Arrinafccnte giòijip àfdej^.e fdatilla^, ^a
Vieni , e nei i>r^i /u^ T^ fleflai av vo^ , ì
E ornai tì icopri,, o <Ji Piacerai lue?,,., ^^
O fióre eletto de le Ai^onie Sjxjfe^ , ;,, ^
Ecccljla Bradapiantc, e ^ L detti^mie^ // ,
Acqi;uua fèdf^^ e fa. ragione al vaso. ;
<^alé ÌQ Tejcofa^ chepiìi ilMonao^ammirit
Vien t<ieco ? Ed- anzi quale in Te piQ* rara
Sovrana dote non udonHa, come
In Indica minieca oro inefaufto?*
Potea lume maggior d' Avi , e di Cunfi .
Toccarti in fòrte. ^ Wira il trcinco ake^^ :
Onde pur Tecp .^el^te p^*|cìpif)- « nomt j
La Scotta, inclita. ftlrjie.Appeujn^a r /^i
A rannour fu^ bracci^'moipiaJimg^ ^ ; >
Aviti Tcettri , ch^ltre Mar ftena^ - , i
Le bellicofe Calidonie G^iiii y T
£ amati ,jn pace^ e i>ayeiit9ti ìm guerra ,:\
Signoreggiandole Scoz^etifive
Vtd^ un deTuoi Germi a Trebbia dato y
Spapder la V)$rde chioma^ e larga areica ; <
Coprendo di WP Ombra > in Tua K^dice,r. :
Lieta d" augufto Sangue: ogni ,pa^ggio
Quafi fdegnar , levando l' ardua fronte ,
A i Regi c^aie^ e a. gli altlJDeì vicina./
Taccio pofcia foipefe a la tua Pianta \
Sona fr^ noi di^ Peregrih Slam^Uo »>
Fulminee Spadjé. ardenti usberghi,,. ^ elmi
Memori ancor aé*generofi ^m^ - i
E d* afpcie dpvalor ludate pmve : i
Taccio ftilgide Croci, ed Qilri aiteri ,
E mille iifcifi titoli fublimi, / . ^ :
Onde de'tUfti Mag§^pri a ra§ÌQn pum . , j
Prén-
JjdA» U rì^ itopr nòtófe tJt&o^d\ ,
Di ciie felice Genito^ Tu fd
™^^«V« n«ie. A lai dorare fefcd .
Fànlhi , tMiéfe nafcejfc, porfe Forruna,
Jb già de I grandi ftròi «feftiii prefa^ =
Giona lo accoMe » Egli poteo lè ^
TMto pdBcnti tw tn, tanto ammiiate
Del Fwrtfc'FracicefcQ , Alma prc^Jorta
Fra ì n^ri^Voti, e tra il favof de' Fati ,
illaftre Mcff^ièt recare a rArho^
A là Senni j al Dantìbio; ed or tea fsu
Come pregiato fu le Ibere Pi^ge
i<?^ M > £ l*r còrtfiglio adoma poìtà /
Di ^llod'etoroootatopeltòv ; * '
Dono tP afta' R««a, -^Imifcoi^af Dònìia ; ■
Che al fommo ffDàno, inviitto He <Sn^tA\
gc^fiioi voler rupfenti alta Cuftòde, ^
Del Talamo, € del Trono a patte alzata
Soler fe fcffirinfm)'fpléhdòf Wiglif'^*'^ •
JE le fttggettef; e nòj fuggette teì?e, *
I vaftl man f è òuéfti tempi . ^ qu4tt '
Ne *t»f fft ; finc% rn 9/ iptllTSolé,-
Empie del Mome fuo- Fqrtè^fe à l' armi 1
E a le yi«otfe II torfoapre, e prèfàivé^
E coronata Amaz^pne dd Ta^o '
S«L^*Ì??J'^^^ fiahni Aa% ? totìa ;
^j_ " ' è di pacié
onora
^., , e i^arri
„. "ww.x«/*ta, e bea."
l^e provvida g%il ctiia raaternav
Come-éfpé-to cirftoi^ govtìPna, e pafce
^ i^ 1/ di /pietanze arbor tidente,
» lari cfem^i, e^i cefftumi egregi
Luiì*
Lungaitvttite ^om\. %t fei PeMtftt .
Veigiiii a bella i^rvitude^te
Tiena d'àcobrco figfMrii t^«&to
Amò Talt^ Sofia, we$^9^^^ fòùmn»
Del 1^ lupaie j € à4 (#rc^te XÌ0^ei» ;
E fpirando inceflante aum MC<MKÌa ^i ^
A UcrÉJkntime victù noiidU^». . i
Te ^ &yor de'fuoi ^fi^i .>tiMefle« .
CJbi ridir vpub, ae le M^fe ciotti /
Al Gemp'Acre, a^ folgotar di ceoto :
Tfemoie faci, tra i (offm^ e il ptauT^ .
D'orbata QiovemtLi de*^i^i aoaanres .
Come leg|^ » « grazìpfa . tutefii ^
I D'^e danzai ^egol^ti.. fi-lori/ ... : ^
Nm va Ui^.jeAsi opu.pft latMo ; ;.
^ Dok^ Favo^ in bel m^M^.d'^AftriM /:
Sa rerbe pigmei che icol pui»«;0^<M<> I i
Ce le rugtj^e ftiej' Aqiwa\a(p9l»e.%.
Ainabil q^M^efilt r$sSe i itoimodi»
T^ipprMlUt|i,«aI5i*i^tt^#0V«^ vai,
Guida fu r^irme tw ve^^o^ e diKiùroo! (
I Ma può k tj^cki wmerar fu i.< fiilcU,
r Pub di notturna. Cielo ad mai. ad m» u '.
Contar le flelles e quanti fior ndigrlBnibO
Di Primav«|f;a aur^ gentil di(c)iiiide ,
Chi HM:^^ annoverar, tutti raccotve
PuS del mq Volto « pubide tuoi JkgK occhi
Le grazie, e i vivi Jaiapt, e può def almu
Tutti ridi^ gP immortali on^i* :
Or Tu non nsen cU X^i fubUtHf ^^chiaio
Rtforg^te fplemloi: . noi^ ornanaento
D^i procU MalyiónL) inclito Spofo»
Prendi p^e del caMo. e appieno moflra)
Se per m\ degna, e ^ <iniFat>il Coppia
Le Pindanciie wnti amica fiuteife .
Apfif
\ 1
'Mèi
Aprir ftim. Nm tacerò é^^eTcM' /
Vsamco Regnaior* Celio , nik il fotte
Ceiebiato Fòhteo, diletto a- Marte,
Cile ifidomitft trattando afta vittrìce^
•fiHe tTMiido a fidiaco ardite ìmprefé^
Coriè d'enor gac^rìetó imtnehfa Àrada:
l^li et^ibnuAO D6qe^ es^ era Migue
Del Re TofiiaiiO) e Tu da. Lui kende^i.
Quinci ndl Ceppo ritier, ehe fi ptockiflì?:^
Regal gk>ria vetuFfta ancor s'aggira^
E /coinè foo primiet caro aliinento.
Per le.^vaccMe radk^ « per le frefc>e
Fronde tadita ftrpe, e di faa^tfempra,
E del fuo genio i novi Frutti imptitné^ ;
Guarda pOi quanti di .tua Schkftra tftìtp
Per l^huido inritroy e per •c^ffcgio TenM*
Utili' à i Regni, e a i grandi ùffitf kiteétt
Anime lòiti, tìi cui P^Adrid ierba,
Serban' Arno , ed f àfubria , e Tébbro , ed Iflra
-Alce memoTie ^ <fhe ^ ^ri^a 'al tempp ^
E le rif^àai tedébrdfo obbHo.
Del tuo frifco Dondolio ancor Hcord^i
L'oifi^iofo Tidon le leggi, e il freno ^
Ohe da Lui ti^<^V e ^ fontane loéii
Tutta 4*amma fui Valle ahcot rifona*'
Ma tropf>0 largo ^are a ^mder i^lendò^
E me f^rida Imeneo^ (borendo ih alto
Ia* Noeiat (uà Teda, e la v^nte
Prora del gran camminò a Te ritorce^
Nobtt ^oleffi>^ che> ^ual T«rre in ^runa
Dubbia nottea i Noccèi^r lungi fendente , ^
Segni con la tua lutò a le mie vele ^^
Quanta, cvA fanno 'nofuei pre^ì tuoi,
E che a folcar nA «reHa^oiida infinità.
Qual altra 'd* altra wìi lodata Madre
Nafcendo tolfe, e maturò covi; gii anni.
Spiriti ..piU vivaci, e cor più pronto/ .
Piìi generofo, e d* ondiate amico.''
O forme ebbe piìl colte, o pììx concordi ^
Tempre di Vita, o piti le^adio affetto •
Spatlo di Nobiltà, cne fuor traluce?
Te il campo ammira in (hnulata ptign*
Prodemente rotar ferro onorato.
Che neghinofo fregio, o inutìl pondo
Kon ti pende dal fianco; e fé a cfcièdeffe
Patria, Dritto, ed Onof, Ginftrzia, cFed«s
Oosne verrebbe a lamp^iarti in mano ,
De r Alma valoiafa aoirinitiiftro !
Tu fpeffo il tergo a Corridor feroce
Premendo godi in ^IticoTa caocia ;
Stancare i Veltri, efercitar le felve,
Ed ^mi le robufts agiU membn^t . ^
Pazienti del fòl, durate al gelo
Togliere al fonno j e a le oziofe pinole.
Te circondata il crm d*eqii€ttre alio»©' '
L'arte miglior de i Cavalier' maeftra !
Lièta vede,ve^far ftt V àuree carte,
Che non 61fa 4^ojìot €Me feienza , *
Vergò ne* tempij, die al fticor fi tolife
Di man Tinsaiuo, e mal nudato acciaro ^
£ col buon lume di ficure leggi
Sul difarmato error ragion rifiiHè ,
E Te pur vede futile amar, clwr grido
Danno ai Secoli, a i Regni ,a i Nomi , a l'opre )
Storiai lor fingendo vera , in cui
Gib, <Ae fiiggir fi de% ab che lq|bine.
Da t vari fette ^ e da gli eteoA inftmtta
L' attenta i^nrà^ d* ogni età saccoeite .
Per^^rpneraJlfejAmor, che il più bel dardo,
Che ripmo tenè&èinfua fium»%
H, Pet
r
Per Te ààath% V infera corìa ,
E folo per Cernei , che in fogHe d' oto
Hegf^ de* tuoi fofpiri a Te crefcea,
SI «sUa jU coi Ti dìfqmh fetìt^y
Per CUI d* Urania t)ra il tetene Figliò
Defi^ndò ìà Alerà avvemurófi^caritii ,
E conduc^n'do per lereno calle
Al TalatnfìLÌxato i^uguri, è Voti
Supcibameote fcende , "e con eterno
Aaomàntinò {aedo a Ld ti (Iniige .
;4 t s 1 G'ìfòk
Ca PIETRO SCÒTTI
la anifna a fuggire il a/hi rete àmore^ .
ih cui è'frefo.
Pietro» qud oda m'aV3i Te narrarli
Oda, qui fede negar voffi^ e fede
Or prèftar deggio? Udii, che te ben eirì
Augel, cui niS^ Wlpo n> lieto ibofto
pi gievànette pianta, /n^ )>otcb ^
Piaggia dipinta, d*. ajkni jìori , e dVerbe
Trar ne gu, afco6.i|ig^dni i or legi2 frahelie>
S di lo^ tonga ]ib0rtà feroci^ , /
Ale t* invdie, T a^iorofa . pania ,
e E kgollè Còsi) che ^poiché invano
L' opptdfi) lòr tiatia vigor ;ynta|rQ^,
E: il domo , T vinto ior primìfr cp^ff urne ,
Troppo di' -quel'» di pria diffii|iil fjgi . .
E quefloil puote, e folo il puote Amoi^«
Amor^
-^
tn
kmét, cHe fé a géfitll féttii /^ ip^fpniè .
Sì ragioQ taibii, sì conimòve,'é'mefce
I fcui feriii, e sì tr^volve^ è caliga
II fetto giudicar a*uli (pi dìfio \,
Tutta ìngotnbrs^o ta TnioitàTeii e Talora
PlvuÈt ìpartè, che tpirb he V Uomo'
.L'aura òelefle del rattoire ètetiio,^
Che.tutto.faffi, tutto ih noi dìyìéìiQ
'Citta, e]penfìeì d'aéiol:, nìderOom^HinO
ilefta veltigio. Tal là dove in Mate
L' Irrigator à* Egitto irhjnehfo fiume
Scende da fett^ ampie fohore foci
^u l'onda Xa^^fCùn la vajfìa ^iena
Frange , tb Ifiriol^ , .^ sì la tethpra e troice ^
X:he per ben IuMq tratto Y>bbUa fé 'Oefla,
E l*am^e22à degnativi fall
otto *<W».. ,^...«.^..«9 *«.W ^^MKS,L |/4V
Vedean feVeftte, e dove l'al-dué tjujr*
Stènde Piacenza^ e ^PalTaggier <diflèrrà
VenticeL che^à fera ì Vanni fcàite'"
Dolce rìltdra^'r de i dì jcocentl . .
"Or nulla parte Te piti vede, e Int^til^
Non bùgiardp tomor Tempre, e tot mille
Lingue diVulg^a, che mahieta pònnÀ
Sul Setchio^ Mata ) e al t^iccioIRen poi tratta
Per infift d* atto • Imeìiep ^ tcela d' antico
Indico ùaf^iy t v^ì beltà laòh tdeno
Che per Virila di loMiàiò l^r^O degna ,
Sì co^ begli occhi , si cb^ i jnoA adomi
H 2 Te
Te d'amor fervo fco, che d* amor fola...
Tecó tagioni, tèco penfi, e quanto
Puote da Lei dlftòr tua mente accefa
Fuggi, ed abboni, come fcoglio, e cieco
<Juado arenofo con rivolte vele
Schifa Noàhiero, che al diletto Porto. ^
Drizza col bilon dèfió |a ricca prora." „.^
A qual mai fa de tuoi fedeli amìc^
De le tue ftanze non cpnceffo il varco? .
Cèrto a neffuh. Tutti accoglievi V^ l Alba
Di frefco aveffe di Titon lafaato' <
I freddi ampleffi, e rinamabil letto; .
O l'ardente meriggio anche a le gregge
Feffe ì pafchi obbllafe , e cercar V onde .
Or fu. la Porta ineforabil ftalfi ^ .
Ottiin, che vieta, e del vietato iMirelTo, .
Mentir non teme la eagion. Ben [anno '
Òuei; che fu Torme lor tornanfi mdietro
p^nfofi, e, mefti^ e del tuo mài pìetofi^;
San, che di tua Magion rinchiufo in §art«
Dove alcun non ti Veci§ia al lento foco
D'amor ti ftruggl; ed or con ferme ciglia,
Con baffo volto fu 4orato Tcanno
Immobil fiedi, or còli 4ncert0 paffo
Inquieto t'aggiri, e col tenace ;
Meditar nutrì là ioi\7è 'fiamma,
Clie va di vena tt vena, e i vagabondi
Spirti ad arder préffi , e le motrici
tenere fibre, e il b^ ^effuto fangue
Scorre, e d^reda: Tal (e al bel ritorno
Tì^Zefero e d'Aprii mirò nel ^rato
Sf^a^éie^fu^Jerbo , n^. còl l^ceve «orni) ,
Fervido Cozzator Paria più fende j
Ma in erma felva^ in folitaria valle . ; .
Vinto 4^1 fier dùGo talor fhl duro
Tetìren fi ftcn^e, ^ tater, come il |nin|f»
L.' jimorofo fiirpr^, ^' a^ta , e move »
Di flebile muggito empiendo Taute^
Perchi la cetra tm gentil diletto
Ora fi giace polveroU, e ^luu?
Perche giti cadder 4f^ T adorno crine ,
I fagri fregi, e le si rare a i Vati
Belle ghirlande^ la. divina Euterpe
Torya fd vpde, e'I folleiiTii>r ne fgrida, ^
Taccio le ftottf , ahiriie ; che' tu ben fai
Se knte vanno, a térmihat lor corfò, '* ,'
Che Tu^ n^ fotfé dal vèr parto > e il vero
Moftrami V ufo de la mriane cole.
Tu nel comun ripofo , ahimi non puoi
Baffkr palpebra, e Tana, e l^^altrc^ (ponda *
Stanchi dei letto ingrato : ingrafi , e fpéffi
Sofpir traendo dal profondo fianco .
Oli duro ftato, oh de 'gli Amanti acerba .
Vita d'angofce piena! E qual poi credi
Che Taltre Donne , ond* il tuo Pàtrio fuolo
S'orna; e u pregia, aU>ianOlac«rdirpetto,
Che Tu contra i lor vezzi in pria sì faldj,
SY le amorofe infidie a fchemir defiro ,
Quafi indomita fiera al laccio colta.
Di ftrahiera beltadè or Tu fii preda ? ,
Qual pertfi , eh* in lor cor gturin vendetta ^
Che aa Alma fèmmintl taijto pgnor piacque ?
Certo fé mai fui lufinghier crifiallo
Nuove di rapir cuori appreffen arti ,
Onde Tonor di lor bellezza inulto
0«)4i piU non fi refii, or V che tuttt
H j Ne
r:
174
Ne 1 Taglu Y^^M f *<^^» fS**^ v
Ne le vezjofe pa^Tett;^ accorte
Comia. T^ te ^uoàró . ^Ed ahi f che fr^flto ,.
Se puT credlj)il >, che ìpal fi. franga^
Fora^fi^^che in. altco!.laccip, e forfè'
ìioa, mentqnàc^ ^e n<it\ rtiif n fcrmp wiaiftt* .
Pici:o, <*«dÌ|#ggnp.lSò,cbcihYatì^
Brava, Filofotu ragiono ^ dove-
Tiranna s^no feo. fovejgchiaadppra.
Nulk dirótti, Te^wl 16^10. feppi^
I» qwfie (àije a.Te m^^uTìO/praì.
la G)r^T^ ftSfo; còme in ìerfQjpegUó
Mi/i, e pfetì, dr. Te ti vin<^, Ìl (aggi*.
A Ce naecSifrto i qpàfigliero, e. guida,
tfe r ailreo, (cndp ^ cK H poid^nte- Ub^Id^*
Imf^rovtfiijd. s^i pfl^cfe ,. app^n^^ vidi?
II bwn. Gu^^T»^ d^l.Dio,, tqtti* fpirànt«^,
tafcivo odor l' inànefIIàta.cbiotìia.
Ai pedante piumato elmo, dovuta ^
E. yide in'mplle om^irg^ganiia; avvolto/
Il cJprfQ ,. e 'l petto , cH&TCq^éan.d^ 4.0ppÌ4
-• Ma&liaiedi doppio acciar coróm. in* ii^àfc
loc pi;iinà ^li, occhi, da r iiiicfegna Vifta^ '
Tra inpbil ira, e tra vergógna, toife :
Poi quaft f:o{fo da pro&ndp. ÌDnno
Sq^uaccib, le van^. mfe^ijej^e qual; fe rot^a,.
La ferrea pabbi.^ afpro.lLecm.,Numidal ,
Fugge, te! vedi. ^ n^tùraiei bisgoglio
G|à i^comporfi , è, ritortjaj: 1^* Bioqde,
G|Uhe fcotfindo d^i'^dtero, jpolla^ .
A le note fei;^/le a^P. fp^ vènto'-
Seca poit^nd^ r, e lajciautooro. ftern^iq.
A i ké/i' .Céryi,;e a fe.felvaggé- Capre :
Tal ^ In oapz^, a «pT^up prodf toòflfe
- ' Ra^
17?
Rapidamente in foo po^er volgendo
La goerra d' Afia , e (é ventufe prove
De la riforta fua virtù fetbàte
II gran Siipolcro. a liberar di Crìfto. ' .
■„, l 1 I .ImJ.i '.ujjjjjlj^
AL. SIG ÌJQ R.
CO. CARLQ BARATTIERI
SJavutofi dalla V^bbre y £^ tmervenuta aliai
frìma Recita d^l Dramma mtstp^
lata li Fraxejli rffonofciuti ^
Quella, che ti &GGa» pactet m tra^
E parte per tinioc batter ^feyeatQ
1^ iBan Al l'anca, e maledir taa ^ibfM
Febbre ipportona,. poi: q\sal Jiehbia al Sok.
SI rappe, e fi difpiene,; e Dìo (a dove
Seco ^ • "•• •• -'
E
E
Affteinofe viigilie^ )ta pur iolk
1a vene a contrìffaù^ di (ozta avam^
Che ingiufta PoftfTpr rìpon Ibttects
Il cumulato argento, inittil nu^,
O a fp^rget feco ne Pigòpbtt fafigue
DI chi , ricco de i doni Ji FortfaiiD^
Lafcta langtijr fu le fuperbe foglie
L'arti mendiche. Ma per mia coi}tcntO. 3
BaftirDi , Amica Biratfieri ^ eh' ella. -^
Vih teca non foggiornì . AvrM per or»
Ritinta in roflòt , e del creTciuto, e mefto
Pel npuUta l'una^ e F altra guancia?
Il primo lume a gli occhi, il vitòt primo j
Sara tornato a le ginocchia f ed altro T |
r H 4 A j
1
^7^ . ,
A regal menù gu/leralj che iti^tate
Polveri^ ed acqw, che per torto, vetnr
A goccia a goccia lag ri maro,, e pre22a
TraflTer da i vani Ipecioiì nomf,
E rfa la Gonra in van credula fj^^eme?' ' ^
Te pur itide il Tearra avide orecchie^
Porgere al canto, che si varit), e dolce:
D3 le f aruore emole bocche ufcia .
'Dimmi ^ dov'eri allor, non ri parca
Che meffabll dolcezza ^ quafi fiume
Hepente Talma tMnondailej e i ferdir
H fé pur q^nalche non ben, v Vi irò avanzo^
Di febbre ancora ti fcorrea le fibre,
Nonio v-infe-ii' piacer, che fatto.' code ^ ^
Tutti 3 deifer tiioi fpirfri vitali ^ " "^ .
E liinpidi , e vivacF li condalTe.
t>i vena in vena , e gli oi^nò nef' core ^
Certo quefto *u il dirtamo'» che indaino-
Ne Tarn fba cerca Galea j. n^ U trova. •-
Qucfto il bfttfatno fu, che tldifcloife
Dal tuo laogaore, e a fàiittà ri refe:.
Finche pronto tu rhat^ fenne buon ufo^.
E la tua vita ne provvTsdì, coma
Cauta fermica, finche il rempo i deftroV
Setto l' ardente fol t' Aja fcoriendo
Quanto più pub de la recifa Mefle
Tragge ed morfo^, e de la reit ftagiorte-
Memore, accrefce U cuftodìto acervo^ ,
Godrti quelle sotti al Genio facre^ - \ .
E contra i fofchl d>, cbe feca ^not9
Trar T avvenire ^ e il variar dei Fato> '
I>* inceflfante diletto einpin il feno ,,
E ne imprinw la Meiue. E? dolce cofa-
«Ne i tniti eventi ramiaentase t lieti ^
£ diikogUcnda da i penfiec fìimefli
U
/ X77'
U afflitto cor ^nafi ingannar fua pw^*
E fé qttalche ridante 5ba t'invita
A rgfpirar le priftte aure del giorno
Per geniàl pafleggio, a me t'invia,
Che come loglb, t'oftitb rtfton>
D^ odotofk bevanda atto* fpdfnante ' .
Su belle tazze , che il Cinefe induftre
Con '9Xté ignota 'at Lazio orna ^ ^ colora •
ALV EMINENtlSS, PWNCIPE
Il SIGNOR
CAUDINALE TOMMASO RUFFO;
Itegato a Latere dì Bologna»
^^Ue(ta,ch6infula Senna aureo Coturno
V^Calzando alteramente , e de i,bei modi
Diiua gentil oatla^ avella adorna »,
A dilettar forfè reale orecchio,
E legie cure a lufingar poflénte
In vada Scena fra notturni pUufii
Nobil Tragedia maeflofa ap^rve^
Quefia, Sigitor, fui picciol Ken veftita
tritale voci, e di minor Teatro,
Però che facra a Te, ^aga e fuperba
Con rimmorcal tuo chiaro nome in fronte
Oggi fra noi di comparir s'allegra.
E par che il fuon de* fconofciuti accenti
Qui volontieri a modulare impari ,
IVr la gloria d'ordir «jualche a le tue
FaHtiche iUuftri genia! conforto.
A 5 Seb.
1 /"
Vaghi coioD^, è ^dla;in n^chi yeli,^
E panni ;fy;i^()l(a,,irùmtabiJL priom.
<Yraùa , e bi^ItS \j^^\tiroi^^ biechi volsa
Gli occhi y ^ ijim Jfbfi^iK^^ve Matf on» oBef^,,
Par» che in,.uà,a!iipiv €^di^ roObr fii; doga' \\
Che m^l iepi>'io d*itpifattjci note.
Ornar gli alti fuoi.f^, e i vari nioti,^
E l'bei coftaml avvivar, come in tela
iMkilke Dififii^r dar uoMmo. volto*
Vìvo gode, tirar, Iplraiite. immago,
E iti Ipi ppmelUgfliandaafi^ri}. e voglia:
Quafi parré dé'4*"ATma anco.v'mfpìra/
Felice Emulafojc,. foay^ i^;iganpo.
Di rigu^anu^eTuà ÈNglrartè onora.
Ma (jttufido.^paiie al Facicpr^ufysr^^
Partir lé* terre, e ie di vierfe, genti '
in un ra(;corre^ e« frappo^ alpi , e mari,
E fiumi',, et fpazj inabitati immend
Qi^fte dà mieHe cli^^a^ ^ ing^gJV).
Vario lòr mede, é f^vpUar: diverib .
Ebber le lìtìgue allor^.come de: % rtpftii* '
Chiufi afleiti ^, e pe^l^ey nij^e. feddi >
1 pròpri gen}»,eiy?izi proprji, e il |roprfo,
Spirito . e ]©. più vaghe, e le più cojte
(Siali fra il Vulgo alme-Reine, fecd.
Cdntefer .di ..beltà . God^ ciafcuna^
Che ftranio Traduttor gfi aurei faoi fcritli.
Non yaleffe adeguar.. C^iejnpre^parte^
Pel lor bello natio non ej^iylaro.
Ma il dejSaro l peregrini, inpliipftri .
Talfe avvien:, che gentil, pianta odorata
Porri it bufln. Vil^aél da^eflrania 'riva,^
E fòtfQ.a iipnjSuo; Cièlv AÒjKnoa fj»!
Matefku plakgia: a^;livc^ jiovétk.
' * ' • • *• Verdi.. "
X7^
Verdi chiome, h ppnga, e a "metter frutti ;
Alto fen ^lla. col pii vago alligna : .
Ala 1? ooYfii aure,, e U rugiade nove , '
E it noy(^ ignoto,, e i)oji ^fatpfuccq,
Cbe iafuembt's*ayy(^lge, eJ*orti»,e fifcs.-
ISTe la. noti Aia. terr^ t^ujftlqe: ammira,
^ ràppUntata appar t)eij |)^lk,;è li^t^*.
Nla, perc^Vme, che 4*It4P Mòma
A yéftir prefi k ftranì^a donna,
Me' non accttfo, e l*apx^a lingua. aiJhlvQ,
Ch€?' a. pai;W le ìnfegnai fu.^uefte fcer^ft
Artefice inefperto ? Od^lp x, e ìk foflTra
G^liar4' armi non itieao , e di feroci
Qprc di Marte, cliQ; cClngegni , e ftu^.
laoiDjtta, ovqnque alto valor &\ejKjmv
£lla il bel primo, yaota in. van diviia.
Torre a Colei, jche da le rofee. labbra,
Pef k Aufanie Contrade apr^, ediffiogliAt
Detti di niel coiperfi, u^icà, e-ràp
Dèi bel Latia pirìàr %iia. PiU. beila ?
Le dotte carte de Teccelfo^ e faggio
Inclic'Qrfi immortale, eterea.,, fitvu^.
Stella d'ttalia , mai aon fia ,. pHe Spnafi.
JJ onof di Al? faldella, ofcurl al Tofco.
Putifllm' Apio, e che la. mpn. feconda ^ ,
E meti, di fiwna fignoril ripien%. ^ ^ ,
Emola, e nien foav^,.,ev-iAeRO> M ufi. i
Abil de r arti, tutte, a l«i fo^ralft -
J^on.bCTi jQontepta. 4f i A2coJ?djg?9ftpi-\.
Ma. SUinor,. jiful quella. f>mx>-^m^ ??^^9
Soffri, cfc. a. grap^nentw^^>^ìend*8^^ awrvèifi:
Mal poM ^arhi a fiiie, e porcotnp&tt»;-
È fé*» fipcot]Qé P^jD^rijij.ch^ tUnco.
Pa luné^ via^ preffo. a! qader dd giorno «
Fijer. X'bpb arjipatp d}. notturna, faxa^
in felvà. incontra.,. 9 incominciargli \ forzai
Dura t^nzoq., pcrchi non fì^ fue. membra^
Del vèntre ii^oi^o mifetabii p^à;
£ polche eoa npdofp adulto Tfx>nca
KuDpe V ortenide zanne ^ e. eoa. ben: ltuig*i
Guerna al fupl ftefe ta. tecribil Fera , '
Bianca afl^or dì timor ^ di, fudor molle , ;
Ed anetinte^, «lual piìt fa ,.. ri|>ìgliàr
Il feptier primo,.^ itpi^. xmarritOvafffetta&
Al lionvitifto defii^to. Aibet|;o .
Me fitf gentil. Panato,, aftorchV Tanna^
Ckiudga ùHo §ho:r e Sii tìQ,vel' cedea
L'aureo feji d& té Hièvi ore volanti,
Ilfl> morbo afCàlfey ottàs imijl^abit' Parca-
Sorda a^ ì piautf'y. e a i^ fofpir tanto fovewte:'
Teneri: Fi^ì a feonfrf^e Nbdtì
InafpettàtO'^ l^eTitabì^tiTOfbo . /
tÀxnb y. chi pnol' faper mtV che ne rechi:
ir dì^ vegnente ^ e ne gU. otturi abHR:
De le umane ved^r- Arane vicende
L' ordln. tremendo , e l'infellibil cotfo ?"
lo pérÒL Té fin dJd' Belfineoy colle ^ ■
Su CUI tOrt^gia tuo: mirabìl Tèmpìo«
Pi Portici femofó,.i0 1% chiamai
O Sacra Immago di Colèi, che iola^.
l.'etèrn»:,mente fiartntt* altre' eleflS
Prima. che 4<rfRrte Createxx)fè;
Te. chiama!» nel gtaó rtfchit>~, eth Té fecurai
Wlt lennr, ^ : fermo pìft , che ìtt fua- fidcle,
^Ancohi l^iH> in teknpeftbfi) verno;
Jp li y«o ; p«Q%a ^ ni fctv gpi: tarde
X^agill penne d^attrx amiGa y e deffra -
JL re(;artéb U)nanti , e Tu. con àgf}ìa
.Sereno l'a^coglieAiy ed aDor cadde:
JL?atco » momt di ma^f Te. in Ciel .fbrs''erai
Scrittoi», cke allofia cox^txa^ me Vi ceodèlK . .
lE fé il tendea? Donna derCiél, s^iotacclb>
Tlmr ben m'inttndì. Pesò- afcolu^^ o nofljp
'Dólce Prefldioy o noflra ipeme, o fida
Stella^ del crudo mar, eh andiam falcando p
Finc^% avrò Ifena, e roce , e fin che ^efi»
\^ Spillo tn^er^ membra caduche.
Ovunque io» porti ti pi?, Vei^i> |ueCQ^ i
Il tienefizio tuo per me fìa conto.
Che fe«|io» eri Tu"'^ fotfe pièi it dojce
Felfineo Ciel non nvedrei, ni i dolci
•Diletta Aulici , e^ il dolce amala nido^
Clie cpnafi al par del pattia onoro, e colò;
14% rivedfei r aftno Paftop, cui dnfe
IQ^i Latin' oflro, alto inef&bil merto,
.primo omamctita, e^ ineftingùib&l Sole. •
-i>i Parfóiiope belbi ^ pef lo a^vitOi ^
R^^ Sangue vetufio^ e per vistude,
C per belFopie cdebrata» e chiara »,
Tfin dove giunge- in fu. ijbnoiii vanni
Fama non menzognera» e il piacer tolta
Mi fora, d'amaniar^ gonà' Eli coq alti ,
jySwefdl dé^ni iK ben. guidato-^ e ogx^
Rfemofanda Gof^etn» illuflri^ t, (s,ox^piSLÌ
'^AÙMy atnqiialVeipafte^ahLqiual.Wl^óii
Prence , an» Padre, che Te amò>qual aspa
Chi^per^varfol giava? O Donna, og^:a»te
Softegna noftì», ai Heyi ctì ritarda
Il ratto volò, e Lui fuLpicciol RjenOr .
l.un^ £tagÌDa ritic^ni» e {h^ gli iiphiudi
A'siaggioi: ^ofe, che un ulenzio iacn>*
Dee
">
Dee' cuflqdire il loroinora varco^
Quelta preghièra ,'dbeiFcom(m defio»
Stegue, e leconda, rinnovar nf udrai,
Q^2aQ$lo. verrb. fÀ poco a U srand^ Am'^
Ad appender. Te il vuoi, qnefta a 1^ feiapr^
ENwotl. Cetra , e(l. a. difciorje il ' ^tp .:
BEWTI voglio: TX ARAGOiNA
LEQATa PI' Romagna
SpfTdt Is TtàgédtM imitolatumAtrte di Qiu^
' iìk Cefarei mandata m Sua,Èmineì9Za. d^
- iTfjj. Aitiate. Qóm Pa4<nx0noi ^.
D1
jEa, (rhe- fcendcfttdi Ugnnàal lidi (eia.
^ Ih manto arpriftdl^9inn^dnbiandatrec«
Di factc 'foglia aTVoUa, ailor che &oii
Del fen materna i:^ticlo> il xloke. vidi
Lume del giorno , - e rdpirsù U pisca.
A't yiyentf cornane aura giooonda*
Se fuk. mexck pacqui Poeta, q crebbi .
'^'Nòà/jlhobil Poeta , or ft che il non» ' :
Pud?18 911 U^io, € l'aito uffiziaactenffa.
•Sài^^Tu, qual^ quelli accoglierà. miei caów.
•^f^òbflé or^cbio a tollerai: non ufa
*Snon< di no9 teifo,. e non genóle. accento ^ ^
Queltó- li; raccorrà , eh' or M l' amicsC
Alma Ràvi^na te ragioiii , ei vx>ti
F«ftfe> e giiifto' ìu> afeolfar s^iopUna^.
Y^plìamOà a. Lm > cke si^eeofa, e; (Barfo, >
PI real luce entro, (ufi v^n^ ^.S^^
Buon Sanffiie'Eteiitàwiiioi ».. a.t^i >.4^ ^uaiu^^
Può i' aiitee 4c|»«^ piib&he gmz
Nettare •<&< Xoteana. mm^^ <àyj»la ^,
£ divm..Vate^. li^ OratoEs isio^pn^o.
V&ÙL fo i fogu : a IjoÌv che t.xivi^ e pronti
Ma. (Camipo- &v«r^ poyeri ,, e ì4yì t
Qcial. di, tmon. Venta JoieBjlpalmfUte. ^i^^pivl).
Itali ingegni, a. bea fperar conforta.
E dlchc.parl«»m?'i>ea» Tn,«be'l Cd»,-.
Tu ,: che Ae V alme tue dotte. Sorislle
Sovente al rezso.d^ l'aonia, rìva>
Fxt^ca d! etbe. nafcemx » ei di. M fion i
CI15. luiiugfateì:, Fayouio. intoraot «nove ^
Qdi; le tante, rammentar fiimctfe .
(Juore fatiche , che. di. Gel. div^a^
£; varia, in^ fiip. pen&r ,. varia, in (ko^ (Ul^r
Yerfhl diletta a, Fcb©, Ifala^ pwia .
£:'iion udifli^iuai di GaUia giunfe
isjeveliafuente. 4 miot Sigpot calzata
DI gcpimata. coti^no, ^ fol. gran. &t(0.
De, le Patrizie confate. SpiJd^. .
Cpntra il Tiranno Ditufiote vO^dim.
ItalicacTragedia ^ E^Miefta if qoììifo
Crrknde atgotnento, adEka: Tu, le mie. nofe^
Oxna. de i, ionii ^^ eivic .più. vago, jàffi.
U aureo. cctlefte-rttLp«aic;.d6L-'y«ti . \
4ìgi»Mt quell^cbtto, a.tuo^ beUi^ jM^; >i
Gentii colk tenea^.^ofaeMa .vicinai ' 1 "'-' \
Imola^a Te derota imaca, e GfoLer >
Perotto* tua. StanÀ ivi U^ar, ti.idegni
Quando, ibvUa.Eflate ama? »r .ttorE«> i
Fofti di <0«iide aori^rafi èofebi ^ e And. >
$pnprj di.OldMti/aoqiiie/jÌNviù.' '.r... >;
>«4 . . . ,
Me quivi Palm tua bontode aceotfe.
Ne mfdegnb tàlor fra r ombre amebe
Dc'campdlri j^eggi il rato aprirmi
Te(br de carmi tuoi: come fchiu<bndo
L'argenteo fen conta Eritrea difvria
Talor fua bella Orientai Acche»»,
II'AlbaiiiCielfeHeal^grai til Mardiunia
Beltà fuperbo, pìucchV mai rranquiHe
U^Onde fuppone al prezioib Incaroa.
Colà primìer vid'lo, vidi l'ìdtero
Tragico carme, che da Talta Seima- ■
Ti mahdb in dono Tamador di qw»«
Tanto del Vutgo' al veder cono tfcurc .
GarteBane carte , il f^gio, iJ xhmro
Contt fpleildor de* Antenorea Gente.
O pregiato lavoro, onde ornai ceda .'
A le Itàliche Scelte il primo onore
Francia fupétba ! Ella feh vedo, è noftra
L' Epica tromba j, e il fuon grave deiv«rfi,
Che d' alta imf reffa i gran %cefli ad^i •
Non fifa fua lingua' a iufuigasc acconeia
Facile Tètnmifiil ienero orecaiio,
Che furtive d* amor ctelcà paròle '
Avido iMe , quat da gli efti^ foli
Ario aprico ttrren moBi rugiade, . "^ .
Non può ( lomiperdonii e inpaceilfoflra}
y alto fragor del' armile il fono, eilfaogue
Pe le incerte ^battaglie , e le cadenti ^
Roocte , ' e ri pctxlatì oampi , e i et odi afpetti
De i Vincitori, e^le. minacce, ;e l iw
Vive ne i Volti anccnr de mnti UcCLlt ì
E l'oère di Gonfidio, e i lunghi falU
TeObv in oneAolo alto Po^ma,
aà faegan. dèfioTe , e feibin tuMt
U tai3^d«4 Ntpaii<tàki»laiie.
.... ^9s .
MoÙtiCJ&SLyfevfiàòi d' eterea &ma
Qnti i Torquati uiot. Qual i fra i Cì^m^
Che a i fuoi. tonti PimpTei pofer lor nido^
Cbe il tua divin' Poeta,. U tuo divino
Italo Omeoo^ alma Ferrara, allunga?
Ben furo ardtci a i duo fovrani Ingegni ;.
Vive fUle. d^ Itatia, invidài nebbia
Sparger di rea calumnla, o Francia, i tuoi
ScBttor,.' che di lor opra ecerna avranno
Vemoana, efcomo; é qual di loro intefe
L' Itatico Idiotxxa y, e itx ilo fupi presfi >
E .ilfenTar .ietto i e ì buon colon,. a cu! ^
S* ornar ooftomi , ^ pvefei^ hinie^,^ e fona, -
Ben imitatt siSkx}^ ^ O Cempre iliufire
Penna de TOrfi nofiro, b tuo gran vanto
Se stiot le jcartey onde d* Italia nome
Di Poetica luce arde, e lan^p^ia,
A quella, e a quante fono età piti lung^
Fanme carte in EUcon. (erbate
Fra r odorato Cedro , e fta fpirantt
Fragranza eterna alni Caftalti fiori ,
No ^non andaiip» (lagion lunga inulte»
£ fé d'Epico Carme l noftro il Regna,
Noftro ^ roaoc, qual de le Franche Mu|e
Ne toglie il piegio de l'arguta lira?
Grecia, lo fo,,cbiaia tea v^ pel Oiono
Del Pindarico piettro»' an(:oir ne'facà . i
y evfr d' aura' celefto ^c^ , e caldi .
De' Vincitori Elei yandon faville .
L'onqrate meiBorie: a^ora \ Cocchj.
Di folver bianchi , e la fchivata meta.
Da le fervide rote aUaab i piifchl
Tuoi &ticofi Figli a gli alti. Dèi
Sianoti de le Terne : itnijKaro fiirendi^
FL^blOi e fiume ^ lo itirai, che d'acque
Ine-
IneTaufte profondo e fpuma, e "kntej
E in (ufo cafìnrntn fei^ra0i»beiidii, « *rìvx^^'
Soverchia Tpondè, e'nuov« ftra^e, e^nnoti
Sentier te^^taado ki: foa aiiisalnl coéTo «
E il yicin. Can(i[H>, ect iirioojtana inoada ;.
E Tu ^. f^ cui Venofa efuMla fmfe '
A lae caoòra Tebe . Augii 'd'etetae
Candide pènne , il fo .; ne ì- Latin modi
Primier sfidarti le Tebane corde;
E Roma ej)be iifuo. Pindaro ^ e fel vkfa
Signor, de gU. anni , al tricimi Tarpeo
Conduc iitfotnio lnt>i cdefli , e fiurne
AI buon. Sangtite di' Maft^ aifraa àatont.
Ma* ie iduQ,. ch^oi^noni^af ,, tens^m i'ecc^
Cime dL Ptttdo , e. qua! di notte. £^na
A' Naviganti U Porto ardua, lucente
Torre af Mar pa(la, il ikticoi^, e a podi.
Concefjb calle vah lagnando, fikk
Itàk ingegno paventò T Tnaprefa, ?
E; da. l* immaga de l due gràrrfl rfethjpi
Trafl!^ timor ^ e hoa piuttofto il pan(V
Forte defio .di Ifadé; ed un feUce
Ardir nóp l' empì^ tatto , ivi cercando .
Fama al Tuo bqòn valor , dove piìi acerba.
Fatica o(&iafi,^'e/<Je r^enì<>: incerta^
la taceri),. s?e^l potea co'i voli
DeE'ftia robuftò itnA^igkiar ,, del facto.
Suo kimindfo"dit'i'"i-dùò: minliori'
larjìté 5<?n*e' _ _
Da ^tteii^ia/alpfna^faecoiiii^ne, i lati
Spaz) de Pacià Tap^*^ cp*4 vanni,
Ed emula virtude il cor lé fiede,
Lerafi, e battè lè infiapcabU ^k
E de'fuoi Mirti Anacréopte ornarli .
fé, K&intor di Soffia, e Mp £&!?<».
Tu (ft p\»l f«c4 à tuo, piacer- cqpt^inti,. _
èenT'altera. paff^gi ^ * Te di p aufo
Freme tì; «en». featta: a Te. s' af|»etM.
Pa lieto ,W in. mife;:^il. Yplte
F(Mt«M^ ìUuftjril, . q^d5„terfo fp^lip. ,
oS^a i Grandi v« 4 pietà wna&mite,,
R,dl «^3»C ^4«. lot alme ,. e. wro .
SoU del vera itmta^ricc!: everta. ; ;,
pS?t5, ft ^^"ediàip,.f<>la l» grave.
Traeica À piarlat cqlta. aw^era
tpKndide», ed. «Wvad «iVdat glfinterip -
IJ> /k GiecMktvU!»^ 4^*, lMtaìi»^e, d^ta,
tu peri,, SH»!' J?i&.viK^. ^f. ^efe fr«^^j^:
Sola ne l'Arte, e t i^ tnéiétìaai ti^d /'
Noi , che r ìtalo Ciel nullk pnxluilè
^Da quei diverfi> che non.nién con ratrmi ^
Cfae> cos'ingegni dominarp it Mondo »
Te del tuo vantb'lafcieretn contenta .
Stan de* Tragici npftó ih FiVidb accolte
Co I miglior d' Argo ? ombte^aùguflè , e f?ra\i;
E ragionan di Te « che nientre in molli
Amori guidi ad imcrvar l'anftera
Tragedia, e ^n tuoi concetti alcun non feiln
Modo, e mifura, e qnanto pih dal vera
Lontana movi, e di.fpleiìdor più veffil
Tuoi frequenti difetti , allór piìr gTi^occlH .
Del VuigoThgannii e InficmcoFVulgo fuetti.
Che al Patrio ' fiiel nemici a Tè giuniro
* Fi, ptì-'qu^ folle immoderata affetto^.
Che rovente occhio fan {i veder torto
Hanno, noi niego, tue Tragedie anch' èlle
Di che pr^iarfi \ 'ni mia .mente adon^ra
Cieco Itvor, che Te frodar del glufto
Diritto di tua lande ofi , e prefuma .• '•
Son nomi chiari i tuoi Cornèlj ; e /peflb
L'itale fdene al tuo Ractne udirò ^ ' .
Noi fciogUerpiattii, ebatterpàlnn a palina.
Ma perchi a i plaufi noftrì invida, e muta
Ti fbii, ni come vuol ragion, rifpondif
Perchi tu ricca de le fpoglie noftre
A noi &r ónta, e fuperbir cotanto f
Pòche , dirai , conta T^j^edie , e 'poca
Dal .Popbl ;chicfle il colto Aufonio Clima;
Poche kTlo: ma de le cofe belle
Copia mai noti fu al Mondo ,^ e fé non chiede
Quefte r ignaro Volgo, ora non toma
Il Secol Voftro , òuando' Atene udia
11 Poprf ne Tcatn, e ne T Aceos •
Fatto
Katto da l^ufo cftimatote accolito
Giudicar dtktoK ed i rhigliérl iti aiéa
Del giudo Tuo favor levar con l'aura..
Ma quefta , che il gran Conti - ItaSk fcrifle
NobiI Tragedia) e(caved ornai confoli
I>' Italia il buon *de(ìf . Io non m'inganno ,
Veggiola in fu le ^:et^ il- graive pafTo
Nfover») e da^fuoi^etti ufcir. diletto ^
E maraviglia: odo le licite grida, . ^
E di fila orevità fkrfi querele . ^ ' - .
Diranno ovunque Ella fiaiidita: Ahquedo^
Quefto ^11 parlar Romano , e qnefti fono
I Romani collàmi: E' forfè in vita
Cefar'toi'nato, ed il ficr Bruto, e Caffio
V afletti vubto^ E qui Ì5 finse , o vera
L'alta congiura fi rinnova? Apollo
Già mei predìfle, e noti andrà de^ vénti ' "^
Preda, e Itfdibrie il non Miste augurio*
Tu Signor , per cui debbe il nobit carme '
Veder la luce, e dd tuo nome omarfi,
Tu lo concedi a i comun \^oti ,' e fiegui
A . rimirar, co^efe i tanti <s(tegi .
Chiari h^tdlétti^ onde sì Amonia abbonda.
Tu che lor merto intendi , é comi il fole *
Preme gli Aftri minora tutti di ofcuri
Col lube tùb; deflbracdo^i, e ift parte
De l' avverfa iVtóion le colpe emenda.
Così tua (Tirpe Augufta a produ^ nata -
Spiriti acccfi fol di gloria, vegga '
Te là condotto, ove i pcnfler tuoi vàffi, '
E dU Te degni avrìan di noi governo . *
\0
Di U ICA DEL t)RAWtMl. :'. .
ARTASERS È
4lU N&Biii ed Ornmffime Datiie di Porrne
\ n4 CmnevaU 17^7- . >
CHI fenza il favor Voìtrd , i ndiié Hàn fiF»
Che àt U Parma h felice aren^
Per chiaro liingue, e per bellezza conte
D' inemnsùìbil ^ima ir fate adorna^
Pub lieto a l'opre fue rpecarfuccetTof
Voi de la vera lande > onde fol ^degne
Sono regrcfilc cofe» arbi tre ficte, , #
Que/la dal Vofìro graztofo labbro
Più dolce |)arte , e novo onor da. Voi
Appo le genti 5 e ìna^i^Ior , fede acqmftaw
Come fuor onda cnMbnà^ e terfa ■ ^ ,
Nel hmgo ^rrar di fotterraneo calle ' ",
Prendere, nel Paffar per venfl d'orò,
Nova vinile che, le dà pregio», e jciomè ^^ -'
Non ofa al gicllofuon de^Voftn accenti ;
Col dente reo far impla^abil guerra , ; -
La bieca invidia^ che nientir non teme,..
I; Ma racchiudendo in cor l'ire infelici
i\ Pallida ract, e in folirario loco
P Se fteffa fìrugge . ed a fé ùtff^ mcrefce.
fi , Voi, Donne iUnflrt j la notrurnafcena»,
a tehe in Perfia prende a fimolar^efemph ^
Voi lue giudici chian.a, e Voi fue beUe
I Dit.nditticii « fpettatnci afpetta.
Dolce ^ il vedet l'irtìitàtnci tele
Mobili, e lievi in fu i cavati folchi,
• — Al tremolo fplendor d'occulte faci,
t)r di verde giardin le fonti, e l'omWav
Ora d* Atrio régal cotenne,, ed ardii y
Or ricca pómpa di'lectjrteitàn'ilSfe,
Ed or d'afpra priglon fei-rate M^t^lì,
Dotto fudot di teatrale A^lle,
MoflVar repeYit^, e far invidia al vero % /
Dolce i Podir, come i diveffi affetti
Tempri l'arte del tanto, e come defti
Con tacito piacer ìie V alme attente
I vari interni. moti à nafcet pronti.
Come fon pronte da percotfa felce
Ad i(c6ppiar le lucide &ville .
^a dove Voi non liete, o date al Mondo
ÌPer ornamento , , e per |[entf 1 cqpforto ,
Ammirabili Donne, ogni viifiheztca
iLangue, e perde il fuo meglio . inCielp indarno
II bel' Frigio Garzon TapStò ìè Ida
In aurea, t^zza H. nettate Celeftje
Verférebbé al Tonante; fe indarno -Febb'
A r alta Menfa in fu ì'^ùrneàu tetra
Riccrchereljbe i fnii divini "mocfi *
De le armoniche <:orde, pira cantandp ^
Vamorófe 'tapine, fe i d<>Ict ii^àhni/ * .**
Ora i Giganti lìilmifiàtt ift Flegra ; \
Se a'fereòar del lirinm'o Dio la MerSt
Non fedeflero intorno in lungo Ihiolb' ; , ;
Cento amabili Decj donde smvilta
Di fuforna beltà purpureo lume.
Veder privo di Voi nobil Tcarro
È* come a fera rimirare un Cielo
Nudo'dl fparfe fcirttillanti ftelle)
E còme a mezzo Aprii mirare to Prato
Povero d*$riDe, e di ridemi fiori.
Voi foTe tuttb ing^eAtilir potei^c ,
Voi tutto rabbellir. Su le voftr'orme
Vcn^
^9^ , * j
Vertgon femiD, valor, grazia, e decoro .
Val fegue il rifo.» Voi T accorra gioja,
E Voi non queir Amor, che d' Ozio nacque^
Infana Amor» che di tenace velo
Bendato gli occhi il baiTo Vulgo allaccia ,
Ma quelT>eiinato Amor, che T alme cWtte
Le Virtù vpflre a contemplar guidando
Sì le fa di piacervi ardenti, e vag€,
Che incitamento di onorate getta "^ ••
Diviene in effe si gentil defio. ,
Dedicadel Dramma
• \S I R O E
j^if AJuzza Rffo/e di Ma4i^nìA
ISABELLA INFANTA DI SPAGNA
In Fatma nei Camovah I7S5*
NÒ, «wam temer: fu le canòre Scene ,
Ched'^alnu luce cól Sovrano afpetta
L' in|tga^rtale > ÈiUppo empier fi degna , .
Efci i jO- Siròe felice , e al piacer fervi
Bel Mufico Teatro . Ali ! tu per quelle
Dorate Logge ancor fentendo i plaufi
Del celebrato Antigono, che porta .
Per fua d*^fefa in tropte un I^Jonie ecceliq^
Succeder nieghi, le il paragon paventi.
Sai .però m, quar altro Noiiie alteto,, , .
Amabit Nome, de i timori tuoi'
Difperdiiore^ come il. Sol de T ombre
Cort-
Cottefe a te col faò Fìavòr dJfòefKl.a? '
Tenero Germe ancor. Delizia^, 9 Speme
De i Genitori Augofti, Amofe, e voto
Delle fuddite Gehti ecco t' accoglie
^otto §U Attfmcj Ihoi 4' alta Ifabella,
Cui P arbitrò d'Éiiropà Invitto Sangue ,
Emulo de gK Del . dofKl**cbbe vita,
Impaiiente ^à net p^o ferve^
E manifefto. folgoreggia m fronte.
Mira^ (fòm'ÉUa ben fi ferma, e forge
•Fraà domeftici efempU'* -e' come gli annt
Di già col^enno, e la Wtà <lei volto
Vince coti r alma. Fcco ìp Gtgaìé ftarfi
Tutte dintorno a Lei> qnelle) che fanno
Temprar di Maéftà' gli accorti acceilti^
<2udie, che i vivi, e Itmiinofi (guardi.
Fan y c^me raggi eia le ardenti fnfUe^
Partir da §H occhifiloi. Ma qual nel Mondi»
Avvi Dofte. fiìiglior j chjiiH Lei non blenda .'
Su r Albtf de' fuoi« giorni 5 primi affetti ,
I primi fuoi penfieir, fi^eTa dal Cielo,
Fonte d'ogni àltto Ben Pietà coiiracra,^
E del dìvin fuo kime In lA poi T altro
Tksgtìù del fangaie fobl^ degne ^ Trono,
Come Frutti crefcenti in gentil Planu,
Magnanime VirtUdi orna> e rivede*
£ perche nulla a pregi fuoi non manchi ,
Mira, qual da i ber ttudj Gnor riceve.
II fuo fervido Ingegno, iti cui Natura
Spade il felice foco. Eccola al canto
Spofare il fuono , che la man ficuta '
Sa ricercar per 1 agitate corde:
Eccola col bel pi^ condurle in dan2a
Vezzo, e Real Decoro : Eccola in mezzo
L'Arù, erudirli or ne gli antichi Tempi,
.1 Or
a S pereto lingue m c^,
Noa *>«'.»«2^« .?^M"^È^ ^'^
X MYLO&D ftQ£iDEB;^ES.S£
-a^mbafdatore StcaorcUnana ài ÌS.
TANwtCA ^a SeicoiiSma
di Venezia nel Tuo ^pubSlico
Si tkHfé» FAatùte di non iben jntuto. ini si
. Jojenne tongiimtura yirivere ^erfi da injjs^
rire neUa. Raccciftai di Rimf pfer ìafFuntio*
"ne pubblicata ^ e ';gii prwnette in àpfrejfo .
"KTOn qoefti IcaFmifoQj nonqtiefic&no,
1\ Grande Hoidernéflis , le AmOlne&DOte »
Cfa^ io fervido Miniftio de le Mule
A L' alto Noioo io» fliedtto.,. ^ feibo .
Noar anche domo. ^ \10tk perfetto ancoBCair
^ta, Ibift di ^e d^a» amco lavoro/
Sa la liricaìncude, e ancor lùcenfie
Farli e mfo defia tra le favilla»
. Tr^ il vivo aidor de ia. Febea niditaH
N% |fia, che iunga tempo a venir ^rdi: *'
Neìa*^1ibUca'bice,'ed » far fedr>
.Quanto ioltno iJubrto, "emb dovere intenda*
'Così guardinghi, i Venófini V«rfi
'Già paventano, 1)611 tei fiu^ df AugniW
Il difficile oncchio, ^e iank ybxo^
U dottff cig&o fofliener di Lui,
Che fia:!? arti di Febo, e di Muierva.» .
Signor del. Mondo /del Céfaieo. Lauto
L^arti divine laecoflUendo a l'ominca
Amò fé '^fSb >ie i feHci ingcsnu^
Te ^uefto intanto avvenutola giorno
In giovinetta età nuovo Ndtorre
ÌFratvoti, «i plaafi drU Adsivhe XSiMìt^
l z Pio*
ì Pieno d* Avi fkmofi , e pieno d' AlniA
f Ardente i f^giaj ^enerofa, e forte
H Guidi , e ti iTioW al Veneto Senato
• Po/fejire Meriaggier del Ru Bri ranno .
I
IL VEROPOEMA
del Sì^^ %Abate Frugoni
NeiringreiTo pubblico di Sua Eccellenza il
^ Signor Cavatlter Lohknzo Morosini
creato Proccuratore di S. Marco,
MUfet FigUedi Giove, ancor k fonte.
Che con 1' onda voJubiie del rerii
Va ricca di fplendor, fervida d'e/lro, .
Tutta a me ^' apre, e tutta ancora il petto,
Voftra merc> , celefli Dee , m' incuria ;
E beachi già fui noti curvato tergo
Mi figga il grave feflfagefim'Anno^
Ancor Pdèta fono-, ed ancor ^eftra
Spirar mi fcnto in fèn, Paura d'Apollo,
Che fece porta fu robufìe peline
La creatrice Fan tafia,* dovunque
Cagion de' voli (boi degna Ja chiami.
E certo, fé Ramami con qualche noniet
Piti tìb'4tIiUifluftre,.ed onorato in terra
Con glèfiifor-aidir fpiegai le piume
CÌ£[no fclìée per 1^ Aufonio Cieb / ^
Or' \ , Pierie Dive , iorf^^i ; fiiconde
Trionfarci- del nemico • obblio ,
Che un Neìfìè eccelfi) .per P«ccdfe vie
Dèi' Tofclwio^ camac! erfeo a . gii Dei .
^ - Arduo
y
X^7
Arduo fegno à^mtetcarmi, alle fonanti o *
Saette d' or della Febea faretra ^ . ''
E* l'egreak) Lorenzo, il Prode, a cui
Il nome dife la MordSna ftirpè, ^
Pianta" fuperba , che di lunghe etati
Nell'antica caligine nafconde,
Ferace ogr^ordi g^ìjercii Germi ^
L'augufte Frondi, o Fimmorfal Radicci
A Nome tal fulla pendice Atcrea, I
Come improvvifo, occulto Dio vi fcota^- '
Tutti piegate le pdoròfe cime, ,. 4
£terno onor d*Eroi, vergiiii Allori.
Voi pur 'tal nome ripetete, e Spechi
Sacri al dotto Silenzio y e fatel , voi ' l
Fonti di Ptfldo a i duo gran Vati amiche ,
Tanto altero fonar,; quanto ancor s-oide'
Il faggio ytUTe, ed il pietofo Enea. \ i.
Mirate ; eceo Idi là , donde alla luce y 1
Lieta madre del giorno, e dei colori, "
Schiude P Aftro maggiore il ruféo varco ,
Ecco fi move, eccìo a me rat<-o vola
Da bianchi (fimi augei per r aria tratto ■
Di nitido criftallo arde*»te Carro i
Che folgoreggia , e il • conofciuto afpetto- '
Mi prefentà d'un Dìo. L'intatte membra^
Avvolge, ma non cela argenteo velo,
E fuor balena dal ficuro volto
Forza di rai^ che tramontar non pavé-.
Fugge, dov'egli appar, d'infidie dolci
Il falfo labbro inflfUtta , e l vi^j ufata
Alimentar df mal' offerto incenfo -.'
La .bilingue Lufinga, e feco ftig^ - /^
La nocenre Menzogna^ -a cui l'atroce
Xingua cofperge di cerbero» fpuma
KenAÌca di V'mìx V einpio Livore .
I ,5 Lp
La ftwnigi».fi3kin!»** ^"^ÌS^^
0a. lunga none ingiunofa f PP««» h
Con SmtsmcMì ncèrca^ <!eU ^Ur
L* ombre piii, iWi». ^^ «fira**» »/« .t^"??? »•
Che quanta aftofo pili pianto più belto.
Con la poflèiite aanòfa man to tragge.
Neir aure j^Mnrte del «»rto^ gtf>nio .
jS »P fermato U lumlaolb eocchip ,.
Prima tre'vorcr, e Rocchi mieijoipeiide..
lo. fon,, poi dkc:, iot fon. ben toi^^ytfi >,
De gli tfmam, iaUBeiti * pJtino ol*«to.s,
Defio sTaccbeia , io T immutabik VE&O ^.
.Nttii io * «otói^ dovfe «i* alberga
Nelheato imoo %TOTpto^»fénfo
De'Diw., ^ degli «ttjiv&dh ^^'
Al vaimekiste vulgo aprir mv degno •
V^emi a ^ paicbi biìh^.v cK^ ^1^ corde
Sdla Itta Dtrcea^ cui diede E»te?]^
Il fuonOvCinuUtor del- ctuarv Nomi,. ^
U» Nomet teró, itt «i« ft«tiai? ben éegjguh
t'utra U tooa mia,, talchi t'ammiò
N^ ^ PariMlfe €i»^aavae m*! WgM
UÌRnar»» turi»,, a hm^ le widt .«ve
IgMtft fono ^ Amale Dee §««•«>.
Con tot «.'aflW©: amo t dw« Boef»,.
B» qoawb, a oddt» ms^Mt #» 4»»
Sopì» At A*fc ■»"«»*# wu» Heafa i.
Io tutta aUot fiBHe<iiWi»ai eatiSt ^
Slotto fp|a(#at| tauMgfioI fli^ nwftio» ..
£ àm le belte fòrtMisaim mtè
XA merzyìglìz miolénr h mta&é
Grandeimprefà. tu. vìA^ . Io, (o ,. ^ual' Alma
Dal fnù bàP'Aftro. ufcita. a lodar pcendi.
Che dal gran Morofiii fitor tfs^eA^o,
'QxvinVL parte del moirtal fiio vdo,
Cjslàt noti, puote il Tao hatòl celieftr.
Egli fulPare mie, che man. ff^^m^
Toccar non o(k » fin dagli anni prìtni
Gfucomnu. ftdei. EgB n& fi<fo, ìabbro,
Egli nel ftdo pettox Egli. !iell**<^e
Me,, non timidO;, potrà. Io, nel iìioj^ote
ImpertuibabU regno: e tu, che il dei'
14;^ tuoi carmi adombrar, mirami, e]^ai&y
Che tanto, degne forgerà» le iod^,
Quanto» me- tum fbmìsliar pdttanno .
Diflè^ e% gli beffar iiiiéÈ net pieno fautife
IK iua betta riiamjseggiat Io iridi 5
B: tutta atlor commofla yV non fo tome,
Pa: fé fentii Tin^azjiente lira,
'l'toderfi a maggior iuot^,. ni«taoadeggiarnd
PJ armonico trempre in man: repente.
Quali miglior DiTimtà. TempieiÒib.
Ed io di me ma^ior già dalla forte
Yetufta Gente, Sa daU'alte ©jfta,
€>nde tanto, per gli Avi ìa prq^O' crdbbe »
A Lui Tolea, come per calle adorno
Di. iopn^a^Of onor , Icendér col canto .
Ma, no. ripivfe it Hume. Uopo, non aire ^
Cpftui da. tanta orìgine t&fce(o,
Che (Iella gloria, fo»... t^erch^ Taltrtu
Mal tl.vo^ a cercar .' S^j^ur, cht dono
Di Virtute non i, ma di fortuna.
Un illuftre Natal. E a chi fii dato,
^(i^ che, venendo ftelt' eteree piagge,
I 4 Uift*
L'indole incerta.» ?;? w» ««cor ni^tuto^
Genio difYeli, maritare in fgrte
UiMk fplendida Cuna? E* fra l niortali
Votod' errori il Saggia. Il Nome, e gli Avi;„
£ quanto \ Egli non- feo^ come flraniera
Ornanwnto ricufa, e fua nop chiama.. ,
So , quanè' Aivajte ^'cegie ufcit .dall' alxo.
Ceppo fecondo^ Miai m mire ulivo
Nei pubblici configli^ e nelle jndunri.
Cure di' Pace al prifchi dì rlcinta:
Qual di fiilgida. mitra*, e de' Rpmani,
Sac^lc onori vel^a, e- quale, in terfo'
Acciaro avvolta, ^ per. le Patrie cofe.
Nóix. tvda a- provocare ì. bri perigli . ' -
Veggo quel Force ^ cui Nettuno^, ft Marte-
Fer dell' invitta Patria, incimortal Padre ,
Fi^Acefca il Pr^de^ che dal ben difè/b,,
E ben ceduta ancor Cretenfè, i«gnP
Torfe le. Adriache prore*,, e vincer^ E^^rve:
Per rinegual finita Odrlfi?, gue^riv.
Con una pace, che uguagliai. i}òtiécv _
Vonot d' unaìritxoria . Oh quanto vPhquallb
Fra r onda lonia^, e fra l' Eg^a npl vide.
Poi tu^o tinto di/. uenuco, fapgue
Quel debeHato fuol, che dal Re doni9>
M/eJI^. rapida Ele^. curwl tenzone.
In -Targo dono^ ed in dotale fcettro
Pelope ottenne, che regnar vi. fece
L# Uie lièggU e il filo norri^I. Affrica folà;^
Sola Numanzla all' uno,, e ali* altro. Scipi.a,
Titolo, (^rno non, darsm ftt Tebbro .
Ralla fu4 grande, e ben. tentatar iniprefa
tu ftio Scipio, vivente ADRJA par npnja,,
E fcultò , e ^VQ. in. ricordevot niwniQ
X-ftfcfe ai Nipoà I.'rflcape efenipio,, .
An2i par fty) Camptbn MT alma Ssà^
Di «uerrìer Pila), e di $e»nn^o brmida
Delie fcefe (lai Ciel eenaine Chiavi
Arbitro in terra il. VATICAN V onora.
Mutando in dmo, al potirerof» campi
Tornò di guepra, Coodottier Sa(u:ie?mo. f^
Al Tua partir fanfio totìando a manca-
il ciel iercnO) riConar $'\idixa
Di Vaticini le. ièflofe afene. ^ v
Pronu dal fianca a fnlnunas (ù i Mati
Lo feguian cento abeti. Altieif fu tuttr
lE^ettea kt antenne il gloitofo Pina ^
Portalvr delA' Eiioe. Deftca le vele!
Temteva il Vetcto^ è iòtto U ;Cttiniro iofivar
Fea l'ampio flutto ^ obbèdieme al- corfo^
Divifo bianche^iar di'-i^iglieiputae» . }
Dai fondi dlgoTi ureitie,.e intorno fparfe
Lo fecandavan di Neceo le Fi^ie^ >
Grondanti il. -verde- eliti di falle ftilkr? i
E lievi il m-«Bedevttuio i Tritoni :
Segnando il callé^ e con la.tQcta conca: j
Di trion&l: conciento emi^enda^Faure. /
So j quanta a Lui ^ :cìk a oriebrar t' accingi^
Luce dal dqgiio Geaitór verrebbe ^ - :
Da' «agnanimi. Zli^ dal gran. Germano y ."
Alla Coaiara unito eccella Dttma;^ <
Gemitn. delle ^Matrone*, ad amto nati
Tutti La PATRIA^ e p& fj^lewlenti infiemè
Per opra iUuftxi ^ ci» per auree Sxkyt . i'\
Dalla concoBde»aittODtà i^ Padri
Ad un Sanerei £Eioi'dafe itr astaggio. v
B^ vefgo». ilLfo^ n^a U xicbìi tttOiSMJettof,
26*
Vo\ tìtè dt'VK^ Aoi Ahi & iBrfb^
DI k tWÈentQ idbk: icome mihvàà
Indica veiia^ d*<», <te/per le. o^
Ciecèè totebue dèi matenio,
U fiihro fnnoD,, e IMon
tmtnetA pvof^gb^ fe«cnaii ^
VogHi^ d'^v>e^ per ia ^osaciati)^ ipl^go.
VittoriDfa 1^ ritrovar la ^lunge^^
Aflàì M ««», tete ricca i iatàe^.
Su dwiqiie fveslia.i^^inofò mstgoOr^^
£ 1^ tticUtà Lomza lu feeot taodi ^ .
Come ^ me pbu»^.MIe>>doite cartse^
Ne^ miei; cotor! moiortstf meste.- pingjL . . ^
Tacendo; de'fooi 4Ì la fnima attRnAn
Che ìtk bfce d^oìo i» vede» tmaoifiLio
Ber r anre. f ràne^ e I: prieoi rai^ ci^km •
TiO|)po>^Bipei!fenÒ9,jBd J&ftcondo è H^mo,
Cominchur ifeWiveiitL. Alita: jda^'rozà
Òrgani imbellii, attor da' ftsfi iaerrii
Non fdcombtt» ancor cbrme Ramnir».
Quafi un pò» dell' alma • E miMnmi f afiae^
Nelle ipcgnenrij eti P&oeditetDo,
tertit dUtoiift &tieoéb €»m.
Come i<iifinito«axiar> dierdì' ipaimata >
Nav^all^uxHito 7elB«iarfi:<moflrai
Kon tacer,, icone tìJMioàr: Aq^ amu
Sptegb r iadòiiL bella:, e eème> i IttOHL
Bel iienfàr ^iuflo , e iieir opimi: «dtritt».
P^é dalTArti ftrìntsicì:, « %p»*
Sorger^ ^ual ibige liem. Piànta ki ìk»
Tem», iMDd(> «ètitoiQcoiibe'iibe
Per 1^ éadrict vìibfl>nbM^4miicio^
Fra la Patxkilt Gi<opraiiìlito8am^
Qtial fnmmte^, maf mìiabili fismm^
Ai> ^Smì^ aol 4UIÌQ8Qea^ Tal Mir
E le fpetanwB ttientì» di Roma .
11 forte RiJ>ie ,. che ctrfcev» a» »^
Rtparatticì «len» P&tM. affl|itt».
rtaai cliJE» refterter- ctittmip pgco "
D^ uni, conca Eritrea ^ rtiuft) ricerca
IJ raro parto nell'argentee, fi»©,
Tu pur ricerca ìnXtìài. I*"?»'*?. corame,
C«t<a il m generolb.. . Ivi wdwft »
Come In vvente, ki«iola|»l,''a« ,
Kdtgton veinù,, Ae per mm toi«g« . _^
Della PÀTRIA l'amor.. D'ambo «di tolfi
Le rette tógge, « ^ plì» ceae mfOi
A«t * governar . Q««^ «»«•«»
FbTì popoli coinmeffi? In Lui noi^ ffl»»^
Al fapplfcais de» «ri far Pire olfrici ,
Prawidei nel pwfir.. Qodca PktMe,
4;^uni0i cen«ien, temprarle » e fea f«veoM
S^ceder dette pene al triftoi orto»
Ne'doict afpetti l*r Oraiùa, e perdono»
Narra, qtìa* pa^ dì Kaftoraa htìgaa
SciogRéa sette tabentì skcsm^ mmK «
Gioico aflWb Tlmniottal Se^Mo,^ ^
Era « i *ranqiùlli giomi» e» » » tttiiwtt .
Alle pribtdiché eoffr il fua configho
l;ace kdày come in dapbtoia notte
All' enantet aooetiiei».a*i«k ton»,
a» da tenga fplendewio il 90«^ iafogaa.
Vedilo po(3i ad aW, WW iM»,^^^.
sS^maluMBM» d* ABjRI A pai«lrii j
T»«ft rfttNmtoi^r la natal foca .
NoImI Fiume* clke dee, nmawdo climi.
<^nfan *«ada> « « M««» n»»* »^
tQ4
Ved^ il ponènte REGNATORE ISPANO^
Sotto i^ cui Sc€^rtm oifequlota il Sok ^
Suddito naice, e cade^ Ablk- a l dolci
Studi éu |»ac!e, abil^ aìV^rtm ammira
La bellicofa Seruwr^ e il Re» ch^ l l^umfc
Tedi ferbaro fet ferbaied. Mprido, , ^
Quel cht^fe^i W<5»n^,doao migliòra>^
LMnvitto Re, naU%.cubjnan.rrv.flapnp^v
Or 1; ijsiGOiDde^ fol^oij di guerra^ ].
Che nurdi ftfinfp, e che de^por- non piiote. .
Placato al^Qv che alle yittoàe uv grembo...
Piacque a i- RJE grandi,. a, cui piacer/itien^r
Supremo io ferr^^ono^i TVoyan^^poteifa^
Nelle lor menti, a> ì (oblimi IDei .yicine ..
Graziale fede .Ifiiei-, detti.. A^^rea^compàgn^^
Pradcnza; al fianco, aijtica ll?a,.cha vela.
Di:^|n)a a cirefger tettta^ ij^ crJn^caxxyto,^;
£ a moderar J'unaan- viaggio;. efpeita.
In mille modi 11 buon camjpiti. ^trpv/i,,^ •
li iailiiUe n%odi ladifficil ri va., ^ ■
Pelle colè nel twtbiae «agvtato^^
Sa vtorite afferrar* Fra-l'aj^ue cure 1
I fortunati a^(«^, ^ ibuoa, «lomenti .
Gol buot\ÌU(:c^ a-,trftfv<iJkr*sìtjprcfti. <
^-gace conofcea,, Nelfuci penfien/ ^
^r-Aiigufi» PAXRJA:, e il dovérfac9>!j^
Carattere eecelfe j e , .quanto fo^eL
^^^n ingagupfo^veftigareroneuo, ,
^r Ne'chiuu.veaoi iHPnctrar fapea,-. ; ',..
<Ste tapit4ima^ e i»ft(brabU gi^r<j^; ^,
La penfipwfa Qelofi^ de'Kji^ . , ;
ii p)pì ti.yo^^ oye^il tfjpn^jpai^eiH^fv
Con ir Aquila ij^k dritti^ ,. atte^se vegUar
De^fuor conSn fuUe «jT^ion gieloie. . r '.
Xòiil colì.^gntar d'egiej^iOyi^jto:. [. ^
EcS.
W-ii Wa afi»2M» e%» K?^?f^ ^ J
E npa tentarle ÌH,^an i Quel (*) chiaro Gem<i
Veder §li* It d^tp, onon dd fecol opftro,
Qnor dt Giana, acuì <l^ ugual noia ibrge^^
Quel. Geiw cgj^ ali' ijiimartai d4i' Iflro
MagnmniJif ÉRPINA , a. cui la Terr^ , ;
CQmti MsL viya,» e. noiK pùi vUla ■Inao^ag^
P' c^oi. Kgg^l . Mirtì^ xkizzar. doyrebbte '
Splenm ^rct felìtfi^^* ^jwl diyinau
Gofa ice(a fr^ w, èwji^ait^co' voti,; . . ^
Qusd per Lui gloriofa, Cr quaU inilenie^
PifficiVg^tago»! Tutto H^ faggio, .
Celebrato Criffiatu: a froafte «ripav , . • ^ a
Quel pro.vvj^Sapf/J^.cl^e; dritta fci^
Airim^atì^o.vjriaKrde^tenyjfc : . ]
S'incoroni di fpiche,, a,de?3fgfierfci^
Sul ma^'acc^m ai^r tuoni. H^l^a>. .
Parl^K dovea col rudotutQ a^ grandi^ ;
Fati d#'4^ufliia uouel XttUio^. a qui. .
Tutte elqqumza Hii>e./òn;i aMtfe^.. }
l?ei^^. a iwW>U<:0; Béiij,,.|^rchi la fcutte^
Per.,wn^>Twi m ^*WM"^e ej^w.'
Celie Genti. R«40«iùKaiIar,.Lu4I|fe». j .
Qual pi^ dì.fc^e, e,pien.,di,n3tpnte ns^pir
Non 49f0^.udirp^4flicot PopoU^:^ ACgt.. ;
liiacque a 'Genio, sì pròde, e feo tra, loro.
t^9jA C<ìp<;oi;4i%&,i,QOnW.Jfr?fcritti^
,*»L>t'-i l::. »ii.w ..^> * vt....* 'jV..'M mi
(: •'5 Sua Bccen<Bza il Sii»» Conte Gran'CaaceJN-
Ijcfo Criftiam, col quale T Eccellentiflimo Morofi^
ni ha tramato Tulle verten^^ de* Con^i , Ieco.lCC^
qùnsnd^lc.coalode^..
:)
E fttUe aatS^h^ m^itk tmxi mt^dR^
Scenckre amiche, è riuhir le dcftre.
Vedilo, idfin^dct' bei fudorì il fratto
Coriijrre in. fen iì LEI, che fui «xat fliddib
U fotte Inraccm ddl fùo giizfto. Itlj^t^ >
iy oriiKU vtace , ^ co^ foa ne^tte ii^ì«rft.
Le frifcher l^ulé^ruè^^/Roni^,. ed Atenei
Per la gratj^ fu* matì. ^erfo i. f«oi Fij^.
Larga di ^fdefdooe^ eecci.'iieH' Qfe:^
Patriiio/fcJgerar. l®xi«H: ilMMlstito^
Venit la G«ò)a ontfvfeifae; e f*hnt
Battendo n palma U prihbltco, Favore
Accompagnarto tw *b. *fnè^H ▼»•
Di lofi»p€fcfer 1^
1^ ver 1-tt? n^va , rtk che «mk fimiiÀ. .
La regak foi«, %^ maeftofi feaidt
Vd^ U ftó;, gtoicift Màd^^
De'SemiM *^Ii»ett^ c«»IW^.
Udiftif Beco le fedi ,, in cw nfidg»
La Deit&^ dte ti^ me parte, lo ^find^
Del téb, grati Moìofet^iropite %:^ $
E Qi. QQ^ per ihe^i^iitaF dèi. iritfe
Gfhtt rtnylfa. «lortÉ, e il^te»^, 9?^mk^
fictfcìéy e Depenie «l tamlnOiàt mfte
. lnvoig#ao^ tutto,, afltò. levàrft
¥ièlo^ in aria* e cn purpureo fcco
Lm^ iK)fce f<ciar^ dDvmiqòe ^ko
Le tote Ta^dtffhne y^&Uj cb^^
Soilcctto 6> ' ttaflvi' dcRa "Gletia
li% wovQ Noim 1^ eoOocat flet Tei^pi^
EPISTOLE
I N V K K & I
Del. SicX Cont*
FRANCESCO! ALGAROTTI .
*.J.,
;.« •/
f09
'" A i. t.A MA E.»X A'.- -' .f
DI FEDERICO RE DI PRUSSIA
, AXX-^R.^ P m K ©I P K-, R E A fc Vi t
BEn io cercandoi e(Vrania Ciel ^tea
Oontra il voler di Làlage animofa . *
Del Finlandico mar L* onde e i perigli
Tutti incontrar ^ 'fé tu'y Signor, pur. eri
Metà e premio alhi fin di tanta via .
QiiaptQ vitnid'^ io Cieta, aflo/ [che votg;»
V^rfo noi più benigno , in terra piove , ^
Tante, Signore, ip Te ije v^io accoJl»,
In Tfr ^ nato- a Favvi'var'tra noi?
Dell' antico, valore il gentil feine.
Tu di Virtute, e delle- Mufe amico- '
CJil ftudj rifiorÌK> VetX dell' aro
Tornar farai ; quiU di Pericle al giorm
Rj^za p«r anche^ ingentilio t* Terra y.
O q^iMile allor- che d* Arua in fiiHe rive
. Dal Gmo. Caos il- Greco, lume emerfe ..
U, Ufbaiia venuftà > gli Attici modt^
r bet parlar foiitrfeco-, e T arti belle v '
E. in Berlino rifotge^ Atene e- Roma^
Là vtxi Soflrato nove! ,. ki feda in mano».
Un marmoreo Teatro oidina. e poo^ >.
Quivi col bronzo imlt'^ i ca|>et m6lU
Un novello. Lifii^po*, e un otteo ApcUe..
Agli occhi parla e Faoinaa dipinge.. ( ..
In full' ale dei vec(i un altro. Fiacco^
Ne re.Ga in mezzo ai fefteggianti ^mori
JJHiftve Lalc^i \^ Pii*d<>.x »h>. altro Maro» "
Sur*
Sarge, a^^ cantar nnov^ arme e nwrnK Gnoe,,
E dall^aura Ajiaa •«ommoAÒ k acoèfo .
Col metro. ^ cQiv« io ftil folgora e tuona*
Mira, ommai ^he al faccio. feUc*
Tutto, s^legra. il Qd ; Teco , Signoie >
L'umanità delfe rirtùCreina^
Vtggo aiSia. fui TMiOr 1 4eggi> 'à Tbdpo»
Segnare i di con le. b^' opre tue.^
ALLA MAEiTA*
DI ANNA GIOVANPWJNA,
Quella dkt a pochi «Mafeittfia. ttn^etiip^
Nei folitarjl portici: fede»»
Di Pwfova o. d' Qxfordd^fa nd vdo^.
La inaerà. <lel v»: Filofofia,
OrtulacUami, AugttftaDonna, ai Treno s
Tu del GetJio fra me di Pietro eitie,
Pel JK,u9b Imperio Tu Minerva e Giove.
Qùal fu mai cofa a'defijr tuoi non pronta f
Per blandir di; còocenìl armonioG
L'oriOcchiO; tuO).dd grande uffizio altiera
I]iaiU*-£ia|k:o. Ciri wlb. già Euterpe;
Volò, di Francia in rom/corfaletto
ÀmHxìGk Flora, e lupgo. T an^ip Neva
Dal vetde: btÉako. all^occbio tuo già crefee^
Nuovo. piiu:c9«> t maravi^ia nuova .
Dali'amnteo T^ici: ornai; fen viene,
Tua nomi fete » dbbnunar , la colma
Di FUi^co Capete Aflg&a tazza,,^
Cult
Cui rAnToma icolpfo9,e aresi é^tono
Pi foavte BcoT: gU odi fco(pei6 .
Qaal: diletta; «tu*, tmnu nei: Veder come
ìn^ buja. t:cllaic»idMb. e, fótttjb ^
Per..im teisib,;crift4 varcando^ il lume
Ne' varj^fuoì^ colpr fi. ff^icshi 4 e corae
ly Iride 'felmm^|giame^ e vaga, in vìfta
L'oppodo, Un. diyerfaniente tinga ^
Come lì candor. mtftl dt; nuoiaro/infieme
t divifi color « di. nuovo, emerga!'
Dair anceo Sol' «61- iimo ^ «mpi» miiiieiti
DI; colort e di luce», arde ìt rubino >
Lo' ùìùbMo s6^iUa , ed it; -oniffico^ '
Immittahil)^^ ^e funi, ìuCiùsm.eonfàfk ,
Ne' dolci raggi (noi fatTtfira e ii<3làD
Donuio immeafd^ e danno vita «1 INbodo.
Cosi mh graaide> aanno tHO^ tei ;inuAej
DI Ttto^;i^ dii Tmjan» viitb^ tenpnukbt
Dì Cefare ii -valor, d* Aqgufto ir famo,
D^unMpndotmietTUìfeidelìzi», « Nome..
Del Neutpniano. Sole aì> vivo raggia,
Van dileguando, del Cartefo i fogni »
E volan^^ratt^ a ^uel'cadevo^ Tempio I
Girar delta, Senna im fulla pania rvm
Tuttora, vanta^ e Sacerdote edr Ara..
Gii od tuOw Petseibonie^ palude un tempo
Folta, di giancki- ab jMicator fid nata ^
Oc nadrice id'£n>i Città teina,,
It primo, fijsgia al Ivioi^ Nemono io. regio
Teneivtta sldoficaiiEunigiia,,
Ed' ittico (ìSki:h]t^i,t!aakm^ mceadai
Se 'taU Mintibts aRe> inolimi, cote^
Non tnfpiranfr i»van Minerva e Apollo.
Qual terra maivqitaft^.dimafia, quahmatie,
<^uat:J)i^|Mb^^alun: noa ctt im.i^lodi^ipienol
2ia
Intorno y o Donna y Itale vóci il Vera
Scioglier fui Néva udrai: mentre le Turche,
E le Tartare infcgne appende e Cwjra
Di varie lingue infra una voce fohi
Nel Tempio tuo la Gloria y e il Ruib Marte .
A L SI G N O R
EUSTACHIO MANFREDI-
EUflachìo onor dell' ItaFe contrade^
Che del fapere alle vììx forti cime
Ne' pifi vérdi anni tuoi franco poggiafti »
LoBgaJ'acqse dì Pindp anch' ro^ talora
Odo le MiA, e ^^àicnn verfo elerto
Fatto in nijBHte tefbro, infra le genti ^
^fngo a fpa^erio pòi. Tater vai folti"^
Fifici. laberinti ancte cercando.
Dove Natura in facra nebbia involta
Celàfu al guardo del profano volgo.
Qui del ToTcoc linceo l'orme ravvifo,
Che d'^wrme iftiutto all'^età prifca ignote -
AfTalfe il Ciel non ftìi tentato in prinia:,^'
E nei mezzo del Ciel ripòfe il Sole^
eh' a vafj Mondi che gh fan corona
Difpenfa i ^iorm, » le ftagiom, e^gliaiim ,
E la fcorta di Lui (ie^uo che pieno
Ha di Geometria I* lingua e'i^ petto
OviSflqiue ^e^i mi guidi, od ei mi venga
Moftr^mdo intorno al Sei curvar fue >ne
Nel tranquillo Ocean del voto immenfo. '
Ba' Britannici numeri frenate
Le ritrofe Comete » a i fiammeggianti .
Tinti
Tìnti a vario color dcH'àuifisa luce
Sentile tn^ additi) o dentro della notte
£i mi inetta dei cempi , allorciiè fece
Giafobe al mar dcf primo le^no ortra^io^ '
Che dovea apparerò navigare in Cielo.
Felice chi poteo fcoprir le occulte
Cagioni' delie cofe, e m felice .
Euiiadiio mia, eh' Urania ella mcdefma
Su per r aurata Tua di (Ielle adorna
Magion conduce, e cofe^a te difvela.
C h' a mortai guardo infino ad or fur chiufe 1
A fé I però T animo tuo non tenne
Urania voltp sì, che le forelle^ .. * *
A cui sformato ih nuove ^ fogge iivifo
Aveva un tempo il Marinelco lifcio,
Ttt non tomaffì ai loro-gfitni Onori:, ._ .
E non rendeffi lor l'antico alloro.
Ed oh quaf folto Auol di^ bianchi cigni
Il bello efempio tuo feguendo a prova ,..
Ffe^ rifiionar oel, tuo Reno' ih fpondc 5
Fra' quali un s'erge di sì dolce caiito,
Cheilfìuine intorni egli innamora» ei tolli,
£ le Dee bofchcrecce che ad udirlo .
FiKx* del tronco natio traggono il vifo; -^
QueAi dell'una e l'altra I,ira dotto
S' abbia, s' et vuole, entio a fua cella chiufe
L'Algdbra taciturna, o la fevera
Delle ras|ioni prime Indagatrice ; . /
Ma gl'ani d'oro, e le Canzoni audaci » '
E la molle Elegia, fparfa le cbioinet
QueAl dai ripoftigli invidiofi . .• i -
Io fuQrglitraggo,e a te, Signor > gli mando
Dalla dotta Cittade a cui la Brenta
Bagna le mura, in^i fra i»<>lli Tempe*
Volvefi lenta, ed obbUa .qiiafì al marp
Delle
ÌDelle cìitaie àcane fue ztcar trìMd^
Or tu gli addeura a difpi^ai» ilvmov .
£ P aoieo lifairo tuo jH ior por gnidau
Che non d' Itdia 6ntn> al confine Ibofi
Denno. rinchiiiìi > 'ma ter ^ogi» lito
Pia divifo da bot»&ii3er le penne.
Qkì tion %ìai vènto hiinico oikndtL
Nelfe "onabibre ^cque ine àlbero o fiasb >
Là dóve t») ouanda ì>ei:- ine pt% lieti
V(^eanp in Ciela 1 dì , V ambiofia eietta
Del &(»èr mi verfavi neìia inente t;^^
Onde ppteffi sunA?^ io levarmi un %ldciiò
Coi fortr verfi di dottrina, àuhati «
^ volar yincitor <£ bocca ^ boccav
ABATE METASTàSltl
^ o»%Tàt Cesa r ìb a.
t^ Olce mi fit^ ^^ito- s^il , tna Voce ^
JL/ ^1 £ la doloeesa ancor dentro- mi &ona),
Dico m> quel àorno cbe di nobi 1 laiKte ^
Onor tu teffi igli umil YeWt, tmd'io,
Colpa d'ingegno, ii ver tn^^ ftemai
Or^io non tignai d'Augufto ài pondo.
"QjsiA £af imo xlir^ did tuo volume impat^
De' bei veri! le vie; da ite cui fpira
Amore ii fenA, ^ detta i mocB. Apollio*,
Dai dorati palchetti e <làlP arena
A te fii plaufo la ll^jgiadra gente:
lieta eh' ornai per te V Itale Scene
Cra.
^àve pììteg^A il Sofecléo^ éotutnò .
Qual ì fta im ch« per ta via oon muo^à
Delle lagrime dolci , allor di' Enea i^^
Seguendo Italia i duri fati e -i vkiti »
Tronca il caiùùbé ì«a> o JaUc^' Ulifle^
Il nu0fo.:^cliil1e;tuoche intireccee^fomd
Le Ométicbe faville in. petto vplve
Dal^fen d'Amor lo gùi^'ìiiV^oaniiDÉtef
'Chi della Patria non precide i coftuoil,
E ' le leggi ikd amiate , . e l' aria , e i ìafli
Dal Temliloclt tuo, chi. noiv s'infiamma
Di Tit<^ alle virtU delizie ancora . .
ÌEtitio^altupi -vaerfi dell' uman'lcg^^^io?
;Fl:a taiitì ^filanfi tuoi , SìpirtQ gemile » ^
Tejnoti muova il gsirrire iaii^lNdlito ed aeio*
Di lingua velenofau OgBt'fiU biella
Piànta degli orti poor, fpeme'cleUi^amta,
Che cùopied'ombi^ :l'uon»,'(li frumilabft».
Di vili omcbi % niÀ> ancoia.e'
Fra i Quintili fra i Ti|cc% e t ^^aon Pifooi
Ebbe i^antili fuùiyébe i Atoi Fannj
,11 Venofino.^aa^ éflb : ^ or bianco Cigso
Dalla Tcmàììte 'Ib^ca macina
Deir^nyidia^aiàj^j^^'mi^^ del tempo
Air Iperboief> Ciel /batte io fiume*
I^uovo non > che la volgare fchkn ) *
Solo dtf^i «mt la vtrtudc ^mr^
E più la ruggin <Ìie il metallo apjMessti.
Forfè la ven^ dà. Caikdio fonti
Secca i a' dì noidrii e di Parnafo k ótìm
Forfè foli poggiar Petrarca e Dante ih •
' Molto fi può dell' Ippocrenio umose
Bere di Sorga ai cnftgllino fiume »
E vincon le Dantefche ofcuie bolge
Molti X9wi Febei molte faville.
titi
•
N^e della cuKta Italica fevtlli '
Ar padri fia che tròpjH) onot m pa^U
Ma per, ciò dd Guanni i molli vérfis
N<b la nobile torba di Goffredo, -
N^ la cetera d'-or, tita d'Eroi,
Che da Pindaro m dono -ebbe Chiabrtrà,
N^ te udir non'.(!ovl*ei'Ro amoniofo /
Huovo cantor, che daU* Aortie cimi: ,
Con la ticòa tua vena IV La^do bei.'
, E dovtemo foltaftto i noftri mari
Correre, e non dovremo anche ^et i* acq^
Inglefi o FTancbe alzar la- vela arditi,
NèìlXàtìno Oc^an tentar n^'I Greco,
Donde ignota fra. nói Parnafià tti6rc€
Recar poi vincitori ai Ttìfchi KcH^
, E il fermotie arricchir patrio ed il canto f
O di fetkìle età povere men^i !
Nulla àanam iateiar Petrarca , e Dante *
AirinduUna de'poftefi e all'irkegno?
Datique Ira noi la lunga afte cv Apòllo
Perfetta fuife in fozife etatdì, in <nii
L*arti che pur *dt lei fono iTotelle' ' "
Giaceano ancor -lieir Urihica rui'na ì *^"
L' indotto • Cimabue fcar'fio ed > efain^ue
Era Apelle a qtiei ^Bortós'il duro bronzo
Fra le miai a Ceìlin /le molli ferme
Noa avea prefo ancof , ni ancora avea
Michilagntìtlo al Ci<Jl curvato e fpinto -
lì miracol dell'ite in Vaticano ;
Quid in ^-ittza Canidi# il cuor fi rode
Ove Ldaje o GlikfJ vifpa fariciitila,
Bruna il-crin, rofea- il volto a ^ le dei cAtó
Giovanetti l'amore e l'occhio inviti ,* / *
Tale i' Fannio ùOn-tev Viver tupi verjfì' *
Pur egli vede, e iarfi con difetto * *
De
De' tu(w <letu c^nfiMnre ip ogni loco;
Mentre gli aurei volurnij ond^e^i rende
A Monaca o a CottQr FebeQ tributo,
Muoiono al par dell' ultima Gazzetta .
Quindi, credilo a me, quello fdegnofo
Grammàtico faggiuol clr&a (èm^re àlla^t,.
Quindi Dante e Petrarca ,ei miglior tempi
In bocca ìsb. fempr^^ ^ qoeljia invida lode ,
Che fol per odio a' vivi i morti efalta .
Ma di là. deir Italico. A{yniiino,
Miri cofìumi del bel Sequana in riva^ '
Dove l' Achille tuo di nuova lingua
Ma^on d^arlbi piti ime rivedito
Sforza i voti e 1* s^plaufo infra una gente
Culta d' ogni faper, ricca d'ogni arte,
E del Lazio rivale; e qadr4)noiie
Ti rende ad una, voce eftrania gente,
Quali ri rendranno ì ^fteri tra noi.
In tanto fiegui il nobile tuo volo,
Cigno. anlmofo, e non degnar dal Ciete '
IT un' guardo pur quéi nubiiofi ftagni ^
Ove ronzan: gr infetti tH Parnaib ,
E in fèm>.a efernlti ci^édon ftill^ala -^
D' un Madri{;al ppggiaie o id* un Sonetto,
Non quegli m cui tepor d*c(lramo fuoco
11 petto fcalda, e si ne agghiaccia altrui;
Ma quegli bene alla cui mente fpira
Degli erranti fantafml onfinttrice
Aura divina, e eh* or nel moHe Seho>
Or d* Africa fui Itdo, &rà m pome
SuIP aureo Campldoclio , ed Ofr di fpeme
Or di vani terrori a petto iti' empie -
Degli ai^ri ficnor', quegii ^ il Poeu,
Di Fiacco in rulla Lira AdòMo il caata ^
£ adombra Meu(\a£o ai vi vmmn
il*
Verace 'Nume i A piena man fpatgeté
Sovra lui fiori ;^ e cidi vivace allòro -
», Onorate raltiflimo poeta •
»■ ' I l ì f ilili ni i -u ■ Tt^i i. n ì , Il , . , ■ ^ . _ .
ALLA &ACRÀ iMAESTA*^
DI A ù GUSTO ni;
K» DJ Poloni xfiLJETTOì^,,'
. Di Sa s S.ON iJt ec.ec» ec. .
STEFA^ì^ ÌSenedèttò J?Af ìà vicini i .
S^eifa deir Aìbe valicar, la fchiena
V (tale Mu|e^ e in, fupì remoto il^p^edé
Fermaro,,a Re ftrfpier difetm* e cura. .-.
Pur fcmi^ ai patcìi CoUlr.e al paHQo SòU
I Tfl^|i?ggiianti|ÌMn4 ^-prà i3Ì4 ora V lì
Volgeano .^gU 94^ M agli onori in feno ;
M^ Te, Signor, volonterofe e pronte
Fra le nevi feguir, feguir >frà i bofchi, >
Liete cangiandovpi^ryim nijovo Àucusto
Col ^Spflonico Suoi i' AuroffiOx Cielo ,
Sovènte all^M:, ^' infra di noi mirare',. \
Di%OP%a lingua^ ^ 4 ^oftr'arti ornato ,
Te fui pnmo fiorir di gipventude
Bear d'Italia i ^ ìrinaSdorarne il jGenio^ .
Un ifjpplitoj nit^i^ ,-oa ^luovo Guido . .
Quel giàpnore a Ferrara, equefti a Urbino 5
Soita fui Lazio del Medicea Stella
Rav.
, ^i0
RavvHavapo ip^fi, fé i^ti che ini raggia.
Maggiore 4hcor ti siàVlUàvà it^ voltò .
Qiul fioatto mai fior si leggiadro , é vago v
Quàl dì non' pròfìletteà si belU' Aurora.'
Il forranato dì ferenò e pnfo
kiìuce al fine, e inocchio vede orinai'
Quel ch'appena ff'difiò fperare àpfiVa ,' ^^ ,
Dopò immenfò .girar di t6rbid*ahni' /' '
Un* altra volta innanzr a Trono A'tiguA»
Infiem ràeeotto ^ ^ il fina ad òrà errante >
E difoerfo dràppel dell'Arti belle,
Cui Mecenate un'altra volta ii guida» '
.. Mira -di Meiffen là Fornace induftre
Volger glòbi di fiimo infino ài Cielo;
TWira un popol intief fudafrté, è curvo
A febbricaf collk Mifniacà Ai|^la
L' Indiche inara^^iglte; è tmtà, Ormài
V atte Cihefe. dàlP Euifopa vinta .
Odi d* Italia PArmohìa divina
Tutta brillare in fu le dita àS^^àfTe ,
Halle caro ad Euterpe^ a Febo caro , .
Che degli $fTétti le tempre ddci
Delle &ené Sighoi», Sljghòr del Core,
Cominove, é calma à ufi tocco fòl cK Lira^
E pi«à , com' ei vuol , (degno , od amore .
Nuovo Tiàoteo^ ih fend*" Alt GUSTtì infpira>
Vivon r effigie tue, vivono i volti
Incarnati da té, degnò Silveftre,
E Dafni fptSh M le tue tele C|Ori
Vètócggiò vieppih beHàj e meri*ntro(a.
£ tu gentil flaodelta HoffnìanÀa^ à cui
Il più fino pennel ceffe RbiMba
Con acqua, e gomina àpCK^ terre immiiìa
Del Fiamminp miglior Ì*af dito tocco
Emuli, e il tinger fàporito , * c^ cddo *
K 2 Ecco
Ècco da ixAitiie Alpino Maitb ófcìm
Motbicja. Kinpi j o Mufculofo Atleta
A dotti colpi tuoi 5 Mattiello, onore
Del Palladio Rettone « lonor d'^ufojiiay
Cui Pplideto.dìV r elatta Norma^
Fidia il Greco fcalpeUo, onde rcd&uri
La ghkvè Anttchita marmo nóvdfo.
l^al'u Signor» dell'ozio Tuo le cure^.
Tali ^ le' al fianco animo tuo covante
Sul deftino Europeo |K)(a tu dai,
Sono i piaceri , ove ti guida À^ìollo
Con Livia infieme, e Mecenate allato ;
Apòllo, a cui pur nel Palazzo fembra
Avere ancora e ^Biblioteca ,^ e Temi>io.
Ma^uainuovi ornameattal Tempio fuo ^
Quai piacer nuovi air occhio Tuo prepara >
Se dntto miro, in altro clima jJ Ùie?, \
Pronto e fupcrDO àel vicin Tuo fguardo
De' tre CbxM c il più degno . e' il frefco Strozzi .
La Gmdefca Rofalba , e il moHe Palma ,
E di Natura, e dì,,.Tmaji iT,vJe. t
Del fiero Borgognoh le zuffe ini breve,
E i ytìti tinti nrf c^W ddlMta
Dell' indudre VcenlcIiiO', in breve ìlpopolof
E il Venatico Mond^, e in breve ha
Alle Regie pareti la f^uifita
Arte d'Olbenio coD%rata, e appe&.
Chi fa quai cd*e ancor rivolge in mente
Il Dio delF Arti a Te, Signor , Miniflro ì
Queido fo ben, 'che al nome Tuo rifcoflà
Per Te ga^cggi^ Fingegnofa Itafia,
E Tiepolo per jTe,4«r Adria tn feno,
Dell'Arte tanto a(f Àleflandro cara
Pennelleggia i tefori, e i dolci inganni»
Gravido d'cAro con Minerva al naiico
II
jtzi
1\ pronto Ttntoretto, il ricco Paolo ,
£ it ccHTettO Urbin£tte^ infiettìe itripafta.
Ma,oimi 1 Signor, che più noas'ode intorno^
"E ìofra le Mufe ai Troob' Tuo compastie
Del buon Palla vicin cantar la Tuba!
Mof te^ rs^HIo , e, noi pi^ng^mmo tftlBto .
Quello il cui canto era al tuo Nome eguale ,
Quallo., cte fejppe Mntto «if acque tf Amo
Di^^FIacco derivar Talpeftre vena.
Quello, per cui di ToTchi modi il giogo .
L'indocile Poeu alfin fèntio. \
Ma Tua pietà, SiCNOn ', già noa fóSèrfe,
Che lunga pezza dèi dovut^punto
Bagnaflinio di lui la fredda Tonoba. >v
• Appena eflinto a fortuUftta Vit* .
Tu '1 richianai. Signor, vita ApoIUàea ,
•Onde.ficuro, e deirobblio Si|^»
Le ibfche vincerà, nimiofce ecadi^
Merc% rArte divina a Greci Ignota, .
?H^»y^® **^ f^^^ ^ g'* occbi piitffej
^Ma delr.h^^no, e di Minerva i figU
Moltif^jca iti uii>tfatto, e infeme eterna .
Sa^p^rdofie d' Apollo „ ^ Tuo nomadi ,
Tu me, Si^no», omier raccor le fparTe
Foglie « e auatrle in un Vplutiiie detto
Di Regio Uggitor degno, o del Cedro t .
Compiuta IV Opra , e non l' Uffizio ancota »
Onde offiir grazie a Te d'Italia a nome,
Del pio^ Comsmdo in cui fuo Figlio eterni ,
Onde %nar dq|gio i felici giorlu , '
.CMTa|^ Si GIVOJ& novello Aimtrsro inimri |
E Te (T Italia in mezzo ali- Are, e aiVott
DdL' Arti venerar Nume ^jxfents.
!
Hi' Al
PIETRO G RIMANI
POGE DJ VE NE ZI A^
MH^ee, Signor\ ehe di Saièt me tiene •
Quefta cTtibe e di fior lieta, mmk ì^
StiU^ ali (^$1 del t>efr(ier0 io y^ho .
A Te chejper U P^tte orme degU avi
Salifti ài Trono t^e d'itjdia; ftvvoto, ^
Il Genio. d'Adria, ^ '1 tue vi^r ti fcerti»^
Gi^ di- mia vita dia ^ni cirra foioita
Contento io p«r ferei : fé. noiii che a quelli
Jiifìti^ pòrto , i Imitai > dentro «ilMr m^rttp
Ponno far d^tuot dtèti ognOr r^ro.
Qui d^Aqmlmrtan temofio gli oltragfi .
I vivi arsoci , n%d, dì fior le chiome
Anche $A fik brevi dì fpi®ainP ornact; '
Qtì rùmil viglia i tralcir teap«elU
Spiegft al i;«pido^ciei, ia'^rciaanMfft
Cuopre P aria <:o*rainii , ìlfuol cón4*'onibra ;
Giù per te ba^ee ^tó 'iMiQdK e fpfehd^ - • *
Tuggevbl td», e Ih fo«ge oMi fiotto.
E Qm inarina ^mivo U Beonqo.
Or ben v^s' io guanto fia fim di iWa
La>tracciia di collii^ che in 'te d]nadi
NoQ nken d* invidisi che ìK inA pieMi
In ozìq. vile iva yvtaxoiiAiii^v
Non pofiìi^ ^ che al' panila? 'taio 'tioneort^^
^ Ccifonto IMriit? , #NfBitme»i SdR
Voti ha g^ ibnco ikOiila ^ ^ wc»r ' Ci kgtti^
In mezzQ agli oftrì , e a lauta menfa , dave
Puote A Au( pofi^ in ciottola Cinefe
jy Indiche frutta aflàpwtftf il iucca ,. .
Venga coftui ha, quelle vaUì aoMie, ' ^
£ dica pot f($ piU luccica;, e olezza '
Di Mumidi» ptetruzze ArsU>o fotalto*
O edxtta. verde e fior di color mSle.
Quindi falendo a quelti: colli in vetta t .
Ivi qoeiia da lui anora invano.
Cercf^ calnui^ ei ttuyerà, e- la fatue . ; . '
Cfae d'ogni bu8n ù,^ condifc^ U cibo . :
Così del 4ott^ Apicio e di Luculio > .-^
Ei cenerà le irene a fobrìa nienfa ,
E a qo^ d^li Dei viedrà fiisile»
Ed aflatua, Signor^ vecchiezza verde. ,
Pa miUe.pafli « qqinctVioiataaa f> i
Cinta cf intorno da <liie colli aptjci
Ewi (f'iiimcU^ctm.oqabh»& fam»v :
Dav^'ia- émà^ ' n v v^ l^w l a ho, ^ cofbyne
Turto foTo;Te iumich»'0|oeo viene
Or della Gfeda il Saggio, or^ il Britanno t
£ inti TpdTo <;oliii daiU'àras tkèa,
OncP^^i prede. aitcor c%0 invidia portr
Al'vnmi) finea -H mcitore Achillei». <
Viene -mèro /talor • qoegiit da* A^piii».,. ; *
,, Ghffpahdir lii pari^.sìlìMB»'iì»aie: «
Mt di TtiUio 'i e di Plato , e' del ' Neocona • -
Nella* mente mi taee ogni aureo detto,. L
Qualora avvren che bruna forofetta
M*apparifca tra i rami e ne'fentieri
Dubbj del bofco, ove dirado foole
Effer paura alle fanciulle il Fauno.
Torto ver lei cupidamente io muovo.
Ella fugge, e pur gu^ta; infine il bdfca
Dove felvaggio % pih , parmi piìi bello . ^
Forfè, Signore, ai v\ò Teveri ingegni
Noo fi difdice lo fcberzar talora :
K 4 Col
tZ4
Col fanouilMO Amor fchcveftn gli Dei^
E te mtétimo gtà foceo air antica
Albo» 9^^n «ve dh Brenta il tocr
Fieflb fi fyQGfhiaL etitto alle litnp'uf acjoe,.
Noi t'odtmmo cantar, che éi tifa, vita
Tutta Pìiloiria ma lilta foi erar
Dove pur atico^ aila^ (b^ion ci» itiibnmat
L'ave^ ed alf osio HOutacbno invila.
Dì bei motti il gatiar tuo fag^à e gcave^
Ai ora ad ora rallqgcar tth fuoK . :
E' tcco la comp^^tsia fon i' artt bdis y.
O tu goda innalzar:, nuova^^ PUbdìov
Porritt ffeSt di cdonne^» o^ in aisco r.r
^ Pieghi i docili natai^v onìfer* éràfcentiéf
A' tuoi dotti, pirfiiggir^ ot iu<Klì£fion^ .
Ptt le r&fék fpaitiaie iir ordiir' finifó^^ -
Bl^sàeSliiigi , ó GjBehsiAnraè^ed: wrhèv
E bene a te. Signor, bene a mo ifraé»
X}l(Hivieni viHar feale« A:^flie {uatelif,. .! : t /
Schietti aibofeei^ freéei^aàetr, e^TatUóp«eBe^
Sor ColoMu^ e< &fertì:, fono-it^ glahiiiio
Che na vecfi-d'^OmerOkaJocor veidtfgia^
Qal dove io "fon ttftnqmlb vita ter vtvó^ ^
Pi Piai» aiunif aft>r, dei^ buon Neutono'^
E GitiMAMi; di' ter, che fiedi< il primoki
Tra- le WP alme di; viitade. amiche:-
•/f Sua Becttknxfl
IL Sia MARCO FQSCARim
CavaikcsLc Procuanttote <ii Sajm Marco »:
Storiogiafo.deUa SertnifTÌAui R«pub«
faÙcat di Vfi»tóar^ - "^ .
NOn Taiira cblla Carte, e nctn deiroro
LeingDtde wiglie ^ odegli onor vaghezza
Impigliasio^ Signot;^ QWr/jkn foife 4
Credoci, V^mmo xAo^iftì^ ardito. al i|^a(
Con Te difgi^Oi e. 0011^ i^Mutè^ia Pindì^^i
Quinci Motc^w Vi^rfo Italia, il gttacdo,
jy infta^^kcafe oad!elU Va fapettia :: J
A fé mi. Dra^Arf due» .Ciitadi <; < Ù^utflt a )
Daifiefcore: kgone il ^afio efioUe
Marmovea tutta Sd Cogmr» «nat^ ; .
t'altta-dfili'Aijop.iwiffafle fpepdie^ ;a*pwdi., '
Del febrofo Ateeitibì» 4i^e ireiiiiir^r. .7 >;! A
Or qtiàb»\vmm €l irum ;« TialiiNi «ipetta >q
Pr«ri#r/ c9me (&• Doowfc^ « oobU itiite t. \
Muénbn tra Ior« « a^ , fdel&ro un . tei^Ci
Per rimpisrio defl'jLiti.Atea^jue RomaKf']
GhiiP^tràin»^) Spirto fieetiL compon» f »
L' ire ikggiadief Or viedi U Ptorensa ' J
SiccomeiltfMiienttiaU'akra addita > ^'X
I t^^iniftliiffl defluì 4ttigua,«c^at •-
ÌA fffinio ^ ^piegli, dai < pantana Mt^t A'^ :'
«^ Al quafeLM pofi(i i»aao ^<Mo ^ tmti -^
V9^l p^ che in bei veifi^4'atn|iee 1
SoverQhiì>,tuai, otMfe di Lavora .|Ii oochi
Si^finiaiifioao ancor pien dir iavdle:
Jì terzo lì; «ueKjflr m /Cetiaido fi^ •<
K j Olia.
A-l« gli mpftjfa, e a 1« dice com. «a
L«i che le ^le Wg^ a'noSn vati
U&U vwff (fi qotl Ojw fe^
Che rifMiide dai fcfiv Eco *«Uf» -^ .
E l»l cVe fovra ogn,^ altro *be le Mufe.
IM Ùxio amichi!, ^ m^^^jT^
Oi^ sì «M ftuol.tfeI«im U»8«8»i' ,
Orme «ampairio Aetro « Im «^"^Sr^^
Giurfer d'Agio «, penetrar nel.T«Mpio.,
iMaa l«S««tD ^/,«»XiÌS^£*«* ,
r»?*V^ite.te l>lftiae*»H*t. ^ V
Or-;qsaU «^KiBtt iaCO«ro \ W«« P**
L' Adriaca Oom» , <*e si fcro» «W»
Gli Scarni»»», i J^'t^M»-' *^2^'JLJ
Vedi, di» <ftc« ««'^*' ;? rr.2S.Lr^
C5o»clte'« ««Tu^Silì^^. .
EXitòTvfc«i*a%nQw Awne.
Nk^l alti* f»oi %U *« iwm <«««
Se Gi4ta l' i^tj»., St^ftnnot e^ T%vmm ;:/
Unici vanta io. un fue. figlio Colo . > •
Ben ìXÉi per cui alla bilancia il crollo ,
^r cjreiit Fiorenza ^ c|[uel iiiaceo
Sao,m9BnP fisUi^.t ^ vincitore il ciuai^ar •
Di Vincgkt non m^ -obe, di Stugir^v
A tal A#flne^ Vtafgtsr i& (er^6ccilt4 .
Contenta è a cKr che \xi leJMdrdo^ fedi. ^
Padpa nudrillo, e dalle noftre torri
Il libvetto occhio fuò rivolfe al Cirio. "*
La bella galli ognbr crefce e s" ntccende ;
E qual delie falangi era coftume
AAk'Jpoi^aft» tipvónp e fcodo a fqido;
Odo al Van^chì il Parata, il Guicciardino
AI Nani oppoixe, r oppocre^ aU'fortuoaco
Amerigo i Cabota, t Px>li, i Zeni.
Tale era on dlj:.»» 4>er iìagtoajW9n belle ,
La gara degli Dei , quando fui Xanto
Yenne contP Afia idgraii ceqafHtto'BQrypaw
£ /i A/d: avvMì AaVafi i3>r^do . \ -t
Il padit Biosre ìw wMrM Ida : aoqjwftT
jMa;<jufeiolaiÉri (^na 4a ToToai^-Did^na .^ ì:\'J
A quegli d^ippr ^<&itiy.0!Bd« Aw h4m ^ ■.
AÌtaÌ&ÌlU::CÌ3lfitÌ^lejdlÌPM. ^ù.in. :i.C
La Dand6bi TÌrOi^ JdL-Maurocetey : .../ .i
E i taatft Jiicer diedelk prilca KMHa
I bei bfeiL ctnnbr Veodti txAi '• >t
N% pu&0B|b JUbectà le/jorliie .iniègne
QiittU ifmàrv«oii;.9ubt}X^<^'^ ''^^^^^^ '
Alla etti gmirini. oindmtìi nofttoitiaMk/y
Mai fhMade eìn in f«i IMreiia giàt>tonttf}
Ch?li^ r:«fa^«ifeftiv e i* Egida Mpeitd^.
wi^ K é Che
J^
' }
CI» «Wttoè h TbfSà Pòàtta il prtg»«»^
Comencle rf noi delP Itafa. fe>{éUa^ ^
E tu,«plr«o gentite , il qital ^^ "«* .
TttlKo itt Senato, e Lhriaft4 Panafoi
Gfr àuwt vilumi tuoi cfc*aVér {>!» <tehtio< ,
V invid» cffia^e- itt odio ?' ^^^^ ^ l«*:i*'-55
E allora tw* »'«! TWc»' DórH»a;udi»H» '^
t)aic air€muh*ftl» 1* càwfa- VAitt*-"
FRANCESCO Ì>tVC^
Oìtf «ea deftiiio «"miei dfefir nenw o)^
^ Rivedala niì coHoaffi». » W^ PJjjfej, ;
Madre fecd}iaa,^e'feS«vMmav.Scwto
Dì jaentiteW» la dna- Mi^mkviO-' i ' A
CI'
t2f
Cbe Hietu^lMoogtilr.iHia €S^jraniet«
Dove ancor AA (àttere) f ddia jaletisa ^.
lXiÌ9»tttti la Criftca %ltuolat ' -
JDà. Idr, fioulé a «iMÌcaL^ ii^/più: bel likàro^^^
E i più Ttvi.vfiòlor dal'&n.ineitìfaeo. ;.
Così ttf^jyigi€pidrm»m'FÌEmorS^^
Quetio 4Àì6red >eit|iib«>r:IU&ìne> > * *
ZI fiibUixi^€iiróebo«^ie(tl.biioa' MmiffiOfc^
Tale era Roìna anzi quel tempo amam
Che fovra lei pafsò^ V ira de? Goti ,
Qaacida leggi ^ coftumi y aiti > e favella
Dava aKe Ge»c» in Campìdodior affiTa.
MfL pur teirapa verrà che U be^ Parigi y
Che tQ , Voltaire, via w& bella fai »
Riveder nù^ dato^>' e Mulìa ma,.
Dei mondi metafi&ir kggTaasa .^
Abitatrice.^ d'^Ai^lion ripien» \
Di Idratino, ^pet hi lingua, clI petto,
E lei, Qbs> ìakeShs p«^ \ézmB^ e dotta
Itale vocTa' yenofGl JFranceft i ,
Murfa d^u* Arno ^ e Ninfii della Senna .
E dove tafeta io Li», cb&:A' Aleflàndta
Fii]^ bwtnufd a «» VateF^ amico , il piode
Tua RKbetieu, A cm l'ambrata chioma -
Ongo^ M lauro tuo 'Matte,, ed Ampce?
Per Ittt ài plaufi rìfuonar te ipdixle
Detf Elba incorna, e fioTpirar le Dive,
Qoaixr Egli vemie d*^ Imenea fegnenda
la cbiatìffiinft 6ce, e a hit Hi dEato
Gttiéue in Francia di Gesnuoiia il fine 1
Cotó, cuTrArtt fue Pailade diede^»
ìì cinto Citeiea, Giuoo» il dteoco>
Oli (brxidie Lucina, e per la xniova
Prole df £r<ù già fi^fii li^a il Mondo.
Coixie
2^o
Oome li tUB tin&è fit nabli Aibbkm,
Parte aacom Elia avrà .q^^ bei votami ,
Cht a te detta cxaCHo ddl^lte Impctfei
£ ieib Giona dei BotbM CuftcMfe.
FeHce te! Che )a ix)biifta Smf»* r , i
Guidi'-dei pftrie fi muneròu fcoamfey .
Cut dell' fttòwimd^^iMicIrir le Kftiftr, . .;
EdisBBisliatdta d'^altO^afer .Minlérvff v '
r4oi\ ms^H^tt' ioiwft^ >&òfdo 4^^m> M^ 4
♦.J ..f H'>v
j •
f I F» . ••••
• i^l JjiiW. ..." ..
DODIGI POEMETTI
IN VERSO S.CIOLTa
Dei Padre
SAVERIO BETTINELLI
G E S. y I T A
^^tr* vckufubòlUmi in Miiam. fitte il
wme. ii^Uiodan. Dtifico P. 4-,
• ' J I -, i-?'
» avito .C'Vsi^- ,V:. .•. -i-iV.;..
POEMETTO tRIMO
JtL SIGNOR
GIAMBATISTA TIEPOL O
Pittore Illustiix
Sopra la Pittura.
CEno grazia del Ciel, Tiepolo^ iHoAse,
E bnoii ìbpìot de* pHi propizi Nomi,
Me lui^o teinpa peilcgHno ; « in hingo ^
Tratto d' Italia indagator non 'temo
De le belF arti e dbMi^ni' ntg^gni,
Nal ielice;]8rreif. dVMria..cùimff^^ '■'
i Sioor da V \M/^ a ì^ Apptitfiin^ dkt nUtfe
AI jiMor oMcattdo «uà vecacéi immago^ . '^
Aoaat !^e-r€>i»re e det vabir tetka;
D9v' >, oicear; dov?> ftìàdce e lìodrìce
I>^t*ffrM on tftOifDvede'liaMadH itel^f
_ Alcun dov'k di q«*divin maeftri.
Che ^oti'lavchi «nmi emula tin giorae
Ti fer cH <ÌT«cia., onde da» Iki «iheini '
Su Valle protr de rarditè navi
Sf^o appRKÌatpv]ie'tefi:ani ^rti
Verfand0 a pfen». mair P indico «gento y
ter gir por ribchi a le tiatifetorie ' *
D^ un finiiilaàra cr. 4' i>na breiié i«U ^
L'Liglefe prèdat^r^l^enMlD Gatto '
Non : 1^. cs^titieKttt/de'fsediidi imoii f •- ^^
QntdQ dew'^ dov?^VCorregiò, o'i du»
Urbinati tramortalìf, e Paolo v £ niìHe
jy Adrian ddpi»fl|Rmi. del :nb«9 anoi^ l
Così foveijte a lamentar pren^ea ^
lutalo ÌTcorne, ed àceufava i Ntitni .
Ma non ancor quefta beata Terra
^Sempre in cura a sii Dei ^ fe^pf^ealClelcarai.
>Sovra di quante il Sol mira e fa belle,
Ancor Yini^ia^ e te non^cm^^av" r ; ^,
Al^fin vidi coltì , per cui la gloria
De la latina libertà rrifurgej . ^
Vidi colui . che P antiche opre indufbi
De' dì migliori a'noftri dì tìjmoya. ^
Te TiepoTo vid'io: gli autei coftui^i
VemjM^ teea ed i vivaci mòdiv '* i
Ne' ^im le. belle rawlfai fenUanzie» v. <r
Ond'a»to fuer fe tcai^arip natura: - ^^
I certi fegriirdd kvor t^cfle^ : * *
Che ftca p<wrtàn: » tia ftoote H^^ '^
L'anime gcàadt* ssi le vnlgsr itson ùoim/
JhmrtÀ il ckMtofMuMi w Aeffipnà ecoifìpo^
I fin. colorì) li tsqipiè 'Iacf0:a|ppieftftv
Mufa, e teggiilà^màn , df io wttor tìolVa
Di Ticfwlit ^eiitìifUema lH;nitBiago é *^ - ^^
M^iftonde ò come fncambciar?' Non id^^
Tante òièiè,T<he; Abolir. 'prefutóa;' ^^ : i. )' A
Con;inana;in^arH inTtnortair i»vor4$* i^^^;^
Serbato folo iU un (fidino* Apdlé, ^' ^'^^
E chi poriaiotiel tuo ifecor^do iiigjgno ^
, Ritrarrci in ««e:t) in catte jonjfc tu pu<i
^v vari! e taoiti.Titli un^ar di lana ^
V Compw tavofirdi non ficH i^pie^ '^ 'J
Nuil^ per pronfo.sadojjenip dirinand ' ♦ ^
Perfetti i mca), <«*» W^ff^hidio e fntóttìi J
V^Uata fiiptte aJtiTDv cofiowb e éét&r ' t
Ma te fin da 1^ .iàfte^^ 4» tó ciettia^^ * • ^
Per man guidato ili Datura i(M&,
' £ dì q^k attinpoft igns^faviile,
^ Di
ms
X^, che. 4 VfttV H iPfUm ai4<Hi i)^c«nda ^
Ricco ù mente e.rlnfiimHaato il .petto^ . ;
t^pn gli. armi tardu ^il luipga ufo, e ireftU
DitiiciU fu^c^cijadidunru:^ ^PV^e
A po<;tu fgQpre 1 iiioi %ti:et^ il fòmmo
Be la, b^ITarte tu;^ (ol^e^iQ Q i^<^;. . .
Il (atalf DìffigaaA OiCtti'da,»^ ? ^
la taciturna ;viei\ ^Geometria*.:/ „ - :•
Che di vuKfQXz\oràjeài v^iuvi^m
E c^ ànglici ftrònienti it\gotnbra \ tutta.: .
Quinci uedt^ vieta. fpojpata. e i meixibri
Lacera Notoifila^ che ne la ftrage ^
De'cotpLUmanU eiaa3i^2^4 f^gutì^.^^ult^;
Non Ittoge la Scol.turaàl ciato apf^eiìde : \
Ilgrave maglÌQ, e lo fcalpeUp hs^ìn ixiAÌiq)
Ottica » Arcl^^tettura ,, i. Ejofperti va , .
% d'^^x^ un d^pe.1 folto erra a VirMtnQ •
Quivi firn Tòripe.ifencrandftiinjrcftr,
Di Ra&ella àoco^, di, HzUnò ^ . ^ ^ ' ,
Pi Tintoretto^> Paolo ,^ e d^ qué^griichi,
Che ldn3j:nanda con peiu^ uqóra .
In bre v'ora aÀi^^c loleaa rtniaienfct-
Sale de' Regi ^ e pollar di inilU
Cem diyetfe d'albiti^ di forme /
Ij^ecceliè volte de^^an Teaipli, q i lunghi
Atrj al filenzip. e ai {(jixtm alt>er^a^ .
E le tUQ ion pur quivi orme . recenti, "
Tiie|>olo juiio, ch^in£ com'elfi uà gi^m
DenVfdU la vena. ampUrperem^
Del facile lavoro^ Qnoe non anca' ^^ r
DSeclJuftri varcati, oxnai le bell|
Temadria^che, xvm pur^-nm £1» h tmtitf
E'Ie romane^ c^ le pari^nopee.
Ma le pode oltra l'Alpe oitra Pireiie,
]S le giacenti fatto lin altro Sot^
Di
***
} Df tue bèir opre hai tnene, e M tuo liòtne*
,i Te il colto Inglcfc , il curiofo Sveco ^
g. L' titsentiiito PrùlTo bnoijsi e cole ,
R E gli Ungberi dinanzi a te tot tele
^ Al fuol proflefi offibono incenfo e voti.
Segai por la magnanima tua imprdk,
Ir Che qaeib % H catle) onde4i la gloria s'eige
Di par co'pri(c{ii imitator Mce;
Né già luhgené Tei. Chi pub dit come '
/ Erami il faggio còmpartirnlel vario
[, Multi^ice (oggetto, e lo difponi
i^ Con legge Tiziahefca? Odio le tele»
Che cento voM e cerno bnccia in uno
Avviluppan ébsV, Che par coi membri
Lottar i membri^ e còti i corpi i corpi :
La placida quiete e P armonia '
'^ Fugge da lor^ ma tìe le tue iìcovrà\
Tu d! giorno .ciiiai:linmò le accendi , :
j E a tua'poda puoi trar luce dai dotto
SbÉtter de ronpre, sì che ftóf del quatto
jifce la man, che ^ ad a^rrarla invita,
' i Come le partì dèi lavor perfetto ' -
\ Rifipondonfi tra^ lor? c6me concorde '
DiUrordia unifce e 'parte, oppóne e giunge
Ilijiel contrafto, dr ch'^nuna \ bella?
Quanta ne ropra verità ridonda?
Chi non ravvifà à' capei fparfi e lordi-
Fuor del tempio dì Pallade rapita
Con le virginèè man libate e ftrette
La m^ra CàOSmdra, a cui dMntorno
Fuman le pattie torri , e in alto fale
L'ifiàc^ bvillà? O ih Rié2zo a l'armi.
Ed a le fiamme fuggitiva, e tutta
Atteggiata di dòglie e di paure,
Strettoi! ai petto il pargoletto figKo,
'' Chi
a?7
^i non ciMÉofce Andromaca? Tu fai
Le membra al Tonno tond^^giar^ iàrlearpre
hA la fatica die muscoli e nervi ,
Talchi intreqd^te riq^onfiando vaimo
Le vene plt.Ie braccia, e corre tutta. .
Per l'ampie fpalle là ramofa felvav ^
Per te fpiraiio i volti , ardon le fiamme^
Verdeggi^ T^^tpo, il fiume corre e fpuma:
De'fìorxbe pingi vuol ghirlanda al crine
La ftefla Ciocia e fé colori un pomo ,
Ne fa Pomofva a^fuoi panieri onore.
O de la bella verità , jcoi tutte
Son (U naturi^ ^e fenM>ianze conte,..
Difcepol fido! A. te .vicin.^oja lei .
Ne' tuoi kvór U vepufìà s' allide.
La g|:/|zia,i^imi<;abile, il dfxHH?Ot
E quella^, abi poco «'dipintor famofi ^ *
Del fecoló 41Ice amica e cara . . •
Santa onellaxlel e pur non d'altro gakW^j^
PiU {hidiofi imitator,.ch<^ delle ,
Licenziare immagini proterve,
£ de r ardito fmgiar non 4anno :
Binanxi a. le lor. t^, ì bei Coflumt
Con V ingenuo Pudor torfero i paflt ,'
E la Modeftia fi coprì d'un v«o.
Ma tu che tanto da vicin P antica
Seda nel refbv parodiar contendi i
In ciò là vinci . Verg^nrila para
Fu la figlia d'Atrlde, a ^lor cit^ il crudo
X-ito di Tauri abbandonando, a Tonde
Cred^ la fiiga e Ja falvezza,o quando
In AuUde tu l'arra di Diana
Per la patria non timida poteo
Il collo ofirire a la patema fcure^
N^^v^iudU men, ni saen pudica
\, MaràvigKailtIò ilpcltegrin la ve(fe •
Per te ritratta nel reale albergo
De' Comari magnanimi, là dove,
Quafi gDcièìKio à la fuperba moie
T}x fam jf^cbìo > efra ]^i^i Unto il Sile*
Bea fo che qui^ ài bel làvdro» itttefi
Stavan tecd gli Amori; e teco ftàva
ir coro 4^ tè tìta^ie, ove tal yolt^
tur viftì a gara or macinar ftil duro
I Marmo le terre , ora ne 1* urne brevi
(1^ E ne le concKe diftemprarle-, e Jwirte
I Di porgerti i pcrtpelU aveàn diletto.
Parte làThant) di jtùidartf à t*opra.
, Ma le Grasse >iidiclie eràrio qntìléi
Le Grazie jonéile, e' ^l* innocenti Amórt j
I CK' altri àlbei^ài". già 'non jpoteàij^ , dove
Albergarf lé Vittb,^ gli -aurei Còflumi ,
\ L'accorto Ihgegno, il Valer vero e faqgglo*
' £ la non finta Cottèfià con^ quelle
^ Altere doti, òrwfe la grata penna
> FaȈ tnemoria cori t)ia nobil carine,
f Quando' faran de la' ié^s faticai ì
Argomer^o* imniOftal^Mfcco ed Àtidì©»»
^^9^Ì^S0^
Pót-'
J
Pd. EME.Tfo Se colepo
AL S IG NO k CONTE
Francesco algarotti ;
À B E^ LINO
Sopra la 'Ftlojcfia , é la Foejla ;
YjErctò, Sfnrtò gentil, perchV, |^à tutte
X Cori* éa-te ter coke terre, e terca
D^Enrop» ornai là nxi^Ior {>art6 ih giro^
TeoQ tiaendo le bellf àrtlv e i dotti
Geni d'i^ fi^ d'ogni. iaVdià'^ - . '
Spcttacol novo. ad <^i gerite fatto >
Perch>ì la Patria k riveder non .torni i
Non odi edine di lefntan t* àroella -
DelP ifmdo fttanier fatta ijelota .
L'alma tua Madse^ e a non fida:; t'aecénua
Ne gli antichi d^ Italia affnrv nemici . *
Di rapirle il miglior vaghi mài kmpr^ì: \
Deh tu Pafcoltay <^ Vien» Tu fl^à'fiptdHI >
ElTer tra nói céit non ^'odxito oempu)
Filofofb loggiàdro^ util Pdeta*
E or T(^co O^o à i Cbìarali Stndj y' ^ -'*
A Patti onefk). di (ji^ Puonfi' fi |^va« .'
LMtale Mufe riVocàf dal lilngò ' ( "^
Ufo di vender parolette al V0I50 : ' . . m <
Or^da k (a^a nebbia^ ond'.eia'iffvoha/ •
Veneto GalUeo, trsar ne la* pura j- -f' / ^
Luce de' àliti topi dtalogi in volto
V\\x manfueta^ e pili cometa gir atti *
La fòpeiMi iinor FiloTofiii > > *. .
4 « E tu
S4©
E tu ^tèfii 1 doni de sU Pei • -*
Qua gib fparfi infra. molti, in t€ fel tutti
Raccerr&tnfietne ed in te far maggiori ; ( fé
Tal che Adria, e il Lazio, e il Mar diviro,e PAI-
N^titel verd'anni la tua fema^ìjorfe*, ^ '
£ infin d* allor la ben credente fpeme,
Quale in fegreta ombra aik^el, cui Falba «
Cui l'aura afpira, e )1 Sof educa e il rio,
Di belle opre venture era at^gogoento
Al buon cultore, ed al natio terreno.
Ma che vai fé la pifgsia^ ultima artoa
Te lui^ xia. l'aufonio aer htàìo' V ' ;
Tra i brevi giorni tra reffetwiiiew •♦'
Tanto già tenne, e tien,..lafiii iiofiitingé
Dal lito atato, ove il Cailtor dà troppa
Difcepolo d'amor, troppo maéfffo, '• 1
II Romano Cantor piatile è mono.
E fbtfé ronontm ombra talvoifa^
Che quivi erra ibrs' anco , anco ifi dòlo ,
Net lonno a te vieu mamfcfla avatÉe^-
E^.fi^i fof^ dall' ingrata 't^rav
Par che ti dica, i? k paterna Roma ^ ;
Ti thoftri a dii», la miglior tna Ròsbai
Che aon conobbe mai- Cefare alcuno/ ; -^
^Ben forche comed SiìlmOfiefé.i Dd
Par r ingégno, ti dier^, pati la cetra,
fJel non tiio Cidi di ptu wfipfikia fotte
Larghi ri fitfo, e di p|^ depno Augufiov
Che nh d'oppreflk libertà tuànno,"
frli di fangoe civll cfehbe 2e palme, .
1.6 venK^^ftliBe^ ìonde raccoifé axiToinb^a '
La fida pace e (a- Vtttona ^«oica; . .
E nou por'u le bèlle arti facenti .
Porfe4a mlm vitMìofa, e il fm
Divin Maro <bbe io te^ ma cou Jór^ anco
. ' Pg§-
/ I
Poggiaft(k) e tecò dtMinehra al tempio
Tra le mttrzie corone al gtovin capo 1
11 paHadio intreccib lauro e il -febeo: ;
Perche tanto da lui mare e tant* alpe^ ^
Tiro, e Santo, Argo, eChiopartce divide ^ ?
Che forfè al prifco or torneriaii per hù
Valor <Ie T opre ed a k fama antica ?
Ma perche tu pien del fuo nome, pieno '^
Dei fuo &vor, òii fuoi iodati efempii , t^
Perche tu almen. Spirto poflente e divo
Non vieni Italia a liifcitar che donne ?
Oimì le Mufe, ctie allattaron Bembo^
Che fui Pq nutricar l'italo Omero,
Qr folitarie iti fu la fredda tomba
Pian^n di Làzzarino e di Manfredi;
Or tra Ghedin pur vive anco e Maffei , , *
Tra Zanòtti e rrugon Tore partendo i
Carche d' a«ni e -d'aUor fuor de V aringo
Vivon de gR onorati ozi contente.
Italia intanto di fecciofì iriiHe -
Rivi <refciuto un torbido torrenne
Con le raccolte inonda acque Ictee, ^
Che pur d' àonìe e di caflalie han nome:
Lungo a le quali eternamente alberga
Per lun^a iamc alto Ihridendo un nembo /
D* augei palufH e di gracctHanti corbi, v
Onde la felva fi lamenta e i^^to.
L'itala Scena pel terror d* Uliffe,
Per la pietà di Mèro^e sì bella
Al mimo ardito e al vii Cufico ^ifip^à;
E MelfKMtìene invan laceri i panni ,
Lacero il volto al paffaggier mofhrandó ,
Un Mecenate od un Leone implora .'
N% vai che ale uh Cigno gentil talora ,
Q^Fabii alptcciolReQ,Daraiili|alMe1Ia^
L AU'
^1
14*
JlP Adria Qffmj o W» «iwlaatif
Sul Mincio wpano, olung© il T*i» ,iidtld
La lenta AuSnia a confotat fte va«U>
Che la miferà un di Patria a gr Iddu, .
Or del Gid Viiutfiica ira foveKlua* ^^
E vede fl mtólio ed a| ,p«58W s'appgba..
Ma forfè pia gentil, |>iu l>urà forfè
A ttòiperar ttel noftro arido petto
La lunga di faper iète e dd Vero,
Verfa la ìfllorofica bevanda > ^
Or diftimi tu che ne la Patna accolto
li De l'arti» de T ingegno, e di Mentono
Tanto béefti di sì larga vena i , ■ , _
Tu diiàùii> allot the ilJgtanPadireBntÀti^
r Quei di natura t 4èl faV^r, quel Padre
De l* appettata verità divino
Alto \ le genti ìnoftrb P aureo e colmo
Del fifico te&r eali^e* ^J^^^^f..
Quaìito ItàBa d; quel ift^ ^ff!^^
Ah troppo il fai , che dal ^f^l^^^...^
Torfe il labbro la ftolta, e V^ a (chiftt^
. Tàhto r Orio goteo, ^^^^^^^f;^"^.^^
\ Da r ptnbre ulcita fi di nagello armata
Dotta ignoranza , c\ie de' facti ingegni
Sedea Tiramia in twtóo arabo, in liiigua
J Baftarica ftridca fola Maeftra , ,
• E intefa a Paventar l'arti nafcenti
Vantò già Calilco vinto per lei.
E pur ìpiaggìa non fo, ^^'ÈJ^^T
In mare ignoto o fott' altPOria lido>
iN^ sì baàroro petto o cor sì k^o^
Cui pon facefte qud licor beato \
Onde qoal già vsx l'incantate tmé
Stampai: oinje retina, e di ruggì»
La wa .e»jpi«i;o i. met»^ Ache^i. ^.
Tal di belve tornat uòmini mille
Da le cocènti à le aelàte -pi^f^e, '
Mente Umana ptefìde&do ììmana \QC^
Al <ii(fetarfì nel Neùtohio fonte.
O di Tullio è Vàrron madre e nodrlce^
E taf, vide rila >ut 1* àurea dottrina *
pai latino teiren cacciata in bando ^
Non imf fede miglior, inigHor Penati,
Ma tegno ^e folio, ìSinzt pur voti e inceìifi
Tra gli rfh-emi trovar uomini oltr' $Uv^^
Oltre 1 baltici feni é i glaciali ^
E lurigo il yplga una novella Tebe
Per mano d^ Anfion novo creata .
/ Duhqiue, Algarotti ìnio, dut)que&'«dcutta
De l'italico ohor cura .ii i)tìnge
A clic prb ftaiP^Te la ;iettunia Madre, ^
Te la Ynarzià Città , te chiama a gara
t ratóeriorea e la tìlinéà riva»
E rÀrno,ie ilMifìeioiltuoritorilQ ii^vécai
Onde per te da ftraìiii climi ^ e teCò'
Bella Filofoiìa, nobili Mt^fe
Ne'
Al
Tomi „ , . j- .
L'ombra di Galileo » l'ombra di Betpbo;*
*oi
m4
FOÉMETTO t*EatO
AL SIG. ABATE DOMENICO FABRI
PROFESSORE !>' ELOQ.UENZA
S^pra la lontananza delP Amico ^
e gli fludj del Poeta,
y^tJal si crudele dal tuo fido amico
V^Lontana terra te , mia doke cuta.
Dolce de* ftudj miei lume e fbftegno.
Tanto difgiunto tien, cfae già due volte
La luna ha fatto il fuo viàggio ih Cielo?
Ed io lo fo, che al forgerei al: dar vdta.
La fcfiuii fcnipre co* lamenti miei; . r . .
Tal che Te fbffe veramente Dea ^
AL pr^ar n^flró e al lagnmar pietofa, .
Qua! la fecero i prifchi, e non driuide
Alpeftttf <ttpi un orrido deferto ,
In ottener qualche pietà da tó .
Endimione non fareWje folo. • : -
Forfè la crwda febbre, iniqua pefte
De' nobili Orator , de' buon Poeti - '
T' ha fatto novo affatto ; pur la bella
Salute) A ci^ per te tante preghiere,
Kon fenia doni e fenza pianto ho fatto.
Troppo m'udì, sì, che per lei ficun>^
E baldanrofo ne i piacer t'immei«a,
£ di me la memona al vento diaf
Se pur ne' cibi a lauta menia , e nelle
Ta7.ze fpumanti di Canarie e Qpro
Non la Tbmmergi ancor; mentr' la frattanto
Con la memoria piena di te foto^
Dì te ra^iiono con la felva, e il tuo
No.
\%
IVomfi le mftgno ; o nella fconsa moUe
£>c git arbufceì P incido, onde con loro
Crefccndk) iorga, e (ìa portato al Cielo»
Sin da quel cft , che il picciol Ren poterti^ *
Con ridice cambiar, cambiar co i bofcht
E con le fere me tuo fido amico,
• Quella cetra gentil , quella mia cetra
Che per tua man fu d'auree fila armata 9 ,
Or taciturna a la parete pende.
Fatta folo d'Arac ne opra e telajo;
Tal che ben Tenti in quedo dì qual fttOdft
Al novo invito che Je fo, difcorde.
Il canto degli auget, l'ombra, lafelva .
Taciu o v'erro di- te pur ccrcancte,
I noti tetti , e con la fida gente
IL garrir faggio, o gli innocenti giochi ,
Che eia Air mio diletto unico e cura 9
Odiofi mi fon, né piti m'allatta
Quella per te gì^ sì dolce fatica
Di colmar le dipinte urne cioefi
De la fpumofa tremola fumante
Odorata bevanda mdTkana.
Tu vedrefti di yir polve coperti , •
I cari libri miei d'ogni mia uQJa
Confòrto un tempo; quegli,, ond'io foleva,
Com'ape fuol da la fìrefca erba i fochi,
Cògliere i fior de gì' ingegnofi detti ,
E fabbricarne qualche volta un mele ,
Ch' ebbe fpeflb da te nome 4' Ibleo •
II buon Racine ov^i, dove il fat mefto
Tragico pianto a cui sì dolce io pianfi , . .
Or lu l'effinto Ip{>olitQ; or la fida
Ombra del tuo Britannico chiamando
TecoGiunia infelice; e mille volte
Tra il vedovile amor, tra la materna
L j Pie-
h
i4» ' -
Fietà divBo: it tùix qùiAtlk fi^tóde^^
B'Ertòte a cótìfvìtBX ccrieri, « qmndi
U w in P5rt# * F*acar cotfl Q ricòrfi^
La fconfolàta Arvltomàca fegaehdo;
E auante itoa yerfai la^me amate
Con Gi<rf*etta, e con Moniinà ,. e qUliiUC;
Con aiterineflra la fo T aitar erodete
Gii già * Ifigenia tinta td fòngue :
Tal che donata mio fùa viva immasfa
'Kel graa jwtidio > e in & k fcent al paro;.
A FeTftia có(& lagitme tan^e ,
Qjjante in AoUde qu^ella al gopojl QrteìO..
Ove F arguto Boriò, V induftjie
Pope gentil, che. noU tefttate vie
Su C* amiche fegnate ornje divifie
Tra* facrl Bofcbi tf Elicóna aprendo,.
POggiafrù. a gara Vincito^di Letfe,
E per ci^r lungo Tamigi e Senna .
Un pqpol novo» un nova culto, a FeoOt,
Non. mt àx ftenti a le loi i^attìe avari?
Ahi che tutti ì?i ofcUro aiuolo foli
Nei mio tugurio, e fenza oiio* fi ftanritf ,,
E indarno ànch^éffo il riiio divin MLatirit
L'antico ampr,, Taiftica ft foVenté,
E lif^ patria, comnne atnco rajrinicnta i
Che fentó te bih non pii fetnbra quello,,
N^ pìh ciàfi) 4' Enea Tslfprè. vicende,
Ni la trafitta abbandònataj^Dldo ,
a le dorenti a le bi*t^ m. '. ^
Vediet db ron4)l:eit ^ '^i Càntor di Laàirt^
E qtfet 4k Bice, e qtìel d'Qtlancfò obblìo.^
O TuUio i b. dello «il utìicb ^adre,,
E ddlMngegno, e dd faper Idjinp^
Tu pur giaci in difi>arte , e teco giate
H mie faggit) Luciàn, Totiefto e gtaye
Caffigliotti teco , é Me CÌrtrit K prtmo
E degli Amon Fòntenelfe émtio .
E pur <pieft<* gQ«ti! Storto tsdota
F^mmi conforto qqI mio grave 4f&KUI9it, ^
E daF folingo mìo meftu fos^gtomo *
SecQ mi tra0i net gli fpazj immeitS
De^ihùkiplid ftiiH: ntóndi a diléttt).
Oh non mi fofR da^ sì fida fcorta,, ^
Fàhfri mio dolc^, dipartito mai! '"
Che feco eflendo o^t» dolor piìi llìsYty
E men molefU alYki mi ft U vita.
Perche in ^«IPora e', mi pareat v«dcr4
(Tanto avvivar e colorir TsÉcceft
F^vida fantafia pub x[rata imniago 1 .
Andar Ik n «te per gli ombtoi? calljP- /'.
©*on chiufo ps^rca o éfttn ghttlìiio Vcrfe^,
Confid^randb U ciorfo rfo le ftelfc/
E teco al par giovila I^giadro fegg"!
Donna ntiaftt* altre mal: dr chiaro ing^^
Ricca ect adorna fovra l'ali accorte
Salir di quello parimente teco
A RiT d9 la Tua villa alteri e Keci
Cll Bbìtor di Venere e di Giove.
v-Tra' quali sk Ui venir Incontto io vidi
In atto amico è reverente H fommai
Tofco Archimede, cHe Fiorenza bèlla,
.Tanto iHuUrb. coti le fue dott« carte,, .
Quanr ella co* faoi pr^gi e tue virtudl..
Egli ftendea foavemente il bràccio
La gentil mano a fofteiierV, ed elk
Con lui s'allegra, che a cotanto onofe
A tanto Cegs^o per virtù fia §iunto^
Nel regnò eccello die gU eterni Iddìi»
Cosi di fpcra in fpera ragionando
fXk 4d Cielo e de' pianeti a fui,
L 4 Et
Ei ddHa Patrk A i9)«'(fi-tt cbiedeai^
E del 'fiofQiuc giovinetto Uliffe ,
Di ReoQ e d'Ariux nobile fperanzaè.
P O JL METTa Q^ttAlt T^Cb '
fd^f atetme rarità dì Rfmuky. e JfpjeziaimefHg^
QardJnrnls
xlric>ia RALENTI.
A
Liip pur ti trova?, ù? meca nata ^
^ Mula fempfci ^.tae caca , atrop^a Inngoi
Da nwrfontana; omau ; poiché dal giorno ^
Ch^ìo Taro e Parma abbandonai, non ebbi^
( Pe. T'cfFro ufatd e de T amica vx)cé
^ Nfai pih féofa e favor. Certo vo teme»!
. Che fl ctctnmrn; aforo èlùt^o,, i follarJentf^
^ _ E le iTOJofe «ragvftrrfi aire
P^ Dd nato deftin compagne , e a te isodritat
Ne la quiete e Tibcni dr Pinda
Tt'oppo mmi^He, il natio fooT CDmbacdi»
j T'aveflér farro pngferir ar Roma,
l Invair però tra tanti novi obblettt
Di canto e d*'onor disgni io i^ chiamar,. .
ì Invan (fi Fiacco y invali Tonibré di Maio %
j £ Te ceneri faose e i facri aibergM
Di Tallio mio, dr Mecenate, e Auguflb^
Refiatrie' drf Romano antico onore.
Mi ter di carme e di poema, iiivìto/
Che m nafco(a ed ai pregar mio fonla^
La fo%icata a ine fenìpre nega&i »
V^'
%4P
Qaal non negaQl mal, febea rìfpofta»
Ma quefta alffn del tuo Parnafo amic4 ^
Non men ch'emula piaggia, almo foggiorna
Che agli utili ozj Tuoi Silvio trafcrife,
E con Quel genio ornò, con queir acuto
Sejrfo del bello e del gentil courufle.
Con cui tornato da la dotta Àtcmé
Pieno di greche idee, pieno del fiore
De le beir arti a i' ozio fuo V avrebbe
Atdcó fteflb difegnata un giorno rr
Sì queft' aer beato e quello albergo^
Ti fece, o Mufa, un così dolee mganao,
Che di tenerti occulta ornai ti fpiacque.*
Io ti riveggio alfin, fento il tuo nunje
Agitator de T anima. Tu fai
tacciarne il tetro umor , fcuotcr l* ingegna
Dal letargo crudele , onde V iìdgombra ;
La ipiacevoi d'altrui cura e penfiero/
La poetica vena arida un tempo,
lì digiuno fìnor eftfo impedito ,
Innanzi a Silvio , innanzi a te G defla •
Prendo fuoco dal Ciel Prometeo novo
A raaimar le inanimate cofé
Con aova vita^ sì che quanto in. terra
O {lampa Torme o le radici afionda,
he fere , i tronchi , e aueft^ erbe , e queft' acque
Abbiano abitatori, abbiano Numi..
Per te già fcorgo in. un momento nate
Dal poetico mio ceiabro accefo
Mille forme vivaci e mille idee
Al fiato, al fofiìo, ed al poter del fòrte
Tuo fpirto creator. Come al poflente
Alitar de' robufli ignudi petti , .
Che di Muran ne/ie fornaci ardenti
S'adopran notte e dì d'intorno a un hga
L s Di
DI Uquixh rl^be» pafta. ìnlbcatai;
Una gocciola foia,. Qjtde s^ intinga.
V eftremuà de. le fowe canpe ,.
Tanto 6 'ft^nde a poco, a poco.,, e gOttfla,
Per r artifizio del pojnfioa vetitofo ,
Che uni «^npio- glcroo fafR, indi, fi fchiaccbk
Docii nei Utiv e fu la« lifciaf pietra.
Formafì in quadro, o fv bislunga, e torce
In fottìi^ collo , ia fin. che bpcca. q labbri ,,.
Cui la tagliènte fojòice pareggia,.
Apre a verfatne in genia! convito.^
I foavi Itcor, che. s'nannai a pregio.
Tal Y^^iò ,. o tSv^A. al c^nnomon^ 1* aJUluii
Nafceroiit ^htarie^Jfotme, e- fembiatìti »,
E figurare, e crelcere ,. e divino.
Gii popoiarfi. di pieftntl: Npmt
A! vulaot ignoti ,, al vate foL palet..
Verdi troridì, acque pure, aer/ferenfe.
Voi v^'abbdlite per valor dd cantQ,^
Come per Talbar^^l^^ dal mar v^ indora «.
O quanta gente ,. a quale !-; Epca in. un, oota»
V arti belle appreflà^. Ecco non; longe.
L* altro venir de le fcienze: gravi. ^
Che s' accolgoa qui tutte^; Io le conofco^
Ai ceni fegni , ai, nph ignoti volti*.
Quel che le guida altero. Nume, atCui;
Fan feda intorno, e da cui cenni; ognuna..
Pende qual da maeftfo ,. enii. % pu^ quefK ^
Se mal noa Io ravvifo a r andar; chejt<i).
Al manfaeto . rifo ^ su modi unMmiy
A la bellezza naturale,, al guarda
Fenetrater, a la medicele, e ìr tutta
Ber-i
Peri^ l^rnsft, omfe ogni membro a g^da
Proporópniifponde, e fpiia <^nl atto
GrastQ, vigor, mubik armonia,'
Quefti t il man gtHfe , Egli per man mf ptendé,
O me bealo , e già ver me ^vi
Da la boeca rofata efcon parole
Che okfc Tnib mortai levanmi ftco.
Qui vedi, ei di^et ^ nel fuo dir Torride a.
Qui vedi il regno mio, dove mi piace
Non pur albergo aver, ma r^gia ? corte ^
Quanti <|m vanno eletti Sdirti ta nudro ,
Del mio ftvofi io nel lor petto i%iro
Tutta la mia (Sviniti, n* nullo //
Rictffii loro di faper tefauro,
O d'tngeeno valor. A me fi deve
Quel che vedi fiorir Tanto de l'arti
Amor qui dentro, ed a meouel, chequ^l
Difperde il Ciel qua e H nobili ingegni,^
Nel fen di Roma a ben fiyrmarfi au^Sps^:
Q^accia a lei fimili trar fembianri,
A X veti vQki degR eroi dal marmo ,
O a diveii! color anri (o fpirto
Infonder con la vita, o fu lifci^te
Tavolette di bronzo incida argute
Temi! S^re, onde la carta impreflJi
Le tnuHipiicbi a miHe« e le di$>nda«
Dppur con varie dì color di vena
Pietruzze intenta al degradar de r^mbrc^
Intenta a lo fpiccar de^vivi tratti ,'.
Or ^eftp ot q^el giuda le tìnte e l fticchi
SaJSmn fcelga, e H congiuuga in mo4o ,
Che facciano mi fol piano, onde ìocaxf
Lontati Pobbietto, e vivo e ven> il creda*
Vedi quanta virtbSSorgon di mille
Piccole e ad arte ben difpofte pietutf '
Li Or
Ot toni eeceiSr^% 9è or rmnmom «Ibej^gl£„
Or di nmtsi àctntQ ampie; cixtadi.:
Là Ronfia iÌ9iac rondofo.gr€unbo^amcixd(pA
Le^' Q«mof0. de.' flutti ai^enceft cifne\,
Qui verdétta Ia liva^^^ e a poco ». pocoii
Per fa la fctiietiar del colte imnùneflter
Crefce in, virgulti., la alberi,, é ùt.boCco^
Ove intravedi tra,le fnondi e. l'ombnL
Erratt' pafcendo le panciute vacche^
E it paftoret fotta l' ombcoCÌEi' ftondl
Intrecciar d^uize y. ed animai: fai^pogne v
Qual giil Cadmo- ftipì ^, quandc^ un? aEiiiAt%
Dai feminatì al fiiol viperei denti
Vide- aflediarto intorno^, e. pria^ le pwntt^ ^
Spuntai! de. Tafe dal terrea,.* poi gli^ «Mi
Con» le creile agitrf)ilL> pòi ciuflfl-
Armf^ti ,. indi, fronti r indi vifaggi-
Torvi appanr ,. che tuaean. feca unite»
Le dq;rarfrate Ipalle?, i. feixei- petti ,.
E: via via; tutto, il corposVeccaadx ua-puntt^
Fenao fu piìS^. le. lance, lix refla^wei- veder.
Uh efercito^ a fronte^ uxju popol fiaa&;»
Tal vedrefli apparii: dt que^ nrunutt
Ben^ fparft quadri le. (embìanzà vive.-
I>* uonnni ,j d' animai , d^erbe y dit piante*,,,
Da &r che al ipcol nof&OvinAridiai poad^ ^^
L' antica^ cradè^. e- cEe* non: vantine tòle-
Quelle colbmbe Jor Rlimo e. Fuiietti ..
Mk- il' ragionar che- val^ dove- potrai"
Meco e con Silvio ih ùn> albergo^ accolte^
Le glorie nolìrer e il Tanto fiuol djs* Mouf
'Dappreflo nmirar? Entca pur. dunque ^
E pria d'entrar ,, natta, cola, ik diiparti^
La. Botanica induftre 11 grembo pietUi
Pi gprgii ottramarint e di. feiaem»,.
. ì " • ' " CE? '
CV dia trafcfigtie, e in clpartiti vafi
Mollemente dii'poHe , onde poi frutte^
In qualunqiue flagipn fpuntinO) e fiori
^* indole tale e di fapor j che Roma, .
Romai che tutto fa> chiedane il nome.
Vedi mk preflb afiaccendaJta intorno
A Quet &nte T Idraulica, al cui piede
E ffàntuffi^ e chiavette, e tubi, e cento
Glaccioao ordlgm , ood'^eKa taccia aP acqiM
Prender vie non mate , e fàlir dove»
Stupendo Be^dor non che Jeroney
Ber natura o per arte un<}ua non fatle •
Oc ve' dentro a la foglia incontro ufcirt»
La Sorella di lei ,. ^tfa che altrove
Polverofa tra maccmn^ e tra lev€
Yedeftr ognor, qui pili t^giadia e mombi
La Meccanica vedi ; e yiSx cùoìS:
Gentil tMnvita a PappreAata menfà»
Da cut vensòno e vani cibi o bevande
Per iaviribif man pronte ad un cenno s^
Talchi federe a T incantate cene
O con Armida o con Merlin ti fèmbri»
Se quinci in alta fati , ambe vedrai
Armate ¥ occtdo di criftafli e tubi
Ottica e Aflronomta: quefta degli afìrì ^
Pifcopre osni fentier, conta ogni macera;
Quella avvicina i pili loptaAÌ obbietti ,
S>, che lui noi fapendo, entro di R.Qma
li Tiburtioo,, e U Tufciitfinx vien tratto;
E de' tacenti C^obiti ìì coro
Rancane penitenic^ ed i digiuni
A! Camaldoli fnò confida indarno..
Qwllejtre vedi? A le congiunte deftrei^
A P abito, al decoro, al gentil *àtta
Txe Grafie le dtfefti^ m la SeOat .
Lo Scatpélo, Il JPcnncr, che le dlftlague»
Ti fa certo ai tot. Gode ciafcunà
Contemplar Tuoi lavori) e fpeflQ gpde
Udir di quelli or lodator ftranierp.
Or bubn Critico accorto, e più foventè
Porge di Silvio ai fin giudici orecchio ,, ;,
Quand^egU meco il pano intorno e il ^iiaicIOi
fifcernitor fu l*opra fua fofpeude;. , T
L Bfe pronte a'fuoi detti ingegno e rnaii
f Hanno a V ornato . hanno a T emendaÀ»teitfe *
. Eccole andar verio V amica ftanza ^ ,
I A qui cento Genietti intorno ammiri
( Tornare e gir deftri fu Tale: oh coime
i Qui ben ti fta maravigliar , fé fai!
Oh qual tefoxQ ivi fi ferba, oh quanto
Jri angufto alvear mele febeo ? i -
Quei lon qual api in fbJ«o fcianie accolti
P'ogni genio e fajper d'ogni linguaggio
Spiriti dótti, che a quaranta ornate^
^ Ronzàn cellette intorno » ove ben miUe-
Quafi favi in ognuna alme operette
Raccolfi io fteflb. Ferve l'ppra,,ea altri
Vengono Geni e vanno, altri ^i detti
Verlan volumi : ogm dottrina, ogni arte,
Ed o^i Mufa ha U fua miniftro alato ^
Onde in s; lièta cof^lp^nia beate
Pofer tutte in obbli«i Pmdo e Parnafo»
Ma tu "fteffa de V altre ornai ricerca ^ .
Ch'io tacer Topre mie più non fpftengo,*
1'^ Gira il guardo dintorno, n mentre Uvelo^
I Che gl'infermi occhi tuo^ copre, ne tolgo ^
V TerS fovra^ te fteffo, e riconofoi . .
Che «on per Marte >; ma per me la tei;rn
■5 A l/gran Roma ancot lutt^ s' inchina»
t Non vedi ^ante a poigérmi tributa .
ilwi movon genti ^9l^nr cflùckì at ricca
Turbante il Tutco, a: le pellicce- ìf Ruffo.
E tra 1 fima Cineiè e^ il pingue Armeno ,
X' Etìope al bnmo, ed a la barba ij Gceco j
Nfe: tneu di^ngul ai n^dll ve'zzl il GsiJlo^
Ni meft, ringlefe al taciturno itfpetto,, i
E col Batayo a movorfii pefante
L'^IfpanO. 2^11- atti ed aH^^andac fupeibo •.
Odi le Yari^ lingue,, ammira, i taptl.
Frutd e lavor,. che ad. ornamento a onore
Pel^ bel- foggtorno o^nun mi i:eca. a^ gara ..
Altri di paravento, mdico. car^o ^
Dicinefe magot altri fe misArsk..
E: ckt pei:fa hiOi ^ chi giapponefe
Candida come, latte o a^ coior^mille , .
Tazza dipinta, entro, di cui mi verf$,
Dt pechinefc T\ c^da tiftoro ..
Qua! de le fave, di Caracca^ e delle
Di; Brafii: canne ^ e di Chiana efprimc
Tre- foftanze fahibrì, a. cui fpofando . . ^
La. bellicofa il Me/ncan vainifilia.
Per non. vulvari flomachi febeij
Sal&mo e. vita ogni: mattina^ apprefli .,
E qon ti. pati tra. tante, genti accolta
P^effer ^ul fatto Cittadìn del Mondo?
Chi l'Adriani ville,, e chi rammenti
Pi Nifion: gli orti , e di, LujCuUq il y^^*
Sdegnofo luflo iniqua fpogliat e pefa
Di pjjpol: tanti ,, e a; lujf medefma ingombrò?:
lo, di' poca m! appago^ i<^ l^^util amo»
De. r arti' belle ,, e il' piU bet 6ot ne- colgo ..
ìfe leM<^UQAcr ho. ih mìe, giardino eletto ,l
%i orto, al' Bomeo , la vigna dolce al CajfO <
per me fe. drappi Hi teflitor. perfiano ,
U: cin^e y^ja urne e fss^ode ^
Net
N^ raro viene a h mia menfa un frutto
Sotto i tropici nato, e fenz^ fafto
D^ indico padiglion copro i miei Tonni •
Non felice è colui, che i^ ferrate ar<:be
L'oro nafconde, o quel che T uom mendico y
Eppur eguale a lui, pretne ed infulra»
Felice ^ quei , che del fu© .ricco cenfo
Al comodo provvede, e fa con feco
Di &a felicità gli altri felici. ^
Ma tenerti piU a lunga ornai mi grava,
E del meglio privarti , onde, s' adorna
Quell'alma fede; a Silvio vanne, e quando
Udrai fuoi detti, e fuoi modi vedrai,
Fia che d' ogni altra cofa obblio ti prenda •
Così dicendo a me fi tolfe . Io vidi
Il gran Silvio e l'udii; pieno di lui
L'anima, e i fcnil, e la memoria piena
Ancor ne porto , ma chi Rìle e voce ,
Chi color mi darà , chi tocco ardito , .
Che il djfcefo dal Ciel Spiato dipinga?
Io te ctiiamo, Pagnin, tu che si preffo
La grand' alma conofci, e che^fovente
ApeTle tiovo^ di ritrarne impetri
L'alta fembianza, ed i.pen&er; tu vieni |
Dotto Pittor, che del celefte dono
Voglio dal tuo pennel fatta memoria,
Mentre il confegno a l' avvenir coi verfi •
Su via (tendi gran tela, e 'l treppiè lafcU :
Difugual troppo a l'argomento grande;
Qui di verfi colpr, vafi, tabelle;
Là l' ingombri ii terreo di mille forme i
E capi , e bufti ,^ di fcoltura avanzi
DifTotterrati da le gran ruine ,
Onde pQpretniglior jd^'Maftti antichi
^iacqaér gran tempo in luiigoobhUofepoite*
tyi Giove imita la ferena -firmti! ^
D' Ercol le braccia, e di Mercurio il cigliò t
Ma fiuor trafpiri 4jjì divini tratti
L' ntnano liberal mite penfiero »
£ va temprando in un immago fola
La doppia idea di Mecenate e Agrippa»
UtìK anch' effi e cari a un altro Augufta./
In mezzo al quadro incoronato fieda
Per man de la Virtù T amica fronte *
Il mio Signor, che la man ftenda'iri atto -^
Dolce e cortile a follevar di terra
I rimidi talenti , il merto occulto y / \
L* aiti' neglette j e la vìrtude oppreìTa, y
Intorno fparfi in beli* ordin confufo
Jjs Grazie i Giochi facciati cerchio infieme
Le man giungendo » e in liete danzee in va^
Error movano a tondo • Alta e fuperf>a
Grandeggi la Gitìftizia, e fotto al piede
II colpevole ^prema invan fremente ».
E contèo lei rivótto inVa» coi torvi
Sguardi fangulgnl^ e con la fpuma al labbro .
Roma da fianco gli s^aHIda ih atto
Pien. d'allegrezza, e Mantova da lun^e
Col dito, e ^uafi ringraziando accenni.
Abbia ella fcettro in nian^ abbia fu '1 crìa^
Aureo df&dema» intorni a cui s'aggiri
Con l'allòro intrecciato il verde ulivo.
Dallato fpunti e vetfo lui fi mova.
Con fior diverfi; e coti incenfi, e bende
L'alma Rcligioh cinta d'un manto
Candido tutto, e di modefto velo
Ombrata^}! volto,, ma da cui trapeli
La bellezza divina , e il vivo foco
Degli occhi ardenti. In giufh) fpazio alloga
Sì che loataa tra Tun^ e. l'altra appaia
So.
$ovr^ Parfta incIiiiatQ n Tdixù amica.
Cinto di canne il crìn, largo vetfandó
D'onde fpnmantl al fuol téoxoy e molt*
Tela irrorando de 1q fprnuzo acauofo*
Da r altra parte faccian coro inueme
Con Parti e con gli (ludi i chiari ìasegpi
ette qui sì bella fo^Uon far corona.
Quafi ior guida e di'lor degn^ innanzi
Tragga il Nipote, a cui pallida il manto
Nlammola tinga, e V ii^egnofa U fegoai,
Hutfe gentlL rinf^tlcabil mio
LombanU, i( culto almo Scarfellt^ il d0H«
Elegame Bena^Uo, U Bònamieo
TulTian ,. r o«Bfto ^(ezianor Stay^
TS, 1 rhiQ diletto . ItofcQYich * che larga ^ . .
Bf (aper verfi, e d*elc46enza fiume.
Tal che mi fembrt qdlrlo , é udire a utì tenip^;
, livto, e Virgilio, ed ArcfiiihWji e Ptattr,
Dietro di lot sfumata tinta onAreggl
Con tofo orecchia PagUarin, cHq tutta
^ Curvò s^-^àffretti di clii feriva in atto., l
E raccolga i lor detti, i <iuai Qòtk mrtkè .
De' Giunti degne e de'!Vfanu?a al torchi^' \
Confegni poi per h venture etadU
Or !g[uando del contorno idtimon Q delte. ^
"t Finire parti adorna l'opra avrai ^
;^ Sì che Invidia non twvl ove Temendo ^ .,
Al pubblico l^^fponit onde ne pafca.
t^ coriofa Rloma 4, capidi occhi, J -
E ^a vedrai fra 1 popolani applaufoi
rj Quafi in trionfo al campi^&slio tiarii^ '
^i Ov'oKÌ con l'antiche opre immoitrfi
pi pennel e fcalpel la fama etema
Dd Palalino infieme e dfl Tarpco
lì Suprei|i9 P^or ^mula, e vin(;«/
Poi;^
'i
m
AL Sltì. JtfA^CHESE CWMALDX
ABtftAsciÀtME^f>E<$,M. Cattolica;
SOLI Stati Geheìaii Q£X.u&
rKòtiNCiE, Unite.
V Sopn^ la cwtefia de^ Signori Qraj^i
iwuerjh i Lenerm§\
POictlL tri 1* altre, cure t tt^ i mlfteri
Del regloJnbitcaomài ^Sigrtor , noaforiiab
L'arti ftl'aniérè, ed é «*eà conc^nta .
Tsflot la eohtégtiofa an^ò. forridè i
Ragion di Stato ^ ondisi vodiam te Mùfe
Farti (^orttótóo ^ e fegair liete In giro
Beoiis^ e Chauvelin^ Firmian, Capello ;
Tu porgi al mia cantat facife orecchiO|
Che m'i\dràa forfè, e verltier trai fwM
Nfc diranno ^ cantoi: forfè non. viteX
Non pai: G^nov^ tua di n^ fuperSi,.
O Parma ajt buon voter gr^a ed a. TopJ'a ,
Ma rAnglae il GaMa in cib.concorfi; il Pruflt,
LoS^vecQ JlDia^novéyuntiinpdlt avviti
Han tra; U gel lunga, notte e fole avaro ^
Intefr inferni^ et art on<M^atti volti
Con P Ibera focofa occidentale ,.
Che a tè. ftraniQra e/glnvane gran, partis ^
Dei ftd Cìcwfida e derdeffin cPEnropa. -
5? 1*^ ®gnor ,. |)riat che d* ltrfia,i porti
Ti. laici addietfa e. ti conunetta ai venti ^
la fina al n^r tecfll fed^,. sì. teca
Vertb ; che nortfon, ìa ,.p^rch«t n»i veggia
Sotto. fpogU^ lugubri, s^ l'uodi ninv^a
'^^
Ed al pubblico be». ^''c^orclie^ nome
Italico tu fai prèffb ogni gente
In me ridonda, ed ei.mi h Poeta.
Da qual mai aflro, daqualcitl ti venne ,
Che d^li aflri e del ciel c^rto eli' ì d^na ,
L'anima bella, e ii chiaro ing^no altero %
Cui n> pigro giammai Tonno , lìé dólce
1^ piacer molli giovenil Infinga
Poteo negli anni , in qhe piU l' uom vaneggia ,
In ozio vile rit'jner fepolto?
Ben puote aìmn, vulgar lento di gradi ^^,
Soffrire indagio, e de la gloria a l'erto ^ ^
Giogo con gli anni , e paflb paflb alzarfi s
Ma te a fublime volo aquila nata^
Te non per anco al fello luftro aggiunto
Libero attadin vide l'Europa
De la libera Patria e de le genti
Portare t dritti e l'alte cune in pe|tO
Tra i labirinti de le corti arcane,
E con ficuro filo infra le mille
Fallaci vie del cupido interefle.
Del mafcherato onor, del finto zelo.
Spedo aSgirarti, e vincitore «fcirne,
Lafciando rotti a la doppiezza in mano
1 teli lacci, e Aupide e confiife
D' affai canuri Neftori ed Uliflì
QneHe ad altrui non penetrabil alme •
Tu però mai di ben oprar non pago
D'un lido a l'altro, e d^una in altra gente
Cofrefli ogrior con h tua fama al paro,
Teco mai fempre ii pubblico deffino,
E la comun felicità guidando
Fiume fecondator, teco traefti
Sempre l'arti onorate, e d'ofini lingua
I dotti Genj, e Talmé Grazie in giro,
Aftio
2Ìt
Afiro benlgnd a portar gibja e luce .
Qual si rimoto cHma, e qual sì incoka
Terra lontaila dal eaiAmin del vero
Non vide ognor nel tuo privata albergo -
Teco ad un tetto e ad una menifa accòlte •
Le facrcMofe, e i liberali ingegni^-
O «lolite volte in un bel cerchio afKfo
©tarpimi gentili a Palla cari
Non fenza ornati piccioli volumi
Pien del fuccofo nettare ièbeo ,
Benchb antica d'età^ giovine e bella
Per^ te dì volto hai tu la Storia al fianco f
Quivi a le leggi, e al patrio ben vcglianttf
La Politica faggia, e la f^uacc
Seco maeflra. de' coAumi umani
Filpfofia giungonp deftra a deftra.
Con lor d' aureo coturno il pii fuccinta .
Sta la Tragedia con le chiome fparfe.
Che rquarda il fen col ferro e il fangue verfa ,
Onde beviamo noi l' eroiche idèe .
Quivi rovente in breve Tocco arguta
Veher* ^r man tien la Commedia , e T arQia
D'attici faii) e di pungente sferza
Emendatrice de'vulgari errori.
Gli accorti detti de la Diva e i tuoi
Stanno in difparte raccogliendo , e a gara
Cheti imparando e taciti gii Amori.
Oh maraviglia! E tu pur queAo pregi
Garrir non vano e converfar; tu in quefto
$ecol d'ignàvia e d'ozio eterno il pregia
O raro Spirto, o ch'io t'ammiro! 1 Dei
De' noflri mali i Dei pietofi a queiH
Giorni e coftumH , sààm^ , troppo nemici
De' veri de la mente almi diletti ,
Te d'onor fpecchio e di virtù ferbarot
Per^
Pcrch>aFrMoa,Varan,GraróH, a ìpi^^
Altri Liicrez^, alrri Virgili ,« Fiacchi .
Vivi zncVcfiB^ ^^^ boi per Ip tuo iefetniH.o
Non manchili MeDàini^^1Mec^iati,Aiigufii)
A %B i>erò diet t:hiaro fadgu^, e mote) .
Pflitfte> e modi uieani» e cor ficnrìiè ... .
CoA f^nior de U 4otte lalme Dcnnat»,
Che a te plaùde^fiik) ot 6a ^laufo, ecotx>nà^
E immortal nome in avvcìiir daraatio .
£ fatto uÀo 'di lor . fien fai^ cVegiali
Nacqùer %? ing^ni » etbefetvfr fiofì famiOik
Egual vivea con Mecenate Augiifto^
Mecenate con Fiacco, e intorno a'i'altd
Di legra ftirpe Cavalier Tofcano
Sedèano i^vati ad una meftfa «giudi
Sol gareggiando tra il Faleìnó e i vecfi y
Egli d' uinsiaitiule ^ efli il' inge^^ ^
Arti , % vìitudi ^e chiare imptefe^ e ^naiitd
ÙQom dal vulgo diparte e il fii gt&tUe^
Sai the 4fi libertà )>roiide liaa iGotaa ,
E d' eguàsUan2a s^ alimenta e cicfce • •
Ben tu il v^raìi Vedrai là 'dove. Utr feinapò
St^nb lacuna) e fteril caftfpo àcqùofot
Là fu^er Amuetdam Patria, Sena»»,
Erario, e centro a rùmverfo fatta:
E (ette a lei nobili iar corona
Magne Provincie, cui da l'onda iradè
La libertà; che fi ftnttr nàTceudo
Ignote in petto di vsdor fcintiUe;
E contro Marte e la Fortuna invitte « >
Rocca fi fer de la pahlde e muro v
Quinci jCdìie m poter % pan in cofianza , ^
In
^ ■
In virtìi pari. Jti ai Roman rivali
Surfem Cittadìn , Duci , ed Eroi :
Quindi Ruiter e Tfomp numi del marei»
E un ^pòì dubdi di nocchicf foldati,..
Cui l'indu^fia e il vàtor Ptfole àperC»
D^li aromi beate ^ ampia iAerauAa
Miiìicfa^ tmde Macao, Cairo , Suratte
Sepper lot ìiome, onde fiatavia novo
Fu^d* AGà emporio , e batavo Mercante
Re tra i gran R^i orientai vi fpicnde.
Tanto frugale cptuàlità poteo
À l'ingegno e a l'ardir giugnet dipofla;
E tanto ancor potria l^arti, e gli (ludj.,
E le dotte ^nie a grandi còfe nate
Cfaeor vad fcrpendo alzar fublimi al cielo *
Mifer colui, che al protettor fuperbo
Trema davanri * e V incéhfier mai Tempre
Qu^ a placar r idol fdegnofo ha in mano»
Fusigon da lui le Gta2le^ te il nòbi{ eflro
Figlio di libertà (ugge da lui :
Mentre d'error lo pa(ce> è in ftia poffanza
Fortuna il tien . Tal degP imbelli autori
Che a potetìte Signor ligi fi &nno,
L» vide cinta ^ 'e con ))ennel madlìo
Lucian la pinfe de^cditumi Apelle*
In fu trono fùbiime ella fedea
Tra piecìpit) e torti calli: a tottìsé
Tentando inerpicarfi ivan le |;enti
Tratte dal fuo fiilgor. Quinci la Spem/e
Gemmata i panni Joir s'oflTria pet guida^
Cui riiagattuo era a fìatico, ixf il Servaggio^
La Fatica^ e il Dolor dopo venia;
Che tutti a ^ara le dolenti turbe
Menando a itrazio a la Vecchiezza infitta
Ed al tardo Pemir daranle in preda .
Lun-
i<4
Lunge deh lungc da l'infida Circe, ^
O feguaci d' Af>pllo . Oh come tolto
I Fatti farete inutil gr^ge fervo, ^
f Se al licor medicato i labbn offrite,
Che verfa V infcdd tra le dorare
Stanze de' Grandi alteramente Indotti
De l' ani belle empi tiranni , e voflri !
Qui qui venite. Ecco Grimaldi anch' eflTo
Progenie alma di Re, di Re miniftro
Qu5 Mecenate, i titoli depoftì,
E l'accigliata gravità del falto, ^
! Famigliare alle Mufe , amico ai dotti
I Farfi Ibvente , e meritar tributo ^
Dì giuda laude volontaria, ond' io
Di libero Elicon libero alunno
Crefi ornar mai non feppi e Dionigi . ^
i Sì da queir erma fpiafjgia , ove mi vivo
Uom folitario agli uomini ceUto^
Ove fu i^cafi e le vicende umame.
Che fremere e ondeggiar miro da lunee^
j^ Filofofando io vo ; Se raro fpirto
i* Scorgo tuk mille a le bell'opre intefo,
[ j Che non tra i vezzi', e la femminea cura
f De l'aito o del crin leato marcifca;
Che folo ftudio a'fuoi penfier non feccia
i , L'alta fcienza de le mode, o il fenfo
\{ ^ MitVeriofo d' un fofplr, d'un ghigno,
'j 1 Ónde tra le notturne incerte faci
li.: Al ballo o al palco balenò Licori:
,i ' \ Ma che rivolto a far l'uomo felice,
h ' V util Filofofia , r unii Mufe ,
}\ Con r utili arti , con le fante leggi
^ Torni a l'anricp onor, renda agli altari»
" * Che ignoranza e barbarie aveanlor tolti ♦
§ lAllor «accr noa &. M'k forza allora
26s
:I\ mio fileii^io eJ#4Étóe.arnica
Romper .coi cajneov e locUÉor nòa ctiripro
Lungo lai . vergini fonti. <lé' le Sfufe
Gir racpogli^do i piìi bei fio^ 4i FtndOf
Ed anire<5ciame^ r onorato crine .
' , .^. ) ' ^'^ ^ \; ' " i '^\ \ ", ^.' - '
.:PoEMETTo Sisto ^ ^'
AL P.QIÓVANW GRANELLI
OfidLX^ eOXPAàNijt Di GBJtr
PREDICATORE E POETA lU-USTRE
' ^S^r» la Tragèdia» .'
NOn io , Giovami , o de' wiiei primi verfi''
pwcefcggetto,ede glleftremi onorej
Non IO di plaùfi e d* coficehti ava^
Or tacerommi y. quando Ir afia Intorno
Del nQ<he'tuo»de PfiHmorfaltuo canto ^
Dal mar trìnacrloaràìpé estrema hai^ena.
Altri il -poter de la ttiaVoce, e Parte
De' cor rèina, a oit non può» con*raflo
Far quantunque marmoreo e durò petto,
E P^ireo ftile, e il concetto alto dica;
-Me U verde lauro a la ttta dotta fronte ^
Premio e corona ^ me de'fàcri ingegm. '
Amor coij fiuito iiiviolabil nòdo
piftrinfe teco, e nie quel iaflro iuie'oggi\
Me 1 amicizia, e rafroa fède, al canto .
Onde il giogQ caflalio • laf^ice
M Afcrca
Àfcrea fapplamb, iMbftoft imc^
A bxA oàor <»» tntt» I:talut invka.
Diuique il nttcne eburiio ; e la ddei^'
Tmgva. ti£aii 1^^ Sfratò Tofoeteb^ .
Chegiàmolt^aoni^ahicim quài hftto «mbo
Di Melpomefie txm, ^kù^e^ tìe^étà
Senza Voòe per tejScnza decoro >
DutfQle & ver 4 die al lutilo óbbHo ritolti ^
E de la polve mohc^ata fcofTì)
Plaudetìdott le liltfey^ aaco una volta
In Xnait riprendi ^ e a la notturna, pompa
Al ynefb nffi^do. teatcal gli tt>ral?
Deh clie pih tardi f Tu pur fé* colui. .
Che pa22ésgiando^iylrt)4 fiorde gli amiu
Sul gran cóturna le^ felfinee fcene
I)dto .piitem da l'trflrei^e Mi
L'alta Città /the il picclol Reno inonda ,
£ ìtarre al fi^òn dd tra^c* laménto
Ad àilèdiar Pinvan difefe porte
Delwpiea teaftm l'affiuuiorejttobe /
Sptez2atrid del gol ^ 4d , foono fiìbive , '
Pei afcoltartl e U^Hmar coft feéca^
Io ftetTo alloca udii Tiib^ Atene -
Fat Ii€^ pla^fo a ie iviriefma^ daoib
A. la Ugme te g»xk^oom^ e u Aio ^
Sofòeìe tanamenlarle^ ^o flè& io vidi
Lei rivolta, a^ }a Senaa atzaodo il dito
Miiiacciofa ìxioùràfih in te> del prifco
Tofc^ cotiurno il: vLadiGe al fin Torto ^
E PlU cVei^iula ornai dMncoaero opporie
Ih té corretti ed in te folo uniti
L'aitò Corniciò ed il divió Radnt.
Rifcafla ii^ia ar f^(ȓ fauffi augm^
Chiamò più vplte la Tragedia a nome ,
L' antiea Tua gfBsrs Tragedia j quella
Che
Che vincit0r de' Goti, e de Peiadi
Primiero rf noi dal pulpito d'Atene
In aittalica vefU ^ t^a benda
Il YìcentìjkXìx U greco plauftro «ddulTei^
Ma;dié^poHittt* di- tónà ancella -
Lsicera il ^ manto ^« di fentli ttefp^
.Deibritìe 11 Volto V é non cotata giacqw»
p pur Ist fronte indecote^ coDcrt||^
' Sotto comica larvai, era fu*i palco
Per ^yirtb d? iioo fcntto d* un aneUo
Or rìfo al Vulgo, oc màta^^ìgTia. Mora*
Ai -carmi in mefto , e de 1* Attore in vece
Su la fcena a ^i- eròi facrà e a gP Iddìi
, Spettacolo eifiedea.d'orfp iètoee
.> L infano pollar grido e bisbiglio ^
r Spettacolo dir jgiòltra e di ducilo,
y, Sogni d'inwtni, e fole di Romanzi.
A f awuffarir allor, al dat addietro
Fanti e cavalli, al dilq|uarfi in femo
L' arfo ino e intpolve , ed al v«iar per mago
Poter Medea ne l'aria, &ho di plaufo,
Qual Adria^ bd Appennin iuo) per tempesta ,
Muggiva irCirco, e Dàttea. palma a palmia •
O de la gnùe italica^ o degli Avi
Infamia e lutto, che la Patria tolta
Dal barb^» furor videt di novo
Al fero cul&o ts a la b^ttbarie in preda!
Ma tu nov^aftro ne l'aufonio Cielo
Surgefli al fine . AI tuo apparir dier loco
V ombre^egli errori , ein te revahdo il guarda
Si defti> la Tragedia ^ le fi fe' bella . ^
Per te '1 Tuo primo giovenil onore ,
Il greco veftimento, il grave p«^,
E ia viodefiia mattonai tiptefe -,
Sì che gli alberghi de la nobil gente
Ma A "
A lei non fero più contfefiapprefifa,
N^ ricufara siìor Penne gentifi, ;. - .
O prodi Cavalier d? 9urep .coturno ^ ; >.
Calcar le fc<mè,\ni fd^nar gli Eroi
Del tr^icb penfier pafcer la.inente ;
Fuggir davaijti à te^JhvfLntì a, Im i .
Le vane voci^rifooanfi , l metti
iJcenziùfi .U protervia , il . fafVo ^
L' inglefe Imi, gì' ifpau portenti,
E lo sfrenato imma^nar de i vati.
Tu col valor del doiico ftromento
12 ombre giacenti né P eterno, forino
Fuor de le fepplcrali urne poterti
Chiamar cantando , e ri vocare al giorno.
Fur vifte allor TAIme fàmofe à gara
Abbandonar P eWia (élvz , e in folla
Da le porte d* Averne fpalancafe
L' irremeàbil {jstte volte gorgo
In novi àfpetti di dolor varcando ^
Gli ^4uitichi cafi^^a noi ridire , e il pianto .
A cni non fa terror lungo e piétate
Dion tradito , e del Tuo fanèué lordo,
Mifero efempio d'amiciwa.e fede?.
Chi le gravi non pianfe afpre catene ,
E gli /venati pargoletti figli
De l'Edipo giudeo? Chi di Manaflè
Non detdlò ranti^e co^pe, e al novo
Dolor non'dolfe, e il non veduto in p[ria
Piagnendo non udì facro argoménto ?
E pur l'alto lavor triplice, in cui ^
Ogni altro ingegno avria piìì hiftri oprato
Te divln Vate, te -divino ingegno,
Te di natura e de le Mufe alunno^
Tre non interi, e in. altri ftudi e in dtre
Cure te Tempre avvolto, anni ritenne.
' - ' ' Deh
\
26f
Deh perchV aHar le beh. ordite trame
Non f^uir poi de là Iterata tela , ; .
E Je belt'^oì>re pareggiar con g^li anni ?
Gfoe Itaiu noftra mat^del fqlo Uliffe,»
Mal d^la fola "Meropè contenta, ^ \/
"Dérh divina Merope, e"di*rade
Altr'òpre elette, oggi montando il fomrnò'^
. Padre ed autor del luò Teatro a dito .
Al par d- Atene é dì Parigi andrebbe. . ■
Ma in yieftó giorno odi, gentile^Spirtp»
Gdì glMtivltl e le" materne voci, ^ ■ [ ,.
Ond' ella , Hi (in da te pregando al lungo^
D'oltre a cent'anni fuo fquallpr,' la ricca
Pompa donnefcà è^l peregrin corredo
Di fcompier dbl la vor primo ti grava,
£ la tua delira e il tuo foccorfo implora •
Vedi , palchi dèF ben riprefò iijcarca
E^ fiti là gih romor venuto, vedi
Lungo Co(itto iiwiumerabil turba
«^ Oinbrc amorote , ignudi fpirti , e polve, .
Che al dolorofo fine error fofpinfe.
Fremere ed ondeggiar- verfo te ftefe . .
Le palme alzando, e a te chiedendo a prova
Di riveder r amica terra e il giorno.
Qaant* ombre , o quante in te. d' Eroi converte
Sembianze e forme! Vedi ipnanii', vedi
Antubal tanto;al terren noftro aóiaro
DomsRidarCatine un'altra volta e Trebbia ^
vO almen piti d^na di lui mòrte, in Ponto.
Vedi ^uo JBruti, eCefare, e Pompeo^
E P anima feroce di Catone, .
Chieder da te novèlla vita , e quale
Forfè pon anco italo Vate alcuno l
Lor dar poteo, da te fperar migliore. ^ '
O qdal concorfo, o qual d? abiti e volti
Mi Con-,
Confufa immago! Q^Mich^ lì obft Teltntt
i SovrafU a turni «d ksC di Gicwe affetto ,
H Mic^one k quegli. Invaa de rinda _
ì Le fpoglic ottenne , avvinti a) cocchia iamaa
I barbarici Re traflè: fu vinto - -
[* Più d'una volta in ^u le fcene, e in- vlfta
! Si fdegna ancor,, che d'una Donna apparve
l Non pur dì Poro fljo pr«ion r minore- .
Vedi Appio aattdto ^ ei nuralueco il tredcto
Imitatore che Greco ai Tenfi a i detti j •
Vani e loquaci di Roman T ha tatto ^
È È traditor d'una fanciulla Eroe. ^
' . Quanti, colà mentiti Grecia quant*
Del baiharo Oriente mitraci volti _ .
Marmo gli amori e i franchi ve»i a fchiro l
N^ men di lor xento -di Troia ,;e .d'.A?g»%
'i Di Roma c€^to , e?^tBìfan«Ja'i©.Kve^
L'itale ingìuoe rammentar.. Q«^ Cieiii,
I De le garrule rime h osto fervo ^^
i Quat ifA guerrier robufto arnefe in vec?
Tratta il liricA plettro ,, ^ quaV )' ufate
n Arti già in Corte opra neretti arguti
^ Teflor di voci» e fabra dì coiKetti^
I Ma pili crudo 'deflina- altri .ne danna
: A innaneUar r incùlta chioma». e..r altera
i Militar guaiicia a colorir, che pei ^ -
i !^e!l ?U» del mar^do lituo in tttona;d ira,
Ma di dolci arpe al fuonoe di viole
; Tremulaincrefpangorghjggiando^^eal ventt^
■ Vibran la voce non vinf, pfij <5«»t
, i Fatto mufico Ettor mufico Achjjte
i Fa di battaglia e d'armonia durilo»
E cantando s*aMufl&, e-muor canauido*
* Mifcri Eroi!' Che dopoiVar; cali» ^
• Dfl^ le morti , e 1 mali tanti e >P*vi ,
Onde fiir di jpxetà ftlngò Mgfmmto^
Colpa de'QOitri non MM tfmpf,
Or di ^^tio.,òrfiin aii^n m forno
D'Adii» ai Signor, di Romolo «i Ne!poti
Poemetto S^TTiJiio
AL Sia AàATE BENAGLlp
BMotecarto dcIl'EmioemifliiAo Colonna
di Saartft , e Compagno dei Poeu
mi vià^sto di Napoli -
t fiigotsKhi di NffftfU . -
CErto, BmigSo, i( difWMtd càKe
DUtrì inacctflo etii Rperno in&me ,
E la valle ftagnanee, ed il motbofo
Di Mi3iruti*o di Fondi aer potea
Or dlfolfando a. inille feoffii i corpi ,
Or nei fatici atbergki ino(pft(tU..
Neg^o iora e nodrimento^ fenno.
Del mài prefb canimin far^ pentito:
Ma quando npl ie palodofe addietro''
Pontine e Mintnmcfi acque lafciate } «
Il Mafliccr viiiofo j e la felice
Campagna* e Ufuoi ttoppoadAitoibd caro
Di toQC«r ne b dato, onde per molli
Piamiic 4dim con ^ìl fpedito pafiR>
Di Pattern^ in fen giunti pofammo;
Dimmi fé «llor Tparfa d'obbìio non Jiai^
,, 1a iKVsi e il mal delia pailàta via?
M 4 A
A quell'incanto «on fa&ace, a qtieifà
t Mirabil v^la, onde paiea'<ift tunge :
. Ufciaie incontro « e awidiiàrfì qùaft
s.t Al^nto «Jlor dai fuol rtoeore nata
^ ' La fbfpirata tanto alma cittade/
'I A quel veder tra te lontane vttte-
\ De' verdi colli e de le eccelfe wccfte'
Or le toni apparir or dìl^arlS ,
Ed or^ tra qudle o qadle^ incerta e: Jbruaai
Tiemolar la naarina, e fkrci inganno, -
Mentre ìncrefpava le dal fol percoflè
i4 Del Aio fiotto in^at ipnme d*^ àtgento>>
; A ^ei batter gentil d^auta più frefca»
Che le bagnate in mar penne fcotea;
i Al diradar de* colli, al crefcer fempre
I Di ^Kud^re^^di fior, d'àrbor, di teèti»
él £ ^d' ógni . ffaiùt. d' anunal ,^ di ganti y
£ chi ài noi^ da l'efeiaman ^ tenne
Dopo tanto hrafiiaré-e ^òffiir tantxy^
£cco 1' ofpita terya V ecco la bella
L'alma intmortàl partenopea Reina r
Or tu, BenagUomio,^ quando^ lipofo
t^n pur trovai in queitaniko rìel^^
Ma tregua ancor ,. ma forfe ancora &»
Dal tetro umpr^ dai vapor q»S, e dalh»
Nebbia, di cure a dt pcaùex romanti
Tu af canto ornai: ti defla,; et tu rifcaoii'
Da U polve Aon^ fua la;, detta Ifcr,
Cui Lazzari» temprò le corde, e fec»
Suonar sì dolce lungo i greci tònrc ,
Ond'egli a te fpe^ea la-nobil fete,.
E al tofco Pinsio i fecchl Allor £» vetdt »
Via fu dunque che tardi, e ^ual mai (peri
Di pih leggiadri e piultifornsi obbietti,
'Ove natura »- (fi medefma piaccia ^ .
Piti
Plìi vag^altiore aver feena e teatro?
Qui k terra ed il maf,;qui campi e cellt,s.
Sechete felve e taciturtte grotte- ^ ^;
A la tua *Mufa grato, ai ycrfi amicke
T'invitaw) a éantar« Puoi foi che il voglia
Far che tra gli antri e le vocali felve^-.
Nel mar y-fui lidi per valor del canto
Tfttfò viva per te , tatto refpiri
Di nuova 'Vita e d'anima divina.
Il poetico ingegna ^ qual' del fole
L' afhio maggior, che quanto ituòrtlo mira ,
Quanto feettacon la luce, e quanto \
Preffo a lui move o fta, tutto comprende ,
E ravviva^ e rinfiamma, e feco à forz^
Turbinando tapifce e Volve in giro.
Scoppiano aUor da l'agitate fibre,
Qua! da l' ambra -^^ata^o qaal dai noyl
, Rapidamente raggirati a ruota '
Concavi vttri le* fcìntìllé\ti ve, • *
Ghe fanno a l'alma repentino giorno,
E il vivd elèttro, che gli ip^bbietti attraggo
Entro la fantafia, tal che ih lei vedi.
In lei fenti, in lei fpazj, e iti lei tifembni
Sul Bosforo a te noto ir W aurata
Sala ad intagli p a fin cotori- mefT^
Con l'amico Baisi, fuor' vagheggiando
Dai poggi e dai balcoh gli ^etti mille'
Di manne ) di colli, e di chtàdi,
Che al gran Bi2ànziò fah gloria e corona 7
Ecco dunque, fé il vuoi , ecco ad unceimò
De Tallma Poefia portenti mille.
Che f«i2^oitiine o legge ama l'errante
Mia Mofa ^ veder, poiché depoila
La^toga magifbral da rióipoFttinó
FancinJliqfcd garrir fugge m difparte,
-9^
ir
E alfin cootenia di tct fot, U dokcb
Aora di libertà teca rcftiUa.
Già il buon NmuQO al tua cantar fidfifta ^
E guid^ intorno al criftaIJina cocchiQ
Sa U liquide vie centa Tritom ,
Che a gara fea con le ritorte cónche.
Plauto e concento alla^geniil Sus^qa,
Che qui nacque e qwtb,. qui diedct èt^mc^
A la ctiiam cutà nomft ed. impero.
Quante memorie avveujiirofe^-Maatl
Sdcar auefl'onde, refpirar queffaure,
Quefti fidi abitar Spirti; immolali,
Cfce già iafcf^ JWr te J^eterna nfmùl
Quei6, ^non vedi , V la beat* pi^a,,
Che di Virgilio e Sannazax nafconde
11 cener facro, e lungo cut fovei\te'
Per gli opacW filenzi de k luna .
5 odon l'ombre fefrci errar cantando, .
E a lor con Baia eoo Mifi?ao, e Cumit
Riionar Pofilìppo,e Me^Uiiia. ^
Ogni P,oeta jiei psiflat s^inchinis
A baciar f alma te?ra,, e qw fofpenda.
A 1 mirti coofapevolL a gli allòrt
i O I aurea cetra , o4' umil canna in voto^
Ma tu ^ Jjpnaglio , ti^ che \t putì ^. ritenta
• o . P*" «fi'<^ armonia^ quai fu ie rive
Solea^di Brenta il tua^Maeflro e Padre ;^
Quando m Aguà di frondi. e fior fcaigea.
Wr^gxor Tofco r onorata toinbaV^
15 al fianco ave» più di Chirqii Mice
Un Achilie miglior ^ non a k.ftragi
5*,5^^ ^^^ ' "^ * fonore etemo
De'CòIonniefi edaTaipiM di Skmm.^
Chi fa chi fe, die al tuo cantarnoni ^ni
ivriponder J'ttijo o T altro asoico ^irtp?- .
Smto
Sento un inof«cr g«niii cP aìira, tin profama
P'alo» ir^iànze, un mnficai concento
Di garcvli rutcei, d'angei canoni
Che i fanti o^iti accenna e il facto loco.
Di Ogni Inteso odi far eco un coso ^
Preflo queft^ acque in. ({uefté ^Mode^nati :
Odi Capese* odi Coftansio^ e Rota^*
E ancor Colai y ma più tnodeflo e u^gio
. Oltre^Acfaetonte e dopo morte fatto,
Che per màxfi janr ièntier novo in Pindo
Minor d' Ovidio xon Adon divenne ,
Mentre Virgilio paie^gi^ potea •
Noi^ lunge aadrem, che il iórtwiato nido
E la eolia vedrù ^ c(ove la prima
Aura del cielo reipirò quel Grande ,
Per. di non fo fé il vincitor GofKedo
Pili gridò ottensjA, o il fadoietlo Aminta «
£ eerto là dovie l'arguta f«nde
Sua paflond iànyogna il pt^ pro^no
Non ofa alcun portar , mentr' ella in tanto
Qoalor per vento fibilas fi fente,
Non mi toccaC) fembra che dka, io fono
Sacra al divin Toiqu»to«omi altro ho a fdegno»
Entro a quei veru le oAezze lo fcorgp •
D'iin^iardin frefco, ehe nafcendo il Tote
Si & fio lieto , e fi ravviva, e fpi^
Mille tefor-di naturai ricchezza. -
Ma non così di fé ficura afooltp,
, Ni ^ì fuperbatifonar d'intorno
U epica tromba fua, che ben fa come
D' un Ferrarefe Omero altra rimbombi
In tuon sì alto e ngnoril , che a quante
Forie maì-^fiifo i pnmi onor contende •
Ogni Vate e Pittor pinge fé fteflb •
Quak il Goffiedo fuo tal vedi il Taflb, ^
U6 Che
Qm {£m A ftudk^ e. pUn ^ cwiif tatto
FcAfà) provveda, e (^, Mai nòt^tidcorrQ ,^
Tra r audapia d« l'^a^ima tra H fangoet
De W-.^tr^. -non lusbafii^ e rft0fi&
Di le cQii^ <i/ attirili. Sempre^ a €e iVeflb^
Eguale ip fi^nna od ìmt C0n%lia a i^ropi»
]Viove eoa l^ge e- con mTucar, o./qi>and<x
PieoL di Dw) to coafulta V a quando Parmi
Per la cec^fa plìi^gìufta knpugna,»^ quatte^
Viuodpfo.il i^aii Sepolcro adoDav •'
E a' fuqi. pAftendo^Ia facrata» xé&»
In Oriente f^nda ut» movo ioifieco*..
A4i %i^o. cos} lì dtto ò &màe . ^
Non lempr^ei: faggio Vver;. Aijiore in(5MiOi
pur lo fiiggettà^e gjl tsavobse il feimo.^
Ailor va err^do a cafb, allosa ei fe^%».
Conj^ iod portai^ fclfe ardoi?j,iiod degni
DelIatgMnd'akna^ obW^m.v e ignudò» e- lopda^
Non psLp f^deÉ^,; nut:<aiio>Ia niente ^^
Qual, più, fargia <S l«i-? Chi non amimTa»
jL^alma fubhiBw.e in:, fé- fecttrai, quando.
Donaatojt vi»ci«oi; d'ogni conttìifto
Non fofl5e iackmip^ e ne' periti cuefce^
A cui non axdeU cor,, fer quel fedèl«
E pa0ìònatOv cocer Aiiikr:. con^iing»>
€yTe tfA Pàmvie tr^ir.;! titmmto ^vtlm
Fatto d! fé nu^ior^ chi ma pavevka.^
Senti dal fno pì^r l'anima futi» ' ^
Sovra fé ftefla alto li^yacii 9 e Ando i' ,
CbeuB.N|]9iein(iiH fiiìrelUyua 'Name fpm>y^
£ che il dii^ino in> lui v(jb1ùx ìbmì fempte^
1^ uulgar k^i^^ b*6iiÌQa istt>jca. ^ ^
Fortunato, colui) che in Aj^eatrànibì
I diverfi rapcpr^pregi pótrfìev ^ ^
£ aL^%49 4; .4: Ip. fiudiaittur d^ Tafl&,^
rn
It cieaf pronto il eotóiire andace
Di .lai, che ancora delirando alletta! . ^ ^
Ma chi Aramànte e Bermi> mai ^ chi vide*
Msu Pai^oe Rafael » Vinci e CofelU ;.
CM vide novità fom aràimeiito^
F i» un ragione verità decoro
Un rofuòmo formar, poichVftoR tlcet^
A jnoi mórtaii d'emular tjìi Det.^ ./*
Sf^rt che dico/ T» sì gran- procH?»ro
'foxk v«draì^ o noftrni e^ide, a bella; ^
|4apoli ^ ttt il vedriH ,' qiuaid»^ a' V augttfto
Géi^o^dir Caribo per vofer del cteto
Nato oa ferverò i Re. finea^ P eccella
Caferta degno Vanvtteltt imponga.*
Al cui kivoro ^j*te e natura imite
Con grazia e maeftà pocgon la mano, '
!E fteo fenapre a d&fegnare fetH ptcfb
Hai) preftl ad efegaiV r<^a ilntnoctalft
li -grecò guO^ ed il roman pòtct^.
Ms^ troppo òitKu d!»l desinato fegn»
Lufiee) Benaglk>y andiamo tem^ ^che a P aliiKi
Citta, fi tomi . Bcco^ ver noi -volgendiv
Da kinge il legno^ » fé- n' invita il' caro
Gentil moaszano, e ì\ &o Gc^rgonio ha fecà
Di Tetemaco tj* Mentore degna./
Ve*'<^ atti umani,. odi: 1* amica voce,.
Che it> fui celarfi dopa i niopfi it foie. -
Il curvo lid«> a cofteggiar n'ùivit».
In fue(¥ora trtoqniRay Ì4i coi la ftm
Tragge- d^ Terbe e ds^ nebbiofi pafcM
li vapor lieve, e m (ir tronnbando Uoiena'»
Ai mov^rfi fei doke ark foave
Atr mille odor^ che va» pi^dando af cedri
E portarii& per ioar Paiice> in Pali :
\okk il fikn^o^ cho Ik doglìoro^ o. Nig^
^i
^7i
Canto intenooipp, aode a la Im» «mipa
Ch'efce- da Tonde l'akioi» applaude»
Oh come piace. il navigar con-iserài
Lento lento battati al fuon CMOojcde -
Dela fegiiace mufical baichettai
Vedi già di loittan fumar le ville,
E a jwco a poco dllefiwfi in giro ;
E e* giorno vfttit manco gU obbietti ,
Onde pareva or or tutta ing^romam
GiU per le due Iran braccia :iu mar dittele
V incurvata rivSra e i Udì opjjoflt : .
Ma vedi sa primo iino fpeÈtacòl nwo-
Già ^licceder più ^ago ^ ove 4i Itende
Napoli e fiede quafi Centro al^eiwhio*
Spuntan col cido * gara in ogm parto ;
Piccole «Ielle, o inof dinari fuocti
Qua e là àé Wtri et da le lo^^ .e i*»ago
La cW»a-4^4«ni coUe e-d' ogm /piaggia.
Che in mar jfinerberando a noi rauembra
Tutta avvan^sar4'incencte la naanuMi .
Sn^'l mc^ iiuanto :fjsin^Ulan<k» e a ^ Cniaja,
E per U nova ^vìa fcoriono atdenii .
Fiaccole a «ento e cento cocchi avanti ,
Lunghe ignee ftrifcte in Cui fenti^tiafciando ;
Come i rapprefi e fem^tati ìa alto
Sottili i&auvi, che nwppettdo 4» fiamnia
Cagg^ £egii«Dda in ciel lucidi lolcbi ,
O più graia <fi pingue atro bitume •
Van lambendo il terreni larva nwjnrna
E tenor glande al peitórino ignaio.
Che «^ fiiggendo più fel vede a tergo >
Ni fa che col fiiMt feco ¥ tra^e, ■
|y1^:q^e aUn^ nmin^impiofirwia lOinno
Sv queH*ertprap»arirgi«|0 bfiotmy
Ah ^MUa cmo U YafiHrip i qu^la ^
«79"
Pianger U gente e ragionaDe infieme.'
Via: nocchieir dà nei letnt ^ e cpibici iVitioty^
Vol^am la pMda e rìft§etam n^ inatto.
Ben mi lammenta ancor ^uai ne fofieiuie
PiU d'un^antica^tacle orridt fcempi^
QaaodQ da piima i ibttenanet chipflri
D^uu urtar fordo d^ mi muggir pro&indo
Udta dar l^m % indi anneraìlK tutta
L'aria, tuemaiae itfuolo, e gli ammali f
PaUtaoti vedtj^ petdeté'il moto. '
Cam iRtantor abba^r^^' nitrir cavaili ,.-
£ ròmpenda i xap«ftri ir da. le flallé
Conbnda incerti a la caniq^agoa^. O come
Fuggiaa dai bofclu: i ^^amod «ogeilt
A cercar tra oot tetto, -o quante:' fchiere ^^
Di topi immondi e di fchifofi. i^tti -
Dai nafeondìgli uTctr, che l'abbonita
Luce giàipib non abboniano!: A un tempa
Mirb nel- porta un ondeggiar di navi
Tra r Onde in calma» ^ albect ed antenne
Strìder pi^ar ftrapparg. Aller la bocca^
Già rofleggiando da le cime: ardenti
Ebcoi bxntky ecco lampi % ecco (cintiUe,
E. tuoni, e fiamme^ efiugori^ Q^oal vada
Vomitar d^'infocati ignei 'torrenti ,
Quai avi, e fiumi ^ e ^ridondante ^piena
Di bitume ì. di zolfo , e di metalli
Di&iolci ixk ph movea tra 1^ votate
Di filma immenfe, e i nebulofi globi
Di cenere, di calce, e di «Qtantir
Enormi niaffi^-^onde coperta ed arfe-
Qua^. là camiagne , e coiigUacmenti omoffì
VUlee paftor; ckàiyca^knàà^it genti
Ebbeco tao» a mt ^Émméota m. tomb^*
Infe^
3»»
fnfiiUce Esc^lifii» iitt<fe^,albi»|^: *
Le rarci greche» arnica (adeu^ tempa
rdliilum uuigue rquian , poi tutto acett» .
Dentimi vicini, e pseda iiiiqtia ^l ìkiò . *'
Non par » ma al«empo e al' MtAio ibrfe eterno*
Se non die ornai ìikn: de ie. tue xuine '
B.nch^ lacera ancor, levi la ftonr» v .
A riveder dopo^ taat' anni ti gtomo. '
òì.vedi e fenti ,- che lamaa xwle\ : >
Vincltfioe del tempo ^ de roboti» ....
Stende a fgombrar da lo %(nllor vt&Ack ^
Tua , penduta beltà Tito itovdlo':? :i '
E già jiové per iui foigonxjcE rerra,
Ecorifemoli sl te, foi^on ^ià novi
A te marmorei ;atr^ fi^H^i e^lc^fge,
Ove tu poffa al rivedere in pompa -
Più vaga pofllJ Jiniolacrì vivi 9
I tuoi i^uadii fpirantì,.i?d ogni culrp
De' faerr tèmpli tuoi , do* vm cestri ,
Dimenticar tutti 4- pafiàti danni * . •
Cile, (e a le imnfe flfate/aticef ti piaccia
Forfe feder tra Purx^ note e i cibi,
Se veder ami T ornamento antico
De' fitti intagli inbroozo fcultio in siacmoi
E i facci vaby e gli ftmnenti, e qìnnti
Peiì o niiAuvve i^uanse pie^e o gemme
In fede, in giochi, ed in altri ufi inilte- •
De l'umane vieemte utii ti furo;
T' allegra pur« che a'.tuoi'^defir converfe
Corion l^artinovcUe, e al pregio cepio
S'affatica ogni man, ftudta ogo'if^egno> '
E (critti «d orafi Italia tutta adana , -
Pdch^ piti wla. al prìfco onor renduta
Tu eretta ii iàX asnta &ma; e a noi
Per tfi ' nxmsà in^qpeiii «là xadeut
, ^8i
Uu movo a fifitófe ordin <Ji tempi .
,Ma già, Benaglio, a mezzo il della tton»
JUvolge.il carro, e già minor la fiamaia
&orsa dal monte, onde il timor vieti meno ^
Che d' eftro invéce fuor di me m' ha tratto .
A . terra a terra ornai , dove 'col fonno
Ne cWamail vecchio guardatordélqhioftro,
Che troppoa lango a T ufciò veglia ^ e ì troppo
Tardi e licenriofi off Iti accufe.
POEMETTO OTTAVO :
' Al NoBUijftmo Signor^
ANDREA CO^NA R Ó
't>si Ma luogo della Romàgu^ baflfa
Sopra una vtìleggiatt/ira con hi goduta dal ^jPop-
ta^ e la trrflezz» del nuovo foggiomo.
M Elitre tu d'Adria fu te rive fieAì
Su te rive beate, ed or gli eterni
Di fcttlti marim e di diiMnte tàt
j.
ma
navi^te anlmira.
Or da le labbra ragionando ver^
A bear Taime ad afcoitarti inteie
U aureo- perenne d* eloquenza fiume ^-
Onde i boicht di Ptndo, e gli orti ameni
Del £fica paefe, o dì qual Falla
Figliadi Giave e il bionido Apollo ha in* curai,
Fcfti
Fedi pi& v»idr^ii)i fiotÌ9 e c^ti^
Me lochi pi|li^ofi ed inoe vaflr
NuU di fozzi augei, covili a'£»rpi)
Me le fangc^lé teogono pallia ,
Ove Romagna vs' taabifla e penie,.
Noa ^ar renante peUegnn, ma 1 pefci»
E grinobcemi augel, le vacìè torme
Di qualunque animaLe alheiga ia' terra
Foggoa 1^ avaro cUmit^ I Ta^: iafiMnt
Tra Peloro è Pachin così rlfugee
Il palUdo noQDhier « i|pBuido ì Tsfrw.
Pel mar che frange » ne la notte afcolta»
E pur ti ferivo,. e pur rufatofiite
Tento di novo a richiamarti manente
ti tuo feddv, che ^ ti fero amico
I buon coftuiQi e t non incolti verfì>.
Che fé pur, mentre a te verran da ^jiie/te:
^Profonde nebufoié ^tmei contrade ^
U eammin iiuavo ed t inon ferm^ paffi
Fa lor la valle e la paura lenti »
Amor le penne per volar lor dia.
Amor che meco al buon, tempo, fi ftasra,
Attempo avverfo ancor vieameco^efempre
Co^mtel^gdi pei^er d^Andne» ragiona*
Ma in quejlla ahim^ non Co fé terra , « lido
D' Italia eftremo^ onde lóiktano i pafli
Torfe imisanàù €d Affr^tò mai ^sn^ne» '
Perchì^ iTieiiace itduperaUl limo
Non r inirifolMflè5 TI v<Jator ^^vallo.
Sicché n^vwna afoiiea mai, ti foggiorno
Breve di Moia vi Armò poeta;
Chi v^der mi faoà lamico raggio
Pe la fteUa «lea d' infra r eterna
Di nebUe notte e tli vapor; chi l'almo
$iiQ« mi b, «dir de 4' Armonia divina
Fra'l giacidtr <]b te locaci rane.;
Chi dala felce ftwle^^ (U i ginuchi
Un ' ramufcel mi coglierà di lama
Di lauro om&ttfMfo, onde ancor fieno
Di te dogi» e di jFebo i verii miei.^ .
Ben efler df^ni aUor poteano, 9iiamb
Sotto il trivxgian tepido ciela^
Teeo P ore paninado e tec'o i pafTì
In un oaio beato io ori vivea .
Senz* altra cura» che'l veder d'appveflo
Ver(a U fnrefcrittQ inviolabii ipomo
Il Senolòfo decltiKir Settembre .
Oh cpme>, , Andresi» tsome «el corptìi Tiva,
Poiché in-i amaro s'^ ^converfo il dolce ,
Vì&i h 'niemoria del perduta. bene!
Tsdor penfittido a!Qiie^'gt4H:hi<ireceni«
Io oredoaBcof ., ( aoi l che(bgRGftKÌoiil credO
Creda lederti in «ineU-'aibavorta ^kito ,
Pettnu Merbni^ Jiadi.^ iatto^degn»
U accorto fignmit genkt maEtarno;
Dove Rutharte fu Te -vive tele.
Su te pareti Tiepolo fpii^nti
Tra-l folgorar d'aurei lavor chijiefi
E d^operofe faviroenta lucide «
Natura ed arte «gareggiando han vinta}
Sì ch'io net por dentro la fijgUa il piede
L'incantate atlanteé mura menbvando
Bradamante o Rugger trovar eredoa.
Quinci mi par che teca in cocchie 'sfliro
Tu al dolce e faggio Nogarola incontro «
Io piU felice^ tuo <£lettt>. Marco
Tuo per ingeeoo per viiÉi^ jier^Ue.
D' un parto ((olo e d^ un voler : ftatelb ,
Quattro eorfiér plb che la pece iwri
Del buon armento di»iPolebn prete
Al
Al corfo itata e a <livòitt fa Vi9t -
Or ijer .angufti;^^Ui or "per aiperio-
Spaziofo eammin rapidamente
Ne.gaidìfl dove per merc^ de'tuoi
Magnanima avi a le grand' opre nati
II Paradifo fuo fpefib modrando ^^
Va Caftelfranco al peli^rìft tedeko.
Io veggio ancor in f« r^nttar y ìé veggio
A cU occhi ratei tra d(K> p&tagf aprifft^
Vam teatro di ftondèfe fcena.
Stupido l'occhio vi s'arrefta iti prima ,^
Poi per ampio fcotier fi^ggendo in lAezzo
A doppia felva dt marmoree cento
Candxcle ftatue e -cento verdi cedri
Valica il ponte in fu posando ^ e pai&
In fra i iublimi doo vivt cavalh ^
«Gravi dt^ mariao^de k mole ìmtMt^acr
Che il fogsfiocoe^^xeaf da iui^e accufa;
£ fittge^ e por va via -volatno 9 guanto
Per r aereo t»nuiiin fin che ne T ardua
Oppofta alpe s'^tticontia, indi respinto
A gU umil colli a poco a poco , end* erm
^erpendo H biancheggiante Afolo, il ricco
Baflan torreggia in iucra parte , e mille
JBrillaii villetta, alfin Scende é ripofa.
Salve o verace Paradifo in terra.
Salve o. dimora de f[ii Dei beata,
E de'S^nor taoi degna. Oh quante volte
Seduto in riva a me'jpefcofi ftagni,
O di que'bofchi ,aue ne(ch'omb^ (Icfo,
Ó a lenti paflfl tra i viali anieni
Teco vj^^aiido, Amico ^ or l'elegante
Fra^nco tealpello, or lodavamo il dotto
Marinalefco multiforme ingegno; •
Or ne 1» fcfaietta fimoiettia) nel parco
Orna*
^9i
Ornameittò non V^mo , e ne f antica .
Semplice maeCtlt VsàmA, architetta
Del buon Scami»Z2t d' efaltar .ne, piacque :
Mentre fratt^o isk più^ remota pane /
Pien di filofoSa Matteo. (ìgace '
Godea Metto ftar con l'erbe e i fiorì
DeMor fi^groti ragionando infieme4
I quat fuperbi di cotanta onore ^ ^
Nulla di fé apn gli taceano,» e a gara ^ , ^
Aprian le bncc? ed Ucotean le chiome,
Scoprendo il voleoa le foé voglie e il Icnos
Ni fi doUan, (^ con T acuto itilo -
Straziava lor le delicate ipembra
Sino a le kiterpe vifceteL i^iando
Ogni v^na ogni fU^^, e de la tromba.
Del, calice, del petalo i più occulti
Ufi cercando, che finor nafcofi~
Con modeitia gentil .tennero altrui ;
A lui non già, che ipeisano in mercede
Per buon «poema o fef leggiadm ifloria
Ime d'ogni altea nolnL gente al ^axo'
Seco toofi, e il'chiaco.femeie i merti
Di lor profapie in ogni età éu» conti .".
O fratel di te degno, o fortunati
Giorni, ch'io tecO}e con lui età potea
Tra i dotti, ragionar, tra i dubbj augnò
'De l'apollineo nettare conditi, ^
Veder la geometrica famigliar
Di Riccato immortale, o tra noi foli
Pronti a filofofàre a cantar pronti ,
Produr le parche dilicate cene
A iuns^ notte,* ed odiar le piume.
Ma poiché, ahim^! più che faetta o vento
Quell'ore liete e i|ue' beati giorni
Ratti Aggiro i il ncordar che giova?
Che
il6
Che vai éi Paolo odi Priladio^l^op»,
Ond' ancor v&sohiz la Soranza \ bella i
Pur if9negghùào ritornarini iit knentti
E l'iTror KUt& d-un p«tifier pBji^ndo,
Sognar le felve di Poifetd e I kgbi .^
Oltre Brema che: ^ova aiico (tsmcstrm
A riveder per mòilo^^ro intorno
Tra i lieti (làlii <^ Ittuxogliénze oìièÙe
De la più chiara e pib^ eottèfe gente >
Qui j|am Wagl, là teatro e loggia)
£ y^ Uke , e ftanse àdotnr in lungo
Ordia fuggentr, e maenofo tenanio ,
Giardini numi, edificio onde Pmzoh
Non pur per l^opiw antìcbé^^per le nove
Che da 1^ incfitft» Tua Doniia^ s> afjpetta ^ -
Ma per Qoel foi ch'og|^ U fa ppflènte
Contender pub con le romane vHle>
Quanto ^d ^gae e col poter romano
Ponnp K' CoDtarin nome e ^ le fortune?
Ih queRo Vano immaginar mi de{to>'
E intocna a tee tadi tuginr) lè pocbe
Ruftiche gemi in me^^ ^}*^^^ ^^^
lo veggio, errav per le^pàluRri 1rie,
£ tra le mura t»t fòlmgo botgo
Ir fenaa v«K:e Siiimlacri ed Ombre
Sole pf8ifo& a p&ifì tardi e tenti, ;
Sì che eflér piunto innanaà- tempo io eredo
De gU eflinu a ie cafe oltre Ach^onte.
Poe-
^ . tir
AL P 4 ù R E *^ ^
GIUSEPPE tl/lGI PELLEGRINI
DELtA Compagnia bi Gesw*
Sùpra i Preiicatm^ e: Péioquifnta t^enfta,
DAI \\w étMxiBk^ ove beato or feggii^
Maravìsli^Hido le marmotte eterne,
Cura « lavov dì Dei^ mura fsiXfìoit^
^ In fu la riva al bkeiol Ren fu l^alè
De'buon defir drvt^ Miioi ritomo;
£ qitffto retimo al pallido tK^huio
A la cenere facro^ 1 gtoini in- mento-
I fempre acevbi ed onorati fempre
Giorni mi cbiama, che tra voi' per doQO
Del ciel fedendo ^ di Maniàga il dotto
Grave parlar ^^ Quirìco la rata
Aurea ^ondìat, e d'eloquenza il v«rO
Qual di Sanfeverin igorga dal j>mfì ,
Per r orecchie bevea fiume tulliano .
Or qui, dove non pur propno foggiomo^
Ma culto od ara « e faccrdot» e tenq^o
La potente del dir Arte fempr^cbbe,
Immenfa di parlar piena da l'atto .
Per cento bocche riverfando al piano
Qua radi e f^arfi, là riftretti e folti,
Come OB vario volet ^da^cia^na,
Popolar campi in oeni parte inonda •
Certo ode! che de le umane forti
Arbitra fede in fu la iota, quella
Che il vulgo e unnomcva^iohan&tto Dea^
Non così là, dove d'aromi e d'oro
Edé
I 2S8
ì '
E de la gemma di Gokonda carta
^' L' anfilìc(> Pin sferza fupeiba e ag^ra,
Del &o poter ùl manif^o feeno^
^- Com'or tra .noi «nel non fiio u>lio afllQi .
' Divin culto àfufpàndo onor divini V
1* Tremenda j^af n^' venerandi tempii . >
Qui fecche « fcòfili, quF corrente e gorgo»
Qui d'awa pi»ol w: iiiyeto e forza y^ .
I; Piii che non luci tr|^ Brlndlfi e Dulcigno
U iracondo cte-P Adria aibitro vento ,
' Fan mal ficuro il navigar fent'arte. >
E pur fenzV^ute, e pur fensut fedele
' Scorta di, iHUa o di pilotO' erpeito
Ognun s'ingfijfa acditameiue, e erede .
A Tonde il legno .,^e fi coinraeète al mare.
Tu meco^ Peliegrin, vieni /e, per poco . '
~ Depon la cetra che fili patrio nume .
MsifEd ti diede, e t'accordò Catullo,
Per veder qiiì da ia figura (piaggia
; De' naviganti: incaloriti ai corG»
Tra i nembi e il mar le gareincerteeicafi :
l Non perchV iia TaUrw periglio e IL <kntio
Giocondo a riinirar, ma perche giova
Pri%4a Pefempio e da Pacdir d'cdtrui
Trar buon fenqoe ponfiglio, onde poi franco
Potrai folcar l'infidiofa via
Che già fin d* or tra i voti faufti e i venti
LVafpett2|ta tua nave in alto Invita ; .
Cento .d!<^i v^r d'ògm fembianza
' 'Qui vedi entrar nelcammin 4ubbio aprova.
ì Altri ne. va col digiun magro al fianco
. Cori l'irta penitene , e in voce orrenda •
r Ululando fpaventa. Altri la guancia
,5 Polita fempre e fempre crefpo il crine, ,
;, Lesgi^ramente.in numero comparte
X-'intin-
t^9
Uiodnte buArno paillette accorte, '
Che A t^nor 4e 4e braccia e de la voce
Or alta or baffa^ di concerto fanno \
A gli occhi dmzA e mtifica a gii orecchi ,
Chi del nsadto il & ^^fcicò e ingombro, ,
Ed or 6rpK) la voc;e e ferreo il ^^etto
AlToìiiHi i templi , e Itiriboado f^uma ;
Or mimo arsuto i tòj moéì o tl.^nte
.Opra tinto^oi fel^i che rifo od ira
Merca darieocaior di 'pianto 4n vece.-
A lai fon l'Idra, e Tantalo, ^ Gòcito^
La Cinpftira, ed i Solflizj a coté;
i £ fp^fli^ r ampio ad ammollk, tld' Ntiio^
Sette bocdie' ramaaMtità, e il Re CmbSfé^y
E i}wsili fsn, dtt ftlfa pmle^gia e ièrve .
LaturbatiftO£no,«einfrem«^fordo applauda;:
Qucfli, onde meda e taciturna ricde
Se per trc^jpo indugiar loco non trova.
Mn .cfi^i tuy^cfa'aitò fiiperao a quefti
Zelo diVMupill oor, *mcnfR la lingua; '
Che g^i abbii^^ai ^i >buon fapèr fomiti v
Molta i6 fu i libri HTìgilata notte,
Molta ne ^i anni eterni, e le rivolte
Con man ditawi* e con notturna CM:te'
Di Paolo e d' AfToftin ? Oem tu credi
Che ne l'arduo cammin raggio ^e tonfigU»
Del del gliicorga e di virtute, donde
Pur quetì' ardente in poi fiamitìa deriva
Fiamma divina, Ae <la tioi difMà
^Dcntro ^ dmiim in T^tiitia occdita e tard^
S^infiiiua e ferpe de la turba intenta,
E V ìm? fibre e l' intime latebre
Pafce del cor, poi vincitrice il Vulgo '
De gli affètti fcoApiglia, arde, facch^l^a^
E de r uom vinte a Ibo piacer trionfai
.. N Jeh-
;ebben oli# i^«^ Si ttH acone iftmtio
Di tal \inh (Uf^^ Cimcm fttl loftio,
Cinion d' ingesBO -e di fapec uforo^
Cbe il fi;^ del ^oreede lamem^ha in mUDo , ,
Ta) ((^ aTcotMPdo con rcreccbit' intente ^
Con P aikv^ tiieHi» Ini tinta e laisiìi
Te pm non feaH^ e tndto ed'^iminom
Ad 9CCÌU firv lo cbvcm. fonea
Batter pa]^pfri)|ik^ e ovonq^e el vuol to ùgm ?
Ma Cision vede, intomo a & cotona
Sei ha numer de^iàggi avara e fcaifa;
E lunge imanto va oenano mdgo^
£ 1^ ff^vf^ non fa# Mifeco ! ri vndk
No 4 cfT consunto» umi al verfoj^etta
SerùtUi la 11)^^.1» U; rs^ott: Vuol fatftg^
Te&ta iftoPia^ (W iomniorfor Sgttfo^
£ il fìUrit^ d^'Mbari CavaUi >
Ed 9fi:ol(a^ de' naii&aghi le grida
lyùr^ vera» ai-poeer. Vuol di Giuditta
I brwni, veli,, il ;9eriiivil tsanrato,
L'^^mu^iaca. cbicNM^ «ad ino ad ano
Saperne i w?t?i^ i ìitócirfgaaTdi , ili rife >
Lo ftar it(<le r^cc^tea» il bel tBa^ete;
E poi vedede<:eoi.gmH» fenoin mano,
1^ cui r aivre^ Uvor conta e le gemme r
Mtr pago e n^ « fé il bel f^mmm pudico
tGinnik) 90n^ vede nel perito eftterao ^
E fe.^l'e^a, donna tv mn non lafcia
Quegfii^ii^niaiito^edeiloigwHrio e il còro,
g Jl^à2Lat ^4^ iKt Oel patti* « te{^fdtiH> ,
E tu fo ió«H^ T# che imfndi e lai
Qualità nel Iqh^, f^jnel SènateTi <)narita
Ven% df a^rflo na^ar verfa e.iidonda;
«T^ 4>^ #1 ^ <<oo in albergo lido,
' Tii aj^^. folfpi in «gal mwtOi O'bendé^ ^
\
L^abna é^ldit ^mkaméoc^jàm « Dea:
La qual i.cflrant quk fi»« Saiaoi od Ateiù
E là maffiwfc Rifila» dbbe;, meti oake^'
Qui pofeJ! «ritti fur>qtfi|)Ofe il fc||BÌo>f
£ pil cim i^àr iMNi iÌBaf J^QBtt fsdeait
Su timinóbil<fiifli>idet Taip«9)
Qtó diede leggio». «^ nagfi» etem<i Manne;
Onde l' itak gemi ^ Uova teme ^
Del: difiit ròw>^ ai mova iboa ^loii fini fc
Del non fallace. giadÌGiI idiviiio^i
L'tifde «fipiiie^le AmiÉeae in icAa I '
Veniiifi tM<«nir>. iNiAtiircb tetra), & buagM
Traei)<^lan«Kz^» k(-auU9 1^,
E ài , liifQoràist vottop ^Gne inplomìb»
Ella Tediar <k>it le^ttlànce in «anor
N<4 8M» eooTeila 4P canotti Padab'r i
Ct>ti debita, òiàlfaim legge e nùTuci '
Ai Tuo corMtòila mndade iacea
A P empiiijlPrQde fiiktc^kadal vélm4i
Tacesmte Fim«, ^ il bgél placabil mdiIÌi
De^l^ Difooidia «ra da ften cofiieeto;
M»x3 iÌRCfi Patti Ivan con aiusei Uccio.
Ad aiiAodMfi^ e num.ipupnncoaina&i^
-Giva. Hagime a» trion&r iiA V alta > .
Giunizia «rl^^fsfi a<ìftacÌAcfi b- fràlt«r*«
Ma chi pona^ i^ non tu loia) i^ tnm
Ad^^ y^ti , àìtm EkqmBUMj^. e U tw
Pot^ tra noi ndtf .^ Tu;«(irUé.pafalie
Tu twlle a r Afbrin nulitar tsopéi
'Coeliefti il cjRtt J':rtaMrsutemìita« ed vfii»
Il N^^neso ^ fegm Matte. 6à Tami:
Tu al ycimc» sio«t!lii«r » cbemmart Qfimto
Tentò rarOi^aeftmtJiiv'fida ;V«nijEU ; .
In {\^ la fetfif fonifegfiaiite. a laift#
Che per te feldm òttre te vie de T anno
Perete iè* molli i cor Mod\ e' ficco ^
Da r Arabico ièfi. ricco ikd Perfo ^
Tositb per te ^ r Iodica tniniera^ ,
E tu por A' che r«»ì^ freno anch^oggfe
Dì nar con laurea libtrtù felice
Al Veneflo liop tenaòri e cortesi ,
Che r Mma copta e le'Wate pad
Per m^iHme eaidi , e xnn U^aitie tegst^ «
Co' fitligi imrtoiabiH «OfifigU
L'^tndocil ftmprè « ftti^tc vari* Au^av% >
Forciftia, e il Tubsodnnoain» ititbrigUv
Però qual Md mai chiara e ftiperba,
Koi t ad^ria«l,^pa(rrb poftiTte hkime«
O quando ai dubbj atti dodici intefa
Con Marcd'tuori^ o fiMmini tson RHa;
O quando od Setutto. affiti e vrfi * ^
In mezao.a FoTcarin p«!a.ed a Memmid^
Dà taciti voler i'aònar'imiiiftrat
O qoa^ido ìà atto «in abito > Reina •' ^
Od nlto^tvo Gciìnan fiedi fui trono .
Ma fé qtielU pur feS dviii|ue che tardi,
Perchi non jfacgit « 1» caligln deflfa-
Del popolefco eixor , Piva , non-fgotnM ?
Non vedi la nva} tua hmtttMera, -
X^onordet facn onór &tta ^^tba
Mendiat il &veilar^ mentita 4 'panni -
Ofe^ dal tempi» e^dà #ialtai^ e'rnfliltaf
Sorgi , tbk Mi Ben Set eonofeer quella;
Quella che j|rìa itti latin voftré «ardita
Ctftttaminom del paterno olcragdio ,
Allor che TulUo , onde c&vind 11 nome ^
La iftirpe^eMM divina, n iiì tenendo.
Osò fervir donna sfacciata' ìA i^no
Decianmm:^ cheU ft^kteiUvlMiicev
Gli axiguti liioftl , li mal técató mgegno '
Dai barbari confiti traflè Ad Tebro; ^
Ed infegn^ le moHi ciance e it falft'
Stranier fofifina ^ubaon Quiriti y ai.gràftt^'
Di Cara è de hi Verità Nepdtt. C
VedHa ancor m non ftia ponjpa altera
Gir de l' indotto fòlitarió al fianco ' ]
In cor devota , e forridente in yìCo '
Al comgjri plaufi e a la mercede ihgìuftt, '
' Vedila pmta e colorita ad arte, *
Sfrontata il vblrp ed agghiacciata il pett^ k
Come felgòte rapidsula lingua^ ^
>Ia fenza fucco i iiacchi nèrvi • e fetìza *
Buon fìngue^nutritor T ètiche vene', »
La credula Toigar tórba digiuna ' * \ *
Piacer ff inganno , é fatoltar di vento :
Vedi^a, e i tanti ornai tuoi torti, Ò Dtea ,
Vtìtidicà tti che in Adria tegnf ^ in Adria.
Arbiti^ fiedt in Itrogo degli DctV ' 'I
^ -: .^ " • . T> ' ' • ' ' *^'
CO. MiCriELE FRjVCASTpRQ
Sagrali viaggio Ùi bén&và^y[e,v0r.$'' ,
' phgi tfl 'quelU Cat^i fpetiaU .
mente del (jm Commierzio ^"
' s . ' ' <. ' . * ' * ' ' ,
COnte^ é^ììi ver cfe chisfrtc iànta aiitì<^
Sejtipte si'^odì per tutt^Italia , ed ù\m
VsM e pii:ene, dtte le vie del fòte "
hai luperba-jporfar'città di GSano.
Hpn pur Imntovk mìa non pur Veroni^ •
, ,N j ^ Tua. ^
Tua 'i^ra patM wif gUmdh fiomc
Chìnan la fnime^ ma Vlnegia e lUma,,
Bencht- livali a lei faeaicbifc roioie
Bische (degnoft aftere Donne, a.ki ^
I^orf^ la mano aqoicay.e fiir ncoduce -
Con lei del pari andai: Uete e cop(«nte«
Maqiial fuU^tuo , qua! nel vederla ,.» Conte ,^
" Fa reftatfco mio novo fkipore?
DoB« Torror della fcofcefa via,.
Che or fcendei or poggia 5 e il tortttofapa^fo»
Tu moati apre y e torrenti , e in un congittogc
fit natura a dìipettp il hd lombare!^ ,
Col jl^iiftico mare > opra rppjianat , .
Dòpo P aigiggifta fu^rata^ Bocca.
Se P eflrenì» pendice^, onde la valle
St fpaUoca di fotto^ ^ tra <lue gioghi
. VìMì per^ r indurire Cenovtfè ^ngfjj^no
f " Colto e rìdente y e l'a(fro. orrido v« lilatO)^
> Guida Io fgaaido a. la marin^ azzarca :
Ikipo camuatl L duo. fumanti e {lanchì
\ NeVi^ *efchi corfier, che a ratiijpofo
[ Accelerai He' 6Km falle\tol paffif* '
Parean di <rivglf r ciipidi anch' e0i'
La gran clttaMef "tra la varia fcèna
wovoi jT^^at e ai ^Rn teatro .•'^•^ ' '^
I Tra le marmoree torreagtajiti moJi^ -
Onde TAWna i*e dal «erp ha^ nqnìé ,,
AItcrameme ìi'ciei lev^ la frónte <, ^
E ne! fuggetti» mar tutta fi fpeccnia :
I \^ a gU'eriaiattaivuiaair^k aoftf«^ l
^ Ecco ad Oli punto , ecco «ffggiam t^o^ial iWdè^
k Nei notturni ^teàcofi ad un tiOm , . •
! Fi)i|ir> icla ;ijjatral/c8pi5^ .;.^; ,
1
I mille «|iM^^ ^ luóeitie paied,
Ècco vecbam U maeHoTa inUAetofa
Città,chealaiiarIeri>on(}e|.U doirà ti manti'
Occupa rotta e tutta a ceichia adoma .
U occkia s* abbaglia e fi, eotifola) incet^to
Tra qit»t che vede e quel che la comféndé,-
Erra e s'appaga ne Pejrror r fe^péfa
L'^aniraa tace, e deK beante obbietta
S' inneità si , che abbandonati i fthfi
Senza batter palpebra e fenza v«ce
Beve gioia e ftiùot : io fguatdi^ itttifita -
Solo minMho a kconfafe ide&
pi qua di là ili fu di giti tfdfcétffé.
Alfìn di l' alta maraviglia féoffi^
Miro, ^ (Kfcemo om Tauguite pone
A la D^onna èri cteia in guardia tlate.
Or gli anht e i pMti {btwa'quaigotgogìri
Il bianco flutto ^ ot le fcavat» fttbt
.Ch'ei bacia umile e cheto. InA » «titva
Spiaggia refluendo^ che F abbraccia é ftena«'
Qui volanti bacchette ,. ivi M^ottate
Navi contep^ò^^ e a poco a 9oco iti alto
Infra i Incidi tetri infta Tcndibe
Cupole e torri ) il gsardo Mttoifo a Tiltti^è
Giievcri mma tnplioM» i chMt
Nfonti da loro^ e le itaimice ttMSehe
A luo^ a luogo, e i ben ^I r^a>i
Amouro iiuoroo : iimfitata intanto
Vaghezza a rocchio , e bdr iatteceié 6itno '
Col tremolar de le ifa>ndo(e «itne^ '
Gol t«mre^^ de^^aminsÉlii trmt
La fventMac de le volai» MteMè. /
Eppur» Con» , non ]t^ già non t^ ^neib^
Tutto quello eh* io .vidi; e fai per ptova. '
Che a noi poeti Uberai Natura
N 4 Apre __
Apre cU arcani al baflb vnljgO) ijp»ii^
E ne la forte £mtaGa pindc»-
Viv«*'creaiKlD ìmmMgìm del veio
Sovra i'uib iiiortal paria e rifp<md&.
Odimi adiinque , ed ki. fu l'ali alzato» .
Del pronto insano tuo fegiùmi arditoli
A vedere ad udir mirabileofe^
^ Golìi noB mai fa* le volgari: lire- ^ y
Cantate .ancor , cof& che (blo ai (acri'
Miniiìri (wi leiba il divino Apollo.
I MeatrMo paTcea de.lo fpettacol novo» *
^ L'avida vifia 9 1 ecco fiiblime^adtera
Sembian^d'uom veder mi fenibra; qualr-
Si vede nuberda nebbiofa vaile
Sorsier la (èra, acquale in fehra appare-.
A^o fmaiTÌÈo peilegriò notttarna^
Ombra dal fuorrunor po&ifiK a fraote .
— ^ Su '1 mar? poi^eva un pie, r altro ftil Udo^t
Cedii odi^ati ^ ed aoMe imcbe^ ed uve >
Strigaea ne !• una man-, V ota ne- r altnu^
t>' supetto^ liberal fiicil benigno^
Nulla /di truce avea^ nulla d-aUcro'
Fuor che UecceMor gtganteTco afpetfo'. -
A raiibett note .inibffoe io lo- conobbi v
£ con la menlé-zincttiia il. Nume amico* '
Bator dL gloria je di lei^tia, aotoie.
Di veva a V uo«i ièilcità ^ custode
I>e'facri patti « il. comon uadre^il fidbr
Congionsitor de* popola il poflèate
Commercio venerai .^llo a vederli
Era il gtaiir coffio ben foroìato , i nlembi£
In ogni paste. filondenti,. il vivo"
golor aodrito dal ^rteate (angue v
Inde muTcoli ^ e ncrvt , o vene, e iìbnb
Per le fpeditfi dirarCnoar vie
. - Cois
Cancordctiiente» e (enza^ ingiuria o fraiile
Intrre avvicenda hanno alimento e vita.
Chi notv.l' amtnktiepre^a? Egli ìqoel deflb^.
Che i- viari ftuttk *^iverfc rerre
Giudo e f^d 4iilributt)Pcompaite-
Vedi conte apre i fei^i- fcvigm armate, ' ;
E il mal tapprefa ^ mal ràcchiuTo itìrgeHt#^
Difeorrer fe. Quridmtl' cose avato -
Non li' fa ìfiaiie al fuo^ voler ì qad gema
cTinofptto lidO^ o d'alpe ignota^
li mvide per' lai genio mooe ' v.. .
D^inéentiltìre'o tf ammaafar riadat y ;
Invan'l^ein^k''dtfcì>rdU, il lalfixittTarf^
E la pigtkik; d|k «l'mtnis fatiohe;. t '
Invida afpirà) colile fnot li' ignaro* -
Popolo dte \h vefpe^* P àfd inAÀir
A lai refìfte^tìvailo : Anzi ptt hit ^ .<
L^'afpre pendici e V infecoàde^areae' r:
Si riVéfto. «Mgnétse^otìdì, e ^ém9^ • .' \ ;
U alpigiano iktncflioD ^ ii»tetapo>
Mieteva fo( ftèntò^id vM^^iBSfgxsk-^ :
Facto folèrte^àgficirftor^ coniUflce. ; •
A vendicardeU-^Miràip torti v-r ' •
Per liTìndfitatAi lihittl^ eibe fdvs^gry
Ci vii coltomi* per- gentile innete
E novi nomt m nidve fcoie Mtti pie&«
Al cenno fua volar fie^mari ignoti
Xje naiK 'ftrdke^^ e ripartalo a noi *
L'indiche geiì^, gli'Araht profimai «.
1 ftbbiifiigM ^rmV, èìllm ftdkiimr
De la «TMta'iierègpatke p«fta, ^b r
Che a liicoiillàr l^mattuiincF taoie • ;• ^S
Di fìfttnaco^Ìei^Mi»(!iqo maiKl».: .^
Ma che %fom ptti>dirM¥«tgii Id fgOMé^
AJa UfeiiMDennar, et^MiiSiiiMefe: \ ^'^
'•^ N $ Rav*
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a e in mpik «»^fl^,#fl^^ :v : >: :. .;
n la Giuaiiiii t:iwitol9*:^?im:.i; antica..
Itala vera .Np^tjidQ ^ a V^t^ -y. :, i ^ '
A !a,iiBfia'fd rf,»i«tegr^<V^
DtiilM iidi^ Xerfia «ft ^ E46C0Jfc V. .
Profego ctevtfe^ «t iMlte ùdt € i»olto> . -
Ottenne inid$theSn09, V l9ài3^.4 <2^¥^ »
Il Roman nooM^ ed il (^rftftiQB^t. ., . -
Col V««tOL>^ecot,JJi«r^^e;ii»ft^i|<^ /
Ruine loi>f*Mifr* fiWc^Tw^,*-; . v !
O Italia ^5*1 li ÌI#«itfi».<k*t«fiM:v . .-
Già {tde-^^:^:mìU»^o»'itmÌ^i^^A^^^^
i/U te, OÌÉitrik 0Jii.,,«e,eiiwrfift,Ìffi«>w
Pioptzj tcQit^tBicl^aitfi<9!.Jill 4tt;a^ ^
Glorie 4mr9 :e^«^i JmìOr^tfl^f l . .
Italia affittà«ic#ni«tariWt iW* ; i: r -
Io v^ann iiìr^t«di9a|mi:4MIMW^ «v^fi^
ti fu natMÉiJ^^'itete^i^^ =. >
Tanto pa> iaÉiftlo e fià foffi» 5«i«»P»/
E IMnvtof «eiliWttki le J'^i^iiWo.
Genio de'tiioi , .fiMlè^^%
Abbia mOé ^ fak.4V34( ^'U^lfi^
Le quai tam» mS^mm^t/m^. t- >
De Paiawj?flW«)fc9taa^ ,,
Ml«IIwfcdi<*ieHerfe:d*B^ r--;
Per fitfiiÉU4)idMtfM^im^;tr4l#J rlu^
Oh come A gode or gs^llg^a il troppo <
Rigogliofo fogliame a gli arbofcelli ,
Or ^isknio affato coh V adunca fèria
A la roverchiapaaH)In£)fa prole, .
Che afnpeaa ei U come si lieta e rolta
Sorga dal mafTo^^ e quando iK>t fi tias^
Ne la vendemmifi ionfiuta il piede >'
Oh come ifeto n' afl^ra i primi
Fragrand fpruzzi, oh come grato • attef^t^ì
Nei bea cerchiato botticet la chiude»
Ove il prime;» iapor afpra obUiauda
Di .nova grazia a ben condire iippatrl !
Ma che nba yeg^o in te inedeTnìa ? O forza
D'ingegno e du valor ! Sorger io veggia
A gara Tatti nel tuo fenOj^ e i vivi
Simolacri animarfi, e le fpujmtl
Tde a i gran ten^i a le mpeibe Ic^e
Far ornamentò di parlanti volti : . ^
Fregi ben dc^iu de la noya in parte
In parte antica architettura, ond' hai .^
I^' gravi infieme infieme ornati alberghi
Di maeflade e di vaghezza un miib ,
Che a' poflemi conviene ofpiti^ cari»
Gli uni per gran configlio a r^nar nati.
L'altre a piacer dovunque il bel^ ca(hiaie.
Grazia, decoro , e gentdezza ì: i^ pr^o.
Ma già mi chiama a le fue lauq U yero^
Tttoprimo onor V almo Compiercio ^ OhquaCi
Fam cortefe a la voia Mufa incontro
I^Ice additando i nKÙ;uimenti illuftri
Del fuo poteri^ Ecco le felVe ànnofe,-^
Che &cean chioma a rapenhln rublin^e^ .
Ai fuol gittate di fua man, fu^Ponde
Converfe in navi ir disfidando 1 v^nti .
Che yiofcf già fu le natie pendioi, . '^ .
N 15 * 't
^^ ^ ; ^ -.
E portate éal tiMr memore -rgrsctnr -^ ^
De r ombra amica che gli feanQ.utt. teittpo >
Solcar ftcure i^ vaffi campi acquòfi.
Recando a noi fu fe virtrrcr ptore
Quamò H Sol padre cor fecondo raggia^
Forma nal'cenaa ih oriente e crea ,
Quanto "a Pocctd^tal tepitlA piàggia:.
Col foave calòr cora è nutrica* ,
CJ qdàì'^di gentile dì n^vigìi^ guanto *
Su la rivale riel' mar- moto e bisbiglio!"
Altri apptt>dàr , al tti incojitrarli vedi ,
Qaai vere ammainar, qu ai trarre antenne:^
E gi2ttar foni, ed aflferràrfr.aaeWa".
S' alfblla^i bordr il' paflaggero^ e Pafle
Tragittò al pìS diftcìilefi ndmintre
Che r^^ncora hmciara il fóndo nlordc,^
E ne r*ateria* fi conficca è ftà.
Già fcendono gii tociraao la. terra'
La fofpihita terra; ^co di' turbe
Formicolar tutto il marmoteo ponte j, ^
E del concorfo gor^oglTàr 1¥ prora,.
Come pur dianzi' dt .maroffe fpuma .
Chi va chi Vien chi' carica chi porta, ^
l)r hatuico. clamor di lièti viva
l/lin nrrolotj'àltroedbgnirrva ecbef^ia.. ^
Spaiaci?, intatito In cento parti e fcòri-e: , .
IJk "varia thtoruo difiata merce*,. ' ' .
Oncie'addénfarlé fopolòfé^ vie' . .
D* incarchi e portaror, d*brto.e d^ìngom&m..*
Piìichemai vedi^ e in quél che cgnun i' accagliò-'
Per gran gioia tripudia, e par che tutta. ^
U ampia cittì novella vita acquHH ..
Siccome avvièn' ft il giàtdinJèro accorro/ ^^ '
Gira la chiave, od il fhipboflb sdiSane
Ktparo a r jtfqua, che da ratt9 (tender "'
" ' In
l
Il un: mooténm traboccar ììt'Veclr ^
Kotnoveggiàndov e dlramatfì in rlvr '
Per gli aperti cìtnaii •* per V fokhi . ' *
Quindr a V eme s' affrena> e quinci^ ai fiori ^
Qua cade in pioggia ) ivi in p<»2etce ftagna.,,
É tutta intorno ftullicr e« fi" caccia : '
L'arfb tèrren la béve avido ,.o^ gara
Sembran cHiamaria i fittbondt germi, ^
Onde In novi color levanfl-omatf^,
F tutto il campo' a- giòventh ritoriìa .
Ni gii contento però credi iP Nurne-
Di tutto rcggitor-: dietro a* fuoi^paffl
V^.Ià patte mìjgRor, ^etre^a'tiior cenfli-
Van genti e mercF, ed io coiylorm'tnohrov.
Ecco vàfto fecuro, e incorditi pefto
D'ampie l&nze rauffiflfci' foggiornoy
K le cui foglie Provvidènza e Fed*
Son (empie aflfife, entro FrancKi|S{ia aiberga**.
VeTqual de* molti di natura e d' afte
DbnL rplbididò» emporio*, e- quale* iaimtnio*
De gli umani dilètti* e» de ^ umane* ^
Neceflìtà vario alimento aduna.
Proftunar fenti americane droghe^, .
Senti' fulfurea vaporar miftufa r '
Erbe ifiedicHe «jut, là cotorAte
Polveri e terre, ivi" di* gufcio armate ^^ ;
Quandi BacciavefFrte,eft"ranie' ghiande? •
D'indiftinti odor milfe efàte fanno^ ' ^
Ma noveri cht puB guanto- teforo
Di biade e granf, oppur di- tktie e ^ete ^
£ di ^uali miniere todtche , .e quanti
\r^ abbia metaltt, o di-quu pi5 rìmtote"
Vendemmie quanti navigati vini j / -
'E dica poi' cfe' pecegrint ch^ajp! '
r navi nomi V O' f baAarr di- «mte -
FerSt.
Ferine pelli e moArooTe fqaa^ine.
Io fola te , fol tUA gentil fragranza
Che a larghe nari ia lul.pafrar delibo^
Vò' dir. alma Siviglia » onde jpantdn4^
Soglio ae{Ur gii aodorinentati fpixti ^ . ^
E di piti fiic.il vcriì aprìr k veoa •
Che Bacco mi negjb. Bacco che fd^o^.
Me fobrio vate e beyìtet ^l fonte . .
O fottìi pallidetta atmca polve ^
Ahi tro^ infulf<^ ahi fàu^ tròppo altrove»
Oh conae a palpar frefca^ a flrujgèr nioHej^
Soave d finto» <M. al fapor pungente
|1 Qui mi circonda y e tanto Qui m'allctta,
}• eh' ebri0 di lei tnl vi ravvolgo e immeigo i
Se noa che ratR) a fe In^appena, e, mlra«
Dice, non longe altre mie fedi il Nume.
10 leva il guardo^ e fu l' entrata in grande
Biavvifi> immago il CavaHeis ceieffe
Su candido coriier Tafta vibrando .
Star fopra il vorator dr<^ trafìtto ,
Che foco e(ala a vénèn imAo , e ftrìfcla.
Scoppianda fottp a la fecraxa pmpa.
11 veneranda monumento antico
Riconofca ed onorò » a cui cotanta
Parte di fue foftanze Europa affida^
Di millantanti e di iperanze mille
Sacrata erario, aperta ara, ed afilo ,
Inviola|lut.(empre<^ e forfè ancora
Inviolato y: fé fortuna avvCi^fa
Cofa IMcìaàk inviolata in terra.
Pur qual di tempo o qual di forte olhaggio
Pub dei Li2ud cor vincer la fede ?
Lri de'di£)ftri vincltnce io v(^Ì0
Gii ricomporfi. e in fue ragion più ferma
A le non dil^clentì aa^c|ie piazze
Teiih
Tendtr'hi tltflnitfe hi (gelali acngk^H
Stringcx ieopt Arofier<k|n^ l^oodia^ Psuigl :
Tal che pur ano#.<«ifcraida ivgna.
H Qoiae fuQh ftttt^gm tarren eli4o^ .
Eili foatman: idij^^« %rà \ , /
Segnate cartft ;0flÌ6fl ffjcuri ia volto . . .
I ipiittt&^anibi ^ t fcdet a>itfrain..
Sorride: Italia at fnsi^nijrì; evena i
Lieta d'aver contro le ree vicende
Volanfi Qgnor d'itittirnp a^ 1^ r amica
Noto lefii^^'e^^tiafi. ^Iciia tsRautò
Del mai .(toarmt- e tie (ìecolt oiiuiL
A lei vietati 9^i fepti ed Indr^
Glorie dbvato n wefio^ iuot beato ,
^ Ponde gii funfe Jl vÌHcitor primiera >
De lUntattor oce£uio.il ^rau^ Colombo^
Cbe ignote ftelle y. ignoci motin y ignc^e-
Terre cercand0 on altig» moi^da aperfe,
E ftendendo'la min fcaoca è ftcura
Al largo invito del fuggènte crine
Che portuna g)L «iffiéìi^^ fblopòt^
Condurla asdiar ooiidfi& VimbwtvisL uàiana
MaraviglbOli 3ie l^aiidjWH tnwrefe .,
Oltre t oiM)fin>« che av^eaa i^L' anni e mille:
CdbiKo-:il .V9fi0.5 «eia più vaga pompa
JNafadb a. r no^i de le create cqìjs\,
Omfe fUice efllr ^UMS^k^ t^^^^. i
Per infinita pfpwwaom eternai . .
X> ligule viik)|: cap»- ^ gi^ Iddii ,
Qus^ maraviglia pc^j ,i«^^ <li^ <& ancora \
Splendon beUe;^onpr'yive (cintine^
E fé a..Piiopa.aMgli<N: degni de §K ave
Sorgon, figli per fe^ fo^gon^ d' eroi ,
Ahne fyoBioik a-ftr £cumi' fede,
Cfie4'aattf;^. viitù <og e Ancor mortai .
Vi
O^db W porte *l «fronte "Gisnp - -,
ì£? dì Marte un. p«>Ff £«««*^, . :. ; .
eravido <fi ft>aveni» e dt- inette ^^
gridi ìra^ 'fever li^na fp.ntoT ;
E fiilftendfea d'atte t^«*Jre im £enfe
I^^r&nt^Vafl^ava' i* ki , ^: V
Faml7c£ all'or W dal «>««)«: ^^^^S""
L'ombra de'ma«56rltem. «^^^"1'*^?
La patria L»«*tl cifei ^feiw trono r.
E lei moffràhd6--fo^Ud» e «»*»ta.' ..
Il tf foprto at^ daiV,** l*»»»?*: ,.
O di ralyarla o di pent conl*^ , .
m ìun^o sa legno ed rfriocchiertotowatos.
Il faufto rasnuQ <teP*«**<=^^ "^^**».. /»/
LS^ a?za^ gS»/oMej r^^
T naviganti pallidi rtcWMi»-,- • -,7
E fe Minar le fconfidatte ctufme^ -■
Tal nei Rguri cor forfè «diiùento
AAnella vUTa, e V fettlt nel, p«tóf^ ,
iJco- ardar ,, che- mito *8»a' « '««^J^ '
-^
3^
tlb« dt fattcfir e i«W di vita avari
Cadder - contenti d' innaffiar cot faugue
Una libera ancor terra jeina • .
eaaev^ e Pindèo, aanlle^ torti* r
Per voi y età fenipre onorraranno eTeflapre
Grati i nipoti piagnerà» fp»géndo
Incenfi e fior h Ij» onorate tombe,
Per voi twtwtp al betì/eifeato impero
Più che mai beHr m trionfai lembianza.
Gbgnendo infiemJe fociali deftre
La Ubertà, T amica Pace , e (eco ^
Ite le Virtodi un coro. I dntti amicht •
Giuftizia- tiEiglib. ;, Fede ^ ed Ojiore^, '
ì; il Commercio con lor quella ^ir cara
Perche piU combattuta e a prezzo compra:
Tranquillità riconducendov un nova
Secolo cominciaro, onde beata ^
|)&gi fiorir vediamo a»reaj ftajionr.. ' .
Genova il fai; de gli aurei tempi degno'^
D'aurea vi«at«^y d? ogni ^reo coffaine .
Principe eccelfo di lor grazia u\ pegno
f)i tua felicità ti diero i Dei .
Vedi il cor generofo, a cui nfe duTi> r ^v.
Tempii non parte aflai l!jmipi^f^w«e-
E la vita iIli|nola1^,-f<^4lnc«r de ìii&W '
-De' cari. figli, più fedrf di Bruto^ .
pidtQ ma non cmdel, non ti kxvdom*^
feli fu yifto con ferena- frofi*^ : •
Bel non placàbil fata il tnwe aipet;to. il
Più volte- fofteiter, fo vitto in- mez-^o- .
' AV gran periglio^ andar con fianco pai»*
Ber 1» Patria non timida. e;pcr lei . i
Nulla di fe^ curante. I-. torti Fi^U
Cignwfo.U fe»« l?»»^ Kaltio Uitìpaig^
^0&
Nel mag^r Uipo e hcl-piìi fict cctfiffitte
Del lofr faiigue « di loì pabrero *gm .
Li vedi ancora, e nd vederti gpdt
Con l'inclite gran. Donne énot del Mh*
Splendor de la femi^»^ « coi J^
Ri nipotin dolce'tuo» ipetne « toro *,
AI legai folio fjtf iiflfctì eóirom;
Onde fi dica a ti» pcq^fettia^l«KÌcv ^
Che degna % Iw» dei igmm la pwte^
Che U Pattia del fi» Prfnc^ l degna .
I. i|i,^ .1 I iwi^^^^iggegg g
POEMETTO UJIDEGtMa
Al StRWissiMa Dock dI Venezia .'
PIETRO bai MAN i
Si$ra te mìyrefi\è prè¥ogkthe Hi tui^ [^
ODi ^ticftìi d'Arene akna e tHUctwi
Eittefla^ w«k, e dd n»t Q9n«aM> kméÈX
Principe^ » Padre , fé Àe tacte: Wfafc •
Cave ad A^tgufto a Mètetùae care,
Ch^lmiano i numi e Ifr mirahià opw
Dir de gli Eu^r \m i penfier |;tandi accolte
I^l p^tia fegi» e de^ reale tncarco
A te tton fufi» iit aìtsim ten^n^ in^ra^e^ .
OHM alquarm> e po»^ A rò rifponde, .
Mentre a te *Jnt«, a ftie i^ tangé uà ecix
Ogni V^tó «eme , c^i- paefe,. .;
L'Illirica» j eCoicìfaiv til Maie^ ^ P Alpe :
Da te priftc^io in le «to^ fifiirindnARr
DI rime fcidtà lib«r* a«notó»t
Che in novi modi ai-tdfci»» orecchio fgaotl
A te'Ml' ani gw»f •• tf Amor «ace.v
Tu iL tuo favor mi ^«fta ^ e moop vieni
Sigfìóry li dove ivnìp b» fio)^ &sm ,.
Gh^ I Heti orti mot m<io> cobca ^
M' apWHt^efttiet * non. ufalo x:arme^
Tra lauri »nti<*i tm mirtlML felt« ,
£ ne fan dolce al cammin. fKL«o^ invito^
Certo le Mufe al tufoer tua prèTemi
Te altóiftar pargoletto, a te la fronte^
Sparf(?r dt gra^ìa^ e n«? vivi occhi V alme
Pofer fcintflle^ e in fa fe l*bta il mdei
Quel met che^ «lentre dal dorato folio
Tu parli, e L faggi del Neftoreo ^to
Apri configli, in ogni cor trabocca,
E d' una ignota maraviglia il bea .
E ben la. Patria, ai buoti frìntif) accorta.
Te allor conobbe,; e det beando feme
N^ petto» pullular nova beata»
Senti fperànzar di future imprefe^r
IB itó te de^ primis onor fatto momento.
Con la niateriia liberal tua cata.
Ia crefceme ficiìi tanta. Mdrk> ^
Cbe al ^.uoAiemcapeM' olimpia ftieftSi
Frtóco cùrfot aggiiwfe Jena e fprònCu =
Te perb i» bIoi«la.«tS grave.Lèg^i» •
Xtt& ili T^ma^ i^ake cùi^ «rcane
.DtrVtiwgla pott«fid0 alassi d'iiirot»
lOr de PaAgf* Townìri , 4)r Al Uri*
Senato 4vaftte< «mpitx dt «naravislia
1^ profcfidefeft(»fe5imin©i«^ ^
E il gran p«ft» Ntowétt do- V alo» faggio^
Te Ibcto ia cMU, ie detbèì saMk ^M ^v
Far 'di «ie'ilotii» ^i «Kfim tf<»fi ^.-
. I " Dir-
7^
Di natura fvdanlo ve de fe^cofev
Un novo cteloeua novo mondo han^ fattoi
Mentre ta poc(ri in me^zo a {ofo ^sipt6cKÌ<>
Di Hbva vmii fenfi epaipole, . "^-
Al plauder <£ ^'(àggif, al tuo dir fo(Ìi
TSii rieutfnk 4^no, e al grand' t>noreegm^lev
O jaave* nave che ver Lopdéa H coc^ ^
Scìoglieui dd gentil j?efo> futoerba , _.
Ben ti fnaoMco (?id, placiaa il ventar* ;
Poi che l'arti le Gxm» « l« V4nftJdi
Che non pàrtianfi *ilcfii^ .fianoo^ md, .
E i-voti mille di ben nìillefenri v .
Coi^niiiefTI a te còrr 'Im tfàei per l' oiìde;? .
E bei to iofti def Ijei ferti dcgfla . .
Onde tornando i jspppj v^TJ a proyst
Incgron^K le un yittrk;l aiKtaue^.
Quando d''^«tìiveF(al pace.beMa . .
Ajfpottatric^ ai cum lifri irjtìwtìtl
Cinto- TOÒfbravi di- Pall^ia.ftlonda
1\ tuo Signor,. che del ccléfte<.<io!io
Era in parte con Anna e con gU Del .
Ma mn pria ^tocchi A ^aitrj l'erti ^ portii.
E luì dcpoiW a i*ecli«ggiaif de i lieiik , .
Pcfpolar -viva ii».fu k notft: arena, . .
£io«>i4»oier.'d-«nor ^Um gli àddif-a . - . •
Vienna da ^hifigejv e àw8L'j^ W fa OHrd
A fegiib l'òneiiate ;Qt«ie^!cao6in«l0. < /P
Me co' miei vecfi é eoa. Ife Malk appe&i . '
Vcmìo' i grah ;pònti , /f^ in fu rae»e« '. totK
V Aquile al ^nto : eòea. T auftf iaca Qiomia:
Che u và(lo imperio, con^ Bo«te affirenitf
E. già la li«|a*^ la de^'^co» poffeitì»^ . ; ._
Bjei'vtfer domit^rii» tli^pia :
Scioglie Paleo OAttefeji'^tai) irmaitì :
Cibare e EngeauÉ, l'dmmòtt^k J&igfaìi« x
Latrato Arii^ éà ^rmitt¥^ Aiié^*
Vedi al tuo dir k due gr^' aline altere .
Già mol^i ìodonae;; VisA i buon configli ^ .
Seguir aoiir tarde a, la grand" opra; e vedi . .
Il sermanico Malate alto chla^nandp
y. Gente di feero e di valóre armara.
Coprir per lui iMJasaricÀ campagna .
Ocfo il beUko grido., il Mainar veggio
De le roccM Cadenti., e la fconfitca ,
Saibarìca^ c^e uomenfa , onde fpunuQti
Di turco /ai^e van Sava e Tibifco. •
AlloiL JBiéuizio^ iilìpg^urita forge^ •
E da le torri in ver l-Jonio ^voka
AI fuo perìglio le lunate ant^i^
Chiainit infoccorlb, onde ^sioato e fgombra
L'à4uaco pofa e il ^re^o jui^ce in .pace.
Riedi, Spirto 'geoui, xied4,e de Tqpra
Di tui fama non tace» indite d'oror
E di porpora iofegne infra, t' immetufo
Pppfil'cUmofo d^ lar Patrìa ar^ta vi •
Premio a i ciHifigli ed, al vaTor ricevi^. '/
Ta intanto a ie ^bell'opre ognor Gonverfo, .
A i dotti Audj <ed a te fratrie cure
La men^ iacUtyi* Pei: te il ibro antico.
Marmoreo tutto il pittadin pafi^^a
E lo (Jranieix>: J'antenoi^a Atene
Per te .d'Ingegni per te -d'arti i TieU.,
Le <iu^i non nfjen uà le private «Mura
Tra i dotti libri y onde ornamenio pam
Ha la tua fede, al converfar de'fag^
Di Palla figli od si. cantar de' yati
Chiami non pur ^ ma reco fempre alberghi »
Ma ohi potrà 4e'nioi begli m U Pfigiaj
Tutto ridir, chi pareggiar tua. laude
P.o«à col cMtp, fé w(i l',^flif Dire .
Teco afVittte abtt«r Paieacfe fdvai
Ove fbveiitv le yocsAì pUnce '
Han del tuo notte e de' tuoi intCì imie,
eofi lor uù a dir tuo iii>ine i e^ »
Cigni d'eterna infiitic:^! ftmsTf -
L'Algaiorti divin ^ovin, Pantico*
Di vili Zanetti, t' un ktRmo& Vaino .
Veneto fiacco , e tu Koa<^ non ifieao
Vate divìn ijon mei> gaWéo FhieGO'.
Mé^{t)t>veclirÌamanpti<mi0r lùoiytis ^eeo
Movi, Signorie da i miAori* inearckL
A la iiran mente non eginM^^l fAmo^
Seggio Teat ti prendi loco e parte f
A te le poWpe a t»\ divini onori
La Patria appreflfei, ed i fuoi lafti eterni
De la tua glena e dèi tuo nonvB^ìftfìvt.
Le Ofinfè intanto ne'p#ft«»fi ftmdi',
E ne le grotte éi eoraUi-e' d^ alga-
Verde vmhe , ìn^ bel hivoro' intente
Oprano a farà, « d^orotintedo eiftemne
Teflbno manto a "fe tne %jdte t>ttorev
In' quél fi vede il (bttil a^o induAner
Pinger ia beila , 'clie del mar s' iw^àhun •
€it»> réina , -e a poco a |)Odo al cieto
1 tetti àèBgvii è le marmòree^ Mrfi;
^ Là ver r^urdra una nùLtlnh ondeggia)
D'argaitO tnttà-^ che Pondofogrembo^' ^'
A rorìdtitt IdgSfdvW apprciOà.
Vi ii iitt'M^lttf-con più certi auguri *
Accennai il IkóòccidenTalè, e novi '
Offre Penfttrin fii P adriaca fiionl».
Ivi -d* atìnea tìmoh d* aurea carena
NsJ^'l'^ilfe ftwdendo a raeime il ferta^^ - ^^
Volte lè priré^iì ifortunatl itagni,
/Ctie a rkq^«o(kcittà4àn muto ^ fpeecÙth^
^ Qjxal
'Qual vtrfo i noti niii u 1^ colomhft
Veggionfì a Aormi da i granofi palchi^
JLevaix ^i biaBche fpume ampie gergogli»
'Cercando in Adria amico ^alber|K> ^f^ce.
RiconoTco la genu: Ecco d^ Ettori»,
Ecco i nipoit di Laerte, ^ i ^gli
Incliti ^ Argo, ecc<> d' Atene i padri .
NV men da r lilpe , e da ì latini colli,
E da quanto il mar cinge , appenma pajte f
Ritratta miro di |^an HMiie gend ^
Uarfe patria loggir, fiigpir k cQide
Armi ^e f^Unno, e novi tetti e nove.
Fondar 6qìiglie a Ja lacuna in feoo •
Qiutfite 4a regni van, dMfote otianre
Ne' di più tardi al fortunate aulo,
E pongen ilanza, e fan connubi • llirpe! ^
Tia k 9ua1ì (Gilinu i»na fdegnando
Lo fcettrò avito e i iCgnofili ammaniti ,
Onde lun^'efib al ^chi^oo fu Dioica»..
Non fi^gg^) ma d'onor Ubera e chiara
Gloria mercando: ts^ i ^pvuipurei Padri i
Del Gfitnan nome Adi^aa^rt^i^fceefiitgia ;
A lei 4' incontro affqsgeiH^.'vedrefìi
La Curia grave de' cauìiti faggi , ;
Ed il vulgo fèdofo ir fci 1« vie ,
Alto plaudendo coti le ^fi^iuide in mmio..
Ma cW tra quella di grand' ^me fcUeia
Chi ^a colui, cke per laivctf^ più dat|0 v
De la f^feCaga dipinirice Ninfa^
Per artificio di U^Ul iftoria
D'infr^iBiUe GMiBp#ggi%»e i) piii bel loco
Empie del qu^o éÀ\fys^ flaria immen^?
O clivifi JPiefo^ìo ti yawHb. A ^ntfti
Tardi di httto « di ^ifcoidie tnnfi
Te di vera. virtù tfknàié^ efemptcf»
Te fefW
I .
Te lerbàr vaile ?l cWl p«fp«ò é^&tOj
Perchìi de ia, divina alta bontade
Qimlcfce tra noi tnarayigliofa imfiìs^
A 4kr isde qua giù viva rimanga.
Teco Giuftizia,alBia Cletnenia, i tecp,
Teco ConiigUo al coniun ben rivolto,
E TArti beUe, e 1 dotti <Seni ì\hiM
A te plaudendo fan cerchiò, e corteggio .
V CiJt lot m*e«Je de T itale Canaene ,^ '
Non ignobile alunno anch'io ti parvi,
E per lor ini fc dato il ropù «(petto
Veder d*appr^, « d» ^^ tal voka
L'almo colfoquio , che mi fé' beato ;
Tal che lA fu l'ale ^Itrà le vie del vulgo
Con felice ardimento <^ai levatane .^
Di Te cantando e di Vrnegia i nOml
Sacri In Piando * le Mufe, tn cielo ai Wj
Onde ra^to alcu A iorlè da ^uefta
D*^j^ilineo favor aura feconda
Con auffScj tna^or memorie ^rdifca,
E da l'oriain lungi i nómi coliti
De^pi^ ch« al^itar primi fc mura,
-Che forfef già da k palude ai cie4ò 3
E r util arti con le finte leggi ^
Qui nate a un parto, onde la taiita tnole
A ftabiHr ne' migiior tempi e^erfe
Piìi4d'un Licurgo Veneto e d'un Nflma;
E un»^iopol furfe di dotte alme altere.
Che con l'oBOt de^pià pregiati ftodi ;
Su '1 mar deftaro una feconda Tebe.- '
Poi l'oiRrvate fteUe e i novi ingegni
P«r vMkar con pili ficuro abete -'
GJ'.iAtatti mari e le non note tetfe
Ei dica, e come Un teinpo nacque e crébbe
Non Un traitioi nifiwolofo Tifa,'
; Che
Mar ^irfe ar<h» di vdar Jàdove '
Gli apati t^ia, i rUrtìvatì' tìaftrf, •
Le im?a;Oome cotome tóntìi l
* n»«d«h «be, fjmtStttamtKé, i
Fortim«o^ui cui tanto il cida ' ;
Copcola, Fofcann.to fatta qn«IJo, ' .:
Mie« ^drxa ilaun , araedinéenfoàpprefe '
A revenr Je_^diio grand' alme>m5e,
Onde a inyidiay nd fecol ìioffro a koma '
Tu Ito nd feggio. cotìfolarnon hai, " .
T^^^Q pe l'aww» flili TiiMio ih Wto.
Poemetto Duodecimo
A ^ A NT O V A
S<^a lafitMZttM, ileumxtreto. e i bifo» "
gm dt^meJU Citti^ co» k hit ^i
^'^iJ'.l.^'iSigMvr Conte
yinfiumPlempetemiMmee. '
<t^^> Patri» gentU, l'eft» già fentò.N
Già crAbe di buon Cigni antictì aldo,
decrebbe nac9«einvaa . Sento che al priino
spirar de la mia ddct an» nativa
Tutto fi defla, e delitto, me tifcoòte
Del caldo ugfxam git «^ e i ftnfi
o cw».
v»
^
C6iatnaii4p; ^m^i* hi àmtte cAìé
De l'cltdSjp4 3i^^ stntoct: '
Gli fpirti MfiimtmyV s^tì^ ukt»
I dimriti fanta^^ la gmi taroa>
P'aflbtti e.41 9^Bmi fMT) di ferma 9
D'indofei ài €q1(Kì pflpob ertantè
Dd t>oéti(:Q reg|ia.4 Ode ut) tiMiikd»
Ne r anima ooimoofla^ im ^r^* afcolto
I Di ^iroci intenwf r W Him fo che ^r mctoT
Sbatterfi errar A«^d . Sì eh' e^i % deflfo
L'eftro invei^^orr^.^^fll eùii^i^A^ veltro^
Cui fé buon c^tcci4lpr coi noto fi|ùilla
Del^ còrno invit j^ tì, de P uTata; vece ^
Gufz?;^ iqiprovifQ #.i»i' latrati acitti
U aria ferendo mn t. là s' ttsgi>^
Tra le fratte e leftoppiev^^u cacciando
1 Dal tepido covi! {^occulte lepri ^
£ Afiune incmft y é tarde' Quaglie a volo J
Ma donde in me, che pur tranquillo ognon^
li yenni e tofluiì^ donale sì novo effetto f
"iioTi certo altronde cii^ dal Num^ amico ^
One di noirtf iplétklor fiilgidé fcuòte
.) £ le pronube hcì « l'aureo cinto
Innanzi 4 t0 Spoiìi gentil , fu cui
Degnb dal tron% lampeg^^ d' utf ri£b
j . L- auftriaca: ^imio » che maggior det feflbi
]\ MaggicM' df la beltà ^ M Re raa^iore
, Su r^lbo r^na ,• e in te il valor patei^QO^
^Wadiinque > ^Alufr, che urffuSlinie al &»>
IJn di voi dtgmr alfe 4egB& d' ApoUo
|: i Anco tra gl^ iniead fiiige àrgoriiento .
Non lacci e nodif^ioon fiM^etre ed archi,
^r Ni itacelo o fiamma qui fitranno incia^ipf
r; . A^Agbiiffzfi:flllvdi'^tl«PÌ9do: '
li ' . Nh
^«5
,N% voi tioVvm^ftKdillefcò tahS
D'un ttopw cisoia e^^iéi^ di vfn Cf^t(6
Tra rimpTorar non ^i^itd e i ràiKhl '
Falliti auguri de* Vfilfàr Poeti ,* - '
Tinte ad irà e a rleflor lardarne avvinte •
lnteipreto.<Wr vet del veir feinilho
Servo a la Patria fe<ai teli pubblico ià CaAtò;
E tra*<iilminDtiali e Me
Me la mìM fàìtìài i^àpipàhi
La qual '>gfà teco fi jper té viene à noi,
Donzella illiiftit y arra non dubbia e ^^gtigi
E del listale e del favor paterno y '
Per cui Mahtovai ibriè kilcot fia belila* ,.
É peichl non fp^tur? £lla già Vide
AlIonta]iàrfi,^p6r nféA btooHi
De' {lagnanti fupilagh^ il éotsò tnfetlof^^
Che fili denttO al fuo^ m lentia àidchitti
Portare il lezzc^ ed ìVBfett ihorbofi
Con le ii9bbri feeHaci escorile morti.
Il Mincio allof ftior dèi fa^gefo ie«o
Levò là fronte, e pia fù^zf i lati
Anch' d fperò.. Quanto non gli ertf $Sklà»
Le iinipid* acque dà liàtìò BenàcO,
Per lungo tratto ripnrgaté e tetfe, ; *
Vedierle fokià ii^paludar tepenté * >
Nei guam fondi ,• cf niaitrr toAé e fchife (
Ei fii villo falora-fl pit'fmaktto
Da la ibce leteà volgere adc^o
Cercando a l'oilde un pi!i òiibrato corfO, '
E per obbliqviè vie trepida arrante
Fuggir tentando l' oAofò hìcìainfo
In cui r^ntico calte a( Po fmatiìva:
Ma già più lieto di ftntir s^allegra
Concorrer l'arti, e fremer lldprè induftti
Al guado apèvto, ood'egU ig Po «toeliiMi
^ O a Tri
Tai ch^ fi l^^àipùmiùtfigtM0;:t %otnfant
Da rofiuftato vQlf^.ii lìmgo impaccia^
De r alghe, pu^ii' e 4^ paiufbe limo :
A ringraziar qon lieto/ viTo i Nunù. f
Che ùià^9 4<iaa4o a l'amico fiume
Volgerà cacco -i£ svigli e merci, . '
E a rvtilip con l^i fl0t^-vi^sio
Tra il grido andraé^ glif!$miilt nocchieri i t
Ahi troppoi ver I (Già /^^o tempo vam»^
Colpa. de' tempi r^ ^cìp« degli avi, i - \
Tra i vuoti ajrgim eotrainbt o£^ri e foti ;.
E invan chiedendo ^ Pimbofcbite ripe
Chi flpavi lor di colnj|euìiaviJl;.dorfQ,
Paila^} dolenti ilìeri^li^ e qfn0. -
Terre felici ; chQ)f^ Ìmi^W^»Q.t .
E di pafliM:. inutili Tdé^ndo}.^ '^-ry':. .\
0,-dorraon lenti fu ifigrtobil limai .: >
P a pienp^man ye{ia|i4o .l'i^e« i'Onde v
Fan de jgl' ingrati atxt^tpir. vendetl^ . ^ /
:^uc! ^l KW^lj piti qu^i f^à' :^o<àì4a '. ;
Tramiti .inverai :^. teipperati ia^Qi , ^ - ^
3fve . terrea d'afìrl^b^f^ni.afpettof . .f
Già non a|)biai^ o^;di tenace ccef^, «<
O di polve.t^en^fa^ingcau cau^pi ;. - ' ^ ^
A r aratro nbellì ed al bifolco. . . < /
M^ fé foflìmo ancor tra defolate
' I^àgge ignote a le /nubi j^l fol.naiccxfe ,
Onalfuoi sì rude e fottOi al cielo , e quale.
1^ sì feori^e i^:/Xnat ^genio e coHume , t
Che ad educar nói gj^unjga induflxla umanfi^
Vedi tu cpme.il duro Bapco alpeilre -;
Baldp difcppra.al p^cator di Qard^> V/ j
Eppur vedrai àà la petroiia balza. ^
Pender fovonte.e^ ruminar- le capre >
X^ugin Ueve 4*invìfiU| nuifco, /-
' l:. ' CIfe
j
ette coena latta al buon pàflor fòlefte. ^
Mira piti preflb in que^Jaflofi piatti, '^-i
Su cui la Volta e: &>lftriiì tori^óggià, ' -^J!;.
Qual deferto vi par Amie e niMo: . --
Eppur vedrai come il colono indnftre '^ ''
Sappia tra pietre e 'tna) crofcentl cardi /-
U otoofo nodnr mandorlo a fame -^
Liete in pih modi le feconde menfe: '^
O ilbuo^maftinoodanco il verro immonaò
A grufolar le magre glebe attizzi
Dietro il fragrante candido tartufo ; '
D'ogni menfa gentil delizia e gola. ' , \
Òir Quatto piti quella agli Dei si caray- /
Quomt nel centro del gidrdin lombardi^' \|
Dal ciel locata amena patte opima, ^
Ad accorte cultor rend^ può frutto?
Onioque io mova, uu iertil pian veftttè
Veggio aMntomo, fé non quanto apnctM '
Soavemente degradati oqUi '
Fan d'incontro sv^uiloti fcena e riparo.
Quattro almi fiumi , e quanti il bel foggiamo ^
Partiano appunto a i' Innocenaa prima,
Po, Tartan), OgliOjMhiteio, e con tot gemo
S cento rivi, tributari a gara
AfTrettano ver noi da tutte l'alpi^
V un da le cuhe Brefciane valli
Cheto cheto solvendo il molle flutto ^ *^
N'o^re d'armenti e di miniere omaggio s :
V altro non pur de la patema amica ! ..
Riviera i -gialli profiimati' agrumi • " ^
Ma quanto in feti verfarpuò di Benaco
L'ampio Settentrioti, ouanto d' annofe
Immede travi i tiroìeu bofchi^
Per farne eteme #>ndanienta al tetti,
O invitte al vnmear audaci pn>t9^
O . j Tiiuo
Tutta »'ìaad}t/M^ wcatot efu!^.
Che fé p^ chiaM jotjgtne 11% nome
Tartaro if^m^ $i va pecb contento
De la sì eam ^ ri^oglioira fpica^ v. -
t A iciii ^ fwene ftaiov foccofo albera ;
I biafiplif grani ^onde aJe tempie il rif^'
dii feipgùia tot i giunchi e l'incorona. >
Ma te> ^^fe JExidan, te chiamiam vero
Pe' Inm Piinire e Re. N^tupcr altro
Sembri laccor isk popol taari^ e in lungo
Corfo d' alpe e apemiino acque e ricchezze )
Che fet; irenir con pili dc^hia e pompa
' L' »ìf(i^9i Manto a bs lìet^y e Veàtemo '
l>e'ji)p)»il fiumi a tnif conveeco in mare .'
j A te perb <U ipdiv a te di foonde,
( Di popolofi a te b^gbi Matilda
4 ÈA; j^ivina Matilda» e, i sasui Consoli!
f Qujimi 4iItro¥«.iion Jbai qieia» coiona, '
i Ove ppfarti ove «N^por (iciiK) . v>
Potem i lioni <^ • P^à^ ^ cmicorìb '
I D» f itaiicbé genji e da tcToii
Pirve laPatn^ aliar > qual fu pia un itnipo , *
Tornar Reina iA Tofcanp Impero.
Sene a ragion; perche qual ha piti pìngue
Regnò altJQovela Copiai eudove flede > ^ '
In pib bel trono di canq»eflManìed&' '" • t
Cerere Pomonaf Entrecan tonte
1 ^aM>re/ji pafcpli e i lucani : - ^ .
In par^gOR de' piati ocnd,1i^ doire '
Stanca (b ^ f^eflb l'ìdlaneabil <e
J4ie|ffndo ì ìyfpi nutriavi fièni p • - 1
Succot^Mm pure a T ézi0ra>«niandt!a, * ' *
Ma del nobtl dcflffìèr: fèria ébelteziar'
Ond'ebbi» j;ii le Ma^v*»rvaiit / ■' \'
In guetre ^ in. tornei; pa^na^ famofo 4 * ^-^
i/, ' ;_* ^ Qnaiv
ftf
Qmdo nódriatlo a Pimmoitàf Franeefco :'
Di urtata progenie # 4i circaflà
I noi indegni b^lUcpfiitAluiii^t^
Credi forfè rOrobiò e prtde il TdTcò . .
Che più del noftro ilifuo -t^rt^h. li^àfcé "•
Con le Aie piante fé VintenéstMCfèiìvéf'^/l
Or mtri qi|a corad ffiòntiiwao a Paura
Ogni ^j^ forga,.e a' non tóahtàti fàlc! '
A'verd t^imi a' gran piopj^i li Iccò manchi r*
Come ^ni firuttp ài fuo pdW' rifponiJàf ';
Fedele in ifoa ih^ton, come a foa vòglia '
S'inagra^aniaUImenteoi fi gioiébbaf
£ come p^ che il fido (bòi fìh (j^flt
Gii util jgelfi dimandi ^ép^A 'ripreiida
Cui CtQOfifiatii ihfahanò «kl fnftibri
Di noftre fiste sfur^ator fagabi •
I^l già fqe grazie, banche ^d còli! ainito
Bacco aji<^ nieg^.; jl vii* hi ptlr le ricchf ,
Di rubrico vendemmila ottizt prefenté :; . .
Co' Satiri bibaci e con' Sileno "^
Tra il lieto ntiar ba 'i ba|lpn2àt fèOòfly '
De' buon TedefcW e r ondeggiMAe' .a tóndo ; '
£ % quanr' altare 4ol vrdi; nv^ hottrali ;
0» tardi colte o bea j(€rba«f;^al ^blnfo
Di ca^al (uo condir neRkt€J H f^ae, \ ';
Che il comi^enfal gabbato or Qmritia giura ^ ;
Or Pnician ne diftradar^-^ Oc^titto^ In tanto^ !
Ride ^yacQ la bella « e à li| ^irahte : ^
Bottiglia intana .e d fafii^^ vino^j^plaòde; ^
Che già poflTente « foftefiér del mare ' *
II torni^iito ^ b via /iBafi»' ^aiklrebbe y ^\
Cerc^ui^jun wnnc, e.gaÌM|tìiando m fateàK
O con l'U^b^a vitt pootk l'Ibera. ' i'
Ma il tii0ilirro tra noif l&eief^ aitoicà, . \ /.
Phi pub n4kl Nob oiiè Hoft^lUf^ii l«|;a ^
j:0. ^ •• ' ■'
;ql Ma»>lHgtan>(tikiCól Pn^eTer e 44^»
i ^ranajo pltrciona eU& qui tf>as, .
^nzi pur quajKja flollòpetchia? Or fe^H
letfìete i Jpalcfai 6ttto il grav^ itìcarca
^ U jndle iofioita. Béco là ttìoittì
^ofiUi guifa di fpm'i l^ade, legami^
ùl ecco già le nove f^iche aurate-
^hkder la &lce al téièdtor nervtto/
1 foa p)ir.quelb le; più Ticche e cace
(AiiiLere, « que(te|a cui Golcmda cede ^^
L cede Vifapi».- Non > per ^uefe
Iht il Batay0 e il Britanno t reriti slkBà .
Iprezzatbr de la vita , e a l' Indo , al Gange ^
U Perii cerca, al ì^otosì tefort 4 , *
!ui p^ lungo ^flar d'opre e dv matit
n comiin nodrimento sufin curftVterttty . ^'
l i popoli di pan renda' ùxollìt ^ ^ .
)i eoe dunque poteva dfem il cMò
Hh cort^&9 mia Patria, equal ma!gen^e
nvidlér^u , che dnvì^a'a te non ^oni l
Ej^are.reppur che valf I^fotura-indaitto
iu noi ve^o beneficeme eteme y •
l indarno U.del nutrica y:fl foól pttkliice/
>it le ricqhez^^.iiléflaogue f inette .
^bitator, cìi^ ^ f.skhmàmaLÌTPttieÈÉq
wr^er mira^ 4QtjaRtt sinopia e. tb&mf£
E da rkol^e .f. daivendeoimie oppreflb' '
Muor di um€|.$ di fete- Oiùdaftri^ oPe« ^
Che i d4vUi>44{ wiw.xAàu ^popoi^tì;. ^- \
Sótto zone dividerti) un ooiqpiS^'i '
Eucon bearne iSi^iviceQifi» e.tom bilO^v
Qpal con dolci legann,^! vario e^ftf
Genere um^no iBunii patria astringi .
E con preod^re « dar, concorde il^iaÈv
Te l^a t^risluMaaKltaita a tégià ùn^';
( ) Secoli
n'
Secoli alberilo e tegno , onde; guidaftì
lPer*ìfìan d'UiTjanitade*a fet più miti
L*alme de PAriglo, deIQerman,drf,G4no, .\
Ch' oggi maéftro i fooi rhaèftri irifulta .
Torna^ deh torna ^ md)» smtko , o Diira «^
Dal baltico ìnfedei, da i'oHa algente,
PiapSe dannate a nottef etèrna e gelo , '
"Qiii cólti e' monti, e fiunif noti e rive
Serbano T'ornje tue-, fóban V antiche
Tue -feii care al fol, cate'iai ponenti/
Quinci Adria,' il Tirren quinmèffini epdrll-
Apr«ìo a te davartti-. Alpi, Apennlhi, .
Felfinei poggi , Bi|»anei', Ètrufchi , ed Umbri
T'ofiì^eno ^men^ ftànza. Adda,- Tidna, . '
Adige , Baeehigiton^ Brenta , Arno , e Tebiro .
Corronti incoiiti^. Ma piti eh' altri'invito.
Tra lied' cjunpi tra' 'flofetatt tertipe ' '
In ^queto parte e Mritfo «^Po ti Tanifio^ »
Che tardi ornai f V% qùal ti tende amica
peftra pofTente a farti md foftegno
Pe l'alt Auftriache rfé f Eftenfi a Ttìmb»'
Kovo. Colberto e Mecenate novo 1
£i già poteo del cru^ Mafrtè mnsix^'
TrìTi^i» oppofte e^lè;ragion difcokdi ; '
Giufto , non pur tHfjpénferth: dei idr}ttS , ,
Ma comun nodo ed arbitro cotfitme, .
Fatto a r Europa maraviglia e ^o, ,
A la icdel traUquUBtà'beaìfò • ' ^ ;
Lum^fiT-Secchla é' Pttiato'è*gei»'ttoM/ ' ".' ,'.
Or che fià poi idei' alma paté' In grefdhtf? .
Qual' per noi jd' aurei* gioini glutea catena
Ordirfi io veg§ioj ìiIlorcVer torni 4 noi
Detfo^trrano &vor"pÌèfiO fa mente,
Pien «S quel genio augàfto ^ ài cui fj^lendofe
Ai cui loco it tolge cf'fi lirealda ^ "
r ... Già
in
Già' canta i>arte 4d j»}^ ^ima ^ /-
Tra i MsiXZf fturfi tfa i Pall^; ^ e a T i>rt|
A la Religion fejye tra piille
De la Puleheria luàcur^ virili? . - *
10 ^ aagura lav^Pr Sì, A>r|si pure
Patna a gli oixori.ed sk.novdU vita;
Soi];i a rinduftriatoraai, e il tue^ bel xxm^
Ahi troppo inferma » (anità ricbtaà^ J. ' : >
11 calor femm?a.fntroJe,yeaf i. . r : ^
Ei tsuxèpSctu puòtà) ei pub <iel faimae "
Il t^dò moto ravvivarf ) i (enti
Può icfor febrili fucdii,.e mAl^ efjperta
Medipai ^anq copiando U già rìfjpuno .
Con pecto taglfo aprir «imor maligiift. i
Tu lf.belVa!F|i alior fj|tvi .tìàbufta
Fiorir vedrai; p^irch^ fer M lìTom ;.
Gii fon nel iGsggip 4ir]^; sloriaiantico. .
Vez^e ancor; poicJiè addolcire in canie
I fcaM marmi, ed in ^arlaiiti volti. .^
Animarfi le tde in te <nveg|;ia')
§^WVf4 offerti, e date Ifggi e fedi, .
ve godan locnai Giuli^.e >Mant^Qa .. '^
Con Iqr vedremo-/ Ubprffe frjdi . • '
Febo e WnmvsL riC9ira<r« che uà umpo^ '
Per M^tova latTciar^ D^ ^ Atena, .. ^
Tal che Mincio emutòP^n^ e Cefifo, .
Quando Junghi^a^iccoixbM^ M^^ e Vati
Quelle cètre dicane «^ pnde niun corre
Non cantatp^^t^ wi<f^vx>> e s4 etertia
Dotee armonia, vejfdf Mia f>gni pendice* • >
Ombra d^ mio viq;!^» a^Ja cut tombr< -
Devoto peUe»in.vi«iru9 9 fofpefi , ''
L'umil mia lira e ,i| patrio genio m votò? •
Tu ^i , s'io goda che nel tuo bel nido
Nacqui, e r ai^re d|^ fé bebU ipimte, . . . • i
Gode
^
Onde & a Vario e ft ad Angufioiopi^qiti
Ool rozzo (lil talora ) egli^ì tuo dono^
Sai, che la Patria amo e celebro^ e teco
&^€fCq ij^qìCcQ al riveder rinati ^
iGF immortai Capilap'^ i Cafliglioni;
S al mirar fis^i c^uà beato Spirto
X>el divii^ P^Jdaflarre errar cpntento
A^Lricco nuziai talamo intorno
rior ^largendo e virtù, che. nei Nipotji
T chiari Padri e il firanJ A vp rinnovi. •
^edrem y^remp idai IppgVózio a gara
Emerget novi iqg^ni opre novelle/
£ ìfpife alcui^ Porme vincendo e U lionif
ly ÀgjjeiJo p Poflevin fgombrar la notte x
-Da fé patrie memorie,. .^mbe le faci
Del vero e de lo jdil la yia fcoprendo ,
Onde illuflrata alfìn Mantova .anch' efTa,
>Jon arfofnfcsi al ^ara^on vicino .
Rifc^fTa allof la (jioventii id^ Tonno
I fervidi inigliór anni a la gloria '
A la P^ria doyntu alfin d<u giuochi
Divbiator, dal proiumar la chioma
AI ben far volgerà, n) pili yedrafli
Pender tremante a un ^irai: 4^pcchi, a un ceong
Di prepotente ffmminil Infinf^.
O tra j' incanto teatri , tra i fumi
Di tphiumofo Sciampagna a: inénfe ^erne
D'ozio, d'amor, di mwlicbre attrezzo
Far al pubblico ben frode ed infaltp.., i
Ai (chiarì, efempj il popolar letargo
Anch' eifia dello, e rogeroire mani . t-
Già di Bacco mniiitt , onde a, ricolmi
Nappi Tt^ayia ^ U furor h^ea,
Incalltran ìu' i provvidi lavori « ' :
phe ai novi influfTì pullular g)ì . fanno ; '
E il
ÌE il yfìh> ftngttCvtfi cui genti éflrane
Il noftro luffe tributano impipgu^.
Córrer faran per le natie fue verfe
Che polpa e neAcj al patrio còrpo aéc'refc* .'
Verrà frequente il forwlrer T urbane
; È le campeftri ben felcia^te vie ' .
I Lieto fcòrrendo^è ì naufcat; tm tìenipa'
! Giojofo rivedrà nitidi albèrghi .
( Noi di fede, e d'onòr feca ^ugnàndè
I Del naturai candor d^l niite ingegna
Prove darem; da noi tontàn le nere
j Cure co'vizj feggiran, le bdle
ji Virtti verranno, e tra noi tuttfe aniics
[• Stanza ponendo un fecol novo M Usava
> Saturnio regno rifiorir iranno.
\ lo (leflb allora emùlWr di Matti
Infm le cetre le ghirlande i balli
1 De relicome Dee verrb con foto
* Porto a'n^ei tanghi error 6tìe e refbmra^ 1
J ^ In fu la riva del paterno fiume
1 ' Marmoreo tempio a* Eternità facrandò .
: In mezza x Qvtéì' de la fua gloria pieno
l Grandeggerà rauftriaca Donna Attguftar
\. A lei davanti di. vivace uRva
La poeticfa fronte incpronato '' ' .
Offrirò doni; ' I tragici coturni . .
Succinto al pii Tepica tiiomba in tntCOO^
Or quadrighe votanti in fero carme ^
£ fudate paleftre e finte pugne
Accenderò tutta chiamando in campo»
Emula Attfoni^ d' Elidfe e Corinto: !
Y ^ ^^ "^ magni fpcttacoK notturni i
I La verfatilefcenà è il pien teatro
] Mille udranno d'^Ertii ombre' eloqumfx; ,
jj Weropc, Sofetósba, Argia, Tomm
l< IH
In baibaricapùmar. anime altare
Vinciti|«^ dei &i e ìlei If'iianai,
Sol d' lina Donila fembr^an. minori .
Afpre d^ intaglio móftreran le -porte
Del ;;w?p}o (culti i belfici trofei.
L'arme le fpoglie de^l'aaftriaco Marte;
E qui con 1' urpe e con le corna' infrante
Vofgep^U r onda in PP. 4ì fans**? tinta*
Trecfcia , i?^ t'idon :, la di fiiggeuti fchier^ ^^
Sparii i Liguri lidi ^ e PÀl^e eftrema
De'vincwor is'agrira vinta al. paflb , . ,-
Onde, di Gallia in i^nó arda la fiamma
Cit'^Eu^òpaardea per .lei . D^ arme al tumulto
tSefmania .tutta m ^Ipra- parte fcoffa . , •
Tra fofpetto e furor vedrà gir mefti "7
Danubio ,. Mo{da,eKen; D elmo ed' usbergo
Non fàvolofa Kia^^Tp^ veftita
Ungarico deftrier frenar yedraffi 1 r
Del bel pefo fuperbo, il'nudo acclajo
Brandendo ardita, e ai popol fidi intomo
Il regal Pargoletto alto moflrando:
£' dietro a lei s' affollerà torrente
D'armati e d'armi, ignote genti ignoti
Abiti e volti . La Vittoria aiata
^Propederàvcon l'alma fede al paro,
Innanzi a cui Livor, Difcordia, Inganno
Daran le fpalle , e a la gran Donna lieti
Al pii verran gli aviti regni , ond' ella
Trionferà col divo Spofo a lato
Del lauro imperiai cinta la chioma.
Intorno al tempio fimolacri vivi
Staran di pario m»:mo . Ad uno ad uno
De la prosienie di Ridolfo auguda
In lunga fèrie i Cefar; immortali
SD|ranu ancor la maeflà dal volto;
J26
E coi Figli divini e col imA '
V indite jDQtiHfef'U litV&ttiile accorai
Ed ai vezzi iitféggiàfe, onde dk>maà>
L' anime bellieofé e i cuori' ìdteri .
A loco ai locc^ il Nume lor d'intorno
E le Provincie i ìe città friggetté
Fian dai dotto fealpel cori proprie infégne^'
Diftitìte e in doicié' umile atto difptìfte, ;.
Quali adorando la pofferfte delira \
Onde-beata in lor pacfe d^vai'
Tu Mantova feraì tra mille' sii$fntiàì
Chd te non pur diftinguerà Tarmato . ...
Petto a gK aflaltì e à Pire' olMi liivittaV
Ma di lor delire ti larari follegrto
L'alma Spofà getìtiiP inclito. tWte, '
A cui dt canto e di ^htanri appiàufr \ ,
Sorridendo Imenèo ìelRàmo' eterna
Siccome a Genlcf Tiìtelat corona . .
Ih FINE.
NOI
Corretto da D. Sebafliano Menchetti*
3»7
NOI
RIFORMATORI
Delio Studio di Padovsi
Avendo veduto per là fècfé dì revifio^
ne, ed approvazione del P.F* Filippo
Rofa Lanzi Inquifitof Generale del SaìntoOf^
fizio di Vertezid iòti Libro intitokto: Verfi
Scioki, di tréEcàellémimodeimi attiori con aU
cune Lettere dtP AfcadU di Kwnd ^ec.. Forte
frimai e feconda e^* fiampi non v'eflèr cofa
alcuna contro là fantà fede Cattolica,^ e pa-
rimente per atteftato del Séei^tatio noftro >
niente contro Prìncipi^ DUohi, coltami ,
concediamo^ licenza à Gioi Battijìd Remon^
^iW Stampatoi' di Fenezid chef j^ofla efière
itampato^ oflervàndo gli ordini iti materia
di ftampe,- e prefehtàhdo lef fdiitef copie alle
Pttbblicne Librerìe di Venezia, e di Padova.»
*Dat« li 2cf. Ottobre 176^.
•
{ Angelo Contarini Froc. Rif.
( FrancefcQ Marofini 2®. Cav. Ftoc. Rif*
C Sebafiiari Fo/canni Cav. Rif.
Kegiftirato in Libro a carcf ai. al nam. i^t*
Davidde l/Unchcfinì Seg.